26 Mag 2017 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Servizio fotografico © CSC Audiovisivi – Caris Mendes
Alla sua 59° edizione, la Settimana Ecumenica promossa dal Movimento dei Focolari a Castel Gandolfo (Roma), dal 9 al 13 maggio, «si inserisce – afferma nel suo messaggio di apertura il Patriarca ecumenico Bartolomeo I – nel crocevia della storia, nell’intreccio delle memorie, nell’incrocio dell’ecumenismo e dell’impegno sociale della Chiesa». È dal 1962 che Chiara Lubich, dopo i suoi primi incontri con cristiani di varie Chiese, li invitava a conoscersi, offrendo la spiritualità dell’unità come base comune, per riconoscersi fratelli e sorelle in Cristo. Lo mette in luce Maria Voce, che rilegge i 5 “imperativi”, formulati nel documento cattolico-luterano “Dal conflitto alla comunione”, elaborato in vista dei 500 anni della Riforma. «Sono imperativi – afferma – che a mio avviso non riguardano soltanto luterani e cattolici, ma possono essere vissuti da cristiani di tutte le Chiese… per un proficuo impegno ecumenico». Lo conferma nel suo intervento il vescovo emerito Christian Krause, già Presidente della federazione luterana mondiale. 
Vescovo emerito Christian Krause
Tra vari messaggi di saluto quello del Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, card. Kurt Koch: «L’esperienza dell’ecumenismo di vita ci mostra che l’unità cresce “camminando insieme” e che camminare insieme significa già vivere e realizzare l’unità». Le giornate si sono svolte in un clima di dialogo, conoscenza e accoglienza reciproca, preghiera, e scambi di esperienze del Vangelo vissuto nell’ottica dell’unità e nell’apertura verso l’altro sperimentando la bellezza della Chiesa di Cristo in cui dei cristiani mettono in pratica il cuore del Vangelo: l’amore reciproco. Momento atteso la preghiera per l’unità nelle catacombe di san Sebastiano a Roma, dove si formula il “Patto di amore reciproco” (Gv 13,34) per «portare questa testimonianza vissuta tra noi nelle nostre comunità, nei nostri paesi, nelle nostre società». Molti evocano la Pentecoste. Ma tutto questo ha un fondamento: Gesù sulla croce che grida “perché”. Gesù crocifisso e abbandonato che ha preso su di sé ogni divisione, se riconosciuto e amato – secondo le intuizioni e l’esperienza di vita di Chiara Lubich – è la chiave che apre all’unità con Dio e con i fratelli. 
Rev. prof. Martin Robra (CEC)
Lo testimoniano toccanti esperienze di vita. E lo esprime nel suo video-messaggio il segretario generale rev. Olaf Fykse Tveit del Consiglio ecumenico delle Chiese di Ginevra (CEC). Tra l’altro ricorda quanto era già stato espresso già nel 1925: «Più ci avviciniamo alla croce, più ci avvicineremo tra noi cristiani». Aiutano a questa comprensione gli interventi di alcuni teologi di varie Chiese, tra cui il rev. prof. Martin Robra (del CEC): «Se teniamo Gesù abbandonato tra noi mentre camminiamo insieme lungo il nostro pellegrinaggio, impareremo insieme a riconfigurare il passato che ci separa e vedere con più chiarezza dove Dio ci vuole condurre come discepoli di Cristo». Altri interventi a carattere teologico assieme ad esperienze di vita hanno approfondito il legame fra l’unità e Gesù abbandonato nella spiritualità dell’unità e condiviso i frutti di questo stile di vita ecumenico. La parola “dialogo” è stata declinata a più voci come potente strumento dell’unità da Jesús Morán, copresidente dei Focolari e dal rev. prof. Vasile Stanciu rumeno ortodosso. 
Maria Voce con il Mons. Farrell
Vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità fra i cristiani, mette in rilievo l’apporto e la fedeltà di Chiara Lubich e dell’agire dei Focolari alla Chiesa comunione. E non manca l’incoraggiamento di Papa Francesco che, nell’udienza generale del 10 maggio, esorta pubblicamente i partecipanti alla settimana ecumenica «a proseguire il comune cammino dell’unità, del dialogo e dell’amicizia tra le religioni e i popoli». A conclusione, il Metropolita Gennadios Zervos d’Italia e di Malta del Patriarcato ecumenico, introduce i presenti nell’esperienza di comunione fra il Patriarca Athenagoras e Chiara Lubich: «Hanno aperto la porta della riconciliazione tra le Chiese di Oriente e Occidente e nessuno può più chiuderla», ha affermato. 
Il Metropolita Gennadios Zervos consegna la medaglia a Maria Voce.
In questo contesto Gennadios ha consegnato alla presidente del Movimento dei Focolari, una “Medaglia storica” in segno di gratitudine per quanto «il carisma di amore e unità di Chiara ha fatto nella storia e sta facendo ancora oggi per aprire vie di riconciliazione e dialogo fra le Chiese e nel mondo». «Abbiamo costruito tanto insieme. Ora si tratta di accelerare il passo, perché la comunione sia piena e visibile». Maria Voce esprime così la vitalità e impegno di un cammino che continua.
Leggi anche: Intervista a Maria Voce Messaggio del Patriarca Bartolomeo Messaggio del Card Kurt Koch Messaggio del Dr Olav Fykse Tveit (Inglese)
(altro…)
21 Mag 2017 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Spiritualità
In piena commemorazione dei 500 anni della Riforma, che vede un nuovo impulso nel cammino verso l’unità dei cristiani – dallo storico incontro a Lund (Svezia) fino al recente viaggio del Papa in Egitto –, i Focolari accrescono l’impegno del cosiddetto “dialogo della vita” o “del popolo”. L’hanno affermato nella Dichiarazione di Ottmaring (21/02/2017) e lo fanno quotidianamente coinvolgendo migliaia di cristiani in tutto il mondo. Si è appena svolta la 59ma edizione della “Settimana Ecumenica” (9 al 13 maggio a Castel Gandolfo, Roma) con 700 partecipanti di 69 Chiese diverse, e rappresentanti da tutte le latitudini.
Era il 4 aprile del 1997 quando le viene chiesto a Chiara Lubich su questo tipo di dialogo, sempre nel corso di un incontro ecumenico a Roma. Chiara risponde a braccio: «Veronica, focolarina anglicana della Gran Bretagna, chiede che contributo specifico possiamo dare all’unificazione delle Chiese. Il nostro contributo va visto in tutto il campo dell’ecumenismo. C’è il dialogo della carità che aiuta a far sì che ci sentiamo fratelli e ci che ci aiutiamo. È molto importante. Forse è iniziato ai tempi di Atenagora, quando il papa Paolo VI è andato a trovarlo e viceversa. Poi c’è la preghiera comune, un altro dialogo che passa attraverso Dio. Anche molto importante, soprattutto durante la Settimana di preghiera [per l’unità dei cristiani, ndr]. C’è il dialogo teologico, fatto da esperti; anche quello prosegue, nonostante certi dicano che l’ecumenismo non va avanti; invece va avanti. Noi portiamo un dialogo nuovo: è il dialogo del popolo. È venuto fuori dalla spiritualità [dell’unità, ndr] che viviamo in tutte le varie Chiese – sono 300 le Chiese di cui i fedeli sono nel Movimento –; questo dialogo è stato generato dalla nostra spiritualità che è comunitaria, che ci lega, ci mette insieme. Se io amo te e tu ami me, cosa si stabilisce fra di noi? Gesù in mezzo. Ma Gesù allora ci lega e come dice Paolo: “Chi mi separerà dalla carità di Cristo?”. Così anche noi diciamo: “Chi ci separerà?. È la carità che ci unisce, è Cristo stesso che ci unisce. Nessuno potrà separarci se noi andiamo avanti con la nostra spiritualità.
Quindi, vivendo questa spiritualità nella Chiesa cattolica, anglicana, luterana, metodista, ecc., è nato un popolo, senza che lo pensassimo, fiorito da questa spiritualità che genera un popolo. E cosa è successo? Vivendo insieme, conoscendoci, amandoci, portando avanti l’amore reciproco, abbiamo scoperto che abbiamo tante cose in comune, che siamo già una sola famiglia, che siamo già un popolo cristiano. Io ho il battesimo, ma ce l’ha anche Veronica, ce l’avete anche voi. Io ho l’Antico Testamento, ma ce l’avete anche voi. Ho il Nuovo Testamento, li avete anche voi. E poi abbiamo i Concili e tante cose ancora in comune. Ora, se abbiamo tutto questo comune, perché non ci mettiamo insieme come in una sola famiglia e in un solo popolo? Questo è quello di caratteristico che noi portiamo, un contributo essenziale. D’altra parte non siamo noi che lo portiamo, è un carisma venuto dal cielo per questo tempo, che è il tempo ecumenico: il carisma dell’unità, che ha molto a che fare con l’ecumenismo». Fonte: Centro Chiara Lubich https://vimeo.com/116845038 (altro…)
15 Mag 2017 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Spiritualità
È la fine del 1945, a Trento (nord Italia), appena finita la guerra. Marco ha 19 anni e attraversa una profonda crisi spirituale. Un religioso amico lo invita ad un incontro. Una giovane, poco più grande di lui, “parlava di Dio con un fervore e una convinzione che non lasciavano dubbi”, ricorderà. Quella giovane è Chiara Lubich, circondata da un gruppo di ragazze che, come lei, hanno scelto Dio come l’Ideale della loro vita. In breve, Marco diventa il primo giovane a seguirla: il primo focolarino. La famiglia Tecilla è una famiglia semplice: il papà fornaio, la mamma infermiera, una sorella e tre fratelli. Con la crisi del ‘29 il papà perde il lavoro. «Ricordo che si copriva nei mesi freddi con un mantello – racconta Marco – e io lo accompagnavo da un panificio all’altro dove bussava per avere un lavoro o una sporta di pane da sfamarci. Solo più tardi scoprii che mentre con una mano teneva la mia, con l’altra faceva scorrere la corona del Rosario». Nonostante le carenze materiali, la sua è un’infanzia serena e vivace. Compiuti i 14 anni e terminata la scuola professionale comincia a lavorare come apprendista presso una ditta commerciale. Nel gennaio del ‘43 muore il padre. Scoppia la guerra e arrivano i bombardamenti su Trento. La famiglia Tecilla sfolla sulle montagne. Marco evita la chiamata alle armi svolgendo un servizio civile. Intanto, viene assunto come operaio nella ferrovia Trento-Malè. La sorella Maria comincia a frequentare spesso dei ritiri spirituali e cerca vestiti per i poveri. La famiglia e anche Marco, giudica questo comportamento “esagerato”, finché arriva per lui l’invito dell’amico religioso ed il suo incontro con Dio Amore.
Da quando conosce Chiara e il primo gruppo di ragazze, si reca spesso alla “casetta” di piazza Cappuccini, dove abitano, per fare delle piccole riparazioni. È attirato dall’aria soprannaturale che vi si respira. «Una sera – ricorda – dovetti fare una riparazione più lunga del solito. Chiara lavorava di cucito seduta accanto al tavolo. All’improvviso si rivolse verso di me e disse: “Gesù, se venisse oggi, sarebbe Gesù 24 ore su 24, che lavora, prega, mangia, riposa… oggi sarebbe un Gesù elettrotecnico, come te…”». Marco rimane molto colpito da «questa nuova visione cristiana. Vedevo aprirsi davanti a me un orizzonte nuovo, pieno di luce. Quando uscii dalla “casetta” il cielo era trapunto di stelle. Iniziava per me una nuova vita, dovevo voltar pagina e abbandonarmi tra le braccia di quel Dio che mi si era manifestato AMORE». Marco sente che Gesù lo interpella: «Se vuoi essere perfetto va, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi. Seguire Gesù, ecco la mia strada». La sera del 27 novembre 1948, nasce il primo focolare maschile, con Livio che, nel frattempo, si è aggiunto. Marco allora non sa che l’aspettano, negli anni che verranno, trenta traslochi! Infatti il Movimento nascente si estende rapidamente in tutto il mondo e Marco si sposterà in tante città di Italia… Nel ‘53 a Innsbruck, nel ‘58 in Uruguay, Argentina, Brasile e Cile; nel ‘60 Trieste e poi, oltre cortina, a Zagabria. Il 22 novembre 1964 viene ordinato sacerdote e riparte per il Brasile fino al ‘67, poi torna ancora fino al ‘71. Quindi, al Sud Italia e poi a Milano, Padova, e infine nella sua Trento dove torna dopo 31 anni. È allora che trova il terreno per il nascente Centro Mariapoli di Cadine e partecipa al progetto che Chiara Lubich lancia nel 2001: Trento ardente. Alla fine di quell’anno Chiara lo vuole al Centro del Movimento, a Rocca di Papa (Roma), dove resterà gli ultimi anni della sua vita.
«Era incontenibile la sua gioia quando veniva a Loppiano a fare lezioni di Spiritualità ai membri di tutte le scuole – ricorda Redi Maghenzani, che ha vissuto 20 anni con lui –, con una particolare attenzione per le nuove generazioni di focolarine e focolarini. Ci lascia una scia di luce che non si spegne». Marco, ha seminato amore in tante parti del mondo –ricorda Armando Droghetti, focolarino che l’ha accompagnato negli ultimi anni –; quell’amore che ha fatto nascere l’unità fra gente di ogni condizione sociale e culturale, come testimoniavano le innumerevoli persone che sono passate a trovarlo in questi mesi, in particolare da quando un anno fa circa piccoli ictus hanno portato conseguenze a vari livelli. Ma, mentre tutto cala in Marco (le corde vocali sono sempre più deboli e le gambe sono come bloccate) questa situazione spinge tutti noi, con Marco in testa, ad un supplemento di amore reciproco. Sulla base di una vita spirituale e di unità sempre più intensa in focolare, anche l’inaspettata crisi dell’8 maggio non coglie Marco e anche noi impreparati. In una breve fase di ripresa dice sicuro: “Io devo solo essere purificato”. Accoglie il medico, con quei suoi occhi luminosi che l’avvolgono d’amore. Ed è questa anche l’impressione di tanti venuti a dargli un ultimo saluto. Dicevano che, oltre il senso di orfanezza che provavano per la sua partenza, era più forte la realtà a cui Marco li aveva preparati dicendo sempre che lui è niente e che Dio è tutto e che noi solo in Lui viviamo». Maria Voce, presidente dei Focolari, evidenzia tra l’altro che «Marco lascia in tutti noi l’impronta della radicalità dei primi tempi del Movimento con la sua fortezza e fede nel carisma dell’unità, con la purezza della sua vita evangelica». In un’intervista rilasciata il 31 marzo 2008, pochi giorni dopo la morte di Chiara Lubich, Marco dirà con forza: «Finché ho un po’ di fiato, un po’ di respiro, il mio desiderio è quello di poter donare tutto me stesso per le nuove generazioni. Sono sicuro che chi verrà dopo di noi farà cose maggiori delle nostre, proprio per la ricchezza che viene trasmessa dal carisma dell’unità, che non morirà mai». (altro…)
13 Mag 2017 | Chiara Lubich, Chiesa, Spiritualità
Mentre il Santo Padre si reca a pregare per la pace a Fatima, pubblichiamo stralci di un articolo di Chiara Lubich apparso sull’Osservatore Romano, nel 1984, in occasione del Giubileo delle Famiglie. L’evento di Fatima, afferma Chiara, richiama alla conversione e alla fedeltà al Vangelo, anche della famiglia. «[…] Quando il Papa (Giovanni Paolo II, ndr) ha letto l’atto di affidamento dell’umanità a Maria, ha esordito con queste parole: “La famiglia è il cuore della Chiesa. Si innalzi oggi da questo cuore un atto di particolare affidamento al Cuore della Genitrice di Gesù”. E così da cuore a Cuore, in quest’intensa comunione, che si era creata con la celebrazione dell’Eucarestia, è salita, quasi un grido dal cuore del Padre universale colmo di sollecitudine per le necessità dell’umanità, la preghiera di consacrazione alla Vergine Maria, affinché si prenda una cura tutta particolare della famiglia umana. Il Papa era lì, inginocchiato davanti alla bianca effigie della Madonna di Fatima. In quel momento il pensiero di molti di noi presenti non poteva non andare al 13 maggio 1981, giorno dell’attentato. […] Ora nella piazza San Pietro, gremita fino all’inverosimile, accanto a lui davanti alla Madonna di Fatima, come un fiore sbocciato dal suo dolore e dal suo sangue, c’erano simbolicamente radunate tutte le famiglie della Chiesa, segno di tutte le famiglie del mondo. Il Santo Padre poteva dunque contare, nel momento di affidare il mondo a Maria, non solo sulla comunione di tutti i pastori della Chiesa, “costituendo un corpo ed un collegio”, ma anche sulla piena adesione dei figli della Chiesa, rappresentati da tante famiglie di tante nazioni. […] E nella preghiera con la quale ha concluso la sua omelia, ha chiesto questa grazia: “Fa che l’amore rafforzato dalla grazia del sacramento del matrimonio, si dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi, attraverso le quali, a volte, passano le nostre famiglie”. Tutte queste coincidenze significative e queste espressioni ci permettono veramente di cogliere […] il senso profondo di questa consacrazione (che) non può non portare tutte le famiglie cristiane a vivere – con l’aiuto e l’esempio di Maria – il progetto luminoso ed affascinante di Dio sulla famiglia in tutte le sue espressioni: l’amore coniugale, secondo il piano divino, segno dell’amore di Cristo per la Chiesa fino al totale dono di sé; la paternità e la maternità, come partecipazione all’amore fecondo del Creatore; la pace e l’armonia nel superamento di tutte le tensioni e difficoltà, come frutto di una carità sempre viva ed instancabilmente tesa a mantenere la presenza spirituale di Cristo nella famiglia e, con Lui, l’unità del pensare e dell’agire; una apertura di comunione e di servizio verso altre famiglie. […] Il messaggio di Fatima, che richiama tutti alla conversione e alla fedeltà al Vangelo, diventa così la risposta della consacrazione della famiglia, un impegno di rinnovamento perché più splendente sia il volto della Chiesa che nella famiglia cristiana ha come il segno del suo essere “famiglia di Dio”, dimora accogliente per tutti i figli dispersi, richiamati alla casa del Padre ed invitati ad entrarvi attraverso il Cuore materno della Madre di Gesù».
Chiara Lubich
(altro…)
11 Mag 2017 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Malta
, la più grande delle isole che compongono l’omonimo arcipelago, incastonato nel Mediterraneo centrale, tra Sicilia, Tunisia e Libia, nel primo semestre del 2017 è alla testa del Consiglio dell’Unione Europea, avendone assunto la presidenza di turno, prima volta nella sua storia. L’isola, il cui simbolo, dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, è una croce a otto cuspidi, emblema delle otto beatitudini, è il lembo di terra più prossimo alle tragedie che si consumano quotidianamente in quella tomba azzurra in cui si è trasformato il Mediterraneo, crocevia d’acqua tra Africa, Medio Oriente e Europa per chi cerca disperatamente una nuova possibilità di vita. Sulle sue sponde un altro naufrago aveva trovato riparo, dopo quattordici giorni alla deriva. Era San Paolo, di ritorno verso Roma, intorno all’anno 60 d.C. Secondo la tradizione, la nave che trasportava lui e altri 264 passeggeri era affondata dopo una tempesta. Tutte le persone a bordo avevano raggiunto la costa a nuoto. Invitato, dopo qualche tempo, nella residenza di Publio, il governatore romano di stanza sulle isole, ne guarì il padre da una terribile influenza. Il governatore si convertì al cristianesimo e divenne il primo vescovo cristiano a Malta. Di radici cristiane dell’Europa si è parlato a Valletta, capitale di Malta, il 7 e 8 maggio scorso, nell’imminenza della festa dell’Europa, in occasione del Forum sullo Stato dell’Unione Europea, “Towards a Europe of Hope, Healing and Hospitality”, promosso ogni anno dal Parlamento Europeo nella nazione di presidenza. L’obiettivo è quello di promuovere un dialogo ispirato alla visione fondatrice di Robert Schuman. Il primo giorno, dopo l’apertura nella cattedrale anglicana, un momento artistico, la preghiera intitolata alla speranza, un corteo per le vie della Valletta fino alla co-cattedrale cattolica di San Giovanni, l’intervento dell’arcivescovo Scicluna è stato seguito da quello di Maria Voce. La presidente del Movimento dei Focolari ha proposto una riflessione su “Guarigione e Riconciliazione”.

Al co-cattedrale cattolica di San Giovanni, Maria Voce ha proposto una riflessione su “Guarigione e Riconciliazione”
Nei giorni in cui si ricorda la nascita di quella “comunità dei popoli”, di cui Schuman, nel 1950, aveva avuto un’intuizione – proponendo lo storico accordo sulla gestione congiunta di carbone e acciaio, per rendere impossibile ogni forma di guerra tra Francia, Germania e i Paesi che in seguito vi avrebbero aderito – Maria Voce si chiede quale possa essere stata la scintilla ispiratrice di un atto così straordinario, volto a portare riconciliazione tra popoli prostrati dal più terribile conflitto sperimentato fino ad allora, e chi possa avere ispirato Schuman, Adenauer, De Gasperi, gli statisti cristiani considerati padri fondatori dell’Europa. La risposta è chiara: «Noi vogliamo pensare che a suscitare le idee e la forza per costituire l’Europa sia stato Dio. Dio che ha testimoniato il suo amore per gli uomini fino a morire per loro di una morte atroce e infamante, che lo ha identificato con tutti i dolori dell’umanità, compresi quelli derivanti da violenze e guerre».
A proposito della cultura che nasce da una profonda riconciliazione, Maria Voce cita Chiara Lubich: «Ogni persona può portare un contributo in tutti i campi: nella scienza, nell’arte, nella politica, nelle comunicazioni. E maggiore sarà la sua efficacia se lavora insieme con altri uniti nel nome di Cristo. È l’Incarnazione che continua. Nasce così, e si diffonde nel mondo, quella che potremmo chiamare cultura della Risurrezione». Ma, perché ciò avvenga, «è richiesto a noi cristiani un cammino verso la piena e visibile comunione, sapendo che ciò sarà determinante per l’unità dell’Europa e per servire meglio l’umanità». Cammino che in tempi recenti ha visto il compiersi di tappe storiche, come quelle di Lund, in Svezia, Lesbo, in Grecia e Cuba. «In un contesto europeo multiculturale e multireligioso c’è bisogno di una nuova capacità di dialogo, conclude Maria Voce. Dialogo che può poggiare sulla Regola d’oro, comune a tutte le principali religioni della terra». Significativo riaffermarlo proprio a Malta, àncora sicura nel Mediterraneo, nella speranza che questo mare da tomba azzurra ridiventi Mare-Nostro, in cui Europa, Africa e Medio Oriente possano trovare una rotta di pace. (altro…)
7 Mag 2017 | Chiara Lubich, Cultura, Focolari nel Mondo
https://vimeo.com/214144034 (altro…)