Giu 15, 2015 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Link per la diretta: http://live.focolare.org
Negli ultimi anni viveva lontano dai riflettori, nel suo focolare a Rocca di Papa, insieme ad altri primi focolarini, compagni di viaggio di sempre: Marco Tecilla, Bruno Venturini, Giorgio Marchetti.

Pasquale Foresi con Chiara Lubich
La sua è una figura molto importante nella storia dei Focolari: aveva appena 20 anni quando, nel 1949, Chiara Lubich gli chiede di condividere la responsabilità del Movimento nascente. Chiara, infatti, ha ravvisato sempre in lui un particolare ruolo nello sviluppo del Movimento dei Focolari: quello dell’incarnazione del carisma dell’unità, e per questo lo considerava, insieme a Igino Giordani, cofondatore del Movimento. Pasquale Foresi era un giovane alla ricerca. Dopo aver sentito la vocazione al sacerdozio, frequentava il seminario di Pistoia e il Collegio Capranica a Roma. Racconta: «Ero contento, soddisfatto della mia scelta. Ad un dato momento però, ho avuto non una crisi di fede, ma un semplice ripensamento. È stato a quel tempo che ho conosciuto il Movimento dei Focolari. Notavo, nelle persone che vi appartenevano, una fede assoluta nella Chiesa cattolica e contemporaneamente una vita evangelica radicale. Ho capito così che quello era il mio posto e ben presto l’idea del sacerdozio è ricomparsa». Sarà il primo focolarino sacerdote. Dopo di lui, altri sentiranno questa particolare chiamata al servizio del Movimento. Pasquale riconosce nei primi passi mossi da Chiara Lubich e il primo gruppo accanto a lei “una polla evangelica sgorgata nella Chiesa”, ed inizia un sodalizio che lo conduce a dare un fondamentale contributo allo sviluppo del Movimento come stretto collaboratore della fondatrice. 
Villa Eletto, Loppiano (Incisa Valdarno – FI)
Riguardo ai principali compiti a lui affidati, scrive lo stesso Foresi: «Perché sacerdote, sono stato incaricato di tenere i primi rapporti con la Santa Sede. Altro mio compito particolare, nel tempo, è stato quello di seguire lo sviluppo del Movimento nel mondo e di collaborare, direttamente con Chiara, alla stesura dei vari Statuti. Ho ancora potuto dar vita e seguire opere concrete, quali il ‘Centro Mariapoli’ per la formazione dei membri a Rocca di Papa, la cittadella di testimonianza a Loppiano, la casa editrice Città Nuova a Roma e altre opere che si vennero poi moltiplicando nel mondo». Ma c’è ancora un aspetto particolare della sua vita accanto a Chiara, che forse rappresenta meglio degli altri il suo particolare apporto allo sviluppo del Movimento. Scrive: «È nella logica delle cose che ogni nuova corrente di spiritualità, ogni grande carisma, abbia dei risvolti culturali a tutti i livelli. Se si guarda la storia si constata come ciò si è sempre avverato, con influssi nell’architettura, nell’arte, nelle strutture ecclesiali e sociali, nei vari settori del pensiero umano e, specialmente, nella teologia». Infatti, egli è intervenuto innumerevoli volte con la parola e con lo scritto a presentare la teologia del carisma di Chiara nella sua dimensione sociale, spirituale, sottolineandone con autorevolezza la novità, sia in ordine alla vita che al pensiero. Dalle sue pagine scaturisce “un acume di analisi, un’ampiezza di vedute e un ottimismo nel futuro, resi possibili dalla sapienza che proviene da una forte e originale esperienza carismatica, oltre che da quegli abissi di luce e di amore, di umiltà e fedeltà, che solo Dio può scavare nella vita di una persona”. (dalla Prefazione di “Colloqui”, domande e risposte sulla spiritualità dell’unità). Il Movimento dei Focolari in tutto il mondo lo ricorda con immensa gratitudine. Comunicato stampa Scheda bibliografica Don Foresi ha raggiunto Chiara (Città Nuova online) Luce che si incarna. Commento ai 12 punti della spiritualità dell’unità, Pasquale Foresi, Città Nuova 2014 L’unità si fa storia. Pasquale Foresi e il Movimento dei Focolari, Armando Droghetti ed., Città Nuova 2015 (altro…)
Giu 12, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Il sole batte forte, ma dobbiamo arrivare al prossimo villaggio. Oggi abbiamo fatto un pezzo della tappa con Grey del Sud Africa, giovane presentatore alla TV. Siamo sorpresi di incontrare gente di tutto il mondo sul sentiero verso Compostela: da Corea, Giappone, Cina, Stati Uniti, Brasile, Canada e, naturalmente, da tutta l’Europa. 30 anni fa passavano da Roncisvalle soltanto 100 persone all’anno. Oggi sono 65.000. Il cammino sembra rispondere ad una esigenza dell’uomo di oggi. Le ragioni per intraprenderlo sono tante ed è interessante condividerle. Peter, tedesco, 35 anni, gestore di un albergo nei dintorni di Monaco si siede al nostro tavolo. Per due anni non è mai andato in ferie, e poi la ragazza l’ha lasciato. Vuole riflettere sulla sua vita. Paul e Celine del Canada fanno il cammino per ringraziare per la loro vita. Tracy dell’Australia segue un sogno: vorrebbe avere una grande storia da raccontare ai figli e ai nipoti. Antonella confida di non saper piangere, vorrebbe conoscersi di più e trovare la sua libertà. Abbiamo intrapreso “El Camino” 19 giorni fa. Bernard e Jean-Paul del Belgio e Ivo, dal Brasile che si era spaventato all’idea di dover fare 740 km. Sembrava troppo. Strada facendo si rende conto che le gambe e i piedi vanno bene, e giorno dopo giorno prende più coraggio. Jean-Paul, medico e sposato, da un mese in pensione, si ferma spesso e ci spiega le piante lungo il sentiero. Ci fa sentire i profumi della natura ricca di varietà. Rimaniamo stupiti dalla bellezza dei fiori, delle chiese, come a Burgos e a Leon, ma anche nei piccoli villaggi. Spesso ci giriamo per guardare il panorama a 360 gradi. La mattina facciamo un patto tra di noi, per aiutarci nei momenti difficili. Il cammino ci fa toccare, infatti, i nostri limiti: dolori, stanchezza, sete, fame … e può farci dimenticare facilmente il prossimo. Ivo porta tanta vitalità nel nostro piccolo gruppo e altri sono contenti di fare un po’ di chilometri con noi. Vengono fuori domande, gioie e anche difficoltà. Una sera un sacerdote ci racconta il significato di Compostela: campo di stella. Anche noi dobbiamo seguire la nostra stella ed essere stella (luce) l’uno per l’altro. Ogni giorno tocchiamo tanti cuori, ma anche gli altri ci toccano.
Cerchiamo di aprire la porta a Dio, perché abbiamo l’impressione che Lui sia presente tra di noi, attraverso l’amore evangelico. Dividiamo la cena con altri e preghiamo insieme. Nicole dell’Australia è felice di trovare persone che vogliano recitare la preghiera del Rosario con lei. Risponde in latino, Jean-Paul in francese e noi in italiano. Dopo Nicole si mette a cantare in tagalo (lingua Filippina) e Ivo in portoghese. Lei racconta la sua storia: sta per entrare in una comunità religiosa. Un’altra volta Doriano, carabiniere in pensione, ci segue a 10 metri. Ci dice che ha pregato insieme a noi. È un’esperienza nuova nella sua vita. Alcune suore di clausura pregano per noi e per tutti i pellegrini, è la loro vocazione. Tanti ci chiedono come mai parliamo italiano. Raccontiamo la nostra storia, la storia di Chiara Lubich e del Movimento dei Focolari. Parliamo ad altri del Vangelo, di vocazione, del cammino della vita. “El camino” è un’esperienza diversa per ciascuno. Siamo curiosi di sapere che cosa succederà quando arriveremo ai piedi di San Giacomo a Compostela. Sarà una sorpresa, come sarà anche quando ci troveremo alla fine del cammino della vita. Sarà una gioia averlo percorso, aver incrociato tante persone che portiamo ormai nel nostro cuore. Ci salutiamo con il ‘buen camino’. Chissà quando ci ritroveremo». Bernard, Jean-Paul, Ivo (altro…)
Mag 29, 2015 | Focolari nel Mondo, Senza categoria
«Frequento, quando posso, il circolo dei pensionati del mio quartiere. Ho notato che alcuni soggetti sono evitati dalle “persone perbene” perché trasandati, alcolisti, un po’ barboni, trascorrono il tempo in compagnia del bicchiere e nessuno li coinvolge nel gioco e nella conversazione. Ho cominciato, allora, ad imparare il gioco delle carte e delle bocce, per stare con loro senza pregiudizi. All’inizio ho dovuto subire frequenti rimproveri. Mi sono comunque sforzato di esprimere loro simpatia, disponibilità, anche ad accettare il loro linguaggio e il metodo sgangherato di gioco. Un giorno, Giulio, il più barbone da tutti evitato, è stato ricoverato per crisi di alcolismo, nessuno sapeva in quale ospedale. Ho fatto delle ricerche e diverse telefonate. Per via della privacy non riuscivo ad avere notizie. Alla fine ho interpellato i vigili urbani che lo hanno poi rintracciato. Mi sono preso cura di lui. Il medico mi ha informato, come fossi un familiare, delle sue condizioni. L’ho poi riportato a casa, procurandogli le medicine e pacchi di alimenti. Silvio, un altro alcolista al quale era stata ritirata la patente, rischiava di perdere il posto di lavoro. Mi sono adoperato per aiutarlo a riaverla. Ora è uscito dalla dipendenza e anzi è diventato animatore di un gruppo di alcolisti anonimi. Ulisse, era un accanito giocatore e si vantava di essere ateo e “mangiapreti”. Per due anni ho incassato le sue espressioni un po’ aggressive. Ad un certo punto si è ammalato di tumore ma, orgoglioso come era, non accettava aiuto da nessuno. Un giorno mi ha chiesto di accompagnarlo a casa. Questa sua inattesa richiesta è stata per me la risposta di avere fatto breccia nel suo animo e di avergli comunicato qualcosa della mia fede. Gianni, il più giovane di tutti, 50 anni, un gigante di statura, una vita disordinatissima. Per il suo stile di vita era giudicato l’ultimo nella classifica di buona condotta. Gli sono stato vicino fino alla fine della sua vita. I familiari erano sorpresi; anche lui alcuni giorni prima di morire mi ha stretto la sua mano da gigante esprimendomi gratitudine e stima. Guido è sordomuto, il più isolato di tutti perché il dialogo con lui è impegnativo. Siamo diventati amici ed ora è il mio compagno di briscola. Un giorno Giulio, il barbone, estrae dalla tasca una foto di Padre Pio e, davanti a tutti i presenti, mi dice: “Tu per me sei Padre Pio”. Da quel giorno in poi tutti al circolo mi hanno chiamato con questo nome e, per quanto non mi risultasse tanto simpatico, non ho potuto evitare questo strano battesimo. Abitualmente questi miei amici mi aspettano con gioia e spesso mi trovo a giocare con l’amico sordomuto contro i due alcolisti. Siamo diventati la squadra più conosciuta del circolo e anche la più rumorosa! Prima di andare al circolo faccio una visita nella chiesa vicina, cosa che non è sfuggita al gruppo, per avere da Lui la forza e la linea giusta per amare questi miei amici di periferia». (altro…)
Mag 12, 2015 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

Chiara Lubich, Gabri Fallacara, Frère Roger Schutz (1978).
Il 12 Maggio ricorre il centenario della nascita di Frère Roger Schutz, fondatore della Comunità di Taizé. Quando l’hai conosciuto per la prima volta? «Era l’agosto 1974, a Taizé in Borgogna, dove si teneva il Concilio dei Giovani. Chiara Lubich mi aveva invitato a partecipare con alcuni giovani francesi. Ad accogliere i 40.000 partecipanti c’erano tanti cartelloni con su scritto “Silenzio” in varie lingue. Un modo semplice ma diretto per introdurci in uno straordinario clima di preghiera, uno ‘spazio di creatività’ come lo chiamava Frère Roger: niente fumo o alcool, ma preghiera e dialogo fra tutti, libertà e fiducia. C’erano cattolici, protestanti, anglicani, ortodossi, ebrei, agnostici … una composizione che rispecchiava quella dei fratelli che vivevano con Frère Roger, riformato calvinista. Schutz era sempre presente. Con quei suoi lineamenti dolci, miti, che parlavano di Dio, salutava uno per uno. Sentendo che ci mandava Chiara, tenendomi per mano ha detto: «Sono felice di vederla qui, dica a Chiara che la porto nel mio cuore». In un altro momento: «Abbracciate Chiara da parte mia». Nel documento finale c’era la forza e l’impegno di tutti a vivere, senza ritorno, le beatitudini, ed essere “fermento di società senza classi e senza privilegi”. Una spinta a vivere l’insperabile, a vivere la pace, nella concordia». Era la prima volta che il Priore di Taizé conosceva qualcuno del Movimento dei Focolari? «No. Il suo incontro con i Focolari risale agli anni ’50. Di questo ne ha parlato lui stesso nella prefazione al libro “Méditations” di Chiara, stampato a Parigi nel ‘66: “Sono più di dieci anni che ho accolto a Taizé alcuni giovani, ragazze e ragazzi. Li ho ascoltati con tranquillità e più li ascoltavo, più ravvisavo in essi la luce del Cristo. Chi erano quei giovani? I focolarini. E poi, ci siamo rivisti a più riprese, non solo a Taizé ma a Roma, a Firenze, a Milano o ancora altrove, ed è stata sempre la stessa luce del Cristo. Un giorno che ero a Roma, invitai Chiara Lubich, colei che ha fondato questa famiglia spirituale dei focolarini. L’incontro resta memorabile. Ho poi rivisto Chiara spesso, e la trasparenza di questa donna è sempre la stessa pagina di Vangelo aperta. Non dimentico che Chiara è stata scelta tra gli umili, i lavoratori, per confondere i forti, i potenti di questo mondo.So che attraverso donne come Chiara, Dio ci dona un incomparabile strumento di unità per noi, cristiani separati da secoli da un lungo divorzio”». 
Chiara Lubich, Eli Folonari, Frère Roger Schutz
Una testimonianza di stima e rispetto reciproco tra i due movimenti e tra i due fondatori… «Sono parole, quelle della prefazione, che dicono la comprensione di Roger nei confronti di Chiara quale strumento di unità, per quella riconciliazione tra i cristiani di diverse denominazioni che anch’egli tanto agognava. Chiara ha sempre avuto una grande stima per lui, sostenendo la sua opera anche concretamente. Ad esempio, per un anno ha chiesto ad un focolarino di aiutare per l’organizzazione del grande Concilio. Più tardi è sorta la collaborazione per il progetto “Insieme per l’Europa”, cui Roger teneva tanto. La Comunità di Taizé è sempre stata presente alle diverse manifestazioni, e lo sarà anche a quella che si sta preparando a Monaco per il 2016. Per la prima volta Movimenti di varie Chiese si mettevano d’accordo per crescere insieme nella vita del Vangelo. Poiché ognuno annovera tante persone, con questa novità è stato un consegnare alla storia qualcosa di importante, che non passa inosservato». Tu che l’hai conosciuto personalmente, cosa puoi dirci di Frère Roger come figura ecumenica? «Con Frère Roger si è inaugurata una nuova era. Si pregava gli uni per gli altri, si condividevano le difficoltà e le speranze. Roger Schutz ci lascia un messaggio di certezza. Ha cominciato la sua opera raccogliendo profughi e sofferenti, mettendo insieme tanti giovani. Nella sua lunga vita – è morto a 90 anni, una morte speciale come si sa – ha davvero sperimentato l’amore del Padre per l’umanità: è stata trasparenza di questo amore divino. La preghiera era per lui una chiave che consentiva, quasi direi, di aprire il mistero di Dio e Roger aveva il senso divino della preghiera, fuori del tempo. Egli credeva nell’unità fra i cristiani, ci credeva assolutamente. Quindi ha cominciato a realizzare insieme alla gente quello che si poteva fare subito: pregare. L’unità verrà come un dono di Dio». (altro…)