Al via la 25ma edizione della Settimana Mondo Unito (1-9 maggio 2021) promossa dai giovani dei Focolari. Evento centrale a Bruxelles (Belgio). Interverrà David Sassoli Presidente del Parlamento Europeo. Il vaccino anti Covid come bene comune universale, l’adesione al trattato ONU per la proibizione delle armi nucleari, la messa in atto di strategie globali per l’accoglienza dei migranti. Poi legalità, economia civile ed ecologia integrale saranno al centro della 25ma edizione della Settimana Mondo unito (1-9 maggio 2021), evento internazionale promosso dai giovani dei Focolari e trasmesso in streaming dalla piattaforma multilingua www.unitedworldproject.org . L’evento centrale internazionale si svolgerà a Bruxelles (Belgio), dal 7 al 9 maggio, con una Convention internazionale in cui interverrà David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo. La cura come azione politica e risposta alle sfide ecologiche Al cuore di questa edizione c’è la “cultura della cura”, espressa dallo slogan #DARETOCARE, (osare prendersi cura). Si tratta di una campagna di sensibilizzazione e azione in cui i giovani hanno individuato nella capacità e nel coraggio di adottare la cura anche come paradigma politico, inteso come servizio ad ogni persona e ambito sociale, la strada da percorrere per costruire un futuro migliore. La prima fase della campagna ha avuto l’obiettivo di orientare alla “cura” il nostro agire di cittadini e l’azione politica; la seconda, che partirà proprio con la Settimana Mondo Unito 2021, si concentrerà sulla “cura” del pianeta e sulle sfide dell’ecologia integrale. Tra gli eventi di quest’anno: Il 2 maggio il Movimento Politico per l’Unità, in occasione del 25° anniversario della sua nascita, propone un evento on-line con il lancio di un “Appello per una nuova qualità della politica”. Dal 7 al 9 maggio una Convention internazionale in streaming da Bruxelles (Belgio), dove cittadini e politici, come in un’agorà on-line, potranno pensare, confrontarsi e lavorare insieme. Interverrà David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo, protagonista il 7 maggio di un faccia a faccia con alcuni giovani sui temi della pace, della politica, dell’accoglienza dei migranti e dell’ecologia. Prenderanno parte agli eventi della Settimana Mondo Unito: gli economisti Jeffrey Sachs, Sir Partha Dasgupta e Luigino Bruni; Simone Borg, docente di diritto ambientale e delle risorse presso l’Università di Malta; Lorna Gold, docente di Ambiente, sostenibilità e giustizia sociale, presso la National University of Ireland Maynooth (Irlanda); Catherine Belzung, docente di neuroscienze presso l’università di Tour (Francia); Pasquale Ferrara, ambasciatore e diplomatico; Giuseppe Gatti magistrato della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo; Margaret Karram e Jesús Morán, Presidente e Copresidente del Movimento dei Focolari; don Luigi Ciotti, fondatore di Libera. La Settimana Mondo Unito è un evento internazionale promosso dai giovani dei Focolari che dal 1996 coinvolge giovani e adulti, Istituzioni e associazioni per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sui temi della pace, della fratellanza e promuovere azioni ed impegni concreti. Info e contatti: Tamara Pastorelli (+39) 347 0064403Ufficio Comunicazioni Focolari – Stefania Tanesini – (+39) 338 5658244 ———————————————————————————————————-
PROGRAMMA
1 maggio Ore 15.00: spettacolo “Primo Maggio di Loppiano”, in diretta dalla cittadella dei Focolari, un appuntamento fisso per migliaia di giovani provenienti da ogni regione italiana, ma anche del mondo. Ore 21.00: il concerto della band internazionale Gen Verde. 2 maggio Dalle ore 11.00 alle ore 12.00 di ogni fuso orario si correrà virtualmente “Run4unity”, una staffetta sportiva non stop con giochi, sfide, testimonianze e impegni, per simbolicamente sulla terra un arcobaleno di unità e di pace. Ore 14.00: il Movimento Politico per l’Unità, in occasione del 25° anniversario della sua nascita, propone un evento on-line con il lancio di un “Appello per una nuova qualità della politica”. 4 maggio Ore 17.00: “Storie di sport al femminile”, con Lucia Castelli, Maddalena Musumeci, Dona Neide, Patricia Furtado, organizzato dall’associazione Sportmeet; 5 maggio Ore 16.00: “The Economy of Francesco”, giovani in dialogo con l’economista indiano Sir Partha Sarathi Dasgupta; 6 maggio Ore 19.00: Città Nuova presenta “La legalità del Noi al tempo del COVID 19”, con Giuseppe Gatti, magistrato della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, l’economista Luigino Bruni, il giornalista Gianni Bianco e Don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera. 7 maggio Ore 13.00: giovani in dialogo con David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo; ——————————————————————-
7-9 maggio da Bruxelles (Belgio) – Forum mondiale #daretocare
7 maggio Ore 12.00 (UTC+1): da Bruxelles, “Dare To Care International Convention, Opening show. In collaborazione con la casa di produzione televisiva Sylvester Productions, con storie, buone pratiche, idee, ispirazioni per “osare prendersi cura” da tutto il mondo. Ore 13.00: Giovani in dialogo con David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo; Ore 14.00: The Economy of Francesco, Policies & Happiness and Care’s proposals 8 maggio Ore 14.00: “A vaccine for all, a Common Good the whole world needs”, con Jeffrey Sachs, economista e saggista (USA), e Catherine Belzung, psicologa e professore in neuroscienze all’università di Tours (Francia). Ore 21.00: il concerto della band internazionale Gen Rosso. 9 maggio Ore 12.00 (UTC+1): da Bruxelles, lo show “#daretocare for People and the Planet”, in collaborazione con la casa di produzione televisiva Sylvester Productions, per lanciare la seconda fase della campagna #daretocare, che si concentrerà sulle sfide dell’ecologia integrale, con esperienze e azioni d’ispirazione da tutto il mondo. Ore 15.00: “Care and COP26” con Simone Borg, docente di diritto ambientale e delle risorse presso l’Università di Malta; Lorna Gold, docente di Ambiente, sostenibilità e giustizia sociale, presso la National University of Ireland Maynooth (Irlanda); Pasquale Ferrara, diplomatico e ambasciatore. Calendario della settimana in PDF(altro…)
La prima offerta accademica della sede latinoamericana dell’Istituto Universitario Sophia è un corso di diploma dedicato alla leadership partecipativa, inclusiva, attenta al gruppo e all’ambiente: una leadership comunitaria. Quali gli argomenti e le esigenze a cui si vuole rispondere? L’intervista a Lucas Cerviño, docente di teologia e a Candela Fraccaro, studentessa argentina Nel mondo di oggi, segnato da grandi sfide economiche e sociali acuite dalla pandemia, l’Istituto Universitario Sophia in America Latina e Caraibi risponde a queste esigenze con un nuovo corso di Diploma in Leadership Comunitaria. Ne abbiamo parlato con Lucas Cerviño, docente di teologia e co-responsabile della scuola dei giovani nella cittadella dei Focolari El Diamante (Messico), membro del team che coordina il corso. “Viviamo un cambiamento d’epoca, nel quale Papa Francesco (come si legge nell’Evangelii Gaudium) ravvisa una “crisi dell’impegno comunitario” – afferma Cerviño -. Abbiamo pensato che per superare questa condizione in modo positivo è necessario promuovere una leadership nuova, non più personalista, che centralizza la gestione e la decisione. D’altro canto abbiamo visto che in tanti luoghi, in America Latina, ci sono ricerche, esperienze e proposte d’impegno comunitario. Il corso nasce allora per mettere insieme l’esigenza di una leadership rinnovata con questi germogli di vita nuova”. Il mondo di oggi è alle prese con la sfida pandemica. In questo contesto, a quali esigenze si vuole rispondere?Lucas Cerviño: “Crediamo che per superare la pandemia serva lavorare insieme al di là delle diversità, promuovere la consapevolezza che abbiamo un’origine comune, un’interdipendenza nel presente e un orizzonte comune. Il nostro corso vuole offrire un contributo in questa direzione”. Quali sono gli argomenti e gli obiettivi di formazione del corso? Lucas Cerviño: “Il corso si rivolge a tutti coloro che hanno, o si candidano ad avere, un ruolo di leadership in ambito economico, politico, religioso e nel terzo settore, e offre loro la possibilità di ripensare o strutturare nel concreto la propria leadership. A questo scopo offriamo conoscenze, risorse, strategie e abilità per costruire una leadership che sappia generare, custodire e valorizzare i beni relazionali; facilitare pratiche e strumenti sinergici, relazionali e cooperativi per generare processi più sostenibili in diversi ambiti sociali. Rispetto ai contenuti, si indaga il rapporto tra persona e comunità e si parla di sviluppo sostenibile, fraternità e cittadinanza, coesione sociale nella diversità, apprendimento comunitario, gestione economica e comunione, sinodalità ed esperienza religiosa”. Anche la metodica di insegnamento è innovativa…Lucas Cerviño: “Sarebbe una contraddizione offrire un corso sulla leadership comunitaria e poi gestirlo in maniera unilaterale. Bisogna andare oltre il concetto tradizionale di insegnamento per aprirsi ad un apprendimento comunitario e creativo che metta al centro i rapporti interpersonali. Il corso è dunque teorico e insieme pratico. Si articola secondo delle comunità di apprendimento: oltre a seguire le lezioni, i partecipanti si uniscono in gruppi di sei o sette persone e accompagnati da un tutor danno vita ad uno spazio di riflessione e conoscenza comunitaria. Ogni partecipante è poi seguito da un tutor per sviluppare un progetto d’intervento concreto che applichi i contenuti del corso. Le caratteristiche del corso fanno si che tra i partecipanti, che vengono da nove città, ci siano giovani ventenni e persone quasi in pensione; studenti e professionisti. Tutti motivati ad imparare insieme”. Candela Fraccaro è fra gli studenti più giovani. Le abbiamo chiesto:cosa ti ha spinto a seguire un corso sulla leadership comunitaria?Candela Fraccaro: “Mi motiva l’impegno che porto avanti da alcuni anni insieme ad altri ragazzi presso il sobborgo di Piedras Blancas, nella città di Godoy Cruz, vicino Mendoza (Argentina). Qui gestiamo una ludoteca per fare formazione con i bambini attraverso il gioco, teniamo laboratori per gli adolescenti, aiutiamo a fornire pasti ai bambini bisognosi e insieme ai Giovani per un Mondo Unito del Movimento dei Focolari, diamo sostegno ad una scuola. Io guido alcune di queste attività e allora sento che il corso può darmi strumenti per costruire un progetto che ci aiuti ad indirizzare i nostri sforzi”. Il metodo del confronto dialogico è parte integrante del corso. Quali elementi positivi cogli?Candela Fraccaro: “Questo metodo ci invita a valorizzare la diversità, a trasformarla in ricchezza e propone il dialogo come strumento di costruzione comune. È basato sul rispetto, l’ascolto e l’apertura, e offre la possibilità di esprimersi liberamente senza imporre la propria idea. In questo modo il processo di insegnamento-apprendimento è più arricchente e ciascuno si sente parte attiva di questo processo”.
Come è nata l’idea del mondo unito? Com’è cominciata quest’avventura dell’unità? Chiara Lubich risponde ai giovani dei Focolari nel 1999 in occasione della Settimana Mondo Unito, laboratorio globale per mostrare storie, azioni, iniziative che contribuiscono a realizzare la fraternità, l’unità e la pace. Com’è cominciata quest’avventura dell’unità. Carissimi, è cominciata quando non io, ma un Altro lo ha voluto. Non so se sapete che sulla terra arrivano, di tempo in tempo, dei doni: il loro nome è carismi. Arrivano da Colui che regge la storia, la conduce verso un obiettivo ben preciso: il bene, facendo convogliare ad esso anche tutto ciò che di triste noi, uomini e donne, possiamo combinare in questo mondo. È Dio, Dio che è Amore, al quale molti di noi credono fortissimamente. Ebbene, un giorno, tanti anni fa, uno di questi carismi è arrivato anche qui. Per esso abbiamo capito che su di noi, giovani di allora, vi era un disegno meraviglioso, un compito, quasi una missione: lavorare nella vita, che ci era data, perché tutti siano una sola cosa, mettendo in moto, nel nostro e nell’altrui cuore, l’amore. Fantasie? Utopia? No, certamente, se Gesù un giorno ha pregato il suo Padre in Cielo proprio così: “Che tutti siano uno”. Poteva il Padre-Dio d’un Figlio-Dio, col quale è un solo Dio, non ascoltare la sua voce? Partimmo sicuri verso quella mèta ed ora nel mondo, fra ragazzi, giovani e persone adulte, siamo milioni e milioni di quasi tutte le nazioni esistenti. Non possiamo contare quanti siamo; è impresa impossibile. Naturalmente fra i nostri c’è chi non ha la nostra fede, ma magari un’altra, o non l’ha per niente. Anch’essi tuttavia possiedono la cosiddetta benevolenza, che in ogni cuore umano non può mancare. Così si cammina, anche assieme a loro, verso l’obiettivo della famiglia universale, verso l’edificazione di un mondo unito. E, se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? […] Se io fossi uno di voi farei anzitutto mio il patrimonio, che ormai esiste. Mi sentirei solidale con quei milioni di persone già in marcia e cercherei di portare alla causa due contributi possibili. Nella fedeltà a chi ha incominciato, nella solidarietà con tutti quelli, che ci hanno preceduto, mi proporrei di amare con un ardore – se è possibile – ancora maggiore e di intensificare la rete del nostro Movimento, che ormai abbraccia il nostro pianeta. Vedrei cioè di crescere in profondità e in estensione. Starei poi sempre attenta anche ai bisogni che, di tempo in tempo, presenta l’umanità per rispondervi.
Chiara Lubich
Rocca di Papa, 26 aprile 1999, dal messaggio per i Giovani per un Mondo Unito e per quelli del 1° maggio a Loppiano (Italia) Fonte: Centro Chiara Lubich(altro…)
Earth Day 2021: al via la 51ma giornata Mondiale della Terra delle Nazioni Unite. Il 22 aprile in diretta mondiale su www.raiplay.it, 13 ore di diretta televisiva per la salvaguardia del creato. Il 22 aprile 2021 ci sarà la seconda edizione di #OnePeopleOnePlanet – the multimedia marathon a celebrare il 51° Anniversario della Giornata Mondiale della Terra (Earth Day), con un palinsesto di 13 ore di diretta streaming – dalle 7.30 a.m. ora italiana – sul sito www.raiplay.it che per l’occasione sarà visibile in tutto il mondo. #OnePeopleOnePlanet nasce dagli sforzi di due organizzazioni – Earth Day Italia e Movimento dei Focolari – che hanno dato vita al Villaggio per la Terra di Villa Borghese (Roma) inaugurato a sorpresa da Papa Francesco nel 2016 all’indomani dello storico accordo sul clima di Parigi. Ecco le parole di Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia intervistato da Lorena Locascio. Pierluigi, cosa succederà quest’anno in questa seconda edizione? “Tra gli ingredienti di questa edizione del 2021 in primo luogo mettiamo i giovani perché per la prima volta le Nazioni Unite chiamano i giovani ad essere presenti nella Conferenza per il clima. Portare quindi i giovani che hanno finalmente alzato la testa, hanno finalmente cominciato a dire la loro sostanza, non solo di generazione che dovrà ereditare questo pianeta ma anche di persone che possono fare il cambiamento perché sta sulla loro pelle. (…) L’altro impegno è che noi portiamo avanti con determinazione i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo Sostenibile dell’Onu. Pensiamo che creare dei ponti verso il 2030 e quindi cercare di creare dei collegamenti internazionali possa rappresentare un elemento di accelerazione. Quello che vorremmo che passasse è che noi creeremo tanti punti con i cinque continenti, raccontando storie meravigliose di persone che si impegnano in ogni angolo della terra. (…) Il terzo punto è quello dell’innovazione per lo sviluppo sostenibile. Quel momento cioè in cui l’imprenditore è davanti a un foglio bianco ed è pronto a descrivere non solo il suo modello di business ma anche le regole del gioco ed è molto più sensibile qui al tema della sostenibilità. Quindi l’innovazione è la grande sfida del futuro”. Quali sono le novità, le peculiarità di quest’anno rispetto all’anno scorso? “Quest’anno abbiamo voluto inserire un modulo che si chiama VIP Very Important Planet, dove i vip non sono le persone che rincorriamo per farci dare l’autografo, ma è il pianeta che ha bisogno di essere aiutato da quelle persone. Quindi chiediamo a tanti personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport, della cultura dell’arte, di aiutarci con dei messaggi di sensibilizzazione. Questo ci aiuterà a rendere molto più allegra la nostra maratona, perché se parliamo di cose importanti rischiamo di annoiare qualcuno; quindi tanta musica, tante cose divertenti, ma anche a mobilitare e a toccare le corde del cuore di chi ci ascolta, e quindi cercare di produrre un pochino più di cambiamento attraverso questo gioco”. Quest’anno si parlerà anche di #Daretocare, in una parte dedicata del programma; cosa puoi dirci su questo… senza svelare troppo? “Intanto va detto che l’incontro con United World Project (UWP) del Movimento dei Focolari, e quindi l’incontro con una mobilitazione così importante, così diffusa a livello internazionale, è per noi un grande motivo di speranza. Perché vedere tanti giovani presenti in centinaia di Paesi che si impegnano per l’unità, che è uno dei nostri temi: #One PeopleOnePlanet la dice lunga sul fatto che è una questione di una sola famiglia umana, l’unità delle persone con un solo pianeta, quindi l’importanza di salvaguardare la nostra terra: aver trovato questa anima UWP sicuramente è stato un bellissimo momento. Questa rete già lo scorso anno ha dato un sostegno in termini di comunicazione, è una rete che si è impegnata in maniera straordinaria in questa campagna #Daretocare sul tema del Covid, sul tema della solidarietà che ne scaturisce; noi vogliamo parlare di questi ponti a livello internazionale per il bene comune, dell’importanza di unirsi per raggiungere degli obiettivi comuni e per tutelare il bene comune. Rimettere al centro l’uomo e raccontare queste storie di coraggio e di orgoglio anche nel fare il bene, è stata un’esperienza molto bella. Io non vedo l’ora di vedere il prodotto finale che ne scaturirà ma insomma… già sento da tempo l’odore di qualcosa di molto bello”. Appuntamento quindi il 22 aprile 2021 dalle ore 7.30 a.m. alle ore 8.30 p.m. (ora italiana) sul sito www.raiplay.it visibile in tutto il mondo e sul sito OnePeopleOnePlanet per celebrare insieme questa importante giornata con la maratona One People One Planet.
L’abbiamo chiesto al prof. Alberto Lo Presti e alla dott.ssa Elena Merli del Centro Igino Giordani che ha curato la stesura di “Igino Giordani un eroe disarmato” (Città Nuova Ed.) Di biografie su Giordani ce ne sono molte. Perché un’altra?Elena Merli: Le biografie scritte in precedenza hanno preso in considerazione un arco temporale delimitato, della vita di Giordani. Dopo la prima biografia del 1936, ci fu quella di Tommaso Sorgi, che fu amico e profondo studioso di Giordani. Scrisse una ispirata e dettagliata biografia del primo periodo di Giordani, cioè dalla nascita al 1948. Altre biografie hanno analizzato la figura di Giordani da una prospettiva particolare: storica, spirituale, politica… Sono tutte preziose, una grande ricchezza, però rispetto alle precedenti questa biografia ha potuto considerare la vita di Giordani a 360 gradi. E ha potuto inoltrarsi in aspetti della vita di Giordani finora poco esplorati: ad esempio la vita in famiglia; il suo profondissimo rapporto con Chiara; quel periodo di particolare luce che fu il “Paradiso ‘49”. Anche la sua vicenda con il Terz’ordine domenicano non era ancora stata approfondita; alcuni retroscena della sua vita politica non erano emersi; così come di alcune sue scelte intime, alcuni passaggi delicati della sua vicenda personale. Vorrei segnalare in particolare la novità del capitolo dedicato a quella che lui scherzosamente chiamava la “Giordania”, cioè la sua famiglia. Credo che a molti piacerà conoscere i segreti della vivacissima situazione familiare di Igino. La prima cosa che balza agli occhi in questo volume è la prestigiosa prefazione a firma del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella. Perché proprio lui?Alberto Lo Presti: Bisogna conoscere qualche retroscena. Il primo è che Sergio Mattarella ha conosciuto personalmente Igino Giordani e nella prefazione racconta qualcosa. E poi, ricordiamo che quella prima biografia del 1936 fu scritta proprio da suo padre − Bernardo Mattarella. Dunque, avevano un bell’aggancio per chiedergli di fare una prefazione. Ci sembra inoltre che Sergio Mattarella stia interpretando il ruolo di Presidente della Repubblica come una fonte di unità in Italia e nel contesto internazionale. In questa situazione di crisi sanitaria, è una figura di equilibrio e di alta moralità. Giordani fu un testimone dell’unità in politica e dell’armonia fra i popoli. Le parti del libro dedicate al suo impegno politico descrivono l’azione di Giordani in guerra e nel dopoguerra, sotto le bombe e sotto il fascismo, fra le macerie della ricostruzione e fra le lacerazioni sociali. Non erano tempi più tranquilli e calmi di oggi. Quella fermezza di Giordani può servire ancora oggi a capire dove andare. Questo volume è frutto di un lavoro di ricerca archivistica poderoso. Sappiamo già tutto di Giordani?Elena Merli: Abbiamo una mole impressionante di materiali, documenti, epistolari, e anche audio-registrazioni e videoregistrazioni di molte conversazioni di Giordani, pubbliche e riservate, trascritte e ordinate. E’ stato tutto molto utile per svelare i particolari delle sue vicende personali. Quante scoperte nuove e interessanti ancora facciamo esplorando l’archivio! Molte di queste novità sono ora dentro il volume. Ne cito solo una: i particolari degli ultimi anni di Giordani, quando lui viveva qui, in questa struttura del Centro Internazionale del Movimento dei Focolari, che all’epoca – al primo piano – aveva il focolare di Antonio Petrilli, dove Igino si era trasferito nel 1974 dopo la morte della moglie Mya. Sono particolari inediti che dicono la fedeltà di Igino alla vita comunitaria e la profondità della sua umanità. A chi è indirizzato questo libro?Alberto Lo Presti: A tutti coloro che vogliono risolvere il mistero dei misteri, cioè come fare ad avere una vita di totale donazione a Dio pur essendo immersi nel mondo delle cose più comuni. Giordani c’è riuscito e ha segnato una strada lungo la quale dovremmo incamminarci. La domanda su come fare ce l’aveva dentro da sempre… ma quando incontra Chiara Lubich trova anche le risposte. Chiara è per Igino la risposta a tutti i suoi interrogativi esistenziali. Aveva studiato la patristica, i teologi medievali, i teologi moderni, le grandi figure spirituali, eppure le risposte le trova in Chiara e nella spiritualità di comunione. E qui vorrei raccontare un aneddoto poco conosciuto, uno dei tanti riportati nel libro. Tanto era il suo desiderio di donarsi a Dio che diventa terziario domenicano alla fine degli anni Venti. Ma non gli basta… nella regola dei terziari era prevista almeno una messa al mese, una predica di un frate predicatore e niente di più. Lui voleva essere inserito di più nella vita religiosa. E allora fa una proposta ai frati: affittare un appartamento, in cui potessero convenire: “voi con la tonaca (la tonaca dei frati) e noi con in pantaloni (i laici terziari). Così facciamo un po’ di vita insieme, quanto ci è possibile”. Gli fu risposto che non era nelle norme dell’ordine domenicano e la cosa finì lì. In pratica, alla fine degli anni Venti Giordani aveva in cuore qualcosa che poi, per lui, attraverso Chiara, diventerà il focolare. Sì, sognava il focolare nel 1928, quando accaddero tali episodi. Incredibile, vero?
A cura di Lorenzo Russo
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Attingendo ad una frase della Scrittura, Chiara Lubich riflette sul Santo Viaggio della vita invitando a verificare periodicamente davanti a Dio a che punto siamo nel nostro cammino. Il motivo che mi spinge a rivolgermi a voi è il desiderio di esaminare assieme la situazione in ordine alla nostra santificazione. In questi giorni una focolarina mi ha segnalato una bellissima frase dei Salmi, che annuncia una beatitudine che non conoscevo: “Beato l’uomo che pone la sua fiducia in te e decide nel suo cuore il santo viaggio”.* “Il Santo Viaggio”. Di che viaggio parla la Scrittura? Certamente dell’itinerario dell’uomo verso Dio, verso il Cielo. Dunque il viaggio della propria santificazione, che ci apre il Paradiso. E allora? Siamo veramente incamminati, anche in questo momento, nel Santo Viaggio? […] Fermiamoci un po’ e facciamo un breve consuntivo davanti a Dio solo, per la sua sola gloria. Ci sono stati dei risultati? Abbiamo migliorato nel fare, ad esempio, la volontà di Dio? Nell’amore? Nell’amore reciproco? […] Se sì, ringraziamo Dio e avanti! Se no, ringraziamolo d’aver ancora la vita per ricominciare. E avanti! Vogliamo assolutamente gustare insieme la beatitudine del Santo Viaggio!
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 3 settembre 1981)Tratto da: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 61.* Sal 84, 6. (altro…)
Un pomeriggio dedicato a Igino Giordani (1894-1980) politico, scrittore, giornalista, co-fondatore del Movimento dei Focolari. Domenica 18 aprile 2021 presso il Centro internazionale dei Focolari a Rocca di Papa (Roma, Italia) si è ricordato Igino Giordani a 41 anni dalla morte. Figura ricca e poliedrica, Giordani è stato politico, membro dell’Assemblea Costituente e poi del Parlamento italiano, giornalista, scrittore, co-fondatore con Chiara Lubich del Movimento dei Focolari. Durante l’evento, trasmesso in live streaming e arricchito da alcune testimonianze, è stata presentata una scultura dedicata a Giordani opera dell’artista Peter Kostner ed il libro biografico a cura di Alberto Lo Presti “Igino Giordani. Un eroe disarmato” (Città Nuova ed.) con la prefazione del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. https://www.youtube.com/watch?v=AH3bPOU01DA (altro…)
Domenica 18 aprile in live streaming attraverso alcune testimonianze sarà ricordato Igino Giordani, politico ispiratore dell’impegno sociale e delle scelte ideali di tanti, scrittore e giornalista, co-fondatore del Movimento dei Focolari. Verrà presentato l’ultimo libro biografico e inaugurata una scultura a lui dedicata. Uomo del dialogo e di profonda fede, sostenitore della fraternità universale, costruttore di pace, politico, giornalista: Igino Giordani (1894-1980) è tutto questo e molto di più. Il 18 aprile 2021 ricorre il 41esimo anniversario della sua dipartita e per questa ricorrenza il Centro Igino Giordani ha organizzato un evento per commemorare la sua figura. Una figura che continua nel tempo a suscitare interesse in persone di diverse età, provenienze geografiche, politiche, culturali e richiama all’impegno per costruire una società migliore. L’evento sarà trasmesso in live streaming ( https://live.focolare.org/ ) dal Centro Internazionale del Movimento dei Focolari (Rocca di Papa, Italia), domenica 18 aprile 2021 alle ore 15.30(ora italiana) con la possibilità di seguirlo in italiano, inglese, francese, spagnolo e portoghese. Giordani è stato giornalista e scrittore, ma ha avuto un ruolo molto importante nella politica italiana del secondo dopoguerra. Ha dato infatti un valido contributo nel porre le basi per la nascente Repubblica Italiana in un periodo non facile per questo Paese, cioè a ridosso delle guerre mondiali ed è stato anche membro dell’Assemblea Costituente. Un testimone della politica vissuta come servizio alla pace e per una società più giusta. E in quest’ottica ci saranno alcune testimonianze di chi ha tradotto la sapienza di Giordani in disegni di legge o iniziative politiche a favore del dialogo e per il bene comune, o ancora chi ha capito quali scelte è giusto fare per contrastare politiche che minacciano la pace fra i popoli. Durante l’evento sarà presentata l’ultima biografia a cura di Alberto Lo Presti (ed. Città Nuova Italia), dal titolo “Igino Giordani. Un eroe disarmato”, con la prefazione del Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella. Una biografia che aiuta a riscoprire il senso di un autentico impegno politico e sociale. Appassionante come un romanzo. “La sua fede prorompente, – scrive Mattarella parlando di Giordani – la sua coerenza evangelica, il fervore con cui si batteva per l’equità sociale, la libertà, la pace hanno scosso tante coscienze e promosso azione e pensiero, sia nei tempi bui del fascismo che negli anni della ricostruzione democratica”. “Si fece costruttore di pace nel dialogo tra persone, tra confessioni religiose, tra popoli e Stati. – continua Mattarella – Pensava l’Europa come continente di pace, dopo essere stata teatro di guerre sconvolgenti. Voleva che il suo Paese fosse un ponte. E lui stesso cercava di farsi ponte per avvicinare, connettere, ricomporre”. Sarà anche inaugurata una scultura a lui dedicata, opera dell’artista Peter Kostner. L’opera, che sarà collocata nel giardino del Centro Internazionale dei Focolari, raffigura Giordani seduto su una panchina. Negli ultimi anni della sua vita, infatti, egli era solito sedersi spesso proprio su una panchina di quel parco. Durante gli incontri internazionali che si svolgevano al Centro, molti, giovani e adulti, si avvicinavano per salutarlo e parlare con lui. E la panchina diveniva luogo di incontro e dialogo. Nel corso dell’evento alcune testimonianze ricorderanno quei colloqui nei quali Giordani ascoltava con umiltà e pazienza non risparmiando consigli attinti dalla sua feconda esperienza di vita e arricchiti dal carisma dell’unità.
Quando i nostri sforzi sono amati per amore di Gesù crocifisso nel momento presente e subito dopo si vive ciò che Dio vuole da noi nel momento seguente, si può sperimentare la pienezza della vita del Risorto in noi. […] l’esperienza del Risorto, con l’irradiazione dei doni del suo Spirito (luce, pace, amore, consolazione, ardore, vita, ecc.), è possibile non solo dove si realizza l’unità di due o più persone unite nel nome di Gesù, ma è un’esperienza che possono fare anche singole persone da sole. Il modo? il prezzo? Abbracciare nell’attimo presente Gesù Abbandonato. Approfondendo, alla luce di questa straordinaria esperienza, la Sacra Scrittura e l’insegnamento della Chiesa, abbiamo visto che essa corrisponde a verità. Ma quale Gesù Abbandonato – come noi diciamo – occorre abbracciare nell’attimo presente? Quello richiesto dalla vita cristiana che, per poter seguire Gesù, domanda la rinuncia a sé stessi e il prendere la propria croce. Occorre dunque dir di sì ed abbracciare con slancio ogni dolore che si presenta (la propria croce), ma anche ogni sforzo che costa il rinnegare sé stessi, la lotta al proprio egoismo, ai desideri della carne – come si dice – (eccessi nel mangiare, impurità, litigi, gelosie e così via), per lasciar trionfare nel cuore l’amore. Ecco: quando questi sforzi sono amati per amore di Gesù crocifisso nel momento presente e subito dopo si vive ciò che Dio vuole da noi nel momento seguente, si può sperimentare la pienezza della vita del Risorto in noi, anche da soli. In ciascuno di noi si fa strada la sua luce, ci invade la sua pace, s’accende l’amore con la consolazione, la serenità, il paradiso. Tutto cambia, insomma; la nostra anima si veste a nuovo. […] È quello che vogliamo fare in questi […] giorni: amare Gesù Abbandonato sempre, subito, con gioia, non solo nei dolori quotidiani, ma anche nello sforzo per vincere il nostro io. Quando il nostro Foco*, poco tempo dopo aver abbracciato il nostro Ideale, scriveva in una poesia: «Mi son messo a morire e quel che accade non mi importa più, mi sono messo a gioire nel cuore desolato di Gesù», intendeva proprio questo: morire a sé stessi per gioire con Gesù: morire con Lui Abbandonato per vivere con Lui Risorto. E allora anche noi ricordiamo questo verso: «Mi son messo a morire» e accettiamo la morte del nostro io dieci, cento volte al giorno, per donare a chi ci incontra la gioia d’imbattersi nel Risorto.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 3 novembre 1983)Tratto da: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 135.* Nome confidenziale dato da Chiara Lubich a Igino Giordani(altro…)
Dopo l’Assemblea Generale dei Focolari, si sono svolte le Assemblee di alcune diramazioni: quelle dei e delle focolarine, quella dei sacerdoti diocesani che appartengono al Movimento e quelle dei e delle Volontarie di Dio. Tema comune era l’orientamento al dialogo su tutti i livelli. Dal 24 gennaio al 7 febbraio 2021 si è svolta l’Assemblea generale del Movimento dei Focolari. Sono state rinnovate le cariche della Presidente, del Copresidente, degli organi direttivi e sono state definite le linee d’orientamento e d’azione per i prossimi sei anni. Successivamente si sono svolte – tutte in modalità online – le Assemblee dei focolarini e delle focolarine, dei sacerdoti focolarini e dei e delle Volontarie di Dio. Focolarini e focolarine. L’Assemblea dei focolarini dal 9 al 13 febbraio era composta da 121 membri sparsi nei 5 continenti fra cui un focolarino anglicano da Londra, uno copto-ortodosso dal Cairo e uno musulmano dall’Algeria. Nella sua relazione dell’ultimo sessennio, il Centro Internazionale dei Focolarini ha condiviso con tanta franchezza sfide, aspetti dolorosi e anche sviluppi molto promettenti riguardo la vita dei Focolarini nel mondo. Il documento finale caratterizza il focolarino come uomo di Dio in continuo ascolto al grido dell’umanità di oggi. Come responsabile è stato riconfermato il brasiliano Flavio Roveré. In contemporanea si sono ritrovate 136 focolarine. Dalla domanda della loro responsabile uscente, Agnes van Zeeland, se non sia arrivato il momento di “uscire” di più verso il mondo e le sue piaghe, è scaturito un appassionante dialogo. La nuova responsabile, Noreen Lockhart (Gran Bretagna), è stata descritta dal copresidente Jesús Morán come “persona che ha il dialogo nel sangue, abituata a risolvere conflitti”. Sacerdoti focolarini. Dal 1° al 5 marzo si è svolta l’Assemblea dei sacerdoti focolarini con 74 partecipanti, tra cui alcuni invitati, come ad esempio un ministro della Chiesa luterana-svedese. Ripercorrendo le parole chiave dell’Assemblea Generale 2014, “Uscire – Insieme – Opportunamente preparati”, il responsabile don Antonio Bacelar ha presentato nella sua relazione i passi fatti, i processi avviati, le prospettive da sviluppare, come ad esempio l’esigenza di agire sempre più in rete con tutte le vocazioni del Popolo di Dio. Nel documento finale, che vuole essere “una mappa di navigazione”, emerge prioritario il dialogo fondato sull’ascolto dello Spirito Santo. Come responsabile centrale dei sacerdoti focolarini è stato rieletto per un secondo mandato don Antonio Bacelar (Portogallo). Volontari e volontarie di Dio. Dal 17 al 21 marzo si sono svolte le due Assemblee dei e delle Volontarie di Dio – presenti online complessivamente 356 partecipanti. Le parole “coraggio e avanti” rivolte dalla nuova Presidente dei Focolari, Margaret Karram, alle due Assemblee, mettono in luce la particolare vocazione dei e delle Volontarie nell’affrontare le sfide future dell’umanità per cambiare il mondo secondo “la legge” dell’amore evangelico. Punto di partenza per i due documenti finali è stato l’invito di Papa Francesco, rivolto all’Assemblea Generale, ad “essere espressione viva del carisma di fondazione e a rimanere fedeli alla fonte originaria sforzandosi di ripensarla ed esprimerla in dialogo con le nuove situazioni sociali e culturali”. Come nuovi responsabili sono stati eletti Juan Ignacio Larrañaga, volontario della Spagna, e l’italiana Fanny Bava.
Arthur George Baum è partito per il Paradiso il 4 febbraio 2021 all’età di 92 anni, ad Ausburg in Germania. Era nato il 18 maggio del 1928 a Hinckley, una città della contea del Leicestershire, nel cuore dell’Inghilterra. Celibe, Volontario di Dio e componente del Centro Internazionale dei Volontari dei Focolari, ha lavorato molti anni alla Radio Vaticana, lasciando un bel ricordo di sé. Nell’ultimo mese della sua vita terrena, si trovava in una residenza sanitaria in quanto operato al femore, fratturato a seguito ad una caduta. Fu uno dei primi Volontari di Dio e compose il primo nucleo al Centro internazionale dei Volontari. La sua particolarità era l’humour di tipo, ovviamente, inglese, ma era anche molto ordinato, potremmo dire alla tedesca e preciso come uno svizzero ma soprattutto riusciva a superare gli ostacoli con il genio italiano. A proposito dell’humour, Hèctor Lorenzo (Volontario di Dio e amico di Arthur) racconta che, anche in situazioni fisiche tragiche, una sera dopo le 23,00, riceve una telefonata: “Sono Arthur, ho una emorragia nella gamba”. Con la moglie e il figlio, Hèctor si precipita nell’appartamento di Arthur e dopo una prima assistenza, chiamano subito l’ambulanza. Sceso in strada sul lettino e prima di montare sul mezzo, Arthur si scopre la bocca dalle coperte che lo riparavano dal freddo, e confida ad Hèctor: “Sai, mi manca una cosa”. Hèctor gli domanda cosa? E lui: “il mio cappello!”. Da circa dieci anni si era trasferito felicemente in Germania. Chi conosce Arthur sa che lui amava i venti forti dell’Irlanda e del nord dell’Inghilterra, si emozionava davanti un fiore, cantava le canzoni del Tirolo e alcuni temi di Elvis Presley, gioiva del silenzio delle chiese gotiche o del canto gregoriano, apprezzava il vino caldo di inverno e produceva una piccola quantità di bevanda ‘idromele’ che non poteva non condividere con i suoi amici. Condivideva anche il gulasch caldo e parte della cucina orientale. Era molto esigente nel costruire una forte unità nel nucleo dei Volontari: cominciava sempre per primo a voler bene tutti per generare l’Amore reciproco, trovando sempre un dialogo intimo di misericordia. Hèctor racconta: “Essendo stato compagno di nucleo al Centro dei Volontari e abitando con la mia famiglia accanto all’appartamento di Arthur, siamo stati arricchiti dalla sua singolare personalità e testimonianza evangelica. Nostro figlio Julián, dice: “Arthur è il suo nome, ma lo si potrebbe chiamare Umiltà, Generosità, Accoglienza”. Arthur è stato un uomo distinto, di parole essenziali, d’intima religiosità. Sapeva passare da riflessioni serie alla sana ironia per distinguere attitudini costruttive da quelle inutili o nocive. Il suo sorriso eloquente esprimerà comunque e sempre gratitudine.
Come annunciato nel comunicato del 23 dicembre scorso, il Movimento dei Focolari ha affidato alla Società GCPS Consulting di condurre l’inchiesta relativa ai casi di abuso a carico di J.M.M., ex membro dei Focolari in Francia. Nonostante J.M.M. sia stato perseguito in relazione a una vittima, si capisce che un gran numero di altre vittime potrebbero voler parlare delle loro esperienze all’interno del Movimento dei Focolari. GCPS Consulting è un organismo indipendente e specializzato nell’aiutare le organizzazioni a garantire la sicurezza dei bambini, dei gruppi vulnerabili o “a rischio” e a migliorare i loro sistemi di prevenzione e segnalazione degli abusi. Conduce anche indagini indipendenti e revisioni di casi per conto di organizzazioni. L’inchiesta è iniziata a gennaio del 2021 e terminerà a fine anno, quando i risultati del rapporto verranno resi pubblici. L’ascolto e la raccolta delle testimonianze delle vittime sono già stati avviati. Per conoscere in dettaglio i termini dell’indagine, GCPS Consulting ha reso pubblica la relativa sezione del contratto, pubblicata su una pagina web dedicata all’indagine. Come si legge sul documento, sono quattro gli elementi principali dell’indagine: – indagare sugli abusi sessuali commessi da J.M.M., riesaminando i dettagli e valutandone il contesto; – stabilire il grado di conoscenza di tali eventi da parte dei responsabili dei Focolari dell’epoca e/o successivi; – fornire raccomandazioni sulle attuali disposizioni messe in atto dai Focolari in Francia e altrove in materia di tutela dei minori; – redigere un rapporto pubblico che illustri i risultati dell’indagine e le raccomandazioni emerse. Per garantire che il processo d’indagine sia il più possibile incentrato sulle vittime, GCPS Consulting ha condiviso e valutato con alcune di loro anche il processo proposto dell’inchiesta per accertarsi che soddisfi le loro aspettative. Ha inoltre messo a disposizione una sezione Contatti sulla pagina Web dedicata all’indagine e ad accogliere testimonianze, richieste o suggerimenti sia da parte delle vittime stesse che da chiunque desideri mettersi in contatto con l’inchiesta indipendente. Il Movimento dei Focolari incoraggia chiunque abbia informazioni relative a J.M.M o altri casi di abuso a prendere contatto con l’Inchiesta attraverso questa pagina web. È possibile contattare in assoluta riservatezza il team GCPS che segue tale inchiesta per telefono, e-mail o utilizzando il modulo di contatto disponibile nel sito. Per garantire la più piena indipendenza dell’indagine il Movimento dei Focolari ha accolto l’invito della GCPS Consulting di mantenere un “silenzio stampa” sulle questioni legate al caso di J.M.M. fino alla pubblicazione del report finale. Pertanto da questo momento in poi la decisione di rilasciare dichiarazioni o rispondere alle richieste dei media relative a “questo caso di abuso” sarà unicamente a discrezione di GCPS Consulting.
Stefania Tanesini
Per i Media: contatti GCPS Consulting per il presente caso:
Dopo l’udienza dell’Assemblea Generale dei Focolari con Papa Francesco, quali prospettive per il Movimento dei Focolari? In questo collegamento CH facciamo il punto con Margaret Karram, presidente dei Focolari e Jesús Morán, co-presidente. https://vimeo.com/529384895 A questo link la lettura di P. Patrick Gilger del discorso di Papa Francesco ai membri dell’Assemblea Generale dei Focolari. P. Patrick Gilger è un gesuita, dottorando presso la New School for Social Research di New York. Attualmente sta studiando vari Movimenti ecclesiali. (altro…)
Amare Gesù nel suo abbandono in croce significa amarlo nei dolori e nelle rinunce che comporta l’attenzione al prossimo. È questa una vera via alla perfezione nella vita cristiana come ci comunica Chiara Lubich attraverso la sua esperienza. […] Per incoraggiarci sempre più nella via della nostra santificazione collettiva […] penso vi faccia piacere conoscere una mia recentissima esperienza spirituale. Come forse sapete, sto dedicando alcuni giorni del mese […] all’approfondimento di [un] cardine della nostra spiritualità: […] Gesù Abbandonato, chiave dell’unità. Questo tema mi ha così profondamente toccato, m’è parso talmente interessante e attraente, da sentirmi spinta a viverlo subito, nell’attimo presente, dimenticando quasi l’impegno della tensione alla santità. Mi sono messa, insomma, ad amare Gesù Abbandonato abbracciandolo sotto i suoi più vari aspetti. Ma proprio in questi giorni, durante la meditazione mattutina, ecco tornarmi sott’occhio quelle che per san Giovanni della Croce sono “le dodici stelle” della perfezione, Cioè: amor di Dio, amor del prossimo, castità, povertà, obbedienza, pace, silenzio, umiltà, mortificazione, penitenza, coro, orazione. Le conoscevo bene, anzi, a forza di meditarle, le sapevo anche a memoria. Ma in questi giorni non ci pensavo affatto, presa com’ero dall’amare solo Gesù Abbandonato. Ed ecco la sorpresa, gioiosa sorpresa, come una luminosa riscoperta: rileggendole, durante la meditazione, mi sono accorta che, amando Gesù Abbandonato, le avevo fatte splendere tutte e dodici un pochino di più nella mia anima. Avevo amato Dio un po’ di più, perché avevo amato Gesù Abbandonato che è Dio. Avevo amato il prossimo di più, perché per amore di Lui m’ero sforzata di “farmi uno” con tutti. Avevo migliorato la castità, perché l’amore a Gesù Abbandonato porta a mortificarsi. Così la povertà, perché per Lui avevo cercato di spegnere ogni attaccamento. L’obbedienza, perché per Lui mi sono sforzata di far tacere il mio io per ascoltare [la voce di Dio che parla nell’interiorità]. Amando nei dolori Gesù Abbandonato avevo potuto mantenere la pace. Amandolo ho osservato meglio il silenzio, mortificando inutili parole. L’umiltà ne ha guadagnato con la morte dell’io che l’amore a Lui provoca. Così la mortificazione e la penitenza. Ho curato meglio il “coro”, che per noi significa la preghiera insieme al focolare4, e così è stata più piena l’orazione personale. Tutto meglio, dunque, per il solo amore a Gesù Abbandonato. Lo sapevo che Egli è – come diciamo – un monumento di santità. Ma non avevo ancora sperimentato, con tanta evidenza, che viverlo significa veramente tendere con frutto alla santità. […] Non posso augurarvi di meglio che fare anche voi questa esperienza. Provate! Amatelo nei dolori, nelle rinunce, nel morire per farvi uno con ogni prossimo. […] Che Gesù Abbandonato diventi tutto per noi! E la nostra santità collettiva sarà assicurata.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 16 giugno 1982)Tratto da: “Gesù Abbandonato e le dodici stelle della perfezione”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 85.(altro…)
Nonostante sia ancora in corso l’emergenza Coronavirus la Pasqua è l’occasione per passare dalla morte alla vita, dal buio alla luce attraverso l’amore al fratello. La forza della solidarietà e della fratellanza universale ci aiutano a tenere accesa la speranza per un mondo più unito.Gli auguri di Pasqua della Presidente dei Focolari, Margaret Karram e di tanti in tutto il mondo. Guarda il video con i sottotitoli in italiano, inglese, spagnolo, francese e portoghese. https://youtu.be/2BVukpY5b5s (altro…)
Carissime, s’avvicina la Pasqua, la più grande festa dell’anno, e con essa la settimana santa, stracolma dei misteri più preziosi della vita di Gesù. Essi ci sono ricordati soprattutto il giovedì, il venerdì, il sabato santo e la domenica della risurrezione, e rappresentano per noi altrettanti aspetti centrali della nostra spiritualità. […] Che cosa vivere allora nell’appressarsi della settimana santa e durante quei giorni benedetti? Io penso che, se viviamo la Pasqua, se lasciamo vivere cioè il Risorto in noi, abbiamo il miglior modo per viverli tutti. E affinché il Risorto splenda in noi, dobbiamo amare Gesù Abbandonato ed essere sempre – come noi diciamo – “al di là della sua piaga”, dove la carità è regina. E’ essa poi che ci spinge ad essere il comandamento nuovo in atto; che ci spinge ad accostarci all’Eucaristia, […] è la carità che ci porta a vivere l’unità con Dio e con i fratelli. E’ per la carità che ciascuno di noi può essere, in certo modo, altra Maria. […] Saremo con ciò, tutti assieme, realmente quel Popolo di Pasqua che a qualcuno è parso di intravedere nel nostro Movimento. […][1]
Chiara Lubich
https://vimeo.com/529415104 [1] Cf. “Per essere un popolo di Pasqua”, Sierre, 24 marzo 1994, in Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Roma 2019, pp.461-462. (altro…)
È il cammino verso la prossima Giornata Mondiale della Gioventù nel 2023. Il racconto di una giovane dei Focolari che collabora alla realizzazione dell’evento. La prossima Giornata Mondiale della Gioventù si svolgerà a Lisbona, capitale del Portogallo, nel 2023 sul tema “Maria si alzò e andò in fretta” (Lc 1,39). La pandemia lascia aperti degli interrogativi ma i lavori preparatori sono in corso da tempo. MarianaVazPato, una giovane del Movimento dei Focolari, fa parte dell’equipe locale che collabora per la realizzazione dell’evento.
La croce del GMG
Il motto della GMG scelto dal Papa ricorda il “sì” di Maria a Dio e la sua fretta nel raggiungere sua cugina Elisabetta, come raccontato nel Vangelo. Cosa significa questo per i giovani di oggi, specialmente in questo tempo di pandemia? “Questo tema, prima di tutto, ci mostra un’azione “Maria si alzò” Possiamo capire che il Papa ci sfida ad uscire dalla nostra zona di comfort, ad alzarci e andare incontro all’altro. In secondo luogo, abbiamo il “sì” di Maria a Dio, che ci serve come esempio per dire anche noi il nostro “sì” e andare in missione. Il Papa ha lanciato il tema nel 2019, prima che questa pandemia esistesse. In questo momento, il tema scelto può sembrare contraddittorio con quello che stiamo vivendo, ma ci dice che la pandemia non può essere un ostacolo nel seguire Dio, che rende possibile quello che sembra impossibile”. I giovani di tutto il mondo sono esortati a identificarsi con Maria. È un modello alto: come possiamo lasciarci ispirare da Lei nella nostra vita quotidiana? “A Panama, il Papa ha detto che Maria è l’”influencer” di Dio e che nella sua semplicità ha detto il suo “sì”, diventando la donna più influente nella storia. È vero che trasformare il mondo è una missione ambiziosa, ma Maria ha potuto farlo con le sue virtù. Se seguiamo il suo esempio siamo sulla strada giusta”. A che punto siete con la preparazione dell’evento? Quanti giovani sono attesi? “Date le circostanze è difficile fare previsioni. A ottobre è stato lanciato il logo, a novembre si è svolta la cerimonia di presentazione del simbolo e recentemente è stato lanciato l’inno. È stato sviluppato anche un itinerario di catechesi perché la GMG non sia solo un evento ma un viaggio vivo di approfondimento della fede. Non sappiamo come sarà il mondo nel 2023, ma le equipe stanno lavorando per fare di questo evento un momento decisivo nella vita dei giovani e per il rinnovamento della Chiesa e della società”. Alcuni giovani del Movimento dei Focolari sono coinvolti in questo lavoro preparatorio… “La Chiesa si sta organizzando in comitati che preparano il programma e curano gli aspetti logistici. Come Movimento siamo presenti in questi comitati con giovani, focolarini, coppie e persone coinvolte nel movimento parrocchiale, con vari compiti: dalla pastorale giovanile alla comunicazione con le comunità locali e il movimento parrocchiale in Portogallo, e poi la comunicazione con la zona dell’Europa occidentale e con i centri dei giovani del Movimento. Questa esperienza è una sfida, con tutti gli imprevisti di questi tempi, ma è anche una gioia scoprire il contributo che possiamo dare come Movimento e, soprattutto, poter fare questo cammino insieme alla Chiesa”.
Nonostante i violenti scontri in Myanmar continua l’aiuto della comunità dei Focolari attraverso l’associazione “Goccia dopo Goccia” per testimoniare la fratellanza universale tra pandemia e rivoluzione. Ecco il viaggio di inizio marzo dei focolarini presenti in zona (le azioni si sono svolte seguendo le regole Covid previste dal Paese) Il Myanmar ancora oggi vive una rivoluzione iniziata lo scorso 22 febbraio dal nome ‘22222’. Questo Paese, formato da etnie diverse e ricco di bellezze naturali e di materie prime, dal 1947 al 2010 ha vissuto la più lunga guerra civile nella storia dell’umanità. Tra le varie rivoluzioni tentate: quella dell’8 agosto 1988 denominata ‘8888’ (con migliaia di morti) e quella del 2007, la rivoluzione ‘color zafferano’ per il grande numero di monaci buddhisti che iniziarono la protesta e che persero la vita. Negli scontri del 1988 migliaia di persone iniziarono a migrare verso il confine con la Thailandia, precisamente nella provincia di Tak, nella cittadina di Mae Sot, poi a Mae Hong Song, ed anche pìu a sud, verso Kanchanaburi. Oggi, dopo 32 anni, sono attivi ancora nove campi profughi con milioni di birmani che lavorano in Thailandia. Dal 2011 è nato un ponte di solidarietà fra l’Italia e Mae Sot. La comunità dei Focolari di Latina nel centro Italia, insieme ad alcuni alunni dell’insegnante Maria Grazia Fabietti, hanno iniziato a far qualcosa per aiutare i bambini e le persone che vivono a confine fra la Thailandia e il Myanmar. “Per il 50-esimo compleanno di uno di questi amici italiani, Paolo Magli, vennero raccolti dei soldi per aiutare questi gruppi di etnia Karen (una popolazione fuggita dalla Birmania durante i conflitti e costretti da anni a vivere come profughi al confine tra Myanmar e Thailandia), sia nel campo profughi di Mae La e soprattutto fuori – spiega ancora Luigi -. Era l’inizizo di Goccia dopo Goccia. Oggi, questa realtà aiuta più di 3300 persone in tre paesi del sud est asiatico e collabora anche con l’associazione Charis di Singapore per portare aiuto a chi è stato colpito dalla povertà, dalla solitudine, dalle malattie e anche dalla pandemia. Vietnam, Thailandia e Myanmar rappresentano per noi la ‘possibilità di amare concretamente’: lì ci sono persone che hanno conosciuto lo spirito della fratellanza universale e oggi fanno di tutto per aiutare chi è escluso, emarginato, rifiutato, ammalato e solo”. Goccia dopo Goccia aiuta tutti: persone di etnia Karen, Bama, Kachin, Thai Yai, oppure Xtieng e Hmong in Vietnam ma anche musulmani indigenti che sono in contatto con il focolare di Bangkok. A inizio marzo i focolarini sono andati a Mae Sot con un pulmino carico di generi alimentari, stoffa, giochi e tanto altro, come dimostra il video che vedete di seguito (le azioni si sono svolte seguendo le regole Covid previste dal Paese). Le donazioni sono arrivate da musulmani, buddisti, cristiani e tante persone in contatto con il focolare. “Ognuno è un fratello e una sorella – continua Luigi -. Vogliamo vivere una delle pagine pìu belle scritte da Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari tanti anni fa: “Signore, dammi tutti i soli: sento il mio cuore battere per tutta la solitudine in cui versa il mondo intero*’’. L’ultimo progetto nato aiuta sei mamme abbandonate a Mae Sot con i loro quindici bambini. “Abbiamo fatto arrivare due macchine da cucire e 15 kg di stoffa di cotone da poter tagliare e cucire, per fabbricare camicie, gonne e pantaloni per coloro che ne avessero bisogno – racconta Luigi -. È una gioia e una festa vedere come le persone si aiutano tra di loro. La fratellanza universale è una realtà che prende piede, giorno dopo giorno, e Goccia dopo Goccia rappresenta proprio questo”.
Lorenzo Russo
https://youtu.be/xv5W3hxZInc * Meditazione “Signore dammi tutti i soli” di Chiara Lubich – settembre 1949 (altro…)
Amare Dio e amare il prossimo quando si sta bene, è piuttosto facile. Ma quando si sta male, anche fisicamente, può diventare una sfida enorme. Chiara Lubich propone un programma di allenamento, per prepararsi bene, un programma che prevede anche il fallimento. Come tutti noi sappiamo, il nostro Ideale si può definire con una sola parola: amore. L’amore è tutta la nostra vita. L’amore è l’anima della nostra preghiera, del nostro apostolato, di tutte le espressioni della nostra esistenza. L’amore è anche la salute della nostra vita spirituale individuale, così come l’amore reciproco è la salute di noi come comunità, come Corpo mistico di Cristo. Quando amiamo, infatti, siamo a posto, tutti interi, davanti a Dio, sia che godiamo dell’integrità fisica, sia che siamo ammalati. Ma amare quando si è sani è facile: è facile amare Dio e i fratelli. Amare quando si è ammalati è più difficile. […] [Vorrei] porre a me e a voi ora una domanda: È giusto forse che chi si trova in momenti così difficili della sua vita terrena viva con tanto impegno lo sposalizio della sua anima con Gesù Abbandonato, e noi che abbiamo magari più salute fisica viviamo con mediocrità la nostra tensione alla santità? Dobbiamo sempre lasciare che Dio permetta nei nostri confronti delle prove speciali, di quelle che sembra tolgano il respiro, per farci decidere ad amarlo con totalitarietà? […] Allora […] non si può perdere tempo. Abbiamo tutti lo Spirito Santo in cuore e conosciamo le sue richieste, le sue indicazioni. È Lui che ci dice: Qui c’è da amare Gesù Abbandonato, in un dolore ad esempio o in una fatica; qui c’è da preferirlo in una virtù, nell’amore fraterno ad esempio; qui ancora c’è da sceglierlo in un aspetto dell’Opera o della Chiesa o dell’umanità… Dobbiamo fare il proposito di amarlo giorno per giorno, sempre, […] al 100%. E […] ripetere prima di ogni nostra azione: “Per Te”. Se ci spaventasse poi una vita così, […] ricordiamo la raccomandazione di Gesù: “A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6, 34). Occupiamoci, dunque, del volto di Gesù Abbandonato di oggi, di ogni momento. Per domani avremo altre grazie. Così metteremo da parte giornate piene, tutte consacrate a Lui. È con esse che costruiremo la nostra santità. Se poi ci tocca di fallire, di tradire, di bloccarci, sappiamo che anche al di là di tutte queste circostanze c’è il suo volto. Che ogni sera possiamo rispondere a noi stessi, o meglio a Gesù che ci interroga in fondo al cuore sul come è andata la giornata: “Bene, al 100%”. […] Col nostro abbraccio di Gesù Abbandonato al 100% il Risorto splende in noi e fra noi e dà testimonianza. […]
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 16 gennaio 1986)Tratto da: “Al 100%”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 228.(altro…)
Nella periferia orientale di Lima in Perù la comunità dei Focolari assiste ogni giorno la gente che vive in estrema povertà, condividendo cibo, aiuti materiali, alfabetizzazione ed esperienze del Vangelo. Huaycán si trova nella periferia orientale di Lima (Perù). Dei 200.000 abitanti, il 90% sono immigrati dalle Ande, in fuga dalla povertà. Conservano le loro tradizioni e la loro lingua, il quechua, l’antica lingua degli Incas. Nelle parti più alte delle colline, la gente vive in estrema povertà. Le loro case hanno pavimenti in terra battuta e una sola stanza (i letti accanto alla cucina), mancano di acqua potabile, elettricità, fognature…. La maggior parte di loro sono venditori ambulanti. Alcune donne fanno le pulizie in casa e alcuni uomini sono operai edili o raccoglitori di rottami. La comunità di Lima ha guardato e scelto questa “ferita di Cristo” per amarla con predilezione. “Siamo arrivati a Huaycán – ricorda Elsa – nel 1998, quando Tata, Carmen, Maria e Milagros ed io portammo la Parola di Vita ad una comunità vicina alla “Scuola Fe y Alegría” delle Suore Francescane. Poi si sono aggiunti Elba, Mario, Lula, Yeri, Fernando e Eury, Cristina… Siamo andati nelle zone alte delle colline e abbiamo condiviso con i più poveri dei poveri le esperienze del Vangelo. Hanno sofferto di malattie, violenza familiare, promiscuità, disoccupazione, droga, fame”. “Ci sedevamo sulle pietre – dice Elba – poi, man mano che diventavano più sicuri, tiravano fuori le loro sedie. In inverno, ci invitavano nelle loro umili stanze. Lì abbiamo incontrato Olinda, la cuoca della scuola, che ha aperto la sua casa per incontrarci. Una bella persona, il nostro punto di riferimento locale. La morte di suo figlio prima e la sua morte improvvisa poi, ci hanno causato molto dolore”. Per alleviare i bisogni, la comunità di Lima ha lanciato diverse iniziative: aiuti materiali, sostegno educativo per i bambini, formazione e alfabetizzazione per gli adulti, sostegno psicologico, follow-up e assistenza sanitaria, vendita di vestiti di seconda mano. “Ogni anno festeggiamo insieme il Natale e la festa della mamma, organizziamo gite e alcuni partecipano alla Mariapoli annuale – ricorda Mario -. Una coppia, dopo essersi preparata, si è sposata durante una delle Mariapoli, in presenza dei loro cinque figli e parenti. È stato un evento che ha segnato la loro vita, come la vita di tanti altri che hanno incontrato il Dio dell’Amore”. “Con la pandemia – continua Cristina – molti hanno perso il lavoro e non hanno abbastanza per nutrire i loro figli. Ci siamo organizzati con alcune famiglie per procurare il cibo necessario e distribuirlo ai più bisognosi. Una donna ha installato un forno, che era rimasto inattivo, per produrre pane. Da marzo a giugno, abbiamo distribuito 140 cesti di cibo e 12.720 pani. Abbiamo incontrato la comunità più povera Granja Verde, bisognosa di una sala da pranzo dove preparare il cibo. Ci siamo organizzati: hanno offerto un pezzo di terra e hanno posato il pavimento di cemento. Abbiamo fornito la cucina con gli utensili necessari e un serbatoio di 2.500 litri di acqua potabile. La sala da pranzo è stata inaugurata il 15 novembre 2020 e ha iniziato a funzionare il giorno seguente. Oggi produciamo 100 pasti al giorno. Sappiamo, come ci ricorda Papa Francesco, che se ci dimentichiamo dei poveri, Dio si dimenticherà di noi. Huaycán, il punto dolente di Cristo, è il nostro preferito e la nostra grande opportunità di ottenere la benedizione di Dio”.
Considerare “fratelli tutti” – come dice Papa Francesco – ci aiuta ad allargare i nostri orizzonti.“Date e vi sarà dato” Padre David, del Kenya, racconta: “aiutavo un ragazzo rifugiato povero, che avevo conosciuto durante la missione nel campo profughi Kakuma, nel nordovest del Kenya, pagandogli la scuola. Ma dopo un po’ non avevo più soldi per portare avanti questo sostegno; così gli ho spiegato questa difficoltà e ci siamo salutati. Dopo qualche tempo questo ragazzo ha inviato attraverso i social media un messaggio chiedendo di nuovo aiuto: ho avvertito tanta sofferenza nel non poterlo aiutare. Allora ho deciso di vendere una mucca che avevo a casa dei miei genitori, per pagargli la scuola. Lui è stato molto felice di ritornare finalmente alle lezioni. Nella nuova parrocchia dove vivo da quasi una un anno, i parrocchiani un giorno hanno deciso di farmi visita perché avevano saputo che il mio papà non stava bene in salute. Tra i regali che hanno portato c’erano tre mucche. Non potevo crederci: mi sembrava che Dio mi volesse dire soprattutto le parole “una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo”. Padre David, Kenya“Per i miei fratelli in Libano” Dopo la catastrofe del 4 agosto 2020 a Beirut in Libano, mi sono chiesto cosa potessi fare per aiutare quella terra già così martoriata. Dopo qualche giorno sarebbe arrivato il mio compleanno: 40 anni. La mia famiglia e i miei amici volevano festeggiarmi, anche solo con una cena. Ho pensato: è l’occasione giusta per aiutare la popolazione libanese. Così ho chiesto a tutti gli inviati alla cena di non farmi regali ma di contribuire economicamente al mio progetto in aiuto per Beirut. A fine serata, lo stupore nel contare i soldi raccolti: ben 600 euro! Mai immaginavo di arrivare a questa cifra anche perché alla cena c’erano pochi invitati a causa delle restrizioni per il Covid-19. Questo gesto ha però scatenato una reazione a catena fra gli amici: Emilia per la sua laurea ha dato il ricavato per un altro progetto, Francesco per il suo compleanno ha fatto un’adozione a distanza, e poi ancora i bimbi del quartiere, saputa della nostra iniziativa al compleanno, hanno dedicato il ricavato di un mercatino che hanno fatto con materiali di riciclo, sempre per il Libano! Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date…è questo in cui crediamo fortemente, sempre, quando riceviamo e quando diamo. L., Ischia (Italia)“Da un panino al centuplo per i poveri” Una volta sono stato in una paninoteca, in attesa di comprare un panino; avevo appena i soldi per uno solo. Uscendo dal negozio, ho visto una signora che guardava tutti quelli che mangiavano. Mi sono accorto che aveva fame e che aspettava qualcuno che le offrisse qualcosa da mangiare. Ho preso il mio panino e gliel’ho dato. Ho pensato tra me e me, posso sempre mangiare qualcosa più tardi. Era felicissima. Poi l’ho portata al negozio di frutta e ho chiesto al fruttivendolo se poteva darle della frutta che gli avrei pagato il giorno dopo, perché in quel momento non avevo soldi. Il fruttivendolo ha dato volentieri a questa signora non solo un frutto, ma una borsa piena, gratis. Ero così felice di vedere come un piccolo panino può diventare una catena del centuplo. Mumbai (India)
Dichiarazione congiunta di SIGNIS, Pax Christi International e il Movimento dei Focolari in solidarietà con il popolo di Myanmar SIGNIS, l’Associazione cattolica mondiale per la comunicazione, ascolta il grido del coraggioso popolo birmano nella resistenza non violenta al colpo di stato militare del Myanmar che ribalta un’elezione legittima e democratica. Siamo accompagnati da Pax Christi International e dai suoi membri nella regione Asia-Pacifico che, nella loro dichiarazione di febbraio sullo “Stato di emergenza” in Myanmar, hanno già espresso gravi preoccupazioni per la situazione nel Paese. Allo stesso modo, il movimento internazionale dei Focolari si unisce a noi in solidarietà con il popolo birmano. Ogni giorno persone coraggiose, tra cui molti giovani, tornano in piazza per protestare pacificamente, nonostante gli spari dei soldati. Come simbolo della loro protesta, segno della giusta rabbia del popolo verso i militari, sentiamo il fragore di pentole e padelle, secondo l’usanza birmana per proteggersi dagli spiriti maligni. Assistiamo alla detenzione arbitraria – con accuse fabbricate – di membri del governo democraticamente eletto, nonché di leader civili e religiosi che hanno preso parte alla lunga lotta per la democrazia. Rifiutiamo la campagna di disinformazione dei militari del Myanmar volta a giustificare le loro azioni, perché un’informazione veritiera è importante in una democrazia. Chiediamo la protezione dei giornalisti arrestati e molestati per aver condiviso con il resto del mondo notizie e informazioni su ciò che sta accadendo sul campo; dovrebbero invece godere della libertà di stampa. Deploriamo l’estremo autoritarismo che ha calpestato la costituzione della nazione, che di fatto – pur mantenendo gran parte del potere nelle forze armate – consentiva una limitata democrazia. Nonostante le sfide, il Myanmar stava muovendo i primi passi verso la democrazia, dando alla gente speranza per un nuovo futuro. Questa speranza dovrebbe essere restituita. Soprattutto ascoltiamo il messaggio del popolo del Myanmar: questo colpo di stato riguarda essenzialmente il loro rovesciamento, della loro volontà. In ultima analisi, non si tratta di rimuovere gli oppositori politici o il presunto ordine pubblico. Esso annulla anni di paziente lavoro per i diritti fondamentali dei cittadini e schiaccia i tenui sogni di un paese libero e democratico. Come organizzazioni cattoliche, ci uniamo a Papa Francesco e ai leader civili e religiosi di tutto il mondo che hanno condannato il colpo di stato e chiedono un “dialogo significativo” per ripristinare la democrazia. Inoltre, ci uniamo ad altre organizzazioni nel chiedere:
il rilascio di Aung San Suu Kyi e di altri funzionari e leader detenuti;
ai militari uno stop alla violenza e alla detenzione arbitraria di manifestanti pacifici e giornalisti;
giustizia e responsabilità per le atrocità commesse dall’esercito contro il popolo Rohingya e altre minoranze etniche, nonché la prevenzione di tali crimini e abusi in futuro;
ai membri della comunità internazionale, in particolare nella regione Asia-Pacifico, di fare pressione sul regime affinché si dimetta e ristabilisca la democrazia, e di non sfruttare la situazione per i propri interessi geopolitici.
Chiediamo ai membri di SIGNIS, di Pax Christi International e del Movimento dei Focolari in tutto il mondo di dare voce al grido del popolo birmano contattando i media locali e nazionali per segnalare la situazione e sollecitando i loro governi a intraprendere forti azioni diplomatiche per opporsi al colpo di stato e riportare la democrazia in Myanmar. La nostra missione come organizzazioni è promuovere la pace. Con l’arcivescovo di Yangoon, card. Charles Maung Bo, presidente della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, sosteniamo: “La pace è possibile. La pace è l’unica via. La democrazia è l’unica luce verso questo percorso”. Scarica la dichiarazione(altro…)
La scelta di amare Gesù nel suo abbandono in croce e di preferirlo ad ogni altro amore, è diventata per Chiara Lubich come una bussola che dava orientamento alla sua vita e la rendeva libera di tante preoccupazioni. […] Abbiamo osservato come la chiamata a seguire Gesù Abbandonato in modo radicale non è stata di una sola volta, e cioè all’inizio del Movimento. Di tanto in tanto infatti, durante questi anni, il Signore ce l’ha risottolineata con episodi, o particolari considerazioni. Così è successo a me nel 1954. […] Diventava per la prima volta sacerdote un focolarino. Io dovevo portarmi da Roma a Trento, per l’ordinazione di don Foresi da parte dell’Arcivescovo di Trento. Non stando però bene in salute, si era pensato di farmi fare il grosso del viaggio in aereo. Appena salita sul velivolo, una hostess molto gentile, per facilitarmi il viaggio, ha pensato di farmi entrare nella cabina di pilotaggio. In quel posto sono stata subito impressionata dal magnifico panorama che vi si poteva osservare: ampio, completamente aperto, per la carlinga tutta di vetro. Ma non è stato il panorama che ha colpito maggiormente il mio spirito. È stata piuttosto una sommaria spiegazione del pilota su ciò che è importante per guidare un aereo. Mi ha detto che, per un viaggio diretto e sicuro, occorreva anzitutto fissare la bussola sul punto di arrivo. Poi, lungo il cammino, si sarebbe dovuto vigilare perché l’aereo non deviasse mai dalla rotta stabilita. Seguendo questa spiegazione, feci immediatamente nel mio animo un parallelo fra quello che è un viaggio in aereo in questo mondo, e quello che è il viaggio della vita: oggi direi il “Santo Viaggio”. Mi parve di capire che occorreva anche qui fissare in partenza, con precisione, la rotta, la strada della nostra anima, che è Gesù Abbandonato. Poi, lungo tutto il tragitto, far solo una cosa: rimanergli fedele. Sì, la via a cui Dio chiama tutti noi è solo questa: amare Gesù Abbandonato sempre. Ciò significa abbracciare tutti i dolori della propria esistenza. Significa praticare l’amore, adeguando sempre la nostra volontà alla sua. […] Amare Gesù Abbandonato vuol dire conoscere la carità; sapere come si fa ad amare i propri prossimi (come Lui, fino all’abbandono). Amare Gesù Abbandonato sempre significa mettere in pratica tutte le virtù, che Egli in quel momento ha vissuto manifestamente in modo eroico. […] Penso di poter affermare che puntare l’ago della nostra anima su Gesù Abbandonato è quanto di meglio possiamo fare per continuare e finire il viaggio santo e per percorrerlo anche con una certa facilità. Se il pilota, che ho osservato tutto libero nei movimenti, non usa redini come per guidare un carro, né volante come per un’automobile, anche noi se sistemiamo l’ago della nostra bussola spirituale su Gesù Abbandonato, non avremo necessità di altro espediente per arrivare sicuri alla meta. E come nel viaggio in aereo non si conoscono le sorprese delle curve perché si corre in linea d’aria, né si conoscono montagne perché ci si pone immediatamente su grandi altezze, anche nel nostro viaggio, con l’amore a Gesù Abbandonato ci si mette subito in alto, non ci spaventano gli imprevisti, né si sentono tanto le fatiche delle salite, perché, per Lui, sorprese e fatiche e sofferenze sono già tutte previste e attese. Fissiamo dunque la bussola su Gesù Abbandonato e rimaniamogli fedeli. Come? Al mattino, al primo risveglio, puntiamo l’ago su Gesù Abbandonato col nostro “Eccomi”. Poi, durante il giorno, di tanto in tanto, diamogli un’occhiata: vediamo se siamo sempre in linea con Gesù Abbandonato. Se così non sarà, con un nuovo “Eccomi” riassestiamoci nuovamente e il viaggio non sarà compromesso. […] Se faremo il viaggio della vita in compagnia di Gesù Abbandonato, potremo anche noi alla fine ripetere la famosa frase di santa Chiara: “Va’ sicuramente [sicura] anima mia, imperocché buono compagno hai tu nel tuo cammino. Va’ che Colui che t’ha creata, t’ha sempre guardata e t’ha santificata”. […]
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 5 gennaio 1984)Tratto da: “Fissare la bussola”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 139.(altro…)
Oggi, 14 marzo ricorre il tredicesimo anniversario dalla scomparsa di Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari. Da quel 14 marzo 2008 in questa stessa data, le comunità dei Focolari sparse in tutti i continenti si ritrovano per ricordarla e per pregare insieme, ricordandosi della consegna che lei ha affidato al Movimento: “siate una famiglia”. «Se oggi dovessi lasciare questa terra e mi si chiedesse una parola, come ultima che dice il nostro Ideale, vi direi – sicura d’esser capita nel senso più esatto –: “Siate una famiglia”». https://youtu.be/QKwgvxsUU2E (altro…)
Dall’impegno di una piccola comunità dei Focolari verso i più vulnerabili, nasce, in un paese della selva peruviana, un Centro per gli anziani intitolato alla fondatrice del Movimento.Quattro anni fa, io Jenny con mio marito Javier e le nostre 3 figlie, arrivammo dall’Argentina con l’intenzione di abitare nel profondo Perù. Portavamo dentro di noi l’Ideale dell’Unità. Appena arrivati a Lámud, paese immerso nell’Amazzonia, sapendo che il Vescovo della Diocesi vi si trovava di passaggio, corremmo a salutarlo e ci presentammo come membri del Movimento dei Focolari. “Che bello che i focolari sono arrivati in Amazzonia!”, ci disse e ci diede la sua benedizione, con l’augurio di andare avanti. Allora ci mettemmo d’accordo con il parroco, il quale ci chiese di farci carico della Pastorale Sociale e della Catechesi Familiare dei paesi che fanno parte della parrocchia. Quindi, andammo in periferia per prendere contatto con la realtà sociale del posto, alcune volte accompagnati anche dalle nostre figlie. Scoprimmo una Lámud nascosta, piena di tanta sofferenza. Decidemmo di cominciare dagli ultimi e ci accorgemmo che erano gli anziani, della terza età. Alcuni di loro non avevano nemmeno un letto degno, dove morire. Avevamo presente la meditazione di Chiara Lubich: “Una città non basta”. Facemmo il giro delle periferie del paese cercando quelli che erano soli, abbandonati, per portare loro una carezza, una parola di speranza, alimenti, vestiti e chiedevamo loro di pregare per noi, poiché iniziavamo la nostra avventura in questi luoghi, del tutto nuovi, per noi. Trascorso un po’ di tempo, abbiamo cominciato a sognare di poter dare agli anziani una casa degna, un pasto caldo e, la cosa più importante, che si sentissero accompagnati e non più da soli. Un sogno che, se da una parte sembrava lontano, dall’altra ci sembrava quasi a portata di mano, tanto che ci dicevamo: “Sì, noi possiamo! Dobbiamo fare qualcosa di più concreto che una semplice visita”. Insieme elaborammo un progetto: poche linee, ma ogni frase ci incoraggiava di più ad andare avanti. Pensammo anche al nome da dare alla casa. Ci guardammo negli occhi e decidemmo che si sarebbe chiamata: “Hogar y Centro de Día para Adultos Mayores, Chiara Lubich” (“Casa e Centro diurno per anziani, Chiara Lubich”).Intanto, il nostro sogno prendeva forma. Ci sono stati tanti fatti e contatti con alcune persone che erano entusiaste del progetto. Jenny, intanto, aveva fatto diverse esperienze di volontariato in Argentina. Per lei si offrì l’opportunità di essere assunta dal Comune del Distretto di Lámud, per lavorare proprio per gli anziani della terza età! Infine, ci sentimmo animati dalle parole del Papa che invitava noi laici a lavorare in favore dei più vulnerabili, ancor di più in questo tempo di pandemia. Ci furono, insomma, tante belle coincidenze che ci fecero pensare che Gesù sarebbe stato contento di vedere nascere un’Opera per gli ultimi, nella Selva Peruviana. Cioè una casa degna, per gli anziani della terza età di questa provincia amazzonica. Nel frattempo, vedemmo che tutto avveniva in modo vertiginoso. Così, confidando pienamente nella Provvidenza di Dio e nella forza della preghiera, fummo sempre più consapevoli che Gesù non ci avrebbe lasciato da soli e fummo certi che, insieme alla nostra piccola comunità, non saremmo stati mai soli. In quei giorni, firmammo il contratto di affitto per la casa e portammo avanti le pratiche legali per costituirci in un’Associazione senza fini di lucro. Un gruppo di persone della comunità volontariamente si era già unita al progetto. Avevano risposto con un “Sì” fortissimo, all’impegno di lavorare per il bene delle persone più vulnerabili del paese di Lámud e della Provincia di Luya (Dipartimento di Amazonas). Preparammo subito il luogo per poter cominciare ad offrire agli anziani un pasto caldo al giorno, fornito dal Comune. E così ora, pian piano, valutiamo ogni passo da fare per raggiungere la meta, e cioè offrire agli anziani, a rischio di solitudine e abbandono, non solo gli alimenti ma anche la possibilità di risiedere stabilmente, nel Centro. Ma più che titoli, nomi e statuti, il nostro desiderio è che nella casa regni quel clima di unità, di armonia e di famiglia che Chiara Lubich ci ha lasciato come eredità, ed è per questo motivo che il Centro porta il suo nome. https://youtu.be/bqRSzfxmLS8 Jenny e Javier, con la comunità di Lámud (Dipartimento Amazonas, Perù)
Esperienza raccolta e tradotta da Gustavo E. Clariá
La categoria imprescindibile del pontificato di papa Francesco, confermata anche in Iraq, è la fraternità. La sua testimonianza personale ed ecclesiale, il suo magistero e le sue relazioni con il mondo musulmano, fanno ormai della fraternità una cifra geopolitica. Lo storico incontro con al-Sistani.Da più parti, in questi giorni, si cerca di fare un bilancio del viaggio di papa Francesco in Iraq. Penso che sia difficile, se non impossibile, tentarne uno esauriente. Troppi i temi coinvolti e, soprattutto, siamo troppo vicini, a ridosso immediato di un evento globale articolato, che solo con il passare del tempo si potrà comprenderlo in tutte le sue valenze. Ovviamente alcuni elementi più di altri hanno colpito l’immaginario di chi ha seguito i vari avvenimenti in un contesto che, per certi versi, nella sua cruda realtà rischiava quasi di apparire surreale. Se pensiamo ai viaggi papali inaugurati da Woityla a partire dal 1979, eravamo abituati a ben altri scenari e sfondi: folle oceaniche, preparazione coreografica che spesso rasentava la perfezione e, soprattutto, eventi che lasciavano l’immagine, soprattutto nei primi anni dell’era del papa polacco, di una fede forte, al centro della storia, in contrapposizione con il mondo ateo da cui il papa polacco veniva. Papa Francesco, che fin dall’inizio del suo pontificato ha introdotto l’idea di una Chiesa incidentata e paragonata ad un ospedale da campo, in questi anni è impegnato a trasmettere questa immagine di Chiesa e lo ha fatto praticamente dovunque è andato. Fin dal suo primo viaggio ufficiale a Lampedusa, porto e cimitero di migranti, passando per Bangui, dove ha voluto inaugurare il suo Giubileo inatteso e straordinario, per arrivare a Mosul, dove il palco aveva come sfondo macerie e muri ancora perforati da proiettili di vario calibro. E non possiamo dimenticare Tacloban, dove ha sfidato un imminente tifone per stare accanto ai sopravvissuti di un altro evento catastrofico; Lesbo dove ha passato senza fretta tempo prezioso ascoltando le storie inenarrabili di profughi di varie provenienze. Ma la lezione di Francesco non riguarda solo l’impegno a mostrare che il volto più prezioso della Chiesa è quello incidentato. È piuttosto il modo con cui mostra la prossimità, il calore necessario per far sentire a chi soffre la comunità cristiana. Soprattutto è impegnato a proiettare queste comunità sul palcoscenico mondiale, per dire che quella è la Chiesa vera, che tutti dobbiamo avere a cuore e che testimonia in modo reale Cristo. Come ha detto sul volo di ritorno, Bergoglio respira in questi frangenti, perché è questa la sua chiamata petrina, quella per la quale il conclave lo ha eletto pur senza sapere ed immaginare dove avrebbe condotto la barca di Pietro. Lo stiamo tutti vedendo e sperimentando in questi anni. Ed i viaggi ne sono lo specchio probabilmente più veritiero, che non tradisce e non lascia adito alcuno a malintesi. D’altra parte non è nulla di nuovo. Come i suoi predecessori, il papa argentino dimostra di saper leggere e decodificare i segni dei tempi ed offre testimonianza credibile al fatto che la Chiesa è testimone nel tempo, intercettandone le problematiche ed i nodi-chiave, offrendo risposte spesso contro corrente rispetto a quelle che il mondo politico, internazionale e, oggi, finanziario impongono. Di fronte alla realtà che Francesco si è trovato a vivere, compresa quella senza precedenti (almeno in questi termini) della pandemia, la categoria imprescindibile del suo pontificato, confermata anche in Iraq, è la fraternità. La testimonianza personale ed ecclesiale di Bergoglio, il suo Magistero e le sue relazioni, soprattutto ma non solo, con il mondo musulmano, ne fanno ormai una cifra geopolitica. Lo ha dimostrato anche il suo incontro con il Grande Ayatollah al-Sistani. Le implicazioni di quei quarantacinque minuti sono fondamentali. Tutti sappiamo, infatti, che il grosso nodo che l’islam oggi deve sciogliere è interno al suo mondo: la tensione mai sopita ma ora pericolosamente acuita fra la sfera sunnita e quella sciita. È qui che si devono ricercare le radici di molti dei problemi che i musulmani vivono e per i quali, anche, molti muoiono. Bergoglio ha mostrato grande tatto politico nel voler incontrare al-Sistani, il rappresentante più significativo dello sciismo spirituale, ben distanziato dalla teocrazia iraniana che dalla rivoluzione khomeinista degli anni Ottanta del secolo scorso, ha spinto il mondo iraniano ad essere paladino di questa frangia del caleidoscopio musulmano. Al-Sistani ha sempre preso le distanze dalla scelta teocratica degli ayatollah iraniani, ed è da decenni un leader spirituale e religioso riconosciuto. Fra l’altro è nato in Iran. L’incontro fra i due è avvenuto a porte chiuse, ma come lo ha descritto papa Francesco nel volo di ritorno, è stato un momento di spiritualità, «un messaggio universale. Ho sentito il dovere, […] di andare a trovare un grande, un saggio, un uomo di Dio. E solo ascoltandolo si percepisce questo. […] E lui è una persona che ha quella saggezza … e anche la prudenza. […] E lui è stato molto rispettoso, molto rispettoso nell’incontro, e io mi sono sentito onorato. Anche nel saluto: lui mai si alza, e si è alzato, per salutarmi, per due volte. È un uomo umile e saggio. A me ha fatto bene all’anima, questo incontro. È una luce». Bergoglio ha poi azzardato un apprezzamento che forse nessun papa aveva avuto il coraggio di esprimere in passato: «Questi saggi sono dappertutto, perché la saggezza di Dio è stata sparsa per tutto il mondo. Succede lo stesso anche con i santi, che non sono solo quelli che stanno sugli altari. Sono i santi di tutti i giorni, quelli che io chiamo “della porta accanto”, i santi – uomini e donne – che vivono la loro fede, qualunque sia, con coerenza, che vivono i valori umani con coerenza, la fratellanza con coerenza». Tutto questo non è passato inosservato. I commenti positivi sono piovuti da più parti, cominciando proprio dal mondo musulmano. Sayyed Jawad Mohammed Taqi Al-Khoei, segretario generale dell’Istituto Al-Khoei di Najaf, esponente di spicco del mondo sciita iracheno e direttore dell’Istituto Al-Khoei che fa parte dell’Hawza di Najaf, un seminario religioso fondato quasi mille anni fa per gli studiosi musulmani sciiti, è stato molto chiaro nei suoi apprezzamenti. «Sebbene questo sia il primo incontro nella storia tra il capo dell’establishment islamico sciita e il capo della Chiesa cattolica, questa visita è il frutto di molti anni di scambi tra Najaf e Vaticano e rafforzerà senza dubbio le nostre relazioni interreligiose. È stato un momento storico anche per l’Iran». Al-Khoei ha affermato l’impegno a «continuare a rafforzare le nostre relazioni come istituzioni e individui. Presto ci recheremo in Vaticano per assicurarci che questo dialogo continui, si sviluppi e non si fermi qui. Il mondo deve affrontare sfide comuni e queste sfide non possono essere risolte da nessuno stato, istituzione o persona, da soli». L’agenzia AsiaNews riporta anche alcuni commenti positivi apparsi sulla stampa iraniana, che ha dato ampio risalto e celebrato come “opportunità per la pace” lo storico incontro. La notizia è stata il titolo di apertura di quotidiani e organi di informazione della Repubblica islamica. Sazandegi, una storica pubblicazione vicina all’ala riformista, sottolinea che i due leader religiosi sono oggi «i portabandiera della pace mondiale». E ha definito il loro faccia faccia nella casa del leader spirituale sciita «l’evento più efficace [nella storia] del dialogo tra le religioni».
Microcredito e microfinanza comunitari per sostenere la crescita dei progetti in espansione. La testimonianza di Rose sull’importanza dell’iniziativa sostenuta dall’Amu. BIRASHOBOKA in kirundi significa “SI PUÒ FARE”. È da questa convinzione che è nato in Burundi (Africa) il progetto di Microcredito e Microfinanza comunitari. Nonostante le grandi difficoltà in cui versa ancora il Paese – è il secondo più densamente popolato in Africa ed è uno dei cinque Paesi con gli indici di povertà più alti al mondo – l’Amu, Azione per un Mondo Unito-Onlus, organizzazione non Governativa di Sviluppo che si ispira alla spiritualità del Movimento dei Focolari, sostiene da diverso tempo le capacità delle comunità locali. Dal 2007 infatti, in piena sinergia con l’organizzazione senza scopo di lucro CASOBU (Cadre Associatif des Solidaires du Burundi) aiuta le famiglie locali in un percorso di formazione e miglioramento delle proprie condizioni di vita. Con il progetto “Si può fare!” mira a creare gruppi di microcredito comunitario i cui membri possano auto-sostenersi per la creazione di attività lavorative e, nella seconda fase, creare un gruppo di microfinanza comunitaria per sostenere la crescita dei progetti in espansione. “Nel mio gruppo abbiamo iniziato 13 anni fa – racconta Rose -. Con il primo credito ottenuto, ricordo benissimo di non aver fatto niente di particolare, ho comprato vestiti e beni che mi servivano, ma il resto l’ho sprecato. All’inizio non sapevo come intraprendere un’attività e quello che succedeva spesso era di avere difficoltà a ripagare i crediti ricevuti. Poi ho capito che non potevo continuare a prendere un prestito senza un progetto concreto e ho finalmente deciso di avviare il progetto del ristorante con i primi 300.000 Fbu (150 €). Ho iniziato a comprare le pentole, i piatti e poco a poco ho aperto il ristorante. Era il 2009, non avevo ancora nessun lavoratore. A quel tempo i miei figli mi aiutavano in cucina e io prendevo l’autobus per portare il cibo in città dove avevo i miei clienti. Quando hanno iniziato a conoscermi e sono aumentati i clienti, ho potuto assumere i lavoratori. Sono orgogliosa che attraverso lo stipendio che ricevono anche io partecipo alla realizzazione dei loro sogni.” Rose, felice di aver intrapreso questo percorso, oggi riesce ad assicurare uno stipendio ad altre 5 famiglie oltre la sua. Ora vorrebbe migliorare e far crescere la sua attività, prendendo ad esempio in affitto una casa più grande, dove potrebbe cucinare e ridurre i costi del ristorante e degli spostamenti. È una decisione molto coraggiosa perché c’è da sostenere un investimento importante e Rose non ha i requisiti e le garanzie necessarie per accedere ad un prestito da una qualsiasi banca. E proprio per Rose e per molte altre persone che come lei vorrebbero far crescere le loro attività, è nato il progetto di AMU e CASOBU, che sostiene l’avvio di un’istituzione di Microfinanza comunitaria per offrire servizi di risparmio e credito alle persone con grandi sogni ma ancora oggi non bancabili. Per sostenere il progetto clicca qui
Assieme a diverse realtà cattoliche il Movimento dei Focolari in Germania ha organizzato un convegno online sulla ricerca di Dio in un mondo in cui sembra sempre più assente. Un contributo anche al percorso sinodale della Chiesa cattolica in Germania.“Dio sparisce – e forse è necessario? Dio sparisce – e forse Lui vuole proprio così?” Erano queste le domande provocatorie che hanno guidato il programma di un convegno tenutosi online il 26 e il 27 febbraio in Germania. In collaborazione con la “Herder-Korrespondenz”, rivista mensile cattolica, e con l’Accademia cattolica della diocesi Dresda-Meissen nella Ex-DDR, il Movimento dei Focolari in Germania aveva organizzato questo convegno per affrontare una delle domande più urgenti di tanti cristiani: cosa facciamo e come ci muoviamo in un mondo in cui Dio sembra non ci sia più?” 350 i partecipanti dalla Germania, Austria, la Svizzera e altri paesi Europei, disposti ad approfondire le cause di una sempre crescente assenza di Dio nella società e nella vita dei singoli fino ad arrivare – come lo ha detto il vescovo ospite di Dresda, Heinrich Timmerevers, nel suo saluto iniziale – anche alla domanda sconvolgente, “se è forse la stessa Chiesa ad allontanare le persone da Dio per via della crisi causata dagli abusi?” Margaret Karram, Presidente dei Focolari, ha affermato in un messaggio di saluto che il tema della assenza di Dio tocca il nucleo della spiritualità del Movimento che si riassume nella figura di Gesù, abbandonato in croce dagli uomini e da Dio, quale “momento più arduo e al contempo più divino di Gesù, come chiave per contribuire a realizzare la fraternità dovunque manca […] ed a rivolgersi a coloro che soffrono di più per questa oscurità” Ne sono seguiti due giorni di riflessione critica e stimolante su tutto ciò che, nonostante una crescente tendenza al secolarismo, sia ancora motivo per restare saldi nella fede in Dio, eppure su nuove forme di interesse – soprattutto nei giovani – a qualcosa di trascendente che passa attraverso storie autentiche, esperienze di una profonda estetica e la curiosità ad approfondire nuove riflessioni sul senso della vita. Era però anche presente la consapevolezza che spesso le Chiese non riescono più a soddisfare le nuove esigenze religiose degli uomini e donne di oggi. Forte, quasi scioccante, è stato l’intervento della teologa tedesca Julia Knop. Partendo dal dibattito sull’abuso di potere e la violenza sessuale da parte di clerici e consacrati, ha dimostrato che anche tra i più fedeli si sente una erosione della fiducia nella Chiesa. E la crisi della Chiesa – così la professoressa di dogmatica – è strettamente legata alla crisi di fede. Che l’assenza di Dio può essere anche una chance, lo ha affermato il teologo riformato, Stefan Tobler. Presentando alcune tracce della mistica di Madeleine Delbrêl, Madre Teresa di Calcutta e Chiara Lubich ha messo in luce che proprio l’esperienza di un Dio che sparisce può diventare luogo della rivelazione di Dio. “Dio si fa trovare proprio lì dove sembra più lontano. Non si tratta dunque di portarlo, ma di scoprirlo nel mondo”.
Sabato 6 marzo 2021, durante il viaggio apostolico di Papa Francesco in Iraq, si è tenuto l’incontro interreligioso nella Piana di Ur dei Caldei. Al termine è stata intonata un’orazione ispirata alla figura del patriarca Abramo, padre comune nella fede per cristiani, ebrei e musulmani. Ecco il testo. Dio Onnipotente, Creatore nostro che ami la famiglia umana e tutto ciò che le tue mani hanno compiuto, noi, figli e figlie di Abramo appartenenti all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam, insieme agli altri credenti e a tutte le persone di buona volontà, ti ringraziamo per averci donato come padre comune nella fede Abramo, figlio insigne di questa nobile e cara terra. Ti ringraziamo per il suo esempio di uomo di fede che ti ha obbedito fino in fondo, lasciando la sua famiglia, la sua tribù e la sua patria per andare verso una terra che non conosceva. Ti ringraziamo anche per l’esempio di coraggio, di resilienza e di forza d’animo, di generosità e di ospitalità che il nostro comune padre nella fede ci ha donato. Ti ringraziamo, in particolare, per la sua fede eroica, dimostrata dalla disponibilità a sacrificare suo figlio per obbedire al tuo comando. Sappiamo che era una prova difficilissima, dalla quale tuttavia è uscito vincitore, perché senza riserve si è fidato di Te, che sei misericordioso e apri sempre possibilità nuove per ricominciare. Ti ringraziamo perché, benedicendo il nostro padre Abramo, hai fatto di lui una benedizione per tutti i popoli. Ti chiediamo, Dio del nostro padre Abramo e Dio nostro, di concederci una fede forte, operosa nel bene, una fede che apra i nostri cuori a Te e a tutti i nostri fratelli e sorelle; e una speranza insopprimibile, capace di scorgere ovunque la fedeltà delle tue promesse. Fai di ognuno di noi un testimone della tua cura amorevole per tutti, in particolare per i rifugiati e gli sfollati, le vedove e gli orfani, i poveri e gli ammalati. Apri i nostri cuori al perdono reciproco e rendici strumenti di riconciliazione, costruttori di una società più giusta e fraterna. Accogli nella tua dimora di pace e di luce tutti i defunti, in particolare le vittime della violenza e delle guerre. Assisti le autorità civili nel cercare e trovare le persone rapite, e nel proteggere in modo speciale le donne e i bambini. Aiutaci ad avere cura del pianeta, casa comune che, nella tua bontà e generosità, hai dato a tutti noi. Sostieni le nostre mani nella ricostruzione di questo Paese, e dacci la forza necessaria per aiutare quanti hanno dovuto lasciare le loro case e loro terre a rientrare in sicurezza e con dignità, e a iniziare una vita nuova, serena e prospera. Amen. (altro…)
L’amore per Dio e per il prossimo guadagna spessore, profondità ed autenticità solo se passa per il dolore, se viene purificato dalla croce che Gesù ci invita ad accogliere. Ma di quale croce si tratta? La risposta di Chiara Lubich nella seguente riflessione è molto precisa: ognuno di noi ha una propria croce molto particolare e personale. […] “Tutto concorre al bene [ma] per quelli che amano Dio” (cf. Rm 8,28). Amare Dio! Noi lo vogliamo amare certamente. Ma quando si è sicuri di amarlo? Non solamente se diamo a Lui il nostro cuore allorché tutto va per il meglio, perché ciò è facile, è bello, ma può essere anche frutto di entusiasmo o essere mescolato all’interesse personale, all’amore di noi e non di Lui. Siamo certi di amarlo se lo amiamo anche nelle avversità: anzi se, per garantirci l’amore vero, abbiamo deciso di preferirlo proprio in tutto ciò che ci fa male. Amare Dio nelle contrarietà, nei dolori, è sempre amore vero, sicuro. Noi esprimiamo questo amore con le parole: amare Gesù crocifisso e abbandonato. […] Ma quale croce, quale Gesù Abbandonato dobbiamo desiderare di amare, dobbiamo amare? Non certo una croce generica, come quando si dice: voglio far mie […] i dolori dell’umanità. Non una croce frutto della nostra fantasia che sogna, per esempio, il martirio che magari non ci sarà mai. Gesù per essere seguito ha detto: “Chi vuole venire dietro a me, prenda la sua croce” (cf. Lc 9, 23). La sua! Dunque, ciascuno deve amare la propria croce, il proprio Gesù Abbandonato. Se egli, infatti, in uno slancio d’amore a un dato momento della nostra storia si è presentato alla nostra anima ed ha chiesto di seguirlo, di sceglierlo, di – come si dice – sposarlo, non intendeva manifestarsi in modo vago a ciascuno di noi, ma preciso. Ci domandava di abbracciarlo in quei dolori, in quei disturbi, in quelle malattie, in quelle tentazioni, in quelle situazioni, in quelle persone, in quei doveri che toccano la nostra persona, sì da poter dire: “Questa è la mia croce”, anzi: “Ecco il mio Sposo!”. Perché ognuno ha il proprio personale Gesù Abbandonato, che non è quello del suo fratello, né di tutti gli altri fratelli, ma è proprio il suo. E ciò, se sappiamo leggere al di là della trama delle varie personali sofferenze, l’amore di Dio per ognuno di noi, è stupendo e ci invoglia ad affezionare a questo nostro Gesù Abbandonato, ad abbracciarlo, come facevano i santi, ad attendere di vederlo in noi trasfigurato da una risurrezione tutta nostra. […] Allora non perdiamo tempo. Un piccolo esame sulla nostra situazione personale e decidiamo, con l’aiuto di Dio, di dire sì a tutto ciò a cui verrebbe da dire no, ma che sappiamo essere volontà di Dio. […] Alziamoci al mattino con questo proposito in cuore: “Oggi vivrò soltanto per amare il mio Gesù Abbandonato”. E tutto sarà fatto. Il Risorto vivrà in ciascuno di noi e tra di noi. […]
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Mollens, 16 agosto 1984)Tratto da: “Amare la propria croce”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 161.(altro…)
La storia di una famiglia “allargata” che si apre ad un amore non scontato Accogliere in famiglia un bimbo, un giovane o una persona adulta è sempre una sfida. Complessa, per nulla scontata. Tanto nel suo farsi quanto nei suoi esiti, mai conclusi. A guardarle da fuori queste “famiglie allargate” si prova un sentimento misto di stima e di stupore, quasi che la serenità che manifestano siano frutto di un’indecifrabile alchimia d’amore. Una visione quasi romantica. Difficilmente s’immagina quanto sia complesso mettere insieme sensibilità, culture e abitudini diverse, e, concretamente, esigenze, orari e linguaggi, in un amalgama dove i tanti “Io” si fondono in un “Noi fluido”. Senza attriti o, meglio, con ingranaggi ben oleati. Il sentirsi, poi, una sola famiglia è una conquista che non mette al riparo da fatiche, dubbi, delusioni. Accogliere in famiglia Therese – raccontano Sergio e Susanna, della comunità dei focolari di Vinovo, nel torinese (Italia) – non è stato affatto facile. Il loro è un racconto schietto, per nulla edulcorato, e per questo autentico. A sostenerli in questa scelta è stata la volontà di vivere il loro essere famiglia come dono per gli altri, e il sentire la presenza spirituale di Gesù come frutto dell’amore reciproco. La decisione di aprire la porta, e il cuore, ad una giovane mamma africana, giunta in Italia come profuga, è stata presa d’accordo con le loro figlie, Aurora e Beatrice, di 20 e 17 anni. Ed è nella combinazione delle reciproche esigenze che sono insorte le prime difficoltà. “Beatrice ama pianificare ogni cosa – dice Susanna. Al mattino ha i minuti contati ma ogni tanto Therese si alzava prima e occupava il bagno. Questo le creava un problema, ma pian piano ha imparato a ‘fare famiglia’ con lei, dicendole con semplicità di mettersi d’accordo per l’uso del bagno. Aurora invece ha subito deciso di dividere il suo armadio con Therese e l’ha aiutata nello studio”. La sfida, infatti, è anzitutto quella di superare la contrapposizione, silenziosa, corrosiva, fra “noi” e “l’altro”. E accogliere l’altro nella nostra dimensione intima, estendere il “noi”. Nel “fare famiglia” c’è la volontà di adoperarsi per “essere famiglia”: in effetti l’amore è una anzitutto una scelta. Per gli adulti non meno impegnativa. “Nel desiderio di essere accogliente con Therese, mi sono ritrovata molte sere a parlare con lei fino a tardi – ricorda Susanna – ma poi ho iniziato a patire la situazione, non riuscivo a spiegare che al mattino mi sarei dovuta alzare presto, temevo di ferirla. Sergio mi ha aiutato ad affrontare la cosa con gentilezza e fermezza”. Per Sergio le difficoltà nascevano quando alla sera, piuttosto che rientrare a casa dal lavoro doveva andare a prendere Therese che studiava in un comune vicino: “le lezioni finivano tardi, Therese non sapeva usare i mezzi pubblici, e mi ritrovavo a cenare dopo le 21”. Anche qui, scegliere di amare voleva dire accogliere le esigenze di Therese, ma anche aver cura del benessere della famiglia: “Abbiamo cercato di insegnarle ad essere autonoma, come facciamo con le nostre figlie, perché essere disponibili non diventi un peso troppo grande per noi e un ostacolo alla sua crescita. Poco per volta lei ha imparato a usare i mezzi pubblici”. L’essere famiglia – hanno scoperto – definisce anche il modo in cui ci si presenta all’esterno: “Nei primi mesi in cui Therese era con noi – spiega Sergio – avevo messo nel profilo di whatsapp una foto in cui ero con Susanna e le figlie. Therese mi ha detto che non era una foto della famiglia perché mancava lei! Ed è questo che scopriamo ogni giorno: siamo un’unica famiglia perché figli dello stesso Padre, ci preoccupiamo gli uni per gli altri e gioiamo per le conquiste di ciascuno”. È quel “noi” che per amore si estende e si arricchisce.
Il convegno sulla figura carismatica di Chiara Lubich che ha saputo guardare al nuovo millennio e al cambiamento d’epoca in corso, proponendo l’ideale della fraternità universale.Il convegno internazionale “Oltre il Novecento. Chiara Lubich in dialogo con il nostro tempo” ha ufficialmente chiuso il fitto programma di eventi dedicato al centenario della nascita della fondatrice del Movimento dei Focolari. Un titolo programmatico, per leggere in una prospettiva dinamica la figura carismatica di una protagonista del Novecento che ha saputo guardare al nuovo millennio e al cambiamento d’epoca in corso proponendo l’ideale della fraternità universale, nella certezza che “l’unità è un segno dei tempi”. Le due giornate di studio si sono tenute il 18 e 19 febbraio presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Italia) e sono state dedicate alla figura della fondatrice del movimento dei Focolari da molteplici punti di vista. L’appuntamento è stato promosso dal Centro Chiara Lubich di Rocca di Papa (Italia) e dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, in collaborazione con l’Istituto universitario Sophia, New Humanity e la Fondazione Museo storico del Trentino. I patrocini sono stati concessi dal Comune di Roma e dal Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo umano integrale. Il Presidente della Repubblica italianaSergio Mattarella ha conferito al convegno il riconoscimento della Medaglia di rappresentanza, in virtù del particolare interesse culturale dell’iniziativa. Il programma si è articolato in quattro sezioni: storica, letteraria, socio-politica e un’ultima dedicata ad alcuni personaggi del ‘900, analizzando le possibili assonanze e convergenze tra il loro pensiero e quello della Lubich. Una molteplicità di prospettive di lettura, con contributi di studiosi di varie discipline e di diversa impostazione culturale, che permettono una più matura e approfondita riflessione e comprensione dell’esperienza storica e del pensiero della Lubich, e una migliore conoscenza della sua eredità intellettuale, spirituale ed esistenziale. Altrettanto fecondo il confronto con le figure di altri protagonisti dell’epoca contemporanea – da Dietrich Bonhoeffer, a Simone Weil, al Mahatma Gandhi, a Giorgio La Pira, a Martin Luther King, a Michail Gorbaciov – che Chiara Lubich non ha incontrato direttamente, ma con i quali ha dialogato a distanza, condividendo la passione per l’uomo e il futuro dell’umanità, e palesando ideali e intuizioni con evidenti tratti comuni. I lavori, a cui hanno partecipato studiosi provenienti da tutto il mondo, sono stati introdotti dalle lectio di Michel Angel Moratinos (alto rappresentante delle Nazioni Unite) e dello storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. La chiusura del convegno è stata affidata a Piero Coda, teologo e figlio spirituale di Chiara. Donato Falmi, membro del comitato scientifico del convegno, ha presentato l’evento con queste parole: “La biografia di Chiara Lubich, nella sua dimensione temporale, spirituale e intellettuale, è marcatamente caratterizzata da alcune tematiche che appartengono al cuore della contemporaneità, oltre ogni differenza etnica, sociale e religiosa. Pensiamo che tra le più rilevanti siano da elencare la costante attenzione e apertura alla novità, la capacità e disposizione ad abitare il conflitto, la ricerca di ciò che unisce, l’attitudine a misurare gli eventi con il metro dell’unità degli opposti. Tali dimensioni profondamente umane, e da considerarsi strutture portanti della nuova epoca nella quale siamo già entrati, aprono quelle possibilità di confronto, incontro e dialogo che animano il progetto”. Il convegno, tramesso in diretta sul web con traduzioni in quattro lingue (e già disponibile su Youtube), è stato anche occasione per la presentazione della prima edizione critica dell’opera di Chiara Lubich Meditazioni, curata da Maria Caterina Atzori. Uno scritto che, dalla prima uscita nel 1959, è stato tradotto in 28 lingue e stampato in oltre un milione di copie, indicando all’uomo contemporaneo la via dell’unità per realizzare sulla terra il testamento di Gesù “Che tutti siano uno”. A “corollario” del convegno, lunedì 22 febbraio si è tenuta la cerimonia di chiusura del concorso nazionale italiano “Una città non basta. Chiara Lubich cittadina del mondo”, dedicato al mondo della scuola, che ha registrato la partecipazione di numerosi istituti secondari di I e II grado (le scuole vincitrici).
L’esperienza del Centro Mariapoli in Paraguay durante la pandemia, in aiuto dei bisognosi del proprio quartiere Il centro Mariapoli “madre dell’umanità” si trova in Paraguay a soli 20 km dalla capitale Asunción, in un quartiere dove vivono circa 200 famiglie con buone condizioni economiche. Al Centro Mariapoli vivono stabilmente tre focolarine insieme ad altre tre sposate. Appena è iniziata la quarantena per il Covid 19 “non volevamo essere chiuse all’interno del centro Mariapoli – raccontano -, così abbiamo incominciato a guardare i bisogni delle famiglie del nostro territorio”. Nel quartiere venivano organizzate delle “pentole solidali”, cioè ognuno porta quello che ha e tutti insieme fanno un grande pentolone per condividere con tutte le famiglie. Poteva essere quindi l’occasione buona per mettere a disposizione la grande cucina del Centro Mariapoli. “Abbiamo scritto delle lettere per coinvolgere tutti i clienti e i fornitori del centro Mariapoli. Sono arrivati subito tanti aiuti, così abbiamo cucinato una buona salsa bolognese con pasta e riso, distribuita a circa 4000 persone del quartiere. Questo ci ha fatto scoprire tanto disagio: bambini che non avevano una casa, o avevano problemi di salute, o ancora case senza un bagno o case senza finestre. Abbiamo così iniziato ad occuparci dei loro bisogni”. In contemporanea si è creato nel quartiere un gruppo di WhatsApp per condividere esperienze di aiuto ai poveri e richieste di ogni genere. “In poco tempo i vicini ci hanno aiutato portando latte, olio, indumenti, cellulari perché i bambini potessero seguire le lezioni a scuola, un frigorifero, del materiale di costruzione, così abbiamo potuto costruire 5 bagni alle famiglie che non ne avevano”. La pandemia si è prolungata e con essa anche i problemi di gestione e le spese del Centro Mariapoli. “La nostra forza era quella di avere una cucina ben organizzata pertanto abbiamo incominciato proporre in vendita un menù per piatti da asporto. Le principali richieste arrivavano dai nostri vicini: questo nuovo impiego ci ha dato la possibilità di conoscere più a fondo alcuni di loro. Un giorno ad esempio un vicino ci ha chiesto aiuto per confessarsi: erano 32 anni che non si accostava al sacramento della riconciliazione. Un altro vicino invece, ciclista professionista, ha voluto organizzare una maratona nelle tre città principali del Paraguay e con il ricavato abbiamo aiutato due etnie dei popoli originari nel far arrivare l’elettricità e l’acqua potabile nelle loro case”. La provvidenza non è mai a mancata. “Un membro della comunità dei Focolari ha donato una somma di denaro utile per coprire 4 mesi di stipendi, poi è arrivata una friggitrice industriale, tanta verdura, frutta e tante cose e quello che ci ha sorpreso di più è che è arrivata anche una macchina per poter fare la distribuzione dei cibi. Ma il regalo, il dono più grande che la pandemia ci ha fatto a noi focolarine è stata la possibilità di essere vicino ai nostri poveri e vivere in pienezza il nostro carisma dell’Unità. Siamo qui in questa spaccatura, dove possiamo generare questa comunione fra ricchi e poveri e portare questa cultura della fraternità”.
La Presidente dei Focolari ha attribuito ai nuovi consiglieri generali del Movimento i loro compiti ed ha ribadito che formino un organo di governo caratterizzato da un profondo spirito di servizio fraterno che nasce dall’amore reciproco evangelico. Con la elezione di Noreen Lockhart (Gran Bretagna) e Flavio Roveré (Brasile) come responsabili delle sezioni delle focolarine e dei focolarini, avvenuta nelle rispettive Assemblee il giovedì 11 febbraio, si è anche completato uno degli organi centrali di governo del Movimento dei focolari, il cosiddetto “Centro dell’Opera”. Ne fanno parte – oltre alla Presidente e il Copresidente – i 22 consiglieri le consigliere generali e i due responsabili delle sezioni. I consiglieri vengono da 17 Paesi e 4 continenti, hanno tra i 52 e i 70 anni e ben rappresentano la multiculturalità che contraddistingue i Focolari. Molti di loro hanno vissuto in svariati contesti geografici, oltre quello di origine: un dato importante per conoscere in profondità caratteristiche, necessità e sfide dei Paesi in cui vivono quanti si riconoscono nel messaggio di unità dei Focolari. Per la sua composizione il “Centro dell’Opera”, infatti, in certo modo dovrebbe riassumere l’intero Movimento e manifestarne l’unità. Secondo gli Statuti generali dei Focolari è compito di questo organo, “di assicurare ed incrementare l’unità in tutto il Movimento, indirizzandolo alla realizzazione dei suoi fini e curandone il coordinamento fra le sue varie parti”. Nella sua seconda sessione la Presidente Margaret Karram ha attribuito oggi, martedì 2 marzo, ai consiglieri eletti i compiti di cui si dovranno occupare per seguire la vita del Movimento sotto i suoi diversi aspetti e nelle diverse aree geografiche. In questa occasione ha ribadito il suo desiderio, che il “Centro dell’Opera”, come ogni organo di governo del Movimento, sia caratterizzato da un profondo spirito di servizio fraterno che nasce dall’amore reciproco evangelico.
Ufficio Comunicazione
Consigliere Cuneo, Chiara (Italia) Spiritualità e vita di preghiera Escandell, Silvia (Argentina) Delegata centrale Gomez, Margarita (Spagna) Natura e vita fisica Kempt, Donna Lynn (USA) Europa Kobayashi, Renata (Giappone) Unità e mezzi di comunicazione Koller, Friederike (Germania) Testimonianza e irradiazione, Africa e Medio Oriente Lockhart, Noreen (Gran Bretagna) Responsabile della sezione delle focolarine Moussallem, Rita (Libano) Asia e Oceania Ngabo, Bernadette (RDC Congo) Americhe Sanze, Geneviève (Rep. Centroafricana) Comunione dei beni, economia e lavoro Simon, Renata (Germania) Sapienza e studio Zanolini, Clara (Italia) Armonia e ambiente Consiglieri Asprer, Ray (Filippine) Delegato centrale Bartol, Angel (Spagna) Americhe Battiston, Ruperto (Italia) Comunione dei beni, economia e lavoro Brüschke, Klaus (Brasile) Testimonianza e irradiazione, Africa e Medio Oriente Canzani, Francisco (Uruguay) Sapienza e studio Dijkema, Enno (Olanda) Armonia e ambiente Kenfack, Etienne (Camerun) Natura e vita fisica Roveré, Flavio (Brasile) Responsabile della sezione dei focolarini Salimbeni, Antonio (Italia) Asia e Oceania Schwind, Joachim (Germania) Unità e mezzi di comunicazione St-Hilaire, Marc (Canada) Spiritualità e vita di preghiera Valtr, Vit (Repubblica Ceca) Europa Testo dell’elenco dei consiglieri e i loro compiti in PDF(altro…)
Cercare l’amore e fuggire dal dolore: ecco un meccanismo quasi naturale dell’esistenza umana. Con il messaggio della croce il cristianesimo, invece, insegna che l’amore vero e profondo passa per il dolore. Chi capisce bene la croce – dice Chiara Lubich nel seguente testo – vi trova una chiava alla pienezza di vita. «Prenda la sua croce…» (Mt 16,24). Strane e uniche queste parole. E anche queste, come le altre parole di Gesù, hanno qualcosa di quella luce che il mondo non conosce. Sono così luminose che gli occhi spenti degli uomini, e anche dei cristiani languidi, restano abbagliati e quindi accecati. […] E forse tutto l’errore sta qui: che nel mondo non è capito l‘amore. Amore è la parola più bella, ma la più deformata, la più deturpata. […] Forse attraverso l’amore materno qualcosa s’intende, perché l’amore di una madre non è solo carezze, baci; è soprattutto sacrificio. Così Gesù: l’amore l’ha spinto alla croce, che da molti è ritenuta pazzia. Ma solo quella follia ha salvato l’umanità, ha plasmato i santi. I santi infatti sono uomini capaci di capire la croce. Uomini che, seguendo Gesù, l’Uomo-Dio, hanno raccolto la croce di ogni giorno come la cosa più preziosa della terra, l’hanno alle volte brandita come un’arma diventando soldati di Dio; l’hanno amata tutta la loro vita e hanno conosciuto ed esperimentato che la croce è la chiave, l’unica chiave che apre un tesoro, il tesoro. Apre piano piano le anime alla comunione con Dio. E così, attraverso l’uomo, Dio si riaffaccia sul mondo, e ripete – sia pur in modo infinitamente inferiore, ma simile – le azioni che fece un giorno Lui quando, uomo tra gli uomini, benediceva chi lo malediceva, perdonava chi lo insultava, salvava, guariva, predicava parole di Cielo, saziava affamati, fondava sull’amore una nuova società, mostrava la potenza di Colui che l’aveva mandato. Insomma la croce è quello strumento necessario per cui il divino penetra nell’umano e l’uomo partecipa con più pienezza alla vita di Dio, elevandosi dal regno di questo mondo al Regno dei Cieli. Ma occorre «prendere la propria croce…» (Mt 16,24), svegliarsi al mattino in attesa di essa, sapendo che solo per suo mezzo arrivano a noi quei doni che il mondo non conosce, quella pace, quel gaudio, quella conoscenza di cose celesti, ignote ai più. […] La croce, emblema del cristiano, che il mondo non vuole perché crede, fuggendola, di fuggire al dolore, e non sa che essa spalanca l’anima di chi l’ha capita sul regno della Luce e dell’Amore: quell’Amore che il mondo tanto cerca, ma non ha.
Chiara Lubich
Chiara Lubich, La dottrina Spirituale, Milano 2001, pag. 133 (altro…)
“Abbiamo imparato ad amarci senza chiedere nulla in cambio, come fa Dio” “A poco a poco ci siamo innamorati l’uno dell’anima dell’altro. Ci troviamo in una pienezza d’amore mai sperimentata, neanche quando eravamo fidanzati, e questo è possibile perché ora ci amiamo nella libertà, senza chiedere nulla in cambio, come fa Dio”. Nacho e Fili vengono dal Messico, sono sposati da 30 anni e hanno due figli. Raccontano che il loro amore sia nato davvero solo dopo aver fatto la scoperta che Dio è Amore e che ha amato l’uomo fino a dare la vita per lui. Nel misurarsi con un dono così grande hanno compreso che avrebbero potuto superare i limiti rispettivi e sanare le ferite che avevano lacerato il loro rapporto. Una scoperta che ha dato senso al percorso di ciascuno e li ha resi capaci di amarsi reciprocamente fino a donarsi l’uno all’altra. La loro storia, fino ad un certo punto, somiglia a quella di tante coppie. Due persone che si sentono innamorate e decidono di sposarsi, portando “in dote” ciascuna un vuoto interiore che mina le fondamenta di ogni progetto. Un vuoto che sperano di colmare sommando le piaghe rispettive: è la premessa di un abisso che porta ulteriore disgregazione. “Mio padre aveva un’altra moglie e altri figli – racconta Fili – e soffrivo per questo. Desideravo quindi sposarmi e avere una famiglia stabile”. “Anch’io da piccolo ho sofferto per l’assenza di mio padre e la poca attenzione di mia madre – continua Nacho – Io e Fili abbiamo unito le nostre solitudini, ma volevamo comare questi vuoti senza aver conosciuto l’amore vero. Presto ci siamo accorti dell’assenza di questo amore fra noi”. I problemi infatti arrivano presto. Per la gelosia di Fili, Nacho è costretto a cambiare spesso lavoro e il rancore che questo causava portava tensioni. A farne le spese erano anche i figli: “L’amore per loro era grande ma non sapevamo educarli nell’amore, né far loro amare Dio”. A 15 anni dal loro matrimonio i due si separano: Nacho è deluso e sente che la relazione è spezzata; Fili non riesce a perdonare il marito. “Sembrava che niente ci unisse più – ricordano – che non c’era più amore”. Poi l’evento che cambia direzione alla storia. Una sera, guardando la tv, Nacho rimane colpito da una donna, Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, che parla di amore fraterno. Vede le immagini della cittadella del Movimento in Messico, chiamata El Diamante. È vicino casa loro, una domenica vanno a messa lì e vengono invitati alla Mariapoli, un incontro dei Focolari. Non immaginano che l’invito a seguire il Vangelo possa essere per loro rivoluzionario: “‘Perdona fino a settanta volte sette” (Matteo 18:21-22) è la frase che sono chiamati a vivere nel quotidiano. “Ci hanno parlato di Gesù abbandonato – racconta Fili – di come Egli perdonò e diede la vita per noi. Ho capito che di fronte a ciò i miei dolori erano piccoli. Dio aveva già perdonato mio marito, e la Sua volontà per me era che io perdonassi. L’ho fatto e ho sperimentato che è possibile rinascere”. “Siamo imperfetti e diversi – osserva infine Nacho – ma ho imparato ad avere fiducia in quel Dio che fa sì che tutto sia possibile”.
Un centro sociale in Bolivia offre sostegno a 220 bambini e a famiglie in difficoltà. La storia di Silvio: accolto quando era bambino, oggi lavora per l’associazione che lo ha salvato. Silvio vive a Cochabamba, ha 10 fratelli, il papà minatore è morto quando lui aveva ancora 10 anni. Da quel momento la madre ha dovuto crescere da sola gli 11 figli: vivevano in una stanza 4 metri x 5 all’interno di un quartiere in cui droga e furto erano le principali attività dei ragazzini. Adesso Silvio lavora per la Fondazione Unisol, la stessa associazione benefica che un giorno ha salvato lui e i suoi fratelli dalla strada. Questa fondazione è supportata anche da AFN (Associazione Azione per Famiglie Nuove), una ONLUS che offre, attraverso programmi specifici di Sostegno a Distanza, servizi mirati a supportare il minore in ambito scolastico, alimentare e medico, occupandosi anche del contesto famigliare e comunitario a cui il minore appartiene, affinché possa crescere il più possibile in un ambiente sano. La realizzazione di questi programmi è coordinata a distanza con personale locale competente. Ma cosa fa in concreto la fondazione? Lo abbiamo chiesto proprio a Silvio, la cui storia è intrecciata con quella di Unisol che oggi offre sostegno a 220 bambini e famiglie in difficoltà. Ci racconti qualcosa della tua famiglia e della tua infanzia? “Siamo una famiglia molto numerosa, in tutto siamo 11 figli. All’inizio vivevamo a Quillacollo, uno dei quartieri più pericolosi di Cochabamba (città tra le più popolose in Bolivia). Mio padre lavorava in una miniera. E’ morto per un tumore quando avevo 10 anni, e da quel momento mia madre si è fatta carico di tutto, e ci ha cresciuti da sola. Per la prima volta è stata costretta a cercarsi un lavoro ed è stata assunta come addetta alle pulizie nella scuola di un’altra città. Per agevolare gli spostamenti le hanno offerto di vivere all’interno della scuola, nella portineria: una piccola stanza di 4×5 metri in cui vivevamo in 8 persone. Il quartiere in cui ci siamo trasferiti è meglio di quello precedente, ma è comunque molto pericoloso. Spesso le famiglie non possono occuparsi dei figli, perché lavorano tutto il giorno, e i ragazzini entrano facilmente nel giro della droga, quindi spacciano o rubano per pagarsi le dosi. Molti dei miei compagni che frequentavano la scuola sono finiti nelle gang. E io parlavo con loro, anche coi più pericolosi. Non volevo di certo farmi nemico qualcuno che poi avrebbe potuto vendicarsi con me o con la mia famiglia! Alcuni dei miei amici si drogavano parecchio. E ne offrivano anche a me. Ma io ho sempre rifiutato, soprattutto per il rispetto che avevo nei confronti di mia mamma, che si sacrificava per tutti noi figli, e io l’ho sempre ammirata moltissimo.” Ma un giorno qualcosa è cambiato… “Sì. Un giorno sono arrivate a scuola alcune persone del Movimento dei Focolari che hanno offerto a mia mamma un aiuto per noi figli. Ci davano merende e dolci, ci facevano giocare, ci ascoltavano, ci davano quello di cui avevamo bisogno. E noi ci sentivamo felici, finalmente. Poi, man mano siamo diventati sempre più numerosi è nata l’idea di trovare uno spazio, che non fosse la strada, dove giocare, studiare, stare insieme. E’ nato così il centro Rincòn de Luz (Angolo di Luce) a Cochabamba. Accanto a questo poi sarebbe nato anche il centro Clara Luz (Luce chiara), a Santa Cruz. Questo spazio ha cambiato le nostre vite; ad esempio una delle mie sorelle è sordo muta. Era impossibile trovarle un lavoro, e non avevamo soldi per farla studiare. Ma grazie agli aiuti che abbiamo ricevuto dai donatori della Fondazione, ha potuto formarsi e anche lei adesso ha una professione”. Cosa fa concretamente la Fondazione Unisol? “Aiuta i più indigenti, in particolare le famiglie. Fornisce loro cibo, medicine e materiale scolastico; offre anche supporto educativo con il doposcuola per i bambini; organizza momenti ricreativi, pranzi, merende, workshop per insegnare loro alcune attività pratiche e manuali, di sensibilizzazione al riciclaggio e all’ambiente, formazione personale, condivisione di esperienze,… Dopo aver fatto l’esperienza di essere accolto dalla Fondazione, ora sei tu stesso ad accogliere bambini e famiglie in difficoltà. Cosa ti spinge a restare? “Innanzitutto devo spiegarti un po’ il contesto: ad ottobre 2019 in Bolivia si sono tenute le elezioni presidenziali. Subito dopo c’è stata una crisi politica che ha notevolmente ridotto l’erogazione dei fondi agli organismi pubblici, poi è arrivata la pandemia. La situazione si è aggravata: molti medici e operatori sanitari hanno smesso di lavorare per paura del contagio; chiunque accettasse di lavorare in ospedale riceveva stipendi alti. E’ stato a questo punto che ho ricevuto una proposta di lavoro molto vantaggiosa. Ero tentato: a chi non sarebbe piaciuto avere qualche comodità in più? Ma poi mi sono reso conto che i soldi non mi avrebbero reso felice. Ho capito che vivere per gli altri mi avrebbe fatto felice: dovevo continuare a Rincòn de Luz..” Come è cambiato l’aiuto alle famiglie con la pandemia? E c’è qualcosa che vorresti dire in particolare a chi verrà a conoscenza della Fondazione Unisol? “La pandemia ha colpito duramente le famiglie. Molti vendevano oggetti o alimenti in strada, e adesso non lo possono più fare, smettendo di guadagnare. Molti stanno perdendo la speranza di risollevarsi da questa situazione. Inoltre, ci sono stati molti divorzi e anche questo ha tante conseguenze sui bambini che accogliamo. Anche mia mamma in questo momento ha accolto in casa un bambino, figlio di una coppia che si è appena separata e che non ha praticamente più nulla. Quello che noi facciamo è questo, esserci per tutto quello che serve a queste famiglie. Purtroppo non abbiamo le risorse per arrivare ad un numero più grande di persone, anche se è quello che vorremmo fare. Le famiglie che seguivamo prima, continuiamo ad aiutarle. Oltre al resto, cerchiamo di offrire loro anche un luogo dove potersi distrarre, perché la situazione è davvero molto pesante. Ma quelle che avrebbero bisogno di un sostegno sarebbero molte di più, per questo invito quanti stanno conoscendo la Fondazione Unisol, a dare una mano, incominciando da chi ci sta accanto, che magari non conosciamo, ma che ha bisogno del nostro tempo, della nostra attenzione e del nostro amore.”
A cura di Laura Salerno
Intervista di Laura Salerno a Silvio: (scegliere sottotitoli in italiano) https://youtu.be/UVTztN2UoUE Contatti: www.fundacionunisol.org Facebook: @Fundaciónunisol https://www.afnonlus.org/ Facebook: @afnonlus Instagram: @afn.onlus (altro…)
La scelta più radicale nella vita di Chiara Lubich è stata quella di amare Gesù soprattutto nel suo più grande dolore: il suo abbandono sulla croce. Ma amare “Gesù Abbandonato” significa di conseguenza, amare soprattutto quei prossimi che sentiamo più “lontani” da noi. “Chiunque s’adira contro il proprio fratello è sottoposto a giudizio”[1]. […] Si ritorna all’amore al fratello. Ed è utile, è necessario, è bello per noi riconsiderarlo. Il fine generale [del nostro Movimento] è la perfezione della carità. Amore al fratello. Amore sempre più sentito, profondo, perfezionato, cesellato. A volte sentiamo che è difficile piegare il nostro cuore ad un amore più raffinato di quello che già nutriamo verso i nostri fratelli: il nostro cuore è ancora un po’ di pietra; il nostro amore è rozzo, superficiale, troppo sbrigativo. Perché? Perché abbiamo ancora il cuore occupato da noi stessi, da una certa considerazione di noi. Siamo, anche se non ce ne rendiamo conto, egoisti e superbi. E ciò è dimostrato dal fatto che quando subiamo una qualche dura prova spirituale (che, come terremoto, sembra sradicare tutto alla radice, avendo così l’effetto di staccarci da noi stessi, dalle nostre cose e di umiliarci, di abbassare il nostro orgoglio), avvertiamo un amore più comprensivo, più profondo, più facile, più spontaneo verso i nostri fratelli. È così. Viene quindi da dedurre che la povertà e l’umiltà sono alla base della carità. La povertà e l’umiltà. Come procurarsele, come guadagnarsele senza aspettare i temporali spirituali? […] Occorre “vivere l’altro” […] e ciò ha implicita la non considerazione di sé, la povertà totale e l’umiltà totale. […] Poniamoci di fronte ai nostri prossimi nell’atteggiamento di accogliere la loro vita in noi perfettamente. […] E giacché parliamo di prossimi chiediamoci: Chi amare per primo? Chi amare di più? Per chi aver preferenza? Noi abbiamo scelto nella vita Gesù Abbandonato. Dobbiamo preferire quelli che per le situazioni in cui si trovano ricordano un po’ il suo volto: quanti, pur cattolici vivono separati dalla Chiesa; e poi tutti coloro che in vario modo sono più o meno lontani dalla verità che è Cristo, fino ai non credenti. Su questi dobbiamo soprattutto puntare. Dobbiamo curare i nostri grappoli con lettere, con visite, con telefonate? Cominciamo dalle persone, in certo modo, più lontane da noi. Ravviviamo l’amore ai fratelli, facendoci così uno con essi da vivere – per così dire – la loro vita. E incominciamo da coloro che ci appaiono più lontani dal nostro modo evangelico di pensare e di vivere […] Gesù Abbandonato ci attende lì. È lì il nostro posto.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 12 febbraio 1987)Tratto da: “Cominciare con l’amare i più lontani”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 273.[1]Mt 5,22a(altro…)
Dall’impegno di una piccola comunità nel territorio della Murcia (Spagna) sono nate molte attività per aprire spazi di dialogo e solidarietà: incontri tra cittadini e politici, eventi culturali, attività per emergenze sociali ed umanitarie. Aljucer è una piccola città della regione della Murcia, nel sud della Spagna. Qui dodici anni fa la comunità locale dei Focolari si è chiesta come concretizzare l’impegno a vivere la fraternità e incidere a livello sociale in questa località immersa in una zona fertile e vicino al mare Mediterraneo, nella quale non mancano anche emergenze piccole e grandi. Il primo passo è stato trovare la strada per attuare forme di partecipazione alla vita della città più aperte ed inclusive. Per questo, in collaborazione con altri gruppi, hanno dato vita all’associazione culturale “ACLF Aljucer”. “La prima esperienza che abbiamo fatto come associazione – raccontano – è stata quella di riunire i vari Sindaci che hanno amministrato la città nel periodo democratico spagnolo. Non è stato facile fare gli inviti, ma alla fine tutti hanno accettato di partecipare. Hanno avuto l’opportunità di presentarsi, ricordare i tempi in cui hanno svolto i loro incarichi e, in alcuni casi, di riconciliarsi. Alla fine, ringraziandoci, ci hanno incoraggiato a continuare su questa linea”. Un’esperienza che ha fatto nascere un’idea: replicare ogni anno incontri per avvicinare politici e cittadini. Così sono nati: “Nelle nostre mani” e “The Speaker”. “Il primo evento, arrivato alla dodicesima edizione – spiegano – si svolge prima delle elezioni e offre un ambiente sereno che favorisca il dialogo tra cittadini e candidati. Nel secondo evento invece si sceglie un argomento di attualità e si dà la parola a politici e cittadini. Gli interventi e le proposte vengono raccolte, pubblicate sul sito dell’Associazione e offerte come contributo al Consiglio Comunale. Alcuni temi proposti sono stati approfonditi e, da questa esperienza, è sorta l’idea di un Centro Culturale alle dipendenze del Comune che si sta realizzando”. Un altro campo di attività dell’Associazione è quello culturale: concerti, presentazioni di libri e mostre. E poi “Aljucereños”, un evento nel quale personaggi della cultura, della musica, della pittura, della letteratura, della politica, dell’economia e della medicina, raccontano le loro esperienze di vita e le motivazioni delle loro scelte. Con altre associazioni promuovono un incontro mensile e organizzano una Fiera annuale delle Associazioni. Ma per realizzare la fraternità occorre anche ascoltare e rispondere ai dolori e alle ferite del territorio. “Il primo passo nel campo della solidarietà – proseguono – è stata una cena per il progetto ‘Fraternity with Africa’, per finanziare borse di studio per giovani africani che si sono impegnati a lavorare nel loro Paese per almeno cinque anni. In poco tempo è divenuta la nostra principale attività, quella per la quale tanti ci conoscono”. Alla realizzazione delle cene, che riuniscono circa duecento persone, collaborano negozianti e associazioni. In ogni edizione vengono forniti aggiornamenti sull’evoluzione del progetto”. Ma l’Associazione collabora anche a iniziative promosse da altri enti a sostegno di emergenze umanitarie (Filippine, Madagascar, Croazia) e si è impegnata per i rifugiati a causa della guerra in Siria. L’ultima attività è stata una raccolta fondi per il Libano, dopo le esplosioni a Beirut dell’agosto 2020. E anche quando le emergenze sono arrivate vicino a casa non si sono tirati indietro. “L’anno scorso – spiegano – la nostra priorità è stata la raccolta di acqua e cibo per le persone colpite dalle inondazioni della nostra regione. Abbiamo anche organizzato attività di volontariato e raccolte di materiale scolastico per una scuola del nostro territorio con un’alta percentuale di popolazione a rischio di esclusione sociale. Nell’ultimo anno abbiamo sostenuto tre famiglie vittime della pandemia, con la fornitura di cibo, medicine e aiuti economici. Diffondiamo tutte queste attività attraverso il sito web e il profilo facebook dell’Associazione, mezzi che ci aiutano a promuovere una cultura solidale su larga scala”.
Se la spiritualità dei Focolari, centrata sull’amore al fratello, è una espressione del Vangelo, allora anche la “perfezione nelle virtù”, come la conosce la tradizione cristiana, dev’essere realizzabile nel rapporto con gli altri, i fratelli. È questa la convinzione che Chiara Lubich spiega nel seguente testo. Perché si possa far della vita un Santo Viaggio, ed essa abbia la conclusione che si desidera L’Imitazione di Cristo, il libro di pietà e di meditazione così ricco di spiritualità che tanti di noi conoscono, dice che occorre avere alcune qualità molto impegnative: il completo disprezzo del mondo, l’ardente desiderio di progredire nella virtù, l’amore al sacrificio, il fervore della penitenza, la rinuncia a se stessi e il saper sopportare ogni avversità… Sono qualità che è necessario possediamo anche tutti noi. Dobbiamo però chiederci: secondo la nostra spiritualità, in che maniera possiamo acquistarle? La risposta è chiara e sicura: noi non siamo chiamati da Dio a realizzare tutto questo attraverso una vita monastica e separata dal mondo. Siamo chiamati a rimanere in mezzo al mondo e ad arrivare a Dio attraverso il fratello, attraverso perciò l’amore al prossimo e l’amore reciproco. È impegnandoci a camminare per questa originale ed evangelica via che troveremo come per incanto arricchita la nostra anima di tutte quelle virtù. Occorre il disprezzo del mondo. – Non c’è miglior disprezzo per una cosa che l’oblio di essa, la dimenticanza, la noncuranza. Se noi siamo tutti tesi a pensare agli altri, ad amare gli altri, non ci curiamo del mondo, lo dimentichiamo, quindi lo disprezziamo, anche se ciò non ci dispensa dal fare la nostra parte per allontanare le sue suggestioni quando ci assalissero. Occorre progredire nella virtù. – Ma è con l’amore che si raggiunge ciò. Non sta forse scritto: “Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato [con l’amore] il mio cuore”?[1] Se amando il prossimo si corre nell’adempiere i comandi di Dio, vuol dire che si progredisce. Occorre l’amore al sacrificio. – Amare gli altri significa proprio sacrificare se stessi per dedicarsi al fratello. L’amore cristiano è sinonimo di sacrificio, anche se comporta grande gioia. Occorre il fervore della penitenza. – È in una vita d’amore che troveremo la migliore e principale penitenza. Occorre la rinuncia a se stesso. – Nell’amore verso gli altri c’è sempre implicita una rinuncia a se stessi. Occorre infine saper sopportare tutte le avversità. – Molti dolori non sono forse causati nel mondo dalla convivenza con gli altri? Dobbiamo saper sopportare tutti e amarli per amore di Gesù Abbandonato. E supereremo con ciò molti ostacoli della vita. Sì, nell’amare il prossimo troviamo un modo eccellente per fare della vita un “santo viaggio”. […]
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 27 novembre 1986)Tratto da: “Qualità impegnative per chi vuol fare un santo viaggio”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 261.[1]Sal 119, 32 (altro…)
E’ il titolo del convegno che si terrà il 18-19 febbraio prossimi, promosso dal Centro Chiara Lubich e dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma (Italia). Consonanze e incroci della spiritualità dell’unità con le idee e il pensiero dei grandi del nostro tempo. Come ce lo immaginiamo un dialogo tra Chiara Lubich, Dietrich Bonhoeffer, Simone Weil, il Mahatma Gandhi, e ancora con Giorgio La Pira, Martin Luther King o addirittura Michail Gorbaciov? Quando succede che la visione di una personalità si incrocia con quella di altri “grandi” del suo o di altri tempi, spesso tali convergenze potenziano e arricchiscono un movimento di idee trasversale, capace di raggiungere fette di umanità vastissime e imprimere una direzione di marcia verso un cambiamento duraturo. E mettere in dialogo l’idea di unità di Chiara Lubich con diverse personalità che hanno fatto la storia, è l’intento del convegno “Oltre il 900. Chiara Lubich in dialogo con il nostro tempo” (18/19 febbraio 2021), promosso dal Centro Chiara Lubich e dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma. Sarà possibile seguire l’evento online sul canale YouTube di Città Nuova in italiano, portoghese, inglese e spagnolo. GIOVEDI 18/02 ITALIANO https://youtu.be/hePSudSFdbo PORTUGUÊS https://youtu.be/91uF6G4uJ80 ENGLISH https://youtu.be/_vKWn0NNP_Q ESPAÑOL https://youtu.be/Awo4Z3sbQU0VENERDI 19/02 ITALIANO https://youtu.be/R1NtYaCUifA PORTUGUÊS https://youtu.be/pQKtuCs1loQ ENGLISH https://youtu.be/s8H4u-LHC70 ESPAÑOL https://youtu.be/TNFO84-RZBM Il convegno affronterà il pensiero, l’esperienza storica, politica, economica e letteraria di Chiara Lubich grazie al contributo di accademici e studiosi di diverse discipline: da Michel Angel Moratinos a Andrea Riccardi a Piero Coda, ad Alessandra Smerilli, a Vincenzo Buonomo, a Pasquale Ferrara, a Maurizio Gentilini, a Giulia Paola De Nicola, ad Adriano Roccucci, a Cristiana Freni, a Lucia Tancredi, ad Aldo Civico, con partecipazioni da altri Paesi come Andras Fejérdy dall’Ungheria e Vinu Aram dall’India, solo per citarne alcuni. Il convegno si sviluppa in quattro sessioni: storica, letteraria, socio-politica e un’ultima dedicata ad alcune figure del ‘900. Chiara Lubich ha attraversato il Novecento e vissuto l’inizio del nuovo millennio, guardando questo cambiamento d’epoca dalla prospettiva della fraternità universale, convinta – come ebbe a dire più volte – che “l’unità è un segno dei tempi”. Le consonanze che il convegno punta a evidenziare di fatto superano di gran lunga l’analisi del pensiero di Chiara Lubich, perché lo pongono in dialogo e a confronto con figure di grandi che con percorsi di vita e culturali diversi hanno però puntato lo sguardo nella stessa direzione. Oltre al Movimento dei Focolari, partner del convegno sono l’Istituto Universitario Sophia, Città Nuova, New Humanity e la Fondazione Museo Storico del Trentino.
29 marzo 1922 – 1° novembre 2020. Gesuita e religioso dei Focolari, è stato un grande educatore e padre spirituale. Poco prima dell’alba della festa di tutti i santi, nell’infermeria dei padri gesuiti di Roma, il P. Paolo Bachelet è salito alla Casa del Padre. Il 29 marzo 2020 aveva compiuto 98 anni. P. Paolo è entrato nella Compagnia di Gesù il 7 dicembre del 1941. È stato ordinato sacerdote il 7 luglio del 1951. Ha terminato la sua formazione con gli ultimi voti solenni il 3 febbraio del 1958. Ha conosciuto il Movimento dei Focolari e la sua Spiritualità dell’Unità negli anni ‘50, quando era studente di Teologia all’Università Gregoriana, dove ha trovato come compagno di studi Pasquale Foresi, cofondatore del Movimento. Si è creato subito tra loro un legame spirituale che non si è mai interrotto. Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, gli ha “affidato” una frase del Vangelo da vivere nella sua quotidianità, perché diventasse la sua Parola di Vita: “Bisogna che Egli cresca ed io diminuisca” (Gv 3,30). Una volta aderito alla Spiritualità dei Focolari è entrato a far parte del gruppo dei religiosi del Movimento e ha vissuto molti anni prima nel seminario regionale di Anagni (Italia), poi nella Cappella dell’Università La Sapienza in Roma. É stato un grande educatore e padre spirituale. Molti ex seminaristi di Anagni, anche quelli diventati vescovi, continuavano a farsi guidare spiritualmente da lui. Nella Cappella universitaria della Sapienza, dove è vissuto dal 1987 al 2003, è stato molto amato e cercato come accompagnatore spirituale sia di studenti che di docenti universitari. Poter vivere con lui un rapporto spirituale molto forte è sempre stato fonte di arricchimento ed edificazione spirituale. Era capace di un grande ascolto. Sapeva davvero mettere da parte sé stesso per accogliere pienamente l’altro. Nel comunicare la sua anima all’interno del gruppo ristretto dei religiosi che condividevano con lui la Spiritualità dell’Unità, spesso riferiva come in molti colloqui si trovava di fronte a temi per i quali non aveva la risposta pronta. Non se ne preoccupava perché constatava che chi gli confidava il suo problema, con l’ascolto così discreto ed attento del P. Paolo, trovava lui stesso la luce e la risposta. Lo comunicava come un frutto della presenza spirituale di Gesù in quel momento fra lui e il suo interlocutore, secondo il Vangelo che dice «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,15-20). Aveva una buona conoscenza in Teologia Morale e in Diritto Canonico. Ha nutrito sempre molta attenzione alle famiglie e, con la collaborazione di un focolarino sposato e altri del Movimento dei Focolari, negli anni ’90 ha contribuito alla formazione dell’associazione Famiglie Separate Cristiane (FSC). Ha seguito con molto impegno il gruppo romano dell’associazione fino al 2017, quando si è trasferito nell’infermeria di Via dei Penitenzieri a Roma. Ha seguito con attenzione la preparazione e lo svolgimento del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. Alcune delle sue osservazioni, fatte giungere alla Segreteria Generale del Sinodo, si possono ritrovare nel documento finale: Amoris Laetitia. Ricordiamo il Padre Paolo come un figlio spirituale di Chiara Lubich e come un vero fratello nel condividere la Spiritualità dell’Unità, che ora ci segue dal Cielo.
Dalle comunità dei Focolari in Croazia, Macedonia e Serbia: dove si sperimenta la gioia del dare gratuitamente per aiutare chi è in difficoltà “La comunione dei beni che noi facciamo è nata osservando la primitiva comunità cristiana: abbiamo visto che lì facevano la comunione dei beni, e per la comunione dei beni non c’era nessun indigente (..). Allora ecco la formuletta, noi diremo: se tutto il mondo attuasse la comunione dei beni i problemi sociali, i poveri, gli affamati, i diseredati, etc. non ci sarebbero più”. Così Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, lanciando il progetto dell’Economia di Comunione, nel 1991, racconta come è nata nel Movimento la consuetudine di praticare la comunione dei beni, materiali e spirituali. Nel 1943 a Trento la guerra aveva distrutto la città e in molti avevano perso la casa, il lavoro, qualche familiare. Di fronte a tanta disperazione, alla luce delle parole del Vangelo meditate nei rifugi – Chiara e le sue prime compagne decidono di prendersi cura dei più bisognosi: “Avevamo la mira di attuare la comunione dei beni nel massimo raggio possibile per risolvere il problema sociale di Trento. Pensavo: “vi sono due, tre località dove ci sono i poveri…andiamo lì, portiamo il nostro, lo dividiamo con loro”. Un ragionamento semplice, e cioè: noi abbiamo di più, loro hanno di meno; alzeremo il loro livello di vita in modo tale da arrivare tutti ad una certa uguaglianza”. A distanza di ottant’anni, la prassi della comunione dei beni è nel Movimento una realtà sempre viva. Ciascuno dona liberamente secondo le proprie possibilità, spesso esprimendo gratitudine per aver ricevuto. Si moltiplicano le esperienze ovunque nel mondo. Dalla Croazia raccontano: “Sono andato a comprare 10 kg di grano per i miei polli. L’uomo che me l’ha venduto non ha voluto soldi. Ho versato quello che ho risparmiato per la comunione dei beni straordinaria in questo tempo di pandemia”. Certo non è sempre scontato donare beni e denaro, ma l’impegno rafforza il valore del gesto: “Recentemente ho venduto del vino a un vicino. Lui mi ha dato più soldi del dovuto e non ha voluto il resto. L‘ho dato per la comunione dei beni straordinaria, ma non è stata facile, ho dovuto superare un modo di pensare umano”. Comune invece è l’esperienza di ricevere dopo aver donato. È il “Date e vi sarà dato” (Lc 6,38) evangelico che Chiara e le prime compagne sperimentavano concretamente. Dalla Macedonia: “Abbiamo aiutato alcune famiglie rimaste senza lavoro per la crisi dovuta alla pandemia, donando cibo, medicine e materiale scolastico. Piccoli aiuti, ma una di loro ci ha detto che così avevano da mangiare per due settimane. Poco dopo un’altra famiglia ha fatto una donazione che copriva le spese. Tutto circolava”. E comune è anche la gioia di dare e quella di ricevere. In Serbia la comunione dei beni ha raggiunto una famiglia con figli dove padre e madre sono malati e disoccupati. Vivono dei prodotti dell’orto e per pagare le bollette Toni dà un aiuto in parrocchia. “Quando siamo andati a portargli dei soldi lui tornava a casa dopo aver chiesto un prestito per comprare la legna. Abbiamo spiegato loro da dove arrivava l’aiuto ed erano commossi perché sentivano che Dio attraverso di noi li ha “guardati”. La comunione dei beni, in fondo, non è altro che uno strumento della Provvidenza di Dio.
Gli Statuti generali del Movimento dei Focolari, come pure i Regolamenti di ogni sua diramazione, contengono una “premessa di ogni altra regola” una “norma delle norme”: l’impegno di chiunque fa parte del Movimento a vivere la mutua carità secondo il Comandamento di Gesù. Nel seguente testo Chiara Lubich sottolinea che questo impegno va rinnovato continuamente. [Nella lettera ai Romani l’apostolo Paolo] dice: “Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce”[1]. Le “opere delle tenebre” sono i frutti dei vizi e del peccato. Le “armi della luce” sono le virtù, le applicazioni nella vita delle Parole di Dio. Ora noi sappiamo che il Comandamento nuovo di Gesù è un po’ il riassunto di tutti i comandi di Gesù, di tutte le sue Parole. Indosseremo quindi le “armi della luce” rimettendo a fuoco nella nostra vita questo comando. Per esso – lo sappiamo – risplenderà il Risorto in mezzo alla nostra comunità. […] “Armi di luce” dunque. Comandamento nuovo attuato con nuovissimo impegno. […] È questo un invito che allargo a tutti voi. E, per cominciare subito, analizziamoci un po’ sul nostro amore vicendevole: consideriamo la misura di questo nostro amore (ricordando che deve essere quella di Gesù per noi: quindi essere pronti a dare la vita), evidenziamo la nostra poca generosità, i nostri limiti nell’attuarlo, per superarli; osserviamo se l’amore reciproco non sia un po’ troppo umano e quindi da riportare su un piano più soprannaturale… Così facendo, migliorandolo in questo modo, Gesù, il Santo, sarà fra noi ed egli potrà fare dell’attuale anno il più santo della nostra vita. […]
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 13 novembre 1986)Tratto da: “Rinnovare l’amore reciproco”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 260.[1]Rm 13, 12 (altro…)
L’otto febbraio la maratona di preghiera per un’economia che valorizza e ha cura dell’essere umano e della natura, che include e non sfrutta i più vulnerabili. La settima giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone verrà celebrata l’otto febbraio 2021 nella memoria liturgica di Santa Giuseppina Bakita e ci propone di riflettere e di approfondire il tema e le connessioni dell’economia nel mondo contemporaneo e la tratta di persone. Il Movimento dei Focolari aderisce a questa rete che coinvolge associazioni e partner a livello mondiale, tra cui il Dicastero per la Vita Consacrata, Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace, Pontificio Consiglio dei Migranti e Popoli Itineranti, l’Accademia delle Scienze Vaticane, la Caritas Internationalis e tante altre. Vogliamo un’economia che non sia sostenuta dalla tratta dell’illegalità e dallo sfruttamento ma che promuova la vita e la dignità di ogni persona e un lavoro dignitoso per tutte e per tutti. La tratta di persone c’è perché mobilita una quantità di soldi garantendo dei guadagni facili a tutti a coloro che trafficano. In realtà ci guadagniamo un po’ tutti dalla tratta, procurando beni e servizi a basso costo. Dobbiamo invertire la rotta e dire di no a tutto quello che distrugge la vita. La Giornata Mondiale di Preghiera e Riflessione contro la tratta di persone 2021 accende i riflettori su una delle principali cause della tratta di persone: il modello economico dominante, i cui limiti e contraddizioni sono acuiti dalla pandemia Covid-19. E la tratta di persone è parte integrante di “questa economia”: le persone vittime della tratta come “merci” sono inserite negli ingranaggi di una globalizzazione governata dalla speculazione finanziaria e dalla concorrenza “sottocosto”. Serve quindi una visione “strutturale e globale” della tratta per scardinare tutti quei meccanismi perversi che alimentano l’offerta e la domanda di “persone da sfruttare”, perché è il cuore dell’intera economia ad essere malato. Un aforisma attribuito ad Oscar Wilde afferma che il cinico è colui che conosce il prezzo di tutto e il valore di niente, ebbene questa economia sembra dominata dal cinismo: con riferimento a merci, servizi e persone, non solo il mercato fa il prezzo, ma cosa ancora più drammatica è il prezzo che ne determina il valore. Di questa logica è vittima la stessa impresa che dai mercati finanziari è valutata sempre più dal prezzo delle azioni e non dal valore aggiunto creato dal suo capitale umano. La tratta quindi è la punta di un iceberg, è lo specchio ingranditore di un malessere dovuto ad un neoliberismo imperante fondato su una (falsa) idea di libertà economica in cui ogni istanza etica, sociale e politica risulta estranea e di ostacolo. Al contrario, un’economia senza tratta è un’economia che valorizza e ha cura dell’essere umano e della natura, che include e non sfrutta i più vulnerabili. Come partecipare alla giornata mondiale di preghiera? L’otto febbraio si può seguire la maratona di preghiera sul canale Youtube dedicato alla maratona di sette ore in cinque lingue, con testimonianze dalle diverse realtà impegnate nel mondo contro la tratta. Per maggiori info: www.preghieracontrotratta.org
Diario dell’Assemblea generale /12, del 5 febbraio 2021Per i partecipanti all’Assemblea generale si è conclusa una giornata molto intensa di lavoro. Tra ieri ed oggi hanno analizzato e votato una serie di mozioni per la vita del Movimento in futuro. È stata scritta anche una prima bozza del documento finale che contiene in sintesi gli orientamenti e le linee d’azione delle tematiche discusse nei diversi gruppi di lavoro. Occorre dire che i limiti di tempo e le condizioni tecniche imposte dalla modalità telematica hanno costituito una sfida per i lavori dell’Assemblea. Ciononostante, si è fatto il possibile per mettere ciascuno nelle condizioni di dare il proprio contributo, di vivere un’esperienza di unità nella diversità e di costruire insieme un documento finale da consegnare al nuovo Governo. Secondo calcoli approssimativi, su ciascun argomento si è lavorato dalle 13 alle 15 ore e solo nella prima bozza sono state investite un totale di 3.500 ore lavorative. Tutto questo con l’aiuto di alcune piattaforme specializzate e di tre facilitatori professionisti. Domani mattina, un appuntamento straordinario: l’Assemblea generale verrà ricevuta in udienza privata da Papa Francesco nell’Aula Paolo VI. Alcuni partecipanti saranno presenti di persona, mentre la maggior parte seguirà in streaming. La presidente uscente, Maria Voce, presenterà al Santo Padre la neoeletta Margaret Karram. La nuova presidente rivolgerà un indirizzo di saluto al Papa e il Santo Padre parlerà ai presenti e ai partecipanti all’Assemblea collegati. La trasmissione dell’udienza sarà disponibile per tutti. Informazioni dettagliate si trovano al seguente link: https://www.focolare.org/news/2021/02/05/papa-francesco-riceve-in-udienza-lassemblea-generale-dei-focolari/
Diario dell’Assemblea generale /11, del 4 febbraio 2021 Sono stati eletti i 22 nuovi consiglieri generali dei Focolari nelle giornate di ieri e di oggi. Vengono da 16 Paesi e 4 continenti, hanno tra i 52 e i 70 anni e ben rappresentano la multiculturalità che contraddistingue i Focolari. Molti di loro hanno vissuto in svariati contesti geografici, oltre quello di origine, un dato importante per conoscere in profondità caratteristiche, necessità e sfide dei Paesi in cui vivono quanti si riconoscono nel messaggio di unità dei Focolari. “Chiediamo lo Spirito Santo, perché possiamo essere guidati solo da lui”, aveva detto ieri Margaret Karram all’apertura delle votazioni per i consiglieri; questo di fatto è solo il primo passo verso la composizione del nuovo “Centro dell’Opera”. Prossimamente, infatti, la Presidente neoeletta distribuirà a ciascuno gli incarichi. L’intensa giornata odierna si conclude con una sessione dedicata alla presentazione e all’approvazione di diverse mozioni. Domani i lavori proseguiranno in plenaria con sessioni di dialogo sulle linee e gli orientamenti per i prossimi 6 anni. Intanto andiamo a conoscere i consiglieri neoeletti per nome e provenienza: Sono stati eletti:
Consigliere Cuneo Chiara (Italia) Escandell Silvia (Argentina) Gomez Margarita (Spagna) Kempt Donna Lynn (USA) Kobayashi Renata (Giappone) Koller Friederike (Germania) Moussallem Rita (Libano) Ngabo Bernadette (RDC Congo) Sanze Genéviève (Rep. Centroafricana) Simon Renata (Germania) Zanolini Clara (Italia)
Consiglieri Asprer Ray (Filippine) Bartol Angel (Spagna) Battiston Ruperto (Italia) Brüschke Klaus (Brasile) Canzani Francisco (Uruguay) Dijkema Enno (Olanda) Kenfack Etienne (Camerun) Salimbeni Antonio (Italia) Schwind Joachim (Germania) St-Hilaire Marc (Canada) Valtr Vit (Repubblica Ceca)
Diario dell’Assemblea generale /10, del 3 febbraio 2021La giornata di oggi è nuovamente dedicata alle votazioni: l’Assemblea generale dei Focolari si è ritrovata in plenaria per iniziare il processo di voto, che terminerà domani, per l’elezione delle consigliere e dei consiglieri generali del Movimento dei Focolari.
La commissione elettorale al lavoro
I consiglieri sono i più stretti collaboratori e consultori della Presidente. Il loro numero complessivo è diviso in parti uguali fra i focolarini e le focolarine a voti perpetui e viene indicato dalla Presidente neoeletta. Margaret Karram ha deciso che saranno 22 e nei prossimi giorni distribuirà loro gli incarichi. Sono molti gli ambiti di cui si occuperanno i consiglieri; spaziano dall’economia alla vita di preghiera, dalla cura dell’ambiente e della persona alla comunicazione, dalla cultura all’evangelizzazione, fino al compito di seguire e mantenere relazioni strette con Paesi o intere aree geografiche. La presidente può affidare loro anche degli incarichi speciali. Insieme alla Presidente e al Copresidente compongono il “Centro dell’Opera”, che costituisce il cuore pulsante del Movimento. Domani proseguiranno le votazioni e si conosceranno i nomi di tutti e 22 consiglieri.