Movimento dei Focolari
Quaranta giorni in Siria

Quaranta giorni in Siria

20170321-01Da più di 25 anni sono in contatto costante con padre Nabil, sacerdote cattolico di rito melkita della Siria, sposato e padre di cinque figli. Ci siamo conosciuti da seminaristi, durante un incontro del Movimento dei Focolari. Da quando è iniziata la terribile guerra in Siria,  è spontaneo vivere questa situazione insieme. Quante persone coinvolte nella preghiera per la gente in Siria, nell’invocare la pace! È nata così una comunione spirituale che unisce anche le due comunità parrocchiali, la sua in Siria e la nostra in Svizzera. Quando le sue due figlie maggiori non  hanno potuto continuare a studiare in Siria, la nostra comunità a Basilea le ha accolte. Nell’estate scorsa dovendo  cambiare parrocchia, ho potuto prendermi il tempo necessario per andare a trovarlo. Sono iniziati così i 40 giorni in Siria! Alle 3 di notte arrivo a Beirut dove padre Nabil mi accoglie all’aeroporto. Con una macchina piena di persone e bagagli prendiamo la strada per la Siria. Alla frontiera un’accoglienza calorosa da parte del capoufficio. Mentre vengono controllati la macchina e i documenti, siamo suoi ospiti. Poi riprendiamo il viaggio, su strade secondarie – quelle principali sono chiuse – passando innumerevoli checkpoint, fino alla cittadina di padre Nabil, distante 5 km dalla città di Hama. Siamo ospiti in parecchie case e sperimento un’accoglienza calorosa e gioiosa. Scopro una comunità vivissima. Ogni sera, in parrocchia, s’incontrano a turno più di 200 bambini e giovani. In tutto sono oltre 900  le persone che passano ogni settimana alcune ore insieme. È una festa quotidiana. Forte l’impegno e la dedizione dei 70 giovani responsabili, nonostante il fatto che frequentino la scuola o l’università e siano in pieno periodo di esami. Col passare dei giorni comincio a capire che questa vita piena si svolge sullo sfondo di un dolore straziante. Scopro che i rumori che si sentono quotidianamente, provengono dai bombardamenti. Capisco che le postazioni dei “ribelli” sono distanti solo pochi chilometri. Vengo a sapere che una settimana prima è stato assalito un paesino cristiano a 12 chilometri, con tante uccisioni. Diverse famiglie non possono più comprare il necessario per vivere. Visitiamo malati che non possono essere curati. Di notte è tutto buio: ci sono solo luci LED con le batterie. Scopro in tante case le foto dei figli morti in guerra. Quasi non c’è più nessuna famiglia intatta perché più di 3.000 giovani sono partiti per l’estero. Un giorno, durante un funerale, cadono due granate e provocano due morti. Mi chiedo: da dove questa gente prende la forza per non disperarsi? Il fatto è che da diversi anni, si è sviluppata una grande comunità che s’ispira alla Spiritualità dell’unità. Sono più di 200 persone, organizzate in piccoli gruppi, che si nutrono della Parola di Dio e si prendono cura della gente in difficoltà e dei bambini. Hanno messo su un piccolo centro sociale che segue le persone con malattie gravi e provvedono, con l’aiuto della solidarietà dei concittadini e di quella internazionale, alle medicine e alle cure mediche. Vengono visitate regolarmente fino a 450 famiglie per sostenerle nei bisogni gravi. Anche i rapporti fra i vari gruppi religiosi sono ben curati. Così veniamo invitati, insieme agli altri sacerdoti della città, per la cena del Ramadan con i più di 200 Imam della città di Hama. Nell’ultima settimana ho l’occasione di partecipare alla Mariapoli. Ci sono oltre 200 persone dalle varie città e regioni del Paese: Damasco, Homs, Hama, Aleppo e Latakia. Per la prima volta dall’inizio della guerra è possibile correre il rischio di viaggiare e di incontrarsi. Tutti hanno sofferto moltissimo, perso case, lavoro, e anche familiari cari. Ma non hanno perso la fede e l’amore. (Ruedi Beck) Fonte: Rivista Gen’s, gennaio – marzo 2017, pagg. 38-40 (altro…)

Siria: una Quaresima di lacrime

Siria: una Quaresima di lacrime

ArchbishopDamascus_SamirNassarIn questi giorni (7-12 marzo), al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo è riunito a convegno un folto gruppo di vescovi cattolici amici dei Focolari. Significative le provenienze più varie, fra cui ben 26 dall’Africa e dall’area mediorientale. Con loro c’è anche mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, a cui chiediamo notizie sul suo martoriato Paese. Mons. Nassar, dopo sei anni di guerra, qual è oggi il volto della Siria? Un immenso cantiere di rovine. Scenari apocalittici: edifici carbonizzati, case bruciate, quartieri fantasma, villaggi rasi al suolo. Più di 12 milioni di siriani (50% della popolazione) non hanno più un tetto. Molti siriani, e sono milioni, hanno lasciato la loro patria, formando la più grande massa di rifugiati dopo la seconda guerra mondiale. Ed ora si trovano relegati nei campi profughi in attesa che qualcuno si ricordi di loro. Altri sono annegati nella fuga, o fanno la fila davanti alle ambasciate come nomadi in cerca di una terra che li accolga. La vita dei siriani, ovunque siano, è diventata un vero tormento. La famiglia – caposaldo della Chiesa e della nazione – è gravemente scossa. È raro trovare un nucleo famigliare al completo e quei pochi che sono rimasti sono privi di supporto, inabissati nella miseria, nella depressione e nell’angoscia. I fidanzati non possono sposarsi perché separati dalla mobilitazione militare;  la mancanza di case fa il resto, sbriciolando così anche il futuro. Quale, secondo lei, la fascia più vulnerabile? I più a rischio sono i bambini. Essi stanno pagando cara questa violenza senza pietà. Secondo l’Unesco più di 3 milioni di bambini siriani non vanno a scuola, anche perché  la priorità è la sopravvivenza fisica. Le poche scuole che funzionano sono sovraffollate e il livello di istruzione risente dell’esodo di tanti insegnanti. I centri di supporto psicologico sono sopraffatti dal grande numero e dall’entità delle ferite e dei blocchi psicologici di cui soffre gran parte dei nostri piccoli. Una delle preoccupazione della Chiesa è anche l’esodo dei cristiani… Le parrocchie registrano una drastica diminuzione dei fedeli e delle attività pastorali. La Chiesa di Damasco ha visto partire un terzo dei sacerdoti (27), una dura realtà che indebolisce ancor più il ruolo, già in declino, della minoranza cristiana. I sacerdoti che resistono in loco non si sentono sicuri e cercano di negoziare una possibile partenza. Nel frattempo si pongono come operatori socio-umanitari presso le famiglie colpite. Com’è la vita dei siriani oggi? I siriani non inseguono più la libertà. Ogni giorno devono combattere per cercare pane, acqua, gas, gasolio, che sono sempre più rari. I frequenti e prolungati tagli di energia elettrica li vedono sprofondati nella malinconia riducendo la loro vita sociale. La ricerca di fratelli, genitori e amici dispersi viene fatta con grande discrezione e inquietudine. Trovare una piccola dimora, un qualche rifugio dove abitare, è diventato il sogno impossibile di ogni famiglia, soprattutto delle giovani coppie. Il popolo siriano vive questo strazio con grande amarezza, resa evidente dai loro sguardi silenziosi e dalle loro lacrime. La Quaresima 2017 ci offre un momento di profonda riflessione per rivedere il nostro impegno come Chiesa che vuole essere accanto ai nostri fedeli nella prova per camminare con loro verso il Cristo Risorto il quale  ha detto: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi…” (Mt 11,28). Che cosa l’ha spinta a portarsi a questo incontro insieme ad altri vescovi? Dal 2008 nei Focolari trovo un tipo di ascolto e di dialogo che mi aiuta ad accettare la mia solitudine episcopale e l’isolamento fisico in un paese in guerra. In questi incontri di Castel Gandolfo sperimento un’accoglienza fraterna, discreta e rispettosa, un clima e un tono spirituale che nutre l’anima e conferma lo spirito. Un’oasi di amicizia, di missione e di rinnovamento. (altro…)

Jantar de Reis Solidário

Jantar de Reis Solidário

    No Porto dia 6 de janeiro ás 20h no centro de cultura e espiritualidade cristã para universitários. Em Cascais, para ajudar as comunidades da Síria, dia 7 de janeiro. Missa ás 18h seguida do jantar ás 19h30.

La Pace grida ad Aleppo

La Pace grida ad Aleppo

facebook_1481010213236Per la prima volta ho assistito ad un concerto di musica classica in mezzo ad una battaglia. Ad Aleppo succede che in mezzo alla morte una voce di pace si alza in mezzo a tutte le altre che annunciano la guerra, per sollevare gli animi e dimenticare per qualche istante la morte e il freddo. È come un capitolo di una tragedia moderna che ricorda la mitologia greca. Con pochi mezzi, Padre Elias Janji con il coro Naregatsi e la pianista, hanno presentato brani di Verdi, Mozart, Vivaldi e Karl Orf, in una chiesa gremita, nonostante il freddo polare che invade Aleppo in questi giorni, elevando i nostri spiriti in un altro cielo. E pensare che non tanto distante da qui la tragedia continua con missili lanciati da Aleppo Est sulla parte Ovest, uccidendo bambini nelle scuole e persone innocenti, mentre nella parte Est della città continua l’attacco dell’esercito siriano. Migliaia di persone (si parla di 60.000 fino ad oggi) sono riuscite a scappare da Aleppo Est e a rifugiarsi nella zona Ovest. Raccontano di come molti sono stati presi in ostaggio e che ad altri, mentre scappavano, hanno sparato alle spalle uccidendone alcuni; altri ancora correvano in mezzo alle sparatorie portando la nonna o altri parenti anziani sulle spalle. La gente è contenta perché finalmente alcuni sono potuti tornare nelle loro case liberate in questi giorni mentre l’esercito ha preso possesso della stazione di pompaggio dell’acqua di tutta la città, anche se minata. Si prevede che in un mese, dopo che i tecnici avranno finito il loro lavoro, l’acqua tornerà in tutta la città. Così finirà un capitolo della tragedia ma sicuramente, penso, ce ne saranno altri. facebook_1481010280568 Il 4 dicembre si ricorda Santa Barbara, la giovane ragazza martire dei primi secoli del cristianesimo trafitta con la spada dal padre perché, credendo in Gesù, non aveva accettato di adorare un altro Dio. Una grande festa per i cristiani d’Oriente per cui, nonostante la guerra, adulti e bambini si sono radunati per festeggiarla, mascherati e cantando la sua storia, una storia che – nonostante i secoli – è cambiata poco. Viene da domandarsi cos’è rimasto dell’uomo e della sua dignità? Cosa succederà adesso? Finirà la guerra ad Aleppo ridando tranquillità alla gente che ha tanto sofferto, anche se si ritroverà con una gran parte della città distrutta? La popolazione è stanca e vuole che il conflitto finisca, ma i gruppi armati non si danno per vinti e vogliono combattere fino in fondo. Nonostante l’appello dell’inviato speciale dell’ONU, Staffan De Mistura, a tutti i gruppi a lasciare la città e a risparmiare la vita della gente che, altrimenti, pagherà con un numero di vittime molto alto, secondo la logica della guerra! Ma come dimenticare che alla fine è l’Uomo che muore, poiché ciascuno, buono o cattivo è ad immagine di Dio, anche se questa è sepolta sotto mille vizi e cattiverie. Con il Natale che bussa alle porte, chiediamo allora che non sia solo ricordare un fatto passato con i soliti festeggiamenti, ma che l’arrivo del “Principe della Pace” cambi qualcosa nei cuori e nei gesti di noi tutti, e che diventino delle piccole pietre nella costruzione di un mondo migliore che tutti sogniamo. Da Aleppo, Pascal Bedros (altro…)