Lug 23, 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Immaginate di scoprire nei materiali di scarto la possibilità di una forma nuova, già presente in potenza, di trasformarli in “qualcosa” di bello, utile e prezioso, che prima non esisteva. Poi, coinvolgete in questo processo virtuoso delle persone vulnerabili come, per esempio, le donne che, scontata la loro pena in carcere, fanno fatica a reintegrarsi nella società, a trovare un posto di lavoro e l’indipendenza economica. È questa la mission del “Project Lia”, un’associazione non profit e un’impresa sociale sorta nella città di Indianapolis (USA). «Da noi, queste donne che cercano di reinserirsi nella società, imparano a creare oggetti d’arredo e mobili, in un ambiente di lavoro educante, che è uno spazio di comprensione e rispetto reciproco, dove si trasformano i materiali ma anche le vite delle persone attraverso relazioni basate sulla reciprocità e la fiducia,» spiega Elizabeth Wallin fondatrice e direttore esecutivo di Project Lia «forniamo anche opportunità educative in materia finanziaria, di comunicazione, di etica aziendale, salute e benessere, oltre a promuovere la partecipazione alla vita comunitaria e sociale». Secondo le statistiche pubblicate sul loro sito, estratte da dati del Bureau of Justice, negli ultimi tre decenni e mezzo, la popolazione carceraria femminile degli Stati Uniti è cresciuta di oltre il 700 per cento. Nel 1980, erano 12.144 le donne sotto la giurisdizione statale o federale. Cifra salita a più di 100.000, nel 2015. Se a queste aggiungiamo le detenute nelle strutture carcerarie locali, in libertà sulla parola o agli arresti domiciliari, la somma raggiunge e supera il milione di donne.
«Quando queste persone escono dal carcere», continua Elizabeth Wallin «devono trovarsi un lavoro stabile e una casa, mentre cercano di riallacciare i rapporti con le proprie famiglie. Se a questo si associa lo stigma generato dal carcere e la discriminazione razziale, è molto difficile per loro riuscire a reintegrarsi, escludendo il rischio di recidiva». Per questo, Project Lia ha scelto di dedicare la sua azione alle donne. Aiutando loro, si rafforza indirettamente la famiglia e la comunità perché, secondo importanti studi, queste donne responsabilizzate pensano “comunitario”, reinvestendo il 90% del loro reddito nelle proprie famiglie. A questo punto, viene da chiedersi qual è stata l’idea ispiratrice. «Durante un mio viaggio in Argentina», comincia a raccontare Elizabeth «ho partecipato all’organizzazione di un festival giovanile dal titolo “No Te Detengas” (in italiano: “non ti trattenere”). Un festival che ha riunito oltre 1.000 giovani e che parlava di quelle gabbie in cui spesso ci imprigioniamo per paura, pressioni altrui, situazioni di comodo o pregiudizio. Tornando negli Stati Uniti, mi sono resa conto che lì, le donne uscite di prigione continuavano ad essere “trattenute” da una gabbia più grande e sistematica. Per me, Project Lia è una risposta alla paura, alle pressioni, alle comodità e ai pregiudizi di un sistema di giustizia penale e di una società che, anche dopo aver scontato la pena, continua a “trattenere” gli ex prigionieri, senza offrire possibilità di vera integrazione sociale». Insomma, un progetto inclusivo, che mira a costruire ponti di vera solidarietà sociale. L’unica curiosità che rimane da soddisfare, giunti a questo punto è il nome: perché proprio “Lia”? Elizabeth mi spiega che:«“Lia” è il nome di una donna che ha dedicato tutta la sua vita a costruire ponti tra persone di razze, culture, religioni e background sociali diversi. Il suo nome completo era Lia Brunet, era di Trento e fu una delle prime compagne di Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari». Lia Brunet, nel 1961, raggiunse l’Argentina, dove sorge nel cuore della pampas la cittadella che oggi porta il suo nome. Là dove anche Elizabeth ha potuto sperimentare l’ideale di un mondo unito. Fonte: United World Project (altro…)
Giu 24, 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Sulcis-Iglesiente è una regione storica della Sardegna, caratterizzata non solo da bellezze naturali che impressionano, ma anche dalla storia dei lavoratori delle miniere: un patrimonio umano, spirituale, culturale e ambientale di primo livello. Un gioiello unico al mondo, che ancora non riesce a esprimere pienamente tutto il potenziale di cui dispone, anche dal punto di vista economico. Il 3 Marzo 2017 a Cagliari, nel sud della Sardegna, si è tenuta una conferenza sul tema del disarmo, organizzata dalla Scuola di Partecipazione Politica “Domenico Mangano”. A quel convegno alcuni abitanti del Sulcis-Iglesiente si sono sentiti interpellati in modo diretto: sul loro territorio, infatti, ha sede la RWM Italia, controllata dalla Rheinmetall, una fabbrica di bombe vendute all’Arabia Saudita e utilizzate per la guerra nello Yemen. Da questa presa di coscienza, un anno fa, è nato un comitato che opera sul territorio, unendo le forze per un obiettivo comune: la riconversione della fabbrica dalla produzione militare a quella civile. È il “Comitato riconversione RWM per la pace, il lavoro sostenibile, la riconversione dell’industria bellica, il disarmo, la partecipazione civica a processi di cambiamento, la valorizzazione del patrimonio ambientale e sociale del Sulcis-Iglesiente”.
Tra i promotori di questa azione Cinzia Guaita, del Movimento dei Focolari. Facciamo con lei il punto della situazione. «L’azione del comitato non è facile perché il Sulcis-Iglesiente è un territorio dove non c’è lavoro, e quello che c’è viene difeso a spada tratta. Non è facile innescare un processo che porti a un cambio di mentalità per scegliere qualcosa di diverso, ma forse più rischioso». «Siamo una rete molto fitta e variegata. Prima non se ne parlava, oggi la questione etica, ambientale e legale è diventata patrimonio diffuso. C’è un primo risultato culturale, anche se il processo è a lungo termine». In cosa si può notare il cambiamento più grande? «Prendiamo il tema del lavoro: prima non si poteva discutere, mentre adesso accanto al lavoro ci sono i temi della pace, della giustizia, e non è poco per un territorio povero come il nostro». Parli di confronto, ma voi usate soprattutto il dialogo… «È vero, stiamo dialogando, e lo facciamo con tutti perché questo è un problema che riguarda tutti, e può essere risolto soltanto guardando le cose da più punti di vista. Ti faccio un esempio: abbiamo aperto un tavolo tecnico di riflessione con gli esperti dell’università per lo studio di un progetto di riconversione, si ritrovano insieme i tecnici, i docenti universitari, altri soggetti come Banca Etica, Chiesa Protestante: il comitato è una sorta di laboratorio, non risolutivo, l’avvio di un percorso concreto».
Come è vista la fabbrica RWM sul territorio? «La fabbrica si è inserita con molta benevolenza nella dinamica sociale locale, ma viola una legge nazionale, che vieta la vendita di armi a Paesi in guerra o che non rispettino i diritti umani; ma prevede anche la possibilità di un fondo per la riconversione delle aziende che producono armi. Quindi le opportunità ci sono. Riconversione non vuol dire un salto nel buio, ma un processo condiviso di maturazione e miglioramento della vita per tutti». In questo processo la stampa che ruolo sta ricoprendo? «Un ruolo decisivo direi, e noi stessi ci siamo stupiti che la stampa internazionale si sia interessata a noi. Anche la TV tedesca ci sta seguendo e ha raccontato alla Germania cosa sta succedendo qui. Ci sono tanti silenzi sulle guerre, come quella dello Yemen. Accendere i riflettori su quel conflitto ha portato il problema che si vive qui all’attenzione di tutti. Per costruire la pace non possiamo chiudere gli occhi. C’è bisogno di tutti, perché anche le piccole azioni locali possono avere una portata più ampia. Amare un territorio vuol dire questo. Può essere anche un rischio, ma per costruire la pace vale la pena correrlo». Fonte: United World Project (altro…)
Giu 10, 2018 | Centro internazionale, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Il Creato è “un dono condiviso e non un possesso privato”, e l’averne cura “implica sempre il riconoscimento dei diritti di ogni persona e di ogni popolo”. È uno dei passaggi centrali del messaggio con cui Papa Francesco ha voluto essere presente al Simposio internazionale sulla tutela dell’ambiente promosso nelle Isole Saroniche (Grecia), dal 5 all’8 giugno, dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, guidato da Bartolomeo I. Sul tema“Verso un’Attica più verde. Preservare il pianeta e proteggere il suo popolo”, l’incontro – svoltosi a tre anni dall’Enciclica Laudato Si’ ed in concomitanza con la Giornata mondiale dell’ambiente – ha visto presenti circa 250 persone fra leader religiosi, politici, esperti di ambiente e clima, accademici e giornalisti provenienti da diversi continenti, chiamati a cercare risposte condivise alla attuale crisi ecologica. Figlia – è il pensiero comune – di una più profonda crisi antropologica e spirituale.
Fra gli invitati anche la Presidente del Movimento dei Focolari Maria Voce, che ha osservato: “È bello vedere persone che vengono da tutto il mondo, e fra queste tante autorità religiose delle diverse chiese, molto motivate a cercare insieme delle soluzioni affinché il pianeta possa vivere una vita più serena e possa essere tutelato e conservato per le future generazioni”. E ancora: “Mi piace sentire che c’è tanta attenzione a tutti gli aspetti dell’ecologia, da quella dell’ambiente a quella delle persone, e anche che sia venuto in rilievo che tutto il pianeta partecipa di questa ecologia, e che tutta la natura è un dono che noi riceviamo da Dio e in quanto tale deve essere accolto con rispetto e gratitudine, e trasmesso nella maniera migliore ai nostri fratelli che verranno dopo”. Anche la formula del convegno – ha aggiunto la Presidente del movimento fondato da Chiara Lubich, da tempo impegnato per la salvaguardia del pianeta in tutto il mondo – esprime un approccio ‘ecologico’: “le sessioni sono continue ma anche inframmezzate da viaggi nelle isole vicine e negli spostamenti c’è la possibilità di incontrarsi, di parlare gli uni con gli altri, ed è più facile stabilire rapporti in questa atmosfera un po’ di studio, un po’ di relax e di amicizia internazionale. Mi sembra che da questo convegno giunga una speranza per il futuro del pianeta”. Una risposta alle preoccupazioni del Santo Padre, che nel suo messaggio, portato al Simposio dal Cardinale Peter Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha sottolineato il rischio che le future generazioni siano condannate “a vivere in una casa comune ridotta a rovine”, o a lasciare la terra natia a causa dei cambiamenti climatici e dei disastri prodotti anche dall’avido sfruttamento delle risorse ambientali.
Citando il Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per il Creato (1° settembre) scritto insieme a Bartolomeo I, Francesco ha ricordato che “il dovere di prendersi cura del Creato sfida tutte le persone di buona volontà e invita i cristiani a riconoscere le radici spirituali della crisi ecologica e cooperare nell’offrire una risposta inequivocabile”. Obiettivo prioritario dunque – è la replica del Patriarca – è il ripensamento dell’attuale sistema economico che “ignora i bisogni degli esseri umani e porta inevitabilmente allo sfruttamento dell’ambiente naturale”, ma soprattutto – aggiunge – il vero cambiamento può nascere solo dal cuore dell’uomo: “la distruzione dell’ambiente naturale può essere invertita solo attraverso un cambiamento radicale della nostra prospettiva verso la natura che deriva da un cambiamento radicale della nostra auto-comprensione come esseri umani”. Claudia Di Lorenzi (altro…)
Giu 7, 2018 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Spiritualità
Quale cultura, quale unità? La nuova newsletter nasce dal desiderio di raccontare il percorso in atto in dodici ambiti della cultura che si interrogano, ricercano e si sfidano relativamente all’orizzonte dell’unità, nel solco del Carisma di Chiara Lubich. Arte, Pedagogia, Diritto, Ecologia, Sport, Economia, Sociologia, Medicina, Architettura, Politica, Psicologia, Comunicazione. Se il nostro pianeta sta attraversando un “cambiamento d’epoca”, come ha affermato recentemente anche Papa Francesco, la prospettiva dell’unità apre ai diversi mondi della cultura un orizzonte nuovo, per molti versi ancora inesplorato e appassionante. Nel primo numero si riportano alcune delle iniziative e degli eventi più significativi di ciascun ambito “in dialogo”. ________________________________________________________ Per maggiori informazioni: Centro per il dialogo con la Cultura (Movimento dei Focolari) centrodialogo.cultura@focolare.org tel. +39.06.945407201 – Via Piave, 15 – 00049 Grottaferrata (Roma – Italia) ________________________________________________________________ CONTATTI Comunione e Diritto – info@comunionediritto.org Economia di Comunione – info@edc-online.org Social-One – info@social-one.org Eco-One – luca.fiorani@gmail.com Dialoghi in Architettura – segr.architettura@focolare.org NetOne – netone@net-one.org Movimento Politico per l’Unità – info@mppu.org Psicologia e comunione info@psy-com.org Health Dialogue Culture – – healthdialogueculture@gmail.com Clarté – clarte.international@gmail.com Sportmeet — info@sportmeet.org EDU – pedagogia@focolare.org – (altro…)
Mag 15, 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
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