Movimento dei Focolari
Marco Tecilla: il primo focolarino

Marco Tecilla: il primo focolarino

MarcoTecillaÈ la fine del 1945, a Trento (nord Italia), appena finita la guerra. Marco ha 19 anni e attraversa una profonda crisi spirituale. Un religioso amico lo invita ad un incontro. Una giovane, poco più grande di lui, “parlava di Dio con un fervore e una convinzione che non lasciavano dubbi”, ricorderà. Quella giovane è Chiara Lubich, circondata da un gruppo di ragazze che, come lei, hanno scelto Dio come l’Ideale della loro vita. In breve, Marco diventa il primo giovane a seguirla: il primo focolarino. La famiglia Tecilla è una famiglia semplice: il papà fornaio, la mamma infermiera, una sorella e tre fratelli. Con la crisi del ‘29 il papà perde il lavoro. «Ricordo che si copriva nei mesi freddi con un mantello – racconta Marco – e io lo accompagnavo da un panificio all’altro dove bussava per avere un lavoro o una sporta di pane da sfamarci. Solo più tardi scoprii che mentre con una mano teneva la mia, con l’altra faceva scorrere la corona del Rosario». Nonostante le carenze materiali, la sua è un’infanzia serena e vivace. Compiuti i 14 anni e terminata la scuola professionale comincia a lavorare come apprendista presso una ditta commerciale. Nel gennaio del ‘43 muore il padre. Scoppia la guerra e arrivano i bombardamenti su Trento. La famiglia Tecilla sfolla sulle montagne. Marco evita la chiamata alle armi svolgendo un servizio civile. Intanto, viene assunto come operaio nella ferrovia Trento-Malè. La sorella Maria comincia a frequentare spesso dei ritiri spirituali e cerca vestiti per i poveri. La famiglia e anche Marco, giudica questo comportamento “esagerato”, finché arriva per lui l’invito dell’amico religioso ed il suo incontro con Dio Amore. MarcoMarco_primi-tempi_3Da quando conosce Chiara e il primo gruppo di ragazze, si reca spesso alla “casetta” di piazza Cappuccini, dove abitano, per fare delle piccole riparazioni. È attirato dall’aria soprannaturale che vi si respira. «Una sera – ricorda – dovetti fare una riparazione più lunga del solito. Chiara lavorava di cucito seduta accanto al tavolo. All’improvviso si rivolse verso di me e disse: “Gesù, se venisse oggi, sarebbe Gesù 24 ore su 24, che lavora, prega, mangia, riposa… oggi sarebbe un Gesù elettrotecnico, come te…”». Marco rimane molto colpito da «questa nuova visione cristiana. Vedevo aprirsi davanti a me un orizzonte nuovo, pieno di luce. Quando uscii dalla “casetta” il cielo era trapunto di stelle. Iniziava per me una nuova vita, dovevo voltar pagina e abbandonarmi tra le braccia di quel Dio che mi si era manifestato AMORE». Marco sente che Gesù lo interpella: «Se vuoi essere perfetto va, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi. Seguire Gesù, ecco la mia strada». La sera del 27 novembre 1948, nasce il primo focolare maschile, con Livio che, nel frattempo, si è aggiunto. Marco allora non sa che l’aspettano, negli anni che verranno, trenta traslochi! Infatti il Movimento nascente si estende rapidamente in tutto il mondo e Marco si sposterà in tante città di Italia… Nel ‘53 a Innsbruck, nel ‘58 in Uruguay, Argentina, Brasile e Cile; nel ‘60 Trieste e poi, oltre cortina, a Zagabria. Il 22 novembre 1964 viene ordinato sacerdote e riparte per il Brasile fino al ‘67, poi torna ancora fino al ‘71. Quindi, al Sud Italia e poi a Milano, Padova, e infine nella sua Trento dove torna dopo 31 anni. È allora che trova il terreno per il nascente Centro Mariapoli di Cadine e partecipa al progetto che Chiara Lubich lancia nel 2001: Trento ardente. Alla fine di quell’anno Chiara lo vuole al Centro del Movimento, a Rocca di Papa (Roma), dove resterà gli  ultimi anni della sua vita. Marco20-VGGCH-20010601-Marco_016«Era incontenibile la sua gioia quando veniva a Loppiano a fare lezioni di Spiritualità ai membri di tutte le scuole – ricorda Redi Maghenzani, che ha vissuto 20 anni con lui –, con una particolare attenzione per le nuove generazioni di focolarine e focolarini. Ci lascia una scia di luce che non si spegne». Marco, ha seminato amore in tante parti del mondo –ricorda Armando Droghetti, focolarino che l’ha accompagnato negli ultimi anni –; quell’amore che ha fatto nascere l’unità fra gente di ogni condizione sociale e culturale, come testimoniavano le innumerevoli persone che sono passate a trovarlo in questi mesi, in particolare da quando un anno fa circa piccoli ictus hanno portato conseguenze a vari livelli. Ma, mentre tutto cala in Marco (le corde vocali sono sempre più deboli e le gambe sono come bloccate) questa situazione spinge tutti noi, con Marco in testa, ad un supplemento di amore reciproco. Sulla base di una vita spirituale e di unità sempre più intensa in focolare, anche l’inaspettata crisi dell’8 maggio non coglie Marco e anche noi impreparati. In una breve fase di ripresa dice sicuro: “Io devo solo essere purificato”. Accoglie il medico, con quei suoi occhi luminosi che l’avvolgono d’amore. Ed è questa anche l’impressione di tanti venuti a dargli un ultimo saluto. Dicevano che, oltre il senso di orfanezza che provavano per la sua partenza, era più forte la realtà a cui Marco li aveva preparati dicendo sempre che lui è niente e che Dio è tutto e che noi solo in Lui viviamo». Maria Voce, presidente dei Focolari, evidenzia tra l’altro che «Marco lascia in tutti noi l’impronta della radicalità dei primi tempi del Movimento con la sua fortezza e fede nel carisma dell’unità, con la purezza della sua vita evangelica». In un’intervista rilasciata il 31 marzo 2008, pochi giorni dopo la morte di Chiara Lubich, Marco dirà con forza: «Finché ho un po’ di fiato, un po’ di respiro, il mio desiderio è quello di poter donare tutto me stesso per le nuove generazioni. Sono sicuro che chi verrà dopo di noi farà cose maggiori delle nostre, proprio per la ricchezza che viene trasmessa dal carisma dell’unità, che non morirà mai». (altro…)

Papa Francesco in visita a Fatima

Papa Francesco in visita a Fatima

Fatima-aMentre il Santo Padre si reca a pregare per la pace a Fatima, pubblichiamo stralci di un articolo di Chiara Lubich apparso sull’Osservatore Romano, nel 1984, in occasione del Giubileo delle Famiglie. L’evento di Fatima, afferma Chiara,  richiama alla conversione e alla fedeltà al Vangelo, anche della famiglia. «[…] Quando il Papa (Giovanni Paolo II, ndr) ha letto l’atto di affidamento dell’umanità a Maria, ha esordito con queste parole: “La famiglia è il cuore della Chiesa. Si innalzi oggi da questo cuore un atto di particolare affidamento al Cuore della Genitrice di Gesù”. E così da cuore a Cuore, in quest’intensa comunione, che si era creata con la celebrazione dell’Eucarestia, è salita, quasi un grido dal cuore del Padre universale colmo di sollecitudine per le necessità dell’umanità, la preghiera di consacrazione alla Vergine Maria, affinché si prenda una cura tutta particolare della famiglia umana. Il Papa era lì, inginocchiato davanti alla bianca effigie della Madonna di Fatima. In quel momento il pensiero di molti di noi presenti non poteva non andare al 13 maggio 1981, giorno dell’attentato. […] Ora nella piazza San Pietro, gremita fino all’inverosimile, accanto a lui davanti alla Madonna di Fatima, come un fiore sbocciato dal suo dolore e dal suo sangue, c’erano simbolicamente radunate tutte le famiglie della Chiesa, segno di tutte le famiglie del mondo. Il Santo Padre poteva dunque contare, nel momento di affidare il mondo a Maria, non solo sulla comunione di tutti i pastori della Chiesa, “costituendo un corpo ed un collegio”, ma anche sulla piena adesione dei figli della Chiesa, rappresentati da tante famiglie di tante nazioni. […] E nella preghiera con la quale ha concluso la sua omelia, ha chiesto questa grazia: “Fa che l’amore rafforzato dalla grazia del sacramento del matrimonio, si dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi, attraverso le quali, a volte, passano le nostre famiglie”. Tutte queste coincidenze significative e queste espressioni ci permettono veramente di cogliere […] il senso profondo di questa consacrazione (che) non può non portare tutte le famiglie cristiane a vivere – con l’aiuto e l’esempio di Maria – il progetto luminoso ed affascinante di Dio sulla famiglia in tutte le sue espressioni: l’amore coniugale, secondo il piano divino, segno dell’amore di Cristo per la Chiesa fino al totale dono di sé; la paternità e la maternità, come partecipazione all’amore fecondo del Creatore; la pace e l’armonia nel superamento di tutte le tensioni e difficoltà, come frutto di una carità sempre viva ed instancabilmente tesa a mantenere la presenza spirituale di Cristo nella famiglia e, con Lui, l’unità del pensare e dell’agire; una apertura di comunione e di servizio verso altre famiglie. […] Il messaggio di Fatima, che richiama tutti alla conversione e alla fedeltà al Vangelo, diventa così la risposta della consacrazione della famiglia, un impegno di rinnovamento perché più splendente sia il volto della Chiesa che nella famiglia cristiana ha come il segno del suo essere “famiglia di Dio”, dimora accogliente per tutti i figli dispersi, richiamati alla casa del Padre ed invitati ad entrarvi attraverso il Cuore materno della Madre di Gesù».

Chiara Lubich

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Chiara Lubich ai giovani: puntate in alto!

Chiara Lubich ai giovani: puntate in alto!

ChiaraLubich_Germany_1998«Carissimi giovani, Dio chiama in maniere diverse e varie: chiama molti con compiti e missioni particolari; ad esempio chiama giovani alla sublime vocazione del sacerdozio, ad essere altri Cristo; chiama uomini e donne in quelle variopinte aiuole del giardino della Chiesa che sono le Famiglie religiose, per far costantemente profumare la Sposa di Cristo delle più splendide virtù. Chiama uomini e donne nei moderni movimenti ecclesiali a donarsi a Dio singolarmente e comunitariamente, o a comporre famiglie modello, tante altre piccole Chiese. Ricordate: egli chiama ad ogni età. Chiama anche i ragazzi, anche i bambini; chiama su tutti i punti della terra. Ma come si fa a conoscere la propria vocazione? Per esperienza vi devo dire che occorre una particolare disposizione in genere. Siccome la chiamata di Dio è un atto di amore suo, se lui trova amore nelle anime è più libero di chiamare. Allora cosa bisogna fare per sentire la voce di Dio? Bisogna amare, ma di amore vero. Se si fa così rendiamo facile il compito di Dio, e se già si conoscesse la propria vocazione, si trova nell’amore il modo migliore per realizzarla. Ma, occorre l’amore vero. È talmente importante l’amore vero, che se tu lo vivi scateni nel mondo una rivoluzione, che è la rivoluzione cristiana. L’amore vero ha quattro qualità: ama tutti, perché Gesù è morto per tutti; Maria è madre di tutti. Quindi un amore vero è di colui che non guarda tanto gli uomini o perché è simpatico, o antipatico, giovane o vecchio, bianco o nero, tedesco o italiano, di una religione o di un’altra, se è amico o nemico. L’amore vero ama tutti, provate a viverlo. Noi siamo abituati un po’ ad amare gli amici, ad amare i genitori, i parenti, tutte cose meravigliose. Ma abbiamo in cuore l’amore per tutti? Provate, provate. È la rivoluzione. Perché la gente non capisce e dice dopo un po’ di tempo: “Ma perché tu fai questo? Perché mi vuoi bene? Perché mi hai dato quella penna? Perché mi hai fatto quel compito? Perché?” “Perché? Perché voglio amare tutti”, e lì incomincia il dialogo fra di noi cattolici, con gli altri di altre Chiese o di altre religioni, incomincia un dialogo perché incomincia l’interesse nelle altre persone. Quindi, ricordatevi che il primo punto dell’amore vero è amare tutti. Secondo punto: amare per primi. Quando Gesù è venuto sulla terra noi non lo amavamo, eravamo tutti peccatori. Lui ci ha amato per primo. Bisogna avvicinare tutti, non aspettarsi l’amore, amare perché sei amato, no! Bisogna amare per primi. Questo è quell’amore che lo Spirito Santo ha diffuso nel nostro cuore; è l’amore stesso presente nella Santissima Trinità, del quale noi partecipiamo, ma che bisogna mettere in pratica. Poi bisogna vedere Gesù in tutti, perché l’ha detto: al giudizio finale l’esame sarà questo: l’avete fatto a me, quello che di bene facciamo e quello che di male purtroppo facciamo. Quindi terza cosa: amare tutti, amare per primi, vedere Gesù nel prossimo. Ma un amore che non deve essere un amore platonico, sentimentale; un amore concreto e per essere concreto occorre, come dice Paolo, farsi tutto a tutti, farsi uno con quello che soffre, farsi uno con quello che gode, e condividere gioie, dolori, necessità. Condividere. Allora: amare tutti, amare per primi, vedere Gesù, e poi amare concretamente. Questo è quello che possiamo fare noi, mettere nel nostro cuore l’amore vero. La chiamata è la sua parte, questa è la nostra, la chiamata è la sua parte, è compito suo. Carissimi giovani, Dio non cessa di chiamare specie se amiamo. A noi rispondere e comporre con la nostra vita quel divino, meraviglioso disegno che Dio ha su ciascuno di noi per il bene di tutti. Sapete cosa significa mettere Dio al primo posto? sia che ti chiami a consacrarsi a lui? sia che ti chiami formare una bella famiglia? Mettere Dio al primo posto nella vita significa trovare già da quaggiù la felicità. Ed è quella che auguro a tutti voi! Puntate in alto, giovani, abbiamo una vita sola, non si ripete: conviene spenderla bene». (altro…)