Movimento dei Focolari

Perù: sospesi e fiduciosi

L’intensa esperienza vissuta da Jenny López, responsabile del Centro per Anziani Chiara Lubich, a Lámud (Amazzonia peruviana). La storia del suo incontro con L.  Una mattina, nel mio ufficio in Comune, ho ricevuto un fascicolo in cui si chiedeva  un aiuto per ricoverare un’anziana presso il nostro Centro. Il file portava solo il nome della persona, L., e il numero del documento. Ho, quindi, chiesto un referto più completo e una diagnosi aggiornata dello stato di salute. Dal Comune di provenienza mi hanno spiegato che l’anziana era stata vittima di violenze da parte della sua stessa famiglia. Lei, una persona vulnerabile, aveva le braccia contuse, era incapace di muoversi e in stato di totale abbandono. Era prudente che fosse allontanata dalla sua casa e dalla suo paese. In qualità di responsabile della Casa Hogar “Chiara Lubich”, ho chiesto alle autorità locali di  accelerare le pratiche per questo caso che mi sembrava  urgentissimo. Il Tribunale doveva emettere una sentenza perché l’anziana signora potesse lasciare la sua casa, ma il giudice era in ferie. Decisi, allora, di offrire la nostra disponibilità ad accoglierla subito assumendomi ogni responsabilità.Per raggiugerla ci sono volute 7 ore di viaggio su strade dissestate. L’abbiamo trovata sola nella sua casetta, addormentata, quasi morente. Mi sono avvicinata a lei chiamandola per nome ma non rispondeva. Ho firmato subito il verbale per poterla trasferire e abbiamo passato quella notte in un ostello. Non riuscivo a dormire, la mia mente e la mia anima erano concentrate su ciò che sarebbe potuto succedere. Mi sono alzata presto e ho offerto tutte le mie paure nella preghiera.Il giorno dopo ho chiesto il sostegno di un’assistente sociale per poter finalmente tornare a casa da mio marito le miei bambine e i mei genitori anziani, ma in quel momento non c’era disponibilità.È stato difficile scegliere ma sentivo dentro di non dover mollare. La vita di L., legata ad un filo, dipendeva solo da un nostro piccolo sforzo. E così è passato un altro giorno.Ho sussurrato a L.: “Tu soffri come Gesù sulla Croce e io sono qui con te. Se devi andare in Paradiso, non sarai sola, io ti accompagnerò”. Ho trascorso la notte con lei, poi, al mattino seguente, sono arrivati ​​i medici che l’hanno curata, idratata, e solo dopo abbiamo potuto trasferirla all’Hogar, dove è stata accolta con tanto affetto. Erano necessari però ben 23 flaconi di una medicina molto forte. Ho fatto il giro di tante farmacie e, infine, una sembrava averne delle confezioni, ma l’impiegata dubitava che le fiale raggiungessero quel numero. Guardando nella scatola invece, ce ne erano proprio 23. Il suo volto era sorpreso: “È così,  quando cammini con Dio”, le ho detto felice. Dopo quel lungo viaggio, L. ha potuto riposare. Qualche giorno fa Dio l’ha chiamata a sé, circondata dall’amore e le preghiere di tutti noi, e con l’unzione degli infermi. Pur nel dolore, rimane in tutti la gioia di avere amato questa cara anziana che ha così sofferto, ma che lascia una scia di amore e di preghiere per lei da persone di tutto il mondo. La sua breve presenza è giunta come un dono che ci ha lasciati tutti “in punta di piedi” ma con una fiducia rinnovata in Dio. Jenny López Arévalo (Lámud, Amazonas, Perù)

Testimonianza raccolta da Gustavo E. Clariá

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Il Bilancio di Comunione dei Focolari

Il Bilancio di Comunione dei Focolari

Il Movimento dei Focolari ha pubblicato un Bilancio di Comunione per il periodo 2020-2021, strumento di informazione per far conoscere le principali azioni ed interventi di questa realtà nel mondo; un documento dettagliato che è utile a ciascuno per vivere e  camminare insieme verso la realizzazione dell’unità e della fraternità. Per la prima volta il Movimento dei Focolari pubblica un bilancio di missione e decide di farlo alla luce di questo tempo di crisi ed incertezza, che porta con sé gli strascichi della pandemia e le ferite ancora aperte dei tanti conflitti nel mondo. Ma è proprio quando più grandi e comuni appaiono le problematiche che sembra emergere un sentimento popolare di vera fraternità e solidarietà. Ecco, dunque, che questo Bilancio di Comunione, più che essere un semplice report si propone di restituire al lettore una narrazione esplicativa delle azioni e degli interventi del Movimento dei Focolari, mettendo in luce ciò che unisce e quanto ancora è da migliorare. Il Bilancio dà particolare rilievo all’elemento chiave che si evince dal nome stesso: la comunione. Lo stile di vita proposto dal Movimento, infatti,  ha alla base la tensione a mettere in pratica l’amore che attinge le sue radici al Vangelo. Un amore che – come diceva la fondatrice dei Focolari Chiara Lubich (1920-2008) – richiede di amare tutti, amare per primi, “entrando nella pelle dell’altro”,  in modo che questo amore si estenda fino a diventare reciproco, a diventare, per l’appunto, comunione. In questa ottica il documento vuole mettere in luce gli effetti della comunione stessa, di ciò che si ha e di ciò che si è,  in una volontaria e libera condivisione. Allo stesso tempo vuole farsi esso stesso strumento che apre al dialogo e alla comunione, come ha affermato la Presidente Margaret Karram nelle sue parole introduttive: “È con questi sentimenti che desidero offrirlo a voi tutti perché possa divenire anch’esso uno strumento di dialogo, per costruire ponti e diffondere una cultura e prassi di fraternità. Mi sta tanto a cuore che possiamo imparare a vivere sempre meglio questa comunione, questo scambio, in un rapporto di reciprocità che ci rende sorelle e fratelli e promuove un’autentica famiglia in cui le diversità ci arricchiscono e ci legano in un’unità armonica”.

Stefania Tanesini

Per leggere il Bilancio di Comunione in italiano clicca qui     (altro…)

Papa Francesco firma il “patto” con i giovani: “una nuova economia non è utopia”

Il 24 settembre 2022 papa Francesco si è recato ad Assisi per incontrare i giovani economisti, imprenditori e changemakers di Economy of Francesco giunti da oltre 100 Paesi del mondo per la terza edizione dell’evento, la prima in presenza. Pace, cura, servizio, tutela, amicizia, alleanza, riconoscimento, dignità, condivisione, felicità. Sono queste le dieci parole dell’economia della vita che i giovani economisti, imprenditori, changemakers hanno deciso di incarnare nella realtà, su invito di papa Francesco. Non un’utopia, “perché la stiamo già costruendo”, conclude il “Patto” firmato il 24 settembre scorso nel teatro Lirick di Assisi dalla quattordicenne Lilly Ralyn Satidtanasarn, a nome di tutti i partecipanti di The Economy of Francesco (EoF), e dallo stesso papa Francesco. Un’adolescente thailandese e il vescovo di Roma sono i custodi di questa “giara del futuro”. Un’anfora di carta e inchiostro in cui i ragazzi e le ragazze hanno raccolto i loro impegni personali, nati e maturati in tre anni di sessioni di lavoro online. “Insieme al testo del Patto, li affideremo alla terra come radici dell’economia di domani, nel roseto della Porziuncola, da dove i figli di Francesco partirono per il mondo”, ha detto Lourdes, uno dei tre conduttori che si sono alternati sul palco, su cui c’era una trentina di coetanei, tra cui gli otto testimoni. Sognatori con i piedi, però, ben piantati per terra, capaci di rivoluzionare il mondo con “l’amore, con l’ingegno e con le mani”. Come Facundo Pascutto, argentino di Lomas de Zamora, enorme città-satellite di Buenos Aires che, insieme alla facoltà di Scienze sociali, trasforma associazioni di quartiere, sindacati, università, cooperative, mense comunitarie, unità penitenziarie e imprese in “piccole Assisi”, cioè spazi di incontro tra i differenti attori sociali. O Henry Totin, del Benin, che, con l’associazione Javev, ha reso una pianta infestante – il giacinto d’acqua o togblé – una risorsa economica per i contadini della valle di Ouémé. O ancora Maryam, attivista per i diritti delle donne, fuggita all’Afghanistan dei taleban proprio grazie alla rete di contatti attivata da The Economy of Francesco. È impossibile sintetizzare il caleidoscopio di storie e storia su cui si fondano i dodici punti del Patto. Alcune nuovissime, come “la Fattoria di Francesco”, inventata da Mateusz Ciasnocha, contadino della Polonia del Nord, che proprio nel corso del processo innescato dal Papa ha trovato il modo di coniugare agricoltura e giustizia. “Come? Rispettando i campi e quanti li lavorano. Ora abbiamo creato una nuova impresa in Nigeria per sostenere la produzione famigliare di cinque villaggi della zona di Ibadan”, ha raccontato. Altre, invece, sono antiche. La Comunità di pace di San José de Apartadó ha venticinque anni. “È stata fondata il 23 marzo 1997 quando nessuno parlava di economia circolare e coltivazioni sostenibili. Non ne sapevamo molto nemmeno noi. È avvenuto tutto per ‘chiripa’”. Ha ripetuto questa parola più volte José Roviro. “Vuol dire ‘fortuna’ o ‘provvidenza’”, spiega. Costituito da un gruppo di contadini sfollati del conflitto colombiano, la Comunità ha scelto di dire no alla violenza. “Poiché l’avevamo sperimentata sulla nostra pelle – ha aggiunto Sayda Arteaga -, abbiamo deciso di non infliggerla ad altri”. Ora l’iniziativa – sostenuta da Operazione colomba – produce alimenti sostenibili grazie a un sistema di lavoro comune. Dal modello pioniere, poi, si irradiano altri percorsi. “La neo-nata Fondazione Rut partirà proprio dalla Comunità il processo di ascolto per elaborare una grande piattaforma digitale (Inter Zona) sulle violazioni dei diritti umani e le forme di resistenza nonviolenta”, hanno sottolineato Annamaria De Paola e Giovanna Martelli. Esempi piccoli e grandi di un’altra economia possibile in cui credono i giovani di Eof e, alcuni di loro, “in mattine particolarmente luminose, hanno già intravisto l’inizio della terra promessa”. Quanto ci vuole per raggiungerla? Troppo, sostengono gli scettici, spesso non proprio disinteressati. Il popolo di Eof non se ne preoccupa e ora prosegue il cammino con l’apertura di The Economy of Francesco 2.0. In questo sono profetici: abitano la notte, come la sentinella del brano di Isaia. Non hanno risposte per i passanti angosciati che domandano quanto manca allo spuntare del sole, eppure li ascoltano. Sono donne e uomini del dialogo notturno. Perché – è risuonato ieri con forza dal palco di Assisi – “non c’è alba più bella di quella che ci sorprende in compagnia dei profeti”.

Di Lucia Capuzzi

Fonte: Papa Francesco firma il “patto” con giovani: «Una nuova economia non è utopia» (edc-online.org) Discorso papa Franscesco: Visita del Santo Padre Francesco ad Assisi in occasione dell’evento “Economy of Francesco” (24 settembre 2022) (vatican.va) Video: – IT – Papa Francesco e la comunità EoF – YouTube  

Chiara Lubich: vivere “per” gli altri

Se vogliamo imitare Gesù, dobbiamo cercare di mettere in pratica quanto lui ha detto e fatto. Parole e gesti che troviamo nel Vangelo, un testo sempre attuale e tutto da vivere. Vedremo così che è possibile trovare una via di soluzione anche ai conflitti e ai problemi che quotidianamente ci troviamo ad affrontare. Lavare i piedi… Non c’è dubbio: questo gesto di Gesù è un’illustrazione chiara, concreta ed efficace del comando dell’amore; Gesù vuol dare ai suoi discepoli un insegnamento di quell’umiltà che è alla base dell’amore. (…) Proprio perché Gesù è il Signore e il Maestro, il suo esempio diventa norma per i suoi. La comunità cristiana, e quindi ognu­no di noi, è invitata a farne la regola d’oro della propria vita. Gesù, poco dopo, lo esprimerà come legge fondamentale della Chiesa: il discepolo deve amare i suoi fratelli come Lui stesso ci ha amati. (…) L’imitazione che Gesù ci chiede non consiste nel ripetere pedestremente il suo gesto, anche se dobbiamo averlo sempre dinnanzi a noi come luminosissimo e impareggiabile esempio. Imitare Gesù significa comprendere che noi cristiani abbia­mo senso se viviamo “per” gli altri, se concepiamo la nostra esi­stenza come un servizio ai fratelli, se impostiamo tutta la nostra vita su questa base. Allora avremo realizzato ciò che a Gesù sta più a cuore. Avremo centrato il Vangelo. Saremo veramente beati.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, Parole di Vita, Città Nuova, 2017, p. 234/5)

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Vangelo Vissuto: “Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero”

Avvicinarsi all’altro significa diminuire la distanza tra noi e lui e questo comporta il perdere quella fetta di spazio che è solo nostra; significa mettere da parte quanto abbiamo da fare per abbracciare la vita dell’altro. Scegliere l’ultimo posto per mettersi a servire. Una paziente esigente Nel reparto dove lavoravo come infermiera una signora ricoverata in camera singola pretendeva di essere servita per ogni piccola necessità. Io vedevo che soffriva: forse sentiva avvicinarsi la fine. Un giorno, dopo aver mandato via sgarbatamente il sacerdote in visita ai degenti, ha fatto scrivere sulla porta un avviso: non voleva visite, soprattutto di preti. Ogni mattina, iniziando il mio turno di lavoro, per amare Gesù sofferente in quella signora cercavo di accontentare tutti i suoi desideri: metterle a posto il cuscino, portarle un bicchiere d’acqua, aprire di più la finestra, chiuderla ecc… Un giorno mi ha chiesto: “Come fa ad avere così tanta pazienza con me?”. Ho indicato il Crocifisso appeso alla parete: “È lui che me la dà”. Da allora il rapporto fra noi è cresciuto. Una notte in cui stava peggio ha insistito con l’infermiera di turno perché telefonasse in parrocchia per far venire subito un sacerdote. Poco dopo si è confessata ed ha ricevuto la Comunione. Quando sono arrivata al lavoro, lei era tranquilla. Alle dieci si è spenta. (Vreni – Svizzera) Far sorridere il mondo Mohammed non ha ancora 22 anni, è curdo iracheno e ha già vissuto alcuni anni in Svezia. Ora è venuto in Italia per una questione di documenti. Ha due occhi limpidi e buoni. Lo faccio accomodare nell’ufficio per spiegargli come funziona il dormitorio Caritas dove verrà accolto temporaneamente. Grazie all’inglese, possiamo capirci un po’. Cerco di interessarmi a lui e alla famiglia, ai motivi che lo hanno spinto a lasciare la sua terra e al suo breve ma già intenso passato, dimenticando le situazioni – comunque dolorose – che ho conosciuto prima del suo arrivo. Quando è entrato, mi sembrava stanco e teso, ora lo vedo pian piano distendersi. Spesso sorride. Alla fine, mi dice: “In sei anni non ho mai incontrato una persona che mi accogliesse come hai fatto tu questa mattina. Mi hai fatto passare lo stress”. E mi ringrazia. Poi mi chiede di scrivergli su un foglio il mio nome, ma quando il colloquio finisce e mi saluta, mi chiama “papà”. (S.U. – Italia)

A  cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.2, settembre-ottobre 2022) (altro…)

L’unità come “ecumenismo del cuore”

In un clima di gioia, pace e fraternità, si è conclusa da qualche giorno l’11.ma Assemblea generale del Consiglio Ecumenico mondiale delle Chiese, a Karlsruhe, Germania.  Il racconto dell’ équipe del Centro “Uno”, segreteria internazionale per l’ecumenismo del Movimento dei Focolari, presente all’evento. “L’amore di Cristo muove il mondo alla riconciliazione e all’unità”. È stato questo il tema cristologico attorno al quale si è svolta l’11.ma Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) che ha avuto luogo a Karlsruhe (Germania) dal 31 agosto all’8 settembre 2022.  Presenti i rappresentanti di circa 350 Chiese, Delegati e leader membri del CEC, leader di altre comunità di fede che collaborano con il Consiglio per l’unità dell’umanità, nonché una delegazione sia della Chiesa ucraina, che di quella russa. Un forte segno e una testimonianza concreta di come questo Consiglio sia veramente una piattaforma perennemente aperta al dialogo. I partecipanti provenienti da tutti i continenti della terra hanno portato con sé l’’immagine viva di tutta l’umanità, nella sua diversità, sofferenza e ricchezza. Hanno raccontato le loro storie, il loro grande amore per Cristo, le lotte per la pace, e il desiderio di mirare proprio all’unità. Un progetto che per essere realizzato non necessita di un amore qualsiasi, ma dell’Amore che nasce dal cuore della Trinità, che si trova solo nel contatto con Dio. Questo è stato espresso nella speciale importanza e cura data della preghiera. Ogni giorno, infatti, cominciava e si concludeva pregando, all’interno di una tenda spaziosa e luminosa allestita proprio in memoria del luogo del patto, dove il popolo ebraico si incontrava con Mosè. La diversità delle liturgie, delle lingue, della musica, dei canti e dei costumi, hanno alimentato la gioia e lo stupore della ricchezza dell’unica fede comune, espressa in un’infinità di modi. Le delegazioni sono giunte a Karlsruhe come pellegrini che vogliono accompagnarsi e sostenersi a vicenda, tracciare nuove direzioni e testimoniare insieme l’amore di Dio. A guidare la delegazione della Chiesa Cattolica il cardinal Kurt Koch, che all’apertura dell’evento ha fatto dono di alcune parole di Papa Francesco scritte per l’occasione, incoraggiando i partecipanti a crescere nella comunione fraterna in nome di Cristo, per essere credibili come Chiesa in uscita e per confortare il mondo in un’epoca di divisioni e guerre. Il contributo del Movimento dei Focolari si è inserito come un tassello in questo grande mosaico, con una presenza di oltre 30 persone, cattoliche e di varie Chiese, tra vescovi amici dei Focolari, focolarine e focolarini, gen (i giovani del Movimento), volontari di Dio e un amico musulmano. Essere presenti insieme a tante persone delle varie Chiese è stata una esperienza unica per ciascuno di noi e un’occasione preziosa per sentirci una cosa sola nell’amore di Cristo. L’assemblea si è conclusa deliberando un report, accolto da una maggioranza che ha espresso il suo consenso, e che fa riferimento a tre sfide significative del nostro tempo: giustizia climatica, giustizia razziale, uguaglianza fra uomo donna – sottolineando in che modo le Chiese possono affrontarle. Elementi che non solo ci mettono in cammino ma, come si legge in alcune righe di questo documento finale, rivelano la somiglianza con gli obiettivi e con lo spirito che guida il Movimento dei Focolari: “Si può definire la ricerca dell’unità che è ispirata dall’amore e radicata in una relazione profonda e reciproca: un ‘ecumenismo del cuore’. È l’amore cristiano che ci spinge a camminare accanto onestamente e con tutto il cuore l’un l’altro, per cercare di vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri e per provare compassione gli uni per gli altri”.

Centro “Uno”

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Chiara Lubich: a servizio dei fratelli

San Paolo, nel versetto scelto come “Parola di vita” di settembre 2022 afferma che lui si è fatto servo di tutti. In questo commento a quella Parola del 1972, Chiara Lubich incoraggia chi vuol essere portatore d’unità a servire umilmente il fratello. Ogni persona che vuole realizzare l’unità deve vive­re ciò che dice Paolo: “Da liberi farsi servi di tutti per guadagna­re a Cristo il più gran numero di anime”[1]. Nel Nuovo Testamento, il verbo “servire” si presenta sotto due sfumature diverse: a volte significa: “servire per amore”, al­tre: “servire da schiavo”. Si sa come gli schiavi allora non avessero nessun diritto. Esi­stevano solo per il padrone. Così i cristiani dovevano considerare tutto quello che posse­devano – il proprio lavoro, i propri carismi, la propria preghie­ra – a servizio dei fratelli. Riguardo, ad esempio, al carisma di ciascuno, Pietro scrive: “Mettetelo al servizio gli uni degli altri”[2]. Riguardo al lavoro: “Chi rubava non rubi più, fatichi anzi… per avere qualcosa da elargire a chi si trova in necessità”[3]. Riguardo alla preghie­ra: “Vi saluta Epafra, vostro compatriota, servo di Gesù Cristo. Egli non si dà pace per voi nella preghiera…”[4]. Anche la pre­ghiera era al servizio degli altri. Che possiamo fare noi cristiani (…) nel­la nostra vita quotidiana? Anzi tutto ravvivare questo senso d’umiltà, attuando quanto dice Luca: “Il maggiore fra voi si comporti come il più piccolo, e colui che governa come colui che serve”[5]. Se così sarà, scompariranno del tutto certi atteggiamenti di superiorità nel comando, tanto odiosi e anacronistici. E in un rinnovato cristianesimo non si conoscerà più il servilismo. Ri­splenderà invece la fraternità cristiana, in quella sua caratteristi­ca bellezza che fa esclamare: “Ecco quanto è buono e giocondo che i fratelli abitino insieme”[6]. Poi occorrerà ricominciare ogni giorno a servire chi ci sta vicino, in ogni occasione che si presenta, sull’esempio di Gesù, lavorando per gli altri, mettendo i propri talenti e doni al servi­zio degli altri, pregando per gli altri, come per sé. Se tutti gli uomini o almeno un gruppo esiguo di essi fos­sero veri servi di Dio nel prossimo, presto il mondo sarebbe di Cristo.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, Parole di Vita, Cittá Nuova, 2017, p. 101-2)

[1] 1 Cor 9, 19. [2] Cf. 1 Pt 4, 10. [3] Cf. Ef 4, 28. [4] Col 4, 12. [5] Lc 22, 26. [6] Sal 133, 1.

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Papa Francesco in Kazakhstan: essere “artigiani di comunione”

Papa Francesco in Kazakhstan: essere “artigiani di comunione”

Un ponte tra Europa e Asia. È il Kazakhstan il Paese meta del 38.mo Viaggio Apostolico di Papa Francesco, trasferta che avuto luogo dal 13 al 15 settembre 2022. Occasione della visita il VII Congresso dei Capi delle religioni mondiali e tradizionali. Si è aperto ieri, 14 settembre 2022, nel Palazzo dell’Indipendenza di Nur-Sultan, capitale kazaka, il VII Congresso dei Capi delle religioni mondiali e tradizionali, un evento che ha visto riuniti circa un centinaio di delegazioni provenienti da 50 Paesi del mondo e che, tra le maggiori priorità ha posto l’affermazione della pace, dell’armonia e della tolleranza come principi incrollabili dell’esistenza umana. Non è un caso, dunque, che il motto di questo 38.mo viaggio papale, sia stato proprio “Messaggeri di pace e di unità” e che il logo pensato per l’occasione raffiguri una colomba con un ramo d’ulivo. Un richiamo forte alla fratellanza, come ha ricordato il Pontefice dando inizio al suo intervento, “che tutti ci unisce, in quanto figli e figlie dello stesso Cielo”. In un tempo corroso dai conflitti e schiacciato dal peso delle inuguaglianze, ha dichiarato Francesco, “le religioni ci ricordano che siamo creature (…). La creaturalità che condividiamo instaura così una comunanza, una reale fraternità”. Nel citare un poeta kazako, Abai, il Papa ha sottolineato l’importanza di mantenere “desta l’anima e limpida la mente”.  È questo ciò di cui il mondo ha bisogno, una “religiosità autentica”, priva di qualsiasi tipo di fondamentalismo, tossico per ogni credo. “Abbiamo dunque bisogno di religione per rispondere alla sete di pace del mondo e alla sete di infinito che abita il cuore di ogni uomo” – ha continuato. Guardando alle problematiche dell’oggi, soprattutto quelle legate alla vulnerabilità causata dalla pandemia “i credenti sono chiamati alla cura – ha detto il Santo Padre, cioè “a prendersi cura dell’umanità in tutte le sue dimensioni, diventando artigiani di comunione”. Un’esortazione forte che rappresenta una delle tante sfide planetarie da affrontare accanto all’indifferenza per le miserie altrui, la custodia del creato e l’enorme difficoltà nel creare un cammino di pace su un terreno afflitto dalle guerre. “Andiamo avanti insieme, perché il cammino delle religioni sia sempre più amichevole”, ha concluso  Bergoglio, aggiungendo un ringraziamento speciale al Kazakhstan per “lo sforzo di cercare sempre di unire, di provocare il dialogo, di fare amicizia”. Nel pomeriggio e in chiusura della seconda giornata del viaggio apostolico, Papa Francesco ha inoltre celebrato la Santa Messa nel piazzale dell’Expo, incontrando i cattolici del Paese e di varie altre parti dell’Asia. A seguire i suoi passi anche alcuni membri della piccola comunità del Movimento dei Focolari presente sul territorio: “La visita di Papa Francesco in Kazakhstan è stata una grande gioia per i cattolici che vivono qui e non solo” ha detto Nikolay, un giovanissimo padre di famiglia di Amalty. “La nostra comunità ha organizzato un pellegrinaggio per recarsi a Nur-Sultan. Era importante esserci e pregare insieme al Papa”, continua. Una preghiera comunitaria che sembra esprimere un desiderio inciso nel cuore di tutti, quello di giungere alla gioia di un mondo unito seminando il bene. Essere “messaggeri di pace”, per Nikolay vuol dire questo: “Il Kazakhstan è un paese multinazionale in cui vivono diverse nazioni e ogni abitante rispetta le diverse tradizioni religiose dell’altro. I musulmani si congratulano con i cristiani per Pasqua e Natale e i cristiani, a loro volta, si congratulano con i musulmani per le loro feste. In varie situazioni difficili ognuno cerca di aiutare il prossimo, indipendentemente dal fatto che sia kazako, russo o kirghiso ma è un percorso da rinnovare continuamente”. È quanto ha confermato anche Papa Francesco, citando nella sua omelia una parte del discorso che S. Giovanni Paolo II fece durante il suo viaggio in terra kazaka nel settembre 2001 e che lascia a ciascuno un monito da seguire: “la pace non è mai guadagnata una volta per tutte, va conquistata ogni giorno, così come la convivenza tra etnie e tradizioni religiose diverse, lo sviluppo integrale, la giustizia sociale. E perché il Kazakhstan cresca ancora di più ‘nella fraternità, nel dialogo e nella comprensione […] per gettare ponti di solidale cooperazione con gli altri popoli, nazioni e culture’[1], c’è bisogno dell’impegno di tutti”.

Maria Grazia Berretta

[1] S. Giovanni Paolo II, Discorso durante la cerimonia di benvenuto, 22 settembre 2001 (altro…)

Alluvioni in Pakistan: in rete per azioni concrete

Alluvioni in Pakistan: in rete per azioni concrete

Un’eccezionale ondata di piogge monsoniche, cinque volte superiore alla media, ha generato in Pakistan una delle alluvioni più disastrose degli ultimi decenni. Una vera e propria catastrofe che, nonostante le enormi difficoltà, non ha frenato il desiderio di tante persone sul posto di agire concretamente per il prossimo. Avviata anche una raccolta fondi da parte del Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari. Quella che si ritrova a vivere il Pakistan oggi è una vera e propria emergenza umanitaria e sanitaria. Le piogge monsoniche causate anche dal cambiamento climatico, che hanno iniziato a scatenarsi già da metà giugno 2022, hanno messo in ginocchio un terzo del Paese.  Sono circa 33 milioni gli sfollati, ovvero il 15% dell’intera popolazione, e si contano più di 1500 morti e oltre 700.000 case distrutte. Di giorno in giorno cresce il pericolo di malattie come tifo, colera e dengue e i bisogni si fanno sempre più urgenti. La megalopoli di Karachi, uno dei luoghi in cui la realtà del Movimento dei Focolari è presente ormai da tempo, non è stata colpita così fortemente come altri centri, difficilmente raggiungibili già in condizioni di normalità, come le province del Sindh, del sud del Punjab e del Balucistan; tuttavia “gli sfollati stanno arrivando anche qui e ci stiamo muovendo per organizzare aiuti nei campi di accoglienza” raccontano alcuni membri dei Focolari. Inoltre, tanti dei Focolari, di varie età e vocazioni, fanno il possibile per poter rispondere come comunità alle esigenze più incombenti, alcuni aprono perfino le porte di casa se necessario, come è successo ad Abid, giovane padre di famiglia cristiano, che ha accolto nel primo piano della sua casa sedici persone musulmane che hanno perso tutto. La città più grande colpita da questa alluvione è Hyderabad. Matthew, un gen, cioè uno dei giovani del Movimento dei Focolari del posto, scrive: “Adesso la situazione nel centro della città è sicura, ma i quartieri vicino al fiume Indus sono ancora in pericolo e qualche parte è stata evacuata. Le prossime due settimane saranno molto difficili.” In queste giornate la paura si mischia ad una consapevolezza lucida, generando una forza interna, istintiva, che guarda all’altro e, con un coraggio rinnovato, si mobilita e fa rete. “Come Giovani per un Mondo Unito qualche mese fa abbiamo messo su un gruppo che si chiama “The spirit of giving”, siamo cattolici e della Chiesa anglicana del Pakistan – continua il fratello di Mathew, Hanan – ci siamo incontrati insieme per fare un piano, per capire cosa e come fare per dare una mano. Si potrebbe pensare che noi non possiamo fare molto o che sia troppo poco, ma ci siamo detti che ognuno può dare qualcosa, che dobbiamo smuovere i cuori”. Ed è così che questi ragazzi, bussando a tutte le porte del loro quartiere, entrando nei negozi, hanno raccolto circa 5000 rupie, mentre altre 2000 sono arrivate provvidenzialmente in risposta ad un flyer condiviso sui social. Un desiderio di donazione, che partendo da un’esperienza di dialogo, si è trasformato in servizio e azione. Tra le tante persone in difficoltà non va dimenticato che in queste zone uno dei gruppi più a rischio sono le comunità hindù nomadi: “Le tende delle nostre famiglie erano in una pianura. Con l’inondazione la gente si è rifugiata su una parte sopraelevata del terreno che adesso è circondata dalle acque, è come se si trovassero su un’isola dalla quale non riescono più ad andare via” raccontano alcuni ragazzi appartenenti a queste comunità. Stringersi attorno alle persone colpite e avviare iniziative di soccorso e sostegno mirato, soprattutto lì, dove le risorse per poterlo fare scarseggiano, non è solo un desiderio, ma sembra una vera priorità, per tutti. In risposta a tutto questo dolore a Karachi, in un quartiere piuttosto povero nella periferia della città, un gruppetto di gen si è mosso subito: “Abbiamo attivato un punto di raccolta dal quale è passata tanta gente: chi ha portato viveri, acqua o vestiti; alcuni hanno lasciato del denaro in una scatola messa all’entrata” dice Rizwan. “Ho visto che non c’erano tanti vestiti per i bambini – racconta Soiana – allora mi sono messa a cucire per loro, utilizzando della stoffa che avevo e che era avanzata dal mio lavoro”. Per contribuire alla raccolta fondi del Coordinamento emergenze del Movimento dei Focolari per il Pakistan puoi donare su:

Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN)
IBAN: IT58S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica IBAN: IT92J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica
Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX
CAUSALE: Emergenza Pakistan
I contributi versati sui due conti correnti con questa causale verranno gestiti congiuntamente da AMU e AFN. Per tali donazioni sono previsti benefici fiscali in molti Paesi dell’Unione Europea e in altri Paesi del mondo, secondo le diverse normative locali. I contribuenti italiani potranno ottenere deduzioni e detrazioni dal reddito, secondo la normativa prevista per le Onlus, fino al 10% del reddito e con il limite di € 70.000,00 annuali, ad esclusione delle donazioni effettuate in contanti.

Maria Grazia Berretta

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Chiara Lubich: la Madonna artefice di fraternità

Così come ha avuto cura e amore per suo figlio Gesù, Maria vuole il bene di ogni persona. Lei, creatura umana, è il modello di ogni cristiano e, rispecchiandoci nelle tappe della sua vita possiamo dare il nostro contributo per un mondo nuovo. Anche se il nostro pianeta è attraversato da molteplici tensioni, la Madonna spinge gli uomini in vari modi all’unità e la vuole ovunque. Vuole famiglie unite, le diverse generazioni unite; domanda l’unità fra le etnie, fra i popoli, fra i cristiani e, per come è possibile, con i fedeli di altre religioni ed anche con tutti gli uomini senza un preciso riferimento religioso, ma che cercano il bene dell’uomo. Ella ama tutta l’umanità e vuole la fraternità universale. (…) Maria, che ha fatto di Dio l’ideale della sua vita, faccia in modo che lo sia anche di noi. Maria, che ha fatto propria la volontà di Dio nell’Incarnazione e in tutta la sua vita, ci aiuti ad adempierla alla perfezione. Ella, che ha amato il prossimo, come ha dimostrato nella visita a santa Elisabetta e alle nozze di Cana, infonda nel nostro cuore questa carità. Maria, che ha vissuto l’amore reciproco con pienezza nella famiglia di Nazareth, ci dia di metterlo in pratica anche noi. Maria, che ha saputo offrire ogni dolore ai piedi della croce, fortifichi i nostri cuori quando esso ci invaderà. Maria, che è madre universale, ci allarghi il cuore su tutta l’umanità.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, Discorso nella Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma, 30-11-1987, in Maria Trasparenza di Dio, Città Nuova, 2003, p 78/9) (altro…)