Mag 9, 2015 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«L’avventura dell’unità»: così Chiara Lubich e le sue prime compagne amavano definire la scelta di Dio come Ideale che le ha portate a vivere per l’unità della famiglia umana. Graziella De Luca era con lei fin dagli albori. Impossibile raccontare in poche righe la sua ricchissima vita che l’ha vista diffondere la spiritualità dell’unità in tanti luoghi e in tanti cuori. «Fuoco sono venuto a portare sulla terra e come vorrei che fosse già acceso» (Lc 12, 49) è la parola di Gesù che Chiara le aveva indicato come mèta e anche per il suo spiccato spirito apostolico che la portava con semplicità ad avvicinare deputati come semplici operai, per raccontare della scoperta che aveva cambiato la sua vita, l’incontro con l’amore di Dio. Graziella De Luca, nata a Trento il 21 marzo 1925, si è spenta il 9 maggio alle 15.35, mentre le focolarine che erano con lei stavano recitando il “Vieni Santo Spirito”; lo scrive la presidente del Movimento dei Focolari Maria Voce per informare le comunità in tutto il mondo. «Ringraziamo Dio della sua vita ricchissima! – continua – Preghiamo per lei, nella gioia di pensarla ora nel seno del Padre, insieme alla Madonna e a tutti i nostri cari. E, con fiducia, le affidiamo l’Opera “in uscita”, certi che ci aiuterà ad incendiare il mondo con l’amore». I funerali saranno trasmessi in diretta internet all’indirizzo: live.focolare.org/graziella (altro…)
Mag 9, 2015 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
«In queste ore in cui siamo letteralmente bombardati da violenza, guerre, in mezzo a tanta indifferenza, noi vogliamo testimoniare con forza che c’è un altro mondo, perché c’è!’». Questo l’esordio dal palco dell’Auditorium di Loppiano, dove Nino, Nahomi, Luigi ed Anna hanno condotto con calore e profondità due ore di dialogo con i 1.400 giovani arrivati. La 42° edizione del Meeting dei giovani italiani dei Focolari, si è svolta – come ogni anno – il 1° maggio nella cittadella di Loppiano (Firenze) e ha scelto per titolo: “OUTSIDE, Look, Choose, Be” (Uscire, guardarsi attorno, scegliere, essere). Molte sono state le proposte dei Giovani per un Mondo Unito a sostegno di una cultura della fraternità, come metodo per uscire dall’inerzia personale e sociale ed impegnarsi a cambiare il mondo. Con la Expo dei “Frammenti di Fraternità”, hanno messo in mostra la solidarietà e la partecipazione sociale attraverso una rete di organizzazioni gestite dai giovani. «Mi chiamo Kareem, sono palestinese. Ho 23 anni e mi sono laureato in amministrazione. Dopo la caduta del governo di Arafat sono cominciate le difficoltà per noi cristiani nella striscia di Gaza. Allora eravamo circa 2000 su 1 milione e mezzo di abitanti. Poi siamo molto diminuiti. Sono state anche bombardate due chiese».
È una delle forti testimonianze del 1° maggio. ««La guerra è cominciata nel 2008 –continua Kareem – Un giorno è caduta una bomba molto vicina a me, tanto che per l’esplosione sono stato scaraventato a terra. Tanta distruzione, persone morte! Prima ho provato ad andare da mio padre all’ufficio delle Nazioni Unite, perché mi sembrava il posto più sicuro, ma non è stato possibile. Soltanto dopo 4 ore ho raggiunto casa mia, dovendo passare anche sopra i corpi dei morti. Mia mamma piangeva perché non aveva mie notizie. Abbiamo vissuto 28 giorni in questa costante tensione. Poi, siamo riusciti a lasciare la Striscia di Gaza per andare in Giordania. Con le persone del Focolare, sperimentando una vita fraterna, pian piano ho superato il forte trauma e a credere che con l’amore possiamo costruire un mondo di pace. Da 7 mesi mi trovo a Loppiano. Vivere con giovani di diverse culture e religioni è un’esperienza nuova per me, perché a Gaza non avevamo contatti esterni. Cercando di aprirmi, di accettare gli altri, adesso mi sento a casa, ho trovato quel tesoro che cercavo». «Dopo il terremoto di Haiti del 2010 che ha causato la morte di oltre 220 mila persone, migliaia di haitiani sono emigrati in Brasile». Joao di Florianópolis, a sud del Brasile, apre uno spaccato su una realtà sociale: «Tanti di loro sono laureati, ma non parlando bene il portoghese, trovano lavoro solo come muratori e spesso vengono pagati poco e trattati con disprezzo. Ci siamo domandati cosa potevamo fare. Per avere un primo contatto abbiamo raccolto vestiario e generi alimentari. Non sapevamo come muoverci: loro parlavano francese e dialetto “Kriolo”, e noi non conoscevamo la loro cultura. Ma il desiderio di mettere in pratica quel passaggio del Vangelo “ero straniero e mi hai accolto” ha superato ogni ostacolo. Pian piano ci siamo conosciuti e abbiamo capito quali erano le loro principali difficoltà. La prima era la lingua. Abbiamo iniziato delle lezioni di portoghese, con slide, video e musica. Poi li abbiamo aiutati nelle pratiche per la richiesta di documenti e per l’iscrizione ai corsi tecnici gratuiti del governo, in modo che siano in grado di ottenere un lavoro, una vita migliore. Abbiamo organizzato serate culturali, con piatti, balli e canti tipici della loro terra, siamo andati in spiaggia, e giocato partite di calcio insieme… Vogliamo ora costituire una associazione per sfruttare tutte le possibilità che offrono le istituzioni per favorire il loro inserimento sociale ed culturale. Non è tutto risolto e abbiamo ancora tanto da lavorare, ma ci sembra che un seme di fraternità è stato piantato».
Ecco uno squarcio del Meeting 2015, ricco di testimonianze e di tante proposte concrete per rispondere alle urgenti necessità di molti. Intanto, una rete di giovani, di associazioni, di organizzazioni, è già attiva da anni in Italia e opera a vari livelli del tessuto sociale, verso quelle che papa Francesco chiama le periferie esistenziali: “Vogliamo portare alla luce questo sottobosco di solidarietà che c’è e sta costruendo un presente e un futuro di pace, ma che non si conosce abbastanza” – spiegano ancora i giovani dei Focolari. (altro…)
Mag 6, 2015 | Chiara Lubich, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«In questi giorni anche in Sudafrica ci sono tanti disordini, molta violenza, violazione dei diritti umani … c’è addirittura chi non vuole più altri fratelli di altre nazioni africane nel Paese. Non si capisce come mai questi fuochi di violenza vengano fuori così forti. C’è bisogno proprio di promuovere la tolleranza verso le diversità nei gruppi e nelle comunità, dovunque. I migranti vivono nella paura e tanti sono già rientrati nei loro paesi di origine», scrive Jacira, da Johannesburg. È in questo contesto che si è svolto, nel 7° anniversario della morte di Chiara Lubich (22/01/1920 – 14/03/2008), un seminario dal titolo “Religione a servizio della Pace”. Molto significativo il contributo di Ela Gandhi, nipote del Mahatma, che in più occasioni nei suoi viaggi in Italia è rimasta affascinata dalla figura di Chiara Lubich e dalla spiritualità dell’unità che ampiamente cita nel suo articolato intervento. In esso afferma, tra l’altro: «Riconoscendo come fece Gandhiji che niente si raggiunge quando le persone non hanno lavoro, cibo o dove abitare e di che coprirsi, Chiara ha concepito l’idea dell’Economia di Comunione nella libertà. Aver cura gli uni degli altri è l’eloquente suo forte richiamo!». Spiega ancora: «È l’amore per gli altri in forma di misericordia, l’amore che apre cuori e mani per abbracciare i derelitti, i poveri, coloro che sono gli scartati dalla vita e i peccatori pentiti». «Se pensiamo di praticare con fedeltà la nostra religione perchè allora ci sarebbero lotte, guerre, sopraffazioni e sofferenze perpetrate da uomo contro uomo e indicibili atrocità commesse dall’uomo in questo mondo?», si domanda. E afferma con forza: «Ogni comunità di fedeli si prenda la responsabilità di correggere interpretazioni erronee della propria fede e non di abbandonare la fede». «Qui in Sud Africa, durante gli anni dell’apartheid che si basò su un’erronea interpretazione della Bibbia – secondo Ms Ela Gandhi –, i nostri fratelli e sorelle cristiani convennero insieme per produrre il Kairos Document. Questo documento afferma che “il problema … in Sud Africa non è semplicemente quello di una colpa a livello personale, è un problema di ingiustizia di strutture”». Perciò, conclude: «Oggi quando il mondo ed anche il nostro Paese sperimenta un alto tasso di violenza e di comportamenti folli, di rabbia e distruzione, di povertà e indigenza, è necessario indirizzare nuovamente lo sguardo al nostro concetto di Ubuntu e vedere in quale modo ciascuno di noi può cominciare a introdurre nella sua vita agape, bhavana e molti altri termini simili che si riferiscono all’amore puro così da aiutare a creare un mondo migliore». E oggi più che mai, per dare il proprio contributo i membri dei Focolari, in questo Paese dalle grandi distanze, sono impegnati a raggiungere le comunità più lontane, per condividere e approfondire il messaggio di pace e di unità frutto del Vangelo vissuto. (altro…)
Mag 4, 2015 | Chiara Lubich, Cultura, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Ero uno dei bambini di Petite Flamme: la scuola mi ha messo in condizione di realizzare qualcosa nella vita», racconta Trésor, 29 anni, attualmente studente di matematica al College nazionale, attraverso un video proiettato durante la cerimonia che si è svolta lo scorso 29 aprile al museo ebraico di Berlino: «Quando ero piccolo mio padre era in guerra, mia madre non aveva niente da darci per farci crescere», aggiunge Jean Paul Ngandu Masamuna, 31 anni e settimo di nove figli, oggi ingegnere. «Dovevo lottare per la sopravvivenza. Petite Flamme mi ha dato da mangiare e la possibilità di studiare; i miei amici sono andati in Europa, ma ogni volta che parlo con loro mi dicono che non hanno nulla, che sono senza lavoro e senza documenti e che non hanno la libertà che ho io, i loro sogni non si sono realizzati. Amo vivere a Kinshasa con il mio popolo congolese, voglio restare e lavorare in Africa per salvare la vita di molte persone che soffrono». Petite Flamme, è un’organizzazione scolastica dei Focolari in Congo, che offre a tanti ragazzi la possibilità di costruirsi un futuro nel Paese d’origine, senza la necessità di dover emigrare.
L’immigrazione, la necessità di fermare le stragi in mare, l’urgenza di iniziative politiche della comunità internazionale in favore di certe regioni dell’Africa subsahariana e mediorientali, sono state al centro del dibattito svoltosi in occasione del “The Roland Berger HumanDignity Award”, a Berlino. Presenti all’evento: il Ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, ed altri esponenti del mondo economico e politico. Il premio è promosso dalla “Roland Berger Foundation” che opera in Germania per il sostegno agli studenti provenienti da situazioni svantaggiate e per la difesa dei diritti umani. La fondazione ha consegnato alla scuola Petite Flamme il riconoscimento 2015, dedicato all’impegno per difendere la vita e la dignità dei rifugiati e alla prevenzione delle problematiche legate all’immigrazione. Tra i vincitori, oltre Petite Flamme, la Dr.ssa Katrine Camilleri, di Malta, impegnata da anni per il sostegno legale ai rifugiati e la Dr.ssa Alganesc Fessaha, presidente della Ong “Gandhi”, che offre assistenza umanitaria ai rifugiati africani.
«Tutto è iniziato da un’idea di Chiara Lubich – racconta Dada Diambu che, insieme a Odon Makela, coordina il progetto sul posto – quando, per far frante alla difficile situazione in cui si trovano molti bambini nel mondo, ha lanciato il progetto di “sostegno a distanza” di Famiglie Nuove. Petite Flamme nasce nel 1996 per dare istruzione ai bambini di Ndolo, un quartiere di Kinshasa con una situazione di estrema povertà. I bambini sono malnutriti, per cui la priorità diventa un pasto caldo e le cure mediche necessarie. Negli anni a seguire si aprono nuovi centri, si amplia il ciclo scolastico e si estende l’intervento ad adolescenti e famiglie, si aprono classi per bambini ciechi e sordomuti. In seguito, si inizia l’esperienza del “doposcuola sotto l’albero”: 14 classi sotto 14 alberi in mancanza di altre strutture. Le sedi del progetto, sempre in evoluzione, si trovano nei quartieri più disagiati della periferia di Kinshasa; e poi a Idiofa, nel Bandundu a 750 km dalla capitale, a Kisandu nel Bas-Kongo e a Kikwit. Il progetto viene sostenuto da diversi enti e Ong e dall’Associazione per Famiglie Nuove onlus, che assicurano educazione, assistenza sanitaria, nutrizione, a 2400 bambini e ragazzi aiutandoli a diventare persone libere, perché possano uscire dalla miseria ed essere in grado di costruire una vita dignitosa per se stessi e per la comunità». «Durante la missione militare dell’Unione Europea “Eufor” che aveva per compito di assicurare le elezioni in Congo nel 2006 – spiega Monika-Maria Wolff, da moltissimi anni in Congo – il contrammiraglio Henning Bess, responsabile dei soldati tedeschi e vice comandante della missione – e presente alla cerimonia – venne a conoscere “Petite Flamme”. Da allora si impegna, insieme alla sua squadra, in aiuti molteplici e consistenti. Dopo la fine della missione il contrammiraglio ha continuato, con la moglie Julie Müller, a sostenere Petite Flamme, accanto al progetto del “sostegno a distanza” di Famiglie Nuove, con una rete di oltre 350 sostenitori tedeschi». Durante la cerimonia ha avuto luogo una tavola rotonda sugli esiti del recente Vertice speciale dell’Unione europea sull’immigrazione. Hanno partecipato Romano Prodi, il ministro degli esteri Steinmeier, un rappresentante del Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, giornalisti e membri di vari organismi umanitari. Emergevano due soluzioni come le uniche che possono portare rimedio sostenibile: che la comunità internazionale collabori in modo più compatto e deciso per la pace e che si sostengano iniziative mirate a risolvere– sull’esempio di Petite Flamme – il problema alle radici, che diano ai giovani modo di condurre una vita dignitosa all’interno del loro paese senza ricorrere alla fuga verso il nord e del benessere. Fotogallery (altro…)
Apr 29, 2015 | Chiara Lubich, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
«Si parla molto della costruzione di una comune casa europea, ma siamo convinti che questa opera così necessaria non sarà completa se non si penserà ad essa come a un particolare di quel “villaggio globale” che è la Terra in cui viviamo. Questo pensiero mi è suggerito anche dalla preoccupazione espressa nella sua lettera per le condizioni precarie del nostro ambiente naturale. (…). Si stanno infatti moltiplicando le analisi allarmate di scienziati, politici, enti internazionali sul nostro ecosistema. Da più parti si lanciano proposte per guarire il nostro mondo malato. (…) L’ecologia, in fondo, rappresenta una sfida che si può vincere solo cambiando mentalità e formando le coscienze. E’ ormai dimostrato da molti seri studi scientifici che non mancherebbero né le risorse tecniche né quelle economiche per migliorare l’ambiente. Ciò che invece manca è quel supplemento d’anima, quel nuovo amore per l’uomo, che ci fa sentire responsabili tutti verso tutti, nello sforzo comune di gestire le risorse della terra in modo intelligente, giusto, misurato (…). Questa della distribuzione dei beni nel mondo, dell’aiuto alle popolazioni più povere, della solidarietà del Nord per il Sud, dei ricchi per i poveri è l’altra faccia del problema ecologico. Se le immense risorse economiche destinate alle industrie belliche e ad una super produzione che richiede sempre più dei super-consumatori, senza parlare dello spreco dei beni nei Paesi ricchi, se queste enormi risorse servissero almeno in parte ad aiutare i Paesi più poveri a trovare una loro dignitosa via di sviluppo, come sarebbe più respirabile il clima, quante foreste si potrebbero risparmiare, quante zone sarebbero sottratte alla desertificazione e quante vite umane si salverebbero! (…) Eppure, senza una nuova coscienza di solidarietà universale non si farà mai un passo avanti. (…) Se l’uomo non è in pace con Dio, la terra stessa non è in pace. Le persone religiose avvertono la “sofferenza” della terra quando l’uomo non l’ha usata secondo il piano di Dio, ma solo per egoismo, per un desiderio insaziabile di possesso. È questo egoismo e questo desiderio che contaminano l’ambiente ancor più e prima di qualsiasi altro inquinamento, che ne è solo la conseguenza. (…) Adesso tali conseguenze disastrose costringono a vedere la realtà tutti insieme nella prospettiva di un mondo unito: se non si affronta questo problema tutti insieme, non lo si risolverà. (…) Se si scopre che tutto il creato è dono di un Padre che ci vuol bene, sarà molto più facile trovare un rapporto armonioso con la natura. E se si scopre anche che questo dono è per tutti i membri della famiglia umana, e non solo per alcuni, si porrà più attenzione e rispetto per qualcosa che appartiene all’umanità intera presente e futura». Leggi tutto (altro…)
Apr 26, 2015 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Spiritualità
«La cosa cominciò, come la cose di Dio, da umile germe. Silvia Lubich era figlia di un commerciante di vino, ridotto dalla crisi economica della seconda guerra mondiale a modesto impiegato del Comune, e di una massaia di Trento che da giovane aveva lavorato alla tipografia di Cesare Battisti. Due cristiani di tipo trentino: semplici, diritti, senza tante storie. Essi avevano messo al mondo quattro figli, un maschio, il primogenito, e tre ragazze, di cui Silvia, nata il 22 gennaio 1920, era la maggiore; a tutti avevano impartito un’educazione cristiana, la quale forgiò Silvia a una pietà lineare sin dall’infanzia. Lineare, perché non consentiva compromessi: non consentiva che si dividesse il desiderio tra Dio e il mondo, che si pensasse al bene e al male, che si mostrasse una cosa e se ne celasse un’altra. C’era Dio: Dio era tutto: e dunque bisognava essere tutti di Dio: fare la volontà di Lui, sempre come un raggio di sole spiccato dal cielo per posare in terra». È l’incipit di Storia di Light, cioè la storia di Chiara Lubich scritta da uno dei protagonisti delle vicende descritte: Igino Giordani, personalità insigne della cultura e della politica italiana, cofondatore del Movimento dei Focolari. «Essere un capolavoro non è mai facile per nessuna opera», scrive Alberto Lo Presti, direttore del Centro Igino Giordani, nell’introduzione alla prima puntata. «Figurarsi per un libro che deve contendersi questo primato con un altro centinaio, tanti quanti ne scrisse Giordani. Storia di Light, invece, non ha mai visto la luce. Non solo: è rimasto pressoché sconosciuto anche a coloro che – in questi anni – lo hanno custodito. Fu lo stesso Giordani a chiedere di attendere, quando – in realtà – qualsiasi autore vorrebbe perfettamente il contrario, cioè essere conosciuto soprattutto per i propri migliori lavori». «Storia di Light non è una ricerca condotta con le regole e il metodo della storiografia. Potremmo definirlo il racconto del prodigioso intervento suscitato dallo Spirito Santo – e visibile nella figura e nell’azione di Chiara Lubich – nella storia del Ventesimo secolo. In altre parole, è costituito da una serie di quadri narrativi in cui il disegno biografico di Chiara è intrecciato al disegno di Dio su un’umanità afflitta idealmente e sconvolta socialmente dalle divisioni e dalle guerre mondiali. Ecco perché, nella trama sottile della Storia di Light, riconosciamo alcuni elementi di base della complessa personalità di Giordani. Egli visse, da protagonista, tutti i principali drammi del Ventesimo secolo, ricevendone le ferite di guerra, subendo le persecuzioni ideologiche, accettando l’emarginazione civile. Fu uomo di fede, operante nella Chiesa e nella cultura, consapevole che il male radicale sarà sconfitto da un nuovo spirito cristiano, di cui si mise alla tenace ricerca. Incontrò Chiara Lubich, nel settembre del 1948, e colse in lei la luce (light) che era andato cercando. La seguì mettendo a disposizione della fondatrice del Movimento dei Focolari tutta la propria intelligenza e l’intera volontà. Non ebbe mai dubbi sulla forza e sulla preminenza della figura di Chiara per la Chiesa, per la società, per la storia contemporanea e in avvenire. Giordani, perciò, non poteva, neanche volendolo, scrivere una storia compiuta e distaccata, metodologicamente inappuntabile, di Chiara Lubich. Il suo coinvolgimento umano e spirituale non glielo poteva concedere». «L’Autore aveva scritto numerosi volumi sulle più grandi figure spirituali: Caterina da Siena, Ignazio di Loyola, Maddalena di Canossa, Contardo Ferrini, Francesco di Paola, Vincenzo de’ Paoli, Francesco di Sales, Francesco d’Assisi, solo per citare alcuni lavori monografici. Si tratta di una galleria di personalità straordinarie, di epoche e contesti differenti. Il posto d’onore, in questa ricca sequela, è assegnato a Chiara Lubich, della cui storia egli fece il suo “capolavoro”. Quando, a 54 anni, la storia lo chiamò all’appuntamento con Chiara, non si recò spiritualmente disarmato. Sapeva misurare la grandezza religiosa di un ideale, così come aveva gli strumenti per saggiare la magnitudine di un’intuizione mistica. Per tale ragione […] è verosimile che Giordani avvertì una sorta di supremo dovere affinché egli rendesse testimonianza della verità su chi fosse realmente Chiara. D’altronde, questo ruolo fu da lui assunto fin dai primi istanti della sua frequentazione con Chiara e il primo nucleo di focolarine. Con la sua erudizione, era in grado di svelare l’importanza e la novità della figura di Chiara alle giovani che la seguivano». «Giordani visse i momenti difficili in cui Chiara Lubich e i Focolari erano sotto la lente d’ingrandimento della Congregazione del Sant’Uffizio. Da tale periodo – siamo negli anni Cinquanta – e ancora per molti anni a venire, si produsse un diffuso atteggiamento prudenziale che induceva alla massima discrezione attorno alla figura di Chiara. Se era necessario contenere i sentimenti di affetto e di stima per Chiara, per Giordani non v’erano tuttavia dubbi che la verità su di lei andava scritta e tramandata. Di qui, Storia di Light, il suo “capolavoro”. Introduzione a Storia di Light (testo integrale) – pubblicato su Nuova Umanità, gennaio-marzo 2015 (altro…)