Movimento dei Focolari
Dialogo con i Pentecostali

[:es]Trinidad ¿modelo social?[:]

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La originalidad cristiana no consiste en el hecho de afirmar la existencia de Dios, sino de creer que “Dios es Amor”.

Esto implica consecuencias muy importantes respecto de la concepción de Dios, ya que el amor supone relaciones, un yo que se da y un tú que recibe, cuya manifestación más plena se expresa en la reciprocidad de la comunión. Por lo tanto es la dinámica misma del amor que, al mismo tiempo que reconoce que “el Señor es uno solo” (Dt 6, 4), requiere que en Dios se encuentre pluralidad, alteridad, donación, acogida, reciprocidad… Por eso el Dios que presenta el cristianismo es no sólo don de sí, sino don en Sí.

Este es el motivo por el cual no puede soeprender que la fe cristiana afirme un solo Dios en tres Personas. Las relaciones de amor recíproco son constitutivas del ser y de la vida del Dios Uno y Único. ¿Cuáles son las características típicas de tales relaciones divinas unitrinitarias? Y, dado que el ser humano está hecho “a imagen y semejanza” de Dios (Gn 1, 26) y llamado a “participar de la naturaleza divina” (2 Ped 1, 4), ¿cuál es la importancia de vivir en los vínculos humanos y en todos los aspectos de la sociedad, el mismo tipo de relaciones que existen en el Dios unitrino? Intentar ofrecer alguna respuesta a estos dos interrogantes, decisivos no sólo para la fe cristiana sino para el futuro humano, será el objeto de este texto.

Datos del autor:

Cambón, Enrique, sacerdote católico argentino (dióscesis de Avellaneda, Buenos Aires). Doctor en filosofía y teología, y licenciado en Ciencias de la Educación. Docente en instituciones de América Latina y Europa. Autor de numerosos artículos y obras en varios idiomas, sobre temáticas teológicas, ecuménicas, catequísticas y sociales. Reside actualmente en Roma, donde forma parte de un grupo de estudios del Movimiento de los Focolares.

Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires

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Dialogo con i Pentecostali

Thailandia chiama e Latina risponde

«Con alcuni amici dei Focolari di Bangkok – racconta Luigi Butori, uno dei protagonisti della vicenda –, da tempo cercavamo di portare il nostro aiuto concreto ad alcune famiglie di profughi del Myanmar, dell’etnia karen, che si erano stabilite nel nord della Thailandia. Avevamo condiviso questa esperienza con alcuni amici italiani che ci sostenevano a distanza e ai quali mandavamo periodicamente aggiornamenti fotografici. In particolare, dopo la visita di uno di noi in Italia nell’ottobre 2013, si è creato un rapporto speciale con i bambini della scuola dell’infanzia dell’I.C.G. Giuliano di Latina, i quali hanno dimostrato subito un gran desiderio di far qualcosa per questi coetanei così lontani, ma che ora sentivano vicini. I loro aiuti si sono orientati in particolare ad un orfanotrofio di Mae Sot, nel nord della Thailandia. È stata un’esperienza davvero toccante per noi, arrivare in quei posti, sapendo di essere messaggeri di bambini che a 10 mila km di distanza si davano da fare per inviare i loro piccoli aiuti. I volti dei bimbi s’illuminavano mentre aprivamo gli scatoloni, ai quali abbiamo aggiunto anche cioccolata, latte e altre buone cose, frutto della condivisione di amici buddhisti, cristiani e musulmani. Una festa per i bimbi vedere questi giocatoli: motociclette, camion dei pompieri e piccoli aggeggi che noi non avremmo saputo come far funzionare: i bimbi “karen” invece, in pochi secondi, ne erano già esperti! Abbiamo potuto distribuire aiuti anche ad altri bimbi al campo profughi e in altri “villaggi” (in realtà, capanne raggruppate vicino a fabbriche, oppure a campi di riso). Il dono è sì importante, ma sperimentiamo ogni volta che è più importante guardare la persona negli occhi, porgergli la mano, “toccare l’altro”, fargli sentire che tu sei lì per lui. All’inizio, sembrano pieni di sospetto; ma poi, pian piano s’illuminano di gioia, di speranza e – anche se non capiamo la loro lingua –, sembra che dicano: “Grazie, oggi mi hai fatto felice… Tutto questo è un dono gratuito? Quando ritornerai?”. “Guarda che ci sono e vivo per te… Non aver paura”. L’esperienza è andata avanti anche quest’anno e ancora una volta non ci è stato chiesto alcun pagamento da parte della dogana thailandese, che è rimasta ammirata dai disegni originali e divertenti che i piccoli di Latina avevano applicato ai 30 scatoloni spediti. Abbiamo consegnato il carico tra le risaie e i canali di Mae Sot, dove chi non ha documenti cerca di sopravvivere come può. Ma siamo rimasti anche colpiti da quanto questa esperienza stia cambiando la vita delle famiglie dei bambini di Latina. Un papà ci diceva: “La vita dei nostri figli e anche la nostra è cambiata da quando abbiamo iniziato a fare qualcosa per la popolazione karen, che prima non sapevamo neanche esistesse”. E una mamma: “Grazie che ci date quest’occasione per far qualcosa per gli altri; tanti di noi volevano fare qualcosa di concreto, ma non sapevamo cosa e come. La televisione ci da tante cattive notizie, invece questa è una boccata di gioia e di speranza”. Poi una maestra: “I bambini sono elettrizzati all’idea che i loro giocattoli sono arrivati con una grossa nave dall’altra parte del mondo a dei bambini che non hanno nulla. Una bambina non stava più nella pelle quando ha visto la sua bambola in braccio ad una sua coetanea dell’orfanotrofio di Mae Sot”. Gli occhi non tradiscono e quelli dei genitori sono sinceri. Continueremo a lavorare perché questo sogno, questo miracolo d’amore che unisce Latina e un posto sperduto, tra le montagne, nel nord ovest della Thailandia, continui ancora». Guarda il video http://www.youtube.com/watch?v=m928fDtk-U8 (altro…)

Dialogo con i Pentecostali

Controcorrente: la fedeltà dei separati

«Io e Giorgio ci siamo sposati dopo tre anni di fidanzamento in cui la nostra unione è cresciuta ogni giorno di più. Per questo, insieme, abbiamo pensato di formare una famiglia. Dopo qualche anno è nata una splendida bambina, con una piccola malformazione cardiaca. Ero felice, sentivo che questa nascita ci aveva unito ancora di più. Ma dopo solo un anno, mentre eravamo in ospedale per un normale controllo, la nostra bambina improvvisamente è morta. È stato un momento terribile. In quel momento non vedevo che buio, ero arrabbiata con Dio che mi aveva tolto quello che mi era più caro. È stato mio marito a sorreggermi, senza il suo amore non ce l’avrei fatta. Dopo un anno, è nata Sofia e noi eravamo di nuovo felici. In seguito abbiamo anche adottato un bambino. Mentre passavano gli anni, mi accorgevo però che Giorgio non era sereno, si dedicava poco ai figli. Anche se voleva loro un gran bene, lasciava a me le scelte per la loro vita. Ad un certo punto, ha deciso di lasciare il suo lavoro e aprire nuove attività. Così abbiamo cominciato a frequentare altre persone, erano per lo più single, amavano viaggiare per il mondo, far tardi la sera. (C) Caris Mendes CSCAll’inizio ho cercato per amore di seguire mio marito in questa vita, ma poi capivo che non avevo niente in comune con loro e così, a poco a poco, la nostra vita insieme ha preso strade diverse. Sapevo che mio marito voleva bene a me e ai nostri figli, eppure era inquieto, alla ricerca di qualcosa. Ho pensato che forse avevamo bisogno di aiuto come coppia, ma lui non ha voluto saperne, diceva che non c’erano problemi. Intanto i suoi affari andavano male, anche perché lo circondavano persone senza scrupoli. Un giorno ha deciso di andare via perché “non si sentiva più di fare il padre”, che, anche se ci voleva bene, aveva bisogno di ritrovare se stesso. Non potevo credere che dopo tanti anni vissuti insieme tutto finisse così. Non riuscivo più a pensare, mi sentivo disperata. Il dolore più grande era il senso di fallimento che provavo e mi sentivo in colpa. È stato un periodo duro: di giorno cercavo di essere forte per i miei figli che avevano 11 e 14 anni, ma la sera, tutto il dolore usciva fuori insieme a mille domande. E adesso cosa farò? Saprò crescere i miei figli in un momento così delicato della loro vita? Cercavo di far sentire loro che c’ero e che il papà voleva loro bene, anche se si faceva sentire raramente. Non uscivo più con gli amici, tutti avevano una famiglia, io ero sola. L’unica cosa che mi ha aiutata ad andare avanti è stata l’amore per i miei figli, il nostro rapporto è cresciuto ed è diventato più profondo. La mia famiglia mi è stata vicina, anche se, dopo un po’ di tempo,  ha cominciato a dirmi che dovevo rifarmi una vita, che ero ancora giovane. Ma per me il matrimonio era ancora un sacramento, anche se mio marito non c’era più. (C) Caris Mendes CSCPoi mi hanno invitato a partecipare a un incontro per separati organizzato dal Movimento dei Focolari. Lì, tra tante persone che avevano in comune lo stesso dolore, mi sono sentita amata, accettata per quello che ero e la nostra amicizia, unita a un cammino di fede vissuto insieme, mi ha aiutata a superare il senso di fallimento. Ho sperimentato che l’amore è più grande del dolore, ho capito che io sono ancora segno del sacramento e, quando ricevo l’Eucarestia, sento che Gesù mi dice: io non ti abbandonerò mai! Questo mi dà la forza ogni giorno di restare fedele al sì per sempre pronunciato il giorno del nostro matrimonio, anche se civilmente sono separata. So che non sono sola, perché Dio è con me, e mi aiuta a vedere la mia vita come Lui la vede: con tutto il suo amore e la sua misericordia». (altro…)

Dialogo con i Pentecostali

Indonesia, c’è sempre qualcosa da dare

Ancora rimangono impresse nella memoria le tragiche immagini del tifone Haiyan o Yolanda (“uccello delle tempeste”) che si è scatenato su alcuni paesi del Pacifico, specie sulle Filippine, nel novembre 2013. È stato uno dei più forti cicloni tropicali mai registrati e da tutto il mondo. Paesi e organizzazioni solidali si sono mobilitati per far arrivare gli aiuti alle vittime del disastro. Anche le comunità dei Focolari, specie dei paesi vicini, hanno dato il proprio contributo. Come dall’immenso arcipelago che compone l’Indonesia (245 milioni di abitanti), paese che non nuota certo nella ricchezza. Nella città di Yogyakarta, nell’Isola di Giava, giovani e adulti del Movimento si sono dati da fare. Soldi non ne avevano, eppure – si sono detti – “c’è sempre qualcosa che si può ancora dare”. E così hanno organizzato una grande raccolta di beni “avanzati” dalle proprie case, per allestire un “Bazar”. “Si è costituito un comitato per coordinare il lavoro – raccontano –. Il centro dei Focolari è divenuto il punto di raccolta delle donazioni, per cui c’era un via e vai di persone che selezionavano i pezzi e li raggruppavano per categorie con tanto entusiasmo e gioia”. Il “Bazar” era fissato per il 3 e 4 marzo, presso una parrocchia a 20 km da Yogyakarta. Ma nel frattempo sono avvenute le eruzioni dei vulcani Sinabung e Kelud, “e le vittime erano dei nostri connazionali – ricorda Tegar –. Ci siamo chiesti se la gente avrebbe ancora aderito alla nostra iniziativa per vittime più lontane, nelle Filippine”. Non si sono persi d’animo, e pur non trascurando la nuova emergenza, sono andati avanti nell’intento di aiutare dei fratelli ancora più bisognosi. “Sono stata scelta come coordinatrice dell’evento – racconta Endang –. Essendo io stessa una vittima di un terremoto precedente, sapevo cosa ciò significasse e quanta tristezza si prova. Così mi sono impegnata e anche se non avevo soldi, potevo dare però il mio tempo e le mie energie. Pochi giorni prima del ‘Bazar’, in un incontro ho capito cosa significhi quella frase che spesso si sente dire nel Movimento dei Focolari, e cioè che quando ci raduniamo nel nome di Gesù, Lui è presente fra noi. Abbiamo sperimentato, infatti, che se ci mettiamo insieme e lavoriamo nel Suo nome, Egli ottimizza il nostro lavoro”. Anche per William “è stata un’esperienza incredibile. Mi sono impegnato in pieno in quest’attività. Abbiamo puntato soprattutto sulla gente del villaggio che veniva alle Messe del Sabato e della Domenica. Eravamo una ventina al servizio della gente. C’era chi orientava le persone, chi serviva i ‘clienti’ man mano che venivano a guardare e ad ‘acquistare’. C’era anche chi provvedeva alla nostra merenda! Un’esperienza bellissima: sperimentare che quando ami gli altri Dio ti ridà la felicità nel profondo del cuore”. Complessivamente si sono raccolti Rupiah 5,115,700.00 (US$ 452), somma per niente piccola se si considera che circa la metà della popolazione vive con 2 dollari al giorno. “La gioia di tutti non era soltanto perché abbiamo raccolto una bella somma – ci tiene a precisare William – ma per l’amore e il contributo che ciascuno ha dato per aiutare le vittime di Haiyan”. “Credo che attraverso questo ‘Bazar’ – conclude Wulan – si è donato un po’ di felicità non solo alle persone che riceveranno i soldi ma anche a quelli che hanno contribuito con i loro ‘acquisti’. Sono sicuro che l’amore non si fermerà qui ma si espanderà a tanti altri luoghi”. (altro…)

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Vangelo. Vivere la Pasqua ogni giorno

Autostop «Stavo tornando a casa con mia moglie in auto quando notiamo un autostoppista. Lo sorpassiamo, ma sentiamo l’assurdità di essergli passati accanto facendo finta di non vederlo. Decidiamo di tornare indietro. È uno studente del Senegal diretto ad Anversa, che sta già da molto tempo per strada con i suoi abiti estivi. Ha molto freddo e lo invitiamo a pranzo a casa nostra. Dopo aver mangiato gli proponiamo di portarlo ad Anversa (25 km da casa nostra). Lui è felice e commosso. Al momento di salutarlo, sento che non posso abbandonarlo così, al freddo. Gli do il cappotto, il migliore che ho. Tornando a casa, canto da solo». L. H. – Belgio Litigi «Un giorno in cui ero particolarmente nervoso, a farne le spese era stata soprattutto mia moglie. Credendo di far sbollire il mio malumore, uscii di casa e passai il pomeriggio dai nostri vicini, annoiandomi davanti alla tv. Appena rientrato, la vocetta severa del piccolo Milos mi fece trasalire: «Papà, non sai che Gesù non vuole che si litighi?». Fu una lezione salutare. Corsi a dare un bacio a mia moglie. I bambini, vero “termometro” della nostra unità familiare». Stjepan – Croazia Pigrizia «Talvolta è difficile per me impegnarmi in un lavoro per via della mia pigrizia. Come quella volta: dovevo riordinare la biblioteca dove c’era una grande confusione di libri per terra, ma non mi andava di fare niente. D’un tratto mi è sembrato che qualcuno mi suggerisse dentro: «Sii amore!». Al che ho deciso di fare tutto per Dio e per quelli che avrebbero usato la biblioteca. Quando ho finito, ho sentito una grande gioia in cuore e ho capito che questa gioia era un dono di Dio». T. – Brasile (altro…)

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Anche oggi ho amato

«[…]S’avvicina Pasqua e ci sembra che sia appena passato Natale. Ho l’impressione che il tempo fugga velocemente e sento nel profondo del mio cuore – ve lo confido – che mi rassegno a lasciarlo fuggire purché sia tutto amore. Purché cioè la sera di ogni giorno possa dire: “Anche oggi ho amato” […] In questa Pasqua che ci ricorda come Gesù dopo morto è risorto e come anche noi risorgeremo un giorno anche col corpo, vorrei che tutte voi vi impegnaste a poter dire ogni sera: Anche oggi ho amato. […] Noi non sappiamo quanti giorni abbiamo ancora, ma come sarebbe amaro avvicinarci alla morte con pochi giorni vissuti nell’amore. Quale rimpianto! Diremo: “Potevo amare e non ho amato”. Ecco dunque Pasqua a ricordarci che ogni giornata nostra deve essere come una resurrezione: sempre su, sempre pronta ad amare chiunque incontriamo senza guardare se ci piace o meno. Amare, amare, amare . Non stancarci mai di amare. Non smettere mai la nostra rivoluzione. Questo ci darà una grande gioia che ci farà gustare la festa di Pasqua perché è la festa dell’Alleluia. Come i primi apostoli e cristiani andavano a dire a tutti che Cristo è risorto (e quindi anche noi risorgeremo) così chi ci conosce deve poter dire che noi siamo risorte spiritualmente da una vita senza senso ad una vita piena di luce e di fuoco». Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)