Movimento dei Focolari

Concilio Vaticano II e carisma al servizio dell’unità

Concluso a Firenze, nella splendida cornice di Palazzo Vecchio dopo la prima giornata presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, il convegno “Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’unità di Chiara Lubich”.  Un evento che, spaziando dalla sinodalità all’impegno per la pace e il dialogo tra i uomini e popoli, si inserisce in un dibattito di straordinaria attualità.  La grande stagione dei nuovi movimenti ecclesiali, che ha visto la sua acme sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, ha certamente avuto la sua origine nel periodo preconciliare. Ha poi trovato nell’assise vaticana, in particolare nella valorizzazione del laicato cattolico e nella ridefinizione della presenza della Chiesa nel mondo (Lumen Gentium), oltre che nella centralità della Parola condivisa in comunione (Dei Verbum), la sua ragion d’essere. Il periodo postconciliare ha poi permesso l’esplosione numerica e qualitativa di tali movimenti, valorizzati nel loro nascere e sviluppati da Paolo VI e poi applauditi e sostenuti col suo magistero dal papa polacco. Una vicenda di unità e distinzione, in particolare nella Chiesa della seconda metà del XX secolo, che ha trovato nel carisma della Lubich, carisma al servizio dell’unità della Chiesa e dell’umanità, la sua espressione più matura. A testimonianza della pertinenza del carisma al servizio dell’unità, nella complessa e a tratti convulsa attualità, il convegno si è inserito nel grande movimento di solidarietà con le vittime della guerra in Ucraina e con tutti gli uomini e a tutte le donne di pace che operano in Ucraina e in Russia, in Europa e in Asia, ovunque. Lo ha ricordato l’assessore Alessandro Martini, in un giorno in cui la città di Firenze ha ospitato una manifestazione per la pace di livello internazionale. Per questi motivi, visto che il Movimento dei Focolari appare il primo e più diffuso movimento ecclesiale della stagione conciliare, in occasione del centesimo anniversario della nascita della sua fondatrice – poi rinviato due volte a causa della pandemia − è stato organizzato dall’Istituto Universitario Sophia e dal Centro Chiara Lubich un convegno internazionale dal titolo esplicativo: “Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’unità di Chiara Lubich: Dei Verbum e Lumen Gentium”. Sede: Firenze. Data: 11 marzo 2022 alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale e 12 marzo a Palazzo Vecchio, nel Salone dei Cinquecento. Il convegno ha avuto il patrocinio del Comune di Firenze, con la partecipazione della Associazione Teologica Italiana, della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, dell’Istituto Paolo VI, del Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, di Città Nuova, della Scuola Abbà e ovviamente del Movimento dei Focolari. Il comitato scientifico era composto da Alessandro Clemenzia (FTIC), Piero Coda (IUS), e, per il Centro Chiara Lubich, Florence Gillet, João Manoel Motta e Alba Sgariglia. In chiusura dell’assise vaticana, nel novembre 1965, la Lubich sintetizzava in una preghiera significativa la nota riassuntiva forse più evidente del Concilio, la Chiesa che nasce dalla presenza di Gesù tra i suoi: “Oh! Spirito Santo, facci diventare, attraverso ciò che già hai suggerito in Concilio, Chiesa viva: questa è l’unica nostra brama e tutto il resto serve a questo”. È con questo spirito che il convegno si è prefisso l’obiettivo di avviare un’indagine approfondita volta a cogliere, per un verso, se e come il messaggio del Concilio abbia trovato nell’esperienza suscitata dal carisma al servizio dell’unità un fecondo luogo d’interpretazione e sviluppo; e, per l’altro verso, se e come la fioritura di vita ecclesiale promossa dal carisma dell’unità sia stata resa possibile e propiziata dall’orizzonte dischiuso dal Vaticano II. In questa prima tappa, l’attenzione si è concentrata sulla Dei Verbum e sulla Lumen Gentium, al fine di mettere a fuoco i profili di convergenza e gli apporti della dottrina conciliare e dell’ispirazione del carisma dell’unità intorno al nesso cruciale per cui la Chiesa nasce e cresce come incarnazione storica, nel soffio dello Spirito, della Parola che “carne si è fatta” (Gv 1,14). Il programma del convegno è stato particolarmente denso, come spesso accade allorché è il risultato di un serio lavoro di ideazione e preparazione. Un fiume di parole che, poco alla volta, ha preso un senso compiuto, per il contributo plurale degli studiosi. Nella prima giornata si sono annotati gli interventi di Piero Coda, già preside dell’Istituto Universitario Sophia (“Una coincidenza cronologica e kairologica: un concilio e un carisma. Per un discernimento teologico della correlazione tra Vaticano II e carisma dell’unità”), di Paolo Siniscalco dell’Università La Sapienza di Roma (“Chiara Lubich all’epoca del Vaticano II”) e del teologo istriano-pisano Severino Dianich (“L’evento del Concilio Vaticano II: sacramento…dell’unità di tutto il genere umano”). Coda ha messo in luce come il carisma al servizio dell’unità abbia portato un contributo assai decisivo per la storia della Chiesa nella via della comunione basata sul Cristo crocifisso, abbandonato e risorto. Siniscalco, da parte sua, ha ritracciato con saggezza e con precisione storica i vari passaggi dell’avventura esistenziale della Lubich prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II. Mentre Dianich ha dato, con le sue ben note chiarezza e franchezza, un’interpretazione del Vaticano II come culla per una reinterpretazione più laica e più comunitaria del Vangelo. Sabato 12, il convegno si è spostato in ambiente civile, dopo la prima sessione svoltasi in ambiente invece ecclesiale, come per ribadire la doppia valenza operativa del carisma al servizio dell’unità. Nella prestigiosa sede di Palazzo Vecchio, in quella Sala dei Cinquecento che ha già visto svolgersi, sin dal 1964, vari convegni dei Focolari, e dove Chiara Lubich stessa nel 2000 ricevette la cittadinanza onoraria di Firenze, ha aperto i lavori l’attuale Presidente dei Focolari, Margaret Karram, sottolineando l’importanza della sede di Firenze, nella memoria di Giorgio La Pira, il sindaco santo, uomo di pace e di “Chiesa viva”. Nel suo nome, già nel 1974, assieme al cardinal Benelli, la Lubich aveva fondato il Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, legando così inscindibilmente il suo nome alla città sull’Arno. Firenze, quindi, come città della pace, con legami privilegiati con quel Medio Oriente da cui viene la Karram, palestinese di passaporto israeliano. “Lavoriamo per tessere ovunque relazioni di pace, il bene più prezioso che l’umanità possa avere”, ha detto la presidente dei Focolari. Le ha fatto eco il card. Giuseppe Betori, assente per motivi di salute, che ha detto nel suo messaggio: “L’esperienza del dialogo, a tutti i livelli, che ha caratterizzato la vita di Chiara Lubich, si fondava su una intuizione evangelica circa il rapporto tra interiorità ed esteriorità, dove la relazione con l’altro era i prolungamento causale e consequenziale dell’unione intima con Dio”. Nel prosieguo del convegno a Palazzo Vecchio, parlando della Dei Verbum, Vincenzo Di Pilato (FTP) con un timbro eminentemente teologico ha affrontato il tema: “L’alfabeto per conoscere Cristo. La Parola di Dio evento permanente di salvezza nella Dei Verbum”. Da parte sua Florence Gillet, del Centro Chiara Lubich, ha invece affrontato un tema alla frontiera fra storia ed ecclesiologia: “La Parola di Dio in Chiara Lubich: presenza viva di Cristo che genera la Chiesa”. È seguita una tavola rotonda con Giovanna Porrino (IUS) su “La Parola nella vita della Chiesa”, Declan O’Byrne (IUS), “La Parola e lo Spirito”, Angelo Maffeis (FTIS) su “La Parola di Dio come principio di unità” e col teologo evangelico Stefan Tobler (USBL) su “Una mistica della Parola come via all’ecumenismo”. E’ seguita la terza e ultima sessione del convegno, dedicata alla Lumen Gentium, con un’attesa relazione di mons. Brendan Leahy (Vescovo di Limerick, in Irlanda) su “La Chiesa e il principio mariano”. La seguente tavola rotonda ha visto gli interventi di Alessandro Clemenzia (FTIC / IUS), “La Chiesa dalla Trinità”, di Assunta Steccanella (FTT/TV), “Il popolo messianico”, di Erio Castellucci, Vescovo di Modena-Nonantola e vicepresidente CEI, “Collegialità episcopale e sinodalità della Chiesa” e di Cristiana Dobner (carmelitana scalza), “I carismi nella missione della Chiesa”. Per finire, sul tema “Un’icona dell’ecclesiologia del Vaticano II”, è intervenuta la teologa Yvonne Dohna Schlobitten della Gregoriana. La Sala dei Cinquecento che, pur gravida di simboli guerreschi proposti nei grandi dipinti appesi alle pareti, ha udito le parole di pace di La Pira, di Bargellini, e della Lubich, ha ospitato così, l’11 e il 12 marzo, un evento che ha mostrato come la Chiesa e la società civile possano essere testimonianza di comunione e di dialogo, stimolando la politica ad assumere come proprio orizzonte la pace e la sua costruzione.

Michele Zanzucchi

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A casa di Chiara “Luce” Badano

A casa di Chiara “Luce” Badano

Il 6 e 7 marzo 2022 la Presidente e il Copresidente dei Focolari sono andati a Sassello (Italia), città natale della beata. Un incontro intimo e personale con Chiara Luce e con la Fondazione che ne tutela e promuove la memoria. C’è un prima e un dopo il passaggio a Sassello, città natale di Chiara “Luce” Badano in provincia di Savona (Italia). La giovane beata la si può certamente conoscere attraverso libri, documentari o la massiccia presenza sui Social, ma se si ha la fortuna di poter andare a Sassello, tutto cambia. Perché al camposanto, o attraverso la mamma Maria Teresa e gli amici-testimoni, il rapporto con lei scatta immediatamente su un altro piano: quello dell’incontro personale. Ed è questo che è successo il 6 e 7 marzo scorso anche a Margaret Karram e Jesús Morán che vi si sono recati: uno dei primi viaggi fuori sede della Presidente e del Copresidente dei Focolari, ad un anno dall’assemblea che li ha eletti. Una visita privata, nata dal desiderio, appunto, di incontrare Chiara Luce, ma non solo.In questi giorni ho compreso la straordinarietà di Chiara Luce; le radici della sua santità” – ha commentato la Presidente che ha potuto abbracciare Maria Teresa Badano, conoscere il vescovo di Acqui Mons. Luigi Testore e ritrovare i membri della  Fondazione Chiara Badano. Sono stati giorni importanti, vissuti in un clima di crescente affetto, dialogo e condivisione per la ricostruzione di relazioni di fiducia, collaborazione e sguardo comune su numerose sfide e progetti futuri. Una visita lampo, sicuramente, scandita dai preziosi “micro racconti” di Maria Teresa, che ricordava scampoli di quotidianità di Chiara Luce, come la sua costante e totale apertura all’accoglienza di chiunque venisse a visitarla, fino agli ultimi giorni della sua vita. Al camposanto, in un a tu per tu con Chiara, “le abbiamo affidato prima di tutto la pace in Ucraina e nei tanti luoghi dove i conflitti non sono sotto i riflettori mediatici” – ha detto Jesús Morán, – e poi tutti i giovani per i quali lei è un modello straordinario ed estremamente necessario, oggi più che mai”.

Stefania Tanesini

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Il filo che unisce: un Concilio e un Carisma

Il filo che unisce: un Concilio e un Carisma

L’11 e il 12 marzo 2022, si terrà, nel cuore di Firenze (Italia), il Convegno dal titolo “Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’Unità di Chiara Lubich”, evento nato dalla collaborazione tra il Centro Chiara Lubich e l’Istituto Universitario Sophia che si potrà seguire anche in diretta streaming in italiano e inglese. L’11 e il 12 marzo 2022, Firenze, culla del Rinascimento, sarà la cornice che ospiterà il Convegno dal titolo Il Concilio Vaticano II e il carisma dell’Unità di Chiara Lubich. L’appuntamento, partendo da un’attenta analisi dell’evento conciliare, si propone di andare al cuore di questo percorso in itinere, un momento che dopo essersi fissato nella storia si realizza nel tempo. Due giornate intense che apriranno, grazie alla presenza di numerose personalità e autorità, un cammino di indagine e approfondimento, delineando il legame vitale tra il carisma della fondatrice dei Focolari e il Vaticano II. Tre sessioni dai titoli significativi: Una coincidenza cronologica e kairologica: un Concilio e un carisma; La Parola si fa Chiesa; La Chiesa si fa Parola. Vincenzo Di Pilato, docente di Teologia Fondamentale presso la Facoltà Teologica Pugliese,  e Florence Gillet del Centro Chiara Lubich, teologa e studiosa della fondatrice dei Focolari, tra le voci di questo Convegno, rispondono ad alcune domande riguardo all’evento. Prof Di Pilato, su cosa, in particolare, questo momento di scambio vuole far luce? Nella sua intenzione originaria, il convegno si collocava all’interno del Centenario della nascita di Chiara Lubich (1920-2020). Tuttavia, a causa dell’emergenza sanitaria mondiale è stato rinviato fino a oggi. L’obiettivo era ed è rimasto quello di sondare la reciprocità feconda tra il carisma dell’unità e le due Costituzioni promulgate dal Concilio Vaticano II sulla Rivelazione di Dio e sulla Chiesa: Dei Verbum e Lumen gentium. Quanto i due documenti hanno trovato nell’esperienza ecclesiale suscitata dal carisma dell’unità un loro fecondo luogo di interpretazione e di sviluppo? E viceversa: quanto la fioritura di vita ecclesiale promossa dal carisma dell’unità sia stata resa possibile proprio dall’orizzonte dischiuso dall’evento straordinario del Concilio? Sono le domande di fondo che accompagneranno il dialogo in sala tra i partecipanti. Va comunque ricordato che è stato il Vaticano II a ribadire questa unità essenziale tra doni gerarchici e doni carismatici (cf. Lumen gentium, n. 4). Sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI giunsero a parlare di “coessenzialità” di questi doni, mentre recentemente papa Francesco ha sottolineato quanto l’azione dello Spirito Santo produca “armonia” tra i diversi doni, richiamando le aggregazioni carismatiche all’apertura missionaria e alla sinodalità. Dott.ssa Gillet, da quali domande siete partiti per organizzare questo convegno? Ci si può chiedere se è troppo ardito mettere in parallelo due eventi così diversi. Che rapporto ci potrebbe essere tra un Concilio ecumenico che ha visto intervenire 3000 Vescovi e grandi teologi con visioni profetiche per la Chiesa, e un carisma dato da una giovane donna vent’anni prima, da cui è nata un’Opera sparsa in tutto in mondo? Per rispondere notiamo in primo luogo la sintonia nell’origine: lo Spirito Santo che vuole parlare al mondo alle soglie del terzo millennio. Poi si tratta di due eventi in cammino che si dovranno sempre più fecondare a vicenda: il Concilio Vaticano II non è stato ancora pienamente recepito, anche se la sua recezione è oggi significativamente in atto nel processo sinodale voluto da papa Francesco. Ci riserva ancora delle sorprese. Anche il carisma dell’unità ha ancora da svelare tutta la sua potenzialità, deve tradursi in vita nel popolo di Dio, insomma è solamente agli inizi come disse sempre il Papa in visita a Loppiano nel 2018. Prof Di Pilato, come rileggere il carisma dell’unità di Chiara Lubich alla luce di ciò che sta accadendo oggi nel mondo? Se la pandemia sembrava il contesto funesto in cui si sarebbe dovuto inizialmente celebrare il convegno, la scelta di rinviarlo ci ha catapultati improvvisamente in un altro scenario non meno drammatico. In questo senso, l’esperienza paradigmatica di Chiara Lubich e delle sue prime compagne a Trento, durante il secondo conflitto mondiale, ci offre una chiave di lettura del convegno. È noto a tutti il ruolo che la Parola di Dio assunse per quelle giovani donne in un tempo segnato dal crollo degli ideali in cui erano cresciute. La luce che affiorava dalle pagine del piccolo Vangelo che portavano con sé durante i bombardamenti, le ha guidate a risanare le ferite fisiche ed esistenziali, a ispirare milioni di persone nel mondo e a coinvolgerle nella realizzazione del sogno di Dio: la fraternità universale, “che tutti siano uno”. Ed è stata la Parola di Dio tradotta in impegno sociale a favore dei poveri e dei più bisognosi ad aver generato una Chiesa viva come ebbe modo di confermare, con stupore e gioia grande, il loro Vescovo di allora. Anche oggi, mentre tutto sembra nuovamente crollare sotto i colpi di una politica miope e smemorata, non ci resta altro di sicuro tra le mani che la Parola di Vita, la sola capace di rigenerare la Chiesa. Ed è su questa testimonianza di vita che la Chiesa potrà diventare per il mondo intero Parola autorevole di pace e di unità. Per seguire in diretta streaming l’evento: https://live.focolare.org/firenze2022 .

Maria Grazia Berretta

Comunicato Stampa in italiano

Programma Volantino   Program Brochure

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Chiara Lubich: il bello del cristianesimo

La Parola di vita di marzo 2022 ci invita a mettere in pratica la frase che ripetiamo tutti i giorni nel Padre nostro: “Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Ma, come si fa a perdonare? Perdonare. Perdonare sempre. Il perdono non è dimenticanza che spesso significa non voler guardare in faccia la realtà. Il perdono non è debolezza, e cioè non tener conto di un torto per paura del più forte che l’ha commesso. Il perdono non consiste nell’affermare senza importanza ciò che è grave, o bene ciò che è male. Il perdono non è indifferenza. Il perdono è un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà, che consiste nell’accogliere il fratello così com’è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti. Il perdono consiste nel non rispondere all’offesa con l’offesa, ma nel fare quanto Paolo dice: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci col bene il male” (Rm 12, 21). Il perdono consiste nell’aprire a chi ti fa del torto la possibilità d’un nuovo rapporto con te, la possibilità quindi per lui e per te di ricominciare la vita, d’aver un avvenire in cui il male non abbia l’ultima parola. (…) È dunque prima di tutto con gli altri tuoi fratelli nella fede che devi comportarti così: in famiglia, sul lavoro, a scuola o, se vi fai parte, nella tua comunità. Lo sai come spesso si vuole compensare con un atto, con una parola corrispondente, l’offesa subita. Sai come per diversità di carattere, o per nervosismo, o per altre cause, le mancanze di amore sono frequenti fra persone che vivono insieme. Ebbene ricordati che solo un atteggiamento di perdono, sempre rinnovato, può mantenere la pace e l’unità tra fratelli. Avrai sempre la tendenza a pensare ai difetti dei tuoi fratelli, a ricordarti del loro passato, a volerli diversi da come sono… Occorre che tu faccia l’abitudine di vederli con occhio nuovo e nuovi loro stessi, accettandoli sempre e subito e fino in fondo, anche se non si pentono. Dirai: “Ma ciò è difficile”. Si capisce. Ma qui è il bello del cristianesimo. Non per nulla sei alla sequela di un Dio che, spegnendosi in croce, ha chiesto perdono a suo Padre per chi gli aveva dato la morte. Coraggio. Inizia una vita così. Ti assicuro una pace mai provata e tanta gioia sconosciuta.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, Città Nuova, 2017, pag. 218-219) (altro…)

La porta accanto

Vivere nello stesso palazzo ed essere estranei. È quello che succede nella maggior parte dei casi. Basterebbe un pizzico di coraggio e un semplice gesto per incontrarsi davvero, un po’ come ha fatto la famiglia Scariolo. “L’incontro con l’altro è un arricchimento reciproco, al di là delle culture, delle religioni e delle ideologie. Ogni volta facciamo la scoperta che l’altro è stato creato come dono d’amore per me ed io per lui”. Con queste parole Adriana e Francesco Scariolo, focolarini svizzeri, sposati da 42 anni, raccontano un’esperienza che, qualche mese fa, li ha particolarmente arricchiti. “Viviamo nel Canton Ticino, nella Svizzera italiana, e da un anno e mezzo abitiamo in un palazzo con 13 appartamenti. Nei giorni prima di Natale 2021, abbiamo pensato di fare un giro di auguri, porta a porta . La sorpresa e la gratitudine di tutti i vicini è stata grande: ‘Io sono stato il primo inquilino di questo stabile e non è mai successo che qualcuno a Natale ci venisse a fare gli auguri’ ha detto uno di loro. ‘Noi siamo musulmani, ma vogliamo augurare anche a voi Buon Natale’ ha aggiunto un altro. Abbiamo anche distribuito a tutti un invito per un momento di festa di fine Anno e di auguri per un Buon 2022 a casa nostra. Così il 29 dicembre abbiamo tenuto un aperi-cena con tre famiglie, una musulmana e due cristiane delle quali una evangelica ed una cattolica, rispettando le norme di sicurezza e rigorosamente in mascherina. È stato un bel momento in cui ciascuno si è fatto conoscere con spontaneità. ‘É bello sapere che ci sono dei vicini con cui darsi una mano, salutarsi- ha affermato il marito della signora musulmana- ci fa sentire meno soli’”. È una cosa che avevate già fatto in passato? “Sì, non è la prima volta che cerchiamo di creare rapporti con gli altri condomini. Tutto è partito tanti anni fa sentendo parlare della “festa dei vicini”, un’ iniziativa proposta per dare alle persone la possibilità di incontrarsi. Ci siamo accorti che ci voleva anche un po’ di coraggio e di fantasia per fare la nostra parte e così abbiamo provato. All’inizio, approfittando del nuovo anno, mettendo nelle cassette della posta un biglietto di auguri, poi, secondo la reazione delle persone, facendo più amicizia, provando ad organizzare prima dell’estate un pranzo in giardino tutti insieme. In seguito abbiamo lasciato quel caseggiato per un periodo di volontariato all’estero durato 7 anni, ma al rientro, da quando siamo in questo nuovo palazzo, abbiamo voluto mantenere la tradizione”. Cosa vi ha sorpreso delle loro reazioni? “Vedere i loro volti sorridenti. Non se lo aspettavano, soprattutto in un periodo delicato come questo a causa della pandemia. Inoltre ci è sembrato un dono poter terminare gli ultimi giorni del 2021 con un momento di socialità dopo tanto isolamento, un segno che dà speranza e non frena la voglia di amare gli altri e costruire rapporti fraterni. Il 2 gennaio 2022 aspettavamo altre famiglie che si erano prenotate e che, per il distanziamento, non potevamo ospitare insieme alle altre. Alcune sono state colpite dal covid e quindi non sono potute venire, ma la cena con loro è solo rinviata a tempi migliori”. Cosa vuol dire per voi andare incontro al fratello? “Vuol dire andare incontro all’umanità di oggi attraverso semplici e quotidiani gesti d’amore. Per esempio, aiutare la vicina di casa che ogni tanto ha problemi con la TV, ascoltare la coppia che ha appena avuto un figlio, sciogliere i muri di indifferenza, di anonimato di cui sono fatti i rapporti e che la pandemia  ha ingigantito. La frase di Gesù “tutto quello che avrete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli l’avrete fatto a me” ci interpella. Allora ogni prossimo è veramente la persona che Lui ci mette accanto per essere accolto ed amato. E chi è più prossimo dei vicini di casa?”

Maria Grazia Berretta

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Hombre Mundo: artigiani di pace e unità

Hombre Mundo: artigiani di pace e unità

Dal 25 al 27 febbraio 2022 oltre 3000 ragazzi hanno testimoniato la fraternità universale attraverso azioni locali e globali, sviluppando una cittadinanza attiva. L’impegno per le grandi sfide del pianeta, dalla pace all’ambientale, alla lotta a fame e povertà. Voglia di stare insieme, ritrovarsi per costruire la pace, vivere la fratellanza universale, fare azioni per l’ambiente e le fasce più deboli. Tre giorni, dal 25 al 27 febbraio scorsi nei quali i Gen3, gli adolescenti del Movimento dei Focolari hanno vissuto il cantiere planetario Hombre Mundo. Oltre 3000 ragazzi da più di 600 punti sparsi nel mondo hanno vissuto azioni concrete e si sono collegati in videoconferenza online per testimoniare il mondo unito. Inoltre attraverso i social di teens4unity hanno potuto condividere video e foto delle proprie esperienze. Tantissimi i messaggi di pace e solidarietà. Fra tutti, quello dei Gen3 siberiani, dalla città di Krasnojarsk in Russia durante il loro Hombre Mundo hanno inviato un messaggio: “noi viviamo per la Pace”. Un messaggio carico di speranza soprattutto in questi giorni di conflitto fra la Russia e l’Ucraina. Il programma del cantiere planetario è stato diviso in tre tappe. 25 febbraio: il nostro stile di vita è l’arte d’amare: come l’abbiamo vissuta e la possiamo vivere durante la pandemia? Come continuare ad amare nel mondo virtuale dei social media? “Abbiamo capito – racconta Samira dal Congo – che dobbiamo accettarci reciprocamente nonostante le nostre differenze che sono di enorme ricchezza. È un modo per promuovere i valori e allo stesso tempo bandire gli anti-valori”. Ed Élise dalla Francia: “durante un incontro siamo stati molto toccati da alcune cifre riguardanti la mortalità infantile nel mondo, soprattutto a causa della mancanza di acqua potabile. Così abbiamo organizzato un concerto per raccogliere fondi per la perforazione di un pozzo in Cambogia che avrebbe fornito acqua pulita a una dozzina di famiglie per tutta la vita”. Il 26 febbraio i ragazzi hanno approfondito il loro impegno nell’ecologia integrale e per l’Obiettivo “Fame Zero”. Migliorare efficacemente la salvaguardia del pianeta e ridurre drasticamente la fame e la povertà, fino a farle sparire. Fra le varie esperienze raccontate, quella dei Gen3 dell’Austria per un progetto di riforestazione. “I soldi investiti per realizzare il progetto degli alberi li abbiamo raccolti durante il torneo Fair play che si e svolto a Vienna – raccontano -. Il tema era ‘Fair play contro il cambiamento climatico’. Quel giorno hanno partecipato circa 120 giocatori e 100 collaboratori. Con i soldi raccolti siamo riusciti ad acquistare circa 1500 alberi”. Il 27 febbraio è stato dedicato alla bellezza dell’incontro tra i popoli e il comune impegno per costruire un mondo di pace e unità. Un collegamento mondiale in videoconferenza live ha permesso ad oltre 3mila ragazzi collegati in 600 punti, di ritrovarsi e pregare per la pace. Poi il racconto di tante esperienze di pace e unità nonostante le numerose difficoltà. Come quella di una ragazza in Myanmar che vive una situazione politica molto difficile: molte famiglie devono lasciare le loro case e rifugiarsi nei centri di accoglienza. Lei desiderava fortemente poter fare qualcosa per loro. “Così mi sono messa a disposizione per aiutare i rifugiati che erano stati accolti in chiesa. Anche se ero stanca credevo che Dio era con me, mi guardava e mi dava la forza per andare avanti e aiutare gli altri. Adesso posso dire che è stato un periodo meraviglioso e bellissimo per me, conservo un ricordo indimenticabile”. In Libano invece Maria Sfeir, ambasciatrice di pace dal Medio Oriente insieme a Fouad Sfeir hanno raccontato come hanno “incorporato la cultura della pace, educando i nostri bambini e crescendoli con i buoni valori dell’amore e del dare per costruire una società migliore, in un ambiente di non violenza e giustizia”. Fra i tanti interventi, anche il Gen Rosso collegato dall’isola di Lampedusa in Italia, famosa per l’accoglienza dei migranti: “Siamo a Lampedusa per sostenere queste persone meravigliose che accolgono chi per guerra, fame, violenza è costretto a lasciare la propria terra. Lampedusa isola di fraternità, porto aperto, gente che guarda all’orizzonte e si lancia in mare per raggiungere e salvare chi è in balia delle onde. Lampedusa: lampada, faro luminoso che dice terra. Terra che dice casa. Da qui vogliamo dire: teniamo sempre spalancate le porte del nostro cuore”.   Poi il messaggio di Margaret Karram presidente dei Focolari: “Il cantiere lo avete costruito con la vostra testimonianza di vita – afferma -. (…) Non sentitevi soli, sappiate che il Movimento in tutto il mondo è con voi e vi sostiene. (…) Spesso anch’io mi sento impotente davanti al male nel mondo: guerre, ingiustizie, distruzione della natura. In questi momenti mi aiuta parlare con Dio. Mi dà forza e coraggio sapere che Lui è con noi. La certezza del suo amore mi scalda il cuore, mi rende capace di amare, di perdonare, di tendere la mano per costruire l’unità con quanti incontro ogni giorno. Sento che solo così posso essere io per prima una piccola artigiana di pace”.

Lorenzo Russo

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Ucraina: accordo con Caritas-Spes per l’assistenza alla popolazione

Ucraina: accordo con Caritas-Spes per l’assistenza alla popolazione

I contributi raccolti dal Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari attraverso le ONLUS Azione per un Mondo Unito (AMU) e Azione per Famiglie Nuove (AFN), andranno a sostenere le attività di assistenza alla popolazione realizzate da Caritas-Spes Ucraina. Non si fermano le azioni di guerra in Ucraina e tra la popolazione ci sono migliaia di sfollati in fuga e moltissimi che cercano di sopravvivere tra rifugi e ricoveri di emergenza, dove si può ricevere un primo sostegno. Con i contributi raccolti attraverso l’appello lanciato dal Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari, AMU e AFN stanno sostenendo anzitutto le azioni della Caritas-Spes Ucraina, che sta fornendo prima assistenza a migliaia di persone costrette ad abbandonare le proprie case per fuggire verso il confine o per rifugiarsi nei ricoveri sotterranei allestiti all’impronta dove possibile. L’impegno di Caritas-Spes è quello di offrire un rifugio sicuro, cibo, medicinali e prodotti di igiene, oltre ad un supporto psicologico a circa 500 madri con bambini sfollate e ospitate nei propri centri. Più di 2500 persone stanno inoltre ricevendo aiuti attraverso le Caritas parrocchiali e 14 mense che rimangono attive nelle zone di Kiev, Lutsk, Berdiansk, Kamenets-Podolsky, Zhytomyr, Charkiv, Leopoli, Odessa, Vinnitsa, e in varie città della Regione della Transcarpazia. Le immagini della guerra in Ucraina che ogni giorno arrivano dai media internazionali e le testimonianze dei nostri referenti sul territorio, come Mira Milavec, focolarina slovena che vive in Ucraina e collabora con Caritas-Spes, descrivono lo stato di emergenza di una popolazione sotto assedio, inerme di fronte ai bombardamenti, ammassata lungo le rotte per raggiungere i confini oppure in scantinati e rifugi dove sono stati sistemati giacigli di fortuna in attesa di un pasto caldo, di acqua potabile e di elettricità. Al confine con la Polonia la fila di disperati che vuole passare la frontiera raggiunge decine di chilometri. La Caritas-Spes di Leopoli ha organizzato l’assistenza specifica soprattutto per le mamme che cercano di scappare con bambini, anche piccolissimi, in braccio. Per loro c’è bisogno di tutto, soprattutto di acqua calda per poter preparare le pappe o cambiare i pannolini. A Odessa, sotto attacco, si stanno allestendo rifugi, anche sotto la cattedrale, il tutto scandito dal suono delle sirene che preannunciano l’arrivo del pericolo o la sua momentanea cessazione. A Vinnitsa uno psicologo sta organizzando incontri di formazione online per i volontari e gli operatori sull’aiuto psicologico da poter fornire in situazioni di stress come questo: alla prima hanno già partecipato più di 120 persone. Attualmente la raccolta fondi per l’emergenza relativa alla guerra in Ucraina, portata avanti dal Coordinamento emergenze del Movimento dei Focolari (AMU e AFN) ha già raggiunto i 100 mila euro ed è già stato effettuato un primo invio di fondi sul posto, che serviranno al supporto delle azioni della Caritas-Spes per la prima assistenza alle famiglie ucraine. Stiamo anche valutando la possibilità di sostenere le spese di accoglienza dei molti profughi ucraini che stanno arrivando nei Paesi circostanti, come Slovacchia e Polonia, accolti dalla generosità delle famiglie locali che stanno aprendo loro le proprie case. Purtroppo le azioni militari non si fermano e, come ci confermano i referenti locali, i bisogni aumenteranno. Aggiornamenti costanti sugli interventi di assistenza che stiamo realizzando sul posto, sono disponibili sui canali web e social di AMU e AFN. Per sostenere l’azione in Ucraina e l’assistenza alle famiglie sconvolte dalla guerra è possibile donare online sui siti: AMU: www.amu-it.eu/dona-online-3/ AFN: www.afnonlus.org/dona/ oppure attraverso bonifico sui seguenti conti correnti: Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) IBAN: IT 58 S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: ETICIT22XXX Causale: Emergenza Ucraina Foto: © Caritas-Spes Ucraina (altro…)

Notizie dal focolare in Ucraina

Donatella Rafanelli racconta a Maria Chiara Biagioni dell’agenzia SIR la vita della comunità del Focolare in Ucraina di questi ultimi giorni. Un viaggio di 29 ore da Kiev. “Ora il nostro sogno è tornare lì”. Un viaggio di 29 ore per uscire da Kiev e raggiungere una città ad ovest del Paese, Mukachevo. Il traffico per le strade, le lunghe file ai bancomat e dal benzinaio, i carro armati e la gente lungo la strada che chiedeva passaggi. A raccontare al Sir cosa succede in queste ore lungo la ‘via’ degli sfollati interni al Paese è un’ italiana di Pistoia, Donatella Rafanelli, focolarina, che dal 2019 vive a Kiev nella comunità del Movimento fondato da Chiara Lubich. ‘Eravamo a Kiev quando giovedì mattina molto presto ci hanno chiamato per dirci di fare velocemente le valige perché stavano sparando a 70 chilometri dalla capitale’, racconta Donatella. ‘Non sapevamo cosa fare anche perché per tutti era la prima volta che ci trovavamo in una situazione simile. Siamo andati allora a cercare il rifugio più vicino alla nostra casa e ci hanno indicato un parcheggio sotterraneo. Siamo tornate a casa e abbiamo chiamato l’ ambasciata italiana ad un numero verde di emergenza e loro ci hanno detto di rimanere a casa e di recarci nel rifugio solo se avessero dato l’ allarme’. Sembrava tutto normale. Era da giorni che la gente parlava della possibilità di un attacco a Kiev ‘ma quando è successo, la prima cosa che abbiamo fatto è stato guardarci negli occhi. Abbiamo detto: ci siamo, siamo in guerra. E abbiamo pregato. Abbiamo chiesto a Gesù di darci la forza e di dare la pace’. Da lì in poi è stata tutta una corsa contro il tempo. ‘Abbiamo messo insieme tre cose in un trolley. Ci siamo portate via pochissimo, giusto il necessario, e i documenti personali. Abbiamo subito cercato un biglietto di treno per poterci spostare a ovest ma erano esauriti. L’ aeroporto era chiuso. Abbiamo quindi scelto di muoverci in macchina’. Le strade in uscita da Kiev erano bloccate. ‘C’ erano file lunghissime davanti alla banca per ritirare i soldi e nei supermercati. Ci è voluto tanto tempo soprattutto per uscire dalla città. Ci siamo fermati due volte a fare benzina. Al primo benzinaio siamo stati in fila un’ ora. E proprio lì, mentre aspettavamo, abbiamo sentito i colpi che sparavano. È stato forte. Siamo rimasti immobili, in silenzio’. Ripreso il cammino, lungo la strada si vedevano i carro armati e gente che faceva l’ autostop per chiedere un passaggio. Sul tragitto, i telefoni inviavano e ricevano in continuazione messaggi e chiamate: con chi era partito, chi aveva deciso di rimanere. Per dare notizie e mettere in contatto le persone in fuga con le comunità dei focolari in Slovacchia e Polonia che hanno dato disponibilità ad accogliere. ‘Solo mentre viaggiavamo – confida Donatella -, ci siamo rese conto di quello che ci era successo. Non eravamo in macchina per andare ad un appuntamento o per fare un viaggio. Stavamo lasciando una città, la nostra casa. Non avremmo mai voluto andare via. Ma abbiamo capito che era impossibile rimanere’. A Mukachevo, Donatella e i suoi compagni di viaggio sono stati accolti da un sacerdote in una parrocchia e dalla comunità dei focolari di quella città. ‘Siamo qui in Ucraina. E questo per noi è importantissimo. Non siamo scappati. Noi vogliamo vivere e restare in questo Paese. Ci hanno offerto mille posti dove andare. Il fatto che siamo venuti via da Kiev è solo perché in questo momento è pericoloso. Non aveva nessun senso rimanere sotto i bombardamenti. Ora però il nostro sogno è tornare lì’. ‘La guerra? E’ una follia pura’, risponde senza esitazione Donatella. ‘Perché nessuno ha il diritto di togliere la vita a qualcun’ altro così come pure la possibilità di vivere una vita normale. Qui le persone hanno fatto tanti sacrifici per comprarsi una casa, mettere da parte dei risparmi. E adesso con la guerra, saltano i progetti di futuro, vanno in frantumi i sogni. Stiamo pregando perché questa follia finisca al più presto. Stiamo seguendo le notizie dei colloqui tra le delegazioni e degli sforzi che si stanno facendo a livello di diplomazia internazionale. Penso che l’ unica cosa che ci possa aiutare è un miracolo. E ci fanno un gran bene tutte le notizie che ci arrivano dalle persone che pregano per noi e manifestano in piazza per la pace. Ci vuole un miracolo’.

Maria Chiara Biagioni (SIR)

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Camminare insieme: il percorso sinodale in Terra Santa

Il Sinodo 2021-2023 indetto da Papa Francesco è l’occasione per rimettersi in ascolto e in dialogo con l’altro, l’opportunità di ritrovare la vera identità della Chiesa, “universale”, fin dal principio. Il percorso coinvolge tutte le diocesi del mondo, anche la Terra Santa. “Mentre ci accingiamo ad iniziare questo cammino, siamo più consapevoli che mai che noi, tutti insieme, come discepoli di Cristo in questa Terra, che è la Sua casa, siamo chiamati ad essere suoi testimoni. Ricordiamo che il suo più grande desiderio è quello che noi siamo uno (cfr. Gv 17).” È quanto si legge nella lettera del 26 gennaio 2022 inviata dagli ordinari cattolici ai capi delle Chiese cristiane in Terra Santa riguardo al Sinodo 2021-2023 indetto da Papa Francesco dal titolo “Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione”. Con il desiderio esplicito di informare e coinvolgere i fratelli delle altre comunità ecclesiali locali in merito all’articolato percorso sinodale avviato anche in Terra Santa, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa, che firma il testo, sottolinea l’importanza dell’ascolto reciproco per crescere insieme in questo cammino di comunione. Uno sguardo alla missionarietà di una Chiesa “universale”, in particolare quella di Gerusalemme, di cui il patriarca aveva parlato il 9 novembre 2021, durante un incontro con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità presenti in Terra Santa a seguito dell’apertura del cammino sinodale: “La nostra Chiesa, la Chiesa di Gerusalemme è nata al Cenacolo, a Pentecoste, ed è nata, già allora, come Chiesa universale e locale allo stesso tempo. (…) soprattutto in questi ultimi anni, si è arricchita di tanti carismi in più. Per questo motivo la vostra presenza qui non è soltanto un dono, un segno della Provvidenza (…), ma fa parte di un desiderio di Dio (…)”. I rappresentanti delle varie realtà presenti, hanno potuto in quella occasione ascoltarsi, dare testimonianza della propria esperienza e, con il prezioso aiuto del patriarca, capire meglio come affrontare il Sinodo a livello locale. Mons. Pizzaballa, nel rispondere a varie domande, condivide il suo pensiero sulla sinodalità che “è uno stile – dice- un modo di stare nella vita, nella Chiesa, ma anche fuori dalla Chiesa. È un atteggiamento. E l’ascolto, il dialogo sono espressione di questo (…)”. È necessario, dunque, che i vari movimenti e le varie realtà lavorino in “cross -platform”, andando al cuore dell’esperienza di “comunione” della Chiesa universale, esperienza che, più di altre sembra davvero difficile vivere in Terra Santa. “Per comunione io intendo la coscienza di appartenenza- continua- di un dono ricevuto, di una gratuità, di una vita inserita dentro l’altro (…).Tutto questo scaturisce dall’esperienza dell’incontro con Gesù. (…) dopo aver incontrato il Signore e aver fatto esperienza della salvezza tu capisci che questa esperienza diventa completa, profonda, quando viene condivisa in una comunità (…)”. Un desiderio profondo che si rinnova nelle parole di questa lettera inviata dagli ordinari cattolici ai capi delle varie Chiese cristiane in Terra Santa ed apre gli orizzonti, sottolineando anche la volontà di crescere nella fraternità e arricchirsi della saggezza altrui. La possibilità di ‘stare insieme’: questo è l’auspicio del cammino sinodale, un momento che ha il sapore di un pasto condiviso, di un dolore che si abbraccia in gruppo, di una gioia che non può aspettare di essere raccontata; è l’incedere dei discepoli di Emmaus che, benché delusi e tristi, camminano insieme e, nella comunione, si sostengono, finché il Risorto non si accosta a loro. L’occasione da non perdere, quella per riconoscerlo in mezzo a noi.

Maria Grazia Berretta

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Chiara Lubich: l’attualità del Vangelo

Accostarsi al Vangelo oggi significa trovare la Parola viva di Dio. Chiara Lubich, attraverso la sua esperienza vissuta con la prima comunità del Movimento a Trento, ci fa assaporare gli effetti della sua messa in pratica. Se un Dio parla a noi, come non accogliere la sua Parola? La Bibbia ripete per ben 1153 volte l’invito ad ascoltarlo. Lo stesso invito è rivolto dal Padre ai discepoli quando la Parola, il Figlio suo, viene a vivere in mezzo a noi: “Ascoltatelo”[1]. Ma l’ascolto di cui parla la Bibbia è fatto più col cuore che con le orecchie. È aderire interamente, obbedire, adeguarsi a quanto Dio dice, con la fiducia di un bambino che si abbandona alle braccia della mamma e si lascia portare da lei. (…) Si sente qui l’eco dell’insegnamento di Gesù che dichiara beato chi, avendo ascoltato la Parola di Dio, la osserva[2], e che riconosce come madre e fratelli suoi coloro che la ascoltano e la mettono in pratica[3]. (…) Il buon ascoltatore della Parola, afferma ancora Gesù al termine del “discorso della montagna”, è colui che la mette in pratica, dando consistenza alla sua vita come ad una casa fondata sulla roccia[4]. In ogni sua Parola Gesù esprime tutto il suo amore per noi. Incarniamola, facciamola nostra, sperimentiamo quale potenza di vita sprigiona, se vissuta, in noi e attorno a noi. Innamoriamoci del Vangelo fino al punto da lasciarci trasformare in esso e traboccarlo sugli altri. Questo è il nostro modo di riamare Gesù. Non saremo più noi a vivere, Cristo si formerà in noi. Toccheremo con mano la libertà da noi stessi, dai nostri limiti, dalle nostre schiavitù; non solo, ma vedremo esplodere la rivoluzione d’amore che Gesù, libero di vivere in noi, provocherà nel tessuto sociale in cui siamo immersi. L’abbiamo sperimentato fin dagli inizi del Movimento, durante la seconda guerra mondiale quando, a Trento, a motivo dei frequenti bombardamenti, correvamo nei rifugi portando con noi solo il piccolo libro del Vangelo. Lo aprivamo, lo leggevamo e, penso, per una particolare grazia di Dio, quelle Parole, sentite ripetere tante volte, si illuminavano di una luce nuovissima. Erano Parole di vita, da potersi tradurre in vita. (…) Abbiamo visto nascere attorno a noi una comunità viva, fatta, dopo soli pochi mesi, di 500 persone. Tutto era frutto della comunione con la Parola, che era costante, era una dinamica di minuto per minuto. Eravamo inebriati della Parola, possiamo dire che la Parola ci viveva. Bastava dirci: “Vivi la Parola?”, “Sei la Parola viva?”, per aumentare in noi l’accelerazione a viverla. Dobbiamo tornare a quei tempi. Il Vangelo è sempre attuale. Sta a noi crederci e sperimentarlo.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, Città Nuova, 2017, pag. 789-791)   [1] Mt 17, 5. [2] Cf. Lc 11, 28. [3] Cf. Lc 8, 20-21. [4] Mt 22, 39. (altro…)