Feb 4, 2013 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Difficile immaginare un luogo più vivibile di Wellington. È vero, qui siamo in estate, il sole splende e la temperatura è ideale. È vero, Eolo in queste ore non soffia troppo impetuoso, nella città considerata la più ventosa al mondo, dopo Chicago. È vero, in questo weekend si svolge la Seven’s Cup, la maggior competizione di rugby a sette del Paese: la gente usa mascherarsi per l’occasione, per la gioia dei fotografi. Ma Wellington in ogni caso è veramente incantevole. Al Saint Mary’s College della capitale, appena sopra le cattedrali cattolica e anglicana, nel weekend del 2 e 3 febbraio si riunisce la comunità neozelandese dei Focolari, più di 200 persone provenienti dalle due principali isole che costituiscono il Paese, appartenenti sia alla maggioranza non indigena che alla minoranza maori, la popolazione locale per cui la è “Aotearoa” (la terra della lunga nuvola bianca). A differenza dell’Australia, dove la convivenza tra gli aborigeni e i non-indigeni presenta ancora gravi difficoltà, qui in Nuova Zelanda le relazioni interetniche sono molto meno problematiche, grazie agli sforzi congiunti delle autorità civili, religiose e culturali. Il Paese pare ormai un vero esempio di convivenza pacifica.
Non poteva essere che una karana, il popolare inno danzato maori, a salutare l’arrivo degli ospiti di Roma. Canti corali si alternano a potenti grida – di sfida e di accoglienza nello stesso tempo –, come in qualche modo abbiamo conosciuto dai massimi ambasciatori della Nuova Zelanda nel mondo, i favolosi All Blacks, la squadra di rugby più forte che esista sul pianeta. Un breve ma efficace percorso storico – fatto di immagini, suoni, danze e testimonianze – permette agli ospiti e ai locali di riprendere, valorizzare e capire meglio la vicenda di un popolo composito ma unito, che ha saputo, grazie anche e soprattutto alla presenza cristiana, avere una reale coesione sociale. Che ha permesso di vantarsi dell’invidiabile qualità di coloro che non hanno nemici e che sanno accogliere. Istruttivo, non c’è che dire. Soprattutto in un’epoca in cui l’immigrazione è all’ordine del giorno, anche qui, proveniente in primo luogo dai Paesi asiatici. Welcome home, benvenuti a casa canta la band che coniuga sonorità europee con ritmi e interpunzioni locali, in un mix suggestivo.
La ancor breve storia del “popolo nato dal Vangelo”, quello di Chiara Lubich, non poteva che cominciare con il Salmo: «Chiedilo, e ti darò in eredità tutte le nazioni, fino agli ultimi confini della Terra». Qui siamo esattamente agli antipodi di Trento, proprio agli ultimi confini… Una storia cominciata con un adulto olandese, Evert Tros, e con un giovane neozelandese, Terry Gunn, che avevano deciso di cominciare a vivere alla maniera evangelica, seguendo l’esempio della maestrina di Trento. Una storia proseguita più tardi con l’arrivo del focolare, accolto dall’arcivescovo Tom Williams, ora cardinale emerito di Wellington, che tra l’altro aveva conosciuto il carisma dell’unità a Roma, nel 1960, durante le Olimpiadi romane. Per raggiungere poi, in tempi diversi, tutte le principali città della nazione e anche tante zone rurali. È una comunità, quella dei Focolari locali, che appare uno spaccato fedele della società, sia per le diverse età presenti, sia per la composizione “sociologica”con maori e non-maori, ricchi e meno ricchi, immigrati recenti e meno recenti. Bill Murray è un elder, cioè un anziano della sua tribù, Ngati Apa. Con decisione afferma: «Dopo aver conosciuto il focolare ho cambiato non poco la mia vita e il mio modo di essere elder. L’amore di Gesù ormai è parte integrante del mio modo di fare. Ogni mio giudizio o decisione vengono sostenuti dall’amore che ho appreso da Chiara». Riconosce l’importanza dei Focolari per la Nuova Zelanda anche l’attuale arcivescovo di Wellington, mons. John Dew: «Nella secolarizzazione presente lo Spirito ha inviato alcuni carismi per rendere sempre nuovi i messaggi del Vangelo. Qui in Nuova Zelanda vedo che i Focolari hanno capito il popolo e le sue esigenze, e sanno operare con fantasia e coraggio». Alle comunità provenienti dalle città di tutta la Nuova Zelanda, praticamente dall’estremo Nord alle propaggini più meridionali del Paese, si rivolgono Maria Voce e Giancarlo Faletti. «I viaggi che ho fatto mi hanno permesso di conoscere le bellezze di tanti popoli. Figurarsi di voi, che vivete in un Paese così bello e ricco di umanità», ha esordito la presidente, suscitando l’applauso della sala. Anche qui emerge, come già era accaduto in Australia, la forte influenza della secolarizzazione e della multiculturalità. Sono domande esistenziali quelle che vengono poste dai giovani e giovanissimi, sull’esistenza di Dio, sulla salvezza portata da Gesù, sulla libertà che
l’uomo ha di peccare, sulla forza di cambiare sé stessi, su cosa si può fare per chi non ha una casa o un lavoro, sulle gravi piaghe innocenti della follia… Sono i figli delle famiglie cristiane che si pongono tali domande, ad evidenziare una nuova, vasta frontiera di evangelizzazione. Le riposte – «sono un cercare insieme, non affermazioni tutte fatte», precisa Maria Voce – indicano l’amore di Dio come risposta credibile e la via della condivisione, dell’unità, come metodo per riuscire a non fallire sotto al peso di tale domande. Altre domande vertono sulla non-credenza, sulle difficoltà nell’educazione alla fede. Maria Voce e Giancarlo Faletti cercano anche in questo caso di dar coraggio, di suggerire la forza dell’unità come risposta, come luogo dove trovare le risposte adeguate. E invitano tutti, anche chi non crede, a mettersi insieme per dare una testimonianza adeguata ai tempi e alle situazioni. Altra domanda impegnativa: «Dio è irrilevante nella vita della maggioranza della gente. Tendiamo perciò a non parlare di Dio. Sappiamo che per prima cosa bisogna amare i nostri prossimi, ma basta? Bisogna anche parlare?». Risponde Giancarlo Faletti: «Dobbiamo vedere Gesù in ognuno e quindi ognuno va amato come se parlassimo con Gesù. Questa è la base. Dopo che l’abbiamo fatto, sentiremo la necessità di parlare ad ognuno nel modo più adeguato per lui». Ma c’è di più: «Dobbiamo saper scegliere i comportamenti giusti, non facendo certe cose o addirittura lasciando certe situazioni. Poi bisogna in qualche modo spiegarsi. Dobbiamo vedere nella nostra vita un annuncio di Gesù e dell’amore di Dio». «Vedo nel Movimento, in qualche modo, la Chiesa così come dovrebbe essere. Come far sì, allora, che tutti sperimentino Gesù in mezzo (Mt 18,20)?», chiede un’aderente del Movimento. E Maria Voce: «Giovanni Paolo II ha detto qualcosa di simile: “Vedo in voi la Chiesa postconciliare”. Come far sì, allora, che tutta l’umanità esperimenti la presenza di Gesù in mezzo? Non sappiamo quando, ma accadrà, perché Gesù lo vuole avendo chiesto al Padre l’unità (Gv, 17,21). Ma ci chiede di aiutarlo a realizzare questo sogno. La nostra parte è quella di stabilire in mezzo all’umanità dei piccoli fuochi, di persone unite nel nome di Gesù. Magari solo due, ma insieme: in una scuola, in un ospedale, in un band, anche in un campo di cricket. Due persone sole, un piccolo fuoco. Ma tanti piccoli fuochi ad un certo punto si collegheranno con gli altri fuochi. E il fuoco diventerà sempre più grande, anche se non sappiamo molto spesso dove il fuoco ha già attaccato. È certo che Dio sta lavorando. E allora cooperiamo anche noi con lui, accendendo e tenendo accesi questi piccoli fuochi». Quest’oggi Wellington è il centro del “popolo nato dal Vangelo”, e non più l’ultimo confine della Terra. di Michele Zanzucchi, inviato (altro…)
Feb 1, 2013 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Nuove prospettive per il pensiero giuridico e piste concrete di applicazione già sperimentate: è quanto ha offerto la tre giorni, conclusa alla Mariapoli Ginetta (Vargem Grande, nei pressi di San Paolo), che dal 25 al 27 gennaio ha radunato 180 avvocati, giudici, pubblici ministeri giudici, pubblici ministeri, difensori pubblici, ufficiali giudiziari, operatori della pubblica amministrazione e docenti, provenienti da tutto il Brasile. Le numerose esperienze raccontate avvalorano e confermano gli effetti della fraternità ed il suo potenziale: il progetto “di adozione del cittadino detenuto”, realizzato in Pernambuco nell’ambito del diritto penale, col quale professori e studenti sostengono e accompagnano i detenuti in difficoltà economica; il progetto per l’applicazione di misure penali alternative per i reati ambientali in Amazzonia, attraverso lavori in favore dell’ambiente, che ha come effetto una mancanza di recidiva; o ancora il lavoro del nucleo di ricerca di Diritto e Fraternità del Centro di scienze giuridiche dell’Università Federale di Santa Catarina per la formazione degli operatori del diritto; la promozione della soluzione pacifica dei conflitti attraverso il dialogo e la conciliazione. Sono stati affrontati anche il tema della mediazione famigliare, e della tutela delle parti più deboli attraverso l’interpretazione della legge.
Nei lavori del Congresso hanno trovato uno spazio i numerosi studenti, che hanno potuto esprimere preoccupazioni, domande e scoperte, raccontare esperienze e, soprattutto, fare presenti le loro aspettative per una formazione umana e giuridica che abbia orizzonti di fraternità. In apertura, un messaggio di Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, avvocato e tra i primi sostenitori di Comunione e Diritto, espressione del dialogo dei Focolari con la cultura giuridica. In esso Maria Voce, dopo aver ricordato come «nell’amore verso l’altro si rispetta ogni legge, la si interpreta e la si applica secondo giustizia», propone – dopo decenni in cui si è sottolineata la tutela dei diritti individuali, «via all’uguaglianza» – una rivalutazione dei doveri, «senza il rispetto dei quali vengono meno i corretti rapporti. I doveri ci richiamano alla responsabilità verso l’altro come singoli e come comunità, contribuendo così a mantenere e a consolidare i legami nella società». In questa fase di cambiamento e crisi, la fraternità, assunta a categoria giuridica, si è mostrata attraverso i lavori del convegno, come una lente che fa vedere e attuare “il nuovo”. “Fraternità” significa “inversione di tendenza”: ricorda alla giustizia il volto di ciascuno, fa uscire da un diritto soggettivo individuale e lo apre alla visione dell’umanità come un “noi”. Fa del Diritto non una mera produzione di norme, ma uno strumento per sanare relazioni spezzate. Una proposta «di grande interesse, di enorme importanza sociale, cruciale per la società, per la cultura e la civiltà» come ha detto il Card. Odilo Schrerer, arcivescovo di San Paolo intervenuto il 26 pomeriggio. «È stato individuato un filone d’oro – ha ancora detto il cardinale – occorre continuare a scavare per offrire questo oro a tutti».
Si ritorna ai propri paesi di origine con la missione di moltiplicare l’esperienza vissuta, gli impegni presi lo dimostrano: sono previsti prossimi congressi nelle Università di Santa Catarina e di Marilia (SP), nel Tribunale di Brasilia e di Sergipe, nelle città di Curitiba, Belo Horizonte, Manaus, e anche la formazione di gruppi per incontri periodici per approfondire i temi e scambi su studi e prassi. Per saperne di più: www.comunionediritto.org (altro…)
Gen 31, 2013 | Centro internazionale, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Sono il 26 per cento della popolazione, i cattolici in Australia. Compongono comunque la Chiesa più diffusa del mondo cristiano, che raggruppa più o meno la metà della presenza umana nel Paese più multiculturale del mondo. La conferenza episcopale è composta da 42 vescovi, guidata oggi dall’arcivescovo di Melbourne, Denis James Hart.
È indiscutibile come la Chiesa australiana stia attraversando un momento di grandi sfide: la crescente secolarizzazione («un vero challenge per la coscienza civile e religiosa del Paese», come dice il Vescovo Peter Elliott, ausiliare di Melbourne); il fenomeno migratorio che porta fedeli di altre religioni anche in Australia («la nostra Chiesa è più di ogni altra in cammino, perché è composta in massima parte da immigrati», dice il responsabile della pastorale per i migranti, padre Maurizio Pettena); le accuse rivolte alla Chiesa cattolica sugli abusi sessuali verso i minori («che ha tolto molta credibilità alla parola dei nostri pastori», come conferma Bob Dixon, responsabile del centro studi per la pastorale della Conferenza dei vescovi australiani); per l’insegnamento dell’etica sessuale che in particolare i giovani in gran parte non condividono («anche se c’è una forte sensibilità, anche nei non cattolici, per il pensiero cristiano sul corpo», spiega Matthew MacDonald, executive officer per l’ufficio dell’arcidiocesi di Melbourne per vita, matrimonio e famiglia)… In uno dei luoghi-simbolo della Chiesa locale, il Thomas Carr Center, accanto alla cattedrale neogotica di Melbourne, sono stati invitati alcuni vescovi amici del Movimento. Movimento assai apprezzato dai vescovi per la sua “marianità”, come mi spiega il vescovo di Sale, mons. Christofer Prowse, grazie alla conoscenza avuta nelle diocesi, ma anche nell’attuale meeting annuale dei vescovi australiani coi Movimenti ecclesiali. Mons. Prowse è colui che ha organizzato l’incontro. Racconta della sua conoscenza dei Focolari, ancora era seminarista, quando aveva apprezzato lo Spirito Santo che operava in Chiara Lubich: scherzosamente, ma non troppo, sostiene di essere stato colpito anche dalla «bellezza immacolata dei suoi capelli». Il fatto è che «qualcuno mi metteva la “Parola di Vita” sotto la porta… Poi ho conosciuto il Movimento e ho potuto apprezzarlo, anche per il carattere conciliare della sua presenza ecclesiale. I Focolari, senza mai imporre le loro intuizioni, mettono in atto una grande accoglienza, nel dialogo e dell’amicizia che conquistano i cuori». E conclude: «Ho fatto una straordinaria esperienza alla Mariapoli di Phillip Island, che mi ha molto aiutato e rafforzato nella fede. Lo Spirito Santo lavora dolcemente ma fermamente nel Movimento». In tutto sono presenti una dozzina di vescovi e sacerdoti, più alcune autorità del mondo cattolico, diversamente impegnati nelle diocesi, tra cui il vescovo anglicano Phillip Huggins, che dal 1990 conosce i Focolari, coi quali ha collaborato fattivamente per la Wcrp. L’arcivescovo di Bangkok, moderatore dei vescovi amici del Movimento, mons. Francesco Kriengsak, ha inviato un suo messaggio, sottolineando come «il carisma dell’unità sia un grande aiuto nel portare avanti la nuova evangelizzazione».
In un clima molto familiare, semplice come gli australiani sanno creare, il vescovo Prowse presenta Maria Voce con molto calore, in particolare per l’incontro avuto con lei all’ultimo sinodo di vescovi. La presidente che presenta quindi il pensiero del Movimento sulla nuova evangelizzazione a partire dalla recente esperienza come uditrice al Sinodo. Manifesta l’impegno a portare fuori dal Vaticano l’esperienza di Chiesa che è stata fatta al sinodo e che i documenti non possono certo raccontare pienamente. Un’esperienza in primo luogo di conversione: «La Chiesa ne è uscita più povera di gloria e di onori, dopo un periodo di umiliazioni, ma più ricca di Dio e quindi più potente. Il sinodo ha messo in luce in particolare le parole evangeliche che riguardano l’amore». E, a proposito del desiderio dei padri sinodali di portare il Vangelo fuori dalle chiese, ha detto: «Mi sembra che sia realizzato in tante parti del mondo anche dalle comunità del Movimento, soprattutto per la presenza di Gesù in mezzo ai suoi». Nel corso del dialogo, Mons. Elliott dice come la spiritualità dell’unità lo abbia molto aiutato, soprattutto all’inizio del suo ministero, e invita Maria Voce a parlare di Gesù abbandonato e di Gesù in mezzo. «Se non si sceglie Gesù abbandonato non si può avere Gesù in mezzo. Ma quando Gesù si rende presente, la gioia arriva e prende dimora tra i suoi amici», precisa la presidente. Un’altra domanda verte sull’esperienza della presidente ad Istanbul, «dove ho sperimentato l’accoglienza reciproca possibile coi musulmani». Poi si parla anche della diffusione attuale del Movimento, delle sue nuove frontiere dopo la morte della fondatrice. Infine, il copresidente Giancarlo Faletti, da parte sua, porta una riflessione sulla proposta che il Movimento offre ai sacerdoti e ai vescovi. di Michele Zanzucchi, inviato (altro…)
Gen 30, 2013 | Centro internazionale, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Terra di nuova evangelizzazione, l’Australia? Non pochi lo credono, per diversi motivi: l’eccezionale multiculturalità del Paese, che continua con gli ultimi flussi d’immigrazione provenienti in particolare dai Paesi asiatici; la crisi della Chiesa cattolica, dovuta in primis ai recenti scandali sugli abusi sessuali sui minori; la straordinaria forza di persuasione del consumismo; la presenza di tanti giovani provenienti dal mondo intero, non solo figli delle famiglie locali; i numerosissimi matrimoni misti; la sfida ecumenica e quella interreligiosa… E si potrebbe continuare, senza lasciare perciò alcun dubbio sulla necessità, anche in queste terre, di un’evangelizzazione che sia al contempo e prima di tutto rievangelizzazione della propria vita cristiana. In occasione della visita in Oceania della presidente dei Focolari, Maria Voce, e del copresidente, Giancarlo Faletti, la comunità locale ha voluto interrogarsi pubblicamente sulle nuove frontiere dell’evangelizzazione in Australia, dando il proprio contributo. Innanzitutto offrendo “buone pratiche”: piccole-grandi testimonianze di vita ecclesiale, di lavoro negli uffici pubblici, di licenziamento, di impegno negli ospedali, di rifiuto del clientelismo, di insegnamento pur in condizioni sfavorevoli, nella vita di coppia e di famiglia… Semplice Vangelo vissuto, in una società dal carattere competitivo assai spinto, in cui spesso l’individualismo vince sull’altruismo e l’interesse corporativo sul bene comune.
Alla presenza di docenti e giornalisti, esponenti religiosi e professionisti, Maria Voce è intervenuta sottolineando i capisaldi dell’evangelizzazione “alla focolarina”: vivere il Vangelo, rievangelizzarsi costantemente, comunicarsi reciprocamente quanto tale vita evangelica provoca nella propria vita, trovare momenti più lunghi in cui sperimentare assieme la potenza dell’amore di Dio. Così facendo si riesce alla fine ad incidere anche in profondità in ambienti che a priori possono sembrare poco permeabili al Vangelo, dai parlamenti alle fabbriche, dai campi sportivi ai patronati. Un’evangelizzazione che esce dalle chiese, quindi. Un esempio convincente è stato quello proposto da Giancarlo Faletti sul caso di Roma, dove per iniziativa di Chiara Lubich, già nel 2000, dopo aver ricevuto la cittadinanza onoraria, venne avviata un’azione – denominata RomaAmor –, per una rivitalizzazione della vita urbana.
Non ha nascosto, Maria Voce, la paura che ha colto il movimento nel momento della morte della sua fondatrice. Ma i frutti dell’evangelizzazione, che non è altro quindi che Vangelo vissuto, hanno ben presto scacciato la paura, mostrando come lo spirito focolarino abbia ancora molto da dare alle società di oggi. Come ha potuto notare al recente sinodo sulla nuova evangelizzazione, in cui partecipava come uditrice, in cui numerosi vescovi le comunicavano loro stessi i frutti evangelici portati dal movimento. Tra i presenti, il prof. James Bowler, geologo, noto in Australia e nel mondo per aver scoperto i resti del più vecchio uomo e della più vecchia donna del continente, noti comeMungo lady e Mungo man. Sorpreso dall’ampia partecipazione, commenta: «Momento di grande spiritualità e di apertura. Il riconoscimento dell’altro è la giusta via per una vita sociale giusta e coerente». Mentre la professoressa Anne Hunt, decano della facoltà di teologia dell’Università cattolica di Melbourne, ha sottolineato «l’importanza per la nuova evangelizzazione della presenza di nuovi movimenti, che possono aprire orizzonti originali per la fede e per la Chiesa cattolica in campi altrimenti disertati, in particolare nelle professioni e nei media». Di Michele Zanzucchi Fonte: Città Nuova (altro…)
Gen 29, 2013 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
Se c’è una caratteristica indiscutibile dei giovani australiani, questa è la spontaneità. Quella stessa che porta i rappresentanti delle nuove generazioni presenti al meeting dei Focolari di Melbourne, in occasione della visita di Maria Voce e Giancarlo Faletti, ad accogliere i due ospiti in un cerchio danzante ai ritmi della loro musica. Due sedie poste sulla moquette, al centro di un’immaginaria circonferenza, e basta, voglia di muoversi e, soprattutto di comunicare. In T-shirt o in canottiera (nonostante il freddo “estivo”), neri o coloratissimi, con i tagli più originali, piercing, tatuaggi e piedi nudi. E poi il racconto delle loro vicende, belle e meno belle, la ricerca della felicità e di una vita vivibile, tra amicizie che deludono e altre che riempiono il cuore. E allo stesso modo si rivolgono agli ospiti con le loro domande sincere e impegnative: sul significato del dolore, sulla necessità di non perdere il contatto con coloro che cercano di vivere nello stesso spirito, sulla diversità di vedute con gli adulti. Una domanda sembra trasparire al di sotto di tutte le domande: come riuscire ad ascoltare la voce di Gesù? Spiega Maria Voce: «Non so quello che Gesù vi dice, ma vi posso assicurare che ascoltare la sua voce è la cosa più intelligente che potete fare». Applausi. «Gesù – continua – vuole grandi cose per noi. Nella creazione, Dio ha detto una Parola e ha creato te. Potrebbe farlo anche ora, ma ha voluto scendere con suo Figlio sulla Terra perché tutti collaborino con Lui. Ed è così che
Gesù parla con ognuno. Ma la sua voce è sottile e tanti rumori la coprono, ci distruggono e ci lasciano inerti». Ed ecco la via giusta: «Se noi amiamo, ecco che l’amore diventa l’altoparlante di questa voce. Quanto più amiamo, tanto più chiaramente sentiamo la sua voce. Magari sembrerà una voce che chiede cose troppo grandi, ma dobbiamo avere il coraggio, e lui stesso ci aiuterà a compiere quanto ci chiede. E alla fine la nostra vita sarà meravigliosa». Ad un ragazzo che le chiede ancora cosa pensi quando incontra dei giovani in giro per il mondo, risponde che si sente realmente confortata, perché «dovunque ci sono giovani che vivono lo stesso ideale di Chiara Lubich, anche se non hanno ancora manifestato appieno le loro potenzialità, hanno comunque quella forza, quella speranza e quella vita che prima o poi scoppierà». E conclude: «Perciò, felice Australia, felice Nuova Zelanda, felici isole del Pacifico! E come far scoppiare queste potenzialità? By loving, amando farete cose grandi. E noi vi verremo dietro!». di Michele Zanzucchi, inviato (altro…)