Mondiali 2014: la gioia di uno sport autentico
«Se è vero che alla fine di questo mondiale, soltanto una squadra nazionale esibirà la Coppa del vincitore, occorre imparare le lezioni che lo sport ci insegna: tutti saremo vincitori rafforzando i legami che ci uniscono», ha affermato Papa Francesco nel video messaggio in occasione dei mondiali 2014. Una cultura della sconfitta per una nuova cultura della vittoria, era anche il provocatorio titolo della riflessione di Sportmeet, rete mondiale di sportivi e di operatori dello sport, alla quale Chiara Lubich aveva rivolto queste parole: «In particolare col cristianesimo chi perde conosce il valore della sofferenza e della sconfitta, perché il Figlio di Dio le ha valorizzate. Per lui può esserci una gioia più profonda che nasce dall’aver dato, dato se stesso negli allenamenti, o nei rapporti reciproci per costruire una squadra, dato tutto di sé nella esibizione al pubblico. Solo dalla donazione, dall’amore nasce la gioia interiore, più limpida, più pura, per chi vince (se ha lottato e vinto per amore) e per chi perde (se ugualmente ha lottato e perso per amore). Allora lo sport diventa autentico e sarà elevato alla sua dignità sociale. Potrà contribuire a ricreare gli uomini in questa civiltà troppo stressante, ad essere un elemento di affinità, di fratellanza e di pace tra popoli e nazioni. Nell’antica Grecia durante le Olimpiadi tutte le guerre venivano sospese. Che non siamo oggi meno d’allora!». Chiara Lubich, 10 settembre 2005, messaggio al terzo congresso internazionale di Sportmeet (altro…)
AMU, progetti in Burundi e Camerun
Burundi «Nel 1994 quest’area subì eventi drammatici – raccontano gli operatori di AMU –: la popolazione fu coinvolta in omicidi, rappresaglie, furti, distruzioni massicce di case e beni. Le condizioni di vita e di igiene sono tuttora molto deplorevoli, e più colpite sono soprattutto le donne ed i bambini. Le famiglie vulnerabili di queste municipalità sono molto numerose e tanti loro bambini non vanno a scuola; spesso sono formate da donne sole con figli, indebolite da anni di guerra e di privazioni, e non hanno risorse di alcun tipo, senza prospettive di miglioramento». Nel corso del 2014, è stato avviato insieme all’associazione “partner” CASOBU un nuovo progetto nell’area metropolitana di Bujumbura, in collaborazione con l’Associazione Uomo Mondo di Treviso (Italia) e con il cofinanziamento della Regione italiana Veneto. Nell’elaborazione del progetto, in dialogo con i beneficiari, le istituzioni ed il personale di CASOBU, si sono focalizzati alcuni bisogni come prioritari; ad essi si cercherà di rispondere con una serie di attività a favore di 250 famiglie vulnerabili, per un totale di 1.500 persone. Camerun. Si è conclusa la costruzione del pozzo d’acqua a Nega (Camerun), diventato un luogo di incontro e di condivisione. «Si può dire che tutti, grandi, piccoli ed anziani hanno partecipato alla costruzione del pozzo – AMU Notizie n. 4/2013) – attraverso la mano d’opera e il trasporto delle pietre e della sabbia. Un piccolo contributo annuale per la manutenzione è inoltre richiesto ad ogni famiglia e viene dato secondo le possibilità di ognuno, grazie alla vendita del cacao o di altri prodotti coltivati. Questo coinvolgimento diretto fa sì che tutti sentano il pozzo come proprio: un bene da tutelare». In precedenza gli abitanti del villaggio erano stati informati e formati, attraverso incontri della comunità, su come avere cura del pozzo e usare l’acqua con responsabilità. Il pozzo, inoltre, è stato costruito in un punto di passaggio, così i viaggiatori possono usufruirne. Don Simon Pierre, sacerdote della parrocchia, scrive: «Senza esagerare possiamo dire che la costruzione del pozzo ha portato frutti visibili nel villaggio. Tutti bevono acqua potabile e quindi c’è un miglioramento sul piano della salute; per esempio sono diminuite le persone con dolori addominali. Il pozzo è divenuto un luogo di incontro e di condivisione tra le persone e questo contribuisce ad unire la comunità». Fonte: AMU Notizie n. 2/2014 (altro…)
Scicli: una comunità “famiglia”
Primi anni ’60. La Sicilia era molto lontana da Trento, sembrava irraggiungibile. Eppure fin da quegli anni, con un primo gruppo di focolarini, la spiritualità dell’unità si diffonde nell’isola all’estremo sud dell’Italia, in molte città. Fra queste Scicli, in provincia di Ragusa, 25mila abitanti, gioiello barocco dichiarato patrimonio dell’umanità. Un paese, che come Agrigento, Pozzallo, e altri che sentiamo nominare per gli sbarchi dei migranti dal nord Africa, si affaccia sul Canale di Sicilia e si trova al centro del nuovo flusso migratorio di questi anni. La gente di lì è per natura accogliente, ma l’invito di Gesù del “Che tutti siano uno” (Gv. 17,21) e i suggerimenti di Chiara Lubich sulla via da percorrere per chi vuole conquistare a Dio la propria città, spronano, negli anni, la comunità sciclitana dei Focolari a cogliere tutte le occasioni per andare incontro a tanti: dialogo con cristiani appartenenti ad altre chiese, sostegno a giovani immigrati, capodanno alternativo per non lasciare nessuno da solo, lezioni di italiano, un centro diurno di accoglienza per i bambini animato dai ragazzi, una mensa diventata progetto (“Una tavola, una famiglia”) e altro ancora.
“Nella nostra città vivono fratelli appartenenti alla Chiesa Metodista”, racconta Ignazio Ventura, di Scicli. Già negli anni ’90 nasce con loro un profondo dialogo fatto di comunione, di scambio di idee. Decidiamo insieme di realizzare una mensa settimanale per i numerosi immigrati presenti nella nostra città”. “Hichem e Samia, sono una giovane coppia tunisina da poco a Scicli. Li sosteniamo nel metter su la loro modesta casetta. Con preoccupazione per la precarietà economica, ci confidano che aspettano un bambino, ed è l’amore concreto di tanti che li rassicura nel portare avanti la gravidanza. La nascita di Deyssem, dopo i primi attimi di gioia, si trasforma in una preoccupante corsa contro il tempo, a causa di una malformazione: bisogna intervenire entro poche ore! Ci troviamo al loro fianco in questo delicato momento. Bisogna organizzare il trasferimento a Roma. Una persona della comunità si offre per accompagnare il bambino e il suo papà. L’intervento ha pieno successo e il piccolo è salvo!”. In quel periodo, insieme ad altre istituzioni si dà vita al centro di accoglienza interculturale: “La Sorgente”, e si risponde all’appello del Comune di impartire lezioni di lingua italiana ai giovani immigrati: tre volte alla settimana, per due anni consecutivi. Ne nasce uno spettacolo in cui i giovani Nord-africani e di Scicli danno il meglio di sé.
Ispirandosi al ‘Manifesto’ che Chiara consegna alle nuove generazioni – “Una città non basta” – dal 2005 i Ragazzi per l’Unità si prendono cura dei bambini ospiti in un centro diurno di accoglienza, tenuto da Suore. Qui i bambini – che vivono situazioni particolari – pranzano e trascorrono i pomeriggi. Si stabiliscono i turni per trascorrere insieme a loro momenti di gioco e per i compiti. L’assistente sociale e la psicologa, affermano che la presenza dei Ragazzi per l’Unità è molto importante per i bambini. Nel 2006 viene chiesto alle famiglie dei Focolari di contribuire alla formazione delle famiglie dei bambini del Centro. Famiglie albanesi, con cultura e religione diversa, famiglie divise con genitori in carcere o agli arresti domiciliari… “La nostra vicinanza al Centro e alle Suore ci ha offerto tante opportunità, in un rapporto di reciproco aiuto e sostegno, anche quando non si poteva far altro che ascoltare o accogliere le loro sofferenze. Nasce così il progetto “Una tavola, una famiglia”: una mensa per una sessantina di persone, una domenica al mese”. “Stiamo sperimentando – conclude Ignazio – che lo spirito di famiglia si realizza al di là di ogni barriera culturale. È proprio vero, donandosi agli altri, si sperimenta la pace dell’anima, la libertà dei figli di Dio”. (altro…)
L’amore vince la povertà
«Nel cuore di Chiara Lubich c’era un sogno» – a parlare è Marco Tecilla, passato alla storia come il “primo” focolarino. Ha davanti una platea di qualche centinaio di persone provenienti da 50 Paesi, in rappresentanza delle comunità locali dei Focolari sparse nel mondo. Spontaneo è guardare alla vita della città dove il carisma dell’unità ha mosso i primi passi, Trento, per avere una luce anche per i nostri giorni. «Guardando dalla sua finestra che dominava la città di Trento, Chiara avrebbe voluto risolvere il problema sociale della città. Ma ancora non avevamo le forze. Ed ecco che nel dicembre del 1947 ci convocò tutti nella sala Cardinal Massaia per comunicarci qualcosa. Aveva notato che in seno a questa nostra comunità vi erano delle persone costrette a vivere in grandi ristrettezze economiche. E questo per lei era inconcepibile. Nelle prime comunità cristiane sorte a Gerusalemme nei primi tempi della Chiesa, – come ci dicono gli Atti degli Apostoli – “tutto era in comune e non c’erano tra loro indigenti” perché il Vangelo era vissuto alla lettera. Chiara, appunto, decise di parlarci della comunione dei beni e lanciare a tutti noi, che formavamo questa prima comunità trentina tale sfida. Simile e dissimile da quella dei primi cristiani». Ognuno doveva quindi vendere tutti i suoi beni? «No. Pur raggiungendo, infatti il medesimo scopo della comunità cristiana, non si domandava che ciascuno vendesse quanto aveva e lo portasse alla comunità, ma che ciascuno donasse quel tutto che di proprio possedeva e di cui poteva privarsene senza recar danno a se stesso o alla famiglia».
Come funzionava questa forma di carità “organizzata”? «Ognuno portava quanto aveva in soprappiù, soprattutto in denaro, e si impegnava a donare una cifra fissa da lui stabilita, mese per mese. Il donatore e la cifra promessa rimanevano segrete. Col denaro ricevuto una focolarina incaricata da Chiara stessa, avrebbe aiutato, mensilmente e segretamente, famiglie della comunità nell’indigenza, regolando tale delicato compito con tutta la carità e la discrezione. Lo scopo era: arrivare a far sì che fra noi non ci fosse più alcun indigente, ma tutti avessero il necessario per vivere. Il risultato della somma ottenuta e dell’impegno mensile furono impensati e riuscirono, già nel primo mese, a sistemare una trentina di famiglie». Cosa pensava Chiara a riguardo? «Guardando a questo nostro mondo lei diceva: “Sembra una cosa impossibile al giorno d’oggi, così avido ed egoista…eppure è così. Di fronte a questi fatti, commossi e riconoscenti, gridiamo: La Carità è Dio! E Dio è l’Onnipotente. Nello spirito di carità e di unità (che non è la semplice elemosina, ma il dono totale di sé alla volontà di Dio) tutti troverebbero qualcosa da dare. Ma occorre, prima di chiedere il proprio, formare i cuori, perché – a differenza dei primi cristiani – aleggia fra essi troppo spirito di mondo e regna la disunità e l’indifferenza. Solo una solida e profonda formazione evangelica può mantenere viva una società ideale di fraterna carità. Questo lo sarà certamente fra noi, perché, finché siamo uniti, Cristo è in mezzo a noi, e ciò che Lui edifica, rimane”. Infatti, ciò che veniva molto in rilievo nei primi tempi del Movimento dei Focolari era l’importanza del vivere il Vangelo». Esperienza, questa della comunione dei beni, che non si è fermata alla prima comunità di Trento, ma è continuata negli anni, sia nelle scelte di vita dei membri dei Focolari, sia in azioni concrete (come le “reti fagotto”) in cui si fanno circolare i beni in una forma che ricorda l’antico baratto, con una forte dose di solidarietà e giustizia sociale. (altro…)
Per la pace con Francesco
L’invito di papa Francesco ai presidenti dello Stato di Palestina e dello Stato di Israele del 25 maggio scorso a “elevare insieme un’intensa preghiera invocando da Dio il dono della pace”, offrendo la sua casa in Vaticano, ha fatto sperare il mondo, provocando un balzo in avanti nel credere che la pace va creata e va invocata. Da quel momento si è intensificata la preghiera comune di quanti si ispirano all’ideale di unità dei Focolari, di diverse religioni e culture, che, con parole diverse, con il moltiplicarsi di atti di pace in piccoli e grandi e con la rinnovata proposta del Timeout quotidiano alle ore 12 di ogni fuso orario, elevano per la pace in tutto il mondo. Grande anche la gioia per la notizia che, a papa Francesco e ai presidenti Peres e Abu Mazen, si unirà il patriarca ecumenico Bartolomeo I di Costantinopoli nella “invocazione per la pace” di domenica in Vaticano. Un’ulteriore sprone a camminare spediti verso il “che tutti siano uno affinché il mondo creda” di Gesù, mai come oggi avvertito Suo comando. Il Movimento dei Focolari, quindi, risponde all’accorata richiesta di papa Francesco di “non lasciarci soli”; e dai cinque continenti, in particolare nei luoghi di maggiore sofferenza, si unirà alla preghiera in Vaticano “perché il Signore ci dia la pace in quella Terra benedetta!”. (altro…)