8 Apr 2016 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
https://www.youtube.com/watch?v=fmnzghp0ghg&feature=youtu.be L’appuntamento annuale promosso dai giovani dei Focolari che mira a coinvolgere il maggior numero di persone e istituzioni nel percorso verso la fraternità, avrà il suo centro quest’anno a Quito, in Ecuador. Il tema è quello dell’interculturalità, con una manifestazione giovanile alla cosiddetta “Metà del mondo”, dove si può mettere un piede sull’emisfero boreale e l’altro su quello australe. Giorni di dialogo fra giovani di diverse culture, attraverso il lavoro, la condivisione e il turismo comunitario in una natura esuberante. Sul sito www.mundounido2016.com tutte le informazioni riguardo al programma ecuadoregno. “Link Cultures – un camino para la paz” è il titolo che accomuna le più varie iniziative di fraternità che si svolgeranno contemporaneamente in tutto il mondo, unendo generazioni e culture in un unico laboratorio e rintracciabili attraverso l’hashtag #4peace.
Un po’ di Storia. Maggio del ’95, il Genfest – grande appuntamento mondiale dei Giovani per un Mondo Unito – si conclude con il lancio della Settimana Mondo Unito (SMU): una settimana per contribuire a creare rapporti di pacifica convivenza tra popoli e culture diverse, nel rispetto dell’identità di ogni comunità e popolo. Una proposta alle istituzioni nazionali e internazionali, pubbliche e private, di evidenziare e valorizzare le iniziative che promuovono l’unità ad ogni livello. La SMU è parte integrante dello United World Project. A vent’anni da quello storico evento: molteplici le iniziative di giovani, ragazzi e adulti , in queste edizioni della SMU che l’hanno vista farsi sempre più spazio nell’opinione pubblica, nei mass media, fra le istituzioni. Su ogni punto del pianeta, la rende affascinante una forte idealità: convincere il mondo che è “tempo di fraternità”. Nel 2010, un collegamento mondiale dall’Ungheria dà il via alla SMU; nell’edizione 2011 la diretta mondiale parte invece da un piccolo paese, Sassello (Italia), dove è nata e vissuta Chiara Luce Badano, giovane dei Focolari morta nel 1990 e beatificata nel 2010. La SMU del 2012 precede il Genfest che si realizza a Budapest (12 mila giovani nello Sport Arena e 500 mila collegati mediante le reti sociali). Nel 2013 la diretta mondiale viene trasmessa da Gerusalemme: 120 giovani di 25 Paesi, musulmani, cristiani ed ebrei, vivono una forte esperienza di fraternità: un programma di vita per un futuro di pace. Il “focus” della Settimana Mondo unito 2014 è a Nairobi, con il cantiere di reciprocità “Sharing with Africa”. “Fabric, Flavour, Festival – discovering fraternity”, è il titolo della SMU 2015 che sviluppa il tema del dialogo a 360°. L’evento centrale è animato dai Giovani per un Mondo Unito dell’India, a Mumbay, con giovani del movimento indù dello Shanti Ashram, ulteriore segno di come questi giorni uniscano popoli e religioni diverse.
Run4Unity – Altra novità di quest’anno è il coinvolgimento dei ragazzi: l’evento sportivo mondiale Run4Unity, staffetta mondiale per la pace che nelle precedenti edizioni ha toccato migliaia di ragazzi, avrà d’ora in poi cadenza annuale, e sarà inserita all’interno della Settimana Mondo Unito. La Run4Unity 2016 si correrà il prossimo 8 maggio. I Giovani per un Mondo Unito sperano che questa expo internazionale e itinerante, ormai ventennale, sia riconosciuta anche dall’ONU. Le iniziative che continuano a svolgersi durante l’anno, e sulle quali la Settimana Mondo Unito accende i riflettori, sono raccolte nella piattaforma dello United World Project. (altro…)
7 Apr 2016 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nasri ha studiato a Milano per poi specializzarsi in urbanistica a Venezia. Tornato nella sua terra, ha conosciuto 20 anni fa il Movimento dei Focolari. Quest’incontro, a suo dire, gli ha cambiato la vita. Ha 3 figlie di 17, 15 e 13 anni. Lo incontriamo a margine di OnCity, convegno internazionale sul bene comune (Castel Gandolfo 1-3 aprile). Quali sfide incontri ogni giorno nella tua terra? «Lavoro nel settore edilizio. Per motivi politici abbiamo difficoltà nel rinnovo del piano regolatore, che risale agli anni ’70. Per aprire una nuova strada o modificare un percorso occorrono i permessi, ma l’autorità militare israeliana li nega». È davvero possibile “amare il nemico”? «Non è facile essere un cristiano vero in Palestina. In questo campo il nostro nemico è l’autorità israeliana militare, non gli ebrei! Rispetto la religione ebraica perché siamo tutti fratelli, figli di Dio. Ma come posso amare un soldato israeliano che mi uccide? Che distrugge le nostre città? Che occupa il nostro territorio? Come faccio a vivere il cristianesimo? Ho provato a confrontarmi su questo con altri cristiani. Ho capito che se non sono capace di amare, almeno posso cominciare a non odiare, e piano piano forse l’amore verrà. Queste due parole, “non odiare”, le ho messe nella mente e nel cuore e ho cominciato a viverle nel mio mondo. Mi hanno aiutato spesso, ad esempio nel sorridere ad un soldato. Specialmente al check point, perché purtroppo noi palestinesi non possiamo muoverci liberamente. Siamo circondati, siamo in prigione. Una volta un capitano mi ha chiesto come mai io, arabo palestinese, gli avessi sorriso. Ho risposto: Gesù ci ha detto “bisogna amare tutti”, e io ti amo. È rimasto colpito, non sapeva cosa dire. Mi ha lasciato passare senza farmi troppi controlli! L’amore esiste, anche nel cuore degli occupanti israeliani come di ogni uomo sulla terra. Non do colpa a loro, perché sono soldati e devono obbedire agli ordini. Lasciamo il conflitto ai governi, noi come popoli possiamo vivere insieme. Ma per i giovani questo è più difficile da accettare, soprattutto adesso che con internet vedono com’è il mondo fuori dalla Palestina».
Cosa fate con il Movimento dei Focolari in Terra Santa? «Sono un volontario e impegnato in Famiglie Nuove. Promuoviamo attività nelle diverse chiese con la comunità cristiana a Betlemme. Io sono greco ortodosso, mia moglie è cattolica. Andiamo da chi ha bisogno: anziani, bambini abbandonati, o persone malate mentalmente che hanno bisogno di essere amate. Cerchiamo di fare il possibile…». Ci sono ebrei tra le persone che hanno contatto con il Movimento? «Molte famiglie ebree sono amiche nostre. Facciamo degli incontri insieme. Una delle mie figlie gioca a calcio. Attraverso il Centro Peres per la Pace la sua squadra, insieme a una squadra israeliana, è stata invitata dal Real Madrid. Per lei, per la prima volta in contatto con coetanei ebrei, era una nuova esperienza. Al ritorno mi ha detto: «Tutti i giocatori ebrei sono amici miei». Siamo in contatto anche con tante famiglie musulmane: in Palestina i musulmani sono il 99%, l’1% siamo cristiani. Come Movimento dei Focolari abbiamo un rapporto molto buono con i musulmani, e anche con gli ebrei. Questo ci dimostra che vivere insieme si può». Se tu potessi dare un messaggio a tutto il mondo, cosa ti sta più a cuore per la tua terra? «Ricordateci. Ci sono palestinesi cristiani che stanno soffrendo. Eravamo più del 10%, ma l’emigrazione delle famiglie cristiane è aumentata moltissimo. Ho paura che un giorno non si troverà neanche un cristiano. Aiutateci a risolvere il problema palestinese. Se si crea la pace nel Medio Oriente, verrà la pace per tutto il mondo. La volontà di Dio c’è, ma abbiamo bisogno della volontà degli esseri umani. È un posto strategico, ricco di spiritualità. Ci manca solo l’unità. Se esiste l’unità tra queste tre religioni, il Medio Oriente sarà in pace e sarà un modello. Questo è l’unico messaggio che posso dare: vivere le parole di Gesù, per creare la pace e l’amore, perché ne abbiamo bisogno veramente». Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
24 Mar 2016 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Le linee del Vangelo di Giovanni, e non solo di quello, convergono insieme nella frase che per me già da molto tempo ha un significato profondo e infinito: «Che tutti siano una cosa sola, come tu Padre sei in me e io in te, perché il mondo creda» (cf. Gv 17,21). È così che dobbiamo vivere. […] Queste sono le coordinate dell’unità che ho particolarmente a cuore: l’unità nelle nostre parrocchie, l’unità dei diversi servizi e ministeri, l’unità tra clero e laici, l’unità tra i presbiteri. L’unità diventa credibile solo se dimostra che non siamo noi i padroni, ma solo Lui è il Signore. Questa unità nell’ambito del ministero sacerdotale mi sta a cuore in modo speciale. Al tempo stesso devo menzionare l’unità della Chiesa, l’unità con coloro che si trovano al di fuori dei confini della nostra Chiesa cattolico-romana, l’unità fra tutti coloro che si riconoscono nella fede nell’unico Dio, il Vivente, e quindi con gli ebrei e i musulmani. Quell’unità fra la Chiesa e la società in cui l’una non si trova accanto all’altra in modo parallelo o non si contrappone all’altra, ma Chiesa e società entrano in un rapporto reciproco, mettendo in luce che l’unità che Dio dona è il lievito per la società, è il lievito che rende libero l’uomo. È l’unità che rende l’uomo pienamente uomo, perché egli può essere uomo in senso pieno solo laddove Dio ha il diritto di essere Dio in senso pieno, e quindi può donarci tutto ciò che vuole donarci. Ed Egli non vuole donarci nulla di meno del Suo intimo mistero: l’unità trinitaria. Ma questo non è un semplice programma, perché con i programmi non si va molto avanti. Deve piuttosto diventare vita […]. Anch’io devo cominciare a vivere questa unità. E per questo confido nel fatto che tutti voi cari fratelli e sorelle possiate aiutarmi, e che possiamo farlo insieme nella reciprocità». Mon. Klaus Hemmerle Da: W. Hagemann, Klaus Hemmerle. Innamorato della Parola di Dio, Città Nuova, Roma 2013, pp. 337-338 (altro…)
20 Mar 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Il desiderio che ci anima non è quello di ricordare ma di rileggere insieme, dopo 20 anni, i contenuti e il metodo che Chiara Lubich espose all’Unesco il 17 dicembre 1996 su un obiettivo quanto mai rilevante in questo momento per le relazioni internazionali: l’educazione alla pace. In quell’occasione l’Unesco conferì alla fondatrice del Movimento dei Focolari lo speciale premio pensato per quanti concorrono con la loro opera a creare le vie e le condizioni perché la pace sia qualcosa di reale». Lo ricorda la presidente dei Focolari, Maria Voce, nel suo intervento lo scorso 12 marzo a Castel Gandolfo, nel corso del pomeriggio dedicato a Chiara Lubich e la pace, alla presenza di ambasciatori, esponenti della cultura e del mondo ecumenico. «Guardando all’oggi quell’episodio sembra essere di grande attualità: cosa c’è di più importante dell’educazione per raggiungere un tale obiettivo? L’attualità dominante, quella che quotidianamente si impone al nostro sguardo, ci offre immagini di una pace violata, spesso derisa. Sembra quasi che, dalla realtà dei singoli fino alla dimensione internazionale, il “vivere in pace” non appartenga alle generazioni del Terzo Millennio. Eppure, quante volte invochiamo la pace o cerchiamo di riannodare il filo spezzato nei rapporti tra le persone, tra i popoli, tra gli stati? Non possiamo negare che ci riesce più facile erigere barriere, pensando magari che possano difenderci, invece di operare per costruire l’unità nelle relazioni, tra le idee, in politica, nell’economia, tra visioni religiose. E la pace sfugge, si allontana. Nella sede dell’Unesco Chiara Lubich offriva un metodo di educazione alla pace: la spiritualità dell’unità, che è uno stile di vita nuovo in grado di superare le divisioni tra le persone, tra le comunità, tra i popoli ed è perciò capace di concorrere a ritrovare o a consolidare la pace.
Questa spiritualità è vissuta da persone provenienti da esperienze e condizioni diverse: cristiani di varie Chiese, credenti di diverse Religioni e persone di culture differenti. Tutti animati dal desiderio di fare dell’umanità una sola famiglia, coscienti di dover affrontare problemi e situazioni che si presentano quotidianamente ad ogni livello e in ogni campo, tesi ad essere, almeno là dove si trovano – cito Chiara – germi di un popolo nuovo, di un mondo di pace, più solidale soprattutto verso i più piccoli, i più poveri; di un mondo più unito» (Discorso di Chiara Lubich all’Unesco, 17.12.1996), in cui sia possibile non solo dirsi fratelli ma esserlo. Se questo è il metodo, qual è il «segreto della sua riuscita»? È un segreto che Chiara definisce l’arte di amare, e cioè «che si ami per primi, senza aspettare che l’altro ci ami. Significa saper “farsi uno” con gli altri, cioè far propri i loro pesi, i loro pensieri, le loro sofferenze, le loro gioie. Ma, se questo amore dell’altro è vissuto da più, diventa reciproco» (Ibid.). Reciprocità, parola che tanto peso ha nei rapporti internazionali, ma spesso limitata a garantire la tregua nei conflitti, non a prevenirli o a risolverli. Chi ha responsabilità e funzioni rilevanti nella convivenza internazionale sa bene quanto sia difficile la trattativa, quanti ostacoli si incontrino per giungere ad accordi soddisfacenti per tutte le parti. Fare dell’amore uno strumento negoziale rispetto al grande obiettivo della pace servirebbe a sentirsi parte della stessa famiglia, a vivere quella dimensione autentica della fraternità non restringendola solo alla coesistenza o alla forzata coabitazione, ma rendendola aperta alle esigenze dei più deboli, degli ultimi, di quanti sono esclusi dalla dinamica politica o da un’economia che ha come sola legge il profitto. Amare, dunque, è operare per l’altro e con l’altro; è concorrere a superare le barriere poste da interessi contrapposti, dal desiderio di manifestare la potenza, dall’ineguaglianza nei livelli di sviluppo, dal mancato accesso al mercato o alla tecnologia. Nel parlare di educazione alla pace ci troviamo di fronte alla grande sfida di coniugare un metodo, quello dell’unità frutto dell’amore reciproco, con la frammentazione che avvolge ormai tutti gli ambiti della nostra quotidianità. Chiara Lubich ne aveva coscienza e per questo offrì ai Rappresentanti degli Stati membri dell’Unesco quasi una chiave di volta, una buona pratica secondo il linguaggio in uso nelle relazioni internazionali. Disse infatti: «Non si fa nulla di buono, di utile, di fecondo al mondo senza conoscere, senza sapere accettare la fatica, la sofferenza, in una parola senza la croce» (Ibid.). L’impegno per la pace è difficile da realizzare se non si è pronti a perdere certezze e comodità, avventurandosi verso strade nuove, inesplorate; diventando creativi senza improvvisare; ascoltando la voce di quanti domandano un futuro di pace e individuando dove emergono le possibilità per attuarlo. […] Vent’anni or sono, Chiara all’Unesco indicò nell’amore «la più potente arma per donare all’umanità la sua più alta dignità: quella di sentirsi non tanto un insieme di popoli l’uno accanto all’altro, spesso in lotta tra loro, ma un solo popolo» (Ibid.). Anche oggi, pur di fronte a difficoltà molteplici e ricorrenti, è questo l’ideale che vogliamo realizzare con l’apporto di tutti». Pdf testo integrale (altro…)
16 Mar 2016 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
«Tre mesi fa questa serata doveva farsi qui. La follia degli uomini ci ha fatto cambiare rotta». Apre così la serata Noufissa Boulif, musulmana, organizzatrice dell’evento: all’indomani infatti degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, Bruxelles non si riconosceva. Alcuni dei terroristi implicati avevano lì la loro base, e per motivi di sicurezza il concerto era stato annullato e spostato al 20 febbraio 2016. Un incontro tra musica e cultura musulmana e cristiana, è diventato una piattaforma di incontro tra musulmani, cristiani e anche agnostici, che credono nel dialogo e che, sapendo accogliere l’altro ne scoprono qualità e pregi nascosti. Ma il rischio non era comunque alto per un evento islamo-cristiano proprio al centro di Bruxelles? Chiediamo a Noufissa. «Se il concerto ha potuto realizzarsi è grazie all’incredibile solidarietà tra musulmani e cristiani, e certamente sotto la divina protezione. Fortunatamente tutto il programma ha potuto svolgersi senza incidenti o tensioni». Il concerto è stato dedicato a tutti i bambini che soffrono, mettendo la serata «sotto il segno dell’infanzia e della gioventù, ma anche sotto il segno della diversità che caratterizza il nostro Paese». Da oltre vent’anni Noufissa conosce e vive la spiritualità dell’unità, nata da Chiara Lubich. Vorrebbe testimoniare a tutti che la fraternità tra musulmani e cristiani è possibile, tra queste due culture spesso antagoniste. In questa prospettiva ha organizzato il suo primo concerto islamo-cristiano nell’ottobre del 2014. https://vimeo.com/114433105 «È un lavoro di lunga data», racconta ancora Noufissa. «Con il mio marito ed i figli siamo coinvolti nel dialogo interreligioso. Ormai fa parte della mia vita. Per me, come musulmana che porta il velo, non è sempre scontato vivere in armonia con gli altri, perché senti che attiri sguardi curiosi o palesi atteggiamenti di diffidenza. Ma, ogni volta, cerco di avvicinare l’altro senza pregiudizi, col sorriso. La Regola d’Oro, presente in tutte le grandi religioni, mi aiuta moltissimo: “Nessuno di voi crede veramente se non desidera per il fratello quanto desidera per sé stesso” (Mahomet, Hadith 13 de al-Nawawi). Si possono capire le reazioni islamofobe e l’influenza, non sempre costruttiva, dei mass-media, ma sono convinta, come musulmana, che è essenziale superare tutto ciò. Il profeta Mohamed, in un hadith sottolinea che “Il sorriso è una elemosina” (cioè un dono gratuito per l’altro)». Torniamo al 20 febbraio di quest’anno. Vari i cori succedutisi sul palco: bambini, giovani, cristiani e musulmani, bianchi e neri, di lingua neerlandese o francese – anche questa è una delle sfide del Belgio -. Rissala, I piccoli coristi, Le Voci dei 4 Orizzonti, I.TOUCH’, un gruppo di ragazze musulmane con handicap. Verso la fine anche i rapper – Mc ‘Youns, Antis et Mamz-I – che con le loro parole incisive invitavano tutti a non lasciar cadere le braccia, ma continuare a credere nella vita. L’associazione La luce del cuore nasce dopo i 25 anni di impegno nel dialogo interreligioso di Noufissa, e 10 anni di servizio di una sua amica musulmana nelle cure palliative: insieme visitano i malati nelle loro case, andando incontro alla sete di relazione in questa fase particolare della vita. Con quest’associazione, dopo un anno di duro lavoro per la preparazione di “Fraternità in coro”, stanno già lavorando ad un prossimo evento islamo-cristiano che si realizzerà il 23 aprile, dal titolo “Insieme con Maria”, a Bruxelles, nella Cattedrale di Saint Michel. (altro…)
12 Mar 2016 | Chiara Lubich, Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Aleppo, 8 marzo 2016 – Mi sono svegliato alle 4 del mattino per il rumore dei bombardamenti e non sono più riuscito a dormire. Cercavo di non credere alle mie orecchie. No, non è vero Signore! Un’altra volta i bombardamenti! Adesso che si sperava che la situazione cominciasse a migliorare, ché l’elettricità è tornata dopo 5 mesi e l’acqua dopo 45 giorni! Perchè? Questa tregua doveva durare e diventare definitiva! Era una supplica che dal profondo saliva al Signore della Storia chiedendogli aiuto perché si consolidi il cessate il fuoco proclamato solo una settimana fa in tutta la Siria. Ma il rumore degli scontri sulla linea di fronte che divide la città di Aleppo in due, cresceva con esplosioni forti che si sentono molto bene di notte. Nell’attesa dell’alba e del ritorno della calma mentre cercavo di pregare, riflettevo: Certo che tutti vogliamo la Pace, ma ci crediamo davvero, o forse pensiamo che la si acquista a buon prezzo? C’è gente convinta che la guerra sia la via da percorrere! Sono pronti a sacrificare non solo la loro vita ma anche quella degli altri perché ci credono, e ci sono i potenti che ricavano profitto di tutto quello che succede, perciò non vogliono che si fermi la guerra e, anzi, mettono benzina sul fuoco.
E noi, la gente che crede in grandi ideali, in una vita civile e pacifica di rispetto fra le culture e di solidarietà, ci crediamo davvero? E quale prezzo siamo disposti a pagare? Veramente la guerra in Siria non è una piccola cosa. Chi è che ha la forza di distruggere un Paese che 6 anni fa cresceva pieno di vita e di speranze, dove convivevano musulmani e cristiani di diverse confessioni e tante altre etnie in rispetto e pace fra di loro? Sicuramente non sono dei semplici individui. Mi è venuta alla mente una risposta che Chiara Lubich aveva dato nel 2002 ad uno dei nostri amici musulmani che le chiedeva riguardo alla speranza che l’amore e la pace vincano sulla guerra. Ella gli rispose – ricordando gli attentati dell’11 settembre 2001 – che «il terrorismo è frutto di forze del Male con la M grande, contro il quale non bastano le forze umane […]. Occorrono le forze del Bene, con la B grande […] quelle di chi ama Dio. E allora che cosa bisogna fare? La preghiera! Noi dobbiamo congiurarci, tutti noi della fratellanza universale, uniti a pregare che veramente si vinca il terrorismo. Noi lo potremmo fare, Gesù dice che dove due o tre sono uniti nel suo nome, nel suo amore, qualsiasi cosa chiedono la otterranno. E noi siamo molto di più di due o tre […], partire di qua coll’idea: noi insieme ci uniamo tutti a pregare. Ma non basta. La causa principale del terrorismo è questa insofferenza di fronte a un mondo mezzo povero e mezzo ricco. Loro vorrebbero – e non hanno torto – che ci fosse un po’ di più comunione di beni […], un po’ di più solidarietà. Dobbiamo cambiare i cuori. Soltanto se noi facciamo un’opera di fratellanza universale, riusciremo a convincerci e a convincere che bisogna mettere insieme anche i beni, e dapprima cominceremo come popolo, ma poi le idee vanno su, vanno su anche ai capi di Stato. Avere questa sicurezza: che con Dio sono possibili le cose impossibili, che con Dio – incominciando con la fratellanza fra noi – arriveremo anche a questo obiettivo grandioso: di fare di tutta l’umanità veramente una famiglia sola […]. Questo è il nostro obiettivo».
Non ci illudiamo: la Pace dipende da noi. Non possiamo aspettare che gli altri facciano qualche cosa. Siamo anche noi responsabili! Se crediamo davvero che Dio può vincere il Male e che ci ascolta dobbiamo pregare incessantemente il Padre con fede che ci aiuti, altrimenti pecchiamo di omissione. Tutti ricordiamo come due anni fa si sono fermati i bombardamenti sulla Siria grazie all’influenza del digiuno e della preghiera fatti dal Papa e tante altre personalità. E Dio ci ha esaudito! E lo può fare ancora. Facciamolo allora e sempre, affinché avvenga il regno della Pace, non solo in Siria ma su tutta la Terra. CFR: Chiara Lubich, Castel Gandolfo, 3 novembre 2002, risposte agli amici musulmani dei Focolari. (altro…)