Movimento dei Focolari
Impegno per la pace

Impegno per la pace

Pace, accoglienza, coraggio, giustizia, dialogo, speranza, solidarietà, insieme, fraternità, unità: parole che esprimono il nostro impegno planetario, forte, concreto che inizia da piccoli gesti quotidiani, affinché tacciano le armi e cessino tutti i conflitti, in ogni angolo del mondo.  

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Foto: © artistlike-Pixabay

Chiara Lubich: Una cultura di pace per l’unità dei popoli

Chiara Lubich: Una cultura di pace per l’unità dei popoli

[…] Essere convinti che, perché sia realtà la civiltà dell’amore, bisogna far irrompere nel mondo una corrente d’amore che lo invada; senza di essa ogni cosa rimane a livello di sogno, è segnata già dalla fine. […] L’amore. Insegnare ad amare. Ma sa veramente amare chi sa d’essere sinceramente amato. È una costatazione umana questa, ma che non vale meno nel campo soprannaturale.
Sapere d’essere amati. Da chi? Da Colui che è l’Amore. Bisogna aprire gli occhi a più nostri fratelli possibile affinché vedano, scoprano quale fortuna essi possiedono, spesso senza saperlo. Non sono soli su questa terra. C’è l’Amore; hanno un Padre che non abbandona i figli al loro destino, ma li vuol accompagnare, custodire, aiutare. È un Padre che non carica pesi troppo gravosi sulle spalle altrui, ma è il primo a portarli. Nel caso nostro: che non lascia alla sola iniziativa degli uomini il rinnovamento della società, ma è il primo che se ne prende cura. Bisogna che gli uomini sappiano questo e ricorrano a lui consci che nulla gli è impossibile.
Credere dunque d’essere amati da Dio per poter lanciarsi con maggior fede nell’avventura dell’amore e lavorare insieme a lui alla Nuova Umanità.
Poi mettere al centro dei nostri interessi l’uomo e condividere con lui sventure e successi, beni spirituali e materiali. E, per bene amare, non vedere nelle difficoltà e storture e sofferenze del mondo solo mali sociali cui portare rimedio, ma scorgere in esse il volto di Cristo, che non disdegna di nascondersi sotto ogni miseria umana. È lui la molla che fa scattare le migliori energie del nostro essere – specie di noi cristiani – in favore dell’uomo.
E giacché l’amore di cui parliamo non è certo solo filantropia, né solo amicizia, né pura solidarietà umana, ma soprattutto è dono che viene dall’Alto, mettersi nella migliore disposizione per acquisirlo, nutrirsi e vivere della Parola di Dio. […]
E ognuno nel suo piccolo o grande mondo quotidiano, in famiglia, in ufficio, in fabbrica, nel sindacato, nel vivo dei problemi locali e generali, nelle istituzioni pubbliche della città o di più ampie dimensioni, fino all’O.N.U., sia veramente costruttore di pace, testimone dell’amore, fattore di unità.

Chiara Lubich
Foto: © Genfest 2024 – CSC Audiovisivi

A che serve la guerra?

A che serve la guerra?

La pace è il risultato di un progetto: un progetto di fraternità fra i popoli, di solidarietà con i più deboli, di rispetto reciproco. Così si costruisce un mondo più giusto, così si accantona la guerra come pratica barbara appartenente alla fase oscura della storia del genere umano. Tanti anni sono passati dalla prima pubblicazione di questo scritto, che risulta ancora oggi molto attuale, in un momento in cui il mondo è dilaniato da conflitti efferati. La storia, ci dice Giordani, potrebbe insegnarci molto…

La guerra è un omicidio in grande, rivestito di una specie di culto sacro, come lo era il sacrificio dei primogeniti al dio Baal: e ciò a motivo del terrore che incute, della retorica onde si veste e degli interessi che implica. Quando l’umanità sarà progredita spiritualmente, la guerra verrà catalogata accanto ai riti cruenti, alle superstizioni della stregoneria e ai fenomeni di barbarie.

Essa sta all’umanità, come la malattia alla salute, come il peccato all’anima: è distruzione e scempio e investe anima e corpo, i singoli e la collettività.

Secondo Einstein, l’uomo avrebbe bisogno di odiare e distruggere: e la guerra lo soddisferebbe. Ma non è così: i più degli uomini, interi popoli, non mostrano questo bisogno. Comunque lo reprimono. Ragione e religione poi lo condannano.

“Tutte le cose appetiscono la pace”, secondo san Tommaso. Difatti tutte appetiscono la vita. Solo i matti e gl’incurabili possono desiderar la morte. E morte è la guerra. Essa non è voluta dal popolo; è voluta da minoranze alle quali la violenza fisica serve per assicurarsi vantaggi economici o, anche, per soddisfare passioni deteriori. Soprattutto oggi, con il costo, i morti e le rovine, la guerra si manifesta una “inutile strage”. Strage, e per di più inutile. Una vittoria sulla vita, e che sta divenendo un suicidio dell’umanità.

[…] L’ingegno umano, destinato a ben altri scopi, ha escogitato e introdotto oggi strumenti di guerra di tale potenza da destare orrore nell’animo di qualunque persona onesta, soprattutto perché non colpiscono soltanto gli eserciti, ma spesso travolgono ancora i privati cittadini, i fanciulli, le donne, i vecchi, i malati, e insieme, gli edifici sacri e i più insigni monumenti di arte! Chi non inorridisce al pensiero che nuovi cimiteri si aggiungeranno a quelli tanto numerosi del recente conflitto e nuove fumanti rovine di borghi e città accumuleranno altri tristissimi ruderi? Chi finalmente non trema pensando come la distruzione di nuove ricchezze, conseguenza inevitabile della guerra, possa aggravare ulteriormente quella crisi economica, da cui sono travagliati quasi tutti i popoli, e specialmente le classi più umili?” [1]. […]

L’inutilità fu ribadita da Pio XII nel 1951: “Tutti hanno manifestato con la medesima energica chiarezza il loro orrore della guerra, e la loro convinzione che questa non è, e ora meno che mai, un mezzo proprio a dirimere i conflitti e a ristabilire la giustizia. A questo possono riuscire solo delle intese liberamente e lealmente consentite. Che se potesse esser questione di guerre popolari – nel senso che esse rispondono ai voti e alla volontà delle popolazioni –, ciò non sarebbe mai se non nel caso d’una ingiustizia così flagrante e così distruttiva dei beni essenziali di un popolo da rivoltare la coscienza di tutta una nazione” [2].

Come la peste serve ad appestare, la fame ad affamare, così la guerra serve ad ammazzare: per giunta, distrugge i mezzi della vita. È una industria funeraria: una fabbrica di rovine.

Solo un folle può sperare di dedurre beneficio da una strage: salute da uno svenamento, energia da una polmonite. Il male produce male, come la palma produce il dattero. E la realtà mostra, anche in questo campo, l’inconsistenza pratica del machiavellico aforisma secondo cui “il fine giustifica i mezzi”.

Il fine può essere la giustizia, la libertà, l’onore, il pane: ma i mezzi producono tale distruzione di pane, d’onore, di libertà e di giustizia, oltre che di vite umane, tra cui quelle di donne, bambini, vecchi, innocenti d’ogni sorta, che annullano tragicamente il fine stesso propostosi.

In sostanza, la guerra non serve a niente, all’infuori di distruggere vite e ricchezze.

Igino Giordani, L’inutilità della Guerra, Città Nuova, Roma, 2003, (terza edizione), p. 3
da https://iginogiordani.info/

Fotos: © Pixabay y CSC Audiovisivi

[1] Pio XII, “Mirabile illud”, 1950.
[2] Allocuzione al Corpo diplomatico, 1-1-1951.

7 ottobre 2024: giornata di preghiera e digiuno per implorare la pace nel mondo

7 ottobre 2024: giornata di preghiera e digiuno per implorare la pace nel mondo

Nel crescendo di tensioni nella polveriera mediorientale, tra le bombe e i missili che continuano a piombare nella “martoriata” Ucraina, in mezzo ai tanti piccoli e grandi conflitti che lacerano e affamano i popoli dell’Africa, mentre insomma “i venti della guerra e i fuochi della violenza continuano a sconvolgere interi popoli e nazioni”, Papa Francesco chiama alle “armi” del digiuno e della preghiera – quelle che la Chiesa indica come potenti – milioni di credenti di tutti i continenti per implorare da Dio il dono della pace in un mondo sull’orlo dell’abisso.

Come già aveva fatto per i conflitti in Siria, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, Libano, Afghanistan, Ucraina e Terra Santa dal 2013 al 2023, Papa Francesco ha indetto una nuova giornata di orazione e astensione dai cibi per invocare il dono della pace per lunedì 7 ottobre 2024 annunciando anche una sua visita, domenica 6 ottobre 2024, nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma per recitare il Rosario e pregare la Madonna, chiedendo la partecipazione di tutti membri del Sinodo.

“Non possiamo che richiamare ancora una volta i governanti e quanti hanno la grave responsabilità delle decisioni – ha scritto il Card. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini in una lettera alla sua Diocesi aderendo all’appello del Papa – ad un impegno per la giustizia e per il rispetto del diritto di ciascuno alla libertà, alla dignità e alla pace”. Il Patriarca ha ribadito poi l’importanza dell’impegno di ognuno per costruire la pace nel proprio cuore e nei contesti comunitari, sostenendo “chi è nel bisogno, aiutando chi si sta spendendo per alleviare le sofferenze di quanti sono colpiti da questa guerra e promuovere ogni azione di pace, di riconciliazione e di incontro. Ma abbiamo anche bisogno di pregare, di portare a Dio il nostro dolore e il nostro desiderio di pace. Abbiamo bisogno di convertirci, di fare penitenza, di implorare perdono”.

A cura di Carlos Mana
Fonte: vaticannews.va

Foto: © Pixabay

Non diamoci pace finché non realizzeremo la pace!

Non diamoci pace finché non realizzeremo la pace!

Abbiamo appena ascoltato storie di pace espresse nelle sfumature più varie: canzoni, preghiere, esperienze, progetti concreti.

Tutto questo rafforza in noila fiducia e la speranza che è possibile essere costruttori di pace. Papa Francesco dice che bisogna essere ogni giorno “artigiani di pace”. E per fare questo occorre costanza e pazienza per poter guardare con amore tutti i fratelli e le sorelle che incontriamo sul nostro cammino.

Da questo Genfest abbiamo imparato che la pace inizia da me con piccoli gesti di cura per le persone, per i nostri popoli e per il creato.

Da dove possiamo incominciare allora?

L’abbiamo detto varie volte in questi giorni: abbattendo tutte le barriere che ci dividono, per vivere per la fraternità. E questo possiamo farlo:

  • scoprendo che la nostra comune umanità è più importante di tutte le nostre differenze;
  • poi essendo pronti a perdonare e a fare gesti di riconciliazione. Perché perdonare significa dire all’altro: “Tu vali molto di più delle tue azioni”.

E come abbiamo fatto nella prima fase del Genfest, continuiamo, anche quando torneremo a casa, ad essere artigiani di pace nelle nostre relazioni, facendo il primo passo verso gli altri. Sarà l’amore ad ispirarci cosa fare, da chi andare.  

Perdoniamo senza aspettare che sia l’altro a chiedere perdono.

Che questo Genfest sia il momento del nostro SI’ ALLA PACE.

Non dobbiamo sentirci mai più soli: in questi giorni abbiamo visto e certamente abbiamo sperimentato la forza dell’“insieme”, Juntos

Uniamoci a tutti quelli che vivono e lavorano per la pace. Le communities che andremo a costruire nella Fase tre sono già una via possibile.

Aprite gli occhi a visioni di pace!
Parlate un linguaggio di pace!
Fate gesti di pace!
Perché la pratica della pace porta alla pace.
La pace si rivela e si offre a coloro che realizzano,
giorno dopo giorno,
tutte quelle forme di pace di cui sono capaci.(*)

Aprire, parlare e agire.

Allora: non diamoci pace finché non realizzeremo la pace!

Margaret Karram

(*) Poesia di Giovanni Paolo II