Apr 3, 2016 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Quando la famiglia soffre è la società che soffre», afferma uno dei partecipanti, andando al cuore del messaggio del tema scelto “La famiglia e la Pace. Gli strumenti per la pace in famiglia: 5 segreti”, che in 8 città della Repubblica Democratica del Congo e del Congo Brazaville, ha visto una massiccia partecipazione lo scorso 13 marzo.
1.000 persone a Kinshasa, 500 a Goma, 600 a Lubumbashi, 1.500 a Kikwit, riportano gli organizzatori. E ancora 110 a Bukavu, 83 a Uvira, senza contare le messe celebrate in altre località e 14 in Congo Brazzaville. A Lolo 170 adulti con 40 bambini avevano “festeggiato” – perché in Congo come in altri paesi africani la celebrazione è festa – “Maman Chiara“, come è affettuosamente chiamata la fondatrice dei Focolari, nel week end precedente.
«Il Movimento dei Focolari, offrendo la spiritualità di unità, ha voluto creare una sinergia lanciando un’iniziativa di scambi e condivisione con le strutture della Chiesa locale che lavorano per la famiglia», scrive Martine da Kinshasa. «Hanno partecipato anche amici della Chiesa di Cristo in Congo e della comunità musulmana. L’iniziativa ha suscitato entusiasmo e gioia e ci siamo incontrati diverse volte per prepararla insieme: chi con testimonianze, chi con canti e danze… ogni gruppo ha voluto portare la propria pietra per costruire la giornata». Anche i media hanno dato riscontro all’evento, che è stato diffuso alla televisione e nei giornali: L’ Observateur, Le Phare, Le Potentiel, Le Congolais, per citarne alcuni. «A Kikwit anche la Radio musulmana non ha voluto mancare a questo appuntamento!», scrivono. I “5 segreti” non sono che alcuni aspetti del carisma dell’unità applicati alla vita familiare: il “Patto di misericordia”, cioè il perdono tra i coniugi e figli; la comunione delle esperienze vissute della Parola di Dio; e a complemento, la comunione d’anima e la correzione fraterna. Infine, il colloquio con persone preparate che possano aiutare nel percorso di vita familiare, qualora ci siano difficoltà. «Questi “segreti” – dicono – appena “svelati” stanno sin da adesso aiutando diverse famiglie a ritrovare la pace e l’armonia in famiglia».
Nel discorso di ringraziamento, Abdourahamane Diallo, rappresentante dell’UNESCO nella R.D. Congo, presente a Kinshasa, ha detto: «Vorrei congratularmi con gli organizzatori di questa giornata in favore della pace in famiglia. Anche noi all’UNESCO pensiamo che occorra elevare le difese della pace attraverso l’educazione, il dialogo, la tolleranza e la cultura. Rendo omaggio alla famiglia perché é qui che inizia l’educazione. Vi ringrazio per questo lavoro». «In questo incontro ho scoperto una realtà di Dio alla quale siamo chiamati a vivere insieme, facendo di tutto perché continui», ha dichiarato l’Imam di Kikwit. «Abbiamo tutti un solo Dio, Colui che ha inviato l’Angelo a Maria per annunciarle la lieta novella». E il responsabile della comunità Vie Nouvelle: «Sono felice di scoprire i 5 segreti per costruire la pace in famiglia. Stasera ho telefonato a mio figlio, che ha dei problemi in famiglia, per condividere tutto questo. Ho bisogno di questo tema!». «Questa esperienza insieme alla Chiesa locale – conclude Martine – e ai nostri amici protestanti e musulmani, con i quali continuiamo a tessere rapporti, rappresenta un passo in avanti verso il sogno di unità della nostra “Maman Chiara”». (altro…)
Apr 2, 2016 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Congresso di matematici Ad un congresso partecipava anche una coppia di colleghi con il loro bambino. Nei dopocena si alternavano per farlo addormentare, ma in tal modo non riuscivano mai a passare una serata insieme. Avendo intuito che tra i due le cose non andavano del tutto bene, mi chiesi come poterli aiutare. Mi venne allora l’idea di propormi io per vegliare una sera il bambino, che mi conosceva. Il giorno dopo la collega mi ringraziò: da quando era nato il piccolo – mi disse – non avevano ancora trascorso un momento insieme e quella serata era stata molto importante per loro. M.Z. – Polonia L’altro, un altro me Studio arte all’università. Colpita dalle sofferenze di tante famiglie siriane provate dalla guerra, ho pensato di organizzare con altri amici artisti una mostra: con la vendita di nostri lavori avremmo raccolto dei fondi per loro. Titolo della mostra era: “L’altro, un altro me. Abbattere i muri dell’indifferenza”. Una delle opere principali era un muro composto da piastrelle. Ciascun visitatore poteva portarne una a casa per ricordare che siamo tutti connessi e invitati, nel nostro quotidiano, a far qualcosa per chi soffre. Organizzare la mostra ha comportato molti problemi. Una volta ero proprio stanca, ma pensando alle difficoltà dei siriani ho trovato rinnovata energia per andare avanti. La vendita delle opere ha fruttato circa 4000 dollari che andranno interamente ad alcune famiglie siriane. J.T. – Usa Il bacio della buonanotte Anche quella sera papà aveva scaricato le tensioni del giorno sulla mamma. Senza ribattere, lei si era messa a stirare in cucina, mentre lui leggeva in salotto. Un muro si era eretto fra i due. Sentendo l’aria diventare sempre più pesante, dopo cena tutti noi fratelli ci siamo ritirati nelle nostre stanze. Io però non riuscivo a prendere sonno. Una frase mi girava in mente: «Dove non c’è amore, metti amore e troverai amore». Superando il rispetto umano, mi sono alzata e sono andata in cucina. «Buona notte, papà», e gli ho dato un bacio. Poi: «Buona notte mamma», e ho fatto altrettanto. I due si sono guardati e il muro fra loro è crollato. Sono tornata a letto felice. G.M. – Svizzera
Un semplice atto d’amore Sono un francescano. Dopo aver dato l’ultima zappa che avevo a un povero, ho detto a Gesù: «Adesso pensaci tu!». Via radio ho appreso che era in arrivo una partita di zappe. Chiedo a una Ong di beneficiarne: ne ricevo 200 assieme a machete e sacchi di sementi che distribuisco. Tanti del posto mi chiedono aiuto: protestanti membri di una setta di kimbangisti e perfino uno stregone, che poi mi invita a casa e, davanti a 5 litri di vino di palma, mi ringrazia per quanto ho fatto per la sua gente. E tutto per un semplice atto d’amore. G.B. – Angola (altro…)
Apr 1, 2016 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Paray-le-Monial, cittadina della Borgogna, non è distante da altri posti dal ricco patrimonio spirituale, Cluny e Taizé, e reca in sé l’eredità artistica dei luoghi di culto che vi soggiornarono (qui ebbe origine l’architettura cluniacense e cistercense), posta com’è sulle “vie della cultura romanica”, quelle che conducono i pellegrini a Santiago di Compostela. Qui, inoltre, dalle apparizioni di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, si è generata la spiritualità del Sacro Cuore. 14 tra Movimenti e nuove Comunità, oltre una settantina di persone di età ed esperienze diverse che, spinti da un’amicizia fraterna e dal desiderio di accrescere la conoscenza, hanno voluto darsi appuntamento dal 3 al 6 marzo scorso, per un incontro dal titolo “Comunione e misericordia – Esperienze e sfide”, presente anche il vescovo di Le Mans, Mons. Yves Le Saux. La scelta del luogo è scaturita dall’invito della Comunità dell’Emmanuele che qui, nel 1975, inizia una tappa importante per la sua storia e per la sua diffusione a livello internazionale. Qualcuno proveniva già dalla precedente esperienza dello scorso anno, vissuta nei pressi di Firenze, a Loppiano, altri alla prima volta. «L’unità si vive come un poliedro – aveva detto papa Francesco alla Catholic Fraternity nel 2014 -. Ci invita a meravigliarsi di ciò che siamo. È in uno spirito di meraviglia che contempliamo i visi delle vostre comunità», così Laurent Landete, della Comunità dell’Emmanuele, nel suo saluto. Misericordia è il nome stesso di Dio, lo afferma il papa che ne ha indetto il Giubileo, un ambito dove ognuna delle quattordici realtà si è introdotta per declinarlo con la sua testimonianza. Sanare le ferite dell’handicap, per l’Arche; la Comunità deve diventare luogo di perdono: fragili e vulnerabili, possiamo sperimentare la misericordia del Padre. Condivisione con i più poveri, imparare il perdono, per l’Associazione Papa Giovanni XXIII. Scendere nelle piaghe più profonde della dipendenza e della fragilità esistenziale per portare resurrezione, misericordia e riconciliazione con sé stessi e il mondo, per la Famiglia della Speranza, Nuovi Orizzonti, Comunità Cenacolo. Parrebbero mere azioni sociali, ma quando si ascolta la narrazione di quei vissuti, trapela la profonda spiritualità che muove dalla pedagogia del Vangelo.
Misericordia è, per la Comunità Canção Nova, usare i mezzi di comunicazione per arrivare a portare il lieto annuncio all’umanità. Unità è per i Focolari, quella da riscegliere attimo dopo attimo, uomo accanto a uomo con l’inevitabile alternanza di luci e ombre. L’amore al fratello e un “patto di misericordia” aiutano a risaldare la meta. Riconciliazione con le proprie ferite e santificarsi insieme, per Via Pacis. Per la Comunità Cattolica Shalom la misericordia è missione, in situazioni inedite, come tra i carri del carnevale di Rio. Condivisione del percorso per individuare ed esprimere al meglio la propria fisionomia ecclesiale negli Statuti, per la Comunità delle Beatitudini. Per il Regnum Christi, l’accompagnamento nel discernimento della Chiesa e l’amicizia fraterna in Gesù sono punti di luce. I fatti di attualità vanno a contrassegnare gli apporti che arricchiscono l’incontro. La Comunità dell’Emmanuele rende partecipi tutti delle iniziative nel dialogo interreligioso, specie con i musulmani. Un fatto importante se si pensa ai gravi attentati avvenuti nel Paese. Sulla stessa onda la Comunità di Sant’Egidio che ribadisce l’importanza della Pace, l’acquisizione di una visione in cui il mondo si riscopra fraterno e in sinergia con sé stesso. La condivisione, in Chemin Neuf, rinforza la comunione, fa sperimentare la misericordia straordinaria del Padre che è la sorgente della loro missione: l’unità. «Diversi carismi, nel caleidoscopio delle testimonianze, sono apparsi come mani dell’Amore di Dio tese verso l’umanità di oggi», dichiara Lina Ciampi che vi ha partecipato a nome dei Focolari. In tutti il desiderio di ritrovarsi è forte, insieme alla volontà di restare in contatto e di pregare gli uni per gli altri. Un patto di benevolenza tra tutti ha concluso l’incontro. (altro…)
Mar 28, 2016 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Il 13 marzo scorso la Costa d’Avorio e il mondo intero hanno appreso con stupore che la città balneare di Grand-Bassam era stata duramente colpita da sconosciuti e che era ancora difficile contare il numero delle vittime», scrivono Jeanne Kabanga e Damase Djato, dei Focolari ad Abidjan. «Si può immaginare la carneficina, perché durante il weekend molte persone arrivano lì da Abidjan, città situata a 40 km e da altre parti della regione, per riposare su questa spiaggia di fronte all’Hotel chiamato «l’étoile du SUD». È un luogo frequentato soprattutto da turisti di ogni provenienza. Grand-Bassam – ricordiamo – è stata la prima capitale della Costa d’Avorio ed è classificata come patrimonio mondiale dell’UNESCO».

Mons. Joseph Spiteri
Quello stesso giorno, 180 persone erano riunite ad Abidjan per sottolineare l’attualità del messaggio di Chiara Lubich, che nel 1996 aveva ricevuto il premio UNESCO per l’educazione alla pace, e di cui il 14 marzo ricorreva l’8° anniversario della morte. Tra loro c’erano sia il nunzio apostolico in Costa d’Avorio, mons. Joseph Spiteri, sia l’imam Diara. Ogni anno, su suo invito, la comunità dei Focolari partecipa nella sua moschea alla celebrazione del Maouloud (commemorazione della nascita del Profeta). «Dalle loro parole – e partendo dall’invito di Chiara ai decisori politici a vivere l’arte d’amare come vera terapia per il nostro tempo – abbiamo riscoperto insieme il nostro comune dovere di esercitarci con fedeltà ad amare tutti senza distinzione, per non perdersi nel fondamentalismo, ma coltivando la speranza e la misericordia». «La nostra tendenza, invece, ha sottolineato il nunzio, è di far passare il giudizio davanti alla misericordia», mentre «se musulmani e cristiani si amassero», ha sottolineato l’imam, «il mondo si salverebbe». I giovani e i ragazzi presenti raccontano del loro impegno nella raccolta di firme per la pace: dopo avere preparato con cura messaggi di Ghandi, Madre Teresa di Calcutta, Chiara Lubich, Dalai Lama, da distribuire alle persone, sono usciti per strada. «Non era facile avvicinare gli adulti per presentare il progetto – che continueremo anche durante la Settimana Mondo Unito – ma abbiamo vinto la nostra paura». Il racconto dei più piccoli è quello che più colpisce i presenti, anche perché sostanziato da tanti episodi concreti che dicono il loro impegno a essere “messaggeri di pace” nel proprio ambiente. «Una volta, a casa, – racconta Marie Lucie – la mia sorella più piccola non aveva lavato i piatti. Al momento del pranzo quindi non potevamo mangiare. Le ho detto di farlo, ma non ha voluto. Mi sono detta che – se li avessi lavati io – avrei fatto un gesto di pace. Così ho fatto e abbiamo mangiato». «A scuola – racconta Prince – alcuni miei compagni prendevano in giro un altro, più debole, insultandolo e picchiandolo. Con un altro ragazzo abbiamo deciso di intervenire, parlando con loro, spiegando gli ideali di pace in cui crediamo e chiedendogli di lasciarlo stare. Hanno smesso e adesso sono diventati amici».
In questo contesto, anche la presentazione dell’Economia di Comunione, che in Costa d’Avorio ha mosso già alcuni passi, è risultata come un possibile antidoto alla povertà e alla miseria; azioni, anche piccole, come l’attività di Firmin a favore dell’istruzione in uno dei quartieri di Abidjan, assumono – sullo sfondo della costruzione capillare della pace – un significato più grande. E la raccolta di firme per la pace ha sottolineato la presa di impegno personale di ciascuno. «Solo di ritorno a casa – continuano Jeanne e Damase – abbiamo appreso alla televisione la notizia dell’attentato di Grand Bassam. Dopo questa giornata in cui abbiamo sentito parlare e sperimentato la pace, è chiara la chiamata ad essere operatori di pace, mettendo in pratica quanto imparato e sopratutto cercando prima di tutto di conservare la pace in noi, per poi donarla attorno a noi. Solo così, ci sembra, possiamo dare il nostro contributo per disinnescare il terrorismo e ogni sorta di odio». Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
Mar 27, 2016 | Chiara Lubich, Spiritualità
«Una circostanza provvidenziale mi ha portato ad approfondire la realtà di Gesù che, dopo l’abbandono e la morte in croce, è risorto. Non solo: ho avuto l’occasione di meditare intensamente con la mente e con il cuore molti particolari della risurrezione di Gesù e della sua vita dopo la risurrezione. E sono rimasta sbalordita (è la parola esatta) dalla maestosità, dalla grandiosità che da questo avvenimento divino emanava: dall’unicità del Risorto, da questo fatto soprannaturale che, come si sa, è unico al mondo. Per cui non posso non soffermarmi questa volta a metterlo ancora in rilievo. […] La risurrezione di Gesù è ciò che maggiormente caratterizza il cristianesimo, ciò che distingue il suo fondatore, Gesù. Il fatto che è risorto. Risorto da morte! Ma non nella maniera di altri risorti, come Lazzaro ad esempio, che poi, a suo tempo, è morto. Gesù è risorto per non morire mai più, per continuare a vivere, anche come uomo, in Paradiso, nel cuore della Trinità. E l’hanno visto in 500 persone! E non era certo un fantasma. Era Lui, proprio Lui: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato” (Gv 20, 27), ha detto a Tommaso. E ha mangiato con i suoi e ha parlato ai suoi ed è rimasto con loro ben 40 giorni… Aveva rinunciato alla sua infinita grandezza per amore nostro e si era fatto piccolo, uomo fra gli uomini, come uno di noi. […] Ma, poiché è risorto, ha rotto, ha superato ogni legge della natura, del cosmo intero, e si è mostrato, con questo, più grande di tutto ciò che è, di tutto ciò che ha creato, di tutto ciò che si può pensare. Sicché anche noi, al solo intuire questa verità, non possiamo non vederlo Dio, non possiamo non fare come Tommaso e, inginocchiati di fronte a Lui, adoranti, confessare e dirgli col cuore in mano: “Mio Signore e mio Dio”. […] E ho visto con altri occhi quello che ha fatto in quei nuovi favolosi giorni terreni. Dopo la discesa dal Cielo di un angelo che ha ribaltato la pietra del suo sepolcro e lo ha annunciato, ecco il Risorto apparire per primo alla Maddalena, già peccatrice, perché egli aveva preso carne per i peccatori. Eccolo sulla via di Emmaus, grande e immenso com’era, farsi il primo esegeta a spiegare ai due discepoli la Scrittura. Eccolo come fondatore della sua Chiesa, imporre le mani ai suoi discepoli, per dar loro lo Spirito Santo; eccolo dire straordinarie parole a Pietro, che ha posto a capo della sua Chiesa. Eccolo mandare i discepoli nel mondo ad annunziare il Vangelo, il nuovo Regno da lui fondato, in nome della Santissima Trinità da cui era disceso quaggiù e che nell’Ascensione seguente avrebbe raggiunto pienamente. […] E perché Risorto, ecco anche le sue parole detteci in precedenza, prima della sua morte, acquistare una luminosità unica, esprimere verità incontrastabili. E prime fra tutte quelle in cui annuncia anche la nostra risurrezione. Lo sapevo e lo credevo perché sono cristiana. Ma ora sono doppiamente certa: risorgerò, risorgeremo […]». C. Lubich, In unità verso il Padre, Città Nuova editrice, Roma 2004, p.102-105 (altro…)
Mar 26, 2016 | Centro internazionale, Spiritualità

Ave Cerquetti, ‘Crocifissione’ – Lienz (Austria) 1975
«Il mistero tragico della morte in croce, quando anche cielo e terra inorriditi si oscurarono e tremarono, si rovesciò sulle povere donne ai piedi del patibolo. Il Padre aveva abbandonato il Figlio; il Figlio aveva abbandonato la Madre: tutto crollava nell’orrore e nella tenebra: non stava in piedi che quella donna, e a lei era stata affidata l’umanità abbandonata. Il nostro destino fu nelle mani di lei come nel lontano tranquillo giorno che disse il primo fiat. Quando il Padre rivolse lo sguardo su quella collina orrifica, che era divenuta il perno sanguinante dell’universo, vide l’umanità aggrappata a quella donna, sotto il sacrificio cruento dell’uomo-Dio. — Martire, e più che martire, — dice san Bernardo. Sotto la croce, Maria. Davvero si può dire, in certo senso, che Gesù ebbe bisogno di lei, non solo per nascere, ma anche per morire. Ci fu un momento in cui sulla croce, abbandonato dagli uomini in terra, si senti abbandonato anche dal padre in cielo: allora si rivolse alla madre, ai piedi della croce: alla madre che non lo aveva disertato e vinceva la natura per non cadere in quella prova sotto cui ogni donna sarebbe crollata. Come intuì Goethe, nel Faust, il patire di Maria e di Gesù sul Calvario fu un «unico dolore». Poi morto il figlio, continuò la madre a patire. Egli morto fu deposto sulle ginocchia di lei: impotente più di quand’era bambino. Un Dio morto sulle ginocchia di una madre! Allora, sì, ella fu regina. Poiché Gesù ricapitolava l’umanità, era l’umanità intera di tutti i tempi, custodita sulle ginocchia di Maria, la quale apparve, in quella desolazione, la madre e la regina della famiglia umana che cammina sulle strade del dolore. La sua grandezza fu pari alla sua angoscia. Ma, come si vede, la sua regalità non fu che un primato nella sofferenza: solo modo per essere la più vicina, immediatamente prossima, al Crocifisso. Se si pensa allo strazio di Maria sotto la croce, al dolore della madre per lo scempio del figlio, vittima volontaria di tutte le colpe del mondo e di tutte le sofferenze degli uomini, si intuisce l’immensità della tragedia patita: una tragedia cosmica. E si valuta la nostra grettezza quando ad essa dedichiamo qualche frase stampata, qualche giaculatoria granulosa… Ci pare di perder tempo a meditarvi sopra, a piangervi sopra: e rischiamo di perdere l’eternità. Ché inserirsi in quel dolore è includersi nella redenzione. Prendiamo con lei posizione a fianco del Crocifisso, scegliendo il ruolo di vittime contro quello di carnefici, abbracciando il dolore contro le suggestioni del denaro, la croce contro il vizio: per essere poi con Maria a reggere sulle ginocchia, in mezzo all’abbandono, il corpo svenato di Gesù, il corpo mistico che le persecuzioni dissanguano. Sempre, nelle ore che la Chiesa è straziata e Cristo soffre nei cristiani, si rivede Maria che ne raccoglie in grembo il corpo piagato. E perché Cristo riassume l’umanità, s’è identificato con l’umanità, ecco che la Chiesa appare Maria stessa che raccoglie i popoli in mezzo alle guerre». Igino Giordani, Maria modello perfetto, Città Nuova, Roma, 2001, pp.124-129 (altro…)