Movimento dei Focolari

Antioquia

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Il Papa ai giovani: siate testimoni della gioia

Libano: verso il Genfest – Let’s bridge

«Ciao a tutti, vogliamo dirvi quanto sentiamo che quest’anno sia speciale per i giovani del nostro Paese. Stiamo vivendo dei momenti belli in preparazione del nostro tanto atteso Genfest. A settembre scorso ci siamo proposti di fare un percorso verso l’unità che coinvolgesse sempre di più tutti noi, i nostri amici e tutti della grande famiglia dei Focolari. Ed è quello che stiamo sperimentando. Per raccogliere i fondi necessari per il viaggio – abbastanza costoso – e per avere delle occasioni da vivere insieme e costruire già dei “ponti locali” (in riferimento al titolo del Genfest: Let’s bridge – ndr), abbiamo preparato un calendario con tante attività, alcune già realizzate, altre in preparazione.

  • “Unight”: serata in un pub di Beirut con un centinaio di giovani, a conclusione della quale si è presentato l’evento Genfest.
  • “Unight your talents show“: uno spettacolo ricco di talenti: canti, danze, pezzi musicali, teatro, storie e tanta creatività, a partire dalla scenografia. Eravamo in 550 il 3 Marzo scorso, per 2 ore di spettacolo nella grande sala di una università.
  • Fundraising: abbiamo dato vita ad un servizio di taxi: ci mettiamo a disposizione con le nostre auto per accompagnamenti in aeroporto o per qualsiasi altro spostamento. Siamo disponibili per il babysitting quando i genitori debbono assentarsi. Prepariamo dolci e bevande per le pause, durante i  convegni al “Centro Mariapoli”. Realizziamo e vendiamo bijou e cartoline per anniversari speciali. Tutte occasioni non solo per raccogliere fondi per il viaggio a Budapest, ma per conoscerci meglio e anche qui per ‘creare ponti’.
  • “Unite in Depth“: dal 23 al 25 Marzo, 3 giorni per prepararci al Genfest e approfondire e rinforzare la nostra fede. 80 i giovani iscritti, tra cui 20 dalla Siria».

In tutto questo, non mancano le difficoltà. I giovani del Libano stanno vivendo un periodo di sospensione per il fallimento della compagnia aerea presso la quale hanno comprato i biglietti per andare a Budapest. Insieme a loro crediamo che, con l’impegno di tutti e con l’aiuto di Dio, si troverà il modo per superare anche questo ostacolo. (altro…)

Il Papa ai giovani: siate testimoni della gioia

Un meraviglioso esempio di inculturazione

Video: Santuario di Guadalupe, 7 giugno 1997

«Siamo tutti qui di fronte alla bellissima effigie della Madonna di Guadalupe dipinta in Cielo, certamente anzitutto per amore dell’amatissimo popolo messicano. Siamo qui, dove, con voi, anch’io ho desiderato ardentemente venire, dopo aver approfondita un po’ la conoscenza di questa dolcissima Madre di Dio e nostra, e la sua storia attraverso letture che mi hanno sorpresa e commossa. E che cosa ci nasce in cuore da questo celeste contatto, contemplando il grande privilegio che il mondo, e prima di tutto il Messico, ha avuto con l’apparizione della dolce Signora? Mi sembra di poter affermare che qui fiorisce spontanea alla nostra anima una convinzione profonda: questa Madonna, la Madonna di Guadalupe, ha molto a che fare anche con noi, con il Movimento dei Focolari, con l’Opera di Maria. E perché questo? Perché la Madonna di Guadalupe è la Madonna dell’amore e l’amore è la nostra spiritualità. La Madonna di Guadalupe, infatti, manifesta, spiega, insegna, in modo sublime quell’arte di amare che noi abbiamo colto nel Vangelo. Noi sappiamo che l’amore soprannaturale ha precise esigenze. Quest’amore vuole anzitutto che si ami tutti. Per esso non si considera il simpatico o l’antipatico, il bello o il brutto, il connazionale o lo straniero, l’asiatico o l’africano. L’amore, che Gesù ha portato sulla terra, vuole che si ami tutti. E come ha fatto la Madonna di Guadalupe? Ha dato uno straordinario esempio: ha amato gli indigeni e gli spagnoli. L’amore vero vuole inoltre che si ami per primi, come ha fatto Gesù. Ancora quando eravamo peccatori, Egli ha dato la vita per noi. Così ha fatto la celeste Morena. Inaspettata è apparsa ad un indigeno sottolineando così, fra il resto, le predilezioni di Gesù. In tempi in cui il popolo indigeno viveva il suo terribile venerdì santo, si è mostrata non a qualcuno che dominava in quell’epoca, ma ad un indigeno, parlando la sua lingua. E non è soltanto apparsa, ma ha portato sollievo e felicità e, con celeste dolcezza, conversione verso il suo Figlio, Gesù, di milioni di creature umane dell’una e dell’altra parte. L’amore soprannaturale, lo sappiamo, non si nutre certo di sentimenti, o di un po’ di benevolenza, o di sola solidarietà, o unicamente di elemosina. È quell’amore che Gesù stesso ha testimoniato, facendosi uno con noi nell’incarnazione e poi nella sua passione e morte. Infatti, un altro attributo dell’amore è quello del farsi uno con gli altri per capire, comprendere gli altri e condividere gioie e dolori. Attributo dell’amore, questo del farsi uno, che sostanzia la necessarissima inculturazione oggi tanto sottolineata dalla Chiesa per poter offrire un’autentica evangelizzazione. Maria di Guadalupe, è veramente la Madre del vero amore, la Madre del farsi uno. La Madonna di Guadalupe è esempio straordinario e meraviglioso di inculturazione, che Lei espresse attraverso il modo di presentarsi. Non ha un volto bianco come si pensa Maria di Nazareth; ma le sue sembianze sono quelle di una donna né bianca, né indigena. È morena e predica così a tutti la necessità di non scontrarsi mai, ma di fondersi sempre. Indica la sua divina maternità, simboleggiandola nei nastri scuri, che scendono dal petto, conforme l’usanza azteca. Presentandosi con un vestito riservato a Dio e al re, ha voluto dimostrare che, pur non essendo di origine divina, era la Regina dell’universo. Porta, presso i nastri neri, una piccola croce india, ad indicare che il centro dell’universo è Cristo che Maria porta nel suo grembo. Croce che però è accompagnata da una piccola croce cristiana incisa nella spilla, che porta al collo. La sua immagine evidenzia la presenza del sole dietro di sé, ma anche delle stelle sul suo manto, e della luna sotto i piedi: sole, stelle e luna non rivali fra loro come era consuetudine pensare, ma in pace fra loro, conviventi pacificamente. E potremmo continuare… E qui voi messicani avreste molte più cose da dirci. Ciò però che vi ho segnalato mi sembra sufficiente per farci capire una cosa assai importante: l’inculturazione non è solo farsi uno con un altro popolo spiritualmente, scoprendovi magari e potenziando i “semi del Verbo” presenti in esso, ma assumere anche noi, con umiltà e riconoscenza, quel qualcosa di valido, che offre la cultura dei nostri fratelli. L’inculturazione esige uno scambio di doni. Questo ci vuol dire la Madonna di Guadalupe. Solo così il Vangelo potrà penetrare nel fondo delle anime ed apportarvi la sua rivoluzione, con tutte le conseguenze». Chiara Lubich, Santuario di Guadalupe (Messico), 7 giugno 1997 (altro…)

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“Lo spettacolo della vita!”: il Gen Rosso nella penisola Iberica

Trentaquattro giorni, cinque città, tredici appuntamenti ufficiali: alcuni, come i workshop, spalmati su più giorni per un coinvolgimento fattivo e concreto dei giovani nel preparare gli spettacoli: e poi, conoscendo il Gen Rosso, a questi si aggiungeranno certamente momenti che non rientrano mai nei programmi ufficiali ma costruiscono quei rapporti che fanno di ogni tour un evento: la visita a qualche realtà particolare, l’incontro a carattere familiare con gli amici e i fans di sempre, uno sguardo, un colloquio… Dal 19 Marzo al 22 Aprile il Gen Rosso è in tournée tra Spagna e Portogallo: e i primi numeri fanno ben sperare, anche se pensare alla musica rock e associarla ai messaggi di pace, solidarietà, fraternità o speranza a volte può sembrare complicato. Ma gli stereotipi spesso muoiono da soli e il Gen Rosso ne ha avuto prova proprio il 19 Marzo all’auditorium “El Batel“, inaugurato la settimana precedente dalla Regina Sofia. Ci scrive Tomek Mikusinski, del Gen Rosso: «È la prima volta che portiamo il nostro concerto Dimensione Indelebile a Cartagena, nel sud della Spagna. È uno spettacolo con cui, attraverso la musica rock, stiamo tentando di trasmettere valori quali la pace, la giustizia sociale, l’amore, la solidarietà e la pacifica convivenza tra etnie e culture». Tra le 900 persone presenti c’è anche José Manuel Lorca Planes non è solo un grande fan del Gen Rosso da tanti anni, ma è anche il vescovo della diocesi di Cartagena: «Avete coniugato il linguaggio moderno con l’inconfondibile messaggio cristiano» – ha dichiarato, facendo capire di conoscere molto bene il repertorio artistico del gruppo. E poi, l’immancabile appuntamento con i più giovani e il progetto “Forti senza violenza”, che ha fatto tappa nella città con un workshop e due spettacoli Streetlight, con oltre 1000 partecipanti. Tra le tante impressioni, quella del giornalista Alvaro Prian racconta bene ciò che è successo in questi primi quattro giorni a Cartagena: «Lo spettacolo  esprime l’esistenza di un altro linguaggio su cui fonda l’amore, l’amicizia e tutte le esperienze positive. I componenti del gruppo, pur essendo di provenienze diverse, si intendono perfettamente con gli studenti attraverso il linguaggio dello sguardo, del sorriso e soprattutto del cuore.  Lo si scopre man mano, lavorando gomito a gomito durante i quattro giorni dei “laboratori“, i workshops, con entusiasmo e interesse. In qualche modo l’intera Cartagena ha vissuto questo fatto (…) tutti siamo diventati fratelli. Sono bastati pochi giorni per capire dove siamo capitati: In uno spettacolo della vita!». Albacete, Tomares, Braga e Sevilla sono le prossime città che aspettano il Gen Rosso, con alcuni appuntamenti da non perdere: nelle scuole, nel carcere minorile, con l’immancabile contributo dei giovani…. di oggi e di ieri. (altro…)

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Guatemala: la comunità che testimonia

mg_7537Se la storia recente dei Paesi del Centroamerica (Guatemala, Belize, El Salvador, Nicaragua e Honduras) racchiude il capitolo doloroso di atroci guerre civili, registra anche la crescita civile di società ricche di etnie e tradizioni. In questo contesto bisogna registrare anche il provvidenziale susseguirsi di episodi che hanno permesso il nascere e lo svilupparsi del Movimento dei focolari. Due sacerdoti, uno in El Salvador – Massimiliano Martini, ancora nel 1954 – e uno in Guatemala – don Vitale Traina, nel 1969 – sono stati fra i primi a introdurre il carisma dell’unità in questa regione. Appena formate, le prime comunità sono state visitate dai focolarini della Colombia prima e dal Messico poi. Anche Nicaragua e Honduras vedono l’arrivo dello spirito dei focolarini, e nascono gruppi tutti generalmente incentrati sulla Parola di vita. Due famiglie, Pinella e Paolo Macciotta in Guatemala e Fiorella e Andrea Turatti in Honduras, contribuiscono alla crescita delle comunità. È una storia, quella del nascente Movimento in Centroamerica, che ha dello straordinario, per le avverse condizioni della guerra, per le difficili condizioni economiche, per le distanze ragguardevoli. Ma è pure una storia che esprime un senso di gratitudine a Dio, da parte di tutti i membri delle comunità di quei Paesi, durante la festa realizzata il 24 marzo in onore di Maria Voce e Giancarlo Faletti all’apice della loro visita in Guatemala e in Centroamerica. La parola “comunità” è quella che emerge dalla festa: rispecchia esattamente lo spirito con cui si alternano i vari numeri artistici: le danze folcloristiche, i costumi dai colori sgargianti, le musiche ritmate e avvolgenti accompagnano movimenti che esprimono il senso del rispetto, del rapporto armonioso fra gli uomini e con la natura. In mille variazioni, tutto ciò riempie di gioia e di emozione la sala del Centro Mariapoli che accoglie più di 600 persone. È una festa esuberante e allo stesso tempo raccolta, ancorata nella naturale apertura al trascendente di queste popolazioni e nello spirito gioioso di questi popoli. Maria Voce e Giancarlo Faletti ne sono affascinati, riconoscenti per tale manifestazione di affetto e stima. mg_7734La stessa festa si è vissuta nell’incontro con i giovani, tra i 15 e i 25 anni, più di 200: una testimonianza evidente della principale risorsa dei Paesi del Centro America. Gioia ed esuberanza, ma anche capacità di ascolto, si sono alternati senza soluzione di continuità: la sala s’accendeva in un battibaleno e si calmava in pochi istanti. I giovani hanno presentato ogni Paese con guizzi di originalità, mostrandosi all’università, nei luoghi della povertà, nel lavoro per la pace, nelle loro comunità… Emergeva anche la fatica di una condotta controcorrente, quando la società pare sprofondare spesso nella corruzione, nel relativismo etico, nella droga: «Non siete soli – ha detto loro Maria Voce –, ogni volta che vi trovate a fare una scelta pensate che non siete soli, ma tutti i giovani che hanno scelto il mondo unito sono con voi». E ha precisato: «Non si tratta solo di fare o non fare qualcosa, ma anche di capire cosa succede, le conseguenze di un dato atto. Non tutto è uguale, non tutto va bene. Fatevi aiutare a capire e poi agite di conseguenza». E non poteva mancare un appuntamento ad hoc per i tanti bambini, un centinaio. Anche con loro presidente e copresidente hanno uno scambio di domande e risposte. Dopo la festa coloratissima, Maria Voce e Giancarlo Faletti hanno dialogato coi 600 presenti, rispondendo a domande impegnative. La presidente ha commentato a caldo, sottolineando le grandi diversità esistenti in ogni popolo: «I vostri popoli mi sembra che abbiano un destino: quello di mostrare come sarebbe l’umanità se tenesse conto delle ricchezze di ognuno. Ogni esperienza è infatti necessaria agli altri, per costituire un mosaico dalla bellezza impareggiabile». In questo contesto, emerge anche la giovinezza di questi Paesi, come testimonia la stessa sala. Maria Voce e Giancarlo Faletti sottolineano come i giovani qui non stiano sempre per conto loro, come accade in altri contesti, ma siano perfettamente inseriti nelle comunità nelle quali vivono, contribuendo a una testimonianza di cosa fa la presenza di Gesù in mezzo ai suoi, di come una comunità che vive sia molto più convincente della testimonianza del singolo, pur necessaria. Questo dà speranza, grande speranza, una delle tre virtù teologali, essenziale per la vita cristiana. L’esuberanza e la gioia s’esprimono nella festa finale, fuochi d’artificio. Non a caso.   Di Felipe Casablanca e Michele Zanzucchi, dal Guatemala (altro…)

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Messico: un popolo “guadalupano”

“Ma è vero che si vive qui sulla terra? Non per sempre qui! Un momento sulla terra, se è di giada, si fa a pezzi, se è d’oro si distrugge, se è di piume di ketzalli si strappa. Non per sempre qui. Un momento sulla terra.” Così scriveva Netzahualcóyotl, re di Texcoco (1402-1472) evidenziando quanto i popoli originari del Messico avessero il senso della trascendenza. Gli “Stati Uniti del Messico” – nome ufficiale del Paese – è composto da 31 Stati Federali e un Distretto Federale. Si estende su un vasto territorio (1.972.550 Km2) al sud degli USA e al nord del Guatemala, in cui vi abitano 17 gruppi etnici originali che rappresentano il 10% della popolazione totale: 112 milioni di abitanti. Si presenta come un Paese dai forti contrasti: moderne aree metropolitane convivono con zone emarginate (15 milioni di persone vivono in estrema povertà); immense estensioni di coltivazioni sono destinate all’esportazione mentre migliaia di contadini hanno solo un ettaro di terra. Dopo 200 anni dalla sua indipendenza, il Messico cerca ancora una identità propria, espressione dell’incontro dei propri valori culturali ancestrali con quelli portati dal cristianesimo. Il cosiddetto “evento guadalupano” segna un momento decisivo di riconciliazione e fusione di queste due culture che ha forgiato un nuovo popolo, appunto il popolo messicano. Questo singolare evento è avvenuto 5 secoli fa, fra il 9 e il 12 dicembre 1531. Secondo la tradizione, una “dolce Signora” dal volto meticcio, si presenta all’indigeno Juan Diego come “Madre di tutti”. Giovanni Paolo II, nel suo viaggio nel 1999 sottolineerà l’importanza di quel fatto che “ha avuto una ripercussione determinante per la nuova evangelizzazione, influsso che va oltre la nazione messicana raggiungendo tutto il continente. L’America che storicamente è stato il crogiolo di popoli, ha riconosciuto nel volto meticcio della Madonna un forte esempio di evangelizzazione perfettamente inculturata”. Anche Chiara Lubich, visitando il Messico nel 1997, ha ripreso il tema dell’incontro tra le diverse culture a partire dall’evento di Guadalupe. “L’inculturazione – ha detto in quell’occasione – non è solo farsi uno con un altro popolo spiritualmente, scoprendovi magari e potenziando i “semi del Verbo” presenti in esso, ma assumere anche noi, con umiltà e riconoscenza, quel qualcosa di valido, che offre la cultura dei nostri fratelli. L’inculturazione esige uno scambio di doni. Questo ci vuol dire la Madonna di Guadalupe.” Il Movimento dei focolari è presente stabilmente in Messico dal 1980, anche se già dal 1975 alcuni focolarini realizzavano viaggi dalla Colombia. Oggi ci sono centri a Città del Messico, Netzahualcóyotl, Guadalajara e Acatzingo (Puebla) dove sorgono il Centro Mariapoli e la Cittadella El Diamante fondata nel 1990 e cuore pulsante del Movimento. Un luogo che testimonia ai circa 20.000 visitatori ogni anno come, in una nazione così ricca di contrasti culturali, sociali, etnici, l‘inculturazione della vita del Vangelo è possibile se si fondamenta sul dialogo e lo scambio di doni delle varie culture. Le comunità del Movimento (circa 15.000 persone che hanno fatto propria la Spiritualità dell’unità), sparse in tutto il territorio, da Mexicali (frontiera con gli USA) a Mérida (Sud-est), si aprono al dialogo nei diversi ambiti della società per portare un contributo di unità. A cominciare dai rapporti intessuti, ormai da tanti anni, tra i movimenti e le nuove associazioni della Chiesa cattolica. In agosto 2011 si è tenuto il primo incontro di “Juntos por México che ha radunato 350 leaders in rappresentanza di circa 8 milioni di laici cattolici di tutto il Paese. Tanti intravvedono l’apertura di nuove vie di comunione nella Chiesa messicana che potrà sfociare in un maggiore protagonismo dei laici nei vari ambiti della società. Nell’ambito civile, in collaborazione con l’Istituto Mora di Città del Messico, da evidenziare il ciclo di conferenze mensili della durata di un anno sulla Fraternità in Politica, con la partecipazione di alcuni politici che aderiscono alla “Spiritualità di comunione” e di persone impegnate nella funzione pubblica. Un evento positivo che ha segnato un passo importante nella formazione della coscienza civile. Infine, i Seminari di Bioetica svolti in diverse città, sono stati un’iniziativa dell’Associazione di Bioetica e Diritti Umani “Netemachilizpan AC” insieme al movimento “Umanità Nuova” dei Focolari. Vi hanno partecipato centinaia di persone attratte dagli argomenti affrontati. I temi svolti con una chiara visione del pensiero della Chiesa e corredati dal punto di vista medico e scientifico, sono stati di luce per tutti i partecipanti. Da sottolineare in particolare il folto gruppo di giovani dell’Università La Salle di Neza i quali hanno trovato risposte alle loro inquietudini. In parallelo, il gruppo di esperti, che conduce i corsi di bioetica, lavora presso la Camera di Deputati per sostenere e redigere le leggi in favore della vita. Sito web: www.focolaremex.org Visita la pagina di Messico su Focolare Worldwide! (altro…)

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Messico: con lo sguardo sui più bisognosi

Nella situazione attuale in cui emerge, in modo preminente, il narcotraffico, che con tutto il suo potere e la corruzione invade le strutture sociali e politiche, l’impegno dei Focolari in Messico si svolge su diversi fronti, in fedeltà al carisma dell’unità di Chiara Lubich. Molte sono le azioni sociali in favore della popolazione, soprattutto di quella più disagiata. Nell’ambito educativo, nel 1992 nasce la Scuola Santa Maria, nei pressi della cittadella “El Diamante” (Puebla), con l’obiettivo di rispondere alle necessità della popolazione circostante. Attualmente accoglie 500 studenti, dall’asilo fino al liceo. Per portare avanti la scuola, tanti bambini sono aiutati dal progetto Sostegno a Distanza di Famiglie Nuove . La collaborazione tra il personale docente, i genitori e gli enti statali, rende possibile una formazione più completa e gli studenti acquistano le conoscenze necessarie per agire positivamente nel loro contesto socioculturale. Nascono, inoltre, tante iniziative per rispondere ai bisogni concreti della popolazione che testimoniano come i rapporti fraterni possono generare delle soluzioni impensate. Alcuni esempi di azioni che si portano avanti col contributo di Azione per un Mondo unito (AMU), ente internazionale dei Focolari che agisce nel sociale: L’Ambulatorio “Igino Giordani”, situato nella grande, povera e marginale periferia di Città del Messico, nel comune di Netzahualcóyotl. Dal 1989 è sorto come risposta concreta ai bisogni di salute della regione, su richiesta della Chiesa locale. L’ambulatorio offre servizi medici gratuiti tra cui l’assistenza dentistica. Sono compresi i medicinali, l’assistenza dietologica per migliorare il livello nutrizionale e la distribuzione di indumenti e giocattoli. Centro Sociale Alleluia (Hornos, Las Águilas). Il lavoro si è iniziato 26 anni fa ai piedi di una grande zona residenziale di Città del Messico. Un quartiere a rischio permanente anche perché è molto alto l’indice di alcolismo, droga e prostituzione. Si porta avanti il lavoro in stretta collaborazione con il Comune, la Parrocchia e le scuole private della zona benestante che riconoscono nel Centro una “forza” di azione per risolvere i conflitti della regione. In questa struttura lavorano attualmente 14 persone tra cui alcune del posto, indispensabili per costruire una società trasformata dal di dentro e che offrono il loro servizio in diverse aree: psicologica, medico-sociale, educativa, dentistica, ecc. Si riesce a portare avanti questa iniziativa grazie anche alla collaborazione con l’associazione tedesca Mexicogruppe. Inoltre, gruppi di medici, dentisti, operatori sociali, infermieri, giovani e altri volontari, si spostano sporadicamente per un certo tempo presso il Comune di Huejutla (nello Stato di Hidalgo), per assistere gratuitamente 32 comunità indigene.

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Viaggio in Centro America: una cultura della fiducia

Non è una terra facile da vivere, l’America Centrale. Terra di contrasti, di colori, di vita sociale ricca e complessa. Terra d’insicurezza, anche. Tre amici focolarini provenienti da San Salvador in auto, poco dopo il passaggio della frontiera guatemalteca, sono stati assaltati da una delle tante bande armate che rendono le strade insicure da queste parti: minacce con le pistole, tutti a terra, nessun si muova, fuori i portafogli, via orologi, computer e telefonini. È andata bene, gli hanno lasciato almeno i documenti e la macchina… «Un po’ di paura, ma grazie a Dio non è andata poi così male – spiega uno di loro, Edmar che abita a San Salvador –, poteva anche andarci male. Ho cercato di fare il punto mentalmente, con la faccia a terra, un esame di coscienza, e ho fatto una sorta di auto-unzione degli infermi. Poi ho pensato che Dio mi aveva dato una vita così straordinaria che anche se ci avessero ucciso avrei potuto tracciare un bilancio positivo. Ma l’amico sposato accanto a me, con tanti figli piccoli, no, quello doveva restare in vita! Oggi il sole splende di nuovo, e Dio ci ha visitato. Siamo allegri». Aggiunge addirittura Gregorio del Nicaragua: «Ho pensato che dovevo dare la vita per quelle persone che mi stavano legando le mani». Commenta Maria Voce, ascoltando il racconto: «Forse quello è stato l’ultimo momento di una parte della vostra vita. Dio vuole farvi ripartire, convertirvi di nuovo al suo amore e andare avanti. Anzi, possiamo ora ricominciare una vita nuova tutti insieme». Sono una quarantina le focolarine e i focolarini presenti nel Centro Mariapoli di Ciudad de Guatemala, da Guatemala, Honduras, El Salvador e Nicaragua (ma con origini anche argentine, ecuadoregne, messicane, colombiane, italiane…). È il “cuore” del Movimento dei focolari di questa terra, ma anche un suo spaccato fedele: etnie, censo, professione, sensibilità politica, sociale, economica. C’è chi era dalla parte dei rivoluzionari e chi del governo, chi viene da un ambiente maya katchiquel e chi è ladino, chi era ricco e chi povero. Gente che ha amato ed ama Dio, fino a dargli la vita, da vergine o da sposato, e che ha amato ed ama il suo popolo, anzi i suoi popoli. C’è chi è gravemente ammalato, e che si ritrova a centellinare ogni momento «non per “fare” ma per “vivere”, per indirizzare la propria vita alla sola cosa che conta, l’amore per Dio e per gli altri». C’è chi ha figli a iosa e una nidiata di nipoti, e che cerca ancora «il Dio dell’amore e non della giustizia vendicativa», perché «da queste parti bisogna essere rivoluzionari per seguire Gesù. Dio dà molto, ma esige anche tanto». Maria Voce, udendo tutte queste vicende personali e comunitarie, avanza l’idea della promozione di una “cultura della fiducia” e non del sospetto. Ciò vale ovviamente per il movimento: «Si tratta di avere fiducia assoluta nell’altro, nel fratello: l’altro vuole quello che io voglio, cioè l’unità. Quel che ognuno fa non lo fa per farsi ammirare, farsi valere o primeggiare. Lo fa per l’unità. Ognuno lavora in modo diverso ma, diversamente da me, lavora anch’egli per l’unità. Affidarsi a Dio e fidarsi dell’altro è quindi imperativo. Vuol dire credere che Dio sta lavorando: non gli servono persone perfette, ma quelle persone di cui lui ha bisogno». «Promuovere questa “cultura della fiducia” – confida una giovane honduregna – vale quindi in chi si riconosce nello spirito dell’unità; ma, a ben guardare, vale anche per tutta la società centroamericana, in cui la fiducia dell’altro, proprio per via dell’insicurezza generalizzata, sembra un lusso, un rischio eccessivo: bisogna al contrario diffidare dell’altro, bisogna sospettare di chiunque bussa alla porta o chiede un favore». Bisogna arrivare a comportarsi come Gregorio, che pregava per i suoi assalitori… Maria Voce e Giancarlo Faletti, rispondendo alle domande dei presenti, hanno pure sottolineato l’importanza di una profonda inculturazione del carisma dell’unità nelle culture mesoamericane, così come in ogni cultura; inculturazione che passa non tanto e non solo dallo studio che gli europei, iniziatori del Movimento, possono fare di questa o quella cultura, quanto attraverso le persone locali toccate dallo stesso carisma, che lo esprimeranno vissuto ed elaborato a confronto con la loro tradizione. Così è la fiducia che prende il posto del sospetto, che scalza ogni spirito colonialista. (altro…)

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Al Centro educativo “Fiore”

Lorena frequenta la quinta elementare e ancora oggi ricorda il suo primo giorno di scuola, al Centro educativo “Fiore” (Cef), a Ciudad de Guatemala. Lo racconta davanti a Maria Voce e Giancarlo Faletti nel terzo giorno della loro visita alle comunità dei Focolari del paese centroamericano. Anche i compagni e le maestre sono riuniti ad ascoltarla. Racconta che quel primo giorno si vergognava di avvicinarsi agli altri bambini e se ne stava in disparte; finché, all’improvviso, una bambina le si è avvicinata per giocare con lei e così si è sentita subito a suo agio. Tuttora sono due grandi amiche e si aiutano a vicenda. Il Cef – che conta oggi 210 allievi e 28 tra insegnanti e addetti alle varie mansioni – è nato nel 2003 con lo scopo di «formare persone integre che si affaccino al mondo adulto con valori solidi, quelli che emanano dal Vangelo e che si sposano benissimo con i valori insiti nelle culture di origine», dice la direttrice Maritè Aguilar. Un programma che ha ricevuto, nei fatti, il ringraziamento della società, perché quello dell’educazione in Guatemala, come in tutti i paesi centroamericani, è forse il fronte decisivo dove sconfiggere le piaghe di queste società. Anche Javier, terza elementare, ha imparato qualcosa di nuovo: riconciliarsi con colui col quale aveva bisticciato, con il semplice gesto di saper chiedere scusa. È anche così che si formano questi alunni rafforzando i valori relazionali, quelli che determineranno la qualità dei rapporti nella società del loro futuro. Una rassegna di danze guatemalteche, che rappresentano i quattro mondi culturali di cui è composto questo popolo – maya, garifuna, xinca e meticci –, è offerta dai bambini e dai ragazzi. Nella loro visione innocente si manifesta un’armonia che il mondo adulto non sa ancora raggiungere. Maria Voce, concludendo la mattinata, mette l’accento sulle ricchezze di questo popolo che le ha dato, in questi primi giorni, una chiave per capire le culture a cui ha cominciato ad accostarsi in questo viaggio latinoamericano. A cura di Filippo Casabianca da Ciudad de Guatemala (altro…)

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14 marzo nella Mariapoli Ginetta

La Chiesa di “Gesù Eucarestia” era affollata: presenti autorità civili, sacerdoti, seminaristi, abitanti della Mariapoli e molti amici. La concelebrazione è stata presieduta dal vescovo della diocesi di Osasco, mons. Ercilio Turco, con parole che sgorgavano dal cuore, e, nel clima intenso di unità fraterna, ha espresso a nome di tutti la gratitudine a Dio per la vita di Chiara Lubich, evidenziando l’attualità del suo carisma. “In questo tempo di Quaresima ho fatto meditazione sulla vita di Chiara – ha detto – una vita segnata dal Vangelo, dall’amore, dalla comunione, dalla resurrezione”. E ha continuato: “Il Vangelo era la luce della sua vita. Lei era Parola incarnata: la parola Amore, “amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”. L’amore non ha orizzonte, è infinito, non si restringe… va incontro ai fratelli, scopre la bellezza delle persone e delle cose. L’amore deve segnare anche la nostra vita. L’amore aiuta a comprendere le persone e le loro necessità. In Chiara si è manifestato inizialmente con l’aiuto ai poveri. In loro vedeva Gesù abbandonato. Ma molto più grande è quell’amore che culmina nell’unità, nella comunione dei beni e delle persone. Questo amore ha l’ambizione di trasformare il mondo. Sappiamo qual è la bellezza di questa comunione tra persone diverse: una comunione che abbraccia il mondo. In questo cammino Chiara ci è maestra, ci aiuta ad essere testimoni con una vita che parla più che con le parole, con gesti concreti, che dice al mondo che il Vangelo dà la vita”. Mons. Ercilio ha concluso ricordando il prossimo Sinodo dei Vescovi, con l’augurio che “possa aiutare l’evangelizzazione”, così come ha fatto Chiara con la sua vita: “un Vangelo che è annuncio”. (altro…)

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Guatemala: i colori di un viaggio

I colori la fanno da padroni in questa terra del Guatemala. Basta osservare i vestiti delle donne indigene o fare un giro al mercato della frutta. È giocando coi colori che la popolazione locale usa comporre dei tappeti “provvisori”, composti da ramoscelli, petali, foglioline e segatura colorata, a formare figure allegoriche, disposte a mo’ di tappeto, appunto. Qui in Guatemala vengono stesi al suolo in primo luogo per manifestare la devozione a Gesù Cristo e ai santi nelle processioni; ma non solo, perché servono anche per esprimere riguardo e accoglienza festosa a persone che si vuol onorare. Era un tappeto del genere l’ultimo breve tratto di sentiero che hanno percorso a piedi, all’interno del Centro Mariapoli “Maria dei focolarini” della capitale guatemalteca, Maria Voce con Giancarlo Faletti, scendendo dalle auto fino alle loro residenze. E, affianco al tappeto, i saluti del folto gruppo di amici della comunità locale del Movimento: volti commossi, sprizzanti di gioia, braccia stese a stringere mani, abbracci insistiti. Con un ingrediente insolito, quello dei petardi, dei botti, sparati lì accanto a testimonianza del giubilo e per rendere l’ambiente ancora più festoso. Se possibile… Poco prima Maria Voce e Giancarlo Faletti erano in effetti arrivati all’Aeroporto emozionati, consci che era scoccata l’ora d’inizio di un altro dei loro grandi viaggi, in regioni lontane in quanto a chilometraggio, ma vicinissime al loro cuore, popolate da quella “famiglia di Chiara” che la presidente sin dall’inizio si è promessa di visitare per conoscerla, per sostenerla nella fedeltà e nel servizio alla Chiesa e all’umanità. Nel corso della tappa guatemalteca, la delegazione incontrerà, oltre ad autorità civili ed ecclesiali, in primo luogo i membri, gli aderenti e gli amici dei Focolari di Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua e Belize. Vi saranno incontri anche con i rappresentanti delle organizzazioni laicali locali. Il tutto accompagnato da un’immersione nelle millenarie culture di queste regioni, a cominciare da quella maya. di Filippo Casabianca, da Ciudad del Guatemala

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Il Papa ai giovani: siate testimoni della gioia

Le nuove virtù del mercato, nell’era dei beni comuni

L’attuale crisi economica e finanziaria ha messo in evidenza in tutta la sua drammaticità i limiti dell’economia di mercato tanto da aver generato un dibattito profondo sulla natura dell’impresa, delle banche, del profitto, del mercato che è arrivato in alcuni casi a giudizi di totale condanna del capitalismo. Ma, che cos’è il mercato? Quali le sue tipiche virtù? Chi è l’imprenditore? E’ vero che ciò che lo muove è la ricerca esclusiva del profitto? Esiste un rapporto tra il lavoro e il dono? Ha la ricerca della felicità qualcosa da dire al mondo dell’economia? Come cambia il discorso economico quando entriamo nel campo dei beni comuni? Sulla base di queste domande l’Autore intende offrire un contributo alla riflessione in corso partendo da una visione che non demonizza l’economia di mercato e raccontare una storia del mercato abitando le sue contraddizioni e ambiguità. L’AUTORE Luigino Bruni insegna Economia politica presso l’Università di Milano-Bicocca e l’Istituto Universitario Sophia. Per Città Nuova, tra l’altro, è autore di L’economia, la felicità e gli altri, un’indagine su beni e benessere (20093), Il prezzo della gratuità (20082), e ha curato con Stefano Zamagni il Dizionario di economia civile (2009). E’ coordinatore internazionale del progetto Economia di Comunione. (altro…)

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Ambasciatore tedesco in visita al Centro internazionale dei Focolari

Accompagnato dalla moglie Signora Schweppe-Ebber e dal consigliere ecclesiastico Mons. Kleindienst, lo scorso 16 marzo l’ambasciatore della Germania presso la Santa Sede, il Dr. Schweppe, ha desiderato incontrare la presidente del Movimento dei focolari Maria Voce e il co-presidente Giancarlo Faletti. L’incontro, avvenuto al Centro internazionale del Movimento a Rocca di Papa, si è svolto in un clima di dialogo e scambio, sull’impegno internazionale del Movimento nei progetti sociali e sull’Economia di Comunione. Altro tema: l’ecumenismo e, in particolare, la comunione tra i movimenti e le comunità di varie Chiese, impegnati nel cammino di “Insieme per l’Europa”.  È stata presentata anche l’esperienza dei Focolari nel dialogo interreligioso. Di particolare interesse naturalmente, la presenza del Movimento in Germania, a partire dagli anni ’50, sia nella Germania Ovest che nella ex-DDR. Si è approfondita la testimonianza di fede dei giovani oggi e il Genfest che si terrà il prossimo settembre a Budapest. L’ambasciatore, anche a nome dell’ambasciata, ha espresso il desiderio che questo primo incontro segni l’inizio di una collaborazione in diversi campi. (altro…)

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Argentina: inaugurato il nuovo corso annuale per i giovani alla Mariapoli Lia

Pomeriggio soleggiato alla fine dell’estate australe. Nella Mariapoli Lia c’è un sereno clima di festa. Si stanno celebrando i 4 anni della nascita al Cielo di Chiara Lubich e nel programma, proprio quest’anno, si vuole porre l’attenzione sulla particolare relazione della fondatrice del Movimento dei focolari con i giovani. Quale migliore opportunità per realizzare l’Atto Accademico di inizio del “Corso base della cultura dell’unità” per i giovani gen che sono arrivati da 17 diverse nazioni per partecipare nel 2012 a questa originalissima scuola! Sono 80 di tutte le nazioni del continente americano e alcuni dall’Europa che, per un anno, hanno interrotto i loro studi e sono venuti in questa cittadella immersa nella pampa argentina, a formarsi, per divenire costruttori di fraternità negli ambienti dove in seguito andranno a vivere.

“Tutta la vita, tutti i momenti del giorno, dal lavoro nei diversi laboratori allo sport, dal tempo dedicato alle lezioni alla liturgia, così come all’attenzione e accompagnamento degli ospiti che vengono a visitare la Cittadella, tutto è considerato formativo”, ci spiega Adriana Otero, specialista in microbiologia e ambiente, responsabile della scuola delle gen. “In effetti – aggiunge Omar Diaz, laureato in educazione, responsabile a sua volta della scuola dei gen – come aveva già suggerito Chiara, la vita di questa scuola deve girare intorno a 4 “comunioni” quotidiane: l’Eucaristia, la Parola vissuta in tutti i momenti e in tutte le situazioni, il fratello e Gesù in mezzo alla comunità, una presenza che si rende palpabile quando c’è la reciprocità dell’amore”.

La maggior parte dei giovani ha appena terminato la scuola superiore e vive qui la sua prima esperienza di lavoro. Abitano in gruppi da 7 e 10 giovani, con tutto ciò che comporta la convivenza: farsi da mangiare, mantenere l’ordine e l’armonia della casa, stare attenti alle necessità degli altri… il tutto, naturalmente, condito dal sapore tipico che solo l’internazionalità può dare!

“È bello  poi constatare come ogni anno arrivano degli adolescenti mentre, al momento di ritornare alle loro città di origine, partono delle persone adulte, con l’anima e la mente dilatate su tutta l’umanità” spiega Silvana Verdún, psico-pedagoga boliviana, docente della scuola.

Quali le attese di questi giovani?

Luce – 17 anni, dell’Argentina – si propone di crescere come persona e pensa che convivere con ragazze di diversi luoghi sia una ricca opportunità.  Andrés – 19 anni, del Venezuela – spera di imparare e crescere integralmente. Thomas – 21 anni, della Slovacchia –  vuole approfondire la sua relazione con Dio e con i fratelli.

C’è un anno tutto da vivere. Un cammino nel quale incontreranno strade dritte, curve, salite e precipizi. Un percorso che, seppur ben definito, potrà presentare anche delle sorprese inattese!

Una meta che si raggiungerà con l’impegno di ciascuno a tradurre in vita, in fatti concreti, tutto quanto andrà scoprendo giorno dopo giorno.

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Guatemala, “luogo di molti alberi”

Il suo nome deriva dal náhuatl Quauhtemallan, “luogo di molti alberi” e si trova nell’estremo nordoccidentale del Centro America, con una cultura autoctona frutto dall’eredità maya e dell’influenza spagnola durante l’epoca coloniale. Il Paese possiede una grande bellezza naturale. La lingua ufficiale è lo spagnolo, e ci sono 23 dialetti maya, il dialetto xinka ed il garifuna. Ha una superficie di 108.889 km2 ed una popolazione di circa 14 milioni di abitanti, dei quali un terzo sono popolazioni autoctone. Vogliamo in questa pagina toccare brevemente anche i Paesi vicini al Guatemala, che saranno interessati dal viaggio della presidente e del co-presidente dei Focolari. L’idea di un Centroamerica unito ormai si fa infatti strada in tante aree della società, in politica, con lo sforzo di unificare le frontiere e nella ricerca dell’identità centroamericana. Guatemala, Belize, El Salvador, Honduras, Nicaragua costituiscono un territorio ricco di diversità multi-etniche. Popoli che hanno subito tante sofferenze, sia quelle imposte dai governi militari, per oltre 40 anni al potere, da cui le guerre civili negli anni 70-80, sia dal “conflitto armato interno”, dichiarato in Guatemala contemporaneamente alla guerra fredda in Europa. Sono stati più di 36 gli anni di combattimento, con migliaia di vittime, genocidio, persecuzioni alla chiesa, esecuzioni sommarie, assassini di sacerdoti e catechisti, come, tra gli altri, Monsignor Romero e Monsignor Gerardi, terre devastate, violazioni dei diritti umani. Negli anni 80, il 90% della popolazione del Guatemala era indigena, oggi si parla di un 51%. Negli anni 90 si consolida la pace e si inizia una nuova tappa, non facile a causa delle conseguenze del dopoguerra: insicurezza, disgregazione familiare, emigrazione di tanti in cerca di lavoro. Difficoltà che si mescolano oggi con nuove piaghe come il narcotraffico, la lotta fra bande, le estorsioni. Sono paesi con  l’Indice di Sviluppo Umano” (ISU) tra i più bassi ma, nonostante questo, i popoli di queste terre conservano la speranza che nasce dalla fede in Dio, popoli generosi, che non si arrendono. L’Ideale dell’unità è arrivato in queste terre negli anni ’80 e – tra le sfide che permangono e interpellano ciascuno – porta un contributo al dialogo tra culture ed etnie diverse, e all’accoglienza reciproca. In Guatemala, con don Vitale Traina, sacerdote italiano, nasce una piccola comunità dei Focolari. Alcune di queste persone, qualche tempo dopo, partecipano ad una Mariapoli in Messico, dalla quale ritornano entusiaste e decise a portare questa vita ad altri. Così, nel 1981, si tengono due Mariapoli, proprio in Guatemala. Il 1986 è un anno importante: arriva il focolare. Valeria Ronchetti – una delle prime compagne di Chiara Lubich – durante un viaggio, mette le basi per la nascita di un  Centro Mariapoli e, dall’Italia, si trasferisce una famiglia di focolarini sposati, Paolo e Pinella Maciotta. Oltre che nella capitale, l’ideale dell’unità si diffonde in una regione indigena dell’ovest, nei pressi di Patzun. Nel febbraio del 1992 s’inaugura il Centro Mariapoli “Santa Maria dei Focolarini” che, in seguito, diverrà un centro di formazione per tutte le nazioni di questa regione. Con l’aiuto dell’Azione per un Mondo Unito (AMU), ONG internazionale dei Focolari, prende il via, nelle vicinanze del Centro Mariapoli, una “Scuola di Promozione Umana” che sarà di grande aiuto per moltissime persone che hanno estremo bisogno di imparare un mestiere per guadagnarsi la vita. In seguito nasce il Centro educativo Fiore (asilo nido e scuola elementare). Attualmente i membri del Movimento sono circa 3100. El Salvador ha visto la prima Mariapoli nel 1982, con 600 persone circa: un vero miracolo considerando le difficilissime condizioni del Paese a causa della guerra civile iniziata due anni prima. Si potrebbe dire che quella Mariapoli ha segnato il consolidamento del Movimento con l’adesione di molte persone che sarebbero diventate le sue pietre miliari. A San Salvador, la capitale, si trovano oggi i centri che coordinano la vita del Movimento dei cinque Paesi centroamericani. In Honduras il Movimento dei focolari è arrivato per una circostanza fortuita. Una persona, recandosi in Messico alla ricerca di letteratura cattolica, per caso, conobbe il focolare. Nel giugno dello stesso anno, il 1981, ritornò in Messico insieme ad altre due persone per partecipare alla Mariapoli. Dal 1982 le focolarine  del Messico cominciarono ad andare in Honduras e, nella capitale, la piccola comunità che viveva la Parola di vita conobbe un importante sviluppo con l’arrivo della famiglia Turatti, trasferitasi dall’Italia per 10 anni. Il 1995 segnò una tappa importante: si tenne la prima Mariapoli, con 250 persone, alla presenza del vescovo Mons. Oscar Andrés Rodríguez – ora Cardinale – che incoraggiò a portare la Spiritualità dell’unità a tutti, chiedendo più volte a Chiara Lubich l’apertura di un centro del Movimento. Questo sogno si è avverato nel febbraio 2010 con l’arrivo delle focolarine a Tegucigalpa. I membri del Movimento in Honduras si calcolano intorno a 900 persone. A dicembre di quest’anno Maria Voce, dialogando con le focolarine del Guatemala, durante un convegno a Castelgandolfo, di fronte alla situazione difficile delle loro popolazioni, esortava a fare come Gesù: “Gesù non disperava. Perché guardava dentro di sé. Cioè guardava al suo rapporto con Dio, e sapeva che Dio avrebbe compiuto il suo disegno anche in quella situazione. Un disegno che passa, magari, per la croce, per la persecuzione, che passa oggi per questi catechisti uccisi, per questi sacerdoti uccisi; che passa per questi narcotrafficanti; ma che fa parte di questa storia che Dio – nonostante tutto – costruisce nell’umanità. Storia che ha pagine luminose, pagine dolorose, momenti belli, momenti difficili, ma che sono storia di Dio”. Cosa fare allora? “In questa storia di Dio entriamo anche noi, come c’è entrato Gesù a suo tempo”, afferma ancora Maria Voce. “Cosa faccio in Salvador con questo Ideale così grande di fronte a queste situazioni? Cosa faccio in Guatemala con questa potenza di Gesù dentro di me, fra di noi, in questa situazione? Faccio quello che ha fatto lui, cioè passo attraverso queste strade, guardo, ma guardo di più a Dio e a quello che Dio sta facendo. Quindi io penso che la nostra forza è questa qui”. Visita la pagina di Guatemala su Focolare Worldwide! (altro…)

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Premiato focolare.org

I membri della redazione di focolare.org con il Presidente di WeCa, Giovanni Silvestri (a destra)

Il portale internazionale del Movimento dei focolari ha ricevuto una menzione speciale nella categoria dei siti istituzionali, perché “ricco di informazioni e spazio di unità, secondo il carisma di Chiara Lubich, pubblicato in 7 lingue (cinese incluso)”, come recita la motivazione. La cerimonia si è svolta nell’ambito del Laboratorio ‘Giovani, web ed educazione alla fede’ promosso dal Servizio nazionale per la Pastorale giovanile della Conferenza Episcopale Italiana, insieme all’Associazione dei Webmaster Cattolici Italiani. “Una spazio dove chiunque possa sentirsi accolto, a casa”; “far conoscere la vita nata dal carisma dell’unità e diffusa in tutto il mondo”; “evidenziare, attraverso i vari dialoghi con le religioni e le culture il cammino verso l’unità della famiglia umana”. Ecco alcuni spunti ben presenti all’origine della costruzione della nuova versione di focolare.org. Da qui la nostra gradita sorpresa delle motivazioni del riconoscimento, avvenuto ad un anno dalla messa online del nuovo sito, che sono di stimolo per andare avanti nella fedeltà ai valori fondanti del Movimento dei focolari. Sono circa 15.000 i siti cattolici italiani e WeCa, riconosciuta nel “Direttorio delle Comunicazioni Sociali” della CEI, “è la prima iniziativa europea del suo genere – come loro stessi evidenziano – che intende unire, in una comunità viva e in continua sinergia, le conoscenze e le esperienze dei Webmaster Cattolici”. Leggi: “Premiati i migliori siti cattolici italiani 2012” (altro…)

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Filippine: giovani URL

14032012-08URL. Stavolta non è la Unique Resource Location, che ti permette di individuare in modo univoco l’indirizzo di un sito internet, ma è United in the Revolution of Love, uniti nella rivoluzione d’amore, quello ispirato al Vangelo, quello che migliaia di giovani in tutto il mondo hanno appreso dagli insegnamenti e dalla vita di Chiara Lubich, di cui in questi giorni ricorre il 4° anniversario della partenza da questa terra. Ed è il titolo dato dai giovani filippini per la manifestazione dello scorso sabato 10 marzo, giorno scelto per il loro tributo alla persona di Chiara e all’impatto del suo carisma sui giovani, di oggi e di ieri. Il luogo è anche simbolico: il padiglione antico 400 anni dell’Università di San Tommaso, la pontificia università reale che ha conferito il dottorato in Teologia a Chiara nel 1997, a Manila. Fr. Rolando De La Rosa, il 95° rettore dell’università, nel benvenuto, ha condiviso il suo personale incontro con Chiara in quell’anno, presentandola come una persona che vale la pena imitare, perché propone la santità come meta a portata di tutti. I gen – giovani impegnati dei Focolari – fianco a fianco con la parte adulta del Movimento, davano testimonianza della ‘costellazione di stelle’ che Chiara aveva intuito sarebbe esistita in seno al Movimento, come una ‘seconda generazione’, dopo quella di chi aveva cominciato. Sono loro i veri protagonisti della “rivoluzione d’amore”. Tra i 2000 giovani che riempivano il padiglione, c’era un gruppo buddista, che ha presentato una canzone sull’unità. Presenti anche religiosi e religiose di varie congregazioni e alcuni seminaristi, colpiti dal messaggio rivolto da Chiara ai giovani: “Avete una vita sola, spendetela bene!” e dalla radicalità di vita proposta loro. Un giovane ha scritto: “È il momento più bello che ho vissuto nella mia vita. Conoscere Chiara Lubich è la chance più grande che mi sia stata data, perché, come molte persone che l’hanno incontrata, anche io ho potuto scoprire Dio, che è Amore”. Uno dei partecipanti così sintetizza le due ore di programma: “Celebrare il 4° anniversario della nascita di Chiara al Cielo: i discorsi e video-clip su di lei, parlavano della capacità di dare il via a una rivoluzione capace di cambiare le vite di migliaia di persone. Le interviste a persone di età, professione e orientamenti culturali diversi, sottolineavano il rivoluzionario effetto del Vangelo, se messo in pratica. Le canzoni, le danze, le esperienze erano tutte incentrate sull’impatto di Chiara nella società, nella Chiesa e nell’umanità, e ci si poteva fare un’idea sull’impatto del suo Ideale sulla vita delle persone, sulle loro diverse culture, sui rapporti interpersonali, vocazioni, arte, politica, business… su tutti gli aspetti della vita umana”. A conclusione, solenne celebrazione della Messa, presieduta dal Vescovo Gerard Alminaza e concelebrata dal vescovo Antonio Tobias, incaricato del lavoro ecumenico nella Conferenza Episcopale Filippina. Infine, i responsabili dei Focolari nelle Filippine si sono rivolti a tutti ricordando le parole immaginate da Chiara al momento dell’incontro con Dio: “Se tu mi chiedessi chi sono, non direi il nome mio, direi sono GRAZIE, per tutto e per sempre”. Questo è stato il pensiero che ciascuno si è portato in cuore all’uscita dal Pavilion.

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EleggiAmo l’Italia

In questi giorni è in corso una petizione on line per sottoscrivere un appello a favore della riforma della legge elettorale.  Già in alcune città italiane è stato sottoposto all’attenzione dei cittadini un documento a firma del Movimento Umanità Nuova e del Movimento Politico per l’unità dei Focolari, elaborato con l’apporto di molte persone di diverse culture politiche. Il 22 marzo a Palazzo Montecitorio, insieme ai deputati e senatori di schieramenti diversi, si terrà un’iniziativa sulla riforma elettorale dal titolo “Ri-costruire la rappresentanza… per ri-costruire la politica”, durante il quale verrà rilanciato il tema delle riforma e in particolare quella della riforma elettorale, che sia veramente rappresentativa della volontà popolare.   L’iniziativa verrà trasmessa in diretta anche sulla webtv della Camera (www.camera.it), a partire dalle 14.30.  Per informazioni: tel. 06/945407210 – fax 06/9412080 – info@mppu.org.

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L’uomo pacifico non ignora la lotta

Una società che partisse dal nulla, arriverebbe al nulla, tratta da impulsi di nullificazione. Una società, che partisse dalla brama di denaro, porterebbe alla rissa per conquistarlo. Una, che partisse dal ventre, finirebbe in un canale. Ma, la vita muove dalla vita. La politica è guidata dalla giustizia. Ma se fosse solo giustizia rimarrebbe sterile per quei cittadini che fossero vinti nelle competizioni dell’esistenza. Viceversa s’integra della carità; e per questa l’autorità si fa servizio; un servizio reso con rispetto alla persona umana e con un senso di debito verso la miseria. Così concepita la politica si sente responsabile del bene di tutti i cittadini, anche degli ultimi: non si esaurisce ad impedire il male, a mantenere l’ordine esterno, ma si sforza di suscitare il bene, con un ordine interno, divenendo un’attività supremamente benefica. La politica fuori della legge di Dio si trasforma in una maledizione per gli amministrati; nella legge di Dio diviene un aiuto vigoroso a raggiungere i fini individuali, familiari, professionali. E, se traduce la legge di Dio, edifica la città di Dio. In essa la carità esclude l’egoismo del tenersi in disparte e dà a ciascuno il dovere di assistere la comunità; e vede l’interesse pubblico, non come una categoria esterna, ma come interesse comune, in cui sono inclusi i destini delle rispettive famiglie e persone. Si chiama difatti “bene comune”. L’uomo pacifico non ignora la lotta; l’uomo della carità non ignora l’odio. Appena esce dalla “cella del proprio sé” incontra l’avversario. E’ un fratello, ma ridotto a nemico. E spesso riceve tanto male per quanto bene fa: e spesso è istigato a vendetta; e forse per dieci, sedici, venti ore, non fa che vivere dentro stimoli d’ambizione e allettamenti di corruzione. Sì che il suo è tutto un combattere contro la lussuria e la guerra e l’odio: ma combattere è: un vivere da segno di contraddizione.

Igino Giordani, Le due città, Città Nuova, 1961.

Centro Igino Giordani

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Due figli adottivi e una a distanza

Roberto e Patrizia vivono in provincia di Napoli e, come tante famiglie italiane, sono messi a dura prova dalla crisi economica. Dieci anni fa avevano adottato una bambina, ora la loro famiglia si è allargata  con l’adozione di A. X., 5 anni, cinese, bisognoso di cure mediche e un urgente intervento chirurgico. Questa esperienza di accoglienza dà loro grande gioia, ma richiede anche sacrifici. Mentre rivedono il bilancio familiare, nasce la domanda se sospendere il sostegno a distanza che portano avanti da vari anni di una bimba in Brasile. “La vita non è facile – scrivono agli amici della scuola Santa Maria di Igarassu a Recife –. Anche noi italiani stiamo perdendo le nostre certezze economiche e la nostra tranquillità di paese industriale avanzato. Molti genitori perdono il lavoro, i giovani non riescono a trovarlo, chi ha un’età avanzata non ha più certezza della pensione, l’assistenza sanitaria non è più completamente gratuita ed il costo della vita è salito tantissimo. In questo scenario molte famiglie riducono i consumi, tagliano le vacanze e anche noi abbiamo dovuto fare le nostre rinunce.” Passano i giorni e cresce in loro un senso di vuoto. Il pensiero vola alla “Escola Santa Maria” che sorge dal 1967 in una zona tra le più povere del Nord Est del Brasile, segnata dalla disoccupazione, alcool, droga e violenza. Molti bambini provenienti da famiglie sotto la soglia della povertà si sono salvati in questi anni grazie alla generosità e costanza di tanti ai sostenitori a distanza. E tutta la comunità ha potuto fare dei progressi importanti. “Ci siamo guardati negli occhi, ne abbiamo riparlato, e abbiamo capito che facevamo un errore nel ripiegarci su noi stessi, che dovevamo dilatare il cuore e continuare il  sostegno a distanza della bambina brasiliana. Lei e la Scuola Santa Maria sono la nostra famiglia in Brasile: mai e poi mai poteva essere giusto abbandonarli.” Le circostanze impongono di avere una maggiore attenzione economica e acquisire uno stile di vita essenziale ma soprattutto “di cambiare il punto di vista da cui guardiamo noi stessi e gli altri”, dicono. Intanto il piccolo A. X. affronta il primo intervento chirurgico che dura sei ore. “L’abbiamo superato con molta serenità e coraggio. Chi semina amore, raccoglie amore. Ci auguriamo per lui, la sorella vicina e quella a distanza un futuro positivo in cui l’amore ricevuto e che emaneranno, possa a sua volta aiutare il prossimo.” (altro…)

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Maria Voce: fiducia totale, coinvolgente

Collegati in diretta da tanti punti del globo – Costa d’Avorio, Zambia, Sud Africa, Brasile, Venezuela, Corea, Vietnam, Thailandia, Macao, Russia, Svezia… – in tanti hanno partecipato all’appuntamento con Chiara e le nuove generazioni, l’11 marzo a Castel Gandolfo. A conclusione di questo intenso pomeriggio è intervenuta la presidente dei Focolari, Maria Voce, con un grazie di cuore a quanti sono venuti per costruirlo e un saluto caloroso a quanti erano collegati via internet.

Tra le molte manifestazioni promosse dal Movimento dei focolari per ricordare la fondatrice, Chiara Lubich, a 4 anni dalla scomparsa, diversi sono quelli che coinvolgono i giovani – come in Polonia a Lublino e a Manila il 10 marzo e prossimamente in Costa Rica. L’intervento di Maria Voce ha ‘tirato le fila’ del pomeriggio, mettendo in luce il valore della “seconda generazione” dei Focolari; il rapporto di Chiara con i giovani, potenzialmente tutti i giovani del mondo, basato sulla reciprocità e su una fiducia “totale e coinvolgente”; il saper ‘osare’ di Chiara, nel presentare ai giovani il rivoluzionario per eccellenza, Gesù, “l’uomo-mondo” che offre la chiave per “abbracciare senza paura l’umanità con le sue contraddizioni”. Non due ore di ricordi, ma di vita, “trampolino di lancio”, per ripartire – insieme – sul cammino verso la fraternità universale: “lo dobbiamo a Chiara e al carisma che ci ha trasmesso. Lo dobbiamo all’umanità che amiamo”. Leggi l’intervento completo

 

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Con Chiara: una costellazione di generazioni

Rivedi la diretta Giovani di oggi, ma anche di ieri e di domani: le generazioni che compongono il movimento dei Focolari sono diverse e così l’11 marzo a Castel Gandolfo, al pomeriggio dedicato a Chiara e le nuove generazioni nel quarto anniversario della scomparsa di Chiara Lubich, erano presenti persone di tutte le età. Sono i testimoni degli inizi di questo feeling unico che la fondatrice dei Focolari aveva intessuto con una generazione che respirava la contestazione del ’68 e la musica beat e che non aveva esitato nel seguirla sulla strada di un’altra rivoluzione: quella evangelica. Accanto alle compagne della prima ora ci sono gli ultimi arrivati, quelli che magari non l’hanno mai conosciuta ma che di quel progetto di fraternità universale proposto dal suo carisma si sono fatti realizzatori e operai in tante parti del mondo: dal Vietnam all’Argentina, dagli Usa all’Ungheria. Proprio qui dal 31 agosto al 2 settembre si svolgerà il Genfest, il meeting mondiale di questi giovani. Un messaggio dal potenziale rivoluzionario quello proposto a queste generazioni che nel pomeriggio si è articolato in sei quadri: il primo è stato dedicato al tema del cambiamento, tratto distintivo di questi ultimi ieri come oggi. Da Valerio Ciprì che ha espresso la voglia di nuovo insita nella contestazione degli anni Sessanta nel gruppo musicale del Gen Rosso, ad Antonios dell’Egitto che vede oggi nel suo Paese una rivoluzione in corso, in tanti hanno detto il loro grazie a Chiara per aver proposto una rivoluzione che – per dirla con Sally, del Perù – apre «un orizzonte nuovo di libertà e giustizia».  Un fronte che hanno percorso fin da giovani Pasquale Ferrara, oggi diplomatico impegnato in vari progetti di pace e Joao Braz de Avis, da qualche settimana cardinale e chiamato a Roma come prefetto per la congregazione dei religiosi da Brasilia, dove il carisma della Lubich ha saputo incontrare con profezia e concretezza la diseguaglianza sociale dando vita all’Economia di comunione un percorso economico che è diventato un modello per aziende e governi sempre più interessate a diffonderlo e promuoverlo. Libertà e giustizia si concretizzano in una concezione diversa dei beni materiali e non, che, come ha ricordato Chiara stessa in uno dei numerosi video proiettati – tutti molto attuali, indipendentemente dalla data in cui sono stati registrati – «non si muovono da soli»: particolarmente forte è stata la testimonianza dei giovani di Sestri Levante, tra i primi a correre in aiuto delle zone della loro regione colpite dall’alluvione. Ma il dare il proprio tempo e i propri averi non è l’unico modo «suscitare il paradiso terrestre» – come Chiara spronava a fare nel ‘70: lo studio, il lavoro e la cittadinanza attiva sono ambiti privilegiati per farlo anche oggi. Lo hanno dimostrato Giuseppe Milan, che ha dato un’impronta “comunitaria” ad alcuni corsi del dipartimento di Scienze dell’educazione dell’università di Padova, di cui è direttore; Emanuele Pili, studente dell’Istituto Universitario Sophia che ha instaurato una sinergia interessante con la sua università di provenienza a Genova per consentire a più allievi di partecipare a quest’esperienza di studio interdisciplinare ispirata nelle discipline e nella prassi di apprendimento dal carisma dell’unità. Patience Molle, ingegnere, prima donna ad avere l’incarico di direttore al ministero dei Lavori pubblici in Camerun nella sua azione amministrativa ha agito nella legalità per restare fedele ai valori appresi da giovane attraverso il Focolare; e lo stesso Maria Chiara Campodoni, che a trent’anni si ritrova assessore allo sport del comune di Faenza. Un’altra “pietra miliare” dell’eredità di Chiara è il grande valore dato al dolore: non un capolinea, ma un punto di partenza per altre mete. Lo ha espresso in maniera toccante Beppe Porqueddu, rimasto su una sedia a rotelle dopo un incidente in moto, a diciotto anni, che ha scoperto nella disabilità una «prospettiva per guardare l’umanità nel suo intimo», e una «scintilla di trasformazione sociale» in un mondo che sembra rifiutare il limite e la malattia. A parlare per lui è ancor di più il suo lavoro: tecnologo della riabilitazione e docente per operatori della riabilitazione, per portare da diversamente abile un contributo prezioso alla società intera. Per quanto radicato nella visione di Dio come amore – anzi, proprio in virtù di questo radicamento – il messaggio di Chiara non è però rivolto solo ai cristiani: si sono succeduti sul palco anche Habib, giovane musulmano; Metta, buddhista, che ha osservato come questo la aiuti «ad avvicinarsi alla verità» e come il “che tutti siano uno” «si realizzi anche attraverso di me»; e Andrea, «non credente, più che ateo», che ha sottolineato l’accoglienza e il rispetto trovati. Chiude il pomeriggio l’intervento della presidente dei Focolari, Maria Voce: che ha evidenziato come «non abbiamo ricordato né celebrato, ma vissuto», e come Chiara consegni di nuovo «qui ed ora» il suo messaggio ai giovani. Giovani che sono chiamati a coglierlo ed impegnarsi in prima persona: «Lo dobbiamo al carisma e all’umanità». 12-03-2012 di Chiara Andreola Fonte: Città Nuova

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Ungheria: culla dei volontari di Dio

“Dio! Dio! Dio! Risuoni questo ineffabile nome, fonte di ogni diritto, giustizia e libertà, nei Parlamenti, nelle piazze, nelle case e nelle officine…”. Nel desiderio di rispondere a questo accorato appello pronunciato da Pio XII in radiomessaggio del 10 settembre 1956, a causa della repressione in Ungheria, Chiara Lubich scrive una lettera che diventerà la “magna carta” di una nuova vocazione nel Movimento dei focolari: i “volontari di Dio. Uomini e donne di tutto il mondo – dove è presente il Movimento –, formati dalla spiritualità dell’unità, che s’impegnano a portare Dio nella società con la propria vita, nei vari ambiti dove agiscono. “C’è stata – scrive Chiara il 15 gennaio 1957 – una società capace di togliere il nome di Dio… l’amore di Dio dal cuore degli uomini. Ci deve essere una società capace di rimetterlo al Suo posto. (…) Ci sia chi Lo santifica con tutte le sue forze e si riunisce a quelli che sentono identica chiamata per fare un blocco agli ordini di quella eterna Parola che nessuno potrà mai cancellare dalla terra. Occorre gente che segua Gesù come vuole essere seguito: rinunciando a se stessi e prendendo la sua croce. Che crede quest’arma: la croce, più potente delle più potenti bombe atomiche perché la croce è un varco nelle anime, mediante la quale Dio entra nei cuori… Fare un blocco di uomini di tutte le età, condizioni, legati dal vincolo più forte che esista: l’amore reciproco lasciatoci dal Dio umanato morente, come testamento… Amore reciproco che fonde i cristiani in un’unità divina… che sola può opporsi all’unità provocata dall’interesse, da motivi di questa terra, dall’odio. Amore reciproco che significa: fatti concreti, proiezione di tutto il nostro amore verso i fratelli per amore di Dio. Insomma occorrono discepoli di Gesù, autentici nel mondo, non solo nei conventi. Discepoli che volontariamente Lo seguano, spinti solo da un illuminato amore verso di Lui, in quest’ora tenebrosa… Un esercito di volontari, perché l’amore è libero. (…) Occorre… edificare una società nuova, rinnovata dalla Buona Novella, dove splendano con l’amore la giustizia e la verità. (…) Una società che testimoni un nome solo: Dio”. (altro…)

Szeged

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Elek

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Jánoshalma

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Kecskemét

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Szekszárd

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Pécs

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Szombathely

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Mosonmagyaróvár

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Győr

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Újfehértó

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Kisvárda

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Nyíregyháza

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Eger

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Gödöllő

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Vác

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Il Papa ai giovani: siate testimoni della gioia

Genfest 2012: il mondo si prepara

La data è fissata da tempo, 31 agosto-2 settembre, e il countdown sul sito www.genfest.org ce lo ricorda: mancano 25 settimane, un giorno e… le ore, i minuti, i secondi scorrono. Il programma prende forma, e nei vari punti del globo ci si organizza per arrivarci, a Budapest. Ecco qualche esempio di quanto realizzato solo nell’ultimo periodo. Radio Varsavia 2 ore di trasmissione dedicate ai giovani, durante le quali i GMU della Polonia hanno potuto raccontare, da una delle principali radio nazionali, i loro ideali, le loro esperienze e il loro invito a unirsi nel cammino verso Budapest a tutti i giovani polacchi. Scrivono: «Per noi è stata la prima occasione di annunciare il Genfest ed infiammare il cuore di tanti giovani!». Il caffè di Milano In Italia, “Coffee Bridge” è l’iniziativa lanciata dai GMU della Lombardia. Ottenuto un prezzo speciale da un distributore all’ingrosso, hanno applicato il logo del Genfest sulle confezioni di caffè ricevute e si sono organizzati per venderle. Allo stesso modo, con lo stesso spirito hanno prodotto una grande quantità dei quaderni con in copertina il logo del Genfest e sul retro una breve descrizione dello stesso. Scopo dell’iniziativa: promuovere gli ideali dei GMU e raccogliere fondi per contribuire al pagamento del viaggio a Budapest per chi arriva dai Paesi più lontani. Per info caffè: coffee@genfest.tk Per info quaderni: infoquaderni@gmail.comPer info: coffee@genfest.tk Scarica i quaderni con il logo del Genfest: https://castle.so/dl/8t4z+s Nazareth in festa 40 giovani di varie religioni hanno dato vita a una giornata all’insegna di canti, giochi e…grande gioia. Non si poteva non parlare del Genfest e lanciare l’invito – subito accolto – ad essere tutti costruttori di “ponti”. Prossimo appuntamento in aprile per un nuovo weekend insieme. Spettacolo Indonesia A Yogjakarta, i GMU della seconda città dell’isola di Giava hanno organizzato un concerto per festeggiare i 90 anni della più grande Casa Editrice cattolica dell’arcipelago, davanti a oltre 500 persone. «È stata una magnifica occasione per presentarci e raccontare come ci impegniamo a costruire un mondo più unito – scrivono –, vivendo nel momento presente, amando il prossimo e superando così ogni momento di difficoltà». Pranzo cinese Raccontano da Macao: «Abbiamo invitato i nostri amici a venire a mangiare un “hot- pot”». E dopo aver presentato le loro esperienze e il Genfest, «come segno di gratitudine per chi era venuto abbiamo preparato un regalino per augurare a tutti “un prospero nuovo anno cinese!”». Esperienze, attività, curiosità…e il nuovo video sulla storia dei Genfest sono disponibili sui siti del Genfest e dei Giovani per un Mondo Unito.

This project has been funded with support from the European Commission.

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Il Papa ai giovani: siate testimoni della gioia

Margarita e le donne del Tinku Kamayu

Margarita Ramirez de Moreno è una volontaria del Movimento dei focolari, artigiana e imprenditrice, la prima diplomata uscita dalla scuola Aurora di Santa Maria di Catamarca, in Argentina. Questa scuola, dopo 35 anni di attività, è stata riconosciuta e finanziata dal Governo argentino per il grande contributo educativo che offre nello studio e nel recupero delle tecniche e dei simboli della cultura “quechua”.

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«Sono nata a Santa Maria, in una regione ai piedi delle Ande, ricca di cultura aborigena ma molto povera. Sono una discendente degli aborigeni  “calchaquies”, sposata e  madre di 7 figli. Per 12 anni mi sono formata alla Scuola Aurora. Lì, oltre a leggere, a scrivere e alla tessitura, ho imparato a vivere la spiritualità dell’unità. Nel 2003, di fronte alla disoccupazione dilagante, ho avviato una filanda per rifornire il laboratorio di tessitura della scuola. Non è stato facile convincere le donne della mia terra, da sempre discriminate, a riprendere il lavoro di filatura, dato che per arrivare alla filanda occorreva attraversare fiumi e fare ogni giorno molti chilometri. Non avevamo mezzi. A poco a poco ognuna ha messo a disposizione ciò che aveva: un fuso, dei chili di lana o la propria abilità in questa arte tradizionale. Rimaneva il problema dei costosi macchinari. Un giorno sono costretta a chiedere un passaggio e confido al conducente la mia preoccupazione. Egli mi dice che lui sapeva fare macchine per filare. “Ce le puoi fare?” gli domando. E lui: “Sì, mi pagherai quando potrai”. Non mancano altri ostacoli: perdiamo il locale in cui lavoriamo e la più esperta si  licenzia. “Con tutto quel che ci succede non sarà che ci dobbiamo arrendere?” si domanda una ragazza, che esprime il dubbio di noi tutte. Durante il trasloco troviamo un’ immagine della Madonna. Mi sembra molto significativo e propongo alle altre di fare un patto: lavorare ogni giorno nell’amore le une verso le altre. Poco dopo riceviamo una donazione con la quale possiamo acquistare un immobile e delle attrezzature. Così è nato l’atelier “ TINKU KAMAYU” che significa “ Riunite per lavorare”.  All’inizio eravamo 8 e oggi , dopo due anni, l’organico dell’azienda è salito  a 18 artigiane con una  produzione crescente. Oggi sento di essere parte di un grande progetto che mi coinvolge con tante altre persone calchaquies. Abbiamo ritrovato la nostra identità e, con quella, la speranza, la crescita culturale, la possibilità di lavoro per noi e per altri, e tutta la ricchezza delle origini del nostro popolo. Ora ci sentiamo persone utili non più umiliate, ma valorizzate e capaci di esprimere il proprio pensiero». Testimonianza raccontata al Volontarifest, Budapest 2006 (altro…)