Nov 2, 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Spiritualità
Maria Voce, lei è alla direzione del Movimento dei Focolari che organizza il 15 novembre prossimo all’Unesco un incontro dal titolo “Reinventare la pace”. Ci dice cosa fare nei confronti della “guerra mondiale a pezzi” di cui parla Papa Francesco? Si tratta oggi di reinventare la “pace a piccoli pezzi” e favorire dappertutto iniziative concrete, come piccole luci che brillano nel buio? «Le mille piccole azioni di pace che portano avanti quanti si riferiscono al Movimento dei Focolari, se hanno già valore di per sé come quelle di tantissimi altri, fanno parte di un disegno unitario e hanno una visione comune: tendere alla fraternità universale, orientarsi al “che tutti siano uno”: il sogno di Dio [cf. Gv 17,21]. È questo sguardo e questo orizzonte che incoraggia, sostiene e aiuta a ricominciare sempre, al di là delle difficoltà e in mezzo alle sofferenze che l’impegno a costruire la pace richiede». Sono 20 anni che la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, ha ricevuto all’Unesco il premio per l’educazione alla pace. Il 15 novembre a Parigi questo incontro presenterà le numerose iniziative che il vostro Movimento ha messo in atto per andare avanti sul cammino di una pace concreta. In Terra Santa per esempio – Giordania, Palestina e Israele specialmente – terre fondamentali per la pace nel mondo, che cosa i Focolari stanno intraprendendo per rispondere alla domanda sull’educazione alla pace e che può essere sorgente d’ispirazione anche altrove tra persone di buona volontà? «L’incontro tra culture e religioni che i Focolari promuovono è un’esperienza quotidiana. Non si limita alla tolleranza o al semplice riconoscimento della diversità; supera persino la riconciliazione. Esso crea, per così dire, una nuova identità, più ampia, comune, condivisa. E’ un dialogo a fatti, che coinvolge persone delle più varie convinzioni, anche non religiose, e spinge a prendersi cura dei bisogni concreti, a rispondere assieme alle sfide in campo sociale, economico, culturale, politico. Avviene in contesti colpiti da gravissime crisi, come Siria, Iraq, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, e molti altri. E’ così anche in Terra Santa. La convinzione è comune: se c’è un estremismo della violenza, si cerca di rispondere in modo strutturalmente diverso, cioè con l’estremismo del dialogo. Un impegno che richiede il massimo coinvolgimento personale e comunitario, ed è rischioso, esigente, sfidante. Lo vivono ragazzi, giovani e famiglie; cristiani, ebrei e musulmani. Sono persone che si sforzano, prima di tutto, a recidere in se stessi le radici dell’incomprensione, della paura, del risentimento. Un estremismo alimentato, giorno dopo giorno, dal mettere in pratica un’arte: l’arte d’amare». Sul piano del dialogo islamo-cristiano in particolare, cosa vi aspettate da questo incontro all’Unesco del 15 novembre prossimo, soprattutto ad appena un anno dall’attentato del 13 novembre a Parigi? Quale messaggio volete mandare su questo argomento? «Ci aspettiamo che possa portare noi e tanti altri ad una nuova e più radicata presa di coscienza che il disegno di Dio sull’umanità è comporci in una sola famiglia, unita e plurale, che suppone le diversità ma non le contrappone. Una realtà da costruire proprio per la via del dialogo, dove quello islamo-cristiano è sempre più importante e necessario, come i fatti dimostrano, ma non è il solo». Fonte: Vatican Insider (altro…)
Nov 2, 2016 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità

Chiara Lubich con Don Pasquale Foresi. Foto: www.loppiano.it
Come si può aver la certezza di aver scelto veramente Dio e come concretizzare questa scelta nell’atteggiamento quotidiano? «Chiara: (…) Si può avere la certezza solo di quello che si vive nel presente: io adesso, voglio questa volontà di Dio, voglio trovarmi con questi sacerdoti, così cari a Maria, così cari a Dio. Voglio stare qui? Lo voglio, con tutto il cuore! Ma se mi dicessero in questo momento: “Guarda, Chiara, puoi anche scegliere: puoi anche morire e venir subito in Paradiso con Gesù e Maria, con tutti i nostri della Mariapoli celeste, con tutti i santi, con tutti gli angeli; però, questa non sarebbe volontà di Dio, questa sarebbe una volontà tua: cosa sceglieresti?”. Io scelgo di stare qui con loro, perché scelgo la volontà di Dio. (…) Da quando ho incominciato a vivere così, naturalmente ricomincio ogni attimo. Perché ho capito che quella frase: “il giusto pecca sette volte”, vuol dire un’infinità di volte, perché si scappa sempre fuori dalla volontà di Dio, bisogna essere sempre lì a ritornare dentro nella volontà di Dio. (…) Un’altra esperienza che ho fatto vivendo così, è come ogni atto, il più piccolo: dal lavarsi, al vestirsi, al prendere su una carta, all’accomodare una cosa, all’incontrare una persona… tutto diventa solenne. È meraviglioso, perché questa è una strada fatta per tutti; e veramente deve essere Maria ad avercela suggerita, perché Maria è mamma di tutti: dei sacerdoti, dei laici, delle donne, degli uomini, dei bambini, dei vecchi, di tutti, lei è la mamma di tutti noi, perché è la mamma della Chiesa; perciò lei ci ha dato una strada fatta per tutti. (…) Ora, in questa via così semplice, che tutti i bambini possono vivere, i sacerdoti, le ragazze, gli uomini, gli sposati, tutti la possono vivere, per cui qui si distribuisce proprio una via di accesso alla santità a tutti…, basta che lo vogliano, perché non sono più loro che vivono, è Dio che vive in loro. A me questa cosa mi dà una gioia immensa! Aver potuto avere da Maria il segreto della santità, di una santità popolare, di una santità universale per tutto il popolo di Dio. Per cui quello che il Concilio desidera, che la santità sia per tutti, che non sia limitata ai conventi, a certe categorie di persone, qui abbiamo trovata la strada. E questo è qualche cosa di straordinario. Perché, dire: “Tu puoi farti santo in uno stato di perfezione”; va bene, vai, fatti frate, fatti suora, ecc. Ma poter dire a tutti: c’è una strada che ti puoi fare santo tu; guarda, tu che magari non puoi andare in chiesa perché le circostanze te lo impediscono veramente; tu che sei “oltre cortina” dove non puoi avere contatto con i sacerdoti; tu che sei in prigione, tu puoi farti santo, è la volontà di Dio vissuta, perdendo tutto: la libertà, se si è in carcere; il contatto con la Chiesa se si è “oltre cortina”… Tu lo puoi. Ecco, questo è qualche cosa di straordinario. Solo Maria poteva inventare una cosa di questo genere. Solo una mamma che ci ama tutti e ciascuno personalmente. Solo lei. Io non me la spiego altrimenti. È straordinario. (…) Anche perché la semplicità è una delle cose più difficili da capirsi. Perché è l’unità, è misteriosa. Quindi come si può? Bisogna scegliere Dio una volta, e poi mettersi su questo binario (…)». Chiara Lubich Testo completo Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)
Nov 1, 2016 | Nuove Generazioni
https://youtu.be/SvFgHiNfm8c (altro…)
Ott 31, 2016 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria

Dot.ssa Chantal Grevin
In che modo un’organizzazione come l’UNESCO serve la pace? Innanzitutto occorre ricordare che l’UNESCO fa parte delle Nazioni Unite. E la pace è l’elemento che sta alla base della nascita delle Nazioni Unite. Scopo dell’UNESCO è il coordinamento della cooperazione internazionale in materia di istruzione, scienza, cultura e comunicazione ed è in qualche modo la sua istanza etica. La sua funzione fondamentale è dunque la pace, soprattutto attraverso il dialogo tra le culture. Il suo programma scientifico intergovernativo, dedicato alle trasformazioni sociali (MOST), evidenzia che nessun cambiamento può essere fatto se non è integrato nelle diverse culture. Di fatto, l’UNESCO è conosciuto per la sviluppo del pluralismo culturale. Ma qual è il legame con la ricerca dell’unità e come far sentire la voce di New Humanity tra tutti i promotori di pace? Se la ricchezza della diversità delle culture deve essere protetta, così come la biodiversità dove è, allora, l’unità, cui aspira l’umanità? Non abbiamo ancora superato questo stadio. La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è, a questo proposito, un fondamento comune, anche se a volte è contestata, ma restano da trovare quei valori comuni, universali, indispensabili per il nostro contratto sociale globale. L’evento del 15 novembre permetterà di riflettere su questo. Questa manifestazione di New Humanity nella sede dell’UNESCO è un contributo ai lavori dell’UNESCO con quello che noi possiamo offrire: delle buone pratiche unite ad una riflessione di fondo. La nostra ONG può far comprendere come l’unità sia la fonte e il traguardo della vita dell’umanità. In un mondo lacerato da conflitti, non è utopico credere alle possibilità di un evento? È vero che il mondo va male, ma abbiamo ragioni per credere nella pace. L’evento renderà visibili coloro che la rendono possibile. La promozione di una cultura di pace non si potrà mai realmente misurare, ma la via è aperta. Personalmente credo nelle organizzazioni internazionali. Possono sembrare impotenti ma non è poca cosa che 195 paesi possano discutere insieme e che paesi belligeranti tra loro si incontrino nella stessa stanza. Nel momento in cui ci si pone su un piano culturale piuttosto che politico, gli scambi sono più liberi. Un esempio: quando la Palestina non poteva entrare nelle Nazioni Unite, l’UNESCO l’ha reso possibile ponendosi sul piano del suo patrimonio culturale da tutelare. Ci auguriamo che il nostro evento abbia un’incidenza attraverso ciò che è stato inviato agli ambasciatori presenti all’UNESCO. Gli atti dell’evento possono diventare un punto di riferimento, un patrimonio culturale interessante per ricercatori e per persone di tutto il mondo. E questo per molti anni. Intervista di Chantal Joly Comunicato stampa (altro…)
Ott 30, 2016 | Chiara Lubich, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Papa Francesco, il vescovo Munib Younan e il pastore Martin Junge (in rappresentanza della Comunione delle 145 Chiese che compongono la Federazione Luterana Mondiale): sono queste le tre personalità che con un gesto altamente significativo, dopo 500 anni, sottoscrivono insieme l’invito alla cerimonia di apertura del V Centenario della Riforma. Come altrettanto significativo è il titolo dell’evento: “Dal conflitto alla comunione – uniti nella speranza”, che avrà luogo il 31 ottobre con un culto ecumenico nella cui seguirà una cerimonia pubblica nello stadio di Malmö, in Svezia. Già nel ‘99, con la “Dichiarazione Congiunta sulla Dottrina della Giustificazione”, si era messa una pietra miliare nella relazione ecumenica cattolico-luterana. Un’importante storico documento che nella commemorazione di quest’anno viene posto come fondamento teologico, nella ricerca della possibile, piena unità dell’unica Chiesa di Cristo. Tra i luterani e il Movimento dei Focolari c’è un lungo percorso di amicizia. Saranno, infatti, i contatti con loro che faranno capire a Chiara Lubich che la spiritualità che Dio le aveva affidato non è solo per i cattolici.
Un po’ di storia. Il 14 gennaio 1961, Chiara è invitata a parlare della spiritualità dell’unità alle suore di Darmstadt (Marienschwestern). In quell’occasione conosce alcuni pastori luterani, tra cui Klaus Hess e la moglie Amalie, cofondatori della “Bruderschaft vom gemeinsamen Leben” in Germania. Pochi mesi dopo i coniugi Hess vengono a Roma per conoscere meglio il Movimento e la Chiesa cattolica. Il 24 maggio 1961, Chiara fonda a Roma il “Centro Uno” per l’unità dei cristiani e nel giugno del ‘68 s’inaugura il Centro Ecumenico nella cittadella dei Focolari di Ottmaring (Augsburg). Nel frattempo, nelle allora due Germanie, lo spirito dei Focolari è accolto sia dai vescovi cattolici, che da quelli evangelici e luterani. Anche in Scandinavia la spiritualità dell’unità si diffonde in ambito ecumenico e nelle Mariapoli in Svezia circa la metà dei partecipanti sono luterani. A partire dal 1982, agli incontri dei vescovi cattolici amici del Movimento si aggiungono incontri ecumenici con vescovi di varie Chiese. Nel 2015, sono 6 i vescovi luterani, di tre paesi, presenti all’incontro ecumenico di vescovi tenutosi a Costantinopoli. Nell’88 viene conferito a Chiara Lubich il premio “Festa della pace di Augsburg”. Nel ‘99 è invitata allo storico evento della firma della “Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della giustificazione” ad Augsburg. Durante la solenne celebrazione le viene affidato di comporre e recitare una preghiera. Nel 2003, l’allora vescovo luterano di Monaco, Johannes Friedrich, si reca al Centro del Movimento con una delegazione. Qui Chiara parla di Gesù Abbandonato: «Egli si è presentato (…) come modello da imitare in tutte le prove e in modo speciale nei dolori delle disunità; (…) egli abbandonato è luce pure per ricomporre la piena comunione visibile». Nel 2009, l’attuale presidente dei Focolari, Maria Voce, è invitata alle celebrazioni in occasione del 10° anniversario della “Dichiarazione congiunta”. Per l’apertura del V Centenario della Riforma, non potendo la presidente esserci di persona, a rappresentare il Movimento dei Focolari saranno i delegati centrali Friederike Koller e Ángel Bartol.
Messaggio dal 35° Incontro ecumenico di vescovi Amici del Movimento dei Focolari all’assemblea di Lund (altro…)
Ott 29, 2016 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Per la prima volta l’appuntamento mondiale dei dirigenti dei Focolari si è svolto non in un’unica sessione, ma in tre tranche di 10 giorni ciascuna, suddividendo idealmente il pianeta in tre macroaree: Americhe e Oceania; Asia, Africa e Medio Oriente; Europa. Tre eventi svolti in continuità di date e contenuti, cui hanno partecipato, oltre ai due delegati di zona, i responsabili di alcune nazioni o territori e qualche consigliere per aspetti concreti. Una novantina di presenze in ciascuna puntata, uomini e donne in rappresentanza delle innumerevoli comunità che pullulano il pianeta portandovi lo spirito di unità. Ad accoglierli la presidente Maria Voce che sottolinea la ricchezza di questi momenti di mietitura, grati a Dio per la vita generata dal carisma di Chiara Lubich. Ed è lei ad annunciare il tema spirituale scelto per questo incontro e per l’anno che si apre: il mistero di Gesù abbandonato, chiave per realizzare l’unità. «Gesù è venuto sulla terra – ricorda la presidente – per farsi carico di tutti i dolori dell’umanità e per rassicurarci che, con Lui, è possibile passare dalla croce alla risurrezione».
Nell’intenso lavoro delle tre tornate è grande la condivisione. Inizia con le istanze di un mondo “giovane” – le Americhe e l’Oceania – fortemente teso allo sviluppo sociale e tecnologico, ma con tante esigenze anche spirituali, specie in America Latina, mentre le altre regioni necessitano di nuove strategie per una crescita anche valoriale. «Ma non si tratta – sottolinea Ray Asprer – di definirle a tavolino, ma di sviluppare la coscienza che sarà lo Spirito Santo a suggerirci il contributo che la società di oggi attende dal carisma dell’unità». «In Oceania – aggiunge Vania Cheng – dobbiamo avvicinarci di più alle popolazioni aborigene e affrontare la sfida della secolarizzazione. Ripartiamo da qui per continuare a seminare con coraggio, convinti che il Vangelo è diffusivo di per sé». «Anche se le sfide non mancano – afferma Gabriela Melo per l’America Latina – le nostre comunità vivono la comunione e la reciprocità. E questo fa crescere la fiducia che l’obiettivo di un mondo unito non è utopia».
Molto significativo anche il ritrovarsi delle tre macroregioni Africa, Asia e Medio Oriente, ciascuna investite da problemi di ogni tipo – specie in Medio Oriente – in cui si vive un dramma che appare senza soluzione. Proprio qui, nella terra dove Gesù è vissuto, emerge con forza la necessità, oltre che del sostegno alle popolazioni, di diffondere la “cultura della resurrezione”. «Riguardo all’Africa – riferisce Joseph Assouad – si è evidenziato il grande valore dell’inculturazione. Ogni popolo ha fatto un lungo cammino per scoprire la Verità e noi, andando lì, non dobbiamo credere di costruire da zero!». Mentre Roberto Catalano, parlando del continente asiatico, afferma che esso ha molto da dire al mondo sull’aspetto sociale e politico, e sottolinea l’importanza del dialogo interreligioso nelle diverse aree asiatiche anche col contributo della scuola sulle grandi religioni sorta nelle Filippine ad opera dei Focolari.
Infine l’Europa, dalla Siberia al Portogallo. Un continente da cui il mondo si aspetta unità, valori umani e spirituali, capacità di dialogo, specialmente con l’Islam, realtà di sempre maggiore rilievo nelle sue regioni. «E soprattutto – dichiara Severin Schmit – il mondo si aspetta che l’Europa trovi una degna soluzione al dramma dei profughi». Le sfide sono molte: secolarizzazione, relativismo, nuove generazioni. E richiedono proposte e risposte frutto della comunione tra tutte le componenti geografiche del continente. «Sono problematiche – afferma Margherita Karram – che hanno provocato una crescita di motivazione e una maggiore creatività, mettendo in rete tante persone che, ad esempio in Italia, si attivano per l’accoglienza». Da questi tre incontri sono emersi tanti spunti, tanti stimoli. Molte anche le risposte non ancora trovate. Ma in tutti una grande certezza: continuare ad aprirsi agli altri con fiducia, come papa Francesco suggerisce, certi che, cammin facendo, si apriranno nuove e impensate strade. Jesús Morán, copresidente dei Focolari, ne è convinto: «Alla Maddalena, Gesù dice vai e dì ai tuoi fratelli che io vi precedo in Galilea. Cos’è Galilea? Galilea è il mondo, fuori della Città Santa, fuori dalle mura di Gerusalemme, dove Gesù è morto. È il mondo. Gesù ci precede lì, ci parla lì, nel mondo». (altro…)
Ott 28, 2016 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Il 16 ottobre 1966 arrivava a Tlemcen, città dell’Algeria, una Citroën 2 CV. A bordo tre focolarini: Salvatore Strippoli e Ulisse Caglioni, italiani, e Pierre Le Vaslot, francese. È l’inizio di un’avventura che in questi giorni festeggia 50 anni di presenza e di vita, e che dall’Algeria si è diffusa un po’ dappertutto in Nord Africa e Medio Oriente. Racconta Mourad, medico: «Eravamo un gruppo di giovani che non sapevano esattamente cosa volessero fare; un niente ci faceva ridere. Un giorno abbiamo incontrato Gérard che ci ha invitati a prendere un tè a casa sua, il focolare. Varie volte siamo tornati, abbiamo parlato, cantato delle canzoni, erano belle canzoni che dicevano tante cose sulla vita. Si conosceva sempre più un ideale che ci ha riempiti, ci ha insegnato a vivere. Questo cinquant’anni fa. Ora ho 67 anni e continuo a vivere questo ideale, sono contento di viverlo; è un ideale che ci insegna a vivere l’amore tra le persone». E Samira, studentessa: «Ho 21 anni. Sono molto colpita, riconoscente e incoraggiata dalle sane idee dei Focolari. Soprattutto dalla determinazione nel voler costruire ponti fra gli uomini e nel trasmettere valori morali e umani, per riunirci tra fratelli di tutti gli orizzonti e soprattutto ad Allah, nostro Signore, che è uno». Omar, infermiere di sala operatoria: «La Pace sia con voi. Il Movimento dei Focolari mi ha insegnato a conoscere l’altro, anche se diverso, a saper apprezzarci, anzi ad arricchirci reciprocamente e ad andare al di là dei pregiudizi, talvolta secolari. Ho imparato a fare il primo passo verso l’altro, ad avvicinarlo come un fratello, con un amore disinteressato che è la chiave della fraternità».
E Mons. Henri Teissier, arcivescovo emerito di Algeri: «La Chiesa d’Algeria non è che un piccolo numero di cristiani, per il quale è importante essere inserito nella società algerina. Il Focolare ha puntato proprio sulla relazione, sul dialogo, senza nascondere la propria identità, ma lasciando agli amici algerini che si avvicinavano il compito di tradurlo nella propria cultura. Penso che il Focolare, così facendo, abbia risposto all’attesa della Chiesa. Evidentemente, questo li ha un po’ tagliati fuori dalla comunità cristiana radunata, ma indubbiamente il nostro obiettivo non è la comunità radunata, ma una comunità che cerca gli altri per ritrovarsi in una realtà che ci supera». Il centro dei Focolari “Dar es Salam” di Tlemcen accoglie i due eventi che segnano la tappa di questo cinquantesimo:
- il secondo Congresso Internazionale dei Musulmani del Movimento dei Focolari (28-30 ottobre 2016), con partecipanti da tutta l’Algeria, dal bacino mediterraneo (Libano, Egitto, Giordania, Italia, Francia, Svizzera) e dal Canada;
- la Festa dei 50 anni del Movimento dei Focolari in Algeria (1-2 novembre 2016) con partecipanti dalle varie comunità e alcuni dei primi testimoni di quest’avventura, presente anche il copresidente dei Focolari Jesús Morán.
Fonte: Servizio Informazione Focolari (altro…)
Ott 28, 2016 | Spiritualità
In carcere «Avevo avuto dei problemi con un altro ragazzo e tutti e due eravamo finiti in prigione. Eravamo nemici, fra noi nessuna possibilità d’intesa. Quando però ho conosciuto più profondamente l’insegnamento di Gesù sull’amore, ho pensato a questo “nemico”. Cosa fare per amarlo? Mi è venuto in mente di condividere con lui un po’ del cibo che mi portano i miei, perché so che a lui nessuno glielo porta. Adesso siamo diventati buoni amici. Un’altra esperienza riguarda l’unico contenitore di cibo che avevo: mi era stato rubato e io sapevo chi era stato. Sono andato dalla persona in questione, ma lui si è rifiutato di darmelo. Non sapevo come fare. Rientrato nella mia cella, ho cominciato a leggere il Vangelo, il mio riferimento per ogni cosa, e ad un certo punto ho letto il brano sul comandamento nuovo. Ecco la risposta! Subito, con tutto il cuore, ho deciso di lasciar perdere e di non pensare più al contenitore. Più importante era amare». (D. J. – Nigeria) La macchinetta del caffè «Al lavoro tutti usiamo la macchinetta del caffè, ma nessuno che si preoccupi di pulirla e ricaricarla. Si sono abituati che lo faccio io. Un giorno una collega dopo aver preso il caffè è venuta a indagare come mai ero sempre così bendisposto verso gli altri. Le ho detto che non mi costava molto e che era l’unica cosa che potevo fare per loro. E lei: «Mi stai dicendo una cosa importante. Mi lamento sempre con mio marito che lascia tutto in disordine e invece devo cominciare anch’io a fare quello che non fa». Da quel giorno l’atmosfera al lavoro ha fatto un salto di qualità». (R. C. – Spagna) Quel figlio “sconosciuto” «Col primo figlio siamo sempre riusciti ad avere un dialogo e a dargli un supporto morale. Col fratello invece, un carattere molto forte, è stato difficile. Trovarsi con un ragazzo adolescente che non vuole comunicare creava malessere a tutti. A scuola poi non s’impegnava e da parte dei docenti ci arrivavano lamentele. Mio marito ed io cercavamo di comune accordo una via per “raggiungere” nostro figlio; ci incoraggiavamo a vicenda nell’amarlo così com’era, mettendo in evidenza i suoi lati positivi anche se ci sembrava di avere in casa quasi uno sconosciuto. Nel frattempo continuavamo a pregare e a bussare alla porta del Cielo perché Dio ci guidasse nel difficile compito di genitori. Poi l’idea, d’accordo col ragazzo, di cambiare scuola. Ha funzionato! Da allora nostro figlio è cambiato in senso positivo: non è più aggressivo, anzi è sempre pronto ad aiutare in casa; a scuola sta ottenendo buoni risultati; ed ha ripreso anche a frequentare la chiesa. Stiamo tutti sperimentando una boccata d’aria fresca». (B.S. – Svizzera) (altro…)
Ott 28, 2016 | Parola di Vita
Ci sono momenti nei quali ci sentiamo contenti, pieni di forze e tutto sembra facile e leggero. Altre volte siamo assaliti da difficoltà che amareggiano le nostre giornate. Possono essere i piccoli fallimenti nell’amare le persone che ci sono accanto, l’incapacità di condividere con altri il nostro ideale di vita. Oppure sopraggiungono malattie, ristrettezze economiche, delusioni familiari, dubbi e tribolazioni interiori, perdita di lavoro, situazioni di guerra, che ci schiacciano e appaiono senza via di uscita. Ciò che pesa maggiormente in queste circostanze è sentirci costretti ad affrontare da soli le prove della vita, senza il sostegno di qualcuno capace di darci un aiuto decisivo. Poche persone come l’apostolo Paolo hanno vissuto con tanta intensità gioie e dolori, successi e incomprensioni. Eppure egli ha saputo perseguire con coraggio la sua missione, senza cedere allo scoraggiamento. Era un supereroe? No, si sentiva debole, fragile, inadeguato, ma possedeva un segreto, che confida ai suoi amici di Filippi: “Tutto posso in colui che mi dà la forza”. Aveva scoperto nella propria vita la presenza costante di Gesù. Anche quando tutti lo avevano abbandonato, Paolo non si è mai sentito solo: Gesù gli è rimasto vicino. Era lui che gli dava sicurezza e lo spingeva ad andare avanti, ad affrontare ogni avversità. Era entrato pienamente nella sua vita divenendo la sua forza. Quello di Paolo può essere anche il nostro segreto. Tutto posso quando anche in un dolore riconosco e accolgo la vicinanza misteriosa di Gesù che quasi si identifica e prende su di sé quel dolore. Tutto posso quando vivo in comunione d’amore con altri, perché allora Egli viene in mezzo a noi, come ha promesso (cf Mt 18,20), e sono sostenuto dalla forza dell’unità. Tutto posso quando accolgo e metto in pratica le parole del Vangelo: mi fanno scorgere la strada che sono chiamato a percorrere giorno dopo giorno, mi insegnano come vivere, mi danno fiducia. Avrò la forza per affrontare non soltanto le mie prove personali, o della mia famiglia, ma anche quelle del mondo attorno a me. Può sembrare un’ingenuità, un’utopia, tanto immani sono i problemi della società e delle nazioni. Eppure “tutto” possiamo con la presenza dell’Onnipotente; “tutto” e solo il bene che Egli, nel suo amore misericordioso, ha pensato per me e per gli altri attraverso di me. E se non si attualizza subito, possiamo continuare a credere e sperare nel progetto d’amore di Dio che abbraccia l’eternità e si compirà comunque. Basterà lavorare “a due”, come insegnava Chiara Lubich: «Io non posso far nulla in quel caso, per quella persona cara in pericolo o ammalata, per quella circostanza intricata… Ebbene io farò ciò che Dio vuole da me in quest’attimo: studiare bene, spazzare bene, pregare bene, accudire bene i miei bambini… E Dio penserà a sbrogliare quella matassa, a confortare chi soffre, a risolvere quell’imprevisto. È un lavoro a due in perfetta comunione, che richiede a noi grande fede nell’amore di Dio per i suoi figli e mette Dio stesso, per il nostro agire, nella possibilità d’aver fiducia in noi. Questa reciproca confidenza opera miracoli. Si vedrà che, dove noi non siamo arrivati, è veramente arrivato un Altro, che ha fatto immensamente meglio di noi»1. Fabio Ciardi 1.Chiara Lubich, Scritti Spirituali/2, Città Nuova, Roma 19972, pp.194-195. (altro…)
Ott 27, 2016 | Cultura, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

La famiglia Ferri
«Abbiamo sempre desiderato una famiglia allargata», raccontano Corrado ed Elisabetta Ferri. Ma per chi ha già cinque figli, di età compresa tra i 10 e i 21 anni, allargare la famiglia acquista tutto un altro valore: significa estendere il proprio cuore ai problemi del mondo, non di certo senza sacrifici. Corrado ed Elisabetta sono sposati da 24 anni e, guardando i loro figli crescere circondati dall’amore che solo il calore familiare sa donare, hanno desiderato aiutare chi quell’affetto non ce l’ha. “Per questo – raccontano – appena le condizioni economiche ce l’hanno permesso, abbiamo aderito ad uno dei progetti SAD (Sostegno a Distanza) dell’Associazione AFNOnlus e abbiamo accolto Athiphong, un bambino thailandese“. Dopo circa vent’anni di sostegno e corrispondenze intense, Athiphong, ormai adulto, ha trovato un lavoro e, grazie agli studi intrapresi, può oggi sostenere la sua nuova famiglia e quella di origine. «Un anno abbiamo potuto arrotondare un po’ la somma inviata per il sostegno, poca cosa in verità, ma è stato toccante apprendere che con quel piccolo extra la famiglia di Athiphong aveva potuto “pavimentare” in cemento l’interno della modesta abitazione, destando l’ammirazione ed il compiacimento anche dei vicini». Ora che Athiphong è indipendente, la famiglia Ferri ha deciso di sostenere una ragazza thailandese. Avendo vissuto questa esperienza ed essendo cresciuti in un ambiente in cui si vive di solidarietà e condivisione, i figli di Corrado ed Elisabetta hanno deciso di mettere insieme tutti i risparmi ottenuti dai compleanni e dalle festività di ognuno, indirizzandoli ad un nuovo sostegno. Questo ha reso possibile l’arrivo di Maleta, uno splendido bambino congolese. «Che sorpresa e che risate ci siamo fatti quando, qualche Natale fa, ci è arrivata la consueta letterina con foto, nella quale Maleta, insieme ad un simpatico gruppetto di coetanei, sfoggiavano orgogliosi le magliette della squadra di calcio italiana di cui tutti noi in famiglia siamo tifosi». È così che il legame familiare non conosce distanze e tutti condividono le vicende, anche dolorose, di Maleta, il quale, trasferendosi in un’altra città con la zia, è stato accompagnato dal ricordo e dalle preghiere dei loro genitori e fratelli lontani. «Ora i nostri figli, tutti insieme, sostengono il piccolo Nzata». A continuare questa straordinaria catena della solidarietà è Edoardo, il secondogenito. Diplomatosi con il massimo dei voti, ha partecipato ad un concorso. Si è aggiudicato il primo premio ed una borsa di studio in denaro di una certa entità: “Noi tutti in famiglia – raccontano Corrado ed Elisabetta – eravamo talmente orgogliosi di lui e dell’ottimo risultato raggiunto con grande sforzo, da insistere affinché tenesse quella somma tutta per sé, perché se l’era meritata. Ma lui ha voluto pensarci qualche giorno e, poi, con un po’ di sorpresa da parte nostra, ci ha detto che avrebbe volentieri destinato la somma ad un bambino, con un nuovo sostegno a distanza, tutto suo. È così che ora nella nostra famiglia è arrivata una bambina dalla Giordania». E concludono convinti: «Crediamo che questo cuore allargato abbia fatto bene a noi e ai nostri figli e che l’amore che si dona ritorni sempre indietro a piene mani». (altro…)