Ago 5, 2018 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«Questa lettera per me è preziosa come le parole scritte da Chiara Lubich: “Io posso immaginare che tutti voi … sentiate il peso che la violenza e il terrorismo siano in intere nazioni. Dei giovani non più grandi di voi, credono di poter cambiare la società con rapimenti, uccisioni e commettendo i crimini più svariati. Senza dubbio loro non hanno trovato ideali più positivi e si sono così lasciati andare in strade estremamente pericolose. Molta gente è spaventata e non può vivere in pace. Cosa possiamo fare? Quale contributo possiamo dare?”. Queste parole riassumono perfettamente quello che sto passando ora. Vorrei condividere quello che sto vivendo e di come io mi senta abbandonato in questo momento; forse un po’ come si è sentito Gesù quando era abbandonato sulla croce. Questo senso di abbandono è qualcosa che ho sperimentato nei quattro centri di detenzione dove sono stato e dove mi sono ritrovato con ragazzi che erano la maggior parte, più giovani di me. All’inizio questi ragazzi mi spaventavano, erano contro di me e volevano perfino ammazzarmi. Ma ho provato ad avvicinarli e mi sono reso conto che quello che a loro mancava era di essere capiti, una mancanza di opportunità e di conseguenza una mancanza d’amore. Non sto cercando di giustificali, ma anche loro hanno bisogno di amore e di aiuto, solo che lo chiedevano richiamando l’attenzione su sé stessi, nel modo sbagliato, ma era l’unico modo che conoscevano. I miei genitori cercano di vivere per un mondo unito e, fin da quando sono piccolo, anche io. È più facile quando fai parte di una comunità in cui si cerca di vivere in questo modo. Mentre per le persone che hanno paura di lasciarsi amare è più difficile, specie quando vedi che questo amore non è corrisposto e si è circondati da ladri e assassini. In ogni modo l’amore sfonda tutti i limiti ed è questa la verità più preziosa, nonostante quello che sto vivendo qua. Ora questi ragazzi vengono nella mia cella per chiedere consigli o aiuto, in particolare quando attraversano un brutto momento; qualcuno vuole persino sapere di più sui Giovani per un Mondo Unito di cui faccio parte, nonostante la mia situazione. Tanti mi domandano come sto, se ho bisogno di qualcosa, qualcuno addirittura mi chiama fratello. Quello che sto vivendo in prigione può diventare un’invasione d’amore che si diffonde pian piano dove regna la violenza. Così come la pioggia leggera che penetra dolcemente nelle profondità della terra…». (altro…)
Lug 29, 2018 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
https://vimeo.com/279278664 (altro…)
Lug 23, 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Immaginate di scoprire nei materiali di scarto la possibilità di una forma nuova, già presente in potenza, di trasformarli in “qualcosa” di bello, utile e prezioso, che prima non esisteva. Poi, coinvolgete in questo processo virtuoso delle persone vulnerabili come, per esempio, le donne che, scontata la loro pena in carcere, fanno fatica a reintegrarsi nella società, a trovare un posto di lavoro e l’indipendenza economica. È questa la mission del “Project Lia”, un’associazione non profit e un’impresa sociale sorta nella città di Indianapolis (USA). «Da noi, queste donne che cercano di reinserirsi nella società, imparano a creare oggetti d’arredo e mobili, in un ambiente di lavoro educante, che è uno spazio di comprensione e rispetto reciproco, dove si trasformano i materiali ma anche le vite delle persone attraverso relazioni basate sulla reciprocità e la fiducia,» spiega Elizabeth Wallin fondatrice e direttore esecutivo di Project Lia «forniamo anche opportunità educative in materia finanziaria, di comunicazione, di etica aziendale, salute e benessere, oltre a promuovere la partecipazione alla vita comunitaria e sociale». Secondo le statistiche pubblicate sul loro sito, estratte da dati del Bureau of Justice, negli ultimi tre decenni e mezzo, la popolazione carceraria femminile degli Stati Uniti è cresciuta di oltre il 700 per cento. Nel 1980, erano 12.144 le donne sotto la giurisdizione statale o federale. Cifra salita a più di 100.000, nel 2015. Se a queste aggiungiamo le detenute nelle strutture carcerarie locali, in libertà sulla parola o agli arresti domiciliari, la somma raggiunge e supera il milione di donne.
«Quando queste persone escono dal carcere», continua Elizabeth Wallin «devono trovarsi un lavoro stabile e una casa, mentre cercano di riallacciare i rapporti con le proprie famiglie. Se a questo si associa lo stigma generato dal carcere e la discriminazione razziale, è molto difficile per loro riuscire a reintegrarsi, escludendo il rischio di recidiva». Per questo, Project Lia ha scelto di dedicare la sua azione alle donne. Aiutando loro, si rafforza indirettamente la famiglia e la comunità perché, secondo importanti studi, queste donne responsabilizzate pensano “comunitario”, reinvestendo il 90% del loro reddito nelle proprie famiglie. A questo punto, viene da chiedersi qual è stata l’idea ispiratrice. «Durante un mio viaggio in Argentina», comincia a raccontare Elizabeth «ho partecipato all’organizzazione di un festival giovanile dal titolo “No Te Detengas” (in italiano: “non ti trattenere”). Un festival che ha riunito oltre 1.000 giovani e che parlava di quelle gabbie in cui spesso ci imprigioniamo per paura, pressioni altrui, situazioni di comodo o pregiudizio. Tornando negli Stati Uniti, mi sono resa conto che lì, le donne uscite di prigione continuavano ad essere “trattenute” da una gabbia più grande e sistematica. Per me, Project Lia è una risposta alla paura, alle pressioni, alle comodità e ai pregiudizi di un sistema di giustizia penale e di una società che, anche dopo aver scontato la pena, continua a “trattenere” gli ex prigionieri, senza offrire possibilità di vera integrazione sociale». Insomma, un progetto inclusivo, che mira a costruire ponti di vera solidarietà sociale. L’unica curiosità che rimane da soddisfare, giunti a questo punto è il nome: perché proprio “Lia”? Elizabeth mi spiega che:«“Lia” è il nome di una donna che ha dedicato tutta la sua vita a costruire ponti tra persone di razze, culture, religioni e background sociali diversi. Il suo nome completo era Lia Brunet, era di Trento e fu una delle prime compagne di Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari». Lia Brunet, nel 1961, raggiunse l’Argentina, dove sorge nel cuore della pampas la cittadella che oggi porta il suo nome. Là dove anche Elizabeth ha potuto sperimentare l’ideale di un mondo unito. Fonte: United World Project (altro…)
Lug 19, 2018 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Ai piedi di due piccole montagne, nel cuore dell’Argentina, La Falda è una cittadina della provincia di Córdoba, situata su un dolce pendio montagnoso, parte di un rinomato circuito turistico nella Valle di Punilla. È qui che abitava, fino a quattro anni fa, la famiglia Bongiovanni: Esteban e Victoria, insieme ai loro due figli. Poi, inaspettata, una svolta e il trasferimento a San Marcos Sierras, poco più a nord. È la risposta, generosa, alla richiesta di andare a vivere all’Hogar Sierra Dorada, una casa di accoglienza per minorenni che sulle loro giovani spalle portano già troppi e gravi problemi. Storie di maltrattamenti, violenza, abbandono, sottoalimentazione. Attualmente il centro ospita 28 ragazzi. «Prima di arrivare a l’Hogar, avevamo una pessima idea delle case di accoglienza per minori, come quelle che si vedono nei film, dove i ragazzi e i bambini vengono picchiati o maltrattati. Invece abbiamo trovato una realtà molto diversa, come una grande famiglia. Ci sforziamo di migliorare la loro situazione e di svuotare dal di dentro la violenza e le condizioni in cui hanno vissuto, in modo che capiscano che la cosa normale, alla loro età, è vivere in pace, giocare e studiare». L’obiettivo della Casa, fondata quasi vent’anni fa da Julio e Patricia Laciar e sostenuta da una fondazione senza scopo di lucro che opera, con vero spirito cristiano, nella provincia di Córdoba , è quello di migliorare le loro condizioni di vita e di aiutarli a reintrodursi nel proprio contesto famigliare o in famiglie adottive. All’inizio Julio e Patricia Laciar non avevano nulla, tranne il desiderio di voler migliorare la situazione di tanti ragazzi. Poco a poco, grazie alla solidarietà di tante persone, questa realtà è cresciuta: oggi la Fondazione Sierra Dorada gestisce quattro Case-Laboratori: San Marcos Sierras (dove vivono Victoria e Esteban), Embalse de Río Tercero, Rumipal e Salsipuedes, oltre a vari programmi di accompagnamento familiare, borse di studio per volontari e numerose altre attività.
Seduti a un tavolo nella sala da pranzo esterna, Victoria e Esteban spiegano: «Tante persone dimostrano una grande solidarietà, specie quando cominciano a coltivare un rapporto con i ragazzi. Ci sono giovani stranieri che intraprendono stage di assistenza sociale, ma anche studenti universitari argentini. Il nostro lavoro inizia con l’accoglienza. Dal momento del loro arrivo, cerchiamo di contenerli, di dare loro amore, come una mamma e un papà. Con l’aiuto di uno staff di psicologi, cerchiamo di dare un ordine alla loro vita. A cominciare dall’uso dello spazzolino per i denti, a lavarsi ogni giorno, a mettersi vestiti puliti, fino ad educarli a essere responsabili dei loro compiti e a scuola». Con un grande sorriso, Victoria sceglie una delle decine di storie che potrebbe raccontare. «Qualche settimana fa siamo andati tutti in un hotel, dove eravamo stati invitati per il fine settimana. Non avevo rifatto il mio letto, pensando: siamo in un hotel. Poi però mi sono accorta che i ragazzi avevano lasciato tutte le loro stanze in perfetto ordine, anche i bagni erano impeccabili. Allora sono tornata di corsa nella mia stanza per rifarmi il letto, perché mi ero resa conto che solo io non l’avevo fatto». «Cerchiamo di vivere bene questa vocazione al servizio. Ma, certamente, non è sempre necessario lasciare tutto, la propria città e la propria casa, e andare a vivere in una casa per bambini. Si può farlo ovunque, con chi ci sta accanto. A partire dalle cose più piccole, come cedere il posto ad una persona anziana sull’autobus, o guidare la macchina senza aggressività. È dai piccoli gesti che cominciano e si diffondono le buone azioni». E conclude Esteban: «Abbiamo capito che Dio non ci abbandonerà mai se facciamo le cose bene, senza aspettarci nulla in cambio, con umiltà e fiducia. E la realtà è che così facendo … funziona». Fonte: United World Project (altro…)
Giu 25, 2018 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
I ragazzi e i giovani di oggi possono diventare la prima generazione che riesce a sradicare la fame nel mondo. Lo dicono i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che il 25 settembre del 2015 i 193 Stati Membri delle Nazioni Unite hanno approvato impegnandosi ad attuarli entro quindici anni (2015-2030). Il secondo, l’“Obiettivo Fame Zero”, è al cuore del programma. E per poter quindi raggiungere questi obiettivi, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha accolto oggi, 22 giugno 2018, nella sede in Roma, 630 giovani ragazze (dai 9 ai 14 anni) del Movimento dei Focolari. Seguivano l’evento in collegamento live streaming, tante e tanti altri loro coetanei sparsi nei cinque continenti, in particolare 400 ragazzi riuniti in congresso a Loppiano in Toscana, la Cittadella internazionale dei Focolari. È la prima volta che le giovani generazioni del Movimento ideato da Chiara Lubich varcano i tornelli della FAO. Una grande emozione non solo per queste ragazze che hanno preso posto nella prestigiosa sala Plenaria, ma anche da parte della FAO. “Sono davvero felice di vedere questa sala piena di donne, di donne giovani” ha commentato Marcela Villareal, direttrice FAO per la divisione partenariati e cooperazione Sud-Sud. “Lavoro qui alla FAO da più di 20 anni, parlando infinite volte in questa sala Plenaria, ma non l’ho mai vista così bella, così piena di giovani donne. Grazie di questi vostri sforzi per contribuire a raggiungere l’obiettivo Fame Zero”. Oggi 800 milioni di persone al mondo soffrono la fame. Negli ultimi 10 anni questo dato era diminuito, mentre lo scorso anno a causa di guerre e cambiamenti climatici è ritornato a salire. “Per noi qui alla FAO è lo scandalo più grande che esiste – ha affermato Villareal –. E per questo noi ogni giorno lottiamo affinché queste persone abbiano il cibo necessario ma anche una vita bella, buona, dove i bambini possono avere una vita piena. Siamo convinti che con il nostro lavoro possiamo arrivare ad un mondo senza fame”. Nel settembre del 2015 le Nazioni Unite hanno firmato l’agenda dello sviluppo sostenibile, che comprende 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030. “Mai prima d’ora i leader mondiali avevano promesso di impegnarsi tutti insieme in un’agenda così ampia e così universale – ha affermato Sabina Zaccaro dell’ufficio FAO per la comunicazione istituzionale – . Per sconfiggere la fame del mondo (obiettivo n°2) abbiamo bisogno di sconfiggere la povertà (obiettivo n°1). Ma per fare questo dobbiamo vivere tutti in maniera sostenibile (obiettivo n°12), cercando di risolvere in concreto la lotta ai cambiamenti climatici (obiettivo n°13)”.
Le prime cittadine Fame Zero I giovani dei Focolari, sparse in tutto il mondo, possono dare un forte contributo personale e quotidiano per raggiungere l’obiettivo entro il 2030. La FAO il prossimo 16 ottobre compie 73 anni dalla sua nascita e sarà l’occasione per rilanciare quest’obiettivo. “Noi questo compleanno lo utilizziamo per comunicare dei temi che vadano sui giornali, in tv, nelle scuole, in strada”, ha ribadito Clara Vélez Capo ufficio FAO della diffusione delle attività di promozione. “Ogni anno parliamo di un tema (immigrazione, cambio climatico…) e quest’anno parleremo di fame zero. E sapere che voi oggi siete qui è bellissimo. Qui il prossimo 16 ottobre al posto vostro ci saranno i rappresentanti di tutti i paesi. E avranno il libro che voi avete avuto oggi, che spiega come in tante azioni quotidiane possiamo fare qualcosa per combattere la fame. Nell’ultima pagina del libro c’è un passaporto. Oggi diventerete le prime cittadine Fame Zero. Con dei diritti e dei doveri da rispettare”. Ma quali sono i doveri dei cittadini fame zero? “Un terzo del cibo al mondo si spreca e va nella spazzatura. Sono sicura che voi non volete essere parte di questo scandalo”, ha affermato Laura Hernández dell’ufficio FAO per la diffusione e attività di promozione. “Ci sono cose che potete fare a casa. Ad esempio quando vi avanza del cibo, potete congelarlo o mangiarlo il giorno dopo. Così al ristorante quando avanza del cibo potete portarlo a casa. Poi controllate le etichette dei cibi e non fatevi fregare. L’indicazione “scade il”, indica quando l’alimento non è più buono. Ma se c’è scritto “da consumarsi preferibilmente entro”, vuol dire che possiamo usarlo anche qualche giorno dopo quella data. Altra cosa importante è l’acqua, un bene preziosissimo e non va sprecato. E così quando laviamo i denti chiudiamo il rubinetto. Oppure ricordiamo a mamma e papà di usare la lavastoviglie a pieno regime, o la asciugatrice solo quando è necessaria”.
La carta d’Impegno delle Ragazze Infine la parola alle ragazze, rappresentate da Elena e Agnese: “Siamo molto onorate e felici di essere qui. Siamo sicure che da adesso ci impegneremo con tanto più entusiasmo per questo obiettivo. Ci sentiamo ormai parte della generazione fame zero. È un grande sogno immaginare che anche grazie al nostro contributo tra pochi anni non ci sarà più la fame nel mondo. Siamo molto contente di collaborare con la FAO perché solo unendo le forze, potremmo raggiungere un obiettivo così alto, come Fame Zero entro il 2030”. Alcuni ragazzi del Movimento dei Focolari di 11 nazioni hanno raccolto idee per capire come risolvere il problema della fame nel mondo. “Abbiamo riassunto queste idee con il motto delle tre H: head, heart and hands, (testa, cuore, mani) ed è nata la nostra Carta d’Impegno. Testa per noi significa informarsi e studiare la problematica sia a livello mondiale sia nella nostra città. Cuore, ovvero sensibilizzare noi stessi e tanti altri. Coinvolgere più persone possibili per raggiungere il nostro obiettivo. Infine metterci in azioni concretamente utilizzando le nostre mani. Al termine le ragazze hanno consegnato alla FAO la loro Carta d’Impegno. Poi il gesto simbolico del passaporto: le ragazze hanno scritto i loro impegni su questo piccolo documento e firmato. Sono diventate le prime cittadine #FameZero. Lorenzo Russo Video sintesi Rivedi la diretta streaming (altro…)