Mar 28, 2018 | Focolari nel Mondo
«Settembre è volato. Prendo il taxi, insieme a altre due persone, che risiedono qui. Lasciamo la città che mi ha accolto: Aleppo. Sono tra i pochi stranieri (forse l’unico?) che hanno scelto questa città per un periodo di vacanza. Il tassista attraversa la città, una distesa di quartieri completamente distrutti. Quanti morti ci saranno ancora sotto quelle macerie? Lui sembra non pensarci, guida ad una velocità incredibile percorrendo strade che portano verso sud, in direzione di Homs. Da lì proseguirò alla volta di Beirut. Dopo due ore e mezza intravediamo, tra le macerie, la prima casa rimasta ancora in piedi! Difficile da credere. Sono stato accolto per un mese nel focolare di questa comunità. Al mio arrivo qualcuno alle porte di una chiesa mi ha detto: “Qui incontrerai dei veri cristiani”. Una affermazione che non avevo mai sentito. Ma ora la capisco. Sono stato testimone di come il focolare sia quel luogo in cui si condivide tutto: la “provvidenza” che arriva da tutto il mondo, con tavoli pieni di vestiti, ecc., ma soprattutto i dolori e le gioie, la vita di ogni giorno. Qui, per anni, l’unico sostegno è stato la Parola del Vangelo, Dio. Come mi risuonava l’inizio, sentito tante volte, della storia del Movimento dei Focolari, quando Chiara Lubich raccontava: “Erano tempi di guerra e tutto crollava”!

Bernard (centro), con Fredy (sinistra) e Murad (destra) nel focolare di Aleppo.
Qui ad Aleppo, mentre ancora infuriava la guerra, con le bombe che esplodevano intorno, i focolarini andavano a visitare ogni giorno due famiglie. Per tre volte, a causa delle bombe cadute sui palazzi accanto, i vetri del focolare sono andati in frantumi. Ho conosciuto tante persone della comunità del Movimento, una comunità viva, una vera famiglia, che ha attraversato prove terribili. Hanno perso tutto, l’attività professionale, i parenti, le case, gli amici. Ma hanno trovato nella fede e nell’unità la forza per rialzarsi e cominciare a cercare nuove opportunità. Una sera, anche se in lontananza si sentivano ancora le bombe, in città è tornata l’elettricità. Non succedeva da cinque anni. Samir aveva le lacrime agli occhi: «È la prima volta che vedo il mio negozio illuminato!». Georges invece deve ancora portare le bombole di gas fino al terzo piano, perché l’ascensore in quell’edificio non funziona. Quando deve entrare nel condominio dalla strada si annuncia, gridando, e dall’alto gli buttano le chiavi. Con Maher ho fatto regolarmente jogging. Tante altre persone, come noi, affollavano il bellissimo parco centrale della città. C’era aria di speranza. Nabla mi diceva che tra alcuni mesi le cose potrebbero andare meglio in questo Paese, dal grandioso passato. Nell’antica cittadella, emblema della città di Aleppo, sulla collina, un giorno si è tenuto, dopo tanti anni, un concerto di musica, con danze e poesie della tradizione. 4000 mila persone hanno cantato insieme in un’aria di festa.
Durante la guerra il prezzo pagato dalla popolazione è stato molto, troppo alto: tantissimi morti, e poi malattie, depressione, traumi, isolamento, mancanza di istruzione, di formazione al lavoro, e poi tanti bambini abbandonati … la lista è lunghissima. Ho rivolto spesso una domanda alle persone del posto: “Cosa ritieni importante per affrontare il futuro?”, pensando che la risposta sarebbe stata “la ricostruzione delle case, la ripresa delle attività produttive”. Invece, con mia sorpresa, la risposta che ho sentito più spesso è stata “una grande forza spirituale, capace di far rinascere anche qui una nuova vita”. Grazie Robert, Pascal, Fredy, Murad. Grazie Ghada, Lina, Chris, Maria Grazia, Maria, Zeina, per la vostra vita e la vostra testimonianza. Ora avete un posto speciale nel mio cuore». A cura di Gustavo Clariá (altro…)
Mar 27, 2018 | Parola di Vita
Questa frase di Gesù fa parte di un lungo dialogo con la folla che ha visto il segno della moltiplicazione dei pani e lo segue, forse soltanto per ricevere da lui ancora qualche aiuto materiale. Gesù, partendo dal loro bisogno immediato, porta piano piano il discorso sulla sua missione: è stato inviato dal Padre per dare agli uomini la vera vita, quella eterna, e cioè la stessa vita di Dio, che è Amore. Egli, camminando sulle strade della Palestina, si fa vicino a quanti incontra, non si sottrae alle richieste di cibo, di acqua, di risanamento, di perdono; anzi condivide ogni necessità e ridà speranza a ognuno. Per questo può chiedere poi un passo ulteriore, può invitare chi lo ascolta ad accogliere la vita che ci offre, ad entrare in relazione con Lui, a dargli fiducia, ad avere fede in Lui. Commentando proprio questa frase del Vangelo, Chiara Lubich ha scritto: “Gesù qui risponde all’aspirazione più profonda dell’uomo. L’uomo è stato creato per la vita; la cerca con tutte le sue forze. Ma il suo grande errore è di cercarla nelle creature, nelle cose create, le quali, essendo limitate e passeggere, non possono dare una vera risposta all’aspirazione dell’uomo. … Gesù solo può saziare la fame dell’uomo. Soltanto Lui può darci la vita che non muore, perché Lui è la Vita”1. “In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna”. La fede cristiana è prima di tutto il frutto di un incontro personale con Dio, con Gesù, che non desidera altro che farci partecipare alla sua stessa vita. La fede in Gesù è aderire al suo esempio di non vivere ripiegati su noi stessi, sulle nostre paure, sui nostri programmi limitati, ma piuttosto di riversare la nostra attenzione sulle necessità degli altri: necessità concrete come la povertà, la malattia, l’emarginazione, ma soprattutto il bisogno di ascolto, di condivisione, di accoglienza. In questo modo potremo comunicare agli altri, con la nostra vita, lo stesso amore ricevuto come dono di Dio. E per fortificare il nostro cammino, Egli ci ha lasciato anche il grande dono dell’Eucaristia, segno di un amore che dona se stesso per far vivere l’altro. “In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna”. Quante volte, durante la nostra giornata, diamo fiducia alle persone intorno a noi: all’insegnante che istruisce i nostri figli, al tassista che deve portarci a destinazione, al medico che deve curarci … Non si può vivere senza fiducia, ed essa si consolida con la conoscenza, l’amicizia, il rapporto approfondito nel tempo. Come vivremo allora la Parola di vita di questo mese? Continuando il suo commento, Chiara ci invita a ravvivare la nostra scelta ed adesione totale a Gesù: “ … E sappiamo ormai quale è la via per arrivarvi: … metter in pratica, con particolare impegno, quelle sue parole che ci ricordano le varie circostanze della vita. Per esempio: incontriamo un prossimo? “Ama il prossimo tuo come te stesso” (cf Mt 22,39). Abbiamo un dolore? “Chi vuol venire dietro a me… porti la sua croce” (cf Mt 16,24), ecc. Allora le parole di Gesù si illumineranno e Gesù entrerà in noi con la sua verità, la sua forza ed il suo amore. La nostra vita sarà sempre più un vivere con Lui, un fare tutto assieme a Lui. Ed anche la morte fisica, che ci attende, non potrà più spaventarci, perché con Gesù ha già avuto inizio in noi la vera vita, la vita che non muore”.2 Letizia Magri 1 C. Lubich, La vera vita, Città Nuova, 35, [1991], 14, p. 32. (altro…)
Mar 26, 2018 | Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
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Mar 25, 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
La verde e ospitale Irlanda pullula di ottime scuole dove imparare l’inglese, per studenti di tutte le età e provenienza, è un’esperienza entusiasmante. Non fa eccezione la Language Learning International: soggiorni studio di varie tipologie, tecniche di apprendimento all’avanguardia, famiglie selezionate, intrattenimento culturale e sportivo, ma anche stage in Francia e Spagna per gli studenti irlandesi. Ciò che distingue il lavoro formativo di questa Scuola, fondata da Eugene Murphy a Dublino, nel 1989, è la qualità della relazione con gli studenti, in un’atmosfera accogliente e con uno sguardo sensibile verso le personali caratteristiche di ciascuno. Ma c’è dell’altro. La LLI, con oltre 2 mila studenti l’anno, è ambasciatrice dell’Economia di Comunione nel settore della formazione. Le esperienze che seguono, tratte dal sito dell’EdC, lo testimoniano. «In un campo estivo capita un ragazzo affetto dalla sindrome di Asperger, di cui non si sapeva nulla prima dell’arrivo. La prima soluzione di alloggio non è positiva poiché in casa non riescono a gestire le particolari condizioni del giovane. Lo si sposta tentando con una nuova famiglia ma le difficoltà emergono ancora. Nonostante l’estate sia un periodo intenso, in azienda si vuole garantire un trattamento giusto e sereno a chiunque partecipi, quindi si cerca ancora un’alternativa, fino a trovare un’anziana signora che accetta felice di ospitare e seguire il ragazzo, conoscendo bene la sindrome, di cui è affetto, per coincidenza, anche un suo nipote. Risultato positivo per tutti: lo studente riesce a sfruttare al meglio l’esperienza e rientra a casa contento ed il responsabile dei rapporti con le famiglie dichiara che la presenza di questo ragazzo nel programma ha caricato di valore l’intera stagione!». «Corso inglese di gruppo, gran bella atmosfera in classe ed ottime relazioni instaurate; una delle prove da preparare, però, è una presentazione orale individuale e improvvisamente un ragazzo di 15 anni si avvicina ad Eugene Murphy, fondatore della scuola ed esperto trainer, dichiarando di non sentirsi in grado di farlo a causa della sua balbuzie. Eugene ne parla con altri formatori e decidono di tranquillizzare il ragazzo realizzando la prova in privato. Alla fine, i professori lo incoraggiano a condividere comunque l’esperienza con gli altri, il giovane accetta e, tra emozione e commozione generali, la prova si conclude con un lungo applauso della classe. Si scoprì poi che il ragazzo non aveva parlato fino ai 7 anni e quella performance in pubblico risultò una sorta di miracolo che ha reso lui stesso ed i genitori pieni di gioia». C
athy Young, direttrice della LLI, racconta di un nuovo progetto che ha coinvolto la scuola in un’avventura di apertura con una realtà geograficamente molto lontana dall’Irlanda: «Avevamo il desiderio di intraprendere un progetto di Economia di Comunione che avesse un focus sull’educazione. Dal sito web di AMU siamo venuti a conoscenza di una fantastica iniziativa in Bolivia chiamata Fundación Unisol, che lavora per sostenere alcune delle famiglie più povere di Cochabamba. Abbiamo preso contatto e insieme abbiamo messo a punto un progetto che finanzierà l’acquisto di nuovi libri e computer portatili, fornirà nuovi tavoli e sedie per le aule, sostenendo l’impiego di due insegnanti». Del progetto portato avanti dalle due scuole viene dato regolare aggiornamento. «Questo scambio reciproco – afferma Cathy – è uno degli aspetti più belli della nostra collaborazione e ci aiuta a vivere meglio nel nostro ambiente di lavoro quotidiano». Alla Language Learning International gli studenti apprendono dal vivo il significato di tante parole. Ma la prima di tutte è condivisione. Chiara Favotti (altro…)
Mar 24, 2018 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«In te Signore ho posto la mia speranza; non sarò confuso in eterno (Sal 71, 1)». Così iniziò la sua ultima omelia nel Duomo di Aachen (Germania), il vescovo Klaus Hemmerle, già gravemente malato. Era la fine del 1993. «Dio, tu mi reggi forte così come sono. Dio, tu reggi il mondo così com’è. Dio, tu reggi forte questo prossimo così com’è. Essere sorretti da Lui che è sceso nella “kenosi”, che si è spogliato di tutto e ha preso la forma di servo: questa è l’unica via in cui si può riaprire per noi la porta della speranza. Accogliere Lui che ci ha accolti per primo. Farci portare da Lui. Credere che siamo sorretti da Lui. Questa è la cruna dell’ago attraverso cui riceviamo il filo della speranza che vi è infilato. Questo Dio può darci davvero la speranza. E qui la nostra Chiesa con tutti i suoi sbagli e le sue debolezze, con tutte le sue richieste e le sue sfide troppo grandi e troppo piccole, può essere una realtà straordinaria: una comunità di uomini che credono al fatto che sono stati accolti e sostenuti, una comunità di uomini che si sostengono reciprocamente, in cui ognuno regge l’altro». Da “Klaus Hemmerle, innamorato della Parola di Dio” – Città Nuova Ed. pp 290-91 (altro…)
Mar 23, 2018 | Focolari nel Mondo
“Ciò che è impossibile a milioni di uomini isolati e divisi, pare diventi possibile a gente che ha fatto dell’amore scambievole, della comprensione reciproca, dell’unità, il movente essenziale della propria vita.” (Chiara Lubich, a un gruppo di musulmani, il 7 dicembre 2002 a Madrid) Promosso dal Centro del dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari, il 21 aprile (dalle ore 16 alle 19), è previsto un pomeriggio aperto a tutti, nel contesto dei giorni di condivisione vissuti da musulmani e cristiani frutto di dialogo e di fraternità consolidati. Saranno proposte riflessioni ed esperienze, sorte in diversi aree socio-geografiche, nate e maturate alla luce del carisma dell’unità di Chiara Lubich. L’auspicio comune è di poter offrire squarci di speranza nella complessa e spesso dolorosa situazione che il mondo oggi vive. L’incontro si svolgerà presso il Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Roma, Italia). Scarica invito: Giornata aperta Per info: congressoaprile18@focolare.org (altro…)
Mar 23, 2018 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
“Ho visto nel Papa l’entusiasmo dell’ascolto. Ci ha chiesto di parlare con coraggio, senza filtri, liberamente e noi lo facciamo. La Chiesa è a nostra disposizione, e siamo certi che il Sinodo di ottobre porterà molti frutti”. Stella Nishimwe viene dal Burundi, è membro del Movimento dei Focolari e alla riunione pre-sinodale rappresenta il suo Paese. “Sono stata colpita da quello che ha detto ieri Papa Francesco. È un Papa in gamba, che vive con il popolo di Dio e che veramente conosce la realtà del mondo e vuole cercare con il popolo le soluzioni, a partire dalla vita. Mi aspetto, dal Sinodo, un nuovo cammino della Chiesa con i giovani dove i giovani si sentano responsabili di portare la Chiesa insieme”. Nishimwe parla poi della condizione dei giovani nel suo Paese: “Vivono nella povertà, nella incertezza del futuro, con una disoccupazione molto alta. Con questo Sinodo vedo una Chiesa che ascolta, che cammina con noi, che condivide le difficoltà che i giovani vivono in diversi Paesi, in contesti di guerra, povertà, disoccupazione. Sono situazioni che difficilmente potranno cambiare, ma almeno possiamo provarci insieme e così facendo sperimentare di essere, come Chiesa, un’unica famiglia”. Fonte: SIR
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Mar 23, 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni

Michelle Sopala
Quando ripenso al Genfest 1995 non ricordo solo l’evento in sé, le danze, i volti, l’emozione, le fortissime esperienze dei partecipanti (indimenticabili!). Prima ancora di quei due giorni vissuti al Palaeur di Roma, i miei pensieri tornano all’intensa esperienza di unità costruita durante i mesi precedenti, e in particolare nelle due ultime settimane. Non ricordo i dettagli, ma la sostanza sì! Strano, lo so, ma ogni volta che ci incontravamo per prepararci, il risultato, ricordo, era un’unione più profonda e più forte con Dio. Prima di cominciare, cercavamo di ricordare la prospettica con cui stavamo lavorando. Non eravamo lì solo per divertirci (anche se era tutto davvero divertente!), ma perché credevamo che il nostro potesse essere un contributo al mondo unito, quello che tutti noi sognavamo… Un mondo in cui tutte le relazioni fossero basate sull’amore e il rispetto reciproco, in cui si potessero superare tutte le divisioni. Solo dopo questa premessa ci mettevamo al lavoro. Per prima cosa sono uscite le idee. Poi, da quelle, sono uscite una canzone, una danza, un rap… Ogni piccolo pezzo nasceva offrendo e perdendo ognuno la propria idea, cercando di essere pieni di amore e vuoti di se stessi per capire veramente gli altri. Questo comportava fatica, energie, anche dolore, ma per qualche ragione ci riempiva di una gioia e felicità tutte particolari. Davamo tutto di noi, pronti a perderlo. Era il nostro patto, anche perché, per quanto lavorassimo duramente, non sapevamo se il nostro pezzo sarebbe stato scelto dal comitato organizzatore. E se anche fosse stato scelto, all’ultimo minuto poteva anche essere cancellato. Ma, detto questo, noi andavamo avanti… a tutta velocità!
E ora sul Genfest! Anche se, nel suo complesso, è stato un evento di quelli che ti cambiano la vita, non posso nasconderlo: per me il momento clou fu l’incontro con Chiara Lubich. Non so se anche gli altri 12 mila giovani dell’arena ebbero la stessa sensazione, ma in quel momento fu come se Chiara stesse parlando solo con me. Quando Noel le rivolse l’ultima domanda, “Chiara, dal profondo del tuo cuore, cosa vorresti dire a noi giovani?”, la sua risposta risuonò come una chiamata alle armi, e ancora mi risuona nelle orecchie. Con una intuizione geniale e una comprensione profonda di ciò cui anelano i giovani, Chiara rispose: «Vi ripeto quello che ha detto una volta santa Caterina da Siena, quella grandissima santa, quella donna meravigliosa, parlando ai suoi discepoli: “Non accontentatevi delle piccole cose, perché egli, Dio, le vuole grandi”. È quello che vi dico io: giovani, non accontentatevi delle briciole. Avete una vita sola, puntate in alto, non accontentatevi delle piccole gioie, cercate quelle grandi, cercate la pienezza della gioia». Bene o male, da allora questa è stata la mia esperienza. L’“unità”? È una parola profonda che ancora, dopo 23 anni, sto scoprendo. E la “pienezza della gioia”? Sì! Quella l’ho trovata! Oh! … e a proposito, la nostra performance venne scelta. Guardala (di Nick Cianfaroni). Spero ti piaccia! Michelle Sopala
https://youtu.be/LX6rNkyGjoE (altro…)
Mar 22, 2018 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Jonathan Michelon
Jonathan, come si svolgono i lavori? «Ci sono sessioni in plenaria e di gruppo. I gruppi sono una ventina, divisi per lingua: inglese, francese, spagnolo e italiano. Ogni gruppo ha un redattore e un facilitatore. I partecipanti devono rispondere insieme alle 15 domande proposte dal documento del Sinodo. Alla fine, sarà prodotto un documento che verrà poi consegnato ai Padri Sinodali». Di cosa trattano le domande? «La prima parte è dedicata alle sfide e alle opportunità delle giovani generazioni nel mondo di oggi. Quindi, la formazione della personalità, la relazione con gli altri popoli, le sfide interreligiose, le differenze viste come opportunità, i giovani e il futuro, i loro sogni, il rapporto con la tecnologia, la ricerca del significato della vita, la relazione tra vita quotidiano e il sacro». E la seconda parte delle domande? «Si è parlato della fede, della vocazione, il senso della specifica missione del giovane nel mondo, del discernimento e dell’accompagnamento vocazionale. Poi, il loro rapporto con Gesù, come è percepita dai giovani la figura di Gesù nel terzo millennio. Un’ultima parte era dedicata alle attività formative e pastorali della Chiesa, il rapporto dei giovani con la Chiesa e le loro esperienze».
Da dove provengono i giovani del tuo gruppo? «Dall’Europa (Slovenia, Germania, Grecia, Polonia) ma anche dai continenti, addirittura dalle isole Samoa americane, nell’oceano Pacifico. Un giovane sikh ha condiviso la sua esperienza di fede e il rapporto con i sacerdoti del loro tempio, che sono sempre pronti a dare a tutti una parola di pace. C’è anche una giovane anglicana dello Zimbabwe e che studia per diventare sacerdote. C’è molta saggezza, e il confronto è arricchente». Ci sono esperienze che ti hanno colpito? «Una, in particolare, è quella di un giovane medico polacco, legato al cammino neocatecumenale che, con la moglie, ha fondato un’associazione che si occupa della cura dei moribondi. Stimolato dalla meditazione del primo giorno, sul senso profondo del dolore, basata sull’esperienza di Chiara Luce Badano, ha raccontato quello che vivono. Con gli altri dell’associazione vanno dai malati, li assistono e li invitano ad offrire il loro dolore per tutti. Così, queste persone lasciano la terra “pieni di vita” perché, come lui dice, “la morte è il più bel periodo della vita, perché ci avviciniamo a Dio, a Chi amiamo di più”». Ai giovani dei Focolari è stata affidata l’animazione della messa e le meditazioni quotidiane… «Sì, alcuni giovani della Scuola Gen di Loppiano e dei Centri Gen a Roma hanno formato un coro, il quale sta ora diventando un gruppo inclusivo: invitano chi ha i talenti a partecipare all’animazione della messa. Ieri, si è unito un violinista. Davvero una bella esperienza». Quindi, i giovani sono felici di questa esperienza? «Ci stiamo rendendo conto che stiamo vivendo un momento storico nella Chiesa cattolica. È la prima volta, in 2000 anni, che si fa un sinodo per i giovani con i giovani! Ma per loro è naturale contribuire così alla Chiesa. La Chiesa è loro. Si comportano con il Cardinale e anche con Papa Francesco come con i loro migliori amici: danno loro la mano, li abbracciano… È molto bello». E per te? «Per me è un’esperienza unica, ti rendi conto della vastità della Chiesa e della sua incidenza nel mondo. Qui, hai il mondo, l’universalità della Chiesa». Fonte: Loppiano online
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Mar 22, 2018 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Quella di Jean e Vivian è una storia che parla di amore, coraggio, speranza. Si conoscono ad Aleppo, in Siria, nel 2000, frequentando entrambi il Movimento dei Focolari. Vivian è vedova e ha un figlio di quattro anni nato con una sordità acuta. Jean è falegname, attivo nel sociale. Il comune impegno nel vivere il Vangelo e portare l’ideale del mondo unito all’umanità li avvicina: si sposeranno nel 2003 e avranno quattro figli. Marc, il primo figlio di Vivian, è il motore da cui parte la loro avventura: la necessità di cure specialistiche vede Vivian recarsi in Libano dove Marc sarà seguito in un centro fondato dai Focolari: “È un vero paradiso anticipato – racconta – La vita di Vangelo vissuto nel quotidiano accompagna tutto il processo educativo. I bambini crescono in quest’oasi di pace, e sviluppano i loro talenti superando il loro handicap. Nasce dentro di me un sogno: poter fondare anch’io un istituto tale nella mia città Aleppo”. Jean la sostiene in questo progetto e nel 2005 nasce il loro piccolo Centro. Ne seguiranno di più grandi capaci di accogliere decine di bambini, tutti figli di famiglie povere che non possono pagare alcuna retta. Per questo il Centro era sempre in deficit: “Per ogni necessità – ricorda Jean – andavamo davanti ad un crocifisso per consegnargli i nostri bisogni. La provvidenza arrivava puntualmente”.
Lo scoppio della guerra, nel 2011, porta morte e distruzione. Jean perde la falegnameria, il centro non ha più nessuna entrata economica, e in molti vivono solo di aiuti dalla Chiesa e da organizzazioni umanitarie. Tanti lasciano il Paese e anche Jean e Vivian, pur tormentati, acquistano i biglietti per partire. Ma un’esigenza si fa chiara nel cuore: non possono lasciare i “loro” bambini sordi, distruggere quel sogno realizzato con fatica.“La vigilia della partenza entro in chiesa – racconta Jean – e lì faccio un colloquio profondo con Gesù, a tu per tu, da uomo a uomo. Lui mi parla al cuore e mi chiede di non partire: cosa faranno quei bambini? Mi sento rivolgere questa domanda tragica. Metto i miei bambini nelle Sue mani. Torno a casa, e con Vivian decidiamo di strappare i biglietti e rimanere per sempre nella nostra città, per essere un dono a quelli che hanno bisogno di noi”. “Eravamo fiduciosi che Dio ci avrebbe accompagnato e sostenuto in tutti i nostri futuri progetti e soprattutto nella vita della nostra famiglia – gli fa eco Vivian – e così è stato”. Oggi il Centro è diventato la loro seconda casa, anche i loro figli partecipano alla vita del gruppo e Jean vi si dedica a tempo pieno. “Questa convivenza ci ha allargato il cuore. Non c’è più né ragazzo né ragazza, né studente né insegnante, né sano né handicappato, né musulmano né cristiano. Tutti noi viviamo dell’unico amore e sotto lo sguardo di un Dio Amore, incarnato, vivo in mezzo a noi”. Chiara Favotti (altro…)