Lug 17, 2005 | Dialogo Interreligioso
Il rabbino Jack Bemporad incontrò per la prima volta Chiara Lubich quando le conferì la laurea honoris causa: “avevo letto i suoi libri – dice Bemporad – vedevo che lei era una persona ispirata, e avevo notato il lavoro che faceva il focolare negli Stati Uniti, un lavoro importantissimo…. Ho capito che Chiara era una persona molto favorevole al dialogo: era molto aperta, le piacevano la franchezza e la sincerità e anche la sua spiritualità mi ha dato un’impressione molto favorevole. Poi ho visto che il Movimento dei Focolari si adopera per stringere relazioni con le altre religioni e per trovare una base per comunicare, non in senso dogmatico, non si vuole nascondere la propria religione, ma i focolarini sono convinti che bisogna trovare qualcosa che ci unisce: forse quello che ci unisce è il rispetto per la persona e la convinzione che è possibile nutrire amore da dare agli altri. D. Come e quando è nato il suo rapporto con gli ebrei e con l’ebraismo? R. Con la diffusione del Movimento che, a partire dagli anni ’50, aveva varcato i confini dell’Europa, ci siamo incontrati faccia a faccia con persone di altre fedi. Tanto che, quando nel 1977 ho dato la mia testimonianza alla Guildhall a Londra in occasione del Premio Templeton per il progresso della religione, ho già potuto parlare del dialogo “con i fedeli del nobile e martoriato popolo ebreo”. “Condividiamo con esso – avevo detto – parte della rivelazione”. Ed avevo espresso loro la nostra gratitudine per “averci dato Gesù ebreo, gli apostoli ebrei ed anche Maria ebrea”. Ed era stato proprio questo avvenimento l’evento fondante del nostro dialogo interreligioso, che diventerà parte integrante degli scopi del Movimento. Mentre parlavo davanti a rappresentanti qualificati delle grandi religioni mondiali, avevo la profonda sensazione che tutti fossimo una cosa sola, anche se di fedi diverse. D. Ha mai partecipato a celebrazioni ebraiche, ed eventualmente cosa l’ha colpita di quelle celebrazioni? R. Non è stata una vera e propria celebrazione ebraica quella a cui ho partecipato a Buenos Aires, in Argentina, ma un incontro con membri della comunità ebraica provenienti da tutta l’Argentina e dall’Uruguay. Era il 20 aprile 1998. Lo ricordo come fosse ora: è stato con grande commozione che abbiamo fatto un patto di amore scambievole, così profondo e sentito, da aver l’impressione di superare di colpo secoli di persecuzioni e di incomprensioni. Ricordo le parole del dott. Kopec, il presidente della B’nai B’rith Argentina, organismo ebraico internazionale, che mi aveva invitata: “Questo è un patto di fede nel guardare al futuro e sotterrare secoli di intolleranza”. In quella sala, ero stata accolta con un canto di “Shalom”. La cerimonia si apriva con la solenne accensione della menorah, il candelabro a 7 braccia, simbolo di luce, giustizia, pace, benevolenza, fratellanza, e concordia. Ricordo l’emozione di quel momento, quando fui invitata ad accendere, insieme al Presidente Kopec, proprio il braccio centrale, simbolo della verità, sigillo di Dio, cuore della vita. Nel preparare il discorso che avrei pronunciato quel giorno, avevo scoperto con sorpresa che le stesse linee della spiritualità dell’unità, sgorgata dal Vangelo vissuto e che segnarono la nascita del Movimento, agli inizi degli anni ’40, potevano essere quasi riscritte con i versetti dell’Antico Testamento e della tradizione ebraica. Ma il momento più denso di commozione per tutti noi presenti in quella sala era stato paradossalmente quando avevo parlato del mistero centrale del cristianesimo, cuore della nostra spiritualità e motivo per gli ebrei di 2000 anni di sofferenza: Gesù in croce che grida ’Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato’, parole che si ritrovano nell’Antico Testamento, nel Salmo 22. Avevo riportato un brano che richiamava proprio quel Salmo. Era di un ebreo contemporaneo, filosofo delle religioni, recentemente scomparso, Pinchas Lapide: “Quale migliore personificazione si può trovare per il popolo ebreo di questo povero Rabbi di Nazareth?” – si chiede. Lapide vede in quel grido di Gesù anche e soprattutto i dolori della Shoah: “Elì, elì, lamà sabactanì non è soltanto il Salmo di David e una parola di Gesù sulla croce, ma direi quasi, il leitmotiv di coloro che furono deportati ad Auschwitz e Maidanek”. Si chiede: “Non è questo rabbino, che muore dissanguato sulla croce, l’autentica incarnazione del suo popolo sofferente, troppe volte ucciso sulla croce di quell’odio antiebraico, che noi pure abbiamo dovuto sperimentare nella nostra giovinezza?”. Mi era fiorita una certezza, e l’ho comunicata agli amici ebrei che gremivano quella sala: “Quel dolore indicibile della Shoah e di tutte le più recenti sanguinose persecuzioni, non può non portare frutto”. E “noi – avevo aggiunto – vogliamo condividerlo con voi, perché non sia un abisso che ci separa, ma un ponte che ci unisce. E che diventi un seme di unità”. Quell’unità che non è solo “nei desideri di Gesù”, ma che “è sentita fortemente anche dal popolo ebraico”. Questa unità era già tangibile in quella sala. Abbiamo sperimentato un momento di Dio. Si spalancava una nuova speranza. Da allora questa forte esperienza di fraternità si rinnova e approfondisce. Ogni anno sono sempre più numerosi gli amici ebrei protagonisti della giornata della pace che viene celebrata nella nostra cittadella di O’Higgins, in Argentina. Quest’anno erano in 300 venuti da Buenos Aires, Cordoba, Rosario. Il Rabbino dr. Mario Hendler, che presiede la Convenzione rabbinica latino-americana, ha affermato: “Stiamo costruendo un momento della storia di cui solo in futuro si comprenderà la portata”. D. Che cosa pensa dell’antisemitismo crescente anche in Italia? R. Viviamo ore difficili. Mi ritorna con forza quanto già dissi subito dopo la giornata interreligiosa per la pace di Assisi del gennaio 2002, dopo il tragico attentato dell’11 settembre: qui non si tratta soltanto di un fattore umano come l’ odio, ma c’ è di mezzo “la forza delle tenebre”, ci sono le forze del Male. E come non vedere il persistere dell’azione del Male nei rigurgiti di antisemitismo che rispuntano, nell’ombra cupa del terrorismo che continua ad investire tutto il pianeta? Non basta perciò l’elemento politico, civile, umano, per contrapporsi. Anche quello è necessario, ma urge che le religioni si mobilitino. Se prima il dialogo interreligioso si poteva fare, era segno dei tempi, adesso è un’esigenza improrogabile, proprio per le circostanze. Perché contro il Male – con la M grande – ci vuole il Bene con la B maiuscola, ci vuole Dio, ci vuole l’aiuto di Dio, l’aiuto soprannaturale. E’ perciò essenzialissimo l’aspetto religioso oggi nel mondo. Se tutte le religioni sono chiamate a dare il loro apporto di pace, tanto più questo è un imperativo per noi cristiani ed ebrei, accomunati dall’Alleanza, chiamati ad essere insieme protagonisti di quel disegno maestoso di pace e unità tracciato dalla Rivelazione: la nuova Gerusalemme . D. – I cristiani possono fare qualcosa per diffondere un clima di rispetto e di riconciliazione con chi è diverso da loro? R. Certamente! Molte sono nel mondo le forze che operano in questo senso. Nella nostra esperienza, se è possibile il dialogo in tanti Paesi del mondo, anche in punti cruciali come in Israele, dove da anni arabi cristiani si incontrano periodicamente con ebrei, è perché viene costruito giorno dopo giorno con lunghi tempi di maturazione attraverso rapporti personali. Il segreto per noi è racchiuso in quella che abbiamo chiamato “arte d’amare” appresa dal Vangelo, e che sempre più si rivela universale e capace di sciogliere conflitti, violenza, pregiudizi, perché ha in sé una forza divina. E’ quest’arte che va diffusa ovunque. E’ sperimentata da 60 anni in tutte le latitudini, da persone di ogni età, condizione sociale e credo. E’ un amore che va al di là dei limiti dei legami famigliari o di amicizia, e si apre a tutti, senza discriminazione e pregiudizio alcuno. Quest’arte richiede di “amare l’altro come sé”, come recita “la regola d’oro” comune a tutte le religioni. Il segreto di quest’arte è racchiusa in due sole parole: “farsi uno”, cioè “vivere l’altro” Significa far propri i pesi, i pensieri, le sofferenze, le gioie dell’altro. Coinvolge tutti gli aspetti della vita ed è la massima espressione dell’amore, perché, vivendo così, si è morti a se stessi, al proprio io e ad ogni attaccamento; si può realizzare quel “nulla di sé” a cui aspirano le grandi spiritualità e quel vuoto d’amore che sa fare spazio e accogliere l’altro. Nel dialogo interreligioso, “farsi uno” significa – come è stato scritto – “conoscere la religione dell’altro in modo tale che supera l’essere informato sulla sua tradizione religiosa. Implica entrare nella pelle dell’altro, camminare con le sue scarpe, vedere il mondo come l’altro lo vede, porsi le domande dell’altro, penetrare nel senso che ha per l’altro essere ebreo, indù, musulmano, buddista”. Nel rapporto con gli ebrei ciò significa far nostra, per amore, quell’indicibile sofferenza che ha segnato la storia di secoli di questo popolo, con la consapevolezza che “interpretazioni erronee e ingiuste del Nuovo Testamento riguardanti il popolo ebreo e la sua presunta colpevolezza sono circolate per troppo tempo, generando sentimenti di ostilità nei loro confronti”. Come risuonò al Colosseo, alla Via Crucis del ’98, guidata dal Papa: “Non il popolo ebraico, da noi per tanto tempo crocifisso, non la folla… non loro, ma noi, tutti noi e ognuno di noi… siamo tutti assassini dell’amore”. Non solo. Dobbiamo testimoniare quell’amore che dimostra coi fatti che sono per noi i fratelli maggiori, proprio perché “la fede testimoniata nella Bibbia ebraica, l’Antico Testamento dei cristiani, per noi non è un’altra religione, ma il fondamento della nostra fede”. Un tale amore ha la forza di sciogliere nei nostri fratelli ebrei ogni timore. L’ascolto spesso diventa reciproco. Si scoprono quegli elementi comuni che possiamo vivere insieme. E’ un dialogo che ci fa riscoprire fratelli, legati da un vincolo profondo. Si possono creare così ovunque spazi di riconciliazione e di fraternità. Davvero si sperimenta quanto Papa Giovanni Paolo II disse in India: “Il frutto del dialogo è l’unione fra gli uomini e l’unione degli uomini con Dio (…). Attraverso il dialogo facciamo in modo che Dio sia presente in mezzo a noi, perché mentre ci apriamo l’un l’altro nel dialogo, ci apriamo anche a Dio”. D. E in quali campi possono collaborare ebrei e cristiani per realizzare una società migliore? R. Sono certa che, in quest’ora del mondo, Dio vuole che cristiani ed ebrei percorriamo un cammino comune, mano nella mano, per dire a tutti che Dio ci ha creati fratelli, per testimoniare al mondo, oggi materializzato, secolarizzato, edonista, la meravigliosa avventura di vite spese perché il suo nome sia annunciato, la fede in lui rafforzata, e siano ripristinati i valori di pace, solidarietà, difesa dei diritti umani, di giustizia e di libertà, da lui sottolineati. Ovunque, siamo chiamati a creare insieme, cristiani ed ebrei, questi spazi di fraternità: negli ambienti di lavoro, nei parlamenti, nelle università, nei quartieri, nelle famiglie. Se viviamo in modo tale che “la dimora divina sia in mezzo a noi”, allora in un mondo che oggi come mai ha bisogno di un supplemento d’anima, inonderemo tutti gli ambiti della società con la forza e la luce dello Spirito, rinnovandoli.
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Lug 3, 2005 | Focolari nel Mondo
Da qualche anno sono in Turchia per lavoro. Ho molto tempo libero e mi sono dedicata a tradurre dall’italiano qualche libro di spiritualità. Ore e giorni trascorsi davanti al computer e sudare per tradurre in turco – che non ha radici cristiane – espressioni di un’altra cultura, di una spiritualità cristiana. In certi momenti mi chiedevo perché lo facevo; non saranno sforzi inutili? Ma ho affidato ogni difficoltà al Padre. Sì, quel lavoro aveva un unico senso: dare a lui il mio tempo e le mie forze.
Una vita capovolta Stavo per partire in vacanza, quando mi telefona il tipografo che aveva stampato quei libri: “Ho saputo che parte; dovrei parlale urgentemente”. L’indomani quando gli apro la porta quasi non lo riconosco. E’ dimagrito, sciupato, ha gli occhi rossi come se avesse pianto. Lo faccio accomodare offrendogli un caffè. Inizia subito: “Mi scusi se la disturbo, ma ho sentito che non potevo non dirle quello che mi è capitato. Lo sa che quel libro che mi ha dato da stampare mi ha capovolto la vita? L’ho letto e riletto. Mi ha dato una forza inimmaginabile. E ho ricominciato la mai vita da capo. Da un mese e mezzo mia moglie mi ha abbandonato. Dopo 26 anni mi sembra impossibile. Ma la nostra famiglia è stata distrutta dalle stregonerie, dal malocchio… a proposito, lei crede in queste cose?” Quella forza più forte di ogni difficoltà Alla mia risposta negativa e che credo in Dio Onnipotente e che Lui guida la nostra vita, mi dice: “L’ho capito leggendo quel libro; come vorrei che anche mia moglie lo leggesse. Sa che sono arrivato al punto di volermi suicidare? Già due volte ho tentato, ma non ci sono riuscito. Ero in cura da uno psichiatra. Ora non ci vado più e non prendo neanche le medicine. Ho capito che dentro di me ho una forza maggiore e posso superare ogni difficoltà. Questo punto centrale che ho trovato come un tesoro in questo libro,me lo tengo stretto”. Il mio amico tipografo faceva pian paino la scoperta di un Dio vivo, vicino, che soccorre chi è in difficoltà. Gli ho promesso che avrei pregato perché sua moglie tornasse a casa. Uscendo sembrava trasformato, ringiovanito, alleggerito. R.M. Turchia Tratto da Quando Dio interviene – Esperienze da tutto il mondo Città Nuova Editrice 2004 (altro…)
Lug 1, 2005 | Nuove Generazioni
Carissimi giovani!
1. Quest’anno abbiamo celebrato la XIX Giornata Mondiale della Gioventù meditando sul desiderio espresso da alcuni greci, giunti a Gerusalemme in occasione della Pasqua: “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21). Ed eccoci ora in cammino verso Colonia, dove nell’agosto 2005 si terrà la XX Giornata Mondiale della Gioventù. “Siamo venuti per adorarlo” (Mt 2,2): questo è il tema del prossimo incontro mondiale giovanile. E’ un tema che permette ai giovani di ogni continente di ripercorrere idealmente l’itinerario dei Magi, le cui reliquie secondo una pia tradizione sono venerate proprio in quella città, e di incontrare, come loro, il Messia di tutte le nazioni. In verità, la luce di Cristo rischiarava già l’intelligenza e il cuore dei Magi. “Essi partirono” (Mt 2,9), racconta l’evangelista, lanciandosi con coraggio per strade ignote e intraprendendo un lungo e non facile viaggio. Non esitarono a lasciare tutto per seguire la stella che avevano visto sorgere in Oriente (cfr Mt 2,1). Imitando i Magi, anche voi, cari giovani, vi accingete a compiere un “viaggio” da ogni regione del globo verso Colonia. E’ importante non solo che vi preoccupiate dell’organizzazione pratica della Giornata Mondiale della Gioventù, ma occorre che ne curiate in primo luogo la preparazione spirituale, in un’atmosfera di fede e di ascolto della Parola di Dio. 2. “Ed ecco la stella … li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo in cui si trovava il bambino” (Mt 2,9). I Magi arrivarono a Betlemme perché si lasciarono docilmente guidare dalla stella. Anzi, “al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia” (Mt 2,10). E’ importante, carissimi, imparare a scrutare i segni con i quali Dio ci chiama e ci guida. Quando si è consapevoli di essere da Lui condotti, il cuore sperimenta una gioia autentica e profonda, che si accompagna ad un vivo desiderio di incontrarlo e ad uno sforzo perseverante per seguirlo docilmente. “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre” (Mt 2,11). Niente di straordinario a prima vista. Eppure quel Bambino è diverso dagli altri: è l’unigenito Figlio di Dio che si è spogliato della sua gloria (cfr Fil 2,7) ed è venuto sulla terra per morire in Croce. E’ sceso tra noi e si è fatto povero per rivelarci la gloria divina, che contempleremo pienamente in Cielo, nostra patria beata. Chi avrebbe potuto inventare un segno d’amore più grande? Restiamo estasiati dinanzi al mistero di un Dio che si abbassa per assumere la nostra condizione umana sino ad immolarsi per noi sulla croce (cfr Fil 2,6-8). Nella sua povertà, è venuto ad offrire la salvezza ai peccatori Colui che – come ci ricorda san Paolo – “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8,9). Come rendere grazie a Dio per tanta accondiscendente bontà? 3. I Magi incontrano Gesù a “Bêt-lehem”, che significa “casa del pane”. Nell’umile grotta di Betlemme giace, su un po’ di paglia, il “chicco di grano” che morendo porterà “molto frutto” (cfr Gv 12,24). Per parlare di se stesso e della sua missione salvifica Gesù, nel corso della sua vita pubblica, farà ricorso all’immagine del pane. Dirà: “Io sono il pane della vita”, “Io sono il pane disceso dal cielo”, “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 35.41.51). Ripercorrendo con fede l’itinerario del Redentore dalla povertà del Presepio all’abbandono della Croce, comprendiamo meglio il mistero del suo amore che redime l’umanità. Il Bambino, adagiato da Maria nella mangiatoia, è l’Uomo-Dio che vedremo inchiodato sulla Croce. Lo stesso Redentore è presente nel sacramento dell’Eucaristia. Nella stalla di Betlemme si lasciò adorare, sotto le povere apparenze di un neonato, da Maria, da Giuseppe e dai pastori; nell’Ostia consacrata lo adoriamo sacramentalmente presente in corpo, sangue, anima e divinità, e a noi si offre come cibo di vita eterna. La santa Messa diviene allora il vero appuntamento d’amore con Colui che ha dato tutto se stesso per noi. Non esitate, cari giovani, a rispondergli quando vi invita “al banchetto di nozze dell’Agnello” (cfr Ap 19,9). Ascoltatelo, preparatevi in modo adeguato e accostatevi al Sacramento dell’Altare, specialmente in quest’Anno dell’Eucaristia (ottobre 2004-2005) che ho voluto indire per tutta la Chiesa. 4. “E prostratisi lo adorarono” (Mt 2,11). Se nel bambino che Maria stringe fra le sue braccia i Magi riconoscono e adorano l’atteso delle genti annunziato dai profeti, noi oggi possiamo adorarlo nell’Eucaristia e riconoscerlo come nostro Creatore, unico Signore e Salvatore. “Aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra” (Mt 2,11). I doni che i Magi offrono al Messia simboleggiano la vera adorazione. Mediante l’oro essi ne sottolineano la regale divinità; con l’incenso lo confessano come sacerdote della nuova Alleanza; offrendogli la mirra celebrano il profeta che verserà il proprio sangue per riconciliare l’umanità con il Padre. Cari giovani, offrite anche voi al Signore l’oro della vostra esistenza, ossia la libertà di seguirlo per amore rispondendo fedelmente alla sua chiamata; fate salire verso di Lui l’incenso della vostra preghiera ardente, a lode della sua gloria; offritegli la mirra, l’affetto cioè pieno di gratitudine per Lui, vero Uomo, che ci ha amato fino a morire come un malfattore sul Golgotha. 5. Siate adoratori dell’unico vero Dio, riconoscendogli il primo posto nella vostra esistenza! L’idolatria è tentazione costante dell’uomo. Purtroppo c’è gente che cerca la soluzione dei problemi in pratiche religiose incompatibili con la fede cristiana. E’ forte la spinta a credere ai facili miti del successo e del potere; è pericoloso aderire a concezioni evanescenti del sacro che presentano Dio sotto forma di energia cosmica, o in altre maniere non consone con la dottrina cattolica. Giovani, non cedete a mendaci illusioni e mode effimere che lasciano non di rado un tragico vuoto spirituale! Rifiutate le seduzioni del denaro, del consumismo e della subdola violenza che esercitano talora i mass-media. L’adorazione del vero Dio costituisce un autentico atto di resistenza contro ogni forma di idolatria. Adorate Cristo: Egli è la Roccia su cui costruire il vostro futuro e un mondo più giusto e solidale. Gesù è il Principe della pace, la fonte di perdono e di riconciliazione, che può rendere fratelli tutti i membri della famiglia umana. 6. “Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt 2,12). Il Vangelo precisa che, dopo aver incontrato Cristo, i Magi tornarono al loro paese “per un’altra strada”. Tale cambiamento di rotta può simboleggiare la conversione a cui coloro che incontrano Gesù sono chiamati per diventare i veri adoratori che Egli desidera (cfr Gv 4,23-24). Ciò comporta l’imitazione del suo modo di agire facendo di se stessi, come scrive l’apostolo Paolo, un “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”. L’Apostolo aggiunge poi di non conformarsi alla mentalità di questo secolo, ma di trasformarsi rinnovando la mente, “per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto” (cfr Rm 12,1-2). Ascoltare Cristo e adorarlo porta a fare scelte coraggiose, a prendere decisioni a volte eroiche. Gesù è esigente perché vuole la nostra autentica felicità. Chiama alcuni a lasciare tutto per seguirlo nella vita sacerdotale o consacrata. Chi avverte quest’invito non abbia paura di rispondergli “sì” e si metta generosamente alla sua sequela. Ma, al di là delle vocazioni di speciale consacrazione, vi è la vocazione propria di ogni battezzato: anch’essa è vocazione a quella “misura alta” della vita cristiana ordinaria che s’esprime nella santità (cfr Novo millennio ineunte, 31). Quando si incontra Cristo e si accoglie il suo Vangelo, la vita cambia e si è spinti a comunicare agli altri la propria esperienza. Sono tanti i nostri contemporanei che non conoscono ancora l’amore di Dio, o cercano di riempirsi il cuore con surrogati insignificanti. E’ urgente, pertanto, essere testimoni dell’amore contemplato in Cristo. L’invito a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù è anche per voi, cari amici che non siete battezzati o che non vi riconoscete nella Chiesa. Non è forse vero che pure voi avete sete di Assoluto e siete in ricerca di “qualcosa” che dia significato alla vostra esistenza? Rivolgetevi a Cristo e non sarete delusi. 7. Cari giovani, la Chiesa ha bisogno di autentici testimoni per la nuova evangelizzazione: uomini e donne la cui vita sia stata trasformata dall’incontro con Gesù; uomini e donne capaci di comunicare quest’esperienza agli altri. La Chiesa ha bisogno di santi. Tutti siamo chiamati alla santità, e solo i santi possono rinnovare l’umanità. Su questo cammino di eroismo evangelico tanti ci hanno preceduto ed è alla loro intercessione che vi esorto a ricorrere spesso. Incontrandovi a Colonia, imparerete a conoscere meglio alcuni di loro, come san Bonifacio, l’apostolo della Germania, e i Santi di Colonia, in particolare Orsola, Alberto Magno, Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) e il beato Adolph Kolping. Fra questi, vorrei particolarmente citare sant’Alberto e santa Teresa Benedetta della Croce che, con lo stesso atteggiamento interiore dei Magi, hanno appassionatamente cercato la verità. Essi non hanno esitato a mettere le loro capacità intellettuali al servizio della fede, testimoniando così che fede e ragione sono legate e si richiamano a vicenda. Carissimi giovani incamminati idealmente verso Colonia, il Papa vi accompagna con la sua preghiera. Maria, “donna eucaristica” e Madre della Sapienza, sostenga i vostri passi, illumini le vostre scelte, vi insegni ad amare ciò che è vero, buono e bello. Vi porti tutti a suo Figlio, il solo che può soddisfare le attese più intime dell’intelligenza e del cuore dell’uomo. Con la mia Benedizione! Da Castel Gandolfo, 6 Agosto 2004 IOANNES PAULUS PP. II (altro…)
Lug 1, 2005 | Nuove Generazioni
Giovani dei Focolari, provenienti dai vari continenti, daranno la loro testimonianza e presenteranno alcune coreografie nell’ambito delle catechesi in programma a Colonia il 17-18-19 agosto, durante la Giornata Mondiale della Gioventù, in preparazione alle giornate conclusive col Santo Padre. “Colourdome” è il nome che i “Giovani per un mondo unito” dei Focolari hanno dato alle iniziative che stanno preparando a Colonia in occasione della GMG. “Colourdome”, per significare che l’amore evangelico colora la vita, trasformandola nei suoi più vari aspetti.
Da martedì 16 a venerdì 19 agosto, il Friedenspark, il Parco della pace, nel centro sud di Colonia, lungo l’Oberländer Wall, sarà trasformato in un festival colorato con un palco principale e sette aree, con padiglioni dai colori dell’arcobaleno. Con il linguaggio della musica, teatro, danza, i giovani saranno invitati a fare sport o a dialogare, ma anche a riposare, riflettere e pregare. Ogni area offrirà un programma su vari temi: dalla “cultura del dare”, al dialogo con altre religioni, alla ricerca del senso del dolore, per nominarne solo alcuni. Uno degli ambiti sarà dedicato allo sport, come pallavolo, street-soccer e a vari giochi per favorire la conoscenza tra giovani di tutto il mondo. Sul palco centrale poi, in programma ogni giorno, i concerti. Segnaliamo: mercoledì, 17 agosto, alle ore 19.30, lo spettacolo GIVE PEACE A HAND del complesso internazionale GEN ROSSO. Mercoledì 17 e venerdì 19 agosto pomeriggio, sul palco del Colourdome due tavole rotonde della Conferenza Episcopale tedesca e della Protezione Civile (Technisches Hilfswerk) sugli aiuti per lo Tsunami e la solidarietà globale.
Le aree interattive Rosso: Time to share Tempo di condivisione: per una cultura del dare – economia, lavoro, consumismo Arancio: Face the world Guarda al mondo: dialogo a 360° – dialogo, etnie, religioni Giallo: To be with You Con Te: che posto ha il dolore? – dolore, sofferenza, malattia Verde: Get the feeling Cattura l’emozione: vivere in tutti i sensi – sport e tempo libero Azzurro: Discover His Beauty Scopri la Sua bellezza: Dio nella cultura – arte, musica, cultura Indaco: Think about life Prospettive e progetti – società, politica e tanto di più Violetto: Hold the line Resta in linea: comunicazione e mass media – intrattenimento, mass media, pubblicità Per saperne di più scrivere a: sgmu@focolare.org wjt2005@geeintewelt.de
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Giu 30, 2005 | Parola di Vita
Dio è Amore . È la certezza più salda che deve guidare la nostra vita, anche quando ci assale il dubbio davanti a grandi calamità naturali, alla violenza di cui l’umanità è capace, ai nostri insuccessi e fallimenti, ai dolori che ci toccano personalmente.
Che è Amore, Dio ce lo ha dimostrato e continua a dimostrarcelo in mille modi, donandoci la creazione, la vita (e quanto di bene ad essa è congiunto), la redenzione attraverso suo Figlio, la possibilità della santificazione attraverso lo Spirito Santo.
Dio ci manifesta il suo Amore sempre: si fa vicino ad ognuno di noi, seguendoci e sostenendoci passo passo nelle prove della vita. Ce lo assicura il Salmo, da cui è tratta questa Parola di vita, parlando della insondabile grandezza di Dio, del suo splendore, della sua potenza e, insieme, della sua tenerezza e della sua immensa bontà. Egli è capace di gesta prodigiose e, nello stesso tempo, il padre pieno di attenzioni, premuroso più di una madre.
“Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto”
Noi tutti dobbiamo affrontare di quando in quando situazioni difficili, dolorose, sia nella nostra vita personale, sia nei rapporti con gli altri e sperimentiamo a volte tutta la nostra impotenza.
Ci troviamo di fronte a muri di indifferenza e di egoismo e ci sentiamo cadere le braccia di fronte ad avvenimenti che sembrano superarci.
Quante circostanze dolorose ognuno deve affrontare nella vita! Quanto bisogno che un Altro ci pensi! Ebbene, in questi momenti la Parola di vita può venirci in aiuto.
Gesù ci lascia fare l’esperienza della nostra incapacità, non già per scoraggiarci, ma per farci sperimentare la straordinaria potenza della sua grazia, che si manifesta proprio quando le nostre forze sembrano non farcela, per aiutarci a capire meglio il suo amore. A un patto però: che abbiamo una totale fiducia in Lui, come l’ha il figlioletto in sua madre; abbandono sconfinato che ci farà sentire nelle braccia di un Padre che ci ama così come siamo e al quale tutto è possibile.
Non può bloccarci neppure la consapevolezza dei nostri sbagli perché, essendo amore, Dio ci rialza ogni qual volta siamo caduti, come fanno i genitori col loro bambino.
“Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto”
Forti di questa certezza, potremo gettare in Lui ogni ansia, ogni problema, come ci invita a fare la Scrittura: gettate “in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi” .
Anche per noi, i primi tempi del Movimento, quando la pedagogia dello Spirito Santo cominciava a farci muovere i primi passi nella via dell’amore, il “gettare ogni preoccupazione nel Padre” era affare di tutti i giorni, e di spesse volte al giorno.
Ricordo che dicevo che come non si può tenere su una mano una brace, ma la si getta via subito perché altrimenti brucia, così, con la stessa sveltezza, gettavamo nel Padre ogni preoccupazione. E non ricordo preoccupazione messa nel suo cuore della quale Egli non si sia preso cura.
Ma non sempre è facile credere e credere al suo amore. Sforziamoci in questo mese di farlo in tutti i casi, anche nei più ingarbugliati. Assisteremo volta per volta all’intervento di Dio che non ci abbandona, ma ha cura di noi. Sperimenteremo una forza mai conosciuta prima che sprigionerà in noi nuove e impensate risorse.
Chiara Lubich
Giu 27, 2005 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Con poesia sa parlare del dolore, con tocco leggero ti fa sorridere, pensare, riflettere, piangere. È un mistero come Chiara M. riesca ad arrivare così in profondità, a trasmetterci tutta quella serenità” – Cinzia TH Torrini, regista cinematografica. Il libro «Crudele dolcissimo amore»: diario di una lotta che rivela il mistero del dolore come dono Chiara M. ha lavorato per diversi anni come infermiera professionale. Aveva sogni e progetti. Una malattia spietata l’ha aggredita, ma senza vincere la sua voglia di vivere e gioire. Il libro «Crudele dolcissimo amore» è il diario lucido, antiretorico, a tratti ironico, di una lotta che rivela il mistero del dolore come dono. Le fragili dita, consumate dalla malattia, non le consentono nemmeno di scrivere la dedica autografa sul suo libro. Ma Chiara M. s’è inventata un timbro che riproduce la sua firma vicino ad una conchiglia ed una perla, «perché una lacrima, giorno dopo giorno, può trasformare il dolore in una perla». L’ha spiegato con la sua disarmante spontaneità ai quattrocento amici accorsi, giorni fa, a Trento, alla presentazione del suo libro-verità che porta i lettori a penetrare il mistero della vita, aprendolo con il grimaldello di un dolore vissuto sulla pelle – nella carne – e accettato col cuore. Diego Andreatta – Avvenire, 9 giugno 2005 Il coraggio di ogni giorno Quando si convive per anni con il dolore è inevitabile guardarsi dentro, ma anche – come confessa Chiara M. – «alzare lo sguardo verso l’alto». C’è una figura che in questo senso ha avuto una parte molto importante nella sua vita, quella di Chiara Lubich: «Mia madre era dirigente dell’Azione cattolica come mio padre e lì conobbe Chiara, che durante la guerra ebbe l’intuizione di iniziare un movimento, quello dei Focolari, che oggi è diffuso in 180 Paesi. Mia madre condivise questa nuova spiritualità e ce la trasmise. Durante l’adolescenza nacquero i primi interrogativi e le prime verifiche. Volevo essere sicura di quello che stavo facendo e non seguire semplicemente le “tradizioni” di famiglia. Non ci è voluto molto a capire che la spiritualità dell’unità era quella che sentivo più vicina al mio modo d’essere: un Vangelo vivo, vitale, che si concretizzasse nella realtà quotidiana, che non restasse un piccolo libro impolverato nel cassetto». Renata Maderna – Famiglia Cristiana N. 21 – 22 maggio 2005
Giu 19, 2005 | Ecumenismo
La spiritualità. E’ uno dei tre punti “di capitale importanza” che il Segretario Generale del CEC (Consiglio Ecumenico delle Chiese), il pastore metodista Samuel Kobia, nell’indirizzo di saluto rivolto al Papa, la mattina del 16 giugno, ha indicato come “ambito di collaborazione che potrebbe recare beneficio a tutte le Chiese e al movimento ecumenico nel suo insieme”. L’ha indicato come “base sulla quale i cristiani possono essere ‘innestati’ e far leva su un mondo che ha bisogno di trasformarsi e di sperare”.
Piena consonanza con le parole di Papa Benedetto XVI che, richiamando il suo predecessore, ha riaffermato che “l’ecumenismo spirituale è al cuore della ricerca della piena unità dei Cristiani”, proprio perché “la conversione interiore è il prerequisito per ogni progresso ecumenico”.
Ed è per approfondire la spiritualità dell’unità dei Focolari e il suo influsso sui dialoghi, che il Segretario Generale Kobia ha voluto concludere la sua visita a Roma, recandosi con una Delegazione speciale al Centro Internazionale del Movimento a Rocca di Papa. Vari membri del Consiglio generale del Movimento e i responsabili del Centro “Uno” per l’ ecumenismo, lo hanno accolto con un messaggio di benvenuto di Chiara Lubich, che ha evidenziato ’’l’emergere del dialogo della vita, del dialogo del popolo, un popolo di varie Chiese, deciso a vivere l’ecumenismo, a vivere nel quotidiano il Vangelo per contribuire alla piena e visibile comunione’’.
Il pastore Kobia ha poi ricordato il suo primo incontro con Chiara Lubich al Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra, nell’ottobre del 2002, quando era stata invitata per presentare il cuore della spiritualità dell’unità, il mistero di Gesù che sulla croce grida l’abbandono del Padre, assumendo dolori i traumi delle divisioni per ricomporli. Riferendosi anche ai rapporti con i Focolari in Svizzera e all’incontro odierno, il pastore Kobia ha ribadito il desiderio di ’approfondire la conoscenza di questa spiritualità ecumenica dei Focolari: ’’Vorremmo essere ispirati, – ha detto – dalla vostra esperienza spirituale’’.
Il vescovo evangelico-luterano Eberhardt Renz, uno degli otto presidenti del Consiglio Ecumenico, ha espresso la sua soddisfazione per aver conosciuto più in profondità i Focolari, un volto laico della Chiesa cattolica.
Il metropolita ortodosso Makarios, del Kenya, ha apprezzato l’ampiezza dei dialoghi ecumenico, interreligioso e con persone senza riferimenti religiosi, portati avanti dai Focolari.
La visita al Papa e alla Curia romana del Segretario Generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, accompagnato da una delegazione ad alto livello, cade nel 40° dell’inizio della collaborazione tra questo organismo ecumenico – che raggruppa 347 Chiese di tutto il mondo – e la Chiesa Cattolica.
I rapporti tra il Consiglio Ecumenico delle Chiese e il Movimento dei Focolari risalgono al 1967 quando vi fu la prima visita di Chiara Lubich a Ginevra su invito del segretario generale, Visser’t Hooft. Sono seguite altre visite nel 1982 e 2002.
Giu 10, 2005 | Focolari nel Mondo
Cinque mesi sono passati dal devastante maremoto che ha colpito Tailandia, Indonesia, India e Sri Lanka. La generosità degli aderenti al Movimento nel mondo, anche dai paesi più poveri dell’Africa, ha reso possibile raggiungere oltre € 638.000. La raccolta fondi e il coordinamento delle iniziative è stato affidato all’AMU, la Ong dei Focolari.
Le iniziative in corso
Riguardano sia il riavvio delle attività produttive, in particolare la pesca, sia l’assistenza ai minori, tramite il sostegno a distanza (www.sodist.famiglienuove.org) che darà continuità alle azioni già avviate.
In India – Madras (Tamil Nadu), si collabora con due organizzazioni indù: Shanti Ashram e Sarvodaya Movement: stanziati € 100.000.
In Tailandia, € 50.000.
In Sri Lanka, dove si collabora con le Suore dell’Apostolic Carmel e gli Oblati di Maria Immacolata, sono stati inviati € 100.000.
In Indonesia, € 280.000. I fondi residui verranno destinati in base all’andamento dei progetti avviati e alle nuove necessità che stanno emergendo, come per esempio nell’isola di Nias (Indonesia) devastata dal terremoto.
Dal diario di viaggio in Indonesia
Alcuni giovani del Movimento, nell’aprile 2005, partono da Singapore per Banda Aceh dove ritornano, dopo un primo viaggio, per portare gli aiuti che si erano visti necessari e per avviare, insieme alla gente del posto, alcune attività produttive.
Alcuni stralci dal diario di viaggio:
«Siamo a Banda Aceh, dove ci fermeremo sino a luglio. Prima di raggiungere questa regione dell’Indonesia, visitiamo 4 campi profughi. Raggiungiamo il primo campo, visitato anche a febbraio, ma molti rifugiati sono già tornati nei loro villaggi; cerchiamo i pescatori che avevamo conosciuto e consegniamo le reti. Erano commossi, increduli, sorpresi che avevamo mantenuta la promessa fatta.
A Padang Kasab siamo ben accolti da tutti. Come sono felici di vedere le reti!
A Belang Lancang e poi a Lancang ciò che ci colpisce è il senso di fraternità che si respira: le persone capiscono che non possiamo dare tutto a loro perché dobbiamo aiutare anche altri rifugiati.
Spieghiamo sempre che non siamo ricchi, ma che siamo tanti in tutto il mondo. Raccontiamo come raccogliamo i soldi anche con sacrificio, perché ci sentiamo fratelli gli uni degli altri.
Colgono il motivo profondo per cui siamo lì insieme a loro e alcuni aggiungono: ‘Ma anche quelli di Banda Aceh sono fratelli, dovete aiutare anche loro”.
Banda Aceh: dopo aver fatto la nostra carta d’identità, siamo diventati anche giuridicamente cittadini di Aceh! Visitiamo Lumpuuk, il luogo dove vogliamo istallare la nostra falegnameria. Ci sono diversi problemi, tanta sospensione e ci rendiamo conto che dobbiamo pagare di persona per questo progetto… La sera ci accorgiamo che non abbiamo un posto dove passare la notte. Chiediamo al sacerdote incaricato della diocesi per gli aiuti, che ci accoglie con grande ospitalità, ma non possiamo rimanere a lungo alloggiati nella parrocchia, c’è tantissima gente. Dobbiamo trovare la nostra casa. Il giorno dopo a Lumpuuk una sorpresa: troviamo un appartamento e… il proprietario non vuole l’affitto!!! Il sacerdote parla di un vero miracolo perché – così ci dice – “è la prima volta che sento una cosa del genere in tempo di Tsunami, dove gli affitti sono saliti cinque volte tanto”!
I bambini – Consegniamo 39 biciclette in villaggi diversi. E’ impossibile descrivere la loro gioia!
Le mamme – Incontriamo un gruppo di vedove che non hanno nessuna fonte di guadagno. Insieme a loro decidiamo di avviare un piccolo “business”: la vendita di cibo locale. Compriamo il necessario e il lavoro prende il via. Sono delle bravissime cuoche!
I pescatori – Le difficoltà non ci scoraggiano: ad Aceh non si trova il legno per le barche, e bisogna andare a Medan, ma questo stimola nuove idee, come iniziare a riparare le barche semidistrutte, usare motori più piccoli, coinvolgere nella ricerca del legname la persona che dirigerà la costruzione delle barche. Scopriamo che si tratta di una personalità: è il leader dei pescatori di 5 villaggi! Ci incontriamo con tutti loro, accordandoci su come lavorare. Insieme decidiamo chi riceverà la prima barca, come aiutarsi nella costruzione delle altre imbarcazioni e nella pesca stessa. E’ un momento di forte unità fra tutti».
Giu 9, 2005 | Cultura
Il premio Dom Hélder Câmara per la Stampa 2005 è stato assegnato all’editrice brasiliana Cidade Nova, del Movimento dei Focolari, in riconoscimento alla sua linea editoriale che evidenzia “la comprensione fra i popoli e il diritto di ogni cittadino, secondo le esigenze della libertà e del bene comune, della giustizia e della solidarietà, della dignità e qualità di vita della persona”.
Erano questi i temi per l’edizione 2005 del Premio promosso dalla Conferenza episcopale brasiliana, in “risposta al desiderio di Giovanni Paolo II che i mezzi di comunicazione contribuiscano ad un dialogo autentico e ad una conoscenza reciproca tra i popoli, portando alla comprensione, alla giustizia e alla pace duratura”, come si legge nel regolamento del concorso.
Cidade Nova ha partecipato al Premio con i seguenti titoli: “Io sono haitiano”; “Il mondo non ha votato Bush”; “Perché la barbarie non si ripeta”, sulle torture ai militari iracheni; “Economia come vocazione alla fraternità”, sulla comunione nell’economia; “Tragedia e solidarietà dal vivo”, a proposito dello Tsunami; “Pietre vive in Terra Santa”, il lavoro per la pace a Gerusalemme; “Democrazia preventiva invece di guerra preventiva”, riguardo alla lotta contro il terrorismo.
Per Ekkehard Schneider, direttore e presidente dell’Editrice Cidade Nova, la Menzione Speciale del Premio Câmara rappresenta “la conferma di essere in sintonia con la linea indicata dalla Chiesa ai mezzi di comunicazione, una linea orientata alla fraternità, alla giustizia e alla pace”.
Il complesso editoriale Cidade Nova è composto dalla casa editrice e dalla rivista mensile. Con circa 30.000 abbonati in tutto il Brasile e all’estero, Cidade Nova, è l’edizione brasiliana della rivista Città Nuova, pubblicata in 35 edizioni di 22 lingue, il cui obiettivo è diffondere la cultura della fraternità.
Giu 3, 2005 | Chiesa
Sono venuti da oltre 40 Paesi dei 5 continenti, in 1500, i membri del Movimento dei Focolari impegnati in vario modo nelle parrocchie: catechisti, ministri dell’Eucaristia, consigli o commissioni pastorali, corsi per fidanzati, accompagnamento delle famiglie, Caritas, oratori.
Domenica 5 giugno erano presenti alla recita dell’Angelus in Piazza san Pietro. Papa Benedetto XVI ha rivolto loro un caloroso saluto, e ha dato una consegna: “Cari amici dei focolarini, siate segno di Cristo Risorto nella vostra comunità e in ogni ambiente di vita”.
E’ lo scopo di quest’ incontro: approfondire la comunione, l’esperienza viva del Risorto da lui promessa a due o più uniti nel suo nome, per “saperlo edificare poi nelle comunità parrocchiali in cui operate”. In questo tempo di profonde trasformazioni in cui “si stanno cercando tante strade per dare alla parrocchia un volto nuovo”, Chiara Lubich nel suo messaggio, letto in apertura, aveva sottolineato la responsabilità del dono ricevuto: la spiritualità dell’unità in così profonda consonanza con quella spiritualità di comunione lanciata da Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa. “Può aiutare anche le comunità parrocchiali a rinnovarsi, e diventare sempre più Chiesa viva, dove tutti trovano Dio, Gesù”. “E questo è importante – ha aggiunto la fondatrice dei Focolari – perché la presenza di Gesù costituisce il volto profondo della Chiesa, come di ogni comunità cristiana”. “Gesù è luce, gioia, vita, fuoco… e quando c’è Lui la comunità rifiorisce, diventa il suo Corpo vivo”.
“Già esistono queste comunità rinnovate dal Risorto” – ha detto don Adolfo Raggio, responsabile centrale del Movimento parrocchiale dei Focolari. “Vogliamo essere ‘lievito di comunione’, come ci ha augurato Giovanni Paolo II, essere fermento nella massa. Non intendiamo cambiare le strutture. Le ravviviamo con l’amore, operando in sintonia con il parroco”.
E le molte testimonianze che si sono alternate hanno spalancato squarci di vita parrocchiale: da episodi di riconciliazione, come è avvenuto nello Zimbabwe, quando le tensioni tra le varie etnie si sono acuite, non risparmiando la comunità parrocchiale, all’azione di giovanissimi in una parrocchia di Roma, che si sono fatti carico di iniziative a favore dei più piccoli. Il Movimento parrocchiale nasce nel 1966, in risposta all’incoraggiamento di Papa Paolo VI ad un gruppo di sacerdoti, a portare lo spirito dell’unità nelle loro diocesi e nelle loro parrocchie.
Giu 1, 2005 | Non categorizzato
E’ nata una rete di città latinoamericane per l’unità del continente. E’ sancita da una dichiarazione programmatica dal titolo “Città per l’unità”, al termine del 1° Convegno di Sindaci dell’America Latina, promosso dal Movimento internazionale Politico per l'Unità (MPPU) di Argentina, Brasile e Uruguay, svolto nella città argentina di Rosario.
E’ una risposta alla proposta lanciata dal messaggio di Chiara Lubich, letto in apertura del Convegno, in cui delineava gli elementi per “avviare un processo che può segnare la storia”: “una grande idea, la fraternità universale; un contesto dove concretizzarla, la città; soggetti istituzionali e sociali diversi, la cui unità è arricchita ed esaltata proprio dalle differenze; un progetto, l’unità dell’America Latina al servizio dell’unità del mondo”.
Questo l’augurio della fondatrice dei Focolari al continente latinoamericano: “Che la saggezza millenaria dei popoli autoctoni che è alla radice della vostra storia; che il contributo dell’immigrazione, che ha potuto esprimersi pienamente grazie alle vostre società ospitali; che le vostre incommensurabili risorse naturali e soprattutto culturali; che il desiderio di trovare un punto di equilibrio tra rispetto per la natura e sviluppo economico; che la feconda vivacità democratica dei vostri Paesi, possano trovare nuove espressioni nella fraternità, per essere dono a tutta l’umanità”.
Circa 1200 le persone intervenute: sindaci – 200 dall’Argentina, 140 dal Brasile e delegazioni provenienti da Uruguay, Bolivia, Cile, Colombia, Paraguay, Messico, Ecuador, Perù – e ancora amministratori locali, politici e molti giovani. Un applauso speciale è stato riservato alla delegazione boliviana, quando si è ricordata la delicata fase che il Paese sta attraversando. Presente anche l’Europa, con rappresentanti da Italia, Spagna, Austria, Repubblica Ceca e Slovacca.
«Abbiamo assunto la sfida di proporre una politica rinnovata dall'idea della fraternità come categoria politica – afferma il Prof. Juan Esteban Belderrain, tra i promotori dell'iniziativa – che va al di là dei singoli colori politici e unisce posizioni diverse intorno a valori universali».
“La sfida è come tradurre questi ideali in azioni concrete”. Al termine dell’incontro, Miguel Lifschitz, sindaco di Rosario, la città ospitante, ha detto: “Il compito non è semplice, ma lo strumento per avanzare in questi obiettivi è la partecipazione, che significa cominciare a integrarla nella realtà della fraternità”. Liftschitz afferma ancora che “oggi i nostri popoli non si accontentano con una democrazia ristretta. La società civile vuole essere consultata, e prendere parte alle decisioni che coinvolgono tutti. La nostra grande sfida di governi locali è quella di lavorare tutti i giorni per generare nuovi spazi che permettano la partecipazione”.
Il Convegno, patrocinato dal Ministero degli Interni argentino e dal comune di Rosario, ha dato spazio alla condivisione di pratiche politiche realizzate nei diversi Paesi, che hanno saputo superare le contrapposizioni tra governo e opposizione, tra istituzioni politiche e cittadini, tra città, e porre in atto strategie di sviluppo locale per la soluzione delle questioni sociali prioritarie.
«Sono convinta della necessità di una grande collaborazione tra Europa e America Latina sulla base della fraternità». Così l’Eurodeputata italiana Patrizia Toia, che si è assunta l’impegno di trasmettere ai suoi colleghi del Parlamento Europeo quanto vissuto in questi giorni: “Porto con me un grande slancio” ha concluso.
Cittá per l'Unità fa seguito all'incontro “1000 città per l'Europa”, realizzato a Innsbruck nel 2000, dal MPPU.
Mag 31, 2005 | Parola di Vita
Mentre usciva da Cafarnao, Gesù vide un esattore delle tasse di nome Matteo seduto al banco delle imposte. Matteo stava esercitando un mestiere che lo rendeva odioso alla gente e lo accomunava agli usurai e agli sfruttatori che si arricchiscono alle spalle degli altri. Gli scribi e i farisei lo mettevano sullo stesso piano dei pubblici peccatori, tanto da rimproverare a Gesù di essere “amico di gabellieri e peccatori” e di mangiare insieme a loro .
Gesù, andando contro ogni convenzione sociale, chiamò Matteo a seguirlo ed accettò di andare a pranzo a casa sua, così come farà più tardi con Zaccheo, il capo dei gabellieri di Gerico. Richiesto di spiegare questo suo atteggiamento, Gesù dirà che egli è venuto a curare i malati, non i sani e a chiamare non i giusti, ma i peccatori. Il suo invito, anche questa volta, era indirizzato proprio ad uno di loro:
“Seguimi”
Questa parola Gesù l’aveva già rivolta ad Andrea, Pietro, Giacomo e Giovanni sulle rive del lago. Lo stesso invito, con parole diverse, lo indirizzò a Paolo sulla strada di Damasco.
Ma Gesù non si è fermato lì; lungo i secoli egli ha continuato a chiamare a sé uomini e donne di ogni popolo e nazione. Lo fa anche oggi: passa nella nostra vita, ci incontra in luoghi diversi, in modi diversi, e ci fa sentire nuovamente il suo invito a seguirlo.
Ci chiama a stare con Lui perché vuole instaurare un rapporto personale, e nello stesso tempo ci invita a collaborare con Lui al grande disegno di un’umanità nuova.
Non gli importano le nostre debolezze, i nostri peccati, le nostre miserie. Lui ci ama e ci sceglie così come siamo. Sarà il suo amore a trasformarci e a darci la forza di rispondergli e il coraggio di seguirlo come ha fatto Matteo.
E per ognuno ha un amore, un progetto di vita, una chiamata particolari. Lo si avverte in cuore attraverso un'ispirazione dello Spirito Santo o attraverso determinate circostanze o un consiglio, un’indicazione di chi ci vuol bene… Pur manifestandosi nei modi più diversi, riecheggia la medesima parola:
“Seguimi”
Ricordo quando anch’io ho avvertito questa chiamata di Dio.
Era una freddissima mattina d’inverno a Trento. La mamma chiede a mia sorella più piccola di andare a prendere il latte a due chilometri da casa, ma fa troppo freddo e lei non se la sente; anche l’altra sorella si rifiuta. Allora mi faccio avanti: “Vado io, mamma”, le dico, e prendo la bottiglia. Esco di casa e a metà strada succede un fatto un po’ particolare: mi sembra quasi che il Cielo si apra e Dio mi inviti a seguirlo. “Datti tutta a me”, avverto nel cuore.
Era la chiamata esplicita a cui ho desiderato rispondere subito. Ne ho parlato con il confessore che mi ha permesso di donarmi a Dio per sempre. Era il 7 dicembre ’43; non mi sarà mai possibile descrivere ciò che mi è passato nel cuore quel giorno: avevo sposato Dio. Potevo aspettarmi ogni cosa da Lui.
“Seguimi”
Questa parola non riguarda soltanto il momento determinante della scelta della nostra vita, Gesù continua a rivolgercela ogni giorno. “Seguimi”, sembra suggerirci davanti ai più semplici doveri quotidiani; “seguimi” in quella prova da abbracciare, in quella tentazione da superare, in quel servizio da compiere…
Come rispondergli concretamente?
Facendo ciò che Dio vuole da noi nel presente, che porta sempre in sé una grazia particolare.
L’impegno di questo mese sarà dunque darsi alla volontà di Dio con decisione; darsi al fratello e alla sorella che dobbiamo amare, al lavoro, allo studio, alla preghiera, al riposo, all’attività che dobbiamo compiere.
Imparare ad ascoltare nel profondo del cuore la voce di Dio che parla anche con la voce della coscienza: ci dirà quello che Egli vuole da noi in ogni momento, pronti a sacrificare tutto per attuarlo.
“Dacci d’amarTi, o Dio, non solo ogni giorno di più, perché possono essere troppo pochi i giorni che ci restano; ma dacci d’amarTi in ogni attimo presente con tutto il cuore, l’anima e le forze in quella che è la Tua volontà”.
È questo il sistema migliore per seguire Gesù.
Chiara Lubich
Mag 30, 2005 | Spiritualità
Nella vita dei membri del Movimento dei Focolari, il sacramento dell’Eucaristia ha sempre avuto ed ha un valore primario, importantissimo, privilegiato. L’Eucaristia, infatti, è considerata il nucleo centrale del cammino spirituale che essi intraprendono, il motore che spinge ed al quale converge l’intera loro giornata. Per questo motivo, quanti aderiscono alla spiritualità del Movimento, cominciano spontaneamente a frequentare ogni giorno la Messa e a nutrirsi costantemente dell’ Eucaristia. Cercheremo qui di evidenziare il profondo legame che intercorre tra l’Eucaristia e il carisma dell’unità tipico del nostro Movimento, attingendo ad alcuni dei numerosi scritti che Chiara Lubich ha dedicato a questo argomento. “Il fatto che il Signore – sono sue parole -, per dare inizio a questo vasto movimento, ci abbia concentrato sulla preghiera di Gesù, sul suo testamento, significa che Egli ci doveva spingere con forza verso Colui che solo lo poteva attuare: Gesù nell’Eucaristia” . Rivolgendosi al Padre, prima di morire, aveva chiesto la realizzazione dell’unità tra i suoi e fra quelli che lo avrebbero seguito: “ perché siano come noi una cosa sola” (Gv 17,22). E prima aveva creato le premesse perché questa potesse attuarsi. Veramente l’Eucaristia è il sacramento dell’unità. E lo è anzitutto perché essa opera in ciascuno di noi qualcosa di straordinario: la nostra personale trasformazione in Gesù. Nell’ Eucaristia, infatti, è Gesù stesso che viene in noi e ci trasforma in sé. Come insegna la Lumen Gentium – sulla scia dei Padri e dottori della Chiesa -, “la partecipazione al corpo e al sangue di Cristo, altro non fa se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo”. Per cui diveniamo realmente, anche se in modo nuovo, concorporei con Lui. L’ Eucaristia però non produce solo la trasformazione di ogni singolo cristiano in Cristo, ma, da sacramento d’unità, produce anche l’unità tra gli uomini, la comunione tra fratelli. Compone, quindi, la famiglia dei figli di Dio dando vita così alla Chiesa nella sua essenza più profonda, nel suo essere tutta carità, tutta unità, nel suo essere cioè “casa e scuola di comunione” . Ma cosa significa, per i membri del Movimento, essere consapevoli di questi così grandi effetti che l’Eucaristia opera? L’essere trasformati in Lui, l’essere fatti altro Cristo, Corpo Suo, ci spinge, singolarmente ed insieme, a comportarci come Cristo stesso, a fare nostri i suoi modi di pensare, di agire, come pure tutti i suoi insegnamenti. In una parola, a vivere amando: amando Dio e il prossimo. Ma poiché l’Eucaristia – come si è detto – ci unisce tra noi in un corpo solo, essa suscita tra noi l’amore reciproco, con quelle caratteristiche tipiche con cui era vissuto dalle prime comunità cristiane: la condivisione dei beni, la preghiera in comune, lo spezzare il pane insieme attorno alla mensa eucaristica, l’ascolto della Parola trasmessa dagli apostoli. Un amore così è chiave di vita per ciascuno di noi. Dunque, è proprio l’Eucaristia che ci indica il modello dell’autentico amore cristiano. Chiara, infatti, in una sua conversazione, dice: “Venendo a contatto nei diversi paesi del mondo con razze diverse, con culture sconosciute, con religioni le più varie, con lingue estranee, che ti fanno sentire lontano dalla patria, colpisce vedere come in qualsiasi piccola chiesa, anche nelle più sperdute, è Gesù Eucaristia che vive nelle nostre grandi cattedrali. Gesù è lì, con tutto il suo amore, tutto intero per tutti, tutto intero per ciascun uomo della terra. Da Lui si impara come gli uomini sono veramente tutti uguali, tutti figli di Dio, tutti possibili suoi seguaci, tutti candidati al suo Corpo mistico. Egli non ha preferenze di persona, non fa discriminazioni…. E, col suo esistere, ci dice fin dove il nostro amore deve arrivare, aprendoci alla fratellanza universale”. Ed è ancora Gesù Eucaristia che, sentiamo, ci indica il modo in cui amare le persone che incontriamo: “farsi uno” con tutti; come dice San Paolo “… mi sono fatto tutto a tutti…” (1Cor 9, 19-22). Gesù ha esemplificato, in maniera stupenda, questo modo di fare, istituendo l’ Eucaristia. In essa, Egli si fa pane per entrare in tutti, si fa mangiabile per farsi uno con tutti, per servire, per amare tutti. “Farsi uno” fino a lasciarsi mangiare, dunque! Questo è l’amore. “Farsi uno” in modo che gli altri si sentano nutriti dal nostro amore, confortati, sollevati, compresi. E’ nostra esperienza che amare, con questa misura, chiama la risposta del fratello, porta all’amore vicendevole, consolida la realtà di una comunità unita nel suo nome. E’ quanto si verifica solitamente nei nostri convegni, negli incontri di formazione, nelle Mariapoli, dove la Messa è vissuta come centro e culmine di essi; dove tutto viene considerato preparazione all’incontro personale e comunitario con Gesù, al quale si accosta quasi l’unanimità dei presenti. Al termine della celebrazione, l’intera assemblea è invasa da un’ ardente gioia che la conduce a testimoniare l’unità con il Risorto. Per cui, quasi a prolungamento di essa, si va a portare tutto il giorno l’amore nelle famiglie, nelle case, nei posti di lavoro, dovunque, con l’ansia dell’evangelizzazione che infiamma i cuori, con la certezza che, in tal modo, si fa realtà, secondo la Sua promessa, la presenza del Risorto tra gli uomini. (cf Mt 18,20)
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Mag 30, 2005 | Spiritualità
“L’Eucaristia è il sacramento dell’unità. Nell’Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. E’ una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé. Ci fa uscire da noi stessi per fare di noi una cosa sola con lui. In questo modo ci inserisce nella comunità dei fratelli”. E’ questo un passaggio della densa omelia di Papa Benedetto XVI a conclusione del Congresso Eucaristico italiano dal titolo: “Senza la domenica non possiamo vivere”. “Una intesa settimana di preghiera, di riflessione e di adorazione, uno straordinario evento ecclesiale”. Così è stato definito dal Papa il Congresso Eucaristico che ha dato spazio a interventi di cardinali, vescovi, esponenti delle Chiese ortodossa, anglicana ed evangelica-valdese, del mondo della comunicazione, economia, ecologia, solidarietà e ai rappresentanti del laicato. Rinnovamento nello Spirito, Comunità di Sant’Egidio, Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Neocatecumenali, Agesci e Focolari sono intervenuti venerdì 27 maggio, in una tavola rotonda moderata da Dino Boffo, direttore del quotidiano italiano Avvenire. Introducendo gli interventi ha affermato che quella di Bari “è una convocazione, un’amicizia nuova, un disvelamento sorprendente, una comunicazione più profonda”. Movimenti e associazioni hanno dato la loro testimonianza sul mistero dell’Eucaristia, alla luce del proprio tipico carisma. Antonietta Giorleo – Movimento dei Focolari: Intervenuta a nome di Chiara Lubich, ha attinto ad alcuni dei suoi numerosi scritti dedicati all’Eucarestia: « Veramente l’Eucaristia è il sacramento dell’unità. E lo è anzitutto perché essa opera in ciascuno di noi qualcosa di straordinario: la nostra personale trasformazione in Gesù. E’ Gesù stesso che viene in noi e ci trasforma in sé. Ci fa altro Cristo, Corpo Suo. Ci spinge, singolarmente ed insieme, a comportarci come Cristo stesso, a fare nostri i suoi modi di pensare, di agire, come pure tutti i suoi insegnamenti. In una parola, a vivere amando: amando Dio e il prossimo». Don Julian Carron – Comunione e Liberazione: «Il Mistero è entrato nella storia, si è rivestito di forma sensibile per rispondere all’esigenza di ritrovare quella Bellezza senza la quale, come diceva Dostoevskij, gli uomini sarebbero disperati». Giampiero Donnini – Cammino Neocatecumenale: «Dobbiamo far incontrare all’uomo di oggi la festa, che è dono di Dio, rendere visibile il Cristo Risorto. C’è una grossa battaglia da fare: rendere visibile Dio che opera dietro le persone. ». Paola Bignardi – Azione Cattolica: «Per i laici di A.C., la domenica, con al suo centro l’Eucaristia, è una finestra di tempo totalmente gratuito, dentro il fluire dei giorni, spesso carico di affanni». Salvatore Martinez – Rinnovamento nello Spirito: «Per i laici del nostro Paese è tempo di stupore. E’ la stagione del reciproco apprezzamento dei carismi dell’altro. La nostra amicizia è un’amicizia che continua. E proprio a noi laici cristiani è affidata in modo speciale la custodia della domenica, l’annuncio di un cristianesimo che non sdegna lo scandalo della fede». Andrea Riccardi – Comunità di Sant’Egidio: «La domenica ci insegna che la vita non dipende dalle proprie attività, quasi che il modello del cristiano sia l’affannato. Ciò che ci fa ardere il cuore è Gesù. La domenica dei cristiani salva anche il mondo. Grazie ad essa il mondi si aprirà di più alla pace, all’amore». (altro…)
Mag 29, 2005 | Focolari nel Mondo
Per un peggioramento della malattia, ho dovuto farmi ricoverare di nuovo in ospedale. Essendo piuttosto debole, tutto mi costava fatica e mi appariva quasi insopportabile. Anche la diagnosi e la terapia non erano che un continuo tentativo, per cui c’era sempre da fare tanti salti e fidarsi di Dio, seguendo i medici in ogni loro nuova idea. Durante un fine settimana, mi trovo sola nella camera d’ospedale: che meraviglia poter riposare un po’ e tirare il fiato! Ma il martedì successivo la stanza si sarebbe di nuovo riempita. Mi preparo promettendo a Gesù che avrei visto e amato solo Lui nelle nuove pazienti, chiunque esse fossero. Volevo immedesimarmi nella Parola di Dio e, per poter annunciare il Vangelo, dovevo evangelizzare prima me stessa. Lui mi ha presa in parola…! All’inizio mi sono sentita mancare l’aria, era peggio di quanto avessi potuto immaginare. Non c’era un attimo di silenzio, e le notti erano insonni. Ho scoperto la preziosità dell’attimo presente, altrimenti sarebbe stato impossibile farcela. Mi sentivo un po’ come un’ “inviata”: anche dal letto di ospedale in cui mi trovavo potevo far arrivare a medici e pazienti l’amore di Dio. Pian piano ho cominciato a scoprire il positivo delle persone, i valori presenti in loro, nonostante quella scorza per me così difficile da accettare. Improvvisamente una di loro, la più difficile, mi disse quanto fosse importante per lei avere un buon rapporto con la compagna di camera, aggiungendo: “Ma noi andiamo ben d’accordo!”. Non si era resa conto di niente e si trovava bene. Ho constatato quanto sia prezioso non fermarsi ai propri limiti, ma buttarsi sempre ad amare, credendo che poi Dio fa il resto. Ho avvertito quanto si cresca interiormente, quanto si diventi forti. E’ andata avanti così per tre settimane. Ne ho visto gli effetti! La fisioterapista era meravigliata che fossi così gioiosa, i medici mi guardavano con simpatia e si sentivano liberi di fare le terapie che vedevano utili per aiutarmi, l’ex-compagna di camera è venuta a portarmi un regalino, dicendo di aver pregato per me in chiesa, perché non fossi sottoposta ad una chemioterapia come si temeva. Ora sono a casa e ho dentro una pace e una serenità nuove. (M. – Germania) Tratto da “Quando Dio interviene. Esperienze da tutto il mondo” – Città Nuova 2004
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Mag 24, 2005 | Dialogo Interreligioso
Carissimi amici, anzi carissimi fratelli maggiori, vi accolgo col cuore nel nostro Centro Mariapoli di Castelgandolfo! E’ da poco tempo che facciamo i nostri simposi con amici di altre religioni. Vi assicuro che sembra che lo Spirito di Dio aleggi sopra questi incontri, quanto più in uno come il nostro tra ebrei e cristiani. Che cosa ci può essere di più autentico nel nostro Simposio di vivere quello spirito espresso nel Primo Testamento e comandato da Gesù Cristo come prima legge dei cristiani: l’amore di Dio e l’amore del prossimo? Mi auguro che possiate non solo approfondire, ma assaporare, costruire queste realtà. Saluto caldamente il rabbino Bemporad col quale è nata l’idea di questo Simposio; il rabbino Rosen col quale ci conosciamo da lungo tempo; la cara amica Tullia Zevi. Con loro, saluto tutti i cari amici presenti, tra cui in particolare quelli arrivati da Buenos Aires con i quali ho già provato nel 1998 cosa significhi non solo abolire l’odio, ma sperimentare l’amore, l’amore scambievole, essere l’unico Popolo di Dio. Lia Brunet aveva preparato con passione – direi – quell’incontro. Che oggi questo non sia da meno! E’ l’augurio che faccio a tutti i presenti.
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Mag 24, 2005 | Dialogo Interreligioso
Ho – e so di parlare a nome di tutti i cristiani qui presenti, membri del Movimento dei Focolari – una sincera gioia profonda, intensa: la gioia di poter partecipare a questo nostro incontro, l’incontro, come direbbe Paolo di Tarso, con «la radice e la linfa dell’olivo» (Rm 11,17). «Sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te» (Rm 11,18). Incontrandoci con voi, sappiamo di incontrarci con l’Israele vivo, che ha un suo stupendo, gioioso e doloroso, cammino: l’Israele di sempre, certo, testimone prezioso che «i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!» (Rm 11,29): ma l’Israele vivo, che oggi continua, e originalmente, la sua storia. E speriamo che voi sentiate di incontrarvi con la comunità di Gesù, che oggi ha la sua storia, ma che cerca sempre di riattingere, con fedeltà, le sue origini. Quelle origini che abbiamo in comune con voi. Le nostre origini comuni, piantate dalla scelta di Dio, dalla sua chiamata. Quelle origini nelle quali è deposto, per il suo compimento, l’amore fedele di Dio per tutte le sue creature. «Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei cieli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: ‘Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe» (Is 2,2-3). Perché, nell’amore fedele e tenace di Dio per il suo popolo è nascosto l’amore fedele e tenace di Dio per tutta la discendenza di Adamo. Lo crediamo con fede ferma: le promesse di Dio si compiranno nella loro verità concretissima. Allora, «il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto ; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme, si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi» (Is 11,6-8). Perché non credere, con la semplicità dei piccoli alla quale Gesù ci invita, e con la fede dei nostri padri, Abramo Isacco Giacobbe, alla concretissima realtà di queste promesse dello Spirito? Quando tutto sarà vero, perché tra i popoli regnerà la pace di Dio ? «In quei giorni ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria, l’assiro andrà in Egitto e l’egiziano in Assiria; gli egiziani serviranno il Signore insieme con gli assiri. In quei giorni Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. Vi benedirà il Signore degli eserciti: ‘Benedetto sia l’egiziano mio popolo, l’assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità» (Is 19,23-25). Perché non sperare che gli occhi di carne dei figli dell’uomo potranno contemplare queste cose? Che la Shekinah, presenza di Dio fra noi, non più in esilio, esulti e canti di gioia? Ho detto prima: quando tra i popoli regnerà la pace di Dio! E’ la condizione, mi sembra, affinché le promesse di Dio si possano toccare con mano. E’ il cuore del messaggio, dell’insegnamento di Chiara. E’ il senso del nostro raccoglierci oggi, qui, in una intensa fraternità. Sappiamo che è stato ipotizzato uno scontro globale e mondiale di civiltà, animato da insanabili e incontenibili contrasti religiosi. Ma non possiamo pensare invece, a una possibile composizione armoniosa delle differenze? Quelle differenze che non devono essere motivo di scontro perché in esse si fa presente l’inesauribile infinita ricchezza di Dio, che nessuno di noi, nessun popolo, da solo, può rivelare? Se le differenze sono così vissute, come benedizioni di Dio, l’incontrarci come diversi non conduce alla scontro fratricida ma si apre in canto di lode e di gloria alla grandezza di Dio. Tu riveli a me un aspetto stupendo del mistero nascosto di Dio ed io a te. E nell’unità tra noi, come arcobaleno nel cielo, si apre sul mondo il volto di amore di Dio. In questo incontrarci lodando Dio per le diversità, ci possiamo aiutare l’un l’altro ad essere fedeli proprio alla irripetibile chiamata di Dio per ciascuno di noi; possiamo comprenderci sino in fondo in ciò che abbiamo di più prezioso: il nostro rapporto con Dio. Così potremo camminare insieme verso l’unità benedetta di tutti nell’unico Dio. Comunicandoci con lealtà e sincerità i doni che Dio ha elargito a ciascuno di noi, sono certo che l’amore uno e indiviso di Dio ci accoglierà nella sua unità che sorpassa ogni intelligenza. Perché ciò sia, è necessario che ciascuno di noi sia se stesso sino in fondo, fedele ai doni che Dio gli ha fatto, gli fa. E questi doni offra in regalo, in comunione, agli altri. Perché ciò sia, è necessario che ciascuno ascolti sino in fondo l’altro, senza pregiudizi, vuotandosi di sé per essere per l’altro dimora accogliente. Questo deve essere il tono, il senso, di questi nostri giorni di incontro. Niente di accademico, niente di puramente erudito, ma solo l’apertura di ciascuno all’altro in un ascolto che è insieme accoglienza di un dono e dono restituito, e che conduce la conoscenza nel grembo dell’amore, la fa amore. Tutti i temi che svolgeremo in questi giorni – che siano giorni benedetti da Dio! – saranno allora un’occasione per alimentare e fare crescere nei cuori la nostra fede in Dio, il nostro amore senza rivali per Lui. E, insieme, l’amore rispettoso tra noi: l’accoglierci gli uni gli altri nel nostro cammino verso Dio, amandoci nelle nostre diversità, sapendo che la piena composizione di esse nell’unità dell’Unico Dio sarà opera proprio e soltanto di Dio. Perché ciò non sia semplice desiderio, Chiara ci propone, come voi sapete, una strada che tutti noi possiamo percorrere; una strada nella quale giace il segreto della riuscita del nostro incontro; una strada in fondo alla quale i nostri cuori potranno trovarsi consumati in un unico cuore. Chiara ci chiede di ascoltarci l’uno l’altro, con un’intelligenza, come ho detto, che sia tutta amore. Non cerchiamo null’altro fra noi se non che l’amore fedele per Dio cresca nei nostri cuori, e si apra nell’amore fra noi, nell’amore degli uni per gli altri. Fino a gioire tutte le volte che scopriremo l’uno nell’altro quest’ amore fedele per Dio. Breve, brevissimo, è il nostro pellegrinaggio sulla terra. Come diceva un grande poeta italiano: «E’ subito sera». Ma nell’amore tra noi si apre il compimento delle promesse di Dio. E a Lui chiedo che, come frutto di questo nostro raccoglierci sincero, possiamo sentire la tenerezza e la dolcezza del suo Nome benedetto. Chiedo che per l’amore tra noi possa sgorgare, nelle asprezze anche terribili della vita, quell’acqua pura che trasformerà tutta la terra attorno a noi nel ritrovato giardino dell’Eden. Dio fa le sue promesse alla terra; e la terra attende di vederle compiute. Che il nostro incontrarci, in questi giorni, sia un passo in avanti verso quella piena visibilità.
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Mag 24, 2005 | Dialogo Interreligioso
Non scontro tra civiltà ma «composizione armoniosa delle differenze», in cui si fa «presente» la «inesauribile infinita ricchezza di Dio, ma anche maggiore impegno per dialogare e conoscersi di più». E’ il messaggio che arriva dal primo Simposio internazionale ebraico-cristiano, promosso dal Movimento dei Focolari, iniziato lunedì e
che termina domani, riunendo cento esponenti del cristianesimo e dell’ebraismo al centro Mariapoli, sul tema «Amore di Dio, amore del prossimo, nelle tradizioni ebraica e cristiana». Nel suo intervento, ieri mattina, il cardinal Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, ha definito «sorprendenti» gli sviluppi del dialogo ebraico-cristiano. Dopo aver ripercorso i gesti di Giovanni Paolo II, ha ricordato come, subito dopo la sua elezione, Benedetto XVI abbia voluto assicurare la continuità. «Papa Ratzinger – ha detto Kasper – lo conosco da più di 40 anni. Ha scritto molti saggi sul rapporto fra ebraismo e cristianesimo. Ha dato importanti contributi teologici. Questo dialogo gli sta molto a cuore». Per il futuro, Kasper ha indicato tre sfide: «Dobbiamo fare tutto il possibile per conoscerci», approfondire la ricerca teologica reciproca ed anche la «collaborazione». Sul fronte delle povertà, dei valori della vita, della famiglia, per trasmettere il Concilio alle nuove generazioni. Il Convegno era iniziato lunedì con un saluto inviato da Chiara Lubich. La fondatrice del Movimento ha portato la sua esperienza personale. “Vi assicuro – ha detto – che sembra che lo Spirito di Dio aleggi sopra questi incontri, quanto più in questo tra ebrei e cristiani!”. Da parte sua, Zanghì – co-direttore del Centro per il dialogo – ha osservato che il ‘tono’ del simposio è “apertura di ciascuno all’altro in un ascolto che conduce la conoscenza nel grembo dell’amore”. Di quell’amore tra noi in cui “si apre il compimento delle promesse di pace dei profeti”. Da parte ebraica, Ibraham Skorka, rettore del seminario rabbinico latino-americano di Buenos Aires, ha approfondito il “concetto dell’Uomo”, mentre “la presenza e il silenzio di Dio” sono stati al centro della relazione di Jack Bemporad, direttore del Centro per la comprensione interreligiosa a New York, e del biblista Gerard Rossé. Tra i relatori da parte cattolica ci sono tra gli altri i teologi Piero Coda e Jesus Castellano. Il dialogo del Movimento dei Focolari con il mondo ebraico è cominciato diversi decenni fa. Di particolare rilievo l’incontro avvenuto nel 1998 a Buenos Aires, tra Chiara Lubich ed una delle comunità ebraiche più numerose dell’America latina. I partecipanti saranno presenti all’udienza generale in piazza San Pietro. Fabrizio Mastrofini – Avvenire – 25 maggio 2005 (altro…)
Mag 19, 2005 | Chiesa
Messaggio di Chiara Lubich ai membri del Movimento
Oggi, 13 maggio, festa della Madonna di Fatima e anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II, il Santo Padre Benedetto XVI ha disposto l’inizio immediato della causa di beatificazione di Papa Wojtyla, dispensando dall’attesa dei cinque anni dalla morte, previsti dal codice. Il Papa ha ascoltato la voce del popolo, gli striscioni “Santo subito“. E’ per noi tutti una gioia grandissima. Lo avevo desiderato ardentemente, anche in riconoscenza del bene che il Papa ci ha voluto e per quanto ha fatto per l’Opera di Maria durante il Suo lungo Pontificato. Ringraziamo Maria di questo immenso dono. Anche a nome vostro, invio a Papa Ratzinger un telegramma di gratitudine. (altro…)
Mag 15, 2005 | Nuove Generazioni
Messaggio di Chiara Lubich Carissimi giovani, eccovi qui in tanti per il vostro annuale appuntamento: 1° Maggio a Loppiano. State certi che sono con voi! Il vostro incontro pieno di gioia ma, allo stesso tempo, carico di progetti dice, ancora una volta, che siete consapevoli di avere in mano il futuro: la responsabilità di concorrere, con la generosità e l’energia che vi distingue, a fare di questa umanità una famiglia di popoli fratelli.
Loppiano e Giovanni Paolo II
Quest’anno la cittadella di Loppiano – che come sapete, è espressione del carisma dell’unità che Dio ha dato oggi alla Chiesa – vi accoglie con una gioia speciale. Solo pochi mesi fa, infatti, il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II aveva voluto inviarci una speciale benedizione in occasione della dedicazione della nuova Chiesa, intitolata a Maria Theotokos, insieme ad una lunga lettera nella quale mi esprimeva, tra l’altro, la sua gioia perché “nei trascorsi 4 decenni sono passate a Loppiano tante persone di ogni cultura e di diverse religioni”. Negli anni del suo pontificato, ho potuto stare spesso vicino a lui, in diverse occasioni e tutto ha avuto sapore di fraternità, di unità, di Vangelo nella sua integrità. Alla sua morte, un pensiero insistente: che fosse proclamato santo subito, a voce di popolo! E siete stati proprio voi giovani, in piazza San Pietro e in tante altre piazze del mondo, a gridare a voce alta, tutti insieme, la santità di questo Papa. Anche oggi la voce di Giovanni Paolo II continua ad accompagnarvi, confermando il vostro impegno a “costruire un mondo unito” – così diceva ai giovani del Movimento dei focolari, fin dal Genfest del 1980- a “orientare la storia verso il suo compimento e, costi quel che costi”. Perché – sono ancora sue parole – “gli uomini che sanno guardare al futuro sono quelli che fanno la storia”.
A passi lenti ma inarrestabili verso un orizzonte di fraternità
Cosa ci attende, allora? Con il titolo della vostra giornata, avete scelto la strada da percorrere: “Tempo di fraternità”. E’ la fraternità universale, infatti, l’unico orizzonte possibile verso il quale gli uomini e i popoli della terra si stanno muovendo a passi lenti, ma inarrestabili. E’ la fraternità il motore di un mondo in pace, di un mondo unito. Ma per realizzarlo, lo avete già scoperto, occorre fare dell’“arte d’amare” che apprendiamo dal Vangelo, la norma ispiratrice della nostra vita. Si tratta di una rivoluzione: di superare i limiti dei legami familiari o di amicizia, per amare tutti, senza discriminazione alcuna; di prendere sempre l’iniziativa, senza aspettare un ritorno; di amare l’altro come noi stessi; di amare facendo il vuoto di noi per capire l’altro, accoglierlo e condividere le sue sofferenze o le sue gioie. Quest’arte è la chiave che trasforma ogni rapporto e apre ogni dialogo. Ma c’è di più: in un mondo alla ricerca inquieta di Dio, ma che crede solo in ciò che tocca, è possibile fare spazio a Gesù stesso, attirarLo fino al punto di farsi presente in mezzo a noi.
Il primo artefice di un mondo nuovo
Lo stiamo sperimentando da oltre sessant’anni: l’amore tende alla reciprocità e si dona finché anche l’altro che ci sta accanto non comincia ad amare. Allora, conseguenza dell’amore reciproco, che sempre sorprende e meraviglia, è il realizzarsi della promessa di Gesù: “Dove due o tre sono uniti nel mio nome Io sono in mezzo a loro”. Gesù presente nella comunità! Come quando due elementi si combinano insieme e ne viene fuori un terzo, che non è la somma dei due elementi ma è un’altra cosa, così se ci amiamo come Lui ci ha amato, Gesù si fa presente in mezzo a noi e Lui è davvero il primo artefice di un mondo nuovo. E’ favoloso! Poter generare nel mondo una fiamma: lo stesso Gesù che è vissuto duemila anni fa in Palestina, lo stesso Gesù Risorto!
Qui sta il fondamento della speranza in un mondo migliore
Ecco, carissimi giovani! L’augurio che vi faccio con tutto il cuore è di rispondere alla sfida della fraternità vivendo al cento per cento l’arte di amare, finché si sprigionerà la presenza di Gesù in mezzo a voi dovunque, lì dove siete e dove il Risorto vi ricolmerà dei suoi doni: gioia, mai conosciuta prima, pace, mai sperimentata, luce abbondantissima per comporre la terra in unità. (altro…)
Mag 15, 2005 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Tempo di fraternità a Loppiano, città “giovane”
Spesso definita “laboratorio di fraternità”, la cittadella di Loppiano, con i suoi cittadini d’ogni nazione e razza, fa da sfondo alla festa del 1° maggio che in 35 anni ha visto la partecipazione di oltre 150.000 giovani. Alla fraternità è stato dedicato l’intero programma di una giornata di sole splendente: appena arrivati, i più di 5.000 giovani provenienti da tutta l’Italia, ma anche dall’Europa dell’Est e Ovest, dall’Algeria, dall’Africa, Asia, Oceania e dalle tre Americhe, hanno partecipato a quattro workshop: lo sport: “Fraternità: gioco di squadra”; i media, “Fraternità Online”; la politica: “Libertà, uguaglianza… e la fraternità?”; e infine l’arte, sotto il titolo “FraternArte”. Ricco lo scambio di fatti di fraternità vissuti in vari paesi. Il collegamento telefonico del pomeriggio con la Terra Santa dà un respiro planetario a questo “viaggio” nel tempo della fraternità.
La fraternità, motore di un mondo in pace, di un mondo unito
Ai giovani riuniti a Loppiano e nella cittadella Arco Iris di Lisbona, Chiara Lubich ha inviato un messaggio augurando a tutti di rispondere alla sfida della fraternità, “motore di un mondo in pace, di un mondo unito”. “In un mondo alla ricerca inquieta di Dio, che crede solo in ciò che tocca – ha aggiunto – è possibile fare spazio a Gesù stesso, attirarlo, fino al punto di farsi presente in mezzo a noi”. Come? «Vivendo al cento per cento l’arte di amare, finché si sprigionerà la presenza di Gesù in mezzo a voi dovunque, lì dove siete e dove il Risorto vi ricolmerà dei suoi doni: gioia mai conosciuta prima, pace mai sperimentata, luce abbondantissima, per comporre la terra in unità».
Lisbona: il world wide web dell’unità
A Lisbona i giovani si sono ritrovati il 1° maggio. In 1000 da Portogallo, Spagna e Isola di Timor. Il programma lusitano si
esprime nel titolo della giornata: www.deunidade. E’ ancora vivo nella penisola iberica il ricordo dell’attentato dell’11 marzo a Madrid: chi fra i presenti ha vissuto la difficile situazione del dopo 11 marzo, afferma, con la propria testimonianza di vita, che il perdono è possibile ed è l’unica via capace di costruire la vera fraternità fra persone di religione diversa. Non solo nel proprio Paese, ma intessendo una rete di pace nel mondo intero. Al meeting era presente anche l’Imam Allal Bachar dalla Spagna. (altro…)
Mag 15, 2005 | Focolari nel Mondo
L’artista di strada che cambia rotta: a volte basta un piccolo gesto Sono A. M. dell’Australia. Suono il flauto praticamente da sempre. Posso dire che questo strumento significa tantissimo per me: per anni è stato il mio migliore amico, forse l’unico, quello che mi ha aiutato ad andare avanti nei momenti più duri. Infatti, alcuni anni fa, a causa di un periodo particolarmente difficile in famiglia e specialmente con mia mamma, me ne sono andata di casa con uno zaino, poche cose e l’inseparabile flauto. Dormivo per strada e guadagnavo qualche cent per vivere suonando il mio flauto… Vivevo letteralmente alla giornata, senza nessun punto di riferimento. Il dolore che avevo dentro era forte. Un giorno, mentre suonavo all’angolo di una strada, una donna si è fermata un po’ più a lungo: “Vorresti dare lezioni di musica ai miei figli? Guadagneresti qualcosa…”. Ho accettato subito quella proposta che, non sapevo ancora, avrebbe cambiato la mia vita. Frequentando così questa famiglia, ho conosciuto i Giovani per un Mondo Unito e quello che mi ha davvero colpito in quei ragazzi era che volevano amare tutti, senza distinzione. Il loro amore mi ha dato la forza di cambiare rotta. E per me amare – l’ho capito subito – significava riallacciare i rapporti con la mia famiglia e in particolare con mia madre. C’è voluto un po’ di tempo, ma poco a poco ci siamo riavvicinati ed ora va molto meglio. (E. S. – Australia) L’amore, la terapia più efficace Siamo una giovane coppia con 3 figli, ai quali vogliamo un bene immenso. Davide e Irene, quando sono nati, come tutti i bambini, ci hanno richiesto tante energie per trovare un nuovo equilibrio in famiglia, ma con Alessia, la terza, è un’avventura speciale. E’ nata apparentemente sana e bella, ma dopo qualche giorno, dai primi risultati della mappa cromosomica abbiamo saputo che aveva la sindrome di Down. Sono stati momenti difficili e inconsciamente speravamo in un errore della diagnosi. E’ stato come un terremoto improvviso, come se ci mancasse la terra sotto i piedi… Ma volevamo credere che ogni figlio è un dono di Dio e – pur nel dolore – sentivamo che questa situazione faceva parte di un suo disegno d’amore. Dopo qualche giorno, una dottoressa genetista ci ha confermato la diagnosi ma non ci parlò tanto della gravità dell’handicap. Piuttosto ci disse che l’amore che potevamo dare ad Alessia sarebbe stata la terapia più efficace. Era quello che in fondo avvertivamo: eravamo noi i protagonisti di questa storia, noi genitori, con gli altri due figli, le nostre famiglie e i nostri amici… Insieme avremmo aiutato Alessia a crescere sotto tutti i punti di vista. Oggi possiamo dire senza esitazione che Alessia è un dono per noi e per chi ci sta accanto. E’ una portatrice di gioia, di serenità. Ha fatto crescere l’amore tra noi due prima di tutto, e poi con i bambini si è instaurato un rapporto più maturo, un amore più grande. Loro stessi fanno a gara per riabbracciarla quando tornano da scuola e ci dicono che siamo stati fortunati ad avere una bambina speciale come Alessia! (M. e D. – Italia)
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Mag 14, 2005 | Focolari nel Mondo
Qualche mese fa mi è arrivato un sms che diceva: “Ciao! Come va?”. A mandarlo era stata una ragazza vista ad un meeting di alcuni giorni, organizzato dal Movimento dei Focolari, con la quale però non avevo avuto occasione di parlare. Iniziamo a scriverci via email parlando del più e del meno.
Un giorno mi racconta la storia drammatica della sua famiglia. Il padre, dopo aver perso tutti i soldi al casinò e aver scoperto che la moglie aveva un’altra relazione, era andato via di casa, mentre la madre, dopo essersi data all’alcool, si era tolta la vita. Non avrei mai immaginato che certe cose potessero succedere così vicino a me. Potevo considerarmi davvero fortunato io che una famiglia ce l’ho. Questi erano i pensieri che mi passavano per la testa mentre cercavo le parole per risponderle. Tutto quello che volevo dirle mi sembrava inadeguato, ma le scrissi qualcosa. In seguito ha continuato a confidarsi, ponendomi domande su come comportarsi, come pregare, come riuscire a perdonare il padre. Ogni volta le ho risposto cercando di comunicarle la certezza che Dio ci ama personalmente, la scoperta che aveva dato un senso alla mia vita. Era anche questo un modo di vivere il Vangelo: di amare, rispondendo a chi si trova nel bisogno, sapendo dare, nel mio caso, amicizia a chi si trova solo o disperato. Un giorno la situazione precipita: trovo una sua e-mail in cui diceva di essere disperata, aveva l’impressione che il mondo le crollasse addosso ed era tentata di assumere la droga per dimenticare ogni cosa. Sapeva che stava sbagliando e chiedeva il mio aiuto. Le rispondo e, dopo un silenzio di un paio di mesi, finalmente ricevo un nuovo messaggio: “Ce l’ho fatta! Non mi sono drogata! E’ stato soprattutto per merito tuo, grazie di tutto!”. (L. – Italia – 16 anni) Tratto dal mensile Gen3 (altro…)
Mag 3, 2005 | Cultura
“Un volo possibile”
Questo volo è stato sperimentato a Loppiano: per primi, i giovani che vogliono fare impresa. Un centinaio, si sono confrontati con quanti già operano nel campo dell’imprenditoria, in gruppi di lavoro. E lo scambio è diventato dono: gli imprenditori hanno dato la propria esperienza, anche sofferta, e i giovani, con il loro entusiasmo e la curiosità li hanno spronati a vivere con ancor maggiore radicalità gli ideali di Economia di Comunione. “Dai giovani abbiamo ricevuto molto più di quanto abbiamo dato” ha commentato un imprenditore.
La fraternità, il “di più” dell’imprenditore EdC
I workshops sono stati preparati dagli interventi di Cecilia Cantone Manzo, presidente della E. di C. s.p.a., società di gestione del Polo imprenditoriale Lionello Bonfanti, e del Prof. Luigino Bruni, che ha tratteggiato la figura dell’imprenditore EdC, indicando nel vivere la fraternità quel “di più” che lo caratterizza e che si affianca alle capacità richieste ad ogni imprenditore: rischiare, innovare, perseguire un progetto.
Uno sprone nel fare impresa in modo innovativo
Un gruppo di esperti ha presentato le questioni tipiche del “fare impresa”, nell’ottica della “cultura del dare”, suscitando un vivo interesse fra i giovani, che ne hanno rilevato la novità. “Essere venuti qui – diceva una studentessa partenopea – ci ha spronato ancor più a fare impresa, a fare qualcosa di nuovo.” Dai giovani è venuta la richiesta di ripetere questi appuntamenti a Loppiano ogni 6 mesi.
Quei miglioramenti nella gestione dell’azione al di là di ogni immaginazione
Il 24 aprile il convegno si è aperto ad altri imprenditori. “Malgrado le difficoltà e le crisi di vario genere – racconta un imprenditore piemontese – abbiamo potuto constatare una continua, notevole crescita del nostro fatturato. Nella mia esperienza ho sempre verificato che il “centuplo” evangelico non è mai uno di quei pacchi grossi ed ingombranti (come una vincita alla lotteria) che potrebbe anche guastare la vita quotidiana, ma arriva con discrezione. Diverse volte è accaduto che un nostro amministratore, magari a metà anno, ci illustrasse una situazione precaria; poi, continuando il lavoro, con uno spirito nuovo, a fine anno con vera sorpresa ci annunciava un miglioramento, al di là di ogni nostra immaginazione”. (altro…)
Mag 1, 2005 | Parola di Vita
È la sera di Pasqua. Gesù risorto è già apparso a Maria di Magdala; Pietro e Giovanni hanno visto la tomba vuota. Eppure i discepoli continuano a rimanere chiusi in casa, pieni di paura, fino a quando il Risorto viene in mezzo a loro, a porte chiuse, perché nessuna barriera può più separarlo dai suoi amici.
Gesù se n’era andato ma, come aveva promesso, ora ritorna per restare per sempre: “Si fermò in mezzo a loro”; non un'apparizione momentanea, ma una presenza permanente! D’ora in poi i discepoli non saranno più soli ed il timore cede il posto ad una gioia profonda: “Gioirono al vedere il Signore” .
Il Risorto spalanca i loro cuori e le porte di casa sul mondo intero, dicendo:
“Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”.
Gesù era stato mandato dal Padre per riconciliare tutti con Dio e ricomporre l’unità del genere umano. Ora tocca ai suoi discepoli continuare l’edificazione della Chiesa. Come Gesù aveva potuto portare a compimento il disegno del Padre perché una cosa sola con Lui, così essi potranno continuare la sua missione altissima perché il Risorto è in loro. “Io in loro” , aveva chiesto Gesù al Padre.
Dal Padre a Gesù, da Gesù agli apostoli, dagli apostoli ai loro successori il mandato non è venuto mai meno.
Ma anche ogni cristiano deve sentir risuonare nel suo cuore queste parole di Gesù. Infatti “c'è nella Chiesa diversità di ministero, ma unità di missione” .
“Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”
Per adempiere questo mandato del Signore dobbiamo fare in modo che Lui viva in noi. Come? Membra vive della Chiesa, immedesimandoci con la Parola di Dio, evangelizzando prima noi stessi.
È uno dei doveri di quella che Giovanni Paolo II ha chiamato “nuova evangelizzazione”. “Nutrirci della Parola – ha scritto – per essere ‘servi della Parola’ nell’impegno dell’evangelizzazione: questa è sicuramente la priorità per la Chiesa all’inizio del nuovo millennio” , perché “soltanto un uomo trasformato” dalla “legge d’amore di Cristo e la luce dello Spirito Santo, può operare una vera metánoia [= conversione] dei cuori e della mente di altri uomini, dell’ambiente, della nazione o del mondo” .
Oggi non bastano più le parole. “L’uomo d’oggi ascolta i testimoni, piuttosto che i maestri – notava già Paolo VI –, e se ascolta i maestri è perché sono testimoni” . L’annuncio del Vangelo sarà efficace se poggia sulla testimonianza di vita, come quella dei primi cristiani che potevano dire: “Vi annunciamo quello che abbiamo veduto e udito…” ; sarà efficace se, come di loro, si potrà dire anche di noi: “Guarda come si amano, e l’un per l’altro è pronto a morire” ; sarà efficace se concretizzeremo l’amore dando, rispondendo a chi si trova nel bisogno, e sapremo dare cibo, vestiti, case a chi non ne ha, amicizia a chi si trova solo o disperato, sostegno a chi è nella prova.
Vivendo così sarà testimoniato nel mondo il fascino di Gesù e, divenendo altri Cristo, la sua opera, anche per questo contributo, continuerà.
“Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”
È l’esperienza di alcuni nostri medici e infermiere che nel 1966 vengono a conoscenza della situazione del nobile popolo Bangwa, che in quel momento è affetto da malattie, con una mortalità infantile del 90% minacciante la completa estinzione.
Partono per stare con quel popolo e sentono, come loro primo dovere, di continuare ad amarsi vicendevolmente per dare una testimonianza del Vangelo. Amano indistintamente, ad uno ad uno; offrendo un servizio professionale, aprono un dispensario, che presto diventa un ospedale. La mortalità infantile si riduce al 2%. In piena foresta, si costruisce una centrale elettrica, poi un College con le classi inferiori e superiori. Col tempo e vari contributi del popolo stesso, si aprono 12 strade per il collegamento dei villaggi.
L’amore concreto è coinvolgente: gran parte del popolo condivide la nuova vita, villaggi prima in lotta si riconciliano; le controversie sui confini vengono risolte in armonia; Re di clan diversi stipulano tra loro un patto d’amore reciproco e vivono in fraternità, offrendo – in uno scambio di doni – una meravigliosa testimonianza, un esempio originale e autentico.
Chiara Lubich
Apr 26, 2005 | Dialogo Interreligioso
E’ un’esperienza iniziata circa 40 anni fa in Algeria, a Tlemcen, dove i focolarini ricevettero in dono una piccola abbazia in stile arabo costruita dai benedettini per farne un centro di dialogo con il mondo musulmano. Fin dai primi contatti si è rimasti colpiti dalle affinità tra le due religioni abramiche: credere nell’Unico Dio clemente e misericordioso, la dedizione totale alla volontà di Dio, l’alta stima per Gesù e per Maria sua madre.
Alcune migliaia di amici musulmani in molti Paesi del mondo sono in stretto contatto con i Focolari. Fra di loro ci sono Imam, fedeli praticanti e altri che, per l’incontro con il Movimento e la condivisione dello spirito di unità, sono tornati alla pratica delle cinque colonne dell’Islam. Effetto infatti del dialogo non è il sincretismo, ma la riscoperta delle proprie radici religiose, di ciò che ci unisce. “Attraverso il dialogo – come aveva detto a Madras Giovanni Paolo II nel 1986 – facciamo in modo che Dio sia presente in mezzo a noi, perché mentre ci apriamo l’un l’altro nel dialogo, ci apriamo anche a Dio. E il frutto è l’unione fra gli uomini e l’unione degli uomini con Dio”. Si rafforza il comune impegno di essere fautori di unità e di pace specie là dove la violenza e l’intolleranza razziale e religiosa cercano di scavare un abisso fra le componenti della società. (altro…)
Apr 26, 2005 | Dialogo Interreligioso
Viva attesa degli oltre 200 partecipanti al 1° Simposio di dialogo islamo-cristiano, promosso dal Movimento dei Focolari, per l’incontro con Papa Benedetto XVI all’udienza generale di mercoledì 27 aprile. Sono circa 100 i musulmani presenti al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, provenienti da 33 Paesi: da Algeria, Libano, Turchia, Giordania, al Pakistan e Indonesia, dall’Europa al Canada, agli Stati Uniti, al Brasile. Il Simposio è stato aperto domenica scorsa con un messaggio di benvenuto di Chiara Lubich e con il saluto dell’Imam Allal Bachar della Spagna. Questa mattina è intervenuto S.E. mons. Michael L. Fitzgerald, Presidente del Pontificio Consiglio del dialogo interreligioso. Ha tracciato le tappe del dialogo intessuto da Papa Giovanni Paolo II nei 26 anni di pontificato. I numerosi interventi dei musulmani hanno poi espresso profonda gratitudine per Papa Wojtyla e per l’opera del Pontificio Consiglio. Da domenica scorsa, agli interventi a livello teologico-culturale di studiosi cristiani e musulmani, si alternano esperienze di vita delle due religioni abramiche e il dialogo con i partecipanti, in un clima crescente di fraternità. I temi approfonditi: “L’essenza della ‘Ibada (adorazione-fede) nell’Islam” e “Dio Amore” nel cristianesimo, “La fede in Dio”, la presenza di Dio nelle comunità musulmana e cristiana, il problema del dolore. Con profondo ascolto è stata accolta la conversazione in video di Chiara Lubich su “L’Unione con Dio”.
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Apr 25, 2005 | Famiglie
Carissime famiglie che siete riunite a Roma e in tante parti del mondo per il FAMILYFEST!
Dopo tanto tempo eccomi a voi con questo breve messaggio.
Vi ringrazio per aver vissuto con partecipazione e generosità questo evento, che avete voluto dedicare come omaggio al nostro indimenticabile Papa Giovanni Paolo II che pensiamo già santo. Il nostro incontro è anche l’occasione, fra il resto, di dare la massima visibilità possibile al modello di famiglia da lui sognato e insegnato, quello basato sui valori attinti alla fede cristiana. La sorgente di questi valori è l’amore vero, che sgorga dal cuore di Dio. Un amore quindi che non conosce una fine, che ama tutti per primo, che è capace di perdonare, che è fecondo e aperto alla vita, all’attenzione verso i più deboli, alla condivisione piena di ogni bene, alla solidarietà. Ma questi valori sono riconoscibili e presenti anche nelle principali religioni e culture, e perciò vivi nelle attese di ogni uomo e ogni donna della terra. In tal modo la famiglia, che in tutte le culture e contesti sociali è chiamata a vivere l’amore reciproco, diviene sorgente di socialità, vivaio di valori fondamentali, di fratellanza universale. Vi auguro di essere così, di essere testimoni sempre e ovunque di questo amore che costruisce la pace, perché si avvicini l’ora in cui sulla terra “TUTTI SIANO UNO”. Viviamo insieme per questo grande Ideale! Carissime famiglie di tutto il mondo, a presto! (altro…)
Apr 25, 2005 | Famiglie
Familyfest 2005 – Al Papa della Famiglia: una festa della famiglia con respiro mondiale. “Un progetto nuovo di cultura che valorizza il ruolo della famiglia, risorsa della collettività”. Così questo evento è stato definito dal presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, nel suo messaggio. Storie, immagini, danze, collegamenti con i 4 punti cardinali del mondo da piazza del Campidoglio, trasformata in set televisivo. Un omaggio a Giovanni Paolo II, un segno di gratitudine: toccanti le immagini del Papa con le famiglie che gremivano il Palaeur di Roma, al Familyfest ’81, pochi giorni prima dell’attentato in piazza San Pietro, e nei moltissimi incontri con le famiglie del mondo. E’ risuonata la sua consegna: “Proclamate il valore della famiglia e della vita. Senza questi valori non c’è futuro degno dell’uomo!”. La diretta Rai Uno da piazza del Campidoglio, a Roma, ha reso possibile ad una platea mondiale di condividere questo evento che ha svelato la fantasia e le infinite possibilità di cui l’amore, vissuto da famiglie di tutte le culture, è capace, anche di fronte a crisi e malattie, nell’apertura ai bisogni più urgenti della società.
“Uno solo è l’amore” – E’ stata letta una lettera scritta negli anni ‘40 da Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, che per prima ha voluto questo Familyfest. Era rivolta alla sorella alle soglie del matrimonio: “Uno solo è l’amore: l’amore di Dio”. Ma – ha incalzato – “amare Dio per te significa amare ancor più Paolo, per Lui rinnegare egoismo e chiusure, comodità e difetti. Allora il tuo amore per lui non avrà fine”. Un ideale alto, ma non irraggiungibile, come hanno testimoniato Annamaria e Danilo Zanzucchi, tra i primi sposati che hanno condiviso gli ideali evangelici di Chiara Lubich: 52 anni di matrimonio, 5 figli, 12 nipoti. “Uno solo è l’amore”, commenta Danilo, “significa imparare ad amare come Dio ama. E Lui ama con un amore infinito”. “Da un amore vissuto così, all’interno dei Focolari, nasce Famiglie Nuove” ha spiegato Annamaria. “Nuove vuol dire rinnovate dall’amore reciproco, dall’amore che viene da Dio”. Sono valori condivisi anche dal mondo buddista, come evidenziato dal collegamento con Tokyo, e dalle famiglie musulmane dell’antica civiltà iraniana, come mostrato dal collegamento con Teheran. 17 network satellitari, 38 TV nazionali, e 26 regionali hanno permesso un’ampia copertura, grazie a Telespazio, Eutelsat, CRC/Canada, EWTN, che hanno collegato i 200 meeting in contemporanea in altrettante città e capitali del mondo, per iniziativa di Famiglie Nuove, diramazione dei Focolari. (altro…)
Apr 25, 2005 | Famiglie
“L’amore costruisce la pace”, linea guida del pontificato di Giovanni Paolo II, è stato il filo conduttore del Familyfest. Due madri di Gerusalemme, da piazza del Campidoglio, in Roma, hanno testimoniato un’amicizia possibile tra due parti opposte: israeliani e palestinesi. Tra i 9 collegamenti effettuati durante la trasmissione, segnaliamo quello con il Sudafrica, nel quartiere Soweto, di Johannesburg, dove ha avuto il via la lotta di Nelson Mandela contro l’apartheid, e il collegamento con il sudest europeo, un’area calda visitata più volte dal Papa: a Zagabria erano in 4000, non solo cattolici croati, ma anche musulmani della Bosnia.
Black-out dell’amore – Il Familyfest non è stato solo festa, internazionalità, solidarietà. Ha affrontato anche l’inverno della crisi, del dolore che colpisce molte famiglie. “L’uomo e la donna, per le nozze, non sono più due, ma una sola carne. Dividersi, dopo tale unificazione, vuol dire uccidersi, svenandosi. E’ la morte”: queste parole di Igino Giordani, scrittore, giornalista, uomo politico, padre di 4 figli, primo responsabile di Famiglie Nuove, risuonano nella piazza. “Perché l’unione coniugale si conservi, non c’è altra corrente coesiva che l’amore, ma un amore che viene dall’amore di Dio, superiore alle vicende della natura e agli umori degli uomini”. “Due sposi che perdono tempo a non amarsi, perdono tempo a morire”. Una coppia spagnola ha raccontato la sofferta rinascita dal dramma della divisione.
Il dolore – Dal palco del Campidoglio, una coppia di giornalisti, lui italiano, lei americana, ha fatto dono dell’esperienza di una malattia che non perdona, una vita che assume nuova pienezza, come ha scritto Giovanni Paolo II nel suo testamento. Lei ha detto: “Occorre vivere con la morte ben presente, per realizzare una vita piena”. “Abbiamo imparato a guardare in faccia il dolore e quel volto ha per noi un nome: Gesù che accetta di dimorare sulla croce sino a sentirsi abbandonato da Dio per dare al mondo i suoi doni”. Doni che diventano esperienza viva di “luce, gioia, serenità, una qualità di vita superiore alla quantità di tempo che potrò avere”.
“Non vogliamo che il matrimonio sia una stanza chiusa al resto del mondo, ma desideriamo condividere la felicità con i meno fortunati di noi”, ha testimoniato una giovane coppia di 21 e 24 anni: viaggio di nozze in Tanzania, tra gli orfani dell’Aids, ai quali è andato il corrispettivo dei regali di nozze.
Solidarietà – Non è un fatto isolato: da 25 anni Famiglie nuove porta avanti nel mondo oltre 14.000 adozioni a distanza. Al Familyfest il lancio di un nuovo progetto di solidarietà: “Una famiglia, una casa”: un tetto per le famiglie più diseredate nelle periferie delle grandi città filippine e nelle aree disastrate dello Tsunami nello Sri Lanka e in Tailandia. Un’idea nata proprio dalle famiglie più povere. I contributi possono essere versati sul c/c bancario 888885 intestato a Associazione Azione per Famiglie Nuove presso Banca Intesa: CIN T ABI 03069 CAB 05092. Dal 15 al 22 aprile era possibile inviare dal proprio cellulare SMS da 1€ al numero 46211 per i clienti WIND e al numero 44770 per i clienti TIM.
Messaggio di Chiara Lubich – L’ultima parola al messaggio audio registrato da Chiara Lubich. Ha il sapore di una consegna: “Sì, la sorgente dell’amore vero sgorga dall’amore di Dio. Così la famiglia diviene sorgente di socialità, vivaio di fratellanza universale”. Questo il suo augurio: “essere sempre e ovunque testimoni di questo amore, perché si avvicini l’ora in cui sulla terra “tutti siano uno”. (altro…)
Apr 20, 2005 | Chiesa
Con grande gioia abbiamo accolto l’elezione di Papa Benedetto XVI. A lui assicuriamo la nostra più intensa e costante preghiera. Per la conoscenza diretta che ho di lui, il nuovo Papa, avendo doti particolari per cogliere la luce dello Spirito, non mancherà di sorprendere e superare ogni previsione. Ci sembra abbia rivelato l’anima del suo pontificato nelle parole finali pronunciate il giorno dell’apertura del conclave, quando ricordava qual è “il frutto che rimane”: “quanto abbiamo seminato nelle anime: l’amore, la conoscenza, la fede, il gesto capace di toccare il cuore, la parola che apre l’anima alla gioia del Signore”. Preghiamo il Signore, come lui ha invitato a fare, perché lo “aiuti a portare frutto, un frutto che rimane”, e “la terra venga cambiata da valle di lacrime in giardino di Dio.” In lui, siamo certi, è garantita la continuità con il Concilio Vaticano II e con il pontificato di Giovanni Paolo II. In lui è viva la sensibilità per la dimensione carismatica della Chiesa, per i nuovi movimenti e comunità. Ci sono rimaste impresse le sue parole, alla vigilia del grande incontro del ’98 dei Movimenti con Papa Wojtyla, nei quali il card. Ratzinger intravedeva l’azione dello Spirito Santo che “rinnova la giovinezza della Chiesa”, ed evidenziava il perché del particolare legame, lungo la storia della Chiesa, tra i movimenti e il Papato. Per noi è la chiamata ad una nuova responsabilità. (altro…)
Apr 19, 2005 | Famiglie
Igino Giordani, scrittore e giornalista, uomo politico, sposato e padre di quattro figli, è stato anche il primo animatore e responsabile di Famiglie Nuove ed è considerato confondatore del Movimento dei Focolari. Dallo scorso anno è in corso la sua causa di beatificazione. Per esaminare i suoi scritti – oltre cento libri e quattromila articoli – sono state istituite recentemente due commissioni: una storica e una teologica. Vogliamo ricordarlo oggi, a venticinque anni dal termine della sua vita terrena, con un suo pensiero sull’amore coniugale, recitato durante la diretta Rai del Familyfest 2005, il 16 aprile scorso.
La sorgente dell’amore
di Igino Giordani «L’uomo e la donna, per le nozze, non sono più due ma uno. Dividersi, dopo una tale unificazione, vuol dire uccidersi, svenandosi. E’ la morte. Perché l’unione coniugale si conservi, non c’è altra corrente coesiva che l’amore: ma un amore che viene dall’amore di Dio, superiore alle vicende della natura e agli umori degli uomini. Se guardo alla mia vita, posso dire che il matrimonio riesce nella misura in cui realizza questo amore. Il suo valore sta prima di tutto in questo, e non nei titoli bancari, nel benessere, nel successo, e neppure nell’aspetto prestante e gradevole. Diventa tomba dell’amore quando, esaurite le attrazioni fisiche scambiate per amore, viene meno lo spirito che lo vivifica.
Volersi ogni giorno più bene, non far caso ai difetti, non far caso ai torti, perdonare sempre, tornare sempre ad amarsi… Allora la vita diventa una gioia. Mentre l’indifferenza, l’egoismo, a che servono? Servono a creare l’inferno in terra. Due sposi che perdono tempo a non amarsi, sono due creature che perdono tempo a morire. Se invece si amano, Dio passa tra di loro. Ecco come la casa diventa una casa di felicità, pur in mezzo alle prove più grandi». (altro…)
Apr 13, 2005 | Ecumenismo
Dopo la “partenza” del Papa, continuano ad arrivarci echi commossi da cristiani di varie Chiese, in contatto in vario modo
con i Focolari. Il dialogo ecumenico era infatti una delle priorità del suo pontificato.
Ortodossi
ITALIA «Era una persona carismatica, una figura inestimabile, amata da tutti. Lo Spirito Santo illuminava lui e anche noi per seguire nella stessa linea la volontà di Dio: “che tutti siano una cosa sola”» (Metropolita Gennadios Zervos, Arcivescovo ortodosso d’Italia, Patriarcato ecumenico di Costantinopoli). SLOVENIA «Era una persona straordinaria. Anche la Chiesa serba è in lutto» (Protoierei Boskovic). ARGENTINA «Faro di luce viva, viaggiatore infaticabile nella sua missione di cercare l’unità visibile dei cristiani… Come ortodosso-greco l’ho conosciuto e amato: un uomo santo, Papa, “fratello maggiore” di Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I – secondo quanto dice il Patriarca» (Lic. Elias Crisostomo Abramides, Buenos Aires, Patriarcato ecumenico di Costantinopoli).
Armeni
STATI UNITI «Tutti i cristiani possono essere fieri di lui» (Fr. Khatchadourian, parroco a Los Angeles).
Luterano-Evangelici
GERMANIA «Giovanni Paolo II nei suoi discorsi e Lettere apostoliche partiva sempre dalla Sacra Scrittura, ciò lo rendeva vicino a noi. E’ da ammirare inoltre l’apertura del Papa verso i Movimenti e nuove comunità ecclesiali» (Pastore Gottlob Hess, Fraternità di vita comune). «In misura crescente si è avvertito che Giovanni Paolo II voleva accelerare il processo ecumenico. Per lui l’ecumenismo non era marginale: ne ha dato una testimonianza avvincente» (Walter Pollmer, Fraternità della Croce). «Sono riconoscente a Giovanni Paolo II per la sua antropologia – profondamente biblica – che fa giustizia all’uomo» (Günter Rattey, Fraternità della Croce). «Dopo l’incontro storico del Papa con i Movimenti ecclesiali nel 1998, l’affermazione di Giovanni Paolo II che la dimensione carismatica – di cui i Movimenti sono un’espressione significativa – e la dimensione istituzionale siano coessenziali alla costituzione della Chiesa, ha dato un impulso all’ecumenismo spirituale. Quando alcuni responsabili di movimenti evangelici in Germania sono stati informati di questo evento hanno esclamato: “Allora il Papa ci ha capito!”» (Konrad Herdegen, YMCA Norimberga). «Con immensa gratitudine volgiamo il nostro sguardo agli anni passati apprezzando le iniziative del Santo Padre che hanno condotto alla testimonianza meravigliosa dell’evento di Stoccarda “Insieme per l’Europa, 8 maggio 2005”» (Helmut Nicklas e Gerhard Pross). GUATEMALA “Questo uomo è veramente un santo”. (Edna Cardona de Morales)
Luterani-Svedesi
SVEZIA «La sua testimonianza più significativa forse è stata quella di questi ultimi anni e queste ultime settimane, quando ha portato la sua debolezza fisica con un amore continuo per il suo popolo e la sua Chiesa. Così ci ha dato un esempio ed un modello… Con grande gratitudine tutta la cristianità potrà testimoniare che il Papa veramente ha vissuto per la gloria di Dio con la sua fede, la sua convinzione e la sua pietà» (Arcivescovo emerito Gunnar Weman).
Riformati
SVIZZERA «Nella sua vocazione unica è stato anche per noi fratello e padre, un modello con il suo coraggio nell’agire e parlare solo secondo il pensiero di Dio. Incarnava per questo nella società in modo cristallino la nostra coscienza cristiana» (avv. Kathrin Reusser, Zurigo). ROMANIA “Ho avuto la fortuna di incontrarlo alcune volte di persona, seppur brevemente. Indimenticabile un’udienza in piazza s. Pietro almeno 20 anni fa, dove eravamo con un gruppo di partecipanti ad un incontro ecumenico del Centro “Uno” del Movimento dei Focolari. Eravamo in prima fila; il Papa passò e riconobbe il nostro gruppo. Gli dico: “Noi crediamo che l’unità della Chiesa verrà”. Il Papa risponde “Magari!” e va avanti. Io, con voce più forte: “Siamo convinti!”; lui si ferma, si volta ancora, ci guarda e dice: “Dovete farla voi!” Dovete farla voi. L’unità della Chiesa era certamente una delle sue passioni più grandi. La strada dell’unità ha bisogno di un soffio forte dello Spirito Santo alla base, nel popolo. E’ questo che ho sentito dietro le sue parole. E’ una sua consegna che ha dato a tanti in molti modi. (prof. Stefan Tobler, Sibiu)
Anglicani
USA «E’ stato veramente un leader affascinante. Ha affrontato argomenti che nessun altro voleva affrontare. Non sempre sono stato d’accordo su tutto, ma non ho mai messo in dubbio la sua fede vera, il suo desiderio di andare verso gli altri e di cercare il bene andando al di là di differenze dottrinali. Ci lascia un’enorme eredità» (Rev. Chuck Kramer, Presidente dell’Associazione Ecumenica del Clero, Hyde Park, New York). «Mi ha incoraggiato a vivere una vita migliore» (Dott. Shirley Jones, Albany, New York). URUGUAY “Viviamo con voi questi momenti con la preghiera ed il cuore, per questo grande Papa che ha lavorato tanto per l’unità” (vescovo Miguel Tamayo). GRAN BRETAGNA “Il Papa: ha avuto un ruolo molto importante anche a livello ecumenico. Ha fatto un grande cambiamento, ha vissuto il papato con un’autorità mondiale. Quando ha raccolto i leaders delle varie religioni, si e’ visto in lui un Pastore universale. Quindi questa sua figura e’ molto più accettabile che non la figura del papato nel passato”. (Rev. Callan Slipper, delegato ecumenico della diocesi anglicana nel nord ovest di Londra)
Metodisti
SUDAFRICA «Personalmente io sento una grande gratitudine per il Papa…per quanto ha fatto per l’ ecumenismo. Qualche anno fa ho avuto l’occasione di salutarlo a Roma e da allora ho sentito che Papa Giovanni Paolo II non apparteneva solo alla Chiesa Cattolica, ma è di tutti noi. Penso che ha compiuto pienamente il disegno di Dio su di lui» (Em Beardal, volontaria).
«Dopo essere stato l’anno scorso all’Angelus in Piazza San Pietro, con mia moglie abbiamo scoperto profondamente, in una “luce nuova” la figura del Papa. Da allora abbiamo sempre pregato per lui. Negli ultimi giorni lo abbiamo accompagnato recitando il Padre nostro, la preghiera dell’unità» (dr. Welile Shasha – direttore dell’OMS per il Sud Africa). USA «Non trovo parole… ma certamente è nei nostri pensieri. Una delle sue eredità degne di ricordo, e che apprezzo particolarmente, è il costante impegno a costruire ponti per il dialogo con altri cristiani e con membri di altre religioni» (pastore Jim Moore, Hyde Park, New York.)
Presbiteriani
BRASILE «Un grande essere umano! Lo ammiro per il suo lavoro per la pace» (Pastore Marcio Moreira – San Paolo).
Mennoniti
GUATEMALA «Ringraziamo il Signore per la vita di Giovanni Paolo II, e le sue vedute per rinforzare il dialogo ecumenico, per uscire dallo scandalo della divisione e insistere sull’urgente bisogno dell’unità dei cristiani» (prof. Mario Higueros). (altro…)
Apr 2, 2005 | Chiesa
Davvero ci ha lasciato un grande Papa, un grande santo! Come vorrei che ritornassero i tempi in cui la santità era proclamata a
furore di popolo. I giovani sarebbero in prima fila! La sua santità. Anch’io posso darne testimonianza di persona. Spesso, dopo un’udienza con lui, m’è rimasta l’impressione che il cielo si aprisse. Mi sono trovata come direttamente collegata con Dio, in una densissima unione con Lui, senza intermediari. E’ perché il Papa è mediatore, ma quando ti ha congiunto con Dio, scompare. M’è parso di comprendere più profondamente qual è il carisma proprio del Papa. Le chiavi per aprirci il cielo, non gli servono soltanto per cancellare i nostri peccati, ma anche per aprirci il Cielo aprendoci all’unione con Dio. Non si spiega forse così quella gioia, quell’entusiasmo, quell’attrattiva che il Papa ha sempre esercitato sui giovani, sui milioni di uomini e donne di ogni razza, cultura, religione e credo che ha incontrato su tutto il pianeta? E quei capovolgimenti di storia da lui operati in questi 27 anni? Questo Papa comunicava Dio e Lui “fa nuove tutte le cose”. Una “Presenza” che si è fatta sempre più forte, più grave si è fatto il carico di sofferenza sino all’ultima ora. Ma in questo momento non posso non esprimere la mia gratitudine più profonda per molte altre porte aperte da quelle chiavi: il Papa ha sempre spalancato le porte alle novità dello Spirito che ha riconosciuto anche nel nostro movimento, dando il suo continuo incoraggiamento e sostegno, riconoscendolo come dono di Dio e speranza per gli uomini. (altro…)
Apr 2, 2005 | Chiesa
Grande è la nostra gratitudine al Papa. Il rapporto con lui risale alla fine degli anni ‘60 quando ancora era arcivescovo di Cracovia. L’allora card. Wojtyla aveva riconosciuto nel Movimento l’azione di un carisma. Resterà poi fissato nella storia quel primo grande incontro del Papa con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità alla vigilia di Pentecoste’98, in piazza San Pietro. C’era parso di vivere una nuova ora della Chiesa: la Chiesa del Concilio, non solo gerarchica e petrina, ma anche carismatica e mariana, due dimensioni da lui riconosciute “coessenziali”, riconoscendoci così un posto nella Chiesa. Ma lungo tutto il suo pontificato ha sempre spalancato le porte alle novità dello Spirito: ciò che sembrava impossibile ai canonisti, lui l’ha reso possibile: come l’inserimento in un’opera cattolica, di persone di altre Chiese, di seguaci di altre religioni e di chi non ha una fede religiosa; che cardinali e vescovi abbiano un legame spirituale con il movimento; e ancora che sia sempre una donna alla guida di quest’Opera che abbraccia anche vescovi, sacerdoti e religiosi, aprendo così nuove prospettive al ruolo della donna e all’apertura della Chiesa. Innumerevoli poi sono stati gli incontri con lui, le udienze, gli inviti a pranzo e… per ben 8 anni le sue telefonate di augurio il giorno di Santa Chiara… sino a chiamarmi “sorella” nella sua ultima lettera. (altro…)
Apr 2, 2005 | Dialogo Interreligioso
Dopo la “partenza” del Papa continuano ad arrivare, tramite e-mail, echi dal Movimento dei Focolari nel mondo.
Particolarmente significative sono in questo momento le espressioni di intima partecipazione e gratitudine per Giovanni Paolo II degli amici ebrei, musulmani e buddisti che spontaneamente le hanno volute comunicare ai centri del Movimento. Riportiamo alcuni stralci.
Mondo ebraico
chi degli amici ebrei ci giungono da Argentina e Uruguay
- “L’atteggiamento del Papa ha costruito dei ponti” (Rabbino Daniel Goldman – Buenos Aires)
- “Ci sarà un prima e un dopo nella storia grazie a Giovanni Paolo II” (Rabbino Adrián Herbst – Buenos Aires)
- “E’ stato il Papa che più ha lavorato nel dialogo giudaico-cristiano. La sua grandezza è stata quella di aver chiesto perdono per gli errori commessi nel passato e, così come lui ci ha definiti “i fratelli maggiori”, oggi possiamo dire che sta morendo Giovanni Paolo II “il nostro fratello maggiore” (il Presidente della AMIA, Associazione Mutua Ebrea Argentina, Abraham Kaul)
- “Il popolo ebreo mai aveva provato un sentimento così per un Papa, per quanto egli ha fatto per noi” (un’amica ebrea della Commissione Associazioni Femminili Ebree, Uruguay).
Mondo musulmano
Dagli echi giunti da Turchia, Algeria e Stati Uniti In Turchia le prime persone a contattare il focolare di Istanbul, ieri, sono stati proprio i nostri amici musulmani.
- Una donna, commossa, diceva: “Mi sembra che è la mia anima, una parte di me, che sta partendo”.
- Uno studente: «Prego Dio di non lasciarci senza persone come Lui… Anch’io, come le persone di tutto il mondo, vi sono vicino in questa sofferenza e prego pcon gli amici cristiani».
Dall’Algeria: Una coppia musulmana si ricordava che il Papa era stato in Marocco ed aveva impressionato per la sua apertura davanti ai 10.000 giovani, a Casablanca. Questa mattina ci hanno detto: «Il Papa è un santo! Ha fatto molto per il mondo, ha avuto tanto coraggio. Ha fatto quello che Dio voleva. Era contro le divisioni e le guerre. E’ stato per noi un Padre». Dagli Stati Uniti giungono gli echi di alcuni Imam con cui da tempo i focolari del posto sono in dialogo:
- “In Giovanni Paolo II viveva l’”essenza” di Cristo, servendo tutte le persone, non solo i cattolici, ma stendendo la mano verso tutti, perché vivessero una vita migliore. Ha bussato alle porte della coscienza dei leader del mondo perché riconoscessero i loro doveri di fare di più per le persone sofferenti in ogni parte del mondo. Questo mi ha attirato, e io l’ho comunicato ai miei seguaci” (Imam W. D. Mohammed – leader di 2 milioni di musulmani afro-americani)
- “Con questo Papa ho sentito un rapporto personale. Ho apprezzato soprattutto le sue parole al mondo dopo l’11 settembre, quando ha detto che ciò che era successo non era per colpa della religione. E’ stato molto incoraggiante e commovente. Lo considero un fratello, un amico, un membro della famiglia. Mi mancherà, ma so che ciò che ha incominciato vivrà per sempre” (Imam Sultan Salahuddin, Chicago)
- “Non posso pensare a un’altra persona della storia recente che abbia una tale grandezza e che abbia avuto un tale impatto sulla società e sul mondo. Ha lavorato per tirar fuori il meglio dell’umanità” (Imam Bilal Muhammed, Kansas City)
- “La sua vita, ciò che ha fatto, e le sue azioni hanno cambiato la visione del mondo sulle differenze etniche. L’ho osservato per anni e ho visto i cambiamenti che sono avvenuti e che sono stati come un effetto a catena in tutta l’umanità. Ho apprezzato il fatto che ha abbracciato l’Islam in un momento quando non era molto popolare avvicinarsi a noi” (Ijlal Munir, musulmana e manager di una ditta di W. D. Mohammed , Chicago)
- “Giovanni Paolo II ha avuto una forza spirituale che è andata al di là delle barriere religiose. Ha avuto un influenza spirituale fenomenale che ha toccato tutti” (Dr. Imam Mikal Ramadam, Chicago)
- “Papa Giovanni Paolo II è uno dei grandi segni storici e meravigliosi dell’amore per l’umanità del Grande Misericordioso, del Grande Benefattore. Con la sua coraggiosa difesa della libertà, giustizia e uguaglianza tra i membri della famiglia umana, ci ha fatto ricordare la nostra responsabilità individuale e collettiva ad utilizzare le risorse che Dio ci ha dato al servizio dell’umanità”. (Imam Malik Shabazz, della moschea di Beacon – New York)
Mondo buddista
Dagli echi giunti dal Giappone e dalla Thailandia: Dal focolare di Tokyo: “I nostri amici buddisti vivono insieme a noi queste ore con grandissimo affetto e intensità”.
- “Ora tutto il mondo sta in preghiera per Giovanni Paolo II, figura storica grandissima, leader eccezionale della pace, perché in lui tutti vedono Dio” (Rev. Nissho Takeuchi, della Nichirenshu, Tempio Myokenkakuji – Osaka)
- Un buddista che è stato a Roma e ha incontrato il Papa: “La mia bambina, che adesso ha 9 anni, da piccola ha avuto una carezza sulla testa da parte del Papa. Ancora adesso mi ritorna vivamente agli occhi la figura di Giovanni Paolo II che ci ha fatto sentire questo calore, anche se noi non siamo cristiani. Anch’io, come uomo, voglio vivere la mia vita seguendo il cuore del Papa. Mi sembra impossibile che lui sia adesso in questo stato…veramente, mi viene solo da dirGli ‘grazie’. E che possa riposare in pace.” (Koichi Kawamoto, del movimento Rissho Kosei Kai)
- “La figura del Papa è stata per me un modello di vita. Ho visto il Papa in un’udienza pubblica in Piazza S. Pietro, che salutava per prime le persone ammalate o in carrozzella, “perdendo” tempo con tutta questa gente. Ed ho visto che lo faceva con tanto amore, scoprendo che per il Papa l’esistenza di queste persone è “preziosa”. Tornando in Giappone ho voluto fare la stessa cosa seguendo il suo esempio: ho chiamato le persone handicappate o malate dei templi buddisti a me affidati per salutarle e conoscerle” (Rev. Yasuo Koike – responsabile del movimento Rissho Kosei Kai di Chiba, vicino Tokyo)
Gli amici buddisti del Movimento dei Focolari in Thailandia si uniscono al mondo cristiano nel pregare per lui, con affetto e rispetto profondo e ci fanno sentire la loro vicinanza spirituale:
- Nella sala del Gran Maestro Ajhan Thong, a Chiang Mai, spicca una grande foto di lui con il Santo Padre in occasione di un’udienza in Vaticano. Da allora parla spesso ai suoi seguaci della grandezza spirituale del Papa per tutto il mondo. In questi giorni prega in modo tutto particolare per il Papa.
- Il monaco Phramaha Thongrat in una telefonata, ha detto che il Papa non è solo un grande fratello, è suo padre!(I buddisti tailandesi chiamano “padre” o “madre” persone di alta spiritualità, guide spirituali importanti per la loro vita). Ed ha voluto dedicargli una poesia:Mio padre è andato in Paradiso Nei lunghi anni che mio padre dimorava in Vaticano, brillava il bello e regnava la gioia. Oggi senza di lui la città è vuota. Sgomento, dolore e lacrime: tutto parla del suo immenso amore. Sì, amore è la parola che lui ha pronunciato per il mondo intero. Il suo messaggio ha cambiato il percorso di ogni uomo. La sua eredità rimarrà per sempre, fino agli ultimi confini della terra: fondamento per la pace vera, per un mondo che il male mai più conoscerà. Oggi mio padre è andato in Paradiso; ha concluso il cammino terreno e se ne va… Ma il suo cuore sarà sempre pieno di gioia che trabocca. Mio padre ci ha indicato la via dei saggi che porta alla sapienza eterna. Phramaha Thongrat, monaco buddista
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Mar 31, 2005 | Parola di Vita
Gesù parlava sovente per immagini e con parabole. Un modo semplice ed efficace per insegnare le verità più profonde, di cui era portatore. La similitudine del pastore con il suo gregge, in cui è incastonata questa Parola di vita, richiamava ai suoi ascoltatori scene familiari di vita quotidiana. Gesù rammenta loro i ladri e i briganti che, come lupi rapaci, fanno razzia del gregge. Lui invece si paragona a un pastore buono, a cui stanno veramente a cuore le proprie pecore, le guida e le difende, al punto da affrontare se necessario la morte!
Ma in Gesù, al di là della parabola, questo diventa realtà: Lui è veramente morto sulla croce “perché noi avessimo la vita” .
«Io sono venuto perché abbiano la vita…»
È venuto perché il Padre l’ha inviato a portarci la sua vita divina. Dio infatti ha amato così tanto il mondo da dare il Figlio suo affinché chi crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna .
La vita che Gesù è venuto a portarci non è la semplice vita terrena che abbiamo ricevuto dai nostri genitori. La vita che Egli ci dona è infatti “vita eterna”, ossia partecipazione alla sua vita di Figlio di Dio, ingresso nella comunione intima con Dio: è la vita stessa di Dio, Gesù può comunicarcela perché lui stesso è la Vita. L’ha detto: “Io sono la Vita” , e “dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto” .
Ma la vita di Dio, lo sappiamo, è l’amore.
Gesù, Figlio di Dio che è Amore, venendo su questa terra, è vissuto per amore, e ci ha portato lo stesso amore che arde in Lui. Dona a noi la stessa fiamma di quell’infinito incendio e ci vuole “vivi” della sua vita.
«… e l’abbiano in abbondanza»
Poiché Gesù non soltanto possiede la vita, ma “è” la Vita, egli può donarla con abbondanza, così come dona la pienezza della gioia .
Il dono di Dio è sempre senza misura, infinito e generoso com’è Dio. Così Egli viene incontro alle aspirazioni più profonde del cuore umano, alla sua fame di una vita piena e senza fine. Solo Lui può appagare l’anelito all’infinito. La sua infatti è “vita eterna”, un dono non soltanto per il futuro, ma per il presente. La vita di Dio in noi comincia già da ora e non muore mai più.
Come non pensare a quei cristiani realizzati che sono i santi? Ci appaiono talmente pieni di vita da traboccarla attorno a loro.
Da dove veniva l’abbraccio universale di Francesco d’Assisi, capace di accogliere i poveri, di andare verso il Sultano, di riconoscere dei fratelli e delle sorelle in ogni creatura? Da dove l’amore fattivo di Madre Teresa di Calcutta, che si è fatta madre per ogni bambino abbandonato e sorella di ogni persona sola? Essi possedevano una vita straordinaria, quella che Gesù aveva donato loro.
«Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza»
Come vivere questa Parola?
Accogliamo la Vita che Gesù ci dona e che vive già in noi per il battesimo che abbiamo ricevuto e per la nostra fede, Vita che può sempre crescere nella misura in cui amiamo. È l’amore che fa vivere. Chi ama, scrive san Giovanni, dimora in Dio , partecipa della sua stessa vita. Sì, perché se l’amore è la vita e l’essere di Dio, l’amore è anche la vita e l’essere dell’uomo. Così com’è vero che tutte le volte che non amiamo noi non viviamo.
Ne è una testimonianza eloquente la partenza per il Cielo di Renata Borlone, una focolarina di cui in questi mesi si è aperto il processo di beatificazione. Accettata con tutto il cuore, come volontà di Dio, la notizia della morte imminente, diceva di voler testimoniare che “la morte è vita”, è risurrezione, e s’è proposta, con l’aiuto di Dio, di dare questa dimostrazione fino alla fine. E c’è riuscita, trasformando così un evento di lutto in un tempo di Pasqua.
Chiara Lubich
Mar 31, 2005 | Chiesa
Chiara Lubich e tutto il Movimento dei Focolari nel mondo in queste ore si stringono intorno al Papa, intensificando ancor più le preghiere, perché Dio lo sostenga in questo altissimo momento della sua vita. Nelle varie diocesi il Movimento si unisce alle iniziative di preghiera promosse dai vescovi. In tutto il mondo, il consueto time out quotidiano di preghiera per la pace, a mezzogiorno, è dedicato ora al Papa. Si uniscono nella preghiera anche i membri delle altre Chiese cristiane e gli amici ebrei, musulmani, indù, buddisti e di altre religioni che nutrono per lui un profondo affetto, sentendone la sua paternità spirituale.
In preghiera per il Papa i musulmani dell’Iran
Ci è appena giunto un toccante messaggio dall’Associazione scientifica Iraniana Genitori-Insegnanti con cui da alcuni anni si è instaurato un profondo dialogo a livello spirituale e culturale: Le gravi condizioni di salute di Papa Giovanni Paolo II hanno profondamente rattristato le persone del mondo. Sappiate che vi siamo vicini in questa sofferenza e che siamo uniti in preghiera con voi. Noi offriamo le nostre preghiere, così come le persone di tutto il mondo, perché il Papa possa ristabilirsi prontamente. “Possa essere sempre benedetto da una buona salute”. Noi abbiamo appreso che, nonostante la grave e dolorosa malattia, il Papa è rimasto calmo e sereno. Tale serenità, in queste condizioni, è un dono divino riservato ad un grande uomo come Lui. Ha chiesto anche che gli fossero letti dei testi sacri; noi leggeremo il Sacro Corano anche per Lui. Behzad Dehnavi and Kiyoomarss Jahangardi Membri del Consiglio di Amministrazione dell’Associazione scientifica Iraniana Genitori-Insegnanti (altro…)
Mar 24, 2005 | Focolari nel Mondo
Un viaggio fra le realizzazioni e gli aiuti del Movimento dei focolari nei paesi colpiti dal maremoto dello scorso dicembre.
INDONESIA.
Sono i primi di aprile. Aceh li aspetta. Jorge, focolarino centroamericano da alcuni anni a Singapore, e tre giovani, John Paul della Malesia, Ponty e Lambok indonesiani, stanno partendo per visitare alcuni villaggi della zona indonesiana più colpita dal maremoto. È la seconda volta. In febbraio avevano portato alcuni primi aiuti di emergenza, ma soprattutto avevano incontrato da vicino la realtà vista in televisione, e la gente, provata ma dignitosa, con cui avevano creato i primi rapporti di amicizia. Con loro erano stati individuati alcuni progetti che ora si può cominciare a realizzare: una falegnameria per costruire le barche dei pescatori e l’acquisto di reti per sostituire quelle distrutte. Si tratta insomma di ridare loro i mezzi che avevano, per ricominciare a lavorare e a riprendere la vita. Intanto a Medan e nell’isola di Nias prosegue il sostegno scolastico e l’assistenza a quattrocento bambini e alle loro famiglie. La generosità di tanti da tutto il mondo ha reso possibile queste azioni. Sono stati raccolti oltre 600 mila euro, alcuni preziosissimi come i venticinque euro dei bambini di Duala in Camerun o i sacrifici fatti in Kenya, paesi dove la povertà non manca. Ancora una volta non è stata solo la solidarietà e generosità di chi sta meglio, è stata la comunione dei beni fra tutti a caratterizzare la risposta all’appello lanciato dal Movimento dei focolari subito dopo la catastrofe. Il coordinamento delle iniziative è stato affidato all’Amu, la Ong dei Focolari. I nostri interventi – ci dice il presidente dell’Amu Franco Pizzorno – arrivano direttamente alle popolazioni colpite perché possiamo contare sulla presenza di persone del movimento. Dove non abbiamo una presenza diretta si sono avviate collaborazioni con la chiesa cattolica e in India anche con organizzazioni indù che conosciamo da tempo. Ma torniamo in Indonesia. Partiti da Medan, si attraversa il confine con la regione di Aceh: Abbiamo viaggiato più di quattro ore per raggiungere il primo campo profughi visitato in febbraio. Tanti sono però già rientrati nei villaggi e così andiamo a cercarli. Non se l’aspettavano, sono commossi e sorpresi, non pensavano che avremmo mantenuto la promessa. Raggiungiamo un altro villaggio dove incontriamo altri trenta pescatori e consegniamo anche a loro le reti. Condividiamo difficoltà e conquiste. Prima di ripartire ci dicono: ci avete ridato la speranza. Nei giorni seguenti il viaggio procede con la visita ad altri quattro campi profughi a Padang Kasab, Belang Lancang, Lancang e Ulee Kareung. Ciò che ci colpisce di più è il loro senso di fraternità. Quando spieghiamo che non possiamo dare tutto quello di cui ci sarebbe bisogno, perché dobbiamo darne anche ad altri rifugiati, ci capiscono, e colgono – ci sembra – il motivo profondo per cui siamo lì insieme a loro: dare espressione concreta alla fratellanza universale. La tappa successiva è Lampuuk, il luogo individuato per installare la falegnameria per costruire le barche e fissare una base d’appoggio nei prossimi mesi di attività. La chiesa locale offre la sua collaborazione e ospitalità, ma non è possibile restare a lungo presso la parrocchia. Lambok va a parlare con una persona che ha una casa libera e quando torna comunica a tutti la sua sorpresa: Non vuole niente per l’affitto. E pensare che dopo lo tsunami gli affitti nella zona sono aumentati anche di cinque volte! Ci sono delle difficoltà per procurarsi il legno in loco e così si decide di rientrare a Medan insieme con il leader dei pescatori di cinque villaggi. I suoi amici intanto cominceranno a riparare cinque barche solo semidistrutte… Visitiamo le zone vicine. Si aprono nuovi scenari. Il nostro amico ci racconta che dove stiamo passando c’era un villaggio di settemila persone, ora ce ne sono solo sette. Continuano nel frattempo i contatti con la popolazione e si viene a conoscere la situazione di un gruppo di vedove, che non hanno più nessuna fonte di sostentamento. Con loro si decide di avviare un nuovo business: preparare cibo locale e venderlo. Le aiutiamo ad avviare l’attività comprando le attrezzature adatte. A Lampuuk la scuola elementare è stata distrutta e i bambini devono fare a piedi tre chilometri di strada per rag- giungere la più vicina. Oltre alle reti sono state così consegnate 39 biciclette, insieme a scarpe e materiale scolastico.
THAILANDIA.
Ogni giorno il parroco di Phuket, un religioso stimmatino, va a visitare le vittime dello tsunami con la sua équipe di quattro laici. Vanno casa per casa chiedendo come va, cosa possono fare per loro… In questi mesi ha potuto aiutare oltre settecento situazioni: bisogni piccoli e grandi come dare da mangiare, offrire una borsa di studio, fino a cercare le barche per i pescatori. Si occupa anche dei morgan (gli zingari del mare) e li aiuta a trovare un posto per costruire la casa. Ci sono infatti persone che vogliono comprare i terreni vicino al mare e fanno di tutto per cacciare via i morgan. Il parroco li ha accompagnati passo per passo come un amico e un fratello. Lo stiamo aiutando – ci scrivono – ad acquistare barche di seconda mano per i pescatori, a ripararne altre o a sistemarne i motori. Nella provincia di Phanga invece la collaborazione è stata avviata con le suore salesiane. I due campi di fortuna gestiti dalla chiesa sono ancora affollati di profughi senza nessuna sistemazione definitiva in vista. Un primo aiuto va al sostentamento di quelli alloggiati provvisoriamente in questi due campi. Tra il personale che vi lavora ci sono da tre mesi due seminaristi del movimento, e uno di loro si è messo d’accordo con i suoi superiori per sospendere il suo studio presso il seminario e fare un anno intero di servizio con le vittime dello tsunami. Anche una ragazza del movimento, assieme ai suoi compagni di università, ha lavorato lì per qualche settimana. Le suore hanno individuato una cinquantina di famiglie in necessità per rifare o riparare la loro casa, costruire pozzi per l’acqua. Si tratta di famiglie che non ricevono aiuto da nessuna par- sette costa circa tremila euro, ma giacché tutti nel villaggio si aiutano concretamente, il costo effettivo si aggira introno a duemila euro. Finora sono state aiutate una decina di famiglie. Anche qui, come a Phuket, è prezioso l’aiuto che viene dato per costruire o riparare le barche.
INDIA.
Andrea è una giovane indiana, che insieme ad altri dei Focolari, si era data da fare a Madras nei primi giorni dopo lo tsunami. Era stata anche l’occasione per individuare alcune necessità per i pescatori conosciuti e per i loro bambini. Kovalam è una località della periferia di Madras – ci racconta – formata da un insieme di molti piccoli villaggi, dove seicento famiglie sono state seriamente colpite dal maremoto. È conosciuta per una vecchia moschea, i musulmani infatti ritengono che vi abbia abitato uno dei primi discepoli di Mohammed. Vi è anche una chiesa di duecento anni fa, dedicata a Nostra Signora del Monte Carmelo e costruita da un mercante portoghese, un uomo di profonda fede cristiana che ha condiviso il suo benessere con i poveri del villaggio. Andrea aveva affidato alla gente del posto la realizzazione di alcune centinaia di reti da pesca e di quasi quattrocento divise per i bambini. In prima fila negli aiuti ci sono i giovani stessi del villaggio che si sono costituiti in associazione e stanno coordinando le varie attività. Col loro aiuto Andrea può spiegare che questa azione è il frutto della collaborazione di famiglie, giovani, bambini, anziani che vogliono costruire in questo modo la fraternità con tutti loro. Alcuni pescatori si avvicinano e la invitano a pregare insieme a loro e a ringraziare Dio per quello che è avvenuto. Ci inginocchiamo in chiesa e desiderano mettere davanti all’altare uno dei pacchi con le reti come offerta simbolica. Mi colpisce la loro fede semplice e profonda allo stesso tempo . Si avvicinano alcune donne e si rivolgono a Andrea: Tu sei diversa da altri che sono venuti e che – portando gli aiuti – desideravano avere dei cartelloni pubblicitari, si aspettavano delle ghirlande… Tu sei venuta senza tutto ciò, sei venuta, e sei diventata una di noi. Forse è questo il frutto più importante di quanto si sta facendo in Indonesia, Thailandia, India, Sri Lanka, la condivisione porta alla fraternità. di Marco Aquini (Città Nuova, N.10/2005) (altro…)
Mar 23, 2005 | Spiritualità
Ogni anno ci sentiamo avvolti in un’atmosfera speciale. E non può essere che così, perché in questi giorni ricordiamo e riviviamo, condensati, molti misteri della nostra fede. Sono questi, infatti, i giorni dell’amore, perché è tutto amore ciò di cui si fa memoria.
Giovedì Santo
Amore il sacerdozio che possiede un carattere ministeriale, e cioè di servizio e quindi d’amore concreto. Amore l’Eucarestia nella quale Gesù ci ha dato tutto se stesso. Amore l’unità, effetto dell’amore, che Gesù ha invocato dal Padre: “Che tutti siano uno come io e te”. Amore quel comando che Gesù serbò in cuore tutta la vita, per rivelarlo il giorno prima di morire: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi. Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete a vicenda”. Non possiamo passare questo giorno senza un attimo di raccoglimento, nel quale diciamo a Gesù tutta l’adesione della nostra anima a quel comando che chiamò “mio” e “nuovo”. Un comando che non ha lasciato senza spiegazione, quando ha soggiunto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.
Venerdì Santo
E’ proprio con la morte in Croce, il venerdì santo, che Gesù ci imparte l’altissima, divina, eroica lezione su cosa sia l’amore. Aveva dato tutto: una vita accanto a Maria nei disagi e nell’obbedienza. Tre anni di predicazione rivelando la Verità, testimoniando il Padre, promettendo lo Spirito Santo e facendo ogni sorta di miracoli d’amore. Tre ore di croce, dalla quale dà il perdono ai carnefici, apre il Paradiso al ladrone, dona a noi la Madre e, finalmente, il suo Corpo e il suo Sangue. Gli rimaneva la divinità. La sua unione col Padre, che l’aveva fatto tanto potente in terra, quale figlio di Dio, e tanto regale in croce, doveva non farsi più sentire, disunirlo in qualche modo da Colui che Egli aveva detto di essere uno con Lui: “Io e il Padre siamo uno” (Gv. 10,30). In Lui l’amore era annientato, la luce spenta, la sapienza taceva. Eravamo staccati dal Padre. Era necessario che il Figlio, nel quale noi tutti ci ritrovavamo, provasse il distacco dal Padre. Doveva sperimentare l’abbandono di Dio, perché noi non fossimo mai più abbandonati. Gesù ha saputo superare tale immensa prova riabbandonandosi al Padre – “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46) – ed ha così ricomposto l’unità spezzata degli uomini con Dio e fra loro. Si manifesta a noi ora come rimedio ad ogni disunità, come chiave dell’unità. Tocca ora a noi corrispondere a questa grazia e fare la nostra parte. Poiché Gesù s’è ricoperto di tutti i nostri mali, noi possiamo scoprire dietro ad ogni dolore, ad ogni separazione, lui stesso, un suo volto. Possiamo abbracciare lui in quelle sofferenze, in quelle divisioni, e dirgli il nostro sì come ha fatto lui, rimettendoci alla volontà del Padre. E Lui vivrà in noi – forse ancora doloranti – come Risorto; lo starà a dimostrare la pace che tornerà in noi.
Pasqua di Resurrezione
Gesù è fedele alla sua promessa: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, cioè nel mio amore, io sono in mezzo a loro.” Sì, dove due o più sono uniti nel suo amore si fa presente il Risorto, che porta con sé i doni dello Spirito: luce, gioia, pace, amore. E’ l’esperienza fatta con stupore sin dagli inizi quando a Trento, durante il secondo conflitto mondiale, con le mie prime compagne, avevamo fatto nostro quel comando: “amatevi come io ho amato voi” e avevamo stretto un patto: “io sono pronta a morire per te; io per te …”. Ed è proprio il Risorto che il mondo attende oggi! Attende testimoni che possano dire a tutti in verità: l’abbiamo visto con i sensi dell’anima; l’abbiamo scoperto nella luce con cui ci ha illuminato; l’abbiamo toccato nella pace che ci ha infuso; abbiamo sentito la sua voce in fondo al cuore; abbiamo gustato la sua gioia inconfondibile. Potremmo così assicurare a tutti che Lui è la felicità più piena e far risperare il mondo. Chiara Lubich (altro…)
Mar 22, 2005 | Sociale
Dal vuoto legislativo in materia di procreazione assistita, alla regolamentazione
Il Parlamento italiano, agli inizi del 2004, ha varato una legge che regola la materia della fecondazione artificiale. Dal 1984, vari governi, di diversi orientamenti politici, avevano incaricato commissioni di scienziati per l’approfondimento del problema. La legge viene varata grazie al voto trasversale di parlamentari di schieramenti opposti, col nome di “Legge 40/2004: Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”.
Il principio ispiratore della legge
Tutelare i diritti di tutti i soggetti coinvolti, in particolare quelli del concepito; arginare l’uso indiscriminato delle tecniche di procreazione artificiale che portano ad eccessi come il fenomeno delle mamme-nonne, degli embrioni congelati, degli uteri in affitto, delle tecniche eugenetiche. A pochi mesi dall’entrata in vigore della legge, sono stati proposti dei referendum per modificare quelle indicazioni che sono viste come divieti.
Un Comitato in difesa della legge
“Scienza & Vita” è il nome programmatico del Comitato, la cui nascita in Italia è stata annunciata alla stampa sabato 19 febbraio 2005. Vi aderiscono 120 personalità del mondo scientifico, culturale, politico e associativo, ma è aperto ad ulteriori adesioni. Il Comitato giudica la legge 40 sulla fecondazione assistita un risultato importante, che finalmente ha fissato delle regole per i laboratori che operano nel campo molto delicato della fecondazione umana. Sostiene che non si tratta di una legge perfetta, ma che tuttavia essa pone fine al cosiddetto «far west procreativo», assicurando ad ogni figlio le garanzie di una vita umana e la protezione di una vera famiglia, e che non è un referendum lo strumento adeguato a modificarla. Del Comitato Scienza & Vita fanno parte anche due membri dei Focolari: il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Etica sociale e Filosofia politica presso la Pontificia Università Gregoriana, e la dott. Daniela Notarfonso Cefaloni, medico, esperta in bioetica e in lavoro nei consultori.
Dossier informativo: “Per la democrazia e la vita”
Il dossier è pubblicato sul n. 3 della rivista Città Nuova del 10 febbraio, dedicato alla procreazione artificiale e ai referendum che vogliono modificare l’attuale legge 40. Nel dossier sono indicati:
- I contenuti della legge 40/2004: “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”
- Che cosa dicono i referendum
- Referendum:i perché di una scelta.
- Piccola guida della procreazione artificiale: Fecondazione artificiale omologa; fecondazione artificiale eterologa; embrioni, cellule staminali, clonazione.
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Mar 21, 2005 | Famiglie
Il Familyfest 2005 sarà presentato in Conferenza Stampa giovedì 14.4.2005, ore 12:00 nella Sala degli Arazzi della RAI, in Viale Mazzini 14 – Roma Questo evento mondiale è formato da una rete di 193 meeting, in altrettante città e capitali di 78 Paesi nei 5 continenti, rivolto alle famiglie di ogni Paese, cultura, razza e religione. Previsti oltre 150.000 partecipanti. Collegamenti interattivi con i Familyfest: Tokyo (Giappone), Teheran (Iran), Algeri (Algeria), San Paolo (Brasile), Manila (Filippine), Johannesburg (Sudafrica), Krasnojarsk (Siberia), Toronto (Canada), Zagabria (Croazia). La diretta sarà ripresa da 40 emittenti nazionali di 39 Paesi, grazie a Telespazio, Eutelsat, CRC/Canada. Promosso da Famiglie Nuove, diramazione dei Focolari, l’evento vede l’adesione di movimenti, associazioni, istituzioni civili e religiose di varie fedi. Il logo Un’unica linea stilizzata tratteggia un germoglio con tre foglie in cui si profila una colomba: la famiglia, la prima forma sociale che si apre per far nascere e sviluppare tutta la società nella fraternità e nella pace. Perché il titolo: “Familyfest… al Papa della famiglia”? Il Familyfest: un evento preparato da tempo. Dopo la scomparsa del Papa, è venuto spontaneo dedicargli questo happening sul modello di famiglia da lui sognata e proposta. Il programma farà rivivere alcuni dei momenti forti vissuti con Giovanni Paolo II dalle famiglie di tutto il mondo. L’obiettivo Il Familyfest vuole rendere visibile un tipo di famiglia che crede nei valori e diviene cellula base di una società rinnovata. Il programma Storie di famiglie: dal fidanzamento al matrimonio, dai momenti di crisi all’apertura ad adozioni difficili. Sul fronte della pace: la testimonianza di due madri una israeliana e una palestinese. Momenti di riflessione, commenti di esperti, brevi interventi di vip e di volti noti dello spettacolo. Dai collegamenti in diretta con Tokyo, con Algeri e con Teheran verrà in rilievo l’apertura interreligiosa con saluto e testimonianze di famiglie buddiste e musulmane. Numeri artistici e di folclore introdurranno le dimensioni della poesia, della bellezza, del gioco, componenti tipiche della famiglia. Intervento conclusivo di Chiara Lubich, presidente e fondatrice dei Focolari. Solidarietà – Progetto: ”Una famiglia, una casa” – Verrà lanciato in diretta dall’Ultrastadion di Manila. Il progetto, nato dalle famiglie dei quartieri più diseredati della metropoli filippina, si estende ora anche a Thailandia e Sri Lanka colpite dallo Tsunami e alle periferie di Cochabamba in Bolivia. I contributi possono essere versati: sul c/c bancario 888885 intestato a Associazione Azione per Famiglie Nuove presso Banca Intesa: CIN T ABI 03069 CAB 05092. Dal 15 al 22 aprile è possibile inviare dal proprio cellulare SMS da 1€ al numero 46211 per i clienti WIND e al numero 44770 per i clienti TIM. (altro…)
Mar 20, 2005 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
Un gruppo di giovani del Movimento dei Focolari, fra cui alcuni europei e alcuni indonesiani, da Singapore si sono recati in viaggio nella provincia di Aceh, nel nord di Sumatra, Indonesia. Riportiamo alcuni stralci del loro diario di viaggio: Obiettivo del nostro viaggio è verificare di persona le necessità di queste zone colpite e capire cosa possiamo fare concretamente, come Movimento dei Focolari, sul posto, per le vittime del maremoto. E’ stata un’esperienza indelebile, in cui siamo andati per dare ed abbiamo ricevuto molto di più. Tornando, qualcuno ci ha detto di veder tornare persone come da un pellegrinaggio in un luogo sacro. Il nostro è un gruppo variegato: asiatici, di Singapore e della stessa Indonesia, e anche qualche europeo, cristiani, musulmani e senza un riferimento religioso. Insieme ci siamo recati in Indonesia, mosaico di culture.
La nipote del re
Ad Aceh, al nostro gruppetto si aggiunge una coppia del posto – lei indonesiana, lui inglese – che ci fa da guida. Il nonno di lei è stato l’ultimo re di Sigli, nella regione est di Aceh. La loro partecipazione nel gruppo è provvidenziale, perché ci aprono tante porte. A., da noi chiamata affettuosamente “principessa” – la nipote del re – durante il viaggio ci racconta della sua famiglia: “Fino a metà del secolo scorso Aceh ha avuto vari sultanati o regni. Mio nonno ne governava uno: era il “Raja” (re) di Sigli, ed è stato assassinato nel 1950 quando l’Indonesia ha acquistato l’indipendenza dagli olandesi, formando un’unica nazione con le 16.000 isole dell’arcipelago”. Da allora si è formato un gruppo armato, il GAM (Movimento per Aceh Libera), che attraverso continue azioni di guerriglia combatte per l’indipendenza del paese. I frequenti scontri fra l’esercito regolare indonesiano e il gruppo di guerriglia armata crea insicurezza e tensione nel popolo, che fuori di questa regione è più sconosciuto che amato, più oggetto di pregiudizi che del sentimento di comune nazionalità, e Aceh è vista come una zona pericolosa. Dopo questo viaggio abbiamo scoperto gli abitanti di Aceh come veri fratelli, pieni di ricchezza spirituale.
Un incontro col dolore e con la vita
Incontriamo tantissima gente: bambini, religiosi, insegnanti, poliziotti, la gente nelle tendopoli dove sono rifugiate centinaia e centinaia di famiglie, i pescatori – la categoria più colpita, avendo lo tsunami distrutto sia le barche che le reti. Ascoltiamo le loro storie di vita e le loro necessità: ci viene un senso di sgomento di fronte a così tanto dolore e a così tanti bisogni. Ma andiamo avanti, con pace. Ci ricordiamo che è Gesù nei fratelli a dirci: “Avevo bisogno di una barca e di reti per poter vivere e tu me le hai procurate…”. Ci sorprende la generosità della gente, che sa dimenticare il proprio dolore per pensare a noi, stranieri sconosciuti: un ragazzo, con la sua spada, taglia dall’albero un frutto di cocco per ciascuno, e ci offre da bere la squisita bevanda.
Piangere insieme
Nel villaggio Kampung Cina abbiamo incontrato una giovane signora musulmana che proprio in quel momento era andata a vedere la sua casa per la prima volta dopo il disastro. Era rasa al suolo: aveva perso il marito e 8 figli! Ci ha raccontato piangendo che, mentre scappava tenendo in braccio il più piccolo di pochi mesi, ad un tratto ha visto altri due suoi bambini in pericolo ed è tornata indietro a soccorrerli. Ma in quel momento ha sentito le grida del piccino che le era sfuggito di mano travolto dall’acqua. Un’altra altissima onda è arrivata trascinando via i due figli. In questo vortice d’acqua ha perso i sensi e si è risvegliata sopra una palma da cocco. Siamo rimasti impietriti ad ascoltarla: era impossibile dirle almeno la pur minima parola. Non sapendo che altro fare, come consolarla, l’abbiamo abbracciata e abbiamo pianto con lei. Quando entriamo nella parte della città più colpita dallo tsunami e nei villaggi attorno troviamo una totale desolazione! Case svuotate di tutto per la violenza dell’acqua, la maggioranza distrutte e con montagne di macerie sopra, dove si stanno ancora raccogliendo i corpi delle vittime. Nell’impossibilità di esumare i corpi, mettono sopra una bandiera, una per ogni corpo che si pensa sia sepolto lì, in una sorta di improvvisato funerale per rispetto a quelle vite che non vanno dimenticate. Lungo la strada che porta al centro della città, a circa 3 km dal mare, due grandi navi (di 350 tonnellate ciascuna) sono addossate ad un hotel. Resteranno lì come monumento, a ricordo di questa grande tragedia. Ma il dolore più intenso è vedere la punta estrema di Banda Aceh, dove la furia del mare si è riversata con tutta la sua potenza, colpendo in tutte le direzioni e distruggendo tutto. E’ una specie di penisola stretta, con mare da tutte le parti. Solo il pavimento di quelle abitazioni è rimasto, insieme ad un cumulo di macerie. Nessun segno di vita. Abbiamo percorso due ore di macchina nel più grande silenzio, ammutoliti dallo sgomento. Forse era anche preghiera, meditazione, condivisione di una sofferenza che grida solo “perché”. Abbiamo riconosciuto un volto di Gesù Abbandonato sulla croce – Egli che ha assunto tutti i dolori, le divisioni, i traumi dell’umanità -, e allora anche la certezza, pur nel mistero, del Suo Amore personale per ciascuno.
Rimboccarsi le maniche
Cerchiamo di darci da fare: uno di noi lavora in una ditta che commercializza reti da pesca. Possiamo interessarci concretamente al problema. Facciamo i calcoli: quante reti, quanto filo monofilamento, quanto legno per costruire le barche, possibilmente con il motore, quante biciclette per permettere ai bambini di andare a scuola, quanto materiale scolastico, quanti soldi servono. Adesso tornando potremo organizzare la distribuzione degli aiuti raccolti, conoscendo una per una le necessità e i volti delle persone che vi stanno dietro (abbiamo incontrato 953 pescatori). Ci sembra di aver costruito una famiglia con tutti, cristiani e non. Ed è solo l’inizio! La nostra impressione è quella di aver assistito ai miracoli operati dalla solidarietà che questo tsunami ha provocato in tutto il mondo. Si constata la generosità di gruppi, ong, congregazioni… e c’è posto per tutti! Il motto sullo stemma nazionale dell’Indonesia è: “Unità nella diversità”. Ci sembra che questo immenso Paese, dopo la terribile prova, sia più vicino all’unità. (altro…)
Mar 5, 2005 | Chiesa
Una solenne concelebrazione eucaristica per invocare la completa guarigione del Papa è stata officiata da 90 Vescovi, amici dei Focolari, provenienti da 47 Paesi dei 5 continenti, riuniti a Castelgandolfo per il loro annuale Convegno spirituale. La notizia del nuovo ricovero del Papa, che ha suscitato sorpresa e trepidazione, è giunta poco prima della conclusione dell’incontro, iniziato il 19 febbraio. Prima di partire, i Vescovi hanno inviato al Santo Padre un messaggio di gratitudine e di assicurazione di preghiere per il suo pronto ristabilimento: “Uniti con tutta la Chiesa chiediamo per Lei specialissime grazie”. I Vescovi esprimono al Papa profonda gratitudine “per il luminoso esempio di fede e di amore con cui affronta questa nuova prova e per il suo ministero che è tutto dono!”. Una nota saliente del Convegno è stata proprio lo scambio di messaggi con il Papa. Inattesa una sua lettera autografa, giunta in apertura dell’incontro, indirizzata al Card. Miloslav Vlk. “Davvero, Lei è colui che ‘più ama’ e ‘conferma i fratelli’”, gli hanno scritto in risposta i Vescovi. Giovanni Paolo II, nel suo messaggio, aveva indirizzato un pensiero speciale a Chiara Lubich, esprimendole la sua riconoscenza
per la “testimonianza evangelica che il Movimento rende in tante parti del mondo”. Richiamandosi al tema dell’incontro, aveva incoraggiato i Vescovi a “testimoniare nell’odierna società la presenza di Cristo risorto, centro della Chiesa” e “principio vitale” che non può non suscitare una “rinnovata vitalità apostolica” e una “audacia missionaria” rispondenti alle sfide dei nostri tempi. Aveva quindi invitato i partecipanti ad essere “segni eloquenti” dell’amore del Signore crocifisso e risorto, presente nel sacramento dell’Eucaristia, e “artefici della sua pace in ogni ambiente”. Chiara Lubich, nel suo intervento letto da Natalia Dallapiccola, una delle sue prime compagne, ha sottolineato che “Gesù risorto non è una presenza statica”, ma agisce essendo “principio unificante e quindi attivo: l’amore”. “Ma ciò – ha aggiunto – richiede la risposta dell’uomo”. “Ogni divisione nella comunità altera l’identità profonda della Chiesa. Ecco perché la Chiesa non è, a volte, amata”. “E’ la reciprocità, la comunione, che rende ‘visibile’ il Signore”. Toccanti le testimonianze dei Vescovi di vari Paesi: esperienze di fecondità evangelizzatrice, di riappacificazione tra etnie diverse e tra politici in terre ferite da conflitti, come in Burundi e Centroamerica. Non sono mancate testimonianze di Vescovi, sacerdoti e laici sulla “rinnovata vitalità apostolica” suscitata dalla presenza del Risorto, nel dialogo ecumenico e interreligioso e nel campo politico e sociale. (altro…)
Mar 5, 2005 | Chiesa
La notizia del ricovero del Papa, che ha suscitato sorpresa e trepidazione, è giunta poco prima della conclusione del 29° Convegno spirituale di Vescovi amici del Movimento dei Focolari riuniti al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo dal 19 al 25 febbraio 2005. Prima di partire hanno inviato al Papa il seguente messaggio: Santo Padre carissimo, prima di ripartire da Castelgandolfo, vogliamo farle giungere un calorosissimo saluto assieme ai più vivi auguri di una pronta ripresa. Uniti con tutta la Chiesa, in incessante preghiera, assieme a Maria Santissima chiediamo per Lei specialissime grazie e il conforto dello Spirito Consolatore. Grazie, Santo Padre, per il luminoso esempio di fede e di amore con cui affronta questa nuova prova. Grazie per il Suo ministero che è tutto dono!”. Una nota saliente di questi giorni è stato proprio lo scambio di messaggi con il Papa. Una sua lettera autografa, inattesa in questi giorni di infermità, indirizzata al Card. Miloslav Vlk, promotore dell’incontro, ha dato un’intonazione forte ed incisiva al Convegno. “Davvero, Lei è colui che ‘più ama’ e ‘conferma i fratelli’”, hanno scritto in risposta i Vescovi. Giovanni Paolo II aveva indirizzato un pensiero speciale a Chiara Lubich, esprimendole la sua “riconoscenza per la testimonianza evangelica che il Movimento rende in tante parti del mondo”. Riferendosi al tema del Convegno – “La presenza del Risorto in mezzo al suo popolo: principio vitale della Chiesa del terzo millennio” – il Papa ha incoraggiato i Vescovi a “testimoniare nell’odierna società la presenza di Cristo risorto, centro della Chiesa” e si è detto convinto che da un’adunanza basata su questo “principio vitale” non può non sorgere una “rinnovata vitalità apostolica” e una “audacia missionaria” rispondenti alle sfide dei nostri tempi. Ha quindi invitato i partecipanti ad essere “segni eloquenti” dell’amore del Signore crocifisso e risorto, presente nel sacramento dell’Eucaristia, e “artefici della sua pace in ogni ambiente”. Riprendendo l’appello del Papa, gli interventi dei Vescovi che hanno trascorso insieme giorni di intensa fraternità, hanno dato voce alle numerose sofferenze dell’umanità: guerre, fame, malattie, situazioni politiche ed economiche precarie; ma nello stesso tempo hanno trasmesso una fede ancora più grande nell’agire di Dio che spinge ad un’azione decisa ed illuminata. Così, il Vescovo Simon Ntamwana del Burundi ha raccontato di come l’episcopato del Paese si adopera per creare fra la gente, dopo gli anni difficili che ha vissuto il Paese, una cultura di pace e di riconciliazione. Un Vescovo del Centroamerica, sostenuto da quanto aveva sperimentato nel Convegno dell’anno scorso, ha comunicato come, a partire dalla spiritualità di comunione, è riuscito a svolgere una sorprendente funzione di riappacificatore fra i politici. Un Vescovo della Tanzania, Desiderius Rwoma, ha parlato della diffusione del Vangelo attraverso la costituzione di piccole comunità cristiane, formate spiritualmente, che cominciano ad attirare numerose persone ancor lontane dal cristianesimo. Approfondendo la promessa di Gesù di farsi presente là “dove due o tre sono uniti” nel suo nome (cf. Mt 18,20), Chiara Lubich nel suo intervento – letto da Natalia Dallapiccola, una delle sue prime compagne – ha sottolineato: “Gesù risorto non è una presenza statica”, ma agisce essendo “principio unificante, e quindi attivo: l’amore”. “Ma ciò – ha aggiunto – richiede la risposta dell’uomo”. “Ogni divisione nella comunità è perciò contro natura” anzi, “per essa viene alterata l’identità profonda della comunità che è Cristo presente… Ecco perché la Chiesa non è, a volte, amata”. Occorre pertanto portare i rapporti fra i credenti sempre più “alla reciprocità, alla comunione, che rende ‘visibile’ il Signore”. Consci dell’odierna situazione mondiale, i Vescovi presenti si sono mostrati profondamente sensibili a queste affermazioni che nei giorni successivi si sono approfondite attraverso una serie di riflessioni culturali: del filosofo Giuseppe Maria Zanghì sulla svolta epocale in atto e su sviluppi del dialogo accademico con indù e buddisti; dei due teologi Hubertus Blaumeiser e Brendan Leahy su aspetti di una comprensione della Chiesa che ponga al centro la presenza del Risorto in mezzo ai suoi; della sociologa brasiliana Vera Araujo sulla persona nella società globale. A questi contributi di riflessione hanno fatto da riscontro testimonianze di Vescovi, sacerdoti e laici sulla “rinnovata vitalità apostolica” suscitata dalla presenza del Risorto. La dimensione ecumenica è stata aperta con esperienze sul dialogo della vita tra Vescovi di diverse Chiese e sul cammino di comunione tra movimenti e comunità, reso visibile a Stoccarda nella grande manifestazione del maggio scorso “Insieme per l’Europa”, sulla quale è intervenuto il pastore evangelico Friedrich Aschoff. La dimensione politica è stata illustrata da Lucia Crepaz, presidente del “Movimento politico per l’unità”, che, a partire dall’esperienza ormai decennale di questo Movimento, ha tracciato l’identikit di un’azione politica che s’ intende come servizio alla società e, scegliendo come metodo il dialogo, sa fare senza preclusione “rete fra le diversità”. Particolare interesse, in questo momento di forte crisi dell’istituto famigliare, ha suscitato l’annuncio del “Familyfest” del 16 aprile prossimo, da parte di Annamaria e Danilo Zanzucchi, responsabili del Movimento Famiglie Nuove dei Focolari, volto a dare visibilità alla realtà della famiglia secondo il disegno di Dio e sullo sfondo delle sfide attuali. Molti Vescovi hanno espresso il loro desiderio di cooperare alla realizzazione dei Familyfest che si svolgeranno nelle loro nazioni. Ne sono previsti infatti 120 in tutto il mondo, collegati in diretta televisiva con Roma. “Ho avvertito qui un Vangelo fresco”, ha dichiarato al momento delle conclusioni uno dei 20 partecipanti dell’Africa presenti, il Vescovo Jean Ntagwarara del Burundi. Ed esprimendo una convinzione condivisa da numerosi suoi confratelli: “Vivere la spiritualità di comunione è il rimedio che può guarire le tante ferite del nostro popolo”. E così si è espresso il vescovo Giovanni Dettori della Sardegna: “Questa unità mi dà forza: si sperimenta che siamo un cuor solo e un’anima sola”. La constatazione più frequente dei partecipanti era infatti quella di aver sperimentato nei giorni del Convegno “Gesù vivo”, non solo quello di 2000 anni fa, ma il Gesù che ancora oggi tocca i cuori e muove menti e braccia ad agire in un modo conforme al suo Vangelo e ad esprimere il dono del suo amore fra gli uomini. Momenti particolarmente intensi, nel contesto di quest’anno dedicato all’Eucaristia, sono state le concelebrazioni animate di giorno in giorno dai Vescovi di un Continente diverso con elementi caratteristici della loro cultura. (altro…)
Mar 4, 2005 | Cultura
Da quasi vent’anni lavoro come Operatore Sociale nel campo delle tossicodipendenze. Attualmente mi occupo di soggetti in doppia diagnosi e sto collaborando ad un progetto di ricerca destinato a stabilire criteri di revisione empirica dei risultati per le comunità terapeutiche. La mia attività professionale è iniziata quasi per caso (mi stavo laureando in matematica), dopo aver sperimentato, in alcune attività di volontariato, che applicando in modo molto semplice alcune tra le intuizioni di Chiara Lubich sul modo di amare il prossimo, riuscivo ad entrare profondamente in rapporto con questi ragazzi. Era motivo di interesse anche per me il constatare come il loro percorso terapeutico ed educativo ne fosse arricchito in modo significativo. In capo ad alcuni anni, i frutti di questo lavoro hanno iniziato ad essere degni di attenzione e dentro di me si è sviluppata la convinzione che ciò non poteva essere un caso; doveva necessariamente esserci una precisa relazione di causa ed effetto che giustificasse i risultati che stavano emergendo. Avevo l’impressione di essermi imbattuto in qualche modo in una novità dalle potenzialità significative. Ho sentito quindi l’esigenza di approfondire ciò che stava accadendo e cercare di tradurlo in un modello teorico ben strutturato e quindi in opportune strategie d’intervento.
Come mettersi in relazione con l’altro
In questi anni le riflessioni in tal senso sono state molte, ma forse il concetto sociologico che mi è stato più utile in questo lavoro di ricerca, è stato quello di empatia. Il sociologo Achille Ardigò, per esempio, la descrive come la capacità di un attore sociale di mettersi intenzionalmente di fronte ad un altro uomo per fare un’esperienza di relazione. Il rendersi conto, cioè, di ciò che l’altro vive in profondità, non commisurandolo con la propria esperienza e non riducendolo a propri schemi ma riconoscendolo nella sua alterità. L’empatia non è vista quindi come un atto mentale ma come un’esperienza attraverso cui l’attore sociale va oltre il mondo di vita quotidiano e si apre ad altre esperienze, anche di rapporto con altre persone. Carl Rogers, uno tra gli autori che più hanno contribuito all’approfondimento del termine, la descrive come la “capacità di vivere momentaneamente la vita dell’altro”. Nel ‘59 egli afferma che ciò significa: “il percepire la cornice interna di riferimento dell’altra persona con accuratezza, con la componente emozionale e con i significati che le appartengono e per di più come se uno fosse l’altra persona”. E’ quasi impossibile non rilevare evidenti similitudini tra l’empatia così come l’abbiamo definita e ciò che Chiara Lubich, nell’esplicarsi del suo pensiero spirituale ha chiamato “Farsi Uno”, idea fondamentale nella relazione di reciprocità così come lei l’ha intuita. Si tratta di un’espressione già presente in alcuni autori, in particolare della scuola fenomenologica, ma che in questo contesto si arricchisce di nuovi significati. Ho scelto alcuni tra i tanti passi in cui lei descrive questo concetto e la “tecnica” per viverlo in modo efficace: “Amare “come sé” l’altro, l’altro sono io. E lo amo come me: ha fame, sono io che ho fame; ha sete, sono io che ho sete; è privo di consiglio, ne sono privo io.” Oppure: “Occorre fermarsi e sentire con il fratello: farsi uno finché ci si addossa il suo peso doloroso o si porta assieme quello gioioso…. Questo farsi uno esige la continua morte di noi stessi.” Ancora: “Farsi uno con ogni persona che incontriamo: condividere i suoi sentimenti; portare i suoi pesi; sentire in noi i suoi problemi e risolverli come cosa nostra fatta uno dall’amore…” “Nel farsi uno occorre essere totalmente e per tutto il tempo staccati da sé. C’è infatti – noi lo sappiamo – chi per attaccamento a sé o a qualcos’altro non ascolta fino in fondo il fratello, non muore tutto nel fratello e vuol dare risposte raccolte via via nella sua testa…” Questo discorso, può essere esteso con molta facilità a quelle che Roger e la sua scuola hanno chiamato “tecniche di comprensione empatica” che tuttora sono molto attuali nel counseling e vengono utilizzate da molti operatori del sociale. Per descriverle esaurientemente occorrerebbe molto tempo; metteremo in luce solo alcune caratteristiche essenziali. La comprensione empatica, si fonda su tre presupposti fondamentali che sono l’empatia, la congruenza (o coerenza interiore del terapeuta) e l’accettazione positiva dell’altro, presupposti che sono non solo presentissimi, ma addirittura indispensabili per chiunque voglia farsi uno col suo prossimo. L’approccio Rogersiano, inoltre, si avvale di tutta una serie di atteggiamenti non verbali che servono a mettere a proprio agio la persona che si ha davanti, tranquillizzarla e “farla sentire importante” (la postura, lo sguardo, il silenzio interiore per far posto all’altro…) che, come abbiamo appena letto, sono indispensabili e particolarmente evidenti in chiunque si stia “facendo uno ”. Si potrebbe continuare a lungo…
Rimuovere il primato dell’Io
Non si può, però, non mettere in luce una profonda e fondamentale differenza, e cioè quella necessaria “morte del proprio io” che Chiara Lubich ripete ogni volta descrivendola come passaggio obbligato e indispensabile. Si sviluppa in questo modo una visione per così dire alterocentrica che non si accontenta del semplice atto di mettersi nei panni dell’altro ma richiede una rivoluzionaria operazione di autoannullamento; si fonda, penso per la prima volta, la relazione con l’alter rimuovendo il primato dell’io. Molti dei moderni approcci nel sociale insistono sull’idea di reciprocità che di conseguenza rischia di essere un po’ inflazionata, ma penso di poter affermare che nessuno di essi si avvicina ad un concetto di reciprocità così puro e così profondo. A mio avviso, però, non bisogna assolutamente fare l’errore di considerare queste riflessioni dal punto di vista puramente speculativo in quanto esse posseggono un campo d’applicazione infinito nella pratica quotidiana e, a maggior ragione nell’agire di un operatore sociale. Nel mio caso, per esempio, hanno permesso di modificare integralmente il mio modo di condurre colloqui aiutandomi a sviluppare tecniche molto efficaci e di facile applicazione. Ho sperimentato più volte che l’atto di rimozione del proprio sé, che abbiamo appena descritto, permette all’individuo che si ha davanti di donarsi perché trova in chi lo sta accogliendo un vuoto da riempire. Così facendo la persona che ha bisogno di aiuto perde, per così dire, la posizione subordinata rispetto a chi la sta accogliendo, si sente di nuovo protagonista del proprio agire e ciò può aiutarla a mettere da parte le sue diffidenze e i suoi meccanismi di difesa per aprirsi in modo spontaneo e più profondo. Molto spesso, persone chiuse e difese, di fronte a questo vuoto posto in essere per amore, si sono, per così dire, “sciolte” e sono riuscite ad aprirsi. Mi sembra importante aggiungere che un siffatto modo di operare non sminuisce la figura di sostegno rappresentata dal terapeuta, anzi, attraverso questo agire comunicativo di grande efficacia, la rafforza in quanto l’annullamento di sé per amore non è uno scomparire ma diventa una profonda espressione dell’essere. Inoltre, ho sperimentato che è possibile mettere in relazione o per usare un termine un po’ improprio, ”fondere“, il nuovo approccio che stiamo descrivendo con teorie o tecniche preesistenti, arrivando a risultati interessantissimi e di grande valore sociologico e socio terapeutico. In questo caso, non si può parlare della superiorità di una impostazione rispetto all’altra in quanto dalla fusione dei due paradigmi nasce prende corpo una sorta di “terza via” che li comprende e arricchisce entrambi caricandoli nuova bellezza e di nuovi significati …. Nel nostro caso, per esempio, il farsi uno può arricchire e rendere più facilmente applicabili le tecniche di ascolto empatico e allo stesso tempo quest’ultime possono fornire uno strumento per farsi uno in modo più efficace. Un altro aspetto da sottolineare, è che in base a quanto abbiamo detto, tecniche e modi di agire che prima erano patrimonio esclusivo di pochi esperti possono trasformarsi, con le dovute cautele, in strumenti efficaci e alla portata di tutti.
Un fatto
Per spiegarmi meglio ricorrerò ad un episodio accadutomi qualche mese fa. Si trattava della situazione del nipote di un mio amico, dopo aver perso prematuramente il padre, aveva iniziato a manifestare preoccupanti sintomi di disagio: aveva lasciato la scuola, sembrava del tutto indifferente verso il proprio futuro, si era chiuso fortemente in se stesso e lasciava intravedere i primi sintomi relativi all’utilizzo di sostanze stupefacenti per così dire “leggere”. Nel momento in cui i familiari della madre, preoccupati da una situazione che stava degenerando, hanno cercato di aprirle gli occhi su quanto stava accadendo, come spesso succede, la donna ha innescato nei loro confronti un meccanismo di rifiuto molto violento. Li ha accusati di giudicare negativamente ciò che non capiscono, e di sparare sentenze. Asseriva che il ragazzo passava una normalissima crisi adolescenziale e non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno; li ha tacciati di invidia, di atteggiamento subdolo ecc. A grandi linee è questo il quadro che mi era stato presentato; appariva evidente che qualunque intervento da parte mia o di chiunque operi nel sociale avrebbe rischiato di scatenare una reazione ancor peggiore. Cosa fare a questo punto? La mia esperienza mi portava a ipotizzare che probabilmente per tranquillizzare la donna, poteva essere produttivo utilizzare una metodologia spesso usata in questi casi, che consiste nell’esprimere il proprio punto di vista non attraverso una verità oggettiva che può suonare come una sentenza (con frasi del tipo: “tuo figlio ha un problema”) ma come vissuto personalissimo (attraverso espressioni inconfutabilmente vere ma soggettive del tipo: “Sai, sono preoccupato e questa preoccupazione mi fa star male“). Rimaneva in piedi il problema di spiegare questa tecnica ad una persona che normalmente non si occupa di queste cose. Allora ho pensato che poteva essere importante iniziare consigliandogli di “farsi uno” con la sorella, (forte del fatto che lui sapeva bene di cosa io stessi parlando), chiederle quindi scusa per quanto era successo; accoglierla nel suo evidente dolore, non dare consigli e ascoltarla fino in fondo. Solo a quel punto era eventualmente possibile accennare al problema del figlio ma presentandolo come preoccupazione personale e non come situazione oggettiva. Anche qui il passaggio fondamentale era rappresentato da un atto di “spogliamento” dal proprio sé in quanto era necessario liberarsi completamente del look da “persona brava e saggia” per presentarsi con molta umiltà e dare all’altro la possibilità di esprimersi con libertà. Il risultato è stato notevole, perché di fronte a questo inaspettato atteggiamento di vuoto interiore, la sorella ha avvertito l’impulso di riempirlo col proprio amore e di conseguenza si è aperta tantissimo dando sfogo a tutte le sue preoccupazioni ed alla giusta disperazione di una madre che vede la situazione sfuggirle di mano… Mi sembra che in questo caso sia avvenuta proprio la dinamica di cui parlavamo un attimo fa; l’approccio empatico è stato compreso ed applicato in modo efficace in quanto chi lo ha usato era partito dal presupposto di farsi uno con l’altro. Allo stesso tempo, però, chi voleva farsi uno fino in fondo è riuscito a farlo in modo migliore applicando intelligentemente la tecnica che gli era stata spiegata. Ne è risultata una tecnica nuova che, forte di entrambe le impostazioni, è riuscita a risolvere il problema. Una cosa importante da mettere in luce è che quest’esperienza è stata fatta da una persona che non aveva nessuna pratica nella cosiddetta relazione di aiuto. Essendo però un “esperto” nel farsi uno ha potuto utilizzare questa sua risorsa spirituale ma anche (e in questo caso soprattutto) culturale per comprendere al meglio una metodologia a lui sconosciuta ed applicarla con successo creando un rapporto reciproco di tipo empatico.
Tappe del percorso socio-terapeutico. Parola d’ordine: condivisione
Incoraggiato dai primi risultati, ho pensato di proseguire su questa strada. Il passo successivo è stato quello di elaborare dei gruppi di incontro che, forti di quanto abbiamo appena descritto, spingessero verso un’esperienza di condivisione e reciproco aiuto, attori sociali che per anni avevano vissuto in uno stato di totale isolamento, rinchiudendosi in se stessi e filtrando ogni rapporto con l’alterità attraverso quelle forme di gratificazione autoreferenziale che sono tipiche della tossicodipendenza. La letteratura e le varie esperienze già esistenti in tal senso mi sono venute in aiuto fornendomi strumenti particolarmente efficaci; mi riferisco in particolare ad alcuni gruppi d’animazione che utilizzano giochi interattivi proposti dalla scuola bio-energetica, ed ad altri gruppi di approccio rogersiano o appartenenti a quello che comunemente viene definito approccio socio-affettivo). La mia idea era abbastanza semplice: scegliere alcuni tra questi strumenti e concatenarli in un opportuno percorso socio-terapeutico da proporre ai ragazzi che stavo seguendo, indicando, però, come presupposto fondamentale, un’idea di condivisione basata su quel particolare rapporto interpersonale di tipo empatico che abbiamo appena descritto. Anche qui alcune tra le idee di Chiara Lubich mi hanno aiutato ad arricchire queste metodologie di nuovi contenuti. Faccio riferimento, in particolar modo, ad alcuni “passaggi” che lei consiglia e che si sono rivelati particolarmente efficaci per aiutare piccoli gruppi di individui che vogliano portare avanti un percorso di condivisione e di crescita attraverso un rapporto di reciproco amore fraterno.
Un patto di solidarietà
La prima fase di questo percorso è rappresentata da un “Patto” che può essere descritto come un “Patto di solidarietà e reciproco aiuto”. Si tratta di un passaggio fondamentale che ha lo scopo di aiutare gli individui coinvolti a cementare il rapporto interpersonale ed a rimuovere gli atteggiamenti egocentrici per interessarsi attivamente gli uni agli altri. In questa fase, che può prevedere più di un incontro, può essere opportuno inserire momenti che utilizzano strumenti classici come sociogrammi o altre attività interrelazionali opportunamente riadattate e tradotte in giochi interattivi che aiutano a conoscersi meglio ed entrare in rapporto in modo più profondo. Arricchite dallo spirito di reciprocità e condivisione appena descritto, queste attività acquistano nuova linfa e nuovi significati.
Giochi interattivi
Per fare un esempio, un’idea apparentemente semplice che però ha dato risultati molto interessanti è stata un “gioco” nel quale ognuno estrae a sorte il nome di un componente del gruppo e si impegna per una settimana ad avere nei suoi confronti un’attenzione particolare, a conoscerlo meglio, a stargli vicino e sostenerlo nei momenti di difficoltà… In questo modo ognuno si trasforma in una sorta di tutor, di supervisore della vita dell’altro (per dirla come direbbe un bambino, ognuno si trasforma in un piccolo “angelo custode”) ed è spinto ad uscire dal suo mondo per lasciar spazio all’altro. Inoltre, il risultato dell’estrazione è segreto e ciò contribuisce a creare uno stimolante clima di curiosità. Sarebbe lungo descrivere dettagliatamente i risultati ottenuti, ma lo stupore e l’entusiasmo spesso dimostrato dai partecipanti, nonché il modo in cui sono riusciti concretamente ad aiutarsi, a mio avviso merita molta attenzione. Un aspetto da sottolineare, è che, a prescindere dalle tecniche che si decide di utilizzare, se il suddetto Patto, per così dire, “vacilla”, ossia per qualsivoglia motivo viene a diminuire la volontà di mutuo aiuto descritta, questi gruppi e anche quelli seguono si ritrovano ad essere quasi del tutto svuotati di significato e perdono ogni efficacia.
Scambio di esperienze
Procedendo in questo senso, successivamente è stato possibile strutturare altri incontri basati su uno scambio molto intenso di esperienze vissute e di stati d’animo. Anche qui lo scopo è quello di aiutare i ragazzi ad evadere dalla prigione rappresentata dagli atteggiamenti egocentrici e spingerli a condividere il proprio mondo interiore. Ciò può essere fatto in vari modi, a condizione che lo scambio esperienziale non risulti fine a se stesso ma sia un dono reciproco tra chi parla e chi accoglie.
Una cartolina della tua vita
Anche qui mi limiterò ad un solo esempio: una tecnica tra le tante che si sono mostrate efficaci, è stata quella di chiedere ad ogni componente del gruppo, di regalare una “cartolina della sua vita”, narrando un vissuto emozionalmente significativo in modo da creare un’atmosfera empatica che permettesse agli altri di riviverlo, in un certo senso, assieme a lui. Normalmente questi gruppi assumono contenuti emozionali molto forti. A volte però succedeva che il clima empatico non decollava. In questi casi, indagando sul perché emergevano quasi sempre situazioni di conflitto irrisolto tra alcuni ragazzi. Ciò, come abbiamo già messo in luce, è un’altra conferma dell’importanza terapeutica dell’ aver aderito al Patto sopraccitato in modo pieno e sincero…
Migliorare insieme
Infine, nel momento in cui, attraverso questo percorso, il rapporto tra le persone coinvolte era maturato in modo sufficiente, è stato possibile compiere un ulteriore passo avanti, facendo ricorso a tecniche più impegnative. Mi riferisco in particolare ad una tipologia di gruppo in cui i partecipanti, spinti da una indispensabile volontà di aiutarsi reciprocamente, scelgono una persona e, sotto la guida di un moderatore, gli dicono con rispetto ma in modo molto chiaro prima quali sono i suoi difetti e le cose che dovrebbe migliorare per andare avanti nel suo cammino e successivamente quali sono i suoi pregi ed i suoi punti di forza. Si tratta di un momento (che potremmo definire “della verità”) da gestire con molta attenzione a causa della delicatezza delle problematiche e della possibile fragilità di alcune persone coinvolte. Metodologie simili sono presenti, con qualche differenza, in diversi approcci classici, ma ciò che in questo caso fa la differenza, è proprio lo sforzo di uscire da se stessi per concentrarsi sulle caratteristiche e le problematiche dell’altro. Devo ammettere che spesso i risultati di questi gruppi mi hanno commosso; non avrei mai immaginato sviluppi del genere. Ragazzi molto duri, incattiviti dalla vita, diffidenti e restii al rapporto con gli altri, si sono sciolti creando un clima empatico difficilmente descrivibile. Lo stupore e l’entusiasmo da loro dimostrato ha facilitato il rapporto comunicativo con me e tra di loro in un modo che non avevo mai visto e troppo evidente per essere casuale. Ho ripetuto la cosa più volte e con attori sempre diversi per essere sicuro che i risultati non dipendessero dal particolare campione di persone scelto ma le conseguenze sono state pressoché identiche. E’ chiaro che una esperienza ripetuta così tante volte con gli stessi risultati non può essere frutto di circostanze accidentali. Si tratta sicuramente un discorso da sviluppare, in quanto stiamo parlando di strumenti ancora in embrione ma, a mio avviso, già da questi primi timidi risultati emergono con forza l’efficacia e l’aspetto rivoluzionario del patrimonio socio-culturale che scaturisce dall’esperienza di fraternità universale proposta da Chiara Lubich. (altro…)
Mar 3, 2005 | Cultura
L’Economia di Comunione (EdC) è sempre più una realtà in dialogo con istituzioni del mondo politico, civile, religioso, che vedono nel modello EdC un seme di risposta alle domande di solidarietà e di giustizia nel mondo dell’economia.
Riportiamo qui di seguito alcuni eventi in programma per il 2005:
Sportello di orientamento e di sostegno alle imprese del territorio secondo l’economia di comunione:nell’ambito del Quadro Cittadino di Sostegno del Comune di Roma, lo sportello offre un’attività di consulenza e orientamento per le imprese e altri servizi.
- In varie città d’Italia, Europa e in Brasileprendono vita nuove scuole di formazione all’economia di comunione.
Secondo Convegno su economia e felicità All’Università di Milano/ Bicocca, con il professore indiano Amartya Sen, premio Nobel per l’economia Piazza dell’Ateneo Nuovo, 1 16 – 18 giugno 2005
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Mar 3, 2005 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Incontro tra la Federazione trentina delle cooperative ed Economia di Comunione
Una delegazione della Cooperazione Trentina si è recata in visita a Loppiano e al nascente Polo imprenditoriale “Lionello Bonfanti”. Da tempo i vertici della Federazione maturavano il desiderio di conoscere l’Economia di Comunione di cui avevano avuto notizia attraverso articoli o casuali contatti. La delegazione trentina era guidata dal Presidente dott. Diego Schelmi, insieme a 20 dirigenti, rappresentativi dei vari settori della produzione, del consumo, del credito e della cooperazione sociale.
Federazione Trentina delle Cooperative
Da 110 anni è il cuore della cooperazione attiva nella provincia di Trento, con oltre 180.000 soci in circa 630 società cooperative: 120 nel settore agricolo, 104 nel consumo, 66 nel credito e 340 nell’ambito del sociale, lavoro, servizi e abitazione. Attraverso la formazione dell’uomo-cooperatore e la promozione degli ideali cooperativi soprattutto fra i giovani, la Federazione contribuisce a mantenere vivo il patrimonio di storia e di solidarietà sociale del popolo trentino. Dall’incontro a Loppiano emerge come la Cooperazione Trentina – che ha una lunga tradizione di solidarietà, di operosità e di impegno nell’economia sociale e nel tessuto capillare del Trentino – costituisca una sorta di retroterra per l’Edc, se si guarda come parte integrante di quella cultura nella quale Chiara Lubich nacque e crebbe, tessuto sociale al nuovo carisma dell’unità che si sarebbe via via manifestato, diffuso e concretizzato anche in una nuova esperienza economica. Nell’intervento del prof. Luigino Bruni risulta significativa “L’importanza nell’economia di oggi di attuare due esigenze del Vangelo: essere ‘città sul monte’ -, la cittadella della Cooperazione in progetto a Trento da parte della Federazione, e i Poli industriali come laboratori economici per l’Edc – ed essere ‘sale e lievito’ – la capillarità delle cooperative nel territorio trentino, e le quasi 800 imprese di Edc immerse nell’imprenditoria di tutto il mondo. Ricorre una promessa: quella di consolidare la reciproca conoscenza, perché nelle due diverse esperienze economiche, si confermi l’impegno a formare persone che sappiano agire economicamente in modo evangelico e costruiscano e diffondano una nuova cultura economica. Alla fine della giornata si respira la forza genuina di due ispirazioni di solidarietà e di comunione che potranno efficacemente ‘cooperare’ per l’unità. ‘Unitas’ è, infatti, la frase incisa nello stemma centenario della Federazione delle cooperative trentine. E “Unità” declinata come “comunione” è lo scopo delle aziende e il fulcro del pensiero del Movimento economico di comunione.
Sportello di orientamento e di sostegno alle imprese del territorio secondo l’Economia di comunione
Nell’ambito del Quadro Cittadino di Sostegno del Comune di Roma, lo sportello ha in progetto di:
- Offrire un servizio di consulenza e orientamento per le imprese
- Facilitare l’acquisizione di competenze adeguate alla creazione di imprese mediante corso di formazione
- Diffondere la conoscenza del modello Economia di Comunione anche nelle scuole del territorio
- Sostenere e accompagnare gli imprenditori che aderiranno
Enti promotori: Comune di Roma – Municipio VII – Borgo Ragazzi don Bosco – Associazione “Nuove vie per un mondo unito” (altro…)
Mar 3, 2005 | Cultura
Prima scuola sociale dell’economia di comunione
Cosa significa operare per un’ economia che dia spazio al principio di reciprocità, alle virtù civili, alla comunione?Può un’impresa al tempo stesso essere solidale ed efficiente? A queste ed altre domande cerca di rispondere la prima scuola sociale dell’economia di comunione, attraverso un ciclo di lezioni a Villapiana Lido (Cosenza). Il 21 gennaio c’è stata l’inaugurazione della scuola con il primo modulo di lezioni tenute dal prof. Luigino Bruni, con circa un centinaio di persone provenienti da tutta la Calabria e dalla Sicilia. Le altre lezioni si svolgeranno, con scadenza mensile, fino al maggio 2005. Nata in collaborazione con la Diocesi di Cassano all’Ionio, la scuola di formazione sociale si rivolge ad operatori economici, imprenditori, studenti e quanti sono interessati ad una visione di economia incentrata sul principio di reciprocità.
Calendario dei lavori 2005
21 gennaio: Inaugurazione 22 gennaio: Alcuni concetti fondamentali di una economia civile e di comunione – prof. Luigino Bruni 25/26 febbraio: Fiducia e incentivi nelle organizzazioni – prof. Vittorio Pelligra 18/19 marzo: Fiducia e incentivi nelle organizzazioni – dr. Giovanni Mazzanti e consulenti Gm&p consulting network 22/23 aprile: Bilancio sociale e bilancio a più dimensioni – dr.ssa Elisa Golin 20/21 maggio: Economia come impegno civile – prof. Stefano Zamagni
“Scuola Mediterranea dell’Economia di Comunione”
L’11 febbraio 2005, a Benevento (presso il Centro Mariapoli Faro) è stata inaugurata la Scuola Mediterranea dell’EdC, con partecipanti da Campania, Abruzzo, Puglia, Molise e Basilicata. Collegate in videoconferenza la Sicilia e la Sardegna, mentre la Calabria, e Malta erano collegate via audio. Approfondito il tema: “Dio amore e l’economia”, a cui sono seguite esperienze di imprese. Antonietta Giorleo e Luigino Bruni hanno svolto i temi di riflessione, mentre l’imprenditore pugliese Enzo Scarpa ha donato la sua esperienza di imprenditore EdC. E’ seguito un ricco e partecipato dialogo con i 250 presenti e con tutte le sedi collegate. I prossimi appuntamenti: 1 aprile e 3 giugno 2005.
Nuove scuole di formazione all’EdC
Croazia, Mariapoli Faro: il 29 e 30 Gennaio è stata inaugurata vicino Zagabria la Scuola di formazione all’EdC per il Sud-Est europeo. 140 i partecipanti, che, insieme ad Alberto Ferrucci e Luigino Bruni, hanno riflettuto sul significato dell’amore nella vita economica. Il 31 maggio l’EdC è stata presentata con due conferenze alla facoltà di Pedagogia e a quella di Economia nell’Università di Zagabria. Prima Scuola di Formazione per operatori nel Semiarido – Fortaleza, Brasile Nel luglio 2004 il Governo dello stato del Cearà aveva promosso un simposio con alcuni rappresentanti dell’EdC, per studiare insieme un progetto culturale nella zona del semiarido, dove vivono, in condizioni di disagio, oltre un milione di contadini. Da quel primo incontro è nata l’idea di una scuola di formazione, “Escola de economia humana do projeto sertão vivo”, che sarà inaugurato il prossimo 11 marzo a Fortaleza, con la presenza del Governatore dello Stato del Cearà, e del ministro dell’agricoltura. (altro…)
Feb 28, 2005 | Nuove Generazioni
In questo popolo nato dal Vangelo e ormai diffuso in tutto il mondo, ci sono anche bambine e bambini che condividono la spiritualità dell’unità e la vivono nella vita quotidiana secondo la loro particolare sensibilità. Al loro ultimo congresso mondiale, una bambina coreana ha chiesto a Chiara Lubich: «Tu ci insegni a dare sempre, senza risparmiare mai. Io però non ho tante cose da dare. Come posso fare?» La risposta è diventata un colorato libretto che illustra i molti modi del dare Dare in prestito una matita; dare un aiuto in cucina alla mamma; insegnare un gioco a chi non lo conosce; dare un ascolto a chi vuole essere ascoltato; dare una risposta gentile; dare una parte della merenda; dare il “buon giorno” con amore; dare perdono; dare un sorriso; dare un aiuto ai poveri; dare compagnia; dare un regalo; dare una mano; dare una gioia; dare una bella notizia. Alcuni flash dal mondo:
Dare una bella notizia – In una città molto grande del Messico, Cecilia, Martina, e Alejandra sono state invitate a raccontare le loro esperienze alla radio locale. Si sono preparate insieme e hanno chiesto a Gesù di aiutarle. Cecilia ha raccontato dell’arte di amare, e Alejandra ha raccontato come ha amato un nemico. Martina dice al microfono: “Abbiamo decorato un salvadanaio dove mettiamo i soldi per i bambini poveri. Tutti i soldi che ricevo, li risparmio per comperare dei dolcetti, che poi vendo per guadagnare ancora di più per i poveri, perché in tutti c’è Gesù che mi dirà: ‘L’hai fatto a me’. Quest’anno con i soldi risparmiati abbiamo comperato coperte e maglioni per i poveri che stanno vicino alla porta della chiesa”. Dare compagnia – Un pomeriggio ero molto stanco e faceva molto caldo. Alcuni amici mi hanno invitato a giocare a pallone, ma il sole picchiava così forte che non ci volevo proprio andare. Poi ho pensato che potevo amarli e sono andato. Dopo un po’ uno di questi amici, vedendo che ero tutto sudato, è andato al bar e ha comprato un’aranciata per me. (A. – Pakistan) Dare consolazione – Un giorno stavo giocando con il più piccolo dei miei fratellini, mentre l’altro dormiva. La mamma mi ha mandato al mercato per comprare banane e verdure. Quando sono tornato, il fratellino che prima dormiva era già sveglio e piangeva. “E’ Gesù”, ho pensato, e l’ho preso a giocare con me. Per farlo contento abbiamo giocato con le biglie, il gioco che gli piace di più. Ero felice e il gioco è andato molto bene. (T. – Madagascar) (Esperienze e immagini sono tratte dal periodico Gen 4) (altro…)