Gen 30, 2017 | Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Sembra di essere in guerra: ci sono VVFF, Carabinieri, GGFF, Carabinieri, Croce Rossa, protezione civile etc. Ieri sera a cena abbiamo avuto una famiglia di 6 persone i cui figli sono scout con il nostro. Hanno la casa lesionata e dormono nella tensostruttura. La nostra famiglia si è allargata ed il nostro cuore anche… Tra una tanica di benzina donata a chi era a corto col gruppo elettrogeno ed una spalata di neve in aiuto ai vicini di casa si sperimenta la fratellanza. Fino a ieri sera eravamo tra quelli che stavano per chiedere aiuto. Poi è tornata la luce ed abbiamo cominciato a pensare a chi era nel bisogno. Alla fine della nostra vita non ci sarà chiesto se saremo stati credenti, ma credibili!». Sono notizie che ci arrivano da amici dei paesi colpiti dalle ultime scosse del terremoto che, a cominciare dallo scorso 24 agosto, per poi proseguire il 26 e 30 ottobre e, da ultimo, il 18 gennaio, sta scuotendo il centro Italia, ora coperto da una fitta coltre di neve. Scosse che si susseguono ad altre scosse, e poi valanghe, slavine, perdite di vite umane… E, insieme, storie di eroismo, di altruismo spinto fino al rischio della propria vita, come nel caso dei vigili del fuoco accorsi all’albergo seppellito dalla neve, o dei volontari della protezione civile, giunti da ogni parte d’Italia. Sempre su questo versante, una delle tante facce di un’emergenza che sembra senza fine, si concentra il progetto RImPRESA. Lungo l’antica via Salaria, si spera presto di nuovo praticabile, da alcuni mesi corre un filo che lega in una rete di supporto relazionale e logistico tanti piccoli centri rurali con un’economia basata soprattutto sull’agricoltura e sull’allevamento.
Il progetto RImPRESA, promosso da AMU (Azione per un Mondo Unito Onlus, soggetto capofila), AIPEC (Associazione Imprenditori per una Economia di Comunione), AFN Onlus (Azione per Famiglie Nuove), Abbraccio Planetario aps, B&F Foundation aps e Movimento dei Focolari, dopo una prima fase, sta entrando ora nel pieno dell’operatività. Della fornitura, cioè, alle aziende di materie prime, macchinari o piccole infrastrutture provvisorie, favorendo il gemellaggio tra imprese similari; e la costituzione di (finora) 4 gruppi di acquisto solidale (GAS) in altrettante città italiane, allo scopo di creare un bacino di utenza e di consumo al di fuori dalle aree colpite dal terremoto. L’ottantina di famiglie finora coinvolte, a breve potranno scegliere e acquistare i prodotti delle aziende selezionate attraverso una piattaforma informatica, che invierà un ordine complessivo. Una volta la settimana, i prodotti verranno recapitati direttamente presso la sede di riferimento del proprio gruppo di acquisto. L’obiettivo dei GAS, lontano da qualsiasi forma di assistenzialismo, è quello di favorire un approccio di reciprocità e protagonismo tra tutti i partecipanti. A questo scopo, il progetto prevede la creazione di un “Fondo di reciprocità” dal quale le famiglie selezionate riceveranno un contributo per il riavvio delle rispettive attività produttive, e al quale esse stesse si impegnano a concorrere, una volta che le condizioni dell’azienda lo consentiranno, per sostenere la ripresa di altre attività in condizioni di difficoltà. Passerà anche di qui la “ripresa di tante imprese” messe così a dura prova. Per maggiori informazioni: www.amu-it.eu Vedi anche: Terremoto Italia: tre ore sotto le macerie Concerto “Toulouse for Italy” Natale tra i terremotati del Centro Italia (altro…)
Gen 28, 2017 | Parola di Vita
Il cuore fa pensare agli affetti, ai sentimenti, alle passioni. Per l’autore biblico però è molto di più: assieme allo spirito è il centro della vita e della persona, il luogo delle decisioni, dell’interiorità, della vita spirituale. Il cuore di carne è docile alla parola di Dio, si lascia guidare da essa e formula “pensieri di pace” verso i fratelli. Il cuore di pietra è chiuso in se stesso, incapace di ascolto e di misericordia. Abbiamo bisogno di un cuore nuovo e di uno spirito nuovo? Basta guardarci attorno. Le violenze, le corruzioni, le guerre nascono da cuori di pietra che si sono chiusi al progetto di Dio sulla sua creazione. Anche se ci guardiamo dentro con sincerità, non ci sentiamo mossi tante volte da desideri egoistici? È proprio l’amore a guidare le nostre decisioni, è il bene dell’altro? Osservando questa nostra povera umanità Dio si muove a compassione. Egli che ci conosce meglio di noi stessi, sa che abbiamo bisogno di un cuore nuovo. Lo promette al profeta Ezechiele, pensando non soltanto a singole persone, ma a tutto il suo popolo. Il sogno di Dio è ricreare una grande famiglia di popoli, come l’ha pensata dalle origini, informata dalla legge dell’amore reciproco. La nostra storia ha più volte mostrato che da un lato, da soli, siamo incapaci di adempiere il suo progetto, dall’altro Dio non si è mai stancato di rimettersi in gioco, fino a prometterci di darci egli stesso un cuore e uno spirito nuovi. Adempie in pienezza la sua promessa quando manda il suo Figlio sulla terra e infonde il suo Spirito nel giorno di Pentecoste. Ne nasce una comunità – quella dei primi cristiani di Gerusalemme – icona di un’umanità caratterizzata da “un cuore solo e un’anima sola”1. Anch’io che scrivo questo breve commento, anche tu che lo leggi o lo ascolti, siamo chiamati a far parte di questa nuova umanità. Più ancora, siamo chiamati a costruirla attorno a noi, a renderla presente nel nostro ambiente di vita e di lavoro. Pensa quale missione grande ci viene affidata e quanta fiducia Dio ripone in noi. Invece di deprimerci davanti a una società che tante volte ci appare corrotta, invece di rassegnarci davanti a mali più grandi di noi e chiuderci nell’indifferenza, dilatiamo il cuore «sulla misura del Cuore di Gesù. Quanto lavoro! Ma è l’unico necessario. Fatto questo, tutto è fatto». Era un invito di Chiara Lubich, che continuava: «Si tratta di amare ognuno che ci viene accanto come Dio lo ama. E dato che siamo nel tempo, amiamo il prossimo uno alla volta, senza tener nel cuore rimasugli d’affetto per il fratello incontrato un minuto prima»2. Non confidiamo nelle nostre forze e capacità, inadeguate, ma nel dono che Dio ci fa: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo”. Se rimaniamo docili all’invito ad amare ognuno, se ci lasciamo guidare dalla voce dello Spirito in noi, diventiamo cellule di una umanità nuova, artigiani di un mondo nuovo, nella grande varietà di popoli e culture. Fabio Ciardi
- Cf. Atti 4,
- C. Lubich, Ladottrinaspirituale, Città nuova 2002, 135.
Vivremo questa parola – scelta da un gruppo ecumenico in Germania – assieme a tanti fratelli e sorelle di varie Chiese, per lasciarci accompagnare da questa promessa di Dio, lungo tutto l’anno in cui si ricordano i 500 anni della Riforma. (altro…)
Gen 28, 2017 | Centro internazionale, Ecumenismo, Spiritualità
«Il miracolo della casa di Nazaret si ripete, in qualche modo, in ogni casa di cristiani, se essa «genera» Cristo agli uomini. «Chiesa domestica» è chiamata dal Concilio la famiglia: e Chiesa significa convivenza nell’amore, e quindi in Dio; convivenza al cui centro è il Signore. Se si parte da questa coscienza, la casa – ogni casa cristiana – diviene una germinazione di nuova vita morale e fisica per la società e insieme un «focolare» e cioè una centrale di calore per vivificare l’ambiente. Come insegna il Concilio: «Dalla sanità e dalla pienezza di vita spirituale della famiglia dipendono la vita fisica e morale dell’umanità, e più ancora la dilatazione reale del Regno di Dio». Così – dice Paolo VI – «per mezzo del matrimonio e della famiglia, Iddio ha sapientemente unite due fra le maggiori realtà umane: la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna». Mai poeta elevò a più sublime altezza l’amore coniugale. Qui davvero la religione di Cristo si esprime anche come poesia, mettendo la famiglia al centro – alla fonte – della socialità. C’è la vita se c’è l’amore, condizione prima dell’unione matrimoniale. Se gli sposi si amano, sono «i cooperatori dell’amore di Dio creatore e come i suoi interpreti», dice il Concilio. Se sanno questo, essi sposandosi si accingono a svolgere un mandato di sacerdozio regale, un mistero grande, come lo definisce San Paolo. Amandosi, si santificano; si ricambiano Dio, che è amore. E lo testimoniano. Se due sposi si amano, è segno per la gente che essi sono realmente cristiani e vivono la vita di Dio. Il mondo antico si convertì vedendo come i cristiani, a cominciar dalla casa, si amassero. Si amavano; dunque era vera la loro religione, ed era presente Dio in loro. Amandosi, gli sposi fanno la loro felicità e fabbricano la loro santità. La casa si fa tempio: si fa Paradiso. Nell’amore è il segreto della forza delle famiglie, della loro concordia; e vi è la soluzione delle difficoltà dell’esistenza. Mancando l’amore fallisce, con la famiglia, la stessa esistenza. Così la santità si rivela sanità dello spirito, che agisce anche sul fisico, mentre si riversa, come onda pura di risanamento, nell’orbita di tutta la società. Da una casa cristiana esce il popolo di Dio». (altro…)
Gen 27, 2017 | Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
La celebrazione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani a L’Avana ha avuto, come uno dei momenti forti, il “Festival ecumenico dei Giovani”. Evento giunto quest’anno alla terza edizione. Nato con lo spirito di coinvolgere i giovani più attivamente nel movimento ecumenico, il festival ha cominciato a prendere corpo e a diventare un appuntamento annuale dei giovani cristiani di L’Avana. La “Settimana” è stata animata dai settori giovanili del Movimento dei Focolari, della Comunità di Sant’Egidio e del Consiglio delle Chiese di Cuba. Ispirati dal tema scelto per quest’anno “L’amore di Cristo ci spinge” (cfr 2 Cor 5, 14-20) e preso come motto del festival, i numeri di danza, musica, drammatizzazione, hanno composto questa edizione che ha visto la presenza di circa 150 giovani. Provenienti da varie comunità di una decina di denominazioni cristiane, i ragazzi si sono trovati domenica 22 gennaio, nella sede della Comunità di Sant’Egidio, nel centro storico della capitale cubana. All’evento, fra gli altri, hanno partecipato rappresentanti del Consiglio delle Chiese di Cuba e Mons. Juan García, Arcivescovo di L’Avana, il quale, in un breve saluto, ha incoraggiato i giovani a riconoscersi membri di uno stesso corpo, di una stessa famiglia.
Una caratteristica di quest’anno è stato l’atmosfera di famiglia che si respirava nelle varie attività. Non era solo uno spettacolo dove ogni chiesa o comunità rappresentava un numero, così com’era nato il festival. Ma un evento realizzato da persone che si riconoscono sempre più fratelli, grazie al rapporto che si è andato costruendo ogni anno, tra un festival e l’altro, attraverso incontri, cene, celebrazioni e aiuto reciproco. Il gruppo che animava il festival era costituito da cattolici, battisti e pentecostali; il coro, formato da giovani di diverse chiese, accompagnava sia la canzone presentata da un cattolico sia la drammatizzazione ideata da una giovane pentecostale ed eseguita da un gruppo di ragazze cattoliche. «Il desiderio e la certezza di vivere l’unità, sono già una realtà», ha detto uno dei partecipanti. Alla conclusione è sorta spontanea l’idea che “il prossimo anno dovremmo fare il festival in un teatro pubblico”. Impressione che esprime il desiderio di testimoniare ad altri l’esperienza di unità vissuta. L’Avana, 22 gennaio 2017 (altro…)
Gen 26, 2017 | Focolari nel Mondo
Le date del Tour: Burgos 11 febbraio:workshop artistici per giovani presso il seminario Diocesano San José – Paseo del Empecinado, 5, Burgos, dalle 14 alle 20 ore. 12 febbraio: Concerto Acustico La Vita LIVE ore 19.00 presso il Salón de Actos de la Fundación Cajacírculo. Jaén 15, 16 e 17 febbraio: workshop “START NOW” con i giovani, nel Seminario Diocesano di Jaén – Calle Juan Montilla, 1 – dalle 17:00 alle 20:00 ore. 18 febbraio: concerto On the Other Side + giovani del progetto Start Now nel Teatro Infanta Leonor – Calle Molino de Condesa, s/n – alle 20:00 ore. 19 febbraio: feedback con i giovani e messa cantata.
Murcia 22, 23, 24 febbraio: Workshop con i giovani. 25 febbraio: Concerto ore 20:00 26 febbraio: feedback con i giovani.
Albacete 6, 7, 8 marzo: workshop con i giovani. 9 marzo: concerto al Palacio de Congresos de Albacete 10 marzo: feedback con i giovani. Bilbao 17 marzo: concerto acustico:LA VITA LIVE Azpeitia 22, 23 e 24 marzo: workshop con i giovani. 25 marzo: concerto On the Other Side + giovani del progetto Start Now 26 marzo: feedback con i giovani. 26 marzo: concerto On the Other Side + giovani del progetto Start Now Talavera de la Reina 29, 30, 31 marzo: workshop con i giovani. 1° aprile: concerto al Teatro Palenque 2 aprile: feedback con i giovani
Gen 25, 2017 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«A sei anni ho perso mio padre, è morto in guerra – racconta Ivona, della Croazia –. Questo è stato il periodo più difficile della mia vita che mi ha fatto chiudere in me stessa. Nel 2003 ho conosciuto il Movimento dei Focolari ed ho sperimentato l’atmosfera di gioia, l’amore, e ho trovato la forza per affrontare tutto e amare la vita anche quando è difficile. Quando avevo 13 anni il giorno prima di Capodanno ho perso conoscenza e sono finita in ospedale. Mentre aspettavo i risultati delle analisi improvvisamente nella mia mano ho trovato un piccolo rosario. Quando ci penso, oggi, credo che sia stato un segno di Dio per quanto avrei dovuto vivere. Mi è stata diagnosticata una forma emotiva di epilessia a causa dello shock che ho vissuto quando è morto mio padre. Per due mesi le mie notti sono trascorse nelle lacrime. Una sera quando stavo pregando il rosario, ho sentito che non ero sola, che Gesù capiva il mio dolore. In quel momento ho compreso il significato delle parole di Chiara Lubich quando si riferisce a Gesù nel momento del suo abbandono in croce: “… Il Suo è mio e nient’altro. E Suo è il Dolore universale e quindi mio … Ciò che mi fa male è mio … Mio il dolore delle anime accanto (è quello il mio Gesù)”. Da quel momento sono andata avanti nella vita con pace e gioia, ma soprattutto ho vissuto con Gesù. Attraverso la malattia, ho sperimentato che Gesù abbandonato ha illuminato ogni tenebra – come dice Chiara – e accompagnato ogni mia solitudine. Ho accettato la mia malattia e mi sento amata da Lui».
«Mi chiamo Zin del Myanmar e sono una Gen buddhista. Da settembre mi trovo nella Scuola Gen di Montet, in Svizzera. Quando dico che sono buddhista, la gente mi chiede com’è vivere con le altre Gen che sono tutte cristiane. Per me è facile accettare che seguiamo delle diverse religioni. Solo quando le altre Gen pregano o vanno alla messa, mi accorgo di essere diversa. Per il resto siamo uguali: delle sorelle che abitano nella stessa casa. Ci piace amarci a vicenda secondo come ognuna intende l’Amore: nel buddhismo è piuttosto compassione, gentilezza e dimenticanza di sé. Per i cristiani è ‘l’amore al prossimo’, ‘al nemico’, ‘l’amore reciproco’, ‘a Gesù abbandonato’. Pur costatando la diversità nel nostro modo di manifestare l’amore, “essendo l’amore” come meta comune, esperimentiamo l’unità». «Sono Lilia Mayrleny, della etnia Maya Kaqchikel del Guatemala, originaria del popolo di Patzun. Sono maestra di educazione infantile interculturale bilingue Kaqchikel (la mia lingua madre) e spagnolo (la mia seconda lingua). Il mio paese è multiculturale e multilingue. Multiculturale perché costituito da quattro culture: Maya, Garifuna, Xinca e ladino; e multilingue perché si parlano 22 lingue maya. Ho conosciuto il Movimento dei Focolari quando ero piccola negli incontri Gen 4. Cerco di portare l’ideale dell’unità nella vita quotidiana. Studio all’Università grazie ai miei genitori, che vivono con me la spiritualità del Focolare, e che mi hanno sostenuto per continuare i miei studi. Questa è una grande conquista, perché non tutte le donne della mia comunità possono continuare gli studi, per la cultura maschilista che esiste. Per noi della cultura Maya sono importanti la verità, la lealtà, il rispetto e l’amore. In alcuni momenti mi sono sentita molto sola e senza risposte ai miei “perché?”. Cercando, però, di vivere il Vangelo ho scoperto che il dolore, le tristezze, le delusioni, i dubbi, le situazioni impreviste o di debolezza, le prove della vita, perfino l’inganno, sono tanti volti che Gesù ha sofferto in croce abbandonato. Quando riesco a riconoscerlo e ad amarlo, le situazioni difficili si trasformano e mi nasce la pace». (altro…)
Gen 24, 2017 | Famiglie, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Fiorella:«Fin da subito scopro che Andrea è ateo e molto popolare fra le ragazze. Mi sento attratta da lui ma non voglio essere una delle tante. In cuor mio decido che un tipo così è meglio lasciarlo perdere ma poi, in discoteca, mi ritrovo tra le sue braccia». Andrea: «Fiorella era davvero una delle tante. Prima di dirle, stupito di me stesso, che forse io avrei anche potuto considerare che stavo con lei perché le volevo bene, sono passati due anni». Fiorella:« Ero consapevole che quel rapporto non portava da nessuna parte. Non c’era dialogo, né facevamo progetti. Ero diventata l’ombra di Andrea, senza più personalità e sogni. Delusa decido di lasciarlo. Per evadere cambio lavoro e città ma dopo un po’ mi sento sola e piena di tristezza. Una mattina, quasi disperata, mi trovo sulla porta di una chiesetta a ‘gridare’ il mio perché a quel Dio che avevo lasciato da tempo. Terminato il contratto lavorativo torno a casa dai miei. Qualche giorno dopo, un’amica che non vedevo da tempo mi parla di Dio e mi invita ad una convivenza di alcuni giorni con persone che s’impegnano a vivere il Vangelo. Entrando in sala mi colpisce una scritta: Dio è amore. Mi chiedo come Dio possa amare una come me: trucco pesante, tacco 12, capelli rosso fuoco. Ma fin dal primo giorno avverto la sua presenza. Scopro di aver trovato quello che da sempre cercavo e corro a svuotare le mie miserie nel confessionale col proposito di mettere in pratica il Vangelo. Dopo quella mia prima “Mariapoli”, l’Eucaristia diventa la mia forza vitale». Andrea: «Fiorella è cambiata. Ora parla, ma quel che è peggio – secondo il mio punto di vista di allora – è che parla di Dio. Per voler essere tollerante decido di non piantarla, ma sono geloso di questo Dio che me la sta rubando. Mi stupisce la sua serenità, la sua gioia di vivere, il suo nuovo volermi bene che mi riempie il cuore. Adesso ci scambiamo opinioni, valorizzando le esigenze interiori dell’uno e dell’altro. E se l’amassi per davvero? Stupito di me stesso arrivo a chiederle di sposarmi, accettando di farlo in chiesa. Dopo il matrimonio, un infortunio sul lavoro mi obbliga all’immobilità. L’unico diversivo sono le visite di quelle famiglie che Fiorella ha iniziato a frequentare. Appena ne sono capace decido di recarmi da una di esse per capire le ragioni di questo interesse per me. Parliamo di tutto, anche della fede, fino alle tre del mattino. Ne sono affascinato. «Questi fanno sul serio! mi dico, voglio vivere anch’io come loro, voglio anch’io amare per primo». Un sabato vedo il lavello pieno di piatti. Fiorella è fuori per lavoro. Per non farmi vedere dai vicini chiudo le persiane e comincio a rigovernare, per dirle coi fatti tutto il mio amore. Provo pure a stirare, anche se impiego due ore per una sola camicia. E mentre sto facendo tutto questo, avverto affiorare in me una certezza: Dio c’è, Dio è Amore. Con la fede nasce in me anche il bisogno di pregare. Lo dico a Fiorella proponendole di farlo insieme. Con un po’ di vergogna, a luci spente, ciascuno ai due lati del letto, quella stessa sera preghiamo insieme per la prima volta».
Fiorella:« Dopo dodici anni di traguardi, passi indietro, nuovi inizi e tanta gioia per l’amore nuovo che andava crescendo tra di noi, e per la nascita dei nostri due figli Maria Giovanna e Ivan, riceviamo la proposta di trasferirci in Honduras per sostenere la nascente comunità dei Focolari. Gesù chiedeva alla nostra famiglia di seguire Lui solo, lasciando concretamente casa, lavoro, parenti. A Tegucigalpa ci attende un mondo a noi sconosciuto, con costumi, lingua e cultura differenti, con la difficile realtà del popolo honduregno che bussa ogni giorno alla nostra porta». Andrea: «Impariamo il ‘farsi uno’ più profondo, immergendoci nelle loro vite in una forte esperienza di inculturazione. I frutti di evangelizzazione sono innumerevoli: vocazioni, matrimoni regolarizzati, famiglie ricomposte, ritorni a Dio, passi di fraternità fra persone di diverso ceto sociale. Dopo otto anni lasciamo una comunità costruita pezzo dopo pezzo sull’amore concreto che abbiamo cercato di donare, coinvolgendo anche i nostri figli che, nel frattempo, sono diventati tre. Mentre siamo in Honduras nasce, infatti, Juan Diego che abbiamo chiamato con questo nome in onore del santo a cui è apparsa la Vergine di Guadalupe, alla quale continuiamo ad affidare questo popolo così generoso che ci ha cambiato la vita». (altro…)
Gen 23, 2017 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Alcuni giorni or sono, mi è ricapitata fra le mani una lettera di P. Christian de Chergé di cui, l’anno scorso, ricorreva il 20° anniversario della morte. Christian era Priore della comunità di trappisti del monastero Nostra Signora dell’Atlas a Tibhirine (90 Km da Algeri). Nel 1996, lui ed altri sei monaci furono rapiti e poi uccisi. Il 1° agosto, poi, venne anche assassinato mons. Pierre Claverie, vescovo di Orano. Si era nel pieno del “decennio nero”, come si soleva chiamare la guerra civile scoppiata negli anni ‘90. I monaci erano di origine francese e come tutti gli “stranieri” erano direttamente presi di mira dai “fratelli della montagna”, come venivano chiamati coloro che si erano dati alla macchia ed avevano abbracciato le armi in seguito all’annullamento delle elezioni del 1992. Il Fronte Islamico di Salvezza, partito politico poi sciolto e dichiarato fuori legge, stava per vincere quelle elezioni. Spesso rivedo col pensiero i loro volti sorridenti, durante i momenti vissuti assieme. Tutti partecipavamo della vocazione particolare della Chiesa in quel Paese, al quale ci sentivamo inviati per testimoniare il Vangelo essendo a servizio di quel popolo. Una chiesa semplice, povera, con scarsissimi mezzi, ma la cui testimonianza brilla nel cuore di tanti amici, in maggior parte musulmani. Già, in Algeria il 99,99 % della popolazione segue l’Islam. La Chiesa è “Chiesa per un popolo, una Chiesa dell’Incontro”, secondo l’espressione dell’arcivescovo di Algeri, mons. Paul Desfarges. Si capisce che la vocazione della chiesa in Algeria è, prima di tutto, testimonianza del Vangelo, annunciato con la vita, per il popolo e luogo di incontro, di rapporti con tutti. Ritornando alla lettera del 3 dicembre 1994, mi pare di rincontrare Christian o uno dei monaci nel nostro focolare di Tlemcen, dove solevano sostare per una notte, per poi riprendere il viaggio verso il monastero che stavano fondando a Fèz, in Marocco. Serate di colloqui intensi, gioia di ritrovarsi, di sentirsi fratelli e di sentirci capiti in questo reciproco impegno verso il popolo che ci ospitava. Anche se con vocazioni diverse, il cuore batteva all’unisono.
Ci si incoraggiava ad andare avanti anche in quel clima di pericolo nel quale si viveva. Era infatti corsa voce di una eventuale partenza momentanea dei membri del focolare di Tlemcen, poi difatti non verificatasi. E Christian ci scriveva: «Tutti pensavamo che voi restaste il più a lungo possibile tra noi i testimoni d’una convivialità offerta, d’una condivisione di vita senza frontiere, d’una apertura famigliare che permette al cuore di vibrare all’unisono al di là delle barriere dell’appartenenza religiosa. Avete fatto vostro il messaggio del Vangelo e avete scolpito profondamente questo messaggio tra noi. E noi gioiamo con voi di questo di più di umanità che il vostro Carisma dava alla nostra Chiesa. Era bello ritrovarsi nel vostro “focolare”. Molti monaci hanno potuto approfittare della vostra accoglienza quando passavano per andare a Fez. A tutti è rimasto il gusto di … gustare ancora! (…) In questi tempi, noi abbiamo tutti bisogno di poter contare su questo ”fuoco” tenuto vivo nella sala comune. Farà un po’ più freddo a Natale se voi non sarete più qui. (…) Le nostre vite sono nelle mani di Dio… e le nostre ragioni di restare si identificano con quelle che ci hanno permesso di vivere qui. Per voi, come per noi, la situazione non cambia nulla. Ancora GRAZIE a ciascuno e tutta la nostra comunione fraterna di oggi e di sempre. Christian». Si è parlato del coraggio di rimanere…, ma per chi come noi viveva all’interno di quell’esperienza dura, parlerei piuttosto del coraggio di essere fedeli ad una chiamata e di condividerla con una parte di umanità della quale eravamo oramai parte integrante. Una fedeltà d’amore. Nei cuori di quanti conoscevano i monaci, mons. Claverie o le altre suore e religiosi uccisi in quegli anni in Algeria, continuano a parlarci di Vangelo vissuto e di amicizie profonde con un popolo che era diventato il loro. “Mons. Claverie e i suoi 18 compagni” sono una rappresentanza di quanti hanno dato la vita in quei frangenti: il gruppo di lavoratori croati e bosniaci uccisi nel 1993 e, soprattutto, tutti gli algerini che, difendendo la loro cultura, hanno resistito a quell’ondata di violenza. Giorgio Antoniazzi (altro…)
Gen 22, 2017 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Dall’1 novembre al 13 dicembre 1998, Chiara Lubich compie un viaggio in Germania con significative tappe ad Aachen, Münster, Augsburg e a Berlino, dove viene invitata dalla comunità evangelica. Proponiamo alcuni brani del suo intervento, il 19 novembre a Berlino nella Chiesa della Memoria, in cui indica la legge dell’amore come via maestra per l’unità dei cristiani e per il dialogo con i credenti. «[…] Se noi cristiani, ora, all’alba del terzo millennio, diamo uno sguardo alla nostra storia di 2000 anni ed in particolare a quella del secondo millennio, non possiamo non rimanere ancora contristati nel costatare come essa è stata spesso un susseguirsi di incomprensioni, di liti, di lotte. E queste hanno spezzato in molti punti la tunica inconsutile di Cristo, che è la sua Chiesa. E colpa di chi? Certamente di circostanze storiche, culturali, politiche, geografiche, sociali… Ma anche del venir meno fra i cristiani di quell’elemento unificatore loro tipico: l’amore. E allora per poter tentare oggi di rimediare a tanto male, dobbiamo tener presente il principio della nostra comune fede: Dio Amore che chiama pure noi ad amare. In questi tempi è proprio Dio Amore che, in certo modo, deve nuovamente tornare a rivelarsi anche alle Chiese che componiamo. Non si può, infatti, pensare di poter amare gli altri se non ci si sente profondamente amati, se non è viva in tutti noi cristiani la certezza che Dio ci ama. Ed egli non ci ama solo come singoli cristiani, ci ama pure come Chiesa; ed ama la Chiesa per quanto si è comportata nella storia secondo il disegno che Dio aveva su di essa, ma anche – e qui è la meraviglia della misericordia di Dio – la ama pure se non vi ha corrisposto, permettendo la divisione, solo nel caso però che essa ricerchi ora la piena comunione con le altre Chiese. È questa consolantissima convinzione che ha fatto sì che Giovanni Paolo II, fidando in Colui che trae dal male il bene, alla domanda: “Perché lo Spirito Santo ha permesso tutte queste divisioni?”, pur ammettendo che può essere stato per i nostri peccati, ha aggiunto: “Non potrebbe essere (…) che le divisioni siano state (…) una via che ha condotto e conduce la Chiesa a scoprire le molteplici ricchezze contenute nel Vangelo di Cristo? Forse – continua il Papa – tali ricchezze non sarebbero potute venire alla luce diversamente…”. Credere, dunque, a Dio che è Amore anche per la Chiesa. Ma, se Dio ci ama, noi non possiamo rimanere inerti di fronte a tanta divina benevolenza; da veri figli dobbiamo contraccambiare il suo amore anche come Chiesa. Ogni Chiesa nei secoli si è, in certo modo, pietrificata in se stessa per le ondate di indifferenza, di incomprensione, se non di odio reciproco. Occorre perciò in ognuna un supplemento di amore; occorrerebbe, anzi, che la cristianità venisse invasa da una fiumana di amore. Amore verso le altre Chiese, dunque, e amore reciproco fra le Chiese, quell’amore che porta ad essere ognuna dono alle altre, poiché si può prevedere che nella Chiesa del futuro una ed una sola sarà la verità, ma espressa in maniere varie, osservata da varie angolazioni, abbellita da molte interpretazioni. Non è che una Chiesa o l’altra dovrà “morire”, ma ognuna dovrà rinascere nuova nell’unità. E vivere nella Chiesa futura in piena comunione sarà una realtà meravigliosa, affascinante come un miracolo, che susciterà l’attenzione e l’interesse del mondo intero». Continua a leggere Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)
Gen 21, 2017 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Accompagnati da alcuni loro assistenti, 13 gen3 sono diretti al congresso che li aspetta nella cittadella Faro dei Focolari, a Krizevci, nel nord della Croazia. Durante il viaggio si respira un clima di grande serenità e attesa: il tema del congresso, già lo sanno, sarà impegnativo e sfidante: Gesù Abbandonato. Il tema del dolore, della sofferenza, la chiave per saperla leggere e vivere, in un mondo di giovani che cerca solo benessere e false felicità. Il viaggio è lungo, dalla Romania il pullman entra in Ungheria. Verso sera qualcuno dei ragazzi si addormenta. All’improvviso un forte rumore di clacson e, nella nebbia fitta, l’immagine frontale di un tir prima dello schianto spaventoso tra i due mezzi. Teia, Adelin, Delia, Eve, Bea, Iulian e tutti gli altri ragazzi sono vivi. Ma lo shock è grande. «La prima macchina che si è fermata subito dopo l’incidente – racconta Rozi, una assistente – era del pronto soccorso. Aveva appena finito il suo turno e stava tornando alla base. Come non leggere in questo un segno dell’amore di Dio? I poliziotti sono stati bravissimi: ci hanno accolto nella sala più grande della centrale di polizia fino a quando è arrivato un altro pullman a prenderci. Dicevano che da incidenti del genere difficilmente si esce vivi… poi ci hanno comprato della pizza e dei dolci». Una volta arrivati in ospedale, i ragazzi vengono divisi nei reparti. Bea: «In quel momento ci siamo sentiti persi, non capivamo l’ungherese, eravamo impauriti e soli, non sapevamo quello che succedeva e come rispondere a quello che chiedevano i medici. Ciascuno di noi, isolato dagli altri, era solo, simile a Gesù Abbandonato. Era come incontrarlo e viverlo». Eve: «Più tardi sono arrivate delle persone per aiutarci a tradurre. Una focolarina della Romania sarebbe dovuta arrivare in Ungheria un giorno prima, ma aveva perso il pullman. Quando ha saputo dell’incidente, era vicina alla città dove ci trovavamo. L’autista ha proposto ai passeggeri di non fare altre soste e di portarla direttamente all’ospedale per consentirle quanto prima di aiutarci. Lei ci ha detto che ha capito perché aveva perso il pullman il giorno prima”.
Rozi: «I medici hanno detto che dovevamo rimanere in ospedale per fare degli accertamenti. Ho iniziato a telefonare ai genitori dei ragazzi. Molti di loro si trovavano a 15 ore di distanza dall’ospedale. Oltretutto i gen 3 continuavano a chiedermi di ripartire per il congresso. Alla fine siamo riusciti a ottenere il permesso di uscire dall’ospedale, con la firma per procura dei genitori, e senza dover sostenere alcuna spesa». Delia: «A quel punto avevamo dei dubbi riguardo alla continuazione del nostro viaggio, ma abbiamo capito che tutte le cose preziose hanno un costo». Qualche giorno dopo, sette ragazzi, in rappresentanza del gruppo, arrivano alla cittadella Faro. L’esperienza di dolore e paura, ma anche di intensa unità vissuta tra loro, mostra come il tema approfondito nel congresso, sia già diventato realtà per loro. Racconta Iulian: «L’incidente ci ha fatto capire che, qualsiasi cosa ci possa capitare nella vita, vale la pena abbandonarsi totalmente nelle mani di Dio. Gesù Abbandonato ci unisce in un modo incredibile! Siamo rimasti in vita perché Dio ha un piano su di noi: ci aspetta un’avventura divina». A cura di Chiara Favotti (altro…)