Apr 27, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«La situazione non è affatto buona. Personalmente sono vivo, ma ora stiamo fuori della casa, sia di giorno che di notte. Molti sono morti, altri stanno morendo, e tantissimi sono feriti. Ci sono costanti scosse che creano distruzioni continue. Vi chiedo di pregare, le nostre condizioni non sono per niente buone. Siamo fuori dalle nostre case giorno e notte. Ogni volta che arriva una nuova scossa di terremoto crea tanta distruzione», scrive Yaman di Kathmandu, padre di tre figli piccoli. «Ci siamo rifugiati nella Chiesa della città insieme a tanti cristiani, sempre per paura di nuove scosse», scrive Jo. Oltre il numero di vittime che continua a salire, stime Unicef contano 940mila bambini a rischio, con bisogno urgente di assistenza sanitaria. Il Movimento dei Focolari si unisce alla preghiera per le persone colpite, per le loro famiglie, nel chiedere consolazione nell’immane tragedia, e mobilitandosi per la raccolta di aiuti. Da Mumbai, dove sono riuniti per la preparazione della Settimana Mondo Unito, i giovani dei Focolari – tra cui 2 giovani arrivati da Kathmandu – lanciano un appello ai Giovani per un Mondo Unito in tutto il mondo, per avviare subito un’azione di sostegno per le persone colpite dalla calamità: «la Settimana Mondo Unito -scrivono – può essere un’occasione immediata per esprimere concretamente il nostro sostegno». Papa Francesco, dopo aver pregato all’Angelus per le vittime del terremoto, esortando al “sostegno della solidarietà fraterna”, ha espresso in un messaggio inviato al nunzio apostolico in Nepal la propria vicinanza alla popolazione nepalese. Caritas Nepal, intanto, si è attivata per far fronte all’emergenza, ma sono necessari rinforzi. Si distribuiscono tende e cibo: il problema principale al momento è offrire un rifugio, per proteggere dal freddo e dalla pioggia.
Gli aiuti economici posso essere versati sul conto dei Giovani per un Mondo Unito: CONTO CORRENTE DELLA SEGRETERIA CENTRALE DEI GIOVANI PER UN MONDO UNITO (GMU) Causale: EMERGENZA NEPAL CONTO INTESTATO A: PIA ASSOCIAZIONE MASCHILE OPERA DI MARIA Via Frascati 306, Rocca di Papa, 00040 Roma, Italia INDIRIZZO BANCA: BANCA PROSSIMA Piazza Paolo Ferrari 10 20121 Milano Italia CODICE IBAN PER TRANSAZIONI NAZIONALI E INTERNAZIONALE: IBAN IT62 W033 5901 6001 0000 0113 348 BIC BCITITMX
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Apr 27, 2015 | Chiesa, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Chi arriva per la prima volta a Santa Cruz de la Sierra, trova un contesto inatteso: la natura esuberante ed accogliente, una lingua sconosciuta, la cultura locale così diversa, la povertà con tutte le sue conseguenze, semplicità e generosità senza limiti delle persone. In occasione della Settimana Santa, un gruppo di giovani e famiglie dei Focolari hanno scelto di trascorrerla proprio a Santa Cruz, insieme a tanti amici Nahua. La Chiesa locale, infatti, per le enormi necessità pastorali, concede un permesso speciale durante i giorni santi ai laici, preparati adeguatamente, per esercitare come ministri a discrezione dei parroci. Ma lasciamo la parola ai protagonisti della vicenda: «Il sole è appena spuntato all’orizzonte e l’autobus s’arrampica sulle stradine di montagna della Sierra Madre orientale, portando con sé 43 persone. Il viaggio si prevede lungo ed emozionante; la stanchezza non si avverte perché è tanta la gioia. Alla fine della strada ci sono dei fratelli, famiglie e amici di 33 comunità nahuas pronti a vivere insieme a noi la Settimana Santa. Otto ore dopo la partenza da Città del Messico veniamo accolti a Santa Cruz da una popolazione umile e generosa che abita nel cuore della huasteca hidalguense (“Fiore che non appassisce”): una regione umida e con temperature elevate, ricoperta da alberi di cedro, ebano e mogano. Là, in una parrocchia della “Misión Javeriana”, ci dividiamo in sette gruppi per stare con la gente e aiutare – insieme ai catechisti locali – nei servizi liturgici in altrettante comunità, dove il seme della spiritualità dell’unità è arrivato ormai da alcuni anni. L
’incontro è molto commovente: la fede, la vita e il pane cominciano ad essere condivisi. Si raccontano alcune testimonianze di vita evangelica, si scambiano piccoli e grandi doni. Dopo la celebrazione della “lavanda dei piedi”, uno dei giovani partecipanti esclama: “È fantastico sentirsi cristiano!”. Una ragazza dice di aver partecipato a tante missioni ma “con Gesù tra noi è diverso; infatti, è Lui che attira le persone ed è per questo che vogliamo partecipare ai raduni e alle celebrazioni liturgiche”. Tra i tanti incontri personali, uno che ci tocca particolarmente: visitiamo un anziano solo, immobile da molto tempo. La sua situazione di igiene è estrema. Lo laviamo e ripuliamo la sua piccolissima stanza; l’aiutiamo a prepararsi a ricevere Gesù Eucaristia e glielo portiamo. Il giorno dopo muore. Dopo una Settimana Santa vissuta intensamente e dopo aver sperimentato la mutua donazione nella semplicità e generosità, arriva l’ora di tornare a Città del Messico. Durante il viaggio, alcuni ricordano le parole di Chiara Lubich pronunciate nella Basilica di Guadalupe nel giugno del 1997: “L’inculturazione esige uno scambio di doni”. Visto l’entusiasmo dei giovani “misioneros” e dei membri delle comunità visitate, nasce la speranza che la “Misión”a Santa Cruz non resti un evento isolato, ma segni l’inizio di un processo di donazione crescente dei Focolari in Messico». (altro…)
Apr 25, 2015 | Focolari nel Mondo

Foto: Francesco Pecoraro/AP
Il Movimento politico per l’unità (MPPU), espressione in ambito politico del Movimento dei Focolari, fa sentire la sua voce di fronte al dramma migratorio verso l’Europa, voce che si aggiunge a quelle di tante associazioni e gente sensibile di tutto il mondo. «Il piano varato dal vertice europeo sull’immigrazione – scrivono – convocato d’urgenza dopo l’ennesima tragedia avvenuta nel Canale di Sicilia con il suo pesantissimo bilancio di vite, estende l’area di intervento di Triton e di Poseidon, in modo che le navi, aumentate grazie al triplicamento del finanziamento, possano spingersi oltre le 30 miglia dalle coste dei paesi Ue. Rimangono pur sempre azioni all’interno di Frontex la cui logica è la difesa dei confini europei e non una complessiva politica migratoria». Il MPPU denuncia che il piano contiene in se una forte contraddizione: «Gli Stati dell’Unione, infatti, non hanno assolutamente dimostrato la stessa disponibilità nell’accoglienza dei migranti, come se non ne dovessero arrivare più. Eppure è noto a tutti che distruggere i barconi, se (forse) disincentiverà in parte i trafficanti di esseri umani, non servirà certo né a salvare tutte le vittime delle migrazioni illegali, né a fermarne i flussi». È, infatti notizia di questi giorni che in Macedonia, nelle rotte via terra, un treno ha investito e ucciso 14 migranti che camminavano lungo i binari. «Una politica seria dell’Unione Europea (e non solo) in materia di migrazione – continua l’appello – dovrebbe avere ben altra prospettiva e distinguere tre diversi ambiti di iniziativa e di azione pubblica e politica. In primo luogo occorre dare un segnale forte di attivazione di tutte le risorse istituzionali, infrastrutturali, umane e finanziarie disponibili nei Paesi di accoglienza al fine di avviare una vasta mobilitazione per rispondere all’emergenza con strumenti adeguati e in modo fattivo, immediato, efficace. L’accoglienza temporanea dei migranti e dei rifugiati deve essere equamente ripartita sul territorio, tenendo conto delle strutture disponibili, della composizione e consistenza della popolazione residente e della presenza di reti locali di intervento solidale, organizzato, responsabile». L’appello continua con degli esempi già in atto di accoglienza e solidarietà e afferma che «il Movimento politico per l’unità assicura il suo pieno sostegno umano e politico a tutti quegli amministratori chiamati in questo periodo ad assumere decisioni difficili, spesso impopolari (…) È dovere di ogni amministratore pubblico, a livello locale come a quello nazionale e internazionale, far comprendere le ragioni di misure emergenziali di ospitalità, adottate nel pieno rispetto dei diritti e delle aspettative delle comunità politiche, senza tuttavia sottrarsi ai doveri di umanità e di risposta a esigenze immediate ed elementari di altri esseri umani». «In secondo luogo – continua il testo del MPPU, occorre che l’Unione Europea chiarisca l’equivoco fondamentale che mina alle fondamenta qualunque seria politica di gestione dei flussi migratori. Non si può infatti invocare un ruolo più incisivo delle istituzioni di Bruxelles senza al contempo fornire l’Unione Europea delle necessarie competenze e delle correlate risorse umane e finanziarie per svolgere funzioni che gli Stati membri, compresi quelli mediterranei, non hanno voluto condividere in una prospettiva di vera integrazione». «In terzo luogo – conclude l’appello –, i fenomeni migratori che si manifestano nel Mediterraneo hanno cause geograficamente e politicamente più ampie, coinvolgendo l’estesa ingovernabilità della Libia, della Somalia, di ampie regioni dell’Africa sud sahariana, senza contare la destrutturazione in atto dei contesti regionali del Medio Oriente, e in particolare della Siria e dell’Iraq. La vastità e complessità delle questioni politiche, economiche, sociali e culturali che caratterizzano tali aree richiederebbe una mobilitazione della comunità internazionale, a cominciare dalle Nazioni Unite, per attuare un vasto piano di interventi e di misure d’urgenza, superando le contrapposizioni e i veti incrociati». Appello del Movimento Politico per l’Unità (testo integrale) www.mppu.org (altro…)
Apr 24, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale

Foto: WFP/Abeer Etefa
Molte città della Siria oggi sono distrutte e l’elettricità manca per buona parte del giorno. Il Consiglio dei capi delle confessioni cristiane ad Aleppo, mentre la città vive un intensificarsi della violenza, si appella alla comunità internazionale per dire «Basta con la distruzione e la desolazione. Basta essere un laboratorio per armi di una guerra devastante». «Vogliamo assicurare a quanti sono coinvolti in queste situazioni che non li dimentichiamo – aveva detto Papa Francesco all’Angelus del 1° marzo – ma siamo loro vicini e preghiamo insistentemente perché al più presto si ponga fine all’intollerabile brutalità di cui sono vittime». «Siamo lì con voi – vorremmo poter dire, riprendendo le parole di un’amica, fino a pochi mesi fa a Damasco – e non ci diamo pace per aiutarvi, per sostenervi, non soltanto con le preghiere, ma con ogni forma possibile di iniziativa. Io so e sappiamo che state vivendo una delle grandi sofferenze anche per il freddo, anche per la mancanza di elettricità, per la mancanza di lavoro! Dobbiamo mobilitarci presto, dobbiamo fare presto. Siamo con voi e vi ringraziamo». In questa mobilitazione, che non è tardata ad arrivare, chi volesse ancora contribuire, può farlo effettuando un versamento di qualsiasi importo su uno dei seguenti conti correnti: Causale: Siria, Emergenza Siria c/c postale n. 81065005 codice IBAN: IT74 D076 0103 2000 0008 1065 005 codice SWIFT/BIC: BPPIITRRXXX c/c bancario n. 120434 presso Banca Popolare Etica – Filiale di Roma codice IBAN: IT16 G050 1803 2000 0000 0120 434 codice SWIFT/BIC: CCRTIT2184D Intestati a: Associazione “Azione per un Mondo Unito – Onlus” Via Frascati, 342 – 00040 Rocca di Papa (Roma, Italy) (altro…)
Apr 23, 2015 | Centro internazionale, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
https://vimeo.com/125812270
Cosa sono le religioni nel mondo oggi? Tanti le vedono come ostacoli alla pace, residuo dei tempi passati che causano adesso un estremismo violento. Ma il mondo sarebbe davvero più pacifico senza le religioni? Il dibattito tematico ad Alto Livello “Promuovere la tolleranza e la riconciliazione”, ad un tratto si anima. Il secondo giorno dell’incontro all’ONU dà, infatti, delle direttive. Il segretario generale Ban Ki-moon, in apertura propone un comitato consultivo con i leader delle religioni, per aiutare le Nazioni Unite a trovare soluzioni per i conflitti in corso, spesso proprio tra seguaci di religioni diverse. In plenaria si susseguono le testimonianze di 15 leader religiosi. Tutti i presenti concordano sul fatto che le religioni dovrebbero aiutare a costruire la pace, andare oltre la semplice tolleranza, al solo accettarsi – e sottolineano che ci sono persone in tutto il mondo che vivono già così nella quotidianità. La presidente dei Focolari, Maria Voce, nel suo discorso ricorda l’esperienza vissuta da molti nel Movimento: «L’incontro tra culture e religioni è una esperienza continua e feconda, che non si limita alla tolleranza o al semplice riconoscimento della diversità, che va oltre la pur fondamentale riconciliazione, e crea, per così dire, una nuova identità, più ampia, comune e condivisa». E ciò avviene in contesti che sono stati colpiti o sono tutt’ora caratterizzati da gravissime crisi, come in Algeria, Siria, Iraq, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Filippine.

Introduzione alla tavola rotonda – H.E. Ban Ki-moon, Segretario Generale ONU (link al video)
Per rispondere alle sfide e alla violenza, propone un«estremismo del dialogo», cioè un dialogo che richiede il massimo di coinvolgimento, «che è rischioso, esigente, sfidante, che punta a recidere le radici dell’incomprensione, della paura, del risentimento». Da lì, invita a puntare verso una «civiltà dell’alleanza»,«una civiltà universale che fa sì che i popoli si considerino parte della grande vicenda, plurale e affascinante, del cammino dell’umanità verso l’unità», invitando l’ONU stessa a ripensare la propria vocazione, a riformulare la propria missione, per essere «un’istituzione che davvero si adopera per l’unità delle nazioni, nel rispetto delle loro ricchissime identità». Dire che le religioni sono la causa delle tensioni, è secondo Maria Voce una visione troppo ristretta della situazione: «Quello a cui assistiamo in molte aree del pianeta, dal Medio Oriente all’Africa, ha molto poco a che fare con la religione e invece ha molto a che vedere con le consuete ricette del dominio di oligarchie e della prevalenza di strutture improntate alla cultura bellica». Dunque, la vocazione delle religioni è ben determinata: «Essere fedeli alla propria ispirazione fondamentale, alla Regola d’oro che tutte le accomuna, all’idea dell’unica famiglia umana universale». Su questa linea erano tutti concordi: le religioni portano alla pace, se non sono strumentalizzate per altri fini.
Nella tavola rotonda del pomeriggio, moderata dalla giornalista BBC Laura Trevelyan, il rabbino David Rosen si chiede perché così tanti giovani si sentano attratti dell’estremismo: «Forse perché sono in ricerca della propria identità, o per qualcosa che dia un senso alla loro vita». «Alle Nazione Unite, normalmente non si menziona Dio», osa chiedere il rabbino Arthur Schneier: «Come trattiamo questo problema – che l’ONU dovrebbe essere neutrale – quando 5 dei 7 miliardi di persone sulla terra appartengono ad una religione?». Per Bhai Sahib Mohinder Singh, Sikh di Birmingham: «Dio è onnipresente, in ognuno di noi, dunque non si può dire che Dio non è qui». E per Maria Voce «Si parla di Dio quando si parla di giustizia, di condivisione di tutti i beni della terra, di uno sviluppo sostenibile, si parla di Dio quando si pensa a cosa prepariamo per le generazione future. Questo è parlare di Dio, non è necessario parlarne in astratto». Come mantenere l’integrità del dialogo interreligioso? I leader religiosi presenti non stanno rinunciando a qualcosa, venendo qui all’ONU per parlare di risoluzione di conflitti? «Io non rinuncio a niente», afferma Maria Voce. «Sono venuta per amore, pensando di portare il mio contributo di amore all’umanità. Mi sono sentita arricchita da questa possibilità». In finale uno sguardo alle nuove generazioni: «Tornando a casa, quello che farò – dichiara – sarà sostenere tutte le attività di giovani e giovanissimi, perché credo nella loro potenza profetica», e cede la parola a Ermanno Perotti, giovane italiano che l’ha accompagnata in questa tappa statunitense. Il 25enne, master in economia dello sviluppo, coglie l’occasione per presentare l’Atlante della Fraternità, un dossier che raccoglie le iniziative per la fraternità presenti ad ogni latitudine. «Con la speranza – aggiunge Maria Voce – che un giorno anche questi “frammenti di fraternità” possano essere presentati alle Nazioni Unite», e che le Nazioni Unite possano accoglierli. Con questa visione è chiaro che le religioni hanno una grande opportunità, ma anche un grande compito: costruire la pace e rispondere alle sfide con un “dialogo estremo” invece di chiudersi nel proprio gruppo. Susanne Jansen, New York Intervento integrale in plenaria Maria Voce (testo) Intervento in plenaria Maria Voce (video) Sintesi della tavola rotonda con interventi di Maria Voce (video) Comunicato stampa Area Press (altro…)
Apr 22, 2015 | Centro internazionale, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
https://vimeo.com/125709188 Rischiare la propria vita per alleviare le sofferenze dei poveri: Maria Voce esordisce con il racconto della fase finale della seconda guerra mondiale, quando a Trento, nel 1943 «un gruppo di ragazze si riunisce nella piccola città di Trento, in Italia settentrionale. In mezzo alle bombe quelle ragazze, guidate da una giovanissima insegnante, Chiara Lubich, animate da una rinnovata comprensione della radicalità dell’amore evangelico, decidono di rischiare le loro vite per alleviare le sofferenze dei poveri». Un gesto, ripetuto da tanti ancora oggi, che porta alla rigenerazione del tessuto sociale: Maria Voce ricorda i campi profughi in Libano, Siria, Giordania, Iraq, e le periferie degradate delle megalopoli, e la forza di quanti immettono «nel circuito distruttivo del conflitto, l’impegno per la rigenerazione del tessuto sociale, compiendo – per usare il linguaggio di questa organizzazione – un’azione di peace-building». Quelle ragazze, afferma, «decisero di spezzare il circolo vizioso della violenza, rispondendo con gesti e azioni che nel clima del conflitto sarebbero potute apparire velleitarie o persino irrilevanti. Non fu così, non è così!». «Anche oggi siamo in una situazione di gravissima disgregazione politica, istituzionale, economica, sociale, che richiede risposte altrettanto radicali, capaci di cambiare il paradigma prevalente. Il conflitto e la violenza sembrano, infatti, dominare larghe aree del pianeta, coinvolgendo persone innocenti, ree solo di trovarsi in un territorio conteso, di appartenere ad una determinata etnia o di professare una determinata religione».
L’incontro tra culture crea una nuova identità: «Nel Movimento dei Focolari, che ho l’onore di rappresentare – spiega Maria Voce – l’incontro tra culture e religioni (Cristianesimo, Islam, Ebraismo, Buddismo, Induismo, religioni tradizionali) è una esperienza continua e feconda, che non si limita alla tolleranza o al semplice riconoscimento della diversità, che va oltre la pur fondamentale riconciliazione, e crea, per così dire, una nuova identità, più ampia, comune e condivisa. È un dialogo fattivo, che coinvolge persone delle più varie convinzioni, anche non religiose, e spinge a guardare ai bisogni concreti, a rispondere assieme alle sfide più difficili in campo sociale, economico, culturale, politico nell’impegno per una umanità più unita e più solidale. Ciò avviene in contesti che sono stati colpiti o sono tutt’ora caratterizzati da gravissime crisi, come in Algeria, Siria, Irak, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Filippine». Bandisce le mezze misure, la presidente dei Focolari: «Se c’è un estremismo della violenza, – afferma – ad esso (…) si risponde con altrettanta radicalità, ma in modo strutturalmente diverso, cioè con l’«estremismo del dialogo»! Un dialogo che richiede il massimo di coinvolgimento, che è rischioso, esigente, sfidante, che punta a recidere le radici dell’incomprensione, della paura, del risentimento». Civiltà dell’alleanza: ricordando l’iniziativa dell’«Alleanza delle Civiltà», tra i promotori dell’evento, Maria Voce si chiede «se oggi non si possa andare ancor più alla radice di questa nuova prospettiva, puntando non solo ad un’alleanza delle civiltà, ma a quella che potremmo chiamare la “civiltà dell’alleanza”; una civiltà universale che fa sì che i popoli si considerino parte della grande vicenda, plurale e affascinante, del cammino dell’umanità verso l’unità. Una civiltà che fa del dialogo la strada per riconoscersi liberi, uguali, fratelli». Fra le tante organizzazioni rappresentate, ricorda l’ONG New Humanity, che rappresenta il Movimento dei Focolari all’ONU. E su quest’ultima si interroga: «Non dovrebbe forse l’ONU ripensare la propria vocazione, riformulare la propria missione fondamentale? Cosa vuol dire, oggi, essere l’organizzazione delle “Nazioni Unite”, se non un’istituzione che davvero si adopera per l’unità delle nazioni, nel rispetto delle loro ricchissime identità? È certamente fondamentale lavorare per il mantenimento della sicurezza internazionale, ma la sicurezza, pur indispensabile, non equivale necessariamente alla pace.

Stralcio dall’intervento di Chiara Lubich alle Nazioni Unite (1997)
I conflitti interni e internazionali, le profonde divisioni che registriamo su scala mondiale, assieme alle grandi ingiustizie locali e planetarie richiedono infatti una vera conversione nei fatti e nelle scelte della governance globale, che realizzi il motto coniato da Chiara Lubich, e lanciato in questo luogo nel 1997, “amare la patria altrui come la propria” fino all’edificazione della fraternità universale». La guerra è l’irreligione: «Non dobbiamo infine cedere terreno a chi tenta di rappresentare molti dei conflitti in corso come “guerre di religione” – continua Maria Voce -. La guerra è, per definizione, l’irreligione. Il militarismo, l’egemonia economica, l’intolleranza a tutti i livelli sono cause di conflitto unitamente a tanti altri fattori sociali e culturali di cui la religione costituisce spesso solo un tragico pretesto. Quello a cui assistiamo in molte aree del pianeta, dal Medio Oriente all’Africa, tra cui la tragedia di centinaia di morti in fuga dalla guerra e naufragati nel Mediterraneo, ha molto poco a che fare con la religione. Da ogni punto di vista, in questi casi si dovrebbe parlare non tanto di guerre di religione ma, più concretamente, realisticamente e prosaicamente, di religione della guerra». Che fare dunque? Citando Chiara Lubich, sfida ad avere il coraggio di “inventare la pace”: «Tanti sono i segnali, perché dalla grave congiuntura internazionale possa finalmente emergere una nuova coscienza della necessità di operare insieme per il bene comune (…) col coraggio di “inventare la pace”. È finito il tempo delle “guerre sante”. La guerra non è mai santa, e non lo è mai stata. Dio non la vuole. Solo la pace è veramente santa, perché Dio stesso è la pace». Conclude con l’appello alla regola d’oro, che riporta all’ispirazione fondamentale che accomuna le religioni, affinché siano «non uno strumento utilizzato da altri poteri, fosse anche per fini nobilissimi, non uno strumento utilizzato da altri poteri, fosse anche per fini nobilissimi, non una formula studiata a tavolino per risolvere conflitti o crisi, ma un processo spirituale che si incarna e diventa comunità che condivide e dà senso a gioie e sofferenze dell’uomo di oggi, convogliando tutto alla realizzazione dell’unica famiglia umana universale». Testo integrale Comunicato stampa New York – Sede dell’ONU, 22 aprile 2015 Dibattito tematico ad Alto Livello “Promuovere la tolleranza e la riconciliazione”.
Video dell’intervento: https://vimeo.com/125709188 (altro…)