Apr 10, 2016 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Pur intuendo che il fondamento del Vangelo è la carità, non è che capissimo subito come fare a viverla, con chi dovesse essere messa in pratica e su quale scala. All’inizio, portate soprattutto dalle circostanze dolorose della guerra, indirizzammo il nostro amore ai poveri, sicure di ravvisare sotto quei volti macilenti, ributtanti a volte, il volto del Signore. E fu una scuola. Noi non eravamo abituate ad amare in senso soprannaturale. Il nostro interesse era arrivato, al più, fino ai nostri cari o agli amici, in quell’ottimo rispetto o sana amicizia naturale. Invece ora, sotto la spinta della grazia, fidando in Dio e nella sua Provvidenza, che pensa agli uccelli dell’aria e ai fiori dei campi, dedicavamo la nostra premura a tutti i poveri della città. Cercavamo di farli venire nelle nostre case e sedere alla nostra mensa. (…) Se a casa non potevano essere accolti, venivano incontrati per strada, in punti precisi, e si lasciava ad essi quanto era stato raccolto. Li visitavamo nelle stamberghe più squallide, e cercavamo di confortarli anche con medicine. I poveri erano realmente l’oggetto del nostro amore, perché per essi e attraverso di essi si poteva amare Gesù, e costituivano anche l’interesse di quant’altre persone erano state attratte dal comune ideale. Crescendo la comunità attorno al primo nucleo di focolarine, aumentavano anche le possibilità d’aiuto, di soccorso per chiunque soffrisse. Ed era uno spettacolo, che non si sa se mano di uomo o di angelo avesse composto, veder arrivare i viveri, il vestiario e i medicinali: insolita abbondanza che, negli ultimi anni della guerra, dava palesemente a chiunque l’impressione di un particolare intervento della divina Provvidenza. (…) Piccoli fatti che succedono a chiunque, seguace di Gesù, conosce il “chiedete e vi sarà dato” (Mt 7, 7), ma che ci facevano rimanere ammirate, mentre ci incoraggiavano quegli altri, straordinari, successi ai grandi fratelli che ci precedettero e conobbero anch’essi – allorché non erano ancora santi – le difficoltà dell’ascesa a Dio, sgelando la cristallizzata personalità umana al fuoco della divina carità. Non aveva santa Caterina amato tanto i poveri da dare ad uno il suo mantello e ad un altro la crocetta del suo rosario? E non era forse venuto Gesù, le notti seguenti, in visione a ringraziarla dei doni fatti a Lui nei poveri? E san Francesco non aveva per trenta volte circa donato il suo mantello ai poveri? Cos’era per noi levarci i guanti d’inverno per darli a chi per ore doveva elemosinare sotto la neve per vivere? (…) Ma, pur nella più estrema generosità dei singoli, (…) si capiva che forse non era questo lo scopo immediato per cui il Signore ci aveva spinte alla carità concreta. Più tardi, ci parve di capire che Egli ci aveva suscitate in quella direzione anche per un suo preciso intento: è nella carità, vivendo la carità, che si comprendono meglio le cose del Cielo, che Dio può liberamente illuminare le anime. E fu forse per questo amore esercitato che più tardi capimmo come il nostro cuore non doveva rivolgersi soltanto ai poveri, ma a tutti gli uomini indistintamente. C’era sì chi doveva essere sfamato, dissetato, vestito, ma anche chi doveva essere istruito, consigliato, sopportato, chi aveva bisogno di preghiere… Le opere di misericordia corporale e spirituale si aprirono a ventaglio di fronte al nostro spirito: erano esse, oltre tutto, le domande concrete che il Giudice della nostra esistenza ci avrebbe rivolto per determinare la nostra eternità: considerazione questa che ci inabissò nell’adorazione, costatando l’amore infinito di Gesù, il quale ce le aveva rivelate con la sua venuta per rendere più facile il nostro ingresso in Cielo. (…) Dio non domandava soltanto l’amore ai miseri, ma l’amore del prossimo, chiunque esso fosse, così come si ama se stessi. E allora, se qualcuno piangeva, si cercava di piangere con lui, e la croce si raddolciva, e se qualcuno godeva, si gioiva con lui, e il gaudio aumentava: “Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto” (Rm 12, 15)». Fonte: Chiara Lubich, Scritti Spirituali/3, Roma 1996, pp. 35-39. (altro…)
Apr 7, 2016 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nasri ha studiato a Milano per poi specializzarsi in urbanistica a Venezia. Tornato nella sua terra, ha conosciuto 20 anni fa il Movimento dei Focolari. Quest’incontro, a suo dire, gli ha cambiato la vita. Ha 3 figlie di 17, 15 e 13 anni. Lo incontriamo a margine di OnCity, convegno internazionale sul bene comune (Castel Gandolfo 1-3 aprile). Quali sfide incontri ogni giorno nella tua terra? «Lavoro nel settore edilizio. Per motivi politici abbiamo difficoltà nel rinnovo del piano regolatore, che risale agli anni ’70. Per aprire una nuova strada o modificare un percorso occorrono i permessi, ma l’autorità militare israeliana li nega». È davvero possibile “amare il nemico”? «Non è facile essere un cristiano vero in Palestina. In questo campo il nostro nemico è l’autorità israeliana militare, non gli ebrei! Rispetto la religione ebraica perché siamo tutti fratelli, figli di Dio. Ma come posso amare un soldato israeliano che mi uccide? Che distrugge le nostre città? Che occupa il nostro territorio? Come faccio a vivere il cristianesimo? Ho provato a confrontarmi su questo con altri cristiani. Ho capito che se non sono capace di amare, almeno posso cominciare a non odiare, e piano piano forse l’amore verrà. Queste due parole, “non odiare”, le ho messe nella mente e nel cuore e ho cominciato a viverle nel mio mondo. Mi hanno aiutato spesso, ad esempio nel sorridere ad un soldato. Specialmente al check point, perché purtroppo noi palestinesi non possiamo muoverci liberamente. Siamo circondati, siamo in prigione. Una volta un capitano mi ha chiesto come mai io, arabo palestinese, gli avessi sorriso. Ho risposto: Gesù ci ha detto “bisogna amare tutti”, e io ti amo. È rimasto colpito, non sapeva cosa dire. Mi ha lasciato passare senza farmi troppi controlli! L’amore esiste, anche nel cuore degli occupanti israeliani come di ogni uomo sulla terra. Non do colpa a loro, perché sono soldati e devono obbedire agli ordini. Lasciamo il conflitto ai governi, noi come popoli possiamo vivere insieme. Ma per i giovani questo è più difficile da accettare, soprattutto adesso che con internet vedono com’è il mondo fuori dalla Palestina».
Cosa fate con il Movimento dei Focolari in Terra Santa? «Sono un volontario e impegnato in Famiglie Nuove. Promuoviamo attività nelle diverse chiese con la comunità cristiana a Betlemme. Io sono greco ortodosso, mia moglie è cattolica. Andiamo da chi ha bisogno: anziani, bambini abbandonati, o persone malate mentalmente che hanno bisogno di essere amate. Cerchiamo di fare il possibile…». Ci sono ebrei tra le persone che hanno contatto con il Movimento? «Molte famiglie ebree sono amiche nostre. Facciamo degli incontri insieme. Una delle mie figlie gioca a calcio. Attraverso il Centro Peres per la Pace la sua squadra, insieme a una squadra israeliana, è stata invitata dal Real Madrid. Per lei, per la prima volta in contatto con coetanei ebrei, era una nuova esperienza. Al ritorno mi ha detto: «Tutti i giocatori ebrei sono amici miei». Siamo in contatto anche con tante famiglie musulmane: in Palestina i musulmani sono il 99%, l’1% siamo cristiani. Come Movimento dei Focolari abbiamo un rapporto molto buono con i musulmani, e anche con gli ebrei. Questo ci dimostra che vivere insieme si può». Se tu potessi dare un messaggio a tutto il mondo, cosa ti sta più a cuore per la tua terra? «Ricordateci. Ci sono palestinesi cristiani che stanno soffrendo. Eravamo più del 10%, ma l’emigrazione delle famiglie cristiane è aumentata moltissimo. Ho paura che un giorno non si troverà neanche un cristiano. Aiutateci a risolvere il problema palestinese. Se si crea la pace nel Medio Oriente, verrà la pace per tutto il mondo. La volontà di Dio c’è, ma abbiamo bisogno della volontà degli esseri umani. È un posto strategico, ricco di spiritualità. Ci manca solo l’unità. Se esiste l’unità tra queste tre religioni, il Medio Oriente sarà in pace e sarà un modello. Questo è l’unico messaggio che posso dare: vivere le parole di Gesù, per creare la pace e l’amore, perché ne abbiamo bisogno veramente». Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
Apr 4, 2016 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Durante l’ultimo viaggio a Taungoo, una delle regioni dove si è avviato il progetto del Sostegno a Distanza in Myanmar, «ci siamo resi conto quanti ragazzi sostenuti a distanza ora “camminano con le proprie gambe”», scrive la referente di AfnOnlus in Myanmar Vivienne Arpon. Le visite da parte dello staff locale del sostegno a distanza alle famiglie dei bambini sostenuti, sono occasione per portare l’amore concreto e capire meglio le difficoltà che affrontano.
Marta era stata abbandonata dal marito quando i suoi figli, Justin e Joseph, erano piccoli. Solo attraverso il progetto ha trovato la forza di portare avanti la famiglia. Finita la scuola Justin ha vinto il concorso per una borsa di studio in arte culinaria presso un istituto di Yangon, mentre Joseph è diventato assistente del personale in una fabbrica di tessuti. La famiglia di Anna e Philip viveva in una baraccopoli in pessime condizioni igieniche. Il sostegno a distanza ha permesso loro di abitare in una casa decente e costruirsi una vita dignitosa. Anche se Philip studia ancora, i suoi genitori hanno disposto generosamente di destinare l’aiuto a chi sta peggio di loro. «Quello che ci dà gioia ‒ racconta ancora Vivienne ‒ è costatare che il miglioramento materiale delle condizioni di queste famiglie è accompagnato da una crescita umana e spirituale».
Dal 2006 il progetto si è ampliato, in risposta alla richieste di aiuto del coordinatore birmano Eric. Grazie anche all’intervento di altre ONG, è stato possibile costruire una nuova scuola a Yenanchaung, nella regione di Magway e trovare la collaborazione di insegnanti e personale qualificato. I bambini frequentanti sono orfani a causa dell’HIV/AIDS oppure abbandonati. Oggi diversi di questi ragazzi hanno potuto trovare un buon lavoro, tanto che oltre a raggiungere l’autonomia, riescono anche ad aiutare le proprie famiglie. «Siamo fiduciosi – scrive Vivienne rivolgendosi ai sostenitori – che il futuro di questi bambini sia assicurato, non solo perché possono studiare, ma perché hanno sentito l’amore da parte vostra che gli ha dato sicurezza. Per tutto questo grazie infinite dei vostri sacrifici». Infatti, non è sempre facile vivere la solidarietà, ma considerare chi vive in condizioni peggiori, ridimensiona i bisogni e fa scoprire uno stile di vita più sobrio e forse anche più libero. Una famiglia di Messina (Italia) scrive comunicando come l’esperienza del sostegno a distanza con AFNonlus avviata alcuni anni fa, sia per loro di arricchimento e li faccia sentire aperti al mondo intero. Il bambino che sostenevano è cresciuto e grazie all’aiuto ricevuto attraverso il programma è riuscito a trovare lavoro. Tuttavia tanti altri bambini vivono in condizioni di necessità e la famiglia siciliana, nonostante le difficoltà economiche che non mancano, non si tira indietro e conferma ancora il proprio impegno per la solidarietà: «Con quattro figli non è facile far quadrare il bilancio familiare. Nonostante le incertezze, crediamo in questo progetto e siamo molto contenti di aiutare concretamente chi sta peggio di noi, in questo caso il piccolo Vincenzio del Myanmar».
Il progetto del Myanmar si estende in un territorio che per condizioni ambientali e vicende storiche non ha avuto adeguato sviluppo. Molte famiglie e bambini sono vittime di denutrizione e malattie, quali malaria, tubercolosi e AIDS. Il progetto, grazie alla generosità dei sostenitori, punta a infondere rinnovata speranza nel cuore della gente, offrendo alle nuove generazioni un futuro diverso e contribuire alla promozione umana di questa popolazione. Per approfondimenti: I Focolari sono in diversi Paesi asiatici dal 1966: eventi di carattere culturale e interreligioso ricordano questi primi 50 anni di storia. (altro…)
Apr 3, 2016 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Quando la famiglia soffre è la società che soffre», afferma uno dei partecipanti, andando al cuore del messaggio del tema scelto “La famiglia e la Pace. Gli strumenti per la pace in famiglia: 5 segreti”, che in 8 città della Repubblica Democratica del Congo e del Congo Brazaville, ha visto una massiccia partecipazione lo scorso 13 marzo.
1.000 persone a Kinshasa, 500 a Goma, 600 a Lubumbashi, 1.500 a Kikwit, riportano gli organizzatori. E ancora 110 a Bukavu, 83 a Uvira, senza contare le messe celebrate in altre località e 14 in Congo Brazzaville. A Lolo 170 adulti con 40 bambini avevano “festeggiato” – perché in Congo come in altri paesi africani la celebrazione è festa – “Maman Chiara“, come è affettuosamente chiamata la fondatrice dei Focolari, nel week end precedente.
«Il Movimento dei Focolari, offrendo la spiritualità di unità, ha voluto creare una sinergia lanciando un’iniziativa di scambi e condivisione con le strutture della Chiesa locale che lavorano per la famiglia», scrive Martine da Kinshasa. «Hanno partecipato anche amici della Chiesa di Cristo in Congo e della comunità musulmana. L’iniziativa ha suscitato entusiasmo e gioia e ci siamo incontrati diverse volte per prepararla insieme: chi con testimonianze, chi con canti e danze… ogni gruppo ha voluto portare la propria pietra per costruire la giornata». Anche i media hanno dato riscontro all’evento, che è stato diffuso alla televisione e nei giornali: L’ Observateur, Le Phare, Le Potentiel, Le Congolais, per citarne alcuni. «A Kikwit anche la Radio musulmana non ha voluto mancare a questo appuntamento!», scrivono. I “5 segreti” non sono che alcuni aspetti del carisma dell’unità applicati alla vita familiare: il “Patto di misericordia”, cioè il perdono tra i coniugi e figli; la comunione delle esperienze vissute della Parola di Dio; e a complemento, la comunione d’anima e la correzione fraterna. Infine, il colloquio con persone preparate che possano aiutare nel percorso di vita familiare, qualora ci siano difficoltà. «Questi “segreti” – dicono – appena “svelati” stanno sin da adesso aiutando diverse famiglie a ritrovare la pace e l’armonia in famiglia».
Nel discorso di ringraziamento, Abdourahamane Diallo, rappresentante dell’UNESCO nella R.D. Congo, presente a Kinshasa, ha detto: «Vorrei congratularmi con gli organizzatori di questa giornata in favore della pace in famiglia. Anche noi all’UNESCO pensiamo che occorra elevare le difese della pace attraverso l’educazione, il dialogo, la tolleranza e la cultura. Rendo omaggio alla famiglia perché é qui che inizia l’educazione. Vi ringrazio per questo lavoro». «In questo incontro ho scoperto una realtà di Dio alla quale siamo chiamati a vivere insieme, facendo di tutto perché continui», ha dichiarato l’Imam di Kikwit. «Abbiamo tutti un solo Dio, Colui che ha inviato l’Angelo a Maria per annunciarle la lieta novella». E il responsabile della comunità Vie Nouvelle: «Sono felice di scoprire i 5 segreti per costruire la pace in famiglia. Stasera ho telefonato a mio figlio, che ha dei problemi in famiglia, per condividere tutto questo. Ho bisogno di questo tema!». «Questa esperienza insieme alla Chiesa locale – conclude Martine – e ai nostri amici protestanti e musulmani, con i quali continuiamo a tessere rapporti, rappresenta un passo in avanti verso il sogno di unità della nostra “Maman Chiara”». (altro…)
Apr 2, 2016 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Congresso di matematici Ad un congresso partecipava anche una coppia di colleghi con il loro bambino. Nei dopocena si alternavano per farlo addormentare, ma in tal modo non riuscivano mai a passare una serata insieme. Avendo intuito che tra i due le cose non andavano del tutto bene, mi chiesi come poterli aiutare. Mi venne allora l’idea di propormi io per vegliare una sera il bambino, che mi conosceva. Il giorno dopo la collega mi ringraziò: da quando era nato il piccolo – mi disse – non avevano ancora trascorso un momento insieme e quella serata era stata molto importante per loro. M.Z. – Polonia L’altro, un altro me Studio arte all’università. Colpita dalle sofferenze di tante famiglie siriane provate dalla guerra, ho pensato di organizzare con altri amici artisti una mostra: con la vendita di nostri lavori avremmo raccolto dei fondi per loro. Titolo della mostra era: “L’altro, un altro me. Abbattere i muri dell’indifferenza”. Una delle opere principali era un muro composto da piastrelle. Ciascun visitatore poteva portarne una a casa per ricordare che siamo tutti connessi e invitati, nel nostro quotidiano, a far qualcosa per chi soffre. Organizzare la mostra ha comportato molti problemi. Una volta ero proprio stanca, ma pensando alle difficoltà dei siriani ho trovato rinnovata energia per andare avanti. La vendita delle opere ha fruttato circa 4000 dollari che andranno interamente ad alcune famiglie siriane. J.T. – Usa Il bacio della buonanotte Anche quella sera papà aveva scaricato le tensioni del giorno sulla mamma. Senza ribattere, lei si era messa a stirare in cucina, mentre lui leggeva in salotto. Un muro si era eretto fra i due. Sentendo l’aria diventare sempre più pesante, dopo cena tutti noi fratelli ci siamo ritirati nelle nostre stanze. Io però non riuscivo a prendere sonno. Una frase mi girava in mente: «Dove non c’è amore, metti amore e troverai amore». Superando il rispetto umano, mi sono alzata e sono andata in cucina. «Buona notte, papà», e gli ho dato un bacio. Poi: «Buona notte mamma», e ho fatto altrettanto. I due si sono guardati e il muro fra loro è crollato. Sono tornata a letto felice. G.M. – Svizzera
Un semplice atto d’amore Sono un francescano. Dopo aver dato l’ultima zappa che avevo a un povero, ho detto a Gesù: «Adesso pensaci tu!». Via radio ho appreso che era in arrivo una partita di zappe. Chiedo a una Ong di beneficiarne: ne ricevo 200 assieme a machete e sacchi di sementi che distribuisco. Tanti del posto mi chiedono aiuto: protestanti membri di una setta di kimbangisti e perfino uno stregone, che poi mi invita a casa e, davanti a 5 litri di vino di palma, mi ringrazia per quanto ho fatto per la sua gente. E tutto per un semplice atto d’amore. G.B. – Angola (altro…)
Apr 1, 2016 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Paray-le-Monial, cittadina della Borgogna, non è distante da altri posti dal ricco patrimonio spirituale, Cluny e Taizé, e reca in sé l’eredità artistica dei luoghi di culto che vi soggiornarono (qui ebbe origine l’architettura cluniacense e cistercense), posta com’è sulle “vie della cultura romanica”, quelle che conducono i pellegrini a Santiago di Compostela. Qui, inoltre, dalle apparizioni di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, si è generata la spiritualità del Sacro Cuore. 14 tra Movimenti e nuove Comunità, oltre una settantina di persone di età ed esperienze diverse che, spinti da un’amicizia fraterna e dal desiderio di accrescere la conoscenza, hanno voluto darsi appuntamento dal 3 al 6 marzo scorso, per un incontro dal titolo “Comunione e misericordia – Esperienze e sfide”, presente anche il vescovo di Le Mans, Mons. Yves Le Saux. La scelta del luogo è scaturita dall’invito della Comunità dell’Emmanuele che qui, nel 1975, inizia una tappa importante per la sua storia e per la sua diffusione a livello internazionale. Qualcuno proveniva già dalla precedente esperienza dello scorso anno, vissuta nei pressi di Firenze, a Loppiano, altri alla prima volta. «L’unità si vive come un poliedro – aveva detto papa Francesco alla Catholic Fraternity nel 2014 -. Ci invita a meravigliarsi di ciò che siamo. È in uno spirito di meraviglia che contempliamo i visi delle vostre comunità», così Laurent Landete, della Comunità dell’Emmanuele, nel suo saluto. Misericordia è il nome stesso di Dio, lo afferma il papa che ne ha indetto il Giubileo, un ambito dove ognuna delle quattordici realtà si è introdotta per declinarlo con la sua testimonianza. Sanare le ferite dell’handicap, per l’Arche; la Comunità deve diventare luogo di perdono: fragili e vulnerabili, possiamo sperimentare la misericordia del Padre. Condivisione con i più poveri, imparare il perdono, per l’Associazione Papa Giovanni XXIII. Scendere nelle piaghe più profonde della dipendenza e della fragilità esistenziale per portare resurrezione, misericordia e riconciliazione con sé stessi e il mondo, per la Famiglia della Speranza, Nuovi Orizzonti, Comunità Cenacolo. Parrebbero mere azioni sociali, ma quando si ascolta la narrazione di quei vissuti, trapela la profonda spiritualità che muove dalla pedagogia del Vangelo.
Misericordia è, per la Comunità Canção Nova, usare i mezzi di comunicazione per arrivare a portare il lieto annuncio all’umanità. Unità è per i Focolari, quella da riscegliere attimo dopo attimo, uomo accanto a uomo con l’inevitabile alternanza di luci e ombre. L’amore al fratello e un “patto di misericordia” aiutano a risaldare la meta. Riconciliazione con le proprie ferite e santificarsi insieme, per Via Pacis. Per la Comunità Cattolica Shalom la misericordia è missione, in situazioni inedite, come tra i carri del carnevale di Rio. Condivisione del percorso per individuare ed esprimere al meglio la propria fisionomia ecclesiale negli Statuti, per la Comunità delle Beatitudini. Per il Regnum Christi, l’accompagnamento nel discernimento della Chiesa e l’amicizia fraterna in Gesù sono punti di luce. I fatti di attualità vanno a contrassegnare gli apporti che arricchiscono l’incontro. La Comunità dell’Emmanuele rende partecipi tutti delle iniziative nel dialogo interreligioso, specie con i musulmani. Un fatto importante se si pensa ai gravi attentati avvenuti nel Paese. Sulla stessa onda la Comunità di Sant’Egidio che ribadisce l’importanza della Pace, l’acquisizione di una visione in cui il mondo si riscopra fraterno e in sinergia con sé stesso. La condivisione, in Chemin Neuf, rinforza la comunione, fa sperimentare la misericordia straordinaria del Padre che è la sorgente della loro missione: l’unità. «Diversi carismi, nel caleidoscopio delle testimonianze, sono apparsi come mani dell’Amore di Dio tese verso l’umanità di oggi», dichiara Lina Ciampi che vi ha partecipato a nome dei Focolari. In tutti il desiderio di ritrovarsi è forte, insieme alla volontà di restare in contatto e di pregare gli uni per gli altri. Un patto di benevolenza tra tutti ha concluso l’incontro. (altro…)