Movimento dei Focolari
Aldo Baima: appassionato ricercatore di Dio

Aldo Baima: appassionato ricercatore di Dio

36«Sono nato a mille metri, in una piccola borgata delle Prealpi piemontesi». Così Aldo Baima inizia il racconto della sua vita, riconoscente alla terra che gli ha dato i natali e che l’ha visto, fin da piccolo, accompagnare i genitori nei pascoli in alta montagna. Dopo le scuole elementari,  la maestra riesce a convincere i genitori a fargli continuare gli studi, dapprima in collegio, poi come pendolare, viaggiando spesso su vagoni destinati al bestiame: erano tempi di guerra. Un sacerdote gli propone di partecipare al gruppo dei giovani di Azione Cattolica: «Dieci anni di scoperte e di lancio apostolico» dirà Aldo, nei quali vi si impegna con passione. Durante l’estate continua a tornare sui pascoli. Una turista, vedendolo con un libro di teologia, gli chiede se avesse intenzione di entrare in seminario. «No, per nulla!» risponde deciso Aldo.  E al replicare della ragazza: «Ma non preferiresti leggere romanzi d’amore?» Aldo dichiara: «Ma questo è un bellissimo romanzo d’amore!». Terminato l’Istituto Magistrale inizia a lavorare come maestro. Si iscrive all’Università di Torino, dove studia pedagogia e filosofia. Qui ritrova un vecchio compagno di studi che gli parla di un’originale esperienza, iniziata a Trento da alcune ragazze che “mettono in pratica il Vangelo”. Il dialogo con l’amico, anch’egli contagiato da quella novità di vita, si infittisce, tocca le domande più profonde, tanto da suscitare in Aldo la decisione di mettere anche lui il Vangelo a base della propria vita. Lo colpisce particolarmente una frase, letta e meditata tante volte ma che ora diventava vitale: “Tutto quello che avete fatto al più piccolo di questi miei fratelli l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Con decisone si impegna ad assistere chi è nel bisogno, scoprendo in ogni povero un fratello e cercando di coinvolgere gli amici della parrocchia. Nell’estate ‘52 trascorre una settimana in focolare a Trento; poi va in montagna, a Tonadico, dove è in corso la Mariapoli. “Lì ebbi l’intuizione – confida – che solo facendo parte di quella famiglia sarebbero veramente state mie quella luce e quella vita di cui non potevo fare a meno. Lasciata la fidanzata decide di entrare in focolare. img473Seguono anni di generosa donazione: a Torino, Sassari, Roma, e dal 1961 in Francia. Per la sua dirittura morale e spirituale, giovani e adulti trovano in Aldo una guida sicura verso Dio. Di fronte a situazioni difficili il suo atteggiamento è quello dell’ascolto profondo. La sua limpidezza e la sua apertura d’animo nell’accogliere la cultura dei francesi conquista i cuori, stabilendo rapporti di vera amicizia. Nel 1975 riceve l’ordinazione sacerdotale. Nel 1984 è al centro del Movimento per coadiuvare alla formazione dei focolarini. Successivamente si reca ad Istanbul per poi trasferirsi alla cittadella di Montet (Svizzera). Dal 2001 lo troviamo nuovamente al centro del Movimento a servizio dei focolarini di tutto il mondo. Ed è qui che inizia una progressiva fragilità della sua salute, con la quale, sono parole sue, «il Padre vuole mettermi nelle condizioni di entrare finalmente nel mistero dell’Abbandono e della Resurrezione che ne consegue». Nel 2005 scrive: «Mi è rinata la certezza che quest’anno dedicato a Gesù Abbandonato può essere anche per me il momento di rispondere a questa sua nuova chiamata. Tempo di salvezza che viene da Lui, tempo di grazia che trascina dentro la sua piaga, per farci vivere nel seno del Padre». Una grazia che lo accompagna nella sua condizione di quasi immobilità in cui da anni ormai si trova, immedesimato a Gesù nell’abbandono che, dalla giovinezza, ha scelto come ideale della sua vita. Fino alla mattina del 12 gennaio 2017, quando, a novant’anni, parte sereno per il Cielo. (altro…)

Encontro de Carnaval na Mariápolis Ginetta

Encontro de Carnaval na Mariápolis Ginetta

Convite_Carnaval2017A comunidade do Movimento dos Focolares convida a todos para dias de convivência entre família e amigos, durante o feriado de Carnaval, na Mariápolis Ginetta. A programação está recheada de diversão para todas as idades, sempre alicerçada na comunhão fraterna entre todos os participantes. Compartilhe esse convite com amigos e familiares.

Un Padre Bianco in Africa

Un Padre Bianco in Africa

Preghiera.jpg1Ero alla fine degli studi secondari. Fin da piccolo, da quando ascoltavo i racconti di uno zio missionario in Congo, ero affascinato dall’Africa. Non mi piaceva lo stile di vita borghese della società belga, di fronte alle povertà e ingiustizie sociali diffuse nel mondo. Mi interessava il pensiero di Julius Nyerere (di cui è in corso il processo di beatificazione, ndr), primo Presidente della Tanzania. Il suo concetto di Ujamaa (in swahili ‘essere famiglia’) fu alla base delle politiche di sviluppo economico-sociali che, dopo il raggiungimento dell’indipendenza dalla Gran Bretagna, avevano portato in Tanzania alla costruzione di una pacifica coesistenza fra tribù e gruppi etnici. Il suo pensiero si basava sulla tradizione africana e sull’esempio delle prime comunità cristiane narrate negli Atti degli Apostoli. Chiesi di entrare tra i Padri Bianchi, non tanto per un discernimento vocazionale, ma perché lavoravano in Tanzania. Ci accordammo per un anno di conoscenza. Arrivato nella loro casa, presso l’Università di Lovanio (Belgio), a loro insaputa cominciai a far parte di un gruppo maoista di estrema sinistra. Organizzavamo iniziative in favore dei paesi del terzo mondo e per l’indipendenza di Angola e Mozambico. Durante una dimostrazione, la polizia trovò il mio nome su dei volantini e vennero a interrogarmi. Pensai che per me sarebbe stato meglio cambiare completamente strada. Oltretutto ero deluso dei miei amici, perché solo io stavo pagando il prezzo delle nostre azioni. Invece, il direttore spirituale mi invitò a restare e a conoscere un gruppo di studenti che si riuniva mensilmente da loro. Li avevo intravisti, mi sembravano con la testa fra le nuvole, parlavano di Gesù e di Vangelo. Ma accettai. La prima volta che partecipai a un loro incontro ascoltai in silenzio. Raccontavano come cercavano di praticare il Vangelo. Alla fine mi chiesero che ne pensassi. «Il Vangelo esiste da duemila anni e il mondo è ancora pieno di ingiustizie, sfruttamenti e oppressione». «Se vuoi cambiare il mondo, comincia da te stesso», mi rispose uno di loro. Non seppi che controbattere. «Da dove?», chiesi. Mi diede in mano la Parola di Vita di quel mese: «Non giudicare e non sarai giudicato». Il giorno dopo, per quanto ci provassi, mi scoprii a giudicare sempre gli altri. Non faceva per me. Tornai a trovarli, per dire che era impossibile non giudicare. Mi esortarono a non scoraggiarmi e a ritentare dopo ogni fallimento. Tornato a casa, pregai Gesù Eucaristia: «Se Tu vuoi che io viva così, aiutami, perché da solo non posso fare nulla». Trascorso l’anno accademico, ero sicuro che i Padri mi avrebbero chiesto di andarmene. Invece mi dissero che avevano notato un cambiamento in me e che, se volevo, avrei potuto iniziare la formazione. Attraverso il contatto frequente con quei giovani, i gen, che vivevano la comunione dei beni fra loro, e con l’aiuto del responsabile dei Focolari in Belgio, ho trovato la mia strada e sono diventato missionario. Vivere per gli altri mi dava una grande gioia ed è così che ho scoperto il grande ideale dell’unità di Chiara Lubich e del Movimento. Prima di partire per l’Africa, nell’82, sono stato ordinato sacerdote. La sfida più grande è stata quella di cercare un dialogo profondo con la popolazione del posto, praticando l’arte di “farsi uno”. Ho studiato la loro lingua e la cultura locale, per appropriarmi dei costumi della gente. Sperimento che, alla luce del Vangelo, tutto ciò che è bello, buono e vero viene sollevato a un livello più alto, il resto pian piano scompare. (altro…)

La Parola vissuta: una nuova umanità

La Parola vissuta: una nuova umanità

holding-hands-752878_960_720Capoclasse Da quando ho sentito parlare in modo nuovo di Dio amore, a scuola non posso più disturbare, né scarabocchiare sul banco. L’insegnante si è accorto del mio cambiamento e mi ha nominata capoclasse. Adesso però è difficile per me segnalare i compagni che hanno una cattiva condotta perché cerco di vedere Gesù in loro e mi dispiace che siano puniti. Un giorno, visto che non lo facevo io, un altro è andato ad accusare tre di noi. Per evitare loro il castigo, ho convinto l’insegnante a far loro pulire l’aula e, finita la lezione, mi sono messa anch’io ad aiutare quei compagni. Da allora, pian piano il clima in classe sta migliorando.    (Victoria – Uganda) Raccolta di fondi Venuta a conoscere che in una famiglia numerosa e povera il papà aveva bisogno urgente di un’operazione ma non aveva di che pagare, ho sentito il richiamo di Gesù a fare qualcosa e con alcune amiche mi sono impegnata a fare una raccolta di fondi nella quale abbiamo coinvolto anche i colleghi di lavoro. Una volta raggiunta la cifra necessaria, ho accompagnato l’infermo all’ospedale pagando l’importo relativo alle cure. L’intervento è andato bene. Non so se la gioia di quella famiglia è stata maggiore della nostra. Penso che anche piccoli gesti del genere contribuiscano a costruire la pace. ( N. Y.- Giordania) In aeroporto Al controllo dei bagagli, prima di me c’era un passeggero amareggiato perché doveva lasciare al banco delle marmellate. «Ma almeno non buttatele, perché sono speciali!». Quando anch’io oltrepassai il controllo, quella stessa persona mi raccontò che quelle marmellate le aveva preparate sua madre per i nipotini. «In quei barattoli c’è tutto il suo amore», aggiunse. E dopo una pausa di silenzio: «Perché il mondo deve essere regolato dalla paura? Sì, capisco, con tutto quello che succede… ma le strutture sociali ci inculcano la diffidenza, il sospetto. Dove sta la bellezza della vita?». Non avevo risposte, avevo le stesse domande. Intanto stava passando davanti a noi una ragazzina in carrozzella sorridente. La guardammo e quel volto felice di una giovanissima bloccata dalle sue condizioni di salute ci ammutolì del tutto. Basta un sorriso e s’illumina anche l’aeroporto. (C. M. – Austria) Pregare insieme Ero ricoverato in oncologia per cure e controlli. Un’occasione per amare gli altri attraverso piccoli gesti concreti e la condivisione dei dolori. Come quel giorno in cui il mio compagno di stanza, un contadino grande e grosso dall’apparenza rude, stava per sottoporsi alla chemio. Quando dal medico e dalla suora infermiera ha ricevuto la notizia della morte improvvisa del figlio e che la sua terapia era stata rinviata in modo da poter andare a casa, l’ho visto piegarsi sotto quel colpo tremendo. Rimasti soli, mentre quel signore preparava la sua borsa piangendo, mi son fatto coraggio e con delicatezza e rispetto gli ho chiesto se ogni tanto pregava. Alla sua risposta affermativa, l’ho invitato a recitare insieme un Padre nostro per il figlio. Mi ha colpito vedere quell’uomo di 73 anni, come un bambino, giungere le mani e pregare. E ho ringraziato Dio per aver osato chiedergli di pregare insieme. (Pablo – Filippine) (altro…)