Ago 3, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Sociale
Baobab è uno dei tanti centri di raccolta profughi, nei pressi della stazione Tiburtina di Roma. Accoglie circa 400 eritrei, somali e sudanesi, giovani uomini e donne, cristiani e musulmani. «Li c’è un felice, caldo, libero, caotico e anarchico volontariato auto convocato – racconta S. –: ognuno va, vede cosa c’è bisogno, aiuta, chiama amici… E funziona benissimo! Ottenuto il consenso dei Responsabili del Banco Alimentare di Roma, insieme con un giovane che coordina tutto il volontariato del Centro Baobab, siamo andati a Fiano Romano ed abbiamo caricato una ventina di quintali di ottimo cibo (pasta, zucchero, carne in scatola, 600 yogurt, scatoloni di olio, 120 ananas, 30 cassette fra pesche e pesche noce, 100 pezzi di grana padano, e molto di più). Già alle 10 c’erano circa 40°! Siamo arrivati al Centro verso le ore 13 dove erano già in fila per il pranzo almeno 500 ragazze e ragazzi, ordinati e pazienti, nella maggioranza eritrei, tutti provenienti dagli sbarchi di quei famigerati barconi che vediamo al telegiornale. I gradi erano almeno 42° a quell’ora. Nell’arco di una decina di minuti, i ragazzi, senza nemmeno bisogno di chiederlo, si sono messi in fila ordinata ed hanno scaricato, molto ordinatamente, il ducato strapieno, portando tutto il materiale nel magazzino. Non un solo yogurt o una bibita è stata presa, tutto perfettamente riposto al posto giusto. Poi, sono tutti rientrati nella fila di attesa del pranzo. Anche a me è stato servito un piatto che ho condiviso con molta gioia con loro. Il Centro di accoglienza non punta alla assistenza soltanto, ma soprattutto al coinvolgimento ed alla integrazione dei rifugiati stessi. Questo garantisce il rispetto della dignità di ciascuna e ciascuno di coloro che vengono accolti. Molti poi, appena possono, raggiungono parenti ed amici in altri Paesi Europei. La fila dei cittadini romani che portano aiuti di ogni genere è costante e anche commovente. Arrivano tali e tanti aiuti che, spesso, portiamo scatoloni di roba ad altri centri di assistenza. Mentre ero lì a stringere mani, a fare delle conoscenze, è arrivata la prima bimba nata da una ragazza rifugiata accolta nel Centro. È arrivata dall’ospedale all’età di 20 giorni. Medici, infermieri, volontari, tutti intorno a farle un sorriso, volendo almeno vederla. Un segno di come la vita va avanti, sempre. Sono tornato a casa stanco, sudato come non mai … Ma nel cuore e nell’anima una gioia molto speciale, una serenità impagabile, la vera ricompensa per un piccolo gesto in favore di quelle bellissime creature che in questo momento vengono chiamati “rifugiati”… A fine mese siamo già d’accordo di fare un altro carico. Inoltre, attraverso un amico la cui famiglia gestisce cinque supermercati, organizziamo anche una raccolta periodica di quei prodotti che scadrebbero a breve e che, invece, portati al Centro possono essere consumati in un paio di giorni. Ringrazio i rifugiati eritrei ed i volontari del Campo Baobab per avermi dato l’opportunità di vivere un momento veramente bello, prezioso, che, sono certo, si ripeterà nei prossimi giorni e in futuro. Mi sento un privilegiato e lo sono veramente!» (S.D. Italia) (altro…)
Ago 2, 2015 | Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
In vista del Convegno Nazionale della Chiesa in Italia (Firenze, 9-13 novembre 2015), la Rivista «gen’s» del Gruppo editoriale Città Nuova dedica l’ultimo numero a questo evento. Articoli e testimonianze mettono a fuoco nodi tematici, ma anche esempi di un’azione in sinergia per servire la persona e rinnovare la società. Sono molteplici gli approcci con cui la rivista si accosta alla sfida espressa dal motto dell’evento di Firenze «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo». Un umanesimo che – secondo la Traccia preparatoria – non dovrà essere un progetto astratto, ma “in ascolto”, “concreto”, “plurale e integrale”, oltre che ancorato all’interiorità e alla trascendenza. E perciò da ricavare dal vissuto, con l’apporto di tutti, in un lavoro “collegiale” che mira – così la Presentazione della Traccia – a un “coinvolgimento diffuso”. Se l’Editoriale a firma dell’esperto di catechesi e di dottrina sociale Enrique Cambón esplora una delle chiavi di lettura del documento di lavoro – «la persona vive sempre in relazione» –, il docente di filosofia Claudio Guerrieri, membro del Comitato preparatorio, rilegge la “Traccia” e il cammino verso il Convegno dalla prospettiva di una “Chiesa in uscita” lanciata da Papa Francesco nella Evangelii gaudium. Vengono riportate poi riflessioni di fondo che risalgono agli incontri preparatori nel mese di maggio a Perugia e a Roma. Il teologo Piero Coda, in un’intervista, si sofferma sulla domanda di scottante attualità del rapporto fra il Dio Unico e la Pace, mentre l’economista Luigino Bruni riflette su “La forza del dono vulnerabile” e il coraggio di rischiare come presupposti di un rinnovamento. Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, osserva che il cammino verso Firenze richiede una conversione e scelte forti e in questa luce rivisita le cinque “vie” evidenziate dalla Traccia preparatoria: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Patrizia Bertoncello, membro del direttivo della Consulta Nazionale per le Aggregazioni Laicali (CNAL), ha intervistato vari leader di aggregazioni sull’importanza del Convegno di Firenze e sul modo in cui si preparano a questo evento le realtà che essi rappresentano. Rispondono Mario Landi del Rinnovamento nello Spirito, Matteo Trufelli dell’Azione Cattolica, Roberto Fontolan di Comunione e Liberazione e Paola Dal Toso dell’Agesci. Due testimonianze, una raccolta al Nord e l’altra al Sud del Paese, portano esempi di feconde sinergie per mettere in moto un reale cambiamento: l’originale “Lettera alla Città” con cui le sette parrocchie del decanato di Cinisello Balsamo si rivolgono annualmente alla cittadinanza e alle istituzioni, e il “Festival dei diritti dei ragazzi” a Nola che a ritmo annuale vede convergere una ventina di scuole e altrettante realtà aggregative per una settimana di iniziative per riflettere sulla situazione delle nuove generazioni e riconvertire il territorio in comunità educante. Una raccolta di testimonianze e riflessioni, dunque, che guarda a questo momento di bilancio e di progettazione della Chiesa in Italia a metà decennio, ma è pervasa anche da un respiro universale. In questo senso, una terza esperienza presenta l’iniziativa Living Peace che, partita da un liceo del Cairo, ha raggiunto 103 Paesi del mondo, con il coinvolgimento di oltre 50 mila bambini, ragazzi ed adulti, portando a cambiamenti positivi nei diversi ambienti. Prospettiva universale che, del resto, si avverte sin dalle prime pagine del numero, con il testo di Chiara Lubich «Ho un sogno», quasi un manifesto per il nuovo millennio che l’autrice aveva scritto alla vigilia del 2000. Per accedere agli articoli: http://www.cittanuova.it/FILE/PDF_NUMERO_ALTRI/GENS_3_2015NUMERO.pdf Per l’acquisto di «gen’s» (5 euro cad.) e abbonamenti: abbonamenti@cittanuova.it
Ago 1, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
N
el 2012, mentre ero ospite della famiglia di un amico, sono entrati in casa tre uomini armati. Dopo averci malmenati e costretti a terra, puntandoci le pistole continuavano ad urlare: “dove sono i soldi?” Il padrone di casa, rivolto ad uno di loro ha provato a dirgli che lo perdonava, ma che quello non era il modo di fare le cose. A queste parole egli si è arrabbiato ancora di più e tutti noi avevamo paura che facesse qualcosa di terribile. Invece, sorprendentemente, il rapinatore si è messo a piangere e a chiedere scusa. Gli altri due, che nel frattempo avevano messo insieme il bottino, sono usciti per scappare con l’automobile di famiglia. L’uomo – che sembrava essere il capo del gruppo – prima di raggiungerli ha chiesto se fra quanto avevano preso ci fosse stato qualcosa di importante perché, nel caso, l’avrebbe riportato. Il papà ha detto di tenere pure tutto, che andava bene così, ma che aveva bisogno della macchina per lavorare. Al che il ladro ha promesso che l’avrebbero presto restituita. Prima di scappare ha chiesto perdono ad ognuno. Mezz’ora dopo la macchina è apparsa intatta riportata dalla polizia. Personalmente, anche se quell’uomo aveva chiesto scusa, avevo una certa difficoltà a perdonare. Non mi andava di accettare che al mondo ci fossero delle persone che possono decidere della mia vita o di quella di gente a me cara. Probabilmente avevo bisogno di tempo. Contemporaneamente però sentivo di dover fare qualcosa, quantomeno cercare di capire la radice di tanta violenza. Con alcuni amici dei Giovani per un mondo unito (GMU) ho cominciato a frequentare un asilo di uomini senza tetto. Forse il condividere il dolore e le difficoltà di chi si trova nelle periferie del mondo poteva aiutarmi a ‘capire’. A questo asilo ci stiamo andando tutti i sabati: facciamo dei giochi, suoniamo la chitarra, guardiamo una partita di calcio (la Coppa del Mondo è stata incredibile!) a volte ceniamo insieme. Così conosciamo le loro storie, alcune veramente allucinanti. Sono persone che hanno bisogno di tanta forza, sia per perdonare chi ha fatto loro del male sia per perdonare loro stesse. Ma più di tutto sono persone che hanno bisogno di ricominciare. Un gruppo di specialisti le aiuta nel processo di recupero mentre il nostro ruolo è di crescere con loro, senza smettere mai di far loro sentire l’affetto. Che ormai, lo sperimentiamo, è diventato reciproco. Stando con loro mi sono resa conto che per tanti di essi, rubare è l’ultima risorsa, da sempre trattati come persone che non esistono. Io stessa mi sono domandata: «Cosa farei io al loro posto, se – come accade a loro – nessuno ti guarda, nessuno ti risponde, nessuno ti considera?». Ed è stato così che ho sentito di perdonare i tre rapinatori di quella sera. E mi sono accorta che questo mio riconciliarmi con loro, metteva un mattone per la costruzione della pace del mio paese. A dicembre 2013, a causa di uno sciopero della Polizia, tante persone hanno approfittato per saccheggiare aziende e negozi. Hanno rubato perfino in una ONG che raccoglie e distribuisce cibo per i poveri. È stata una piccola guerra tra la gente, con disordini e caos. Il giorno dopo, attraverso le reti sociali, con i GMU abbiamo mobilitato gli amici per pulire la città e anche per raccogliere cibo per la ONG. Da 15 che eravamo all’inizio siamo diventati più di 100 persone (oltre a quelle che hanno portato cibo). La sera i media TV, che erano venuti a riprendere l’iniziativa, hanno detto che c’è anche un’altra faccia della cronaca e che non solo era stato tutto ripulito, ma che anche i bambini di un quartiere molto povero avevano potuto mangiare. https://www.youtube.com/watch?v=9WX_TbWHvVw&feature=youtu.be Da allora, mentre noi continuiamo ad andare all’asilo di uomini di strada, un altro gruppo di GMU ha fatto amicizia con l’asilo ‘Angolo di luce’ cui erano andati gli alimenti che avevamo raccolto. Per cominciare, data l’imminenza del Natale, i GMU hanno procurato regalini per tutti i bimbi e organizzato un presepe vivente. Poi c’era da pensare al miglioramento dell’infrastruttura, precaria e insufficiente. Così hanno promosso una raccolta fondi presso amici, colleghi di università, la propria famiglia e organizzato varie attività e vendite di torte. Alcuni dei giovani stanno aiutando anche nei workshop di igiene orale e di ortocultura, mentre il progetto continua con la costruzione dei bagni e il rifacimento dell’impianto elettrico. I GMU si stanno davvero dando da fare. Ma anche l’asilo sta facendo la sua parte, almeno così affermano loro stessi: «L’asilo ci ha dato la possibilità di sognare grandi cose e di credere che attorno a noi ci sono tutte le mani di cui abbiamo bisogno per portare avanti le cose. Basta fare il primo passo». Fonte: United World Project (altro…)
Lug 31, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo, Senza categoria
Frodo, Bilbo, Sam, los hobbits y el mago Gandalf, los personajes creados por J. R. R. Tolkien, son los protagonistas de dos grandes obras de la literatura universal: El Hobbit y El Señor de los Anillos. Presentamos este breve libro en el cual Ives Coassolo, profundo conocedor de la materia, nos introduce en el fecundo epistolario de Tolkien, ordenado y comentado, para descubrir aspectos novedosos sobre los personajes de la Tierra Media y el significado de la aventura del Anillo. Sin rebuscamientos, con entusiasmo genuino y contagioso, será una lectura feliz para cualquier lector amante o aficionado de la obra tolkeniana: un aporte tan ameno como enriquecedor. Datos del autor: Ives Coassolo, tiene 34 años, estudió Ciencias de la Educación y vive en Italia. A su tareas de profesor de religión, agrega una gran pasión por el teatro y la literatura, en especial por la obra de J.R.R. Tolkien. En 2007 con un grupo de amigos dio vida a la Asociación Senderos Tolkenianos. Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires
Lug 30, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo
Frodo, Bilbo, Sam, los hobbits y el mago Gandalf, los personajes creados por J. R. R. Tolkien, son los protagonistas de dos grandes obras de la literatura universal: El Hobbit y El Señor de los Anillos. Presentamos este breve libro en el cual Ives Coassolo, profundo conocedor de la materia, nos introduce en el fecundo epistolario de Tolkien, ordenado y comentado, para descubrir aspectos novedosos sobre los personajes de la Tierra Media y el significado de la aventura del Anillo. Sin rebuscamientos, con entusiasmo genuino y contagioso, será una lectura feliz para cualquier lector amante o aficionado de la obra tolkeniana: un aporte tan ameno como enriquecedor. Datos del autor: Ives Coassolo, tiene 34 años, estudió Ciencias de la Educación y vive en Italia. A su tareas de profesor de religión, agrega una gran pasión por el teatro y la literatura, en especial por la obra de J.R.R. Tolkien. En 2007 con un grupo de amigos dio vida a la Asociación Senderos Tolkenianos. Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires
Lug 30, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Abbiamo ricevuto con grande gioia la notizia della visita che papa Francesco farà al nostro Paese dal 19 al 22 settembre. Il Santo Padre vuole mostrarci la sua vicinanza in un momento in cui, grazie anche alla sua mediazione, si respira aria di speranza nella nostra vita nazionale di fronte alle nuove possibilità di dialogo in corso fra gli Stati Uniti e Cuba. È molto, molto, importante ciò che lui sta facendo, come Pastore universale della Chiesa, nella ricerca della riconciliazione e della pace tra tutti i popoli della terra!». Così scrivono, in un messaggio ai cubani, i vescovi cattolici di Cuba. Mentre l’isola caraibica si prepara per ricevere il primo papa dell’America Latina, dialoghiamo all’Avana con José Andrés Sardina Pereira, architetto spagnolo con una specializzazione in arte sacra e liturgia, nonché appassionato di cultura cubana. «Il progetto che stiamo portando avanti – spiega Sardina Pereira – vuole essere un contributo dell’arcivescovado di Santiago al lavoro iniziato già dalle istituzioni civili, capeggiate dall’Ufficio del Conservatore della città, per cercare di far includere il Centro Storico Urbano di Santiago (con il complesso delle sue chiese coloniali e delle frazioni del circondario) nella lista UNESCO dei patrimoni mondiali dell’umanità, come già lo sono i centri storici di: L’Avana, Trinidad, Camagüey e Cienfuegos». Nato da padre cubano, Sardina Pereira oltre ad essere un architetto è un appassionato della storia di Cuba. Questa nazione, conosciuta anche come “Isola Grande”, è stata anche «una delle ultime colonie spagnole ad ottenere l’indipendenza (1898) per cui il processo di “transculturazione” è stato il più prolungato. Gli studi sulle origini della cultura cubana, differenziatasi da quella spagnola, ne collocano la cristallizzazione nel corso del XVIII secolo, momento in cui si risvegliano, con un certo antagonismo rispetto ai modelli e agli interessi spagnoli, una serie di inquietudini sociali, economiche e culturali che contraddistinguono i nativi dell’isola (creoli) da quelli che provenivano dall’altro lato dell’Atlantico”. Sardina Pereira chiarisce che «nei processi etnici e culturali che hanno dato origine alla “cubanía”, gli spagnoli e africani che erano arrivati sull’isola hanno portato con loro culture molto di più complesse di quello che tradizionalmente si associa con i concetti “spagnolo” e “africano”» e ciò, spiega, non solo per le forti differenze culturali spagnole, ma anche per quelle degli schiavi portati dall’Africa sub-sahariana. «Arrivarono a Cuba uomini e donne provenienti da differenti gruppi linguistici, sociali e religiosi, con diverso grado di sviluppo economico, provenienti dagli attuali paesi di: Senegal, Gambia, Mali, Guinea, Costa d’avorio, Benin, Nigeria, Congo e Angola». Senza però dimenticare le persone provenienti da altri paesi europei, dall’Asia e dallo stesso continente americano. «Basta pensare alla presenza francese a Cienfuegos o nei campi di caffè dell’oriente dell’Isola». È in questa convivenza di un «ricco e variopinto ventaglio di individui provenienti da geografie differenti che nasce la cultura cubana, una della ultime culture che l’umanità ha generato: audace, integrante, creativa e allo stesso tempo aperta, accogliente e rispettosa della diversità».
Sardina Pereira sottolinea come il messaggio evangelico sia stato chiave in questa “genesi”, in quanto «questa nuova patria è stata fondata grazie alla convivenza di individui molto differenti tra loro: bianchi, di colore e meticci, schiavi e liberi; molti di loro uniti dall’amore che Gesù è venuto a insegnarci, un amore che arriva persino a dare la vita. Basta pensare all’eroismo, alla coerenza e all’amore di molti padri della nazione cubana e ai molti uomini e donne che, seguendo il loro esempio, l’hanno generata con la propria vita». Persone unite dalla loro fede che «viaggiano insieme su una nuova barca nel mare tempestoso della storia». A questo punto della conversazione il nostro esperto aggiunge un altro elemento, da lui ritenuto essenziale. I cubani sono: «un popolo benedetto da un incontro straordinario con la madre di Gesù». Tale affermazione allude a quello che la tradizione ricorda come “il ritrovamento”. Si racconta che nell’anno 1612, tre cercatori di sale (un meticcio, un negro e un bianco, tre etnie fino a quel momento in conflitto) trovarono una tavoletta di legno che galleggiava sul mare e su cui vi era l’immagine della Madonna con l’iscrizione: “Io sono la Madonna della Carità”. «È quest’incontro con una Madre – continua convinto l’architetto – uno degli elementi che permettono al popolo cubano di scoprire la vera fraternità, che si convertirà in un simbolo identificativo di tale nazionalità. Madre di tutti, di marinai di ogni approdo, colore e credo». Sardina Pereira ama paragonare questa mescolanza di etnie così ricca di diversità ad un piatto tipico del centro dell’Isola, composto da una grande varietà di ingredienti chiamato “ajiaco”. «In un mondo globalizzato e sempre più interdipendente – continua l’architetto – molte volte l’intolleranza verso la diversità etnica, culturale e religiosa continua ad essere la causa primordiale dei conflitti più gravi. Chiara Lubich, una grande personalità della Chiesa cattolica, nel suo intervento alle Nazioni Unite del 1997, arriva ad affermare che per costruire oggi un mondo più unito ed in pace, è necessario arrivare ad amare la patria dell’altro come la propria, la cultura dell’altro come la propria». Sardina Pereira conclude con una confessione personale: «Realizzando questo lavoro mi sono reso conto fino a che punto la conoscenza e la diffusione della cultura cubana può essere un contributo per la pace nel mondo, sempre se riesce a riscattare e a mantenere genuina la sua memoria storica e le sue profonde radici cristiane». A cura di Gustavo Clariá (altro…)
Lug 29, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
In Nigeria c’è un grande dislivello di sviluppo fra le città ed i villaggi rurali dove non ci sono quasi infrastrutture e mancano elettricità, cure mediche, strade, ecc. Yakoko è un uno di questi villaggi – vicino al deserto, in mezzo alle montagne – nel quale la comunità cristiana e quella musulmana vivono da sempre in grande concordia. La sera, dopo il lavoro nei campi, gli uomini si incontrano in piazza per discutere attorno ad una bevanda alcolica che producono dal loro Guinea corn. Alcuni anni fa una missionaria, Suor Patricia Finba, aveva portato a Yokoko la spiritualità dei Focolari e Felix, Abubacar, Nicodemus, Loreto, Father Giorge Jogo e altri l’hanno fatta propria. L’anno scorso hanno accolto nel loro villaggio più di 200 persone venute da varie regioni della Nigeria per approfondirne la conoscenza. Quest’anno un gruppo di giovani e adulti di Onitsha ha deciso di passare alcuni giorni lì. Dopo 24 ore di viaggio – a volte pericoloso – nei pulmini pubblici strapieni, carichi di borse e pacchi, sono stati accolti calorosamente dalla comunità nelle loro case. «Partecipiamo alla loro vita – racconta Luce – condividiamo tutto», «e – aggiunge Cike – ci siamo accorti che quello che ai giovani interessava non erano tanti i beni materiali, i vestiti e le medicine che avevamo portato, ma quelli spirituali: la nostra amicizia e il tesoro della nostra vita: la scoperta di Dio Amore». Perciò hanno deciso di passare insieme una giornata di riflessione, facendo un’escursione in montagna che, con la sua arida bellezza, invita alla meditazione. «È stata una giornata importante – racconta Imma -. In un atmosfera di amicizia profonda abbiamo condiviso i valori in cui crediamo e sui quali abbiamo impostato la nostra vita». Per poi, nei giorni seguenti, portare insieme gli aiuti a chi aveva bisogno, soprattutto ad anziani e bambini e ai molti rifugiati giunti dalle regioni del nord. Visitando ben cinque villaggi.
Una comunità musulmana li ha accolti con particolare gioia. Alcuni di essi vivono già per l’unità del mondo e con loro subito si è creato un clima di famiglia nel quale si sono potuti condividere gioie e dolori del posto. I villaggi stavano infatti passando un periodo molto difficile per la siccità e, secondo la tradizione, avevano chiesto ad un notabile del villaggio di pregare per la pioggia. Ma la pioggia non era arrivata e così avevano deciso di uccidere questa persona. «Sentendo tale decisione ci siamo spaventati e abbiamo pregato Dio che piovesse – racconta ancora Luce – e infatti il terzo giorno Lui ci ha benedetto con una bella pioggia! Ma oltre che per la pioggia in sé, eravamo contenti di aver salvato la vita a una persona». (altro…)
Lug 28, 2015 | Focolari nel Mondo
La Summer School si configura come un laboratorio rivolto a studenti e giovani psicologi. Le tematiche verranno affrontate con un approccio interattivo, con la possibilità di dialogo, condivisione e rielaborazione insieme ai docenti/esperti presenti, in un’ottica di reciprocità costruttiva attraverso seminari, workshop, dibattiti. Le tematiche proposte sono state analizzate e studiate da alcuni dei partecipanti. Tale approfondimento, supervisionato dagli esperti coinvolti in qualità di formatori, costituisce un materiale di base su cui si struttura il percorso formativo. La Summer School, rivolta a studenti e giovani psicologi provenienti da vari Paesi, si svolgerà in italiano e in spagnolo, e prevedere un numero massimo di 20 partecipanti. Per info: www.psy-com.org
Lug 28, 2015 | Parola di Vita
In questa parola è racchiusa tutta l’etica cristiana. L’agire umano, se vuole essere come Dio l’ha pensato quando ci ha creati, e quindi autenticamente umano, deve essere animato dall’amore. Il cammino – metafora della vita – per giungere alla sua meta deve essere guidato dall’amore, compendio di tutta la legge. L’apostolo Paolo rivolge questa esortazione ai cristiani di Efeso, come conclusione e sintesi di quanto ha appena scritto loro sul modo di vivere cristiano: passare dall’uomo vecchio all’uomo nuovo, essere veri e sinceri gli uni con gli altri, non rubare, sapersi perdonare, operare il bene…, in una parola “camminare nella carità”. Converrà leggere per intero la frase da cui è tratta la parola incisiva che ci accompagnerà per tutto il mese: «Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore». Paolo è convinto che ogni nostro comportamento deve avere come modello quello di Dio. Se l’amore è il segno distintivo di Dio, deve esserlo anche dei suoi figli: in questo essi devono imitarlo. Ma come possiamo conoscere l’amore di Dio? Per Paolo è chiarissimo: esso si rivela in Gesù, che mostra come e quanto Dio ama. L’apostolo lo ha sperimentato in prima persona: «mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2, 20) ed ora lo rivela a tutti perché diventi l’esperienza dell’intera comunità. «Camminate nella carità» Qual è la misura dell’amore di Gesù, sul quale va modellato il nostro amore? Esso, lo sappiamo, non ha confini, non pone preclusioni o preferenze di persone. Gesù è morto per tutti, anche per i suoi nemici, per chi lo stava crocifiggendo, proprio come il Padre che nel suo amore universale fa splendere il sole e fa scendere la pioggia su tutti, buoni e cattivi, peccatori e giusti. Ha saputo prendersi cura soprattutto dei piccoli e dei poveri, degli ammalati e degli esclusi; ha amato con intensità gli amici; è stato particolarmente vicino ai discepoli… Il suo amore non si è risparmiato, giungendo fino al punto estremo di donare la vita. Ed ora chiama tutti a condividere il suo stesso amore, ad amare come lui ha amato. Può farci paura questa chiamata, perché troppo esigente. Come possiamo essere imitatori di Dio, che ama tutti, sempre, per primo. Come amare con la misura dell’amore di Gesù? Come essere “nella carità”, così come ci viene richiesto dalla parola di vita? È possibile soltanto se prima abbiamo fatto noi stessi l’esperienza di essere amati. Nella frase “camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato”, l’espressione nel modo in cui, può essere tradotta anche con perché. «Camminate nella carità» Camminare qui equivale ad agire, a comportarsi, come a dire che ogni nostra azione deve essere ispirata e mossa dall’amore. Ma forse non a caso Paolo impiega questa parola dinamica per ricordarci che amare si impara, che c’è tutta una strada da percorrere per raggiungere la larghezza del cuore di Dio. Egli usa anche altre immagini per indicare la necessità del progresso costante, quale la crescita che da neonati conduce fino all’età adulta (cf 1 Cor 3, 1-2), lo sviluppo di una piantagione, la costruzione di un edificio, la corsa nello stadio per la conquista del premio (cf 1 Cor 9, 24). Non siamo mai degli arrivati. Ci vuole tempo e costanza per giungere alla meta, senza arrendersi davanti alle difficoltà, senza mai lasciarci scoraggiare dai fallimenti e dagli sbagli, pronti sempre a ricominciare, senza rassegnarsi alla mediocrità. Agostino d’Ippona, forse pensando al suo sofferto cammino, scriveva in proposito: «Ti riesca sempre sgradito ciò che sei, se vuoi giungere a ciò che non sei ancora. Infatti là dove ti senti bene, ti fermi; e dici addirittura: “Basta così”, e così sprofondi. Aggiungi continuamente, cammina sempre, procedi in avanti di continuo: non fermarti lungo il cammino, non voltarti, non deviare. Resta indietro chi non avanza». «Camminate nella carità» Come procedere più celermente nel cammino dell’amore? Poiché l’invito è rivolto a tutta la comunità – “camminate” –, sarà utile aiutarsi reciprocamente. È infatti triste e difficile intraprendere un viaggio da soli. Potremmo iniziare col trovare l’occasione per ridirci ancora una volta tra noi – con gli amici, i familiari, i membri della stessa comunità cristiana…– la volontà di camminare insieme. Potremmo condividere le esperienze positive su come abbiamo amato, in modo da imparare gli uni dagli altri. Possiamo confidare, a chi può comprenderci, gli sbagli commessi e le deviazioni dal cammino, in modo da correggerci. Anche la preghiera fatta insieme potrà darci luce e forza per andare avanti. Uniti tra noi e con Gesù in mezzo a noi – la Via! – percorreremo fino in fondo il nostro “santo viaggio”: semineremo amore attorno a noi e raggiungeremo la meta: l’Amore. Fabio Ciardi (altro…)
Lug 28, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
https://vimeo.com/133758828 Il campo, da alcuni anni doveva essere sgomberato per seri motivi sanitari e ambientali, ma non era lavoro semplice, dato che lì abitava una comunità di trenta famiglie. Mario Bruno, sindaco di Alghero, ha deciso di farlo, nell’attenzione di coinvolgere le stesse famiglie rom nella scelta del luogo dove trasferirsi. Ad Alghero ci sono tanti disoccupati e c’è anche tanta gente in lista di attesa per avere una casa. Quindi, come diceva il sindaco, può essere difficile far capire ai cittadini «che ci sono finanziamenti ad hoc, che dobbiamo tutti avere a cuore l’inclusione sociale e a volte prendere anche delle decisioni che sono impopolari, che a volte non si capiscono». «I 30 minori rom, per me sono importanti come ciascun algherese proprio nello stesso modo, e devo cercare di mostrarlo con i fatti che questo è possibile», continua il sindaco Bruno «e aiutare anche gli algheresi a fare questo passo sapendo benissimo che io ho a cuore tutti i problemi e non solo quelli di una parte». Concretamente, trovare soluzioni per gli algheresi è un modo di dimostrare questo stesso valore per le persone. E l’ha fatto annunciando un finanziamento di 3 milioni e seicentomila euro per realizzare 28 alloggi per cittadini algheresi. Bruno, come uomo politico, si trova a volte anche in situazioni difficili che, ci racconta, cerca di affrontare «con buon senso, entrando dentro proprio nei provvedimenti amministrativi, senza sorvolare perché davvero ci troviamo a difendere i beni che sono di tutti non sono i nostri, noi siamo soltanto amministratori». Nel sindaco c’è l’«esigenza proprio di fare sintesi di fronte alla complessità del momento in cui viviamo (…) dove tu puoi essere parte di una risposta, e io credo che questa risposta la possiamo dare singolarmente ma anche collettivamente e dare una risposta collettiva significa vivere per un bene che vada al di là di noi». Risposte che, lui dice, gli sono state ispirate da Chiara Lubich e dal suo pensiero politico. (altro…)