Movimento dei Focolari
35 anni al Centro La Pira

Si soffre nella Repubblica Centrafricana

«In generale la situazione di Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, migliora. Nel resto del Paese ci sono realtà molto varie, le nostre comunità sono in zone abbastanza calme, ma dal dicembre scorso c’è una zona della città in cui sono continuate le piccole rappresaglie e uccisioni. Si tratta del quartiere musulmano e dintorni. La gente non può tornare nelle proprie case e continuano ad essere rifugiati nei campi profughi, intorno all’aeroporto, nelle chiese e nella moschea centrale». «La giornata del 28 maggio è cominciata normalmente, con le attività di un giorno settimanale qualunque. Nel pomeriggio ci sono stati ancora scontri nei quartieri “caldi”.  Ad un certo punto un gruppo armato ha fatto irruzione nei pressi della Chiesa di Nostra Signora di Fatima, ha aperto il fuoco sulla gente che era rifugiata lì ed ha preso in ostaggio una quarantina di persone. I morti sul posto sono una quindicina, molti feriti. Dei quaranta ostaggi si sono ritrovati 39 cadaveri…». «La gente non ne può più. Il giovedì 29 era la festa dell’Ascensione di Gesù. C’erano delle barricate nelle strade principali e nei quartieri di tutta la città per impedire la circolazione delle auto. Il giorno dopo, alle ore 4, siamo state svegliate da un rumore assordante…. Migliaia di persone al suono dei coperchi di pentole che hanno sfilato pacificamente fino alle 7. In altre parti della città si continuano a sentire degli spari, a volte in modo sporadico a volte più intenso, forse per contenere la protesta». «La protesta chiede le dimissioni del governo di transizione, la partenza delle truppe straniere. Dopo sei mesi, sono accusate dalla popolazione di non aver effettuato un vero disarmo delle zone “calde” della città. E si interpreta questo fatto come una volontà di mantenere il disordine militare-politico da parte dei paesi che fanno parte delle truppe che dovrebbero riappacificare il Paese, mentre continua lo sfruttamento delle nostre risorse in modo illegale. Il governo di transizione non ha la forza di imporsi, né le finanze per riorganizzare le forze armate nazionali, che potrebbero più efficacemente difendere gli interessi della popolazione». «Il giorno del massacro nella Chiesa di Fatima abbiamo cercato, con trepidazione, di avere notizie riguardo alle persone della nostra comunità, soprattutto di chi vive vicino alla zona colpita. Willy, un giovane che conoscevamo, è rimasto ucciso e ci sono altri con ferite leggere. Tutti gli altri sono salvi e rifugiati altrove. Cerchiamo di sostenerci a vicenda attraverso il telefono e alcuni giovani sono passati da noi per trovare un po’ di sollievo». «È dall’inizio del conflitto che cerchiamo di aiutare chi ci rimane vicino, specie alle famiglie e bambini con aiuti concreti che ci arrivano dai Giovani per un mondo unito, dal Sostegno a distanza delle Famiglie Nuove, e altri. Qui sul posto siamo anche impegnati a sensibilizzare i giovani alla pace, attraverso i Giovani per un mondo unito e tutta la comunità». «Siamo certi – conclude Monica – che Dio ha un piano d’amore anche per il nostro Paese; e, in mezzo alle gravi difficoltà che attraversiamo, cerchiamo di essere testimoni di questo suo amore per quanti ci circondano». (altro…)

“Dio è sempre con noi”

Il Signore è grande! Un giorno, mentre sto recandomi al lavoro, incontro sul trenino una signora che conosco di vista perché frequenta la mia stessa chiesa. Ci salutiamo e si avvia un colloquio. Mi fa: «Vedo che lei è sposato. Ha dei figli?». «Rispondo di sì, che sono padre di due bellissime ragazze di cui sono orgoglioso. Quando a mia volta le chiedo dei suoi figli, lei scoppia a piangere davanti a tutti i passeggeri, con grande mio imbarazzo. Le chiedo scusa, al che lei mi racconta la sua situazione: «Ieri, dopo aver esaminato il risultato delle analisi, il mio ginecologo mi ha detto che non potrò diventare mamma. Per me, che sono sposata da nove anni, è un grande dolore». L’ascolto con molta partecipazione, poi la invito a non rassegnarsi ma a continuare ad aver fede in Dio. Anch’io mi unirò alla sua preghiera. Tre settimane dopo, rivedo la stessa signora all’uscita dalla messa: raggiante, mi stava aspettando per comunicarmi una bella notizia: «Sono in gravidanza da tre settimane. Il Signore è grande!». Dopo nove mesi nasce Emanuele, un bambino bellissimo. W.U. – Roma Lavoro di traduzioni Avevo necessità di soldi ed ero riuscita a trovare un lavoro: fare delle traduzioni. Un giorno una mia amica mi ha confidato che stava passando un momento difficile economicamente. Le ho offerto allora di condividere con me il lavoro che stavo facendo. Lo stesso giorno mi è arrivata l’offerta di un altro lavoro che mi avrebbe fatto guadagnare il doppio di quanto avevo condiviso con la mia amica. E. M. – Azzorre Il compagno di scuola Un giorno, un mio compagno di classe ha cominciato a buttare per aria libri e quaderni, imprecando contro Dio: «Perché non ci sei quando mi servi? Cosa stai a fare lassù?». Non capivo perché facesse così, finché ho saputo che la sua mamma doveva essere operata di cancro. Gli sono stata vicina, condividendo con lui questo grande dolore, e alla fine, insieme, abbiamo chiesto a Gesù che l’intervento andasse bene. Anche le altre compagne hanno pregato. La classe sembrava trasformata: questo episodio ci aveva reso più uniti. L’intervento poi è riuscito e tutti abbiamo ringraziato Dio. J.S. – Germania (altro…)

35 anni al Centro La Pira

A Tacloban, in ricordo degli eroi senza nome del tifone Haiyan

Waray NgaRun PosterWARAY ngaRUN, cioè “senza nome”: un gioco di parole che trasforma l’espressione del dialetto filippino waray-waray, nel termine inglese “run”, cioè corsa. Una maratona in ricordo delle vittime senza nome, degli eroi sconosciuti che hanno prestato e continuano a prestare aiuto. Questo è il significato della corsa di solidarietà che si svolgerà il 28 giugno durante la festa della città di Tacloban, una delle più colpite dal devastante tifone che si è abbattuto sulle Filippine a novembre 2013. Con WARAY ngaRUN si vuole far conoscere gli attuali bisogni delle persone nelle zone devastate, ma anche dare coraggio alla gente per ricominciare e andare avanti. Obiettivo importante è coinvolgere i giovani ad essere in prima linea nella ricostruzione della vita del Paese. La giornata inizierà proprio con la maratona alle sei del mattino, per proseguire con una fiera e delle mostre durante il giorno e si concluderà con una notte bianca di solidarietà. Sarà un’occasione per condividere esperienze e iniziative da persone e gruppi che in vario modo sono stati dei veri eroi durante e dopo il tifone. Si prevede la partecipazione di molte espressioni della società civile: dagli artisti waray locali a gruppi musicali, da chi desidera condividere i propri talenti, a studenti e insegnanti provenienti da organizzazioni private e governative. Il ricavato della manifestazione sarà conferito allo “Start Again Project” promosso dai Giovani per un Mondo Unito, a favore delle comunità colpite dal tifone nella regione delle Isole Visayas, e con un piano d’azione in 7 punti: • ricostruzione dei tetti delle scuole • raccolta di materiale scolastico • un memoriale chiamato “Yolanda” • installazione di sistemi di acqua potabile • programmi di istruzione superiore • una “soup kitchen” • una missione medica L’idea nasce dall’esperienza fatta con la band internazionale Gen Rosso quando hanno tenuto un workshop ed uno spettacolo a Tacloban come parte del loro “Philippines Solidarity Tour 2014”. «Quando il progetto “Start Again” è venuto a portare aiuto a Leyte, includendo la nostra comunità in Tacloban – raccontano –, abbiamo sentito fortemente la necessità di ricambiare questo amore organizzando un’attività in grado di finanziare i loro diversi progetti. E con questo WARAY ngaRUN sentiamo che non siamo più solo destinatari, ma anche collaboratori attivi». Pagina Facebook: WARAYngaRUN2014 (altro…)