Mag 31, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Maria Voce e Jesús Moran, presidente e copresidente del Movimento dei Focolari, durante la visita in corso in Polonia, si sono trovati il 26 maggio scorso nella cittadella Fiore con un gruppo di sacerdoti e religiosi legati in vari modi ai Focolari. Padre Zdzislaw Klafka, redentorista, racconta del suo incontro con la spiritualità dell’unità e degli effetti positivi nel vivere la sua vocazione specifica in modo più radicale. «Sono grato a Chiara Lubich per essere stata strumento docile nelle mani di Dio a far nascere nella Chiesa un spiritualità che mi ha aiutato a vivere le difficoltà che ho incontrato nella vita: Quando sono stato nominato superiore mi son trovato davanti a una sfida. Ero a Roma, e prima di tornare in Polonia, le ho chiesto di indicarmi una frase del Vangelo che potesse illuminare i miei passi. Lei mi ha risposto: “Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per gli amici suoi”. Avevo, allora, 29 anni e quella frase è diventata la bussola che mi indica la strada. Vivendo la spiritualità dell’unità ho cominciato a guardare il mio fondatore, S. Alfonso, in modo nuovo. Così ho riscoperto non soltanto le mie radici ma la forza evangelica racchiusa in ogni altro carisma della Chiesa. Qualcuno mi ha chiesto se questa mia adesione alla spiritualità dei Focolari, non sia tempo rubato ai miei doveri di redentorista. Il fatto è, e l’ho sperimentato più volte, che quando torno dagli incontri con religiosi di altre ordini, ho più voglia di vivere ancor più radicalmente la mia scelta di Dio».

Padre Zdzislaw Klafka CSsR
«La famiglia numerosa dalla quale provengo – ricorda p. Zdzislaw – mi ha aiutato a vivere per Dio, ma “assieme ad altri”. Dopo il noviziato con i redentoristi è venuto a tenere una conferenza un professore, Wlodzimierz Fijalkodwski che, fra l’altro, ci ha detto di aver conosciuto i focolarini. Ci ha lasciato l’indirizzo e siamo andati trovarli. Non dimenticherò mai quell’incontro. Ho trovato delle persone realizzate che mi hanno dato la chiave per costruire rapporti di carità, fino a sperimentare la presenza del Risorto. E ancora un’altra chiave che ci avrebbe permesso di avere pace: Gesù Abbandonato, grande intuizione di Chiara Lubich, che aiuta a non soccombere alla paura. Non avevo finito gli studi a Roma che, con un altro religioso, siamo stati richiamati in Polonia per affidarci la formazione dei seminaristi. Li abbiamo invitati a prendersi la responsabilità di ogni aspetto della vita del seminario. Da parte nostra, invece, abbiamo deciso di essere loro accanto, ascoltarli, trattarli con serietà. Il volto del seminario è cambiato. Siamo rimasti con questa responsabilità per tre anni, poi sono stato rimandato a Roma per completare gli studi. Siccome tanti nel Movimento mi chiedevano di parlare del mio fondatore, e soprattutto vedendo come Chiara amava i santi, ho fatto la licenza e il dottorato su S. Alfonso dei Liguori. Seppur giovane, sono stato scelto per due trienni come superiore della Provincia dei Redentoristi. Nel 1991, dopo la caduta del muro di Berlino che segnò una pagina nuova per i cattolici dell’est-Europa, è nata una radio. Questo mezzo è diventato uno strumento per formare le coscienze dei cattolici che, durante il comunismo, erano state paralizzate. È nata in seguito una rete televisiva e l’Istituto Superiore di Cultura Sociale e Mediatica, del quale da 14 anni sono rettore. L’Istituto ha oltre 400 studenti». Riguardo alla presidente dei Focolari p. Zdzislaw, conclude: «Ammiro in Maria Voce la sua semplicità, la sua saggezza. In lei mi affascina la libertà di vivere l’ideale dell’unità, e questa è la sostanza della vita di Chiara Lubich». (altro…)
Mag 30, 2015 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Arrivano da Damasco, Aleppo, Homs, Banias, Kfarbo e Tartous. Chi poteva immaginare un week-end con i giovani da tutte le parti della Siria. Una pazzia? Si sono chiesti gli organizzatori. Forse, ma è diventata una realtà. Il numero è andato crescendo giorno dopo giorno finché sono diventati 67. «La nostra avventura è incominciata così», raccontano. «Abbiamo scelto un posto sicuro dove tutti potessero arrivare, anche dovendo fare 10 ore di viaggio. L’idea era di trascorrere 3 giorni insieme dove poter vivere, condividere, pregare, piangere, giocare, stare nella natura, ma tutto nell’amore reciproco fra noi». «Cosa importa nella mia vita?» era il titolo del week-end, domanda che risuona ancora più forte in una situazione precaria come quella dei giovani siriani. Divisi in quattro gruppi con diversi temi: “Un’amicizia speciale col Padre”, “Ogni giorno da Gesù”, “L’Amore che rende liberi”, “L’amore a Maria”, che hanno approfondito con brani della Sacra scrittura, dei Papi e dei santi, accompagnati da storie vere di giovani che li hanno preceduti nella corsa verso la santità. «Quando sono arrivata al week-end ero stanca dalla guerra – confida Fatima – e sentivo che la vita era ferma, ma lì ho sperimentato di nuovo la presenza di Dio nella mia vita e il suo Amore per me attraverso l’amore degli altri. Adesso quando passo momenti difficili, mi basta pensare che c’è qualcuno che sta pregando per me e che sta cercando di vivere allo stesso modo, e questo mi dà una pace interiore grande. Ho capito che la cosa più importante è vivere la vita… amando Gesù in ogni prossimo».
Il primo giorno hanno approfondito uno dei cardini della spiritualità dell’unità, «Dio Amore». Ripercorrendo la storia degli inizi dei Focolari a Trento durante la seconda guerra mondiale, nel crollo di tutto, si ripercorreva anche la realtà siriana di oggi. «Tutto crolla solo Dio rimane», affermava qualcuno, quindi: «Cosa importa davvero nella mia vita?». Uno di loro ha detto: «Vivere il cristianesimo in modo radicale». Il secondo giorno, attorno a uno storico discorso di Chiara Lubich ai giovani negli anni ’70, «Gesù Maestro», è emersa la loro sete di Dio. «Non sono mancate le serate con canti, danze e giochi che ci hanno fatto sperimentare il senso di una vera famiglia», scrivono ancora Murad e Lina. Andando via qualcuno affermava: «Ringrazio Gesù per tutti i momenti di gioia e di dolore». «Ho sperimentato di nuovo la carezza di Dio – scrive Haashim – sento la responsabilità di portare questa grazia a tutti quelli che sono attorno a noi». Giorni indimenticabili per tutti. «Sono stati giorni» – scrive Samir – «in cui abbiamo preso pace, serenità e che ci hanno dato la forza per tornare a vivere in questa situazione drammatica». «Nonostante tutta l’assurdità della guerra – conclude Nahda – non mi sento sola». (altro…)
Mag 28, 2015 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«La mia attuale parrocchia, si trova in uno dei quartieri di Bratislava, capitale della Slovacchia – racconta don Ludovit –. Ha 4.300 abitanti circa, di cui 3.500 sono cristiani, in crescita continua. Sapevo che il mio primo compito qui, dove sono arrivato nel luglio 2009, era quello di amare le persone con l’amore di Gesù. Adesso posso dire che sono felice perché si è creata una bella comunità tra persone di diverse età e categorie sociali, provenienti da diverse città della Slovacchia che hanno scoperto un nuovo rapporto con Dio non solo attraverso la Bibbia e la preghiera, ma anche attraverso la comunità e le varie attività parrocchiali. Hanno trovato qui la gioia della fede per la quale vale la pena vivere. Quando sono arrivato mancavano i giovani: lo Stato aveva infatti vietato nuove costruzioni, e quindi le giovani coppie si erano spostate altrove. Inoltre, non c’era stato un lavoro di formazione alla fede per quei pochi ragazzi che c’erano. Ho trovato tre giovani con la voglia di aiutarmi, ma erano immerse nel proprio studio e lavoro. Ho invitato, allora, i ragazzi e i giovani da poco cresimati ad un barbecue. Per rispetto sono venuti, ma non sono più tornati: “La cresima l’abbiamo già ricevuta, quindi non c’è più bisogno di andare a messa”, mi hanno detto. In questa situazione ho affidato tutto a Gesù. Dal settembre 2009 insegno catechismo in tutte le classi della scuola elementare e media (circa 150 ragazzi). Contemporaneamente, ho iniziato la messa domenicale per le famiglie. Cercavo di sfruttare ogni occasione per creare dei rapporti: salutare per strada, una visita a casa, scambiare qualche parola in negozio, all’ufficio o nella scuola. E ancora: invitare ad un barbecue e a fare sport nel campo giochi parrocchiale. Pian piano le persone hanno iniziato a partecipare. Progressivamente si è creata una comunità: bambini che non volevano mancare, mamme giovani che si scoprivano vicine tra loro per l’età dei figli, papà che si invitavano per i vari lavori in chiesa e nella casa parrocchiale, ma anche per andare a giocare a tennis o a prendere una birra insieme. Pure il sindaco e alcuni deputati hanno cominciato ad essere presenti. Un giorno Gesù mi ha mandato anche Blanka, attuale direttrice del coro e animatrice di molti eventi». «Tanti dicono che la nostra è “una parrocchia viva” – afferma Blanka –. Nonostante le nostre differenze individuali, costantemente cerchiamo ciò che ci unisce, e torniamo sempre alla sorgente d’unità, d’amore e di perdono, che è Gesù. Noi genitori cerchiamo di creare le condizioni pratiche perché tante attività possano svolgersi. Spesso succede che sono a scapito del nostro tempo, riposo o lavori domestici, però è veramente bello vedere che tutti sostengono non solo i propri figli, ma tutti i “nostri” ragazzi. Come con Michele, un figlio autistico ormai adolescente. Sono molto contenta di vedere che gli altri ragazzi gli aprono la porta, lo invitano e lo considerano alla pari. E Michele li ama molto e sente tutti come la sua grande famiglia». «Sono medico immuno-allergologa, non statale, e lavoro presso l’Ospedale pediatrico universitario di Bratislava – continua Dagmar –. Il Centro pastorale e la Scuola materna parrocchiale che si sono costruiti, sono diventati dei “poli” di diverse attività per i nostri bambini, ragazzi e giovani, il cui numero è in costante crescita. Un giorno, nel maggio 2012, don Ludo mi ha chiesto se fossi disponibile a partecipare come medico ad un campo scuola estivo per ragazzi della nostra parrocchia. Ho subito risposto di no. Ma poi, mi sono venuti in mente i volti dei ragazzi che già conoscevo. Alla fine ho detto di sì, e sono già al 4° anno! Sono diventata più sensibile al dolore dei bambini e alle loro paure per la salute quando si trovano senza i loro genitori. Questa esperienza mi ha aiutato anche ad approfondire il senso del servizio agli altri». «Un incontro molto importante – conclude don Ludo – si è verificato l’anno scorso a Benevento (Italia), organizzato dal Movimento Parrocchiale. I nostri giovani si sono portati dentro “un incoraggiamento, una forza spirituale, un più stretto rapporto con Dio, – dicevano – e, soprattutto, la voglia di vivere ‘impegnati nell’amore’, perché qualunque cosa facciamo se non ha amore, essa perde il suo valore e significato”. Per me era una conferma che la comunità non solo è nata e si è consolidata, ma poggia anche sulla fede dei giovani; il futuro, perciò, è assicurato». (altro…)
Mag 22, 2015 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«La casa che ospita la nostra comunità è nelle immediate vicinanze di Piazza S. Pietro, a Roma. Sono quasi le nove di sera. La mia superiora è da poco uscita per uno sguardo by night al colonnato del Bernini insieme ad alcuni connazionali. Squilla il cellulare. È lei: «C’è qui uno, sui 35 anni, che sulla metropolitana è stato derubato di documenti, soldi, telefonino». Scendo per vedere cosa si può fare. Luciano, così dice di chiamarsi quell’uomo, racconta di essere arrivato a Roma proprio quel pomeriggio, dopo ventisette ore di pullman. Era riuscito a racimolare 1300 euro, pensando che con quella somma si sarebbe spesato fino a che non avesse trovato lavoro in Italia. Gli domando se vuole telefonare a qualcuno e lui mi dà il numero della madre nel suo Paese d’origine. Glielo compongo e gli passo il cellulare. Si sta facendo tardi. Chiamo una suora che lavora alla Caritas della stazione Termini per sentire se conosce qualche posto dove farlo pernottare, ma senza documenti dice che non è possibile. Lui decide che avrebbe dormito all’aperto e che all’indomani sarebbe andato all’ambasciata per poi tornare al più presto in patria. Gli chiedo se vuole mangiare, bere, ma ha lo stomaco chiuso dallo stress. Dice di avere ancora i panini del viaggio. Propongo di accompagnarlo dai clochard di Piazza Pio XII, per affidarlo a loro (c’è anche qualche connazionale). Prima di raggiungerli, incontriamo B., una senzatetto che dorme nelle nicchie dei palazzi. A volte le portiamo qualcosa da mangiare. Le racconto la storia di Luciano, senza dirle, però, che con i tempi che corrono, non so se faccio bene a credergli. E se fosse una truffa? Ma è più forte la convinzione che si tratta pur sempre di un fratello da amare concretamente. La donna gli dice: «Vai al cassonetto, prendi tanti cartoni, perché la notte fa molto freddo. Dormirai qui vicino; nessuno ti farà del male». Lasciamo i bagagli e andiamo a cercare i cartoni, non certo facili da reperire: nella zona sono tanti a dormire sul cemento sotto i muri. Nel frattempo ci raggiunge la mia superiora. Con i cartoni torniamo da B. e lasciamo Luciano sotto la sua custodia. Soprattutto lo affidiamo alla Madonna e agli Angeli Custodi. Di notte non riesco a dormire. Fuori fa molto freddo e c’è tanta umidità. La mattina gli porto almeno il latte caldo e del caffè. Dice che per il freddo, la scomodità e il rumore delle auto, non ha mai dormito. Torno a casa per la Messa. Le letture parlano del digiuno, che consiste non solo nell’astenersi dal cibo ma «nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo…” (Is 58,1-9). Non riesco a leggere; non riesco a rispondere al sacerdote, un nodo mi stringe la gola, le lacrime scendono da sole… Comprendo – proprio io, che non piango mai – cosa significhi il ‘dono delle lacrime’ di cui recentemente ha parlato Papa Francesco. A fine messa dico alla superiora: «Dobbiamo occuparci di lui fino in fondo». Temendo la truffa, lei è titubante, ma poi acconsente. Luciano è ancora lì. Si era ricordato che nella tasca interna dello zaino aveva la carta d’identità. Carichiamo una delle sue borse nel carrello della spesa, l’altra la portiamo insieme a lui. Alla stazione dei pullman scopriamo che proprio oggi ce n’è uno per il suo Paese. Gli compriamo il biglietto. La cassiera ci avverte di aspettare la partenza, perché è successo che tipi come lui vanno poi alla cassa per farselo rimborsare. Dobbiamo rientrare a casa e gli paghiamo la colazione. Mancano ancora due ore alla partenza ma noi continuiamo a fidarci. Lo abbraccio forte e gli lascio il numero del cellulare, insieme a qualche soldo per il viaggio e un po’ di valuta nazionale per tornare in treno nella sua città. Nel pomeriggio, da qualcuno che è venuto a sapere di questa storia, riceviamo in dono quanto abbiamo speso. Il giorno seguente giunge anche un grato SMS di Luciano. “Vi ringrazio per il biglietto e per tutto. Sono arrivato a casa sano e salvo». (altro…)
Mag 19, 2015 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Una vocazione in crescita, quella della vita consacrata in India, che tocca vari punti del sub-continente: Andra Pradesh, Orissa, gli Stati del Nord Est. «Il senso della fede e della visione della vita religiosa è apprezzato e il desiderio che più anima i giovani che vengono in noviziato è di avere un’intimità con il Signore». Lo dichiara Padre Attulli in un’intervista rilasciata ad “Unità e Carismi”, del gruppo editoriale di Città Nuova. «Lo cercano con l’esperienza della preghiera, quale elemento primario – continua – e vogliono dedicarsi di più alle opere di carità. L’esempio di Madre Teresa di Calcutta è molto forte. Lei, dall’esperienza concreta dell’India, riesce a scoprire se stessa e la propria vocazione, passando attraverso una preghiera più profonda; da lì nasce la sua nuova vocazione». I giovani che arrivano in noviziato provengono da un contesto che non nasconde le disuguaglianze sociali, la povertà, pur essendo il sub-continente indiano tra le nuove economie mondiali. Ma non perdono la dimensione spirituale, anzi «Cercano la soluzione in Dio», trovando al tempo stesso un risvolto nell’impegno sociale, infatti «si ispirano a fare delle opere di carità per risolvere i problemi della povertà materiale, dell’educazione e così via. Vengono con un’esperienza di Dio, poi quest’esperienza di Dio li porta a opere apostoliche in favore dei bisognosi». Siamo nell’Anno che la chiesa cattolica dedica alla Vita consacrata. Che passi fare per migliorare? «Nel contesto indiano – spiega P. Attulli – la Chiesa in genere e i religiosi in particolare possono dare una testimonianza della presenza del Signore Gesù, stando più vicino ai poveri, sia nello spirito che nei bisogni concreti. È una sfida nel mondo secolarizzato, dove siamo talmente intossicati dal benessere! La gente vuole riscoprire il volto di Dio in noi, staccandosi dalla droga del benessere».
«Come mai la gente si allontana da Dio? Perché non sente la necessità di andare da Lui?», s’interroga il religioso. E la risposta la trova nella propria esperienza di vita: «Se stiamo vicino ai poveri, a coloro che hanno bisogno, scopriamo il volto di Dio in loro. I missionari che vivono con i poveri, vivono in contatto con gente che ha fede, anche se si deve aiutarli a crescere nella “cultura della fede”, con la catechesi, la preghiera e i sacramenti». «Nel continente indiano – conclude – non c’è solo la povertà materiale ma vi sono anche le periferie esistenziali dove è forte la povertà spirituale. Noi siamo creati per amore e nell’amore, chiamati a vivere una vita serena, pacifica, gioiosa. La fede non è per appesantire la testa, ma per vivere gioiosamente, non solo nella vita escatologica, ma qui e adesso. Per questo la nostra presenza nelle periferie e con i poveri è importante». (altro…)
Mag 18, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Firenze: partendo da chi lo vive: questo vuole essere lo spirito del Convegno ecclesiale», lo dichiara in apertura il segretario generale della CEI, mons. Nunzio Galantino, sottolineando come ne sia prova anche questo incontro che raccoglie realtà ecclesiali e che operano nel sociale. «Il convegno ecclesiale di novembre inizierà da Prato, ideale periferia di Firenze, dove si recherà anche il papa». «Offrire l’apporto di una riflessione e di una testimonianza a partire dalle esperienze che alcune realtà vive della chiesa in Italia, stanno conducendo sulle frontiere del servizio agli ultimi, e del dialogo a 360°»: così il prof. Piero Coda sintetizza in un’intervista l’obiettivo dei due giorni di lavoro per un approfondimento sul tema “Il Servo del Signore e l’umanità degli uomini” (15 e 16 maggio), organizzato dal Gruppo Abele con la rivista Il Regno e in collaborazione con l’Azione Cattolica Italiana, la Caritas, il Cnca, le Reti della Carità e il Movimento dei Focolari. Insieme alle altre, sono esperienze che, continua Coda «si aprono su tutte le frontiere esistenziali, come dice papa Francesco, della nostra società». «Nella Evangelii Gaudium papa Francesco ha una bella espressione: sì alle relazioni nuove generate da Gesù. Tutte le realtà che sono coinvolte in questo evento realizzano in modi diversi, questo “sì a relazioni nuove”, con le diversità culturali, sociali, con le emarginazioni, con il mondo attorno a noi, con la casa comune del Creato, proprio come espressione di questa relazionalità». La presenza di Maria Voce sottolinea l’adesione dei Focolari a questo cammino, che vuole soprattutto far riaffiorare la vita di quanti ogni giorno si spendono per un “nuovo umanesimo”. «La Chiesa oltrepassa i confini degli edifici di culto e, nella piena comunione fra clero e laici, si fa più vicina all’umanità di oggi», ha affermato nel suo intervento. Il presente Convegno «vuole ritmare una stagione nuova di vita e di missione della Chiesa in Italia: non solo in riferimento alla “conversione pastorale” che la incalza, ma anche al ruolo e alla prassi pubblica dei cristiani a confronto con la realtà sociale, economica, politica, del nostro Paese con lo sguardo aperto all’Europa e al mondo». Si è poi riferita alla sfida del pluralismo e alla necessità di comporre le molteplici diversità che attraversano l’ambito pubblico. «Questa nuova stagione significa trasformare il mondo, partendo dalla conversione radicale del cuore e della mente per essere pronti ad incontrare Gesù in ognuno. Dio non può accettarci da soli, vuole che andiamo a lui con i fratelli… Dare il nome cristiano della fraternità al legame sociale vuol dire impegnarsi per armonizzare l’intreccio delle relazioni, riconoscendo la nostra co-appartenenza reciproca e i vincoli di responsabilità che ne derivano, e orientando l’agire personale e collettivo al bene di tutti». Per questo «occorre dare voce e dignità a quanti sono ai margini, allargare i cerchi dell’inclusione, sanare e ricostruire il tessuto sociale disgregato. Sono prima di tutto i giovani a chiedere di portare il proprio contributo. Quante iniziative diffuse localmente, al cuore di innumerevoli frammenti di vita civile “fraterna”!». A confermare le parole di Maria Voce, la presenza al Convegno dei circa 200 appartenenti ai Focolari, impegnati in vario modo negli organismi ecclesiali e attivi nel campo del dialogo interreligioso, dell’accoglienza agli immigrati, della politica, della cultura e della legalità, della scuola, veri e propri cantieri aperti per il bene dell’Italia. Una partecipazione che vuole indicare l’assumersi di un nuovo concreto impegno insieme alle tante altre realtà associative che sono all’opera. «C’è bisogno di speranza. – ha affermato don Ciotti, fondatore del gruppo Abele e di Libera – ma dobbiamo cominciare a partire da chi dalla speranza è stato escluso». Condivisa da tutti i presenti la nuova “attenzione agli esclusi”, espressa da don Ciotti, come stimolo umile che “ci collega al giubileo della misericordia”. (altro…)