Gen 30, 2015 | Cultura
Il volume di Chiara Andreola inaugura la nuova collana di narrativa “Passaparola”, rinnovata nel formato. Attraverso racconti autobiografici, temi scottanti e dolorosi della quotidianità: adolescenza, crisi di coppia, malattia, dipendenze, lutto, anoressia, trauma, si affrontano drammi, ferite e problemi attuali nei quali il lettore può ritrovarsi. Sono storie scritte con uno stile agile, piacevole e avvincente. Nella seconda parte del volume un esperto rilegge il racconto e fornisce chiavi di lettura utili, indicazioni pratiche, e prospettive concrete. Il primo della serie è “Fame d’amore”: come uscire dai disturbi del comportamento alimentare, sempre più frequenti, ma dannosi per la salute fisica e l’equilibrio psichico? «Ricordo il giorno in cui, vedendo la bilancia segnare 51 kg, ho chiamato mio fratello e l’ho abbracciato esultante saltellando per la gioia. Ecco, quello, se non l’inizio, è stato quantomeno una pietra miliare di questa storia». Chiara, neolaureata e aspirante giornalista, deve fare i conti con un senso di disagio nei confronti del cibo che diventa sempre più difficile da gestire e da comprendere. Girovagando su e giù per l’Italia e alle prese con coinquilini originali, evanescenti offerte di lavoro e una storia d’amore tutta da costruire, Chiara ci racconta, con autoironia e leggerezza, la storia della sua anoressia. Una storia che ci porta nel cuore di una piaga – quella dei disturbi del comportamento alimentare – sempre più diffusa e ancora poco conosciuta. Come si manifesta? Chi colpisce? Quali le cause più frequenti? Si può guarire? Il breve saggio di Silvia Della Casa, a corredo della storia di Chiara, aiuta a fare chiarezza sull’argomento. L’autrice: Chiara Andreola, veneta di nascita e friulana d’adozione, dopo aver vissuto in vari Paesi per studiare lingue straniere, la scuola di giornalismo a Milano e il lavoro a Roma a Città Nuova, ha lasciato la Capitale per andare a vivere a Udine con il marito Enrico. È giornalista professionista dal 2009. L’esperto: Silvia Della Casa. Medico Specialista in Endocrinologia e in Pediatria è Docente di Endocrinologia alla Scuola di Specializzazione e al Corso di Laurea di Dietistica dell’Università Cattolica. È autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e diversi capitoli di libri e responsabile dell’Ambulatorio di Endocrinologia dell’alimentazione del Policlinico A. Gemelli di Roma.
Gen 30, 2015 | Chiara Lubich, Cultura

TV2000 intervista Jesús Morán e Patience Mollè Lobè sull’apertura della causa di canonizzazione di Chiara Lubich
Gen 30, 2015 | Parola di Vita
Volendo recarsi a Roma e da lì proseguire per la Spagna, l’apostolo Paolo si fa precedere da una sua lettera alle comunità cristiane presenti in quella città. In esse, che presto testimonieranno con un innumerevole numero di martiri la sincera e profonda adesione al Vangelo, non mancano, come altrove, tensioni, incomprensioni, e perfino rivalità. I cristiani di Roma presentano infatti una variegata estrazione sociale, culturale e religiosa. Vi sono persone provenienti dal giudaismo, dal mondo ellenico e dall’antica religione romana, forse dallo stoicismo o da altri orientamenti filosofici. Esse portano con sé proprie tradizioni di pensiero e convinzioni etiche. Alcuni vengono definiti “deboli”, perché seguono usanze alimentari particolari, sono ad esempio vegetariani, o si attengono a calendari che indicano speciali giorni di digiuno; altri sono detti “forti”, perché, liberi da questi condizionamenti, non sono legati a tabù alimentari o a rituali particolari. A tutti Paolo rivolge un pressante invito: “Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio” Già precedentemente, nella lettera, era entrato nell’argomento rivolgendosi prima ai “forti”, per invitarli ad “accogliere” i “deboli”, “senza discuterne le opinioni”; poi ai “deboli” perché accolgano a loro volta i “forti” senza giudicarli, essendo stati loro stessi “accolti” da Dio. Paolo è infatti convinto che ognuno, pur nella diversità di opinioni e di usanze, agisce per amore del Signore. Non c’è dunque motivo di giudicare chi pensa diversamente, tanto meno di scandalizzarlo con un fare arrogante e con senso di superiorità. Quello invece che occorre avere di mira è il bene di tutti, la “edificazione vicendevole”, ossia la costruzione della comunità, la sua unità (cf 14, 1-23). Si tratta di applicare, anche in questo caso, la grande norma del vivere cristiano che Paolo aveva ricordato poco prima nella lettera: «Pienezza della Legge è la carità» (13, 10). Non comportandosi più «secondo carità» (14, 15), i cristiani di Roma erano venuti meno allo spirito di fraternità, che deve animare i membri di ogni comunità. L’apostolo propone come modello di accoglienza reciproca, quella di Gesù quando, nella sua morte, invece di piacere a se stesso, prese su di sé le nostre debolezze (cf 15, 1-3). Dall’alto della croce attirò tutti a sé, ed accolse l’ebreo Giovanni assieme al centurione romano, Maria Maddalena assieme al malfattore crocifisso con lui. “Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio”. Anche nelle nostre comunità cristiane, pur essendo tutti «amati da Dio e santi per chiamata» (1,7), non mancano, al pari di quelle di Roma, disaccordi e contrasti tra modi di vedere diversi e culture spesso distanti le une dalle altre. Spesso si contrappongono tradizionalisti e innovatori – per usare un linguaggio forse un po’ semplicistico ma subito comprensibile –, persone più aperte e altre più chiuse, interessate a un cristianesimo più sociale o più spirituale. Le diversità sono alimentate da convinzioni politiche e da estrazioni sociali differenti. Il fenomeno immigratorio attuale aggiunge alle nostre assemblee liturgiche e ai vari gruppi ecclesiali ulteriori componenti di diversificazione culturale e di provenienza geografica. Le stesse dinamiche possono scattare nei rapporti tra cristiani di Chiese diverse, ma anche in famiglia, negli ambienti di lavoro o in quelli politici. Si insinua allora la tentazione di giudicare chi non la pensa come noi e di ritenersi superiori, in una sterile contrapposizione ed esclusione reciproche. Il modello proposto da Paolo non è l’uniformismo che appiattisce, ma la comunione tra diversi che arricchisce. Non a caso due capitoli prima, nella stessa lettera, parla dell’unità del corpo e della diversità delle membra, così come della varietà dei carismi che arricchiscono e animano la comunità (cf 12, 3-13). Il modello non è, per usare un’immagine di papa Francesco, la sfera dove ogni punto si trova equidistante dal centro senza che vi siano differenze tra un punto e l’altro. Il modello è il poliedro che ha superfici diverse tra loro e una composizione asimmetrica, dove tutte le parzialità mantengono la loro originalità. «Persino le persone che possono essere criticate per i loro errori, hanno qualcosa da apportare che non deve andare perduto. È l’unione dei popoli, che, nell’ordine universale, conservano la loro peculiarità; è la totalità delle persone in una società che cerca un bene comune che veramente incorpora tutti». “Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio”. La parola di vita è un invito pressante a riconoscere il positivo che c’è nell’altro, almeno per il fatto che Cristo ha dato la vita anche per quella persona che sarei portato a giudicare. È un invito ad ascoltare lasciando cadere i meccanismi difensivi, a rimanere aperti al cambiamento, ad accogliere le diversità con rispetto e amore, per giungere a formare una comunità plurale e insieme unita. Questa parola è stata scelta dalla Chiesa evangelica in Germania per essere vissuta dai suoi membri ed essere loro di luce per l’intero 2015. Condividerla, almeno in questo mese, tra membri di varie Chiese, vuol essere già un segno di accoglienza reciproca. Potremo così rendere gloria a Dio con un solo animo e una voce sola (15, 6), perché, come disse Chiara Lubich nella cattedrale riformata di St. Pierre a Ginevra: «Il tempo presente […] domanda a ciascuno di noi amore, domanda unità, comunione, solidarietà. E chiama anche le Chiese a ricomporre l’unità infranta da secoli. E’ questa la riforma delle riforme che il Cielo ci chiede. E’ il primo e necessario passo verso la fraternità universale con tutti gli uomini e le donne del mondo. Il mondo infatti crederà se noi saremo uniti». Fabio Ciardi (altro…)
Gen 30, 2015 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Da sinistra: Natalia Dallapiccola, Peppuccio Zanghì, Luce Ardente
«Quando Luce Ardente iniziò a testimoniare l’Ideale dell’unità tra i monaci buddhisti, Giuseppe Maria Zanghì, Peppuccio per tanti, scomparso in questi giorni, lo definì “Un nuovo san Paolo per il buddhismo”. Sapendo quanto fosse difficile per un monaco far parte di un movimento cristiano e straniero, avevo nutrito dei dubbi a proposito della realizzazione concreta della sua affermazione. Dopo 20 anni esatti, posso dire che quelle parole si stanno avverando. Tutto è iniziato nel 1995, quando al centro del Movimento dei Focolari, un monaco buddhista faceva la sua prima comparsa: si chiamava, a quel tempo, Phramaha Thongrattana Thavorn. Era giunto a Roma per accompagnare un suo discepolo, Somjit, che stava facendo l’esperienza da monaco per un breve periodo prima del matrimonio, seguendo la tradizione di tutti i giovani buddhisti. Phra Mahathongrat, che vuol dire ‘oro fino’, conobbe in quell’occasione Chiara Lubich e ne fu molto impressionato. Anche lei fu colpita da questa persona e gli diede, su sua richiesta, un nome nuovo: Luce Ardente. Mai avevo notato in lui, in questi anni di frequentazione, una forza ed entusiasmo così forte come in questi giorni, nell’annunciare la fratellanza universale, l’ideale di ‘mamma Chiara’ (come ancora oggi la chiama). Oggi, in una cerimonia importante, alla quale Luce Ardente mi ha invitato, di fronte a più di 120 monaci, tra cui le più alte autorità buddhiste della regione, Luce Ardente ha chiesto la parola, dando spontaneamente, ma molto chiaramente la testimonianza della sua esperienza con Chiara Lubich e col Focolare e dicendo apertamente che lui è un membro della grande famiglia di Chiara sparsa in più di 120 nazioni con milioni di membri.
I monaci hanno ascoltato, per niente infastiditi: alcuni divertiti, altri interessati, qualcuno anche perplesso, come è normale in qualsiasi ‘comunità religiosa’. Prima, durante e dopo la cerimonia Luce Ardente, spesso al di là delle regole, ha voluto salutare ciascuno, manifestando il massimo rispetto ed affetto verso i monaci più anziani. Luce Ardente ama ripetere in questi giorni: «È giunto il momento per me di dire a tutti i buddhisti quanto mamma Chiara ha fatto di bene alla mia vita come monaco. Io sento che lei continua a darmi una spinta interiore ed una forza per portare a tutti l’ideale della fraternità tra tutti». La morte di Peppuccio – che tanto ha fatto per il dialogo interreligioso – , l’inizio del processo di beatificazione di Chiara, sono momenti forti ed importanti, non solo per noi cristiani ma per tutti i membri del Movimento. Luce Ardente ebbe a dire, all’indomani del 14 Marzo del 2008, giorno in cui Chiara lasciava questa terra: «Chiara non appartiene più a voi cristiani solamente, ma ora lei e il suo ideale sono eredità dell’umanità intera». In questi giorni, direi speciali, questi fatti testimoniano che quelle parole di Peppuccio si stanno avverando sotto i nostri occhi. Seguendo via internet la cerimonia di apertura della causa di beatificazione di Chiara Lubich, Luce Ardente commenta: «Ora dobbiamo testimoniare, ancora di più, insieme, la santità di Chiara». (altro…)
Gen 28, 2015 | Chiesa, Spiritualità

Suor Mariella Giannini (seconda da sinistra) al Centro delle Religiose del Movimento dei Focolari in Grottaferrata, Roma.
Difendere la vita umana in condizione di fragilità. È ciò che anima le Suore ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, la famiglia di suor Mariella Giannini, religiosa che vive la spiritualità del Movimento dei Focolari e protagonista di questa storia. «Attraverso l’incontro con il carisma dell’unità di Chiara Lubich – racconta – sono riuscita a ricomporre la mia identità di religiosa nel carisma dell’Ospitalità, che è lo specifico del mio Istituto». Filippine, Spagna, Italia, sono le tappe che ha toccato nel suo cammino. La scoperta che Dio «ci ama immensamente» la segna fortemente; nonostante questo arriva presto un momento triste, uno di quelli che volentieri si eviterebbe, soprattutto dopo aver scelto una vita di donazione così impegnativa. «Si trattava di un forte dolore morale – confida suor Mariella -, un momento di prova, forse anche di tentazione. Sicuramente di lotta contro Dio. È arrivato improvviso il buio, è scesa in me la notte, insieme al silenzio di un mare oscuro e profondo, di un fiume limaccioso da attraversare. Ma dove vado a finire? Mi chiedevo. Non avevo futuro». Ricorda con emozione quei momenti duri e confessa che, nonostante il buio, non ha mai smesso di donarsi agli altri. «Mi è venuto incontro in modo inaspettato il grido di Gesù sulla Croce: “Dio mio, perché mi hai abbandonato? Colui che per assurdo è senza risposte, è stato la chiave al mio dolore e a quello di ogni dolore umano». Un passaggio delicato risolto non tanto con la forza di volontà, ma con l’abbandono fiducioso a Dio. «All’interno di ogni famiglia religiosa – continua suor Mariella – è inevitabile che ci siano dei problemi, perché l’egoismo non è mai estirpato del tutto. Ma certe cose cambiano dentro di te. L’ho sperimentato specialmente con i nostri collaboratori laici, che non vedo più come degli estranei, o peggio, solo dei dipendenti, ma nostri fratelli e sorelle con cui condividere il carisma e realizzare insieme nuovi progetti. Inoltre, Dio mi ha donato una nuova famiglia anche col Movimento dei Focolari. Il mio cuore si è dilatato. Il carisma dell’ospitalità e il carisma dell’unità sono diventati per me una unica forza, una dinamite che rinnova la casa di Dio, la Chiesa». Parla con cognizione di causa, perché i compiti da lei svolti sono stati diversi e delicati, non solo come superiora provinciale, ma anche in giro per il mondo. «Amore chiama sempre Amore – afferma con convinzione. – Ho potuto constatarlo e viverlo perché, dopo l’incarico di Provinciale per l’Italia del mio Istituto, sono stata inviata, come formatrice, tra le Juniores delle Filippine. La prima formazione è una fase delicata, affascinante e coinvolgente, ma con l’ascolto quotidiano e il dialogo reciproco ci si capisce. A questo livello, quando cioè accolgo la vita dell’altra in un rapporto da cuore a cuore, allora divento grembo per ogni sofferenza passata e presente. Vivere così mi fa superare ogni barriera di lingua, cultura e di generazione». Dalle Filippine si reca in Spagna per preparare le giovani suore ai voti perpetui. Tornata in Italia, a Viterbo, si occupa di un gruppo di ammalati psichici, alcolisti e di persone con disturbi del comportamento. Visita regolarmente i detenuti nel super-carcere della città: «Gesù dona grande gioia anche a questi ultimi perché è Lui per primo che ha scelto di essere l’ultimo, e quando questi due poli “Dio e uomo” s’incontrano, misteriosamente il rapporto s’illumina e i cuori si riscaldano». (altro…)
Gen 28, 2015 | Chiara Lubich, Spiritualità
http://vimeo.com/118008405 (altro…)
Gen 27, 2015 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Chiesa, Spiritualità
L’aria, pur festosa, ha un timbro solenne e di preghiera. Dopo l’intonazione dei vespri e dei canti, il celebrante principale annuncia per la gioiosa sorpresa dei presenti, l’arrivo di un messaggio di papa Francesco. La missiva pontificia porta la firma del Segretario di Stato card. Pietro Parolin, ed è rivolta a Mons. Raffaello Martinelli, vescovo di Frascati, in qualità di incaricato ad aprire ufficialmente il “Processo sulla vita, virtù, fama di santità e segni” di Chiara Lubich. La diocesi di Frascati, infatti, è il territorio nel quale si trova il Centro Internazionale del Movimento dei Focolari, nei pressi del quale Chiara è vissuta gran parte della sua vita ed è morta (14 marzo 2008). «In occasione dell’apertura della causa di beatificazione e canonizzazione di Chiara Lubich – si legge nel messaggio del Papa –, che si tiene nella Cattedrale di Frascati, Sua Santità papa Francesco rivolge il suo cordiale pensiero, auspicando che il luminoso esempio di vita della fondatrice del Movimento dei Focolari susciti in quanti ne conservano la preziosa eredità spirituale rinnovati propositi di fedele adesione a Cristo e di generoso servizio all’unità della Chiesa. Il Santo Padre invoca abbondanti doni del divino Spirito su quanti sono impegnati nella Postulazione ed esorta a far conoscere al popolo di Dio la vita e le opere di colei che, accogliendo l’invito del Signore, ha acceso per la Chiesa una nuova luce sul cammino verso l’unità e, mentre chiede di pregare a sostegno del suo universale ministero di successore dell’apostolo Pietro, per intercessione della Vergine Santa, invia a vostra Eccellenza, alla Postulazione, all’intera Opera di Maria ed a quanti partecipano al gioioso evento l’implorata benedizione apostolica. Dal Vaticano, 27 gennaio 2015». Maria Voce, a nome di tutto il Movimento dei Focolari nel mondo che segue l’evento via internet, esprime la gratitudine di tutti: «Vogliamo, innanzitutto, esprimere la gioia, la commozione, la sorpresa, per questo messaggio del Santo Padre, al quale vogliamo inviare il nostro ringraziamento e l’assicurazione della nostra preghiera, che lui ci ha chiesto; nonché l’assicurazione del nostro impegno a continuare a diffondere quella “luce nuova” che lui ha indicato come dono di Chiara alla Chiesa e all’umanità». L’applauso dei presenti ha sottolineato l’immensa gioia e gratitudine di tutto il “popolo focolarino”. (altro…)
Gen 27, 2015 | Chiara Lubich, Chiesa, Spiritualità

Card. João Braz De Aviz, Jesús Morán e Maria Voce, copresidente e presidente dei Focolari
La cattedrale di Frascati è gremita, nonostante l’orario di punta di un giorno feriale, il 27 gennaio, giorno della Memoria, in cui il mondo ricorda il dramma della Shoah e tutte le altre tragedie che continuano ad insanguinare il pianeta. Ed è perché «l’umanità e la storia possano conoscere nuovi sviluppi di pace» che Maria Voce auspica il riconoscimento dell’esemplarità di Chiara Lubich. Sì, perché «il suo sguardo e il suo cuore erano mossi da un amore universale, capace di abbracciare tutti gli uomini al di là di ogni differenza, sempre proteso a realizzare il testamento di Gesù», “Che tutti siano uno”. Un prolungato applauso manifesta la riconoscenza a papa Francesco, che nel suo messaggio esorta a «far conoscere al popolo di Dio la vita e le opere di colei che, accogliendo l’invito del Signore ha acceso per la Chiesa una nuova luce sul cammino verso l’unità». Maria Voce a nome del popolo dei Focolari assicura «l’impegno a continuare a diffondere quella luce nuova che il Papa ha indicato» parlando della figura di Chiara. La diretta streaming ha permesso di poter seguire l’evento, con traduzione simultanea in inglese, francese, portoghese e spagnolo. Oltre 18mila gli accessi contemporanei, con punti che hanno radunato anche centinaia di persone (come alla Mariapoli Ginetta in Brasile, o alla cittadella di Loppiano in Toscana). 
Mons. Raffaello Martinelli, vescovo di Frascati
«Il compito che ci attende non è facile», dichiara il vescovo di Frascati, mons. Raffaello Martinelli, «ma è un servizio che vogliamo rendere alla Chiesa per offrire una testimonianza di fede, speranza e carità attraverso l’opera e la vita di una delle sue figlie». Sono molte le presenze internazionali, a partire dai cardinali Tarcisio Bertone, Ennio Antonelli, João Braz De Aviz, Miloslav Vlk; i vescovi presenti, fra cui Carlos Tissera dall’Argentina e Brendan Leahy dall’Irlanda; e la presenza ecumenica, con l’Archimandrita Simeon Catsinas, della Chiesa ortodossa di Roma in rappresentanza del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e padre Gabriel, parroco rumeno-ortodosso di Rocca di Papa, inviato dal vescovo rumeno-ortodosso d’Italia, Siluan. Tra gli amici di Chiara Lubich sono presenti fondatori e rappresentanti di altri movimenti. Non ha voluto mancare il mondo musulmano, a testimoniare la volontà di un dialogo che continua in questo momento così critico, col direttore dell’Istituto Tevere Cenap Mustafa Aydin, della Turchia. Dal Giappone, in rappresentanza del movimento Buddhista Rissho Kosei-Kai, il dott. Mizumo. Con la fascia tricolore sono presenti diversi sindaci dei comuni limitrofi, una delegazione da Trento, città natale di Chiara, e un gruppo di familiari della Serva di Dio.
«Chiara parla di vivere il Vangelo ed essere fedeli a Dio», racconta João, giovane brasiliano, «penso che non possiamo essere fedeli senza mirare alla santità, che è quello che Dio vuole». E Francesca, 13 anni: «Chiara mi ha colpito per la sua grande fede che sembrerebbe difficile far arrivare a dei ragazzi, invece lei ce la comunicava con una semplicità stupenda». La cerimonia. È con una serie di atti giuridici che si apre una causa di canonizzazione, ma, sottolinea il vescovo di Frascati – «vogliamo trasformarli in meditazione», e per questo la cerimonia si è aperta con la recita dei vespri. In un clima solenne si sono espletati gli adempimenti per l’insediamento del tribunale, ad incominciare dalla lettura del “supplice libello” con cui il Movimento dei Focolari nel dicembre 2013 ha chiesto l’apertura della causa. Lungo i sei anni trascorsi dalla morte di Chiara Lubich – spiega il documento – «è cresciuta in maniera continua e stabile e si è diffusa sempre di più in tutto il mondo tra i fedeli l’opinione circa la purità e integrità di vita della Serva di Dio, le virtù da lei praticate in grado eroico, nonché le grazie e i favori ricevuti da Dio attraverso la sua intercessione». A seguire, la lettura del nulla osta della Congregazione delle Cause dei Santi e la costituzione del tribunale. Sarà Mons. Angelo Amati, delegato episcopale, a condurre questa fase dell’inchiesta diocesana, coadiuvato dal Rev. Emmanuele Faweh Kazah, nigeriano, come Promotore di Giustizia, e dal notaio Patrizia Sabatini, che già aveva lavorato nei mesi precedenti alla raccolta di una cinquantina di testimonianze, onde evitare che si perdessero quelle di chi ha «permesso fin dal primo momento di testimoniare la bellezza e la possibilità di percorrere insieme, in unità, il cammino verso l’unica meta», così Maria Voce nel ricordare i primi compagni e compagne di Chiara, alcuni dei quali presenti alla cerimonia. La postulazione nominata dalla presidente dei Focolari è formata dal postulatore don Silvestre Marques, portoghese, e dai vice postulatori, l’italiana Lucia Abignente e Waldery Hilgeman, olandese. Il Tribunale ha stabilito già la sessione successiva per ascoltare, il 12 febbraio prossimo, la testimonianza di Maria Voce, prima di un elenco di circa 100 nomi. Comunicato stampa Chiara Lubich_preghiera di intercessione Rivedi la diretta: http://live.focolare.org/reply.asp (altro…)
Gen 27, 2015 | Chiara Lubich, Spiritualità
È con grande gioia, «moltiplicata dall’eco di gioia che è venuto dal mondo intero» che Maria Voce, presidente dei Focolari, ha accolto la notizia dell’apertura della causa di beatificazione di Chiara. L’annuncio è stato dato dal vescovo di Frascati, mons. Raffaello Martinelli, che ha indicato il 27 gennaio come data per la cerimonia di apertura del processo nella cattedrale di Frascati. È nella sua diocesi che Chiara Lubich è vissuta gran parte della sua vita ed è morta nel 2008. Così ha spiegato Maria Voce ai microfoni di Radio Vaticana: «Ho comunicato subito a tutti questa gioia e questa gratitudine, anche al vescovo, che è stato veramente attento nel cercare di portare avanti tutto quanto era necessario, come lavoro preliminare, per arrivare a questo momento. E una grande gratitudine anche alla Chiesa, che ci permette di mostrare la bellezza di una vita impegnata come quella di Chiara». Lei, continua nell’intervista, «ha sempre sognato il giorno in cui si potesse veramente parlare di una santità di popolo, perché vedeva che ci si fa santi facendo la volontà di Dio, che è un qualcosa che Dio chiede ad ogni persona che viene sulla terra. Quindi il suo desiderio non era tanto di diventare santa lei – anche se logicamente aveva anche presente che la volontà di Dio è la ‘vostra santificazione’ – ma il suo desiderio era che tante, tante persone entrassero in questa strada di santità». Lavorare perché sia riconosciuta la santità di Chiara Lubich, significa quindi per Maria Voce «lavorare perché sia riconosciuta questa possibilità aperta a tutti di farsi santi». Com’è coinvolto il Movimento dei Focolari in questo cammino? Con «un rinnovato impegno, perché la Chiesa veda nei seguaci di Chiara la testimonianza viva di quel modello che Chiara è stata per noi e che continua ad essere».
«La testimonianza di affetto di tanti verso Chiara Lubich continua immutato», commentano da Radio Vaticana. «Immutato e crescente, direi: è una testimonianza di affetto che viene anche da chi non l’ha conosciuta personalmente. Certamente quelli che l’hanno conosciuta sentono questo momento come un particolare momento di grazia: e parlo sia di autorità della Chiesa, sia di presidenti o fondatori di altri movimenti, sia di persone di altre religioni e di altre Chiese». E a chi dovrà esaminare carte, discorsi, video non attende un compito facile: «C’è un mare di documenti e di scritti, che già sono stati consegnati per questo esame. E poi ci sono video, ci sono bobine di discorsi che Chiara ha fatto; lettere che Chiara ha scritto… C’è tantissimo materiale e sicuramente sarà un impegno grande per tutto il Tribunale, un impegno che coinvolge noi nel preparare questi documenti nel modo migliore affinché la Chiesa possa fare il suo esame». In sintesi, una parola per dire la santità di Chiara? «Direi la normalità: si può essere santi conducendo una vita normale. I frutti straordinari di questa vita normale sono frutti che vengono da Dio, dal rapporto di Chiara con Dio e dal rapporto normale di Chiara con il suo popolo. Vivere normalmente una cosa straordinaria: Chiara ci ha dato l’esempio di questo, anche se logicamente ci sono stati anche momenti straordinari nella sua vita, però lei ci ha dato l’esempio della santità nella normalità e non solo nei momenti straordinari». E su Chiara Lubich “donna del dialogo”, quanto mai necessario in questi giorni, afferma: «Penso che in questo campo Chiara abbia ancora molto da dire per costruire rapporti veri, profondi fra le civiltà, fra le etnie, fra le religioni per contrastare questa ondata di violenza che sembra aver invaso il mondo. Quindi un’affermazione della santità di una persona che ha fatto della sua vita un simbolo di dialogo, potrebbe essere un segno di questo momento». Intervista completa su Radio Vaticana
Live streaming il 27 gennaio dalle ore 16 in italiano con traduzioni in inglese, francese, spagnolo, portoghese su http://live.focolare.org. (altro…)
Gen 26, 2015 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Spiritualità
«Quel che mi era parso, nelle agiografie, un risultato di ascesi faticosa, riservato a rari cercatori, diveniva retaggio comune, e si capiva come Gesù avesse potuto invitare tutti i seguaci a divenir perfetti a mo’ del Padre: perfetti come Dio! Tutto vecchio e tutto nuovo. Era un nuovo congegno, un nuovo spirito. Era trovata la chiave del mistero: e cioè si era dato passo all’amore, troppo spesso barricato: ed esso prorompeva, e, a mo’ di fiamma, dilatandosi, cresceva, sino a farsi incendio. Quell’ascensione a Dio, ritenuta irraggiungibile, era facilitata e aperta a tutti, essendosi ritrovata per tutti la via di casa, col senso della fraternità. Quell’ascesi che pareva terrifica (cilici, catene, notte oscura, rinuncia), diveniva facile, perché fatta in compagnia, con l’aiuto dei fratelli, con l’amore a Cristo. Rinasceva una santità collettivizzata, socializzata (per usar due vocaboli che più tardi dal Concilio Vaticano II saranno popolarizzati); tratta fuori dall’individualismo che assuefaceva ciascuno a santificarsi per sé, coltivando meticolosamente, con analisi senza fondo, la propria anima, anziché perderla. Una pietà, una vita interiore, che usciva dai ridotti delle case religiose, da certo esclusivismo di ceti privilegiati – avulsi talora sino a essere fuori, se non contro, la società, che è poi in gran parte la Chiesa viva – si dilatava nelle piazze, nelle officine e negli uffici, nelle case e nei campi, così come nei conventi e nei circoli d’Azione cattolica, poiché, dappertutto, incontrando uomini, s’incontravano candidati alla perfezione. Insomma l’ascesi era risolta in un’avventura universale dell’amor divino: e l’amore genera luce». «La vita è un’occasione unica da sfruttare. Da sfruttare in terra per prolungarla nell’eternità. Per fare della terra un anticipo di cielo, inserendola nella vita di Dio qua come di là. Non sciuparla in un assillo d’ambizioni e avarizie, non abbrutirla con rancori e ostilità: divinizzarla – ampliarla nel seno dell’Eterno – con l’Amore. E dove è l’amore è Dio. E ogni attimo è sfruttato per amore, e cioè donare Dio: che è poi un assorbire Dio per sé e per gli altri. E in questo vivere è la libertà dei figli di Dio, per la quale lo spirito non è immobilizzato da pregiudizi. Divisioni, opposizioni, gli sbarramenti allo spirito di Dio. Chi così vive non pensa a santificarsi, pensa a santificare. Di sé dimentica: si disinteressa. Si santifica santificando: si ama amando; si serve servendo. Per tal modo la stessa opera del santificarsi ha un andamento sociale: questo continuo donare e donarsi fa dell’elevazione delle anime un’opera comunitaria. “Siate perfetti come il Padre mio” comandò Gesù: e ci si fa perfetti nella volontà del Padre unificandoci tra noi per unificarci con Lui, attraverso Cristo». Fonte: Centro Igino Giordani (altro…)