È in corso a Seggau (Austria, dal 24 luglio al 1° agosto) l’incontro dei vescovi membri del Movimento dei Focolari. 64 vescovi (tra i quali cardinali della Curia e nunzi apostolici) di 31 Paesi e quattro continenti, vivranno “alcuni giorni di esperienza di Chiesa universale tra vescovi in Stiria”, si legge in un comunicato pubblicato sul sito della diocesi austriaca. A ospitare l’incontro il vescovo Wilhelm Krautwaschl. “La tradizione di questi incontri episcopali ha avuto inizio decenni fa, quando la fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich (1920-2008), invitava d’estate per qualche giorno in Svizzera alcuni vescovi legati al Movimento”, si legge nella nota. È stato poi il defunto vescovo di Aquisgrana, mons. Klaus Hemmerle, ad avviare e moderare questi incontri che hanno “un carattere deliberatamente privato” e si svolgono ogni anno ma in luoghi diversi. Scopo dell’incontro è “approfondire il carisma dell’unità, coltivare gli scambi tra vescovi a livello mondiale e trascorrere alcuni giorni in comunione fraterna”. Sabato 28 luglio, il vescovo Krautwaschl celebrerà insieme ai confratelli nell’episcopato una messa nella basilica di Seckau, “a cui sono invitati tutti coloro che desiderano partecipare”. In Austria il Movimento conta 1.300 membri e oltre 20mila simpatizzanti. Fonte:AgenSir(altro…)
1968-2018: qual è l’eredità della contestazione partita dagli Stati Uniti e dalla Francia 50 anni fa e cosa hanno da dire oggi quelle esperienze ad un’Italia che fu protagonista di quella stagione e che oggi si interroga sul suo presente e sul suo futuro? Come ogni anniversario che si rispetti, è l’occasione per una riflessione su un fenomeno che con la sua richiesta di cambiamento ha trasformato la società e la cultura dell’Occidente. Non un ricordo del ‘68, ma l’attualità di una rivoluzione, per passare dal sogno all’impegno in tre ambiti specifici fra i tanti che meriterebbero attenzione: educazione, partecipazione, lavoro. È l’obiettivo della nona edizione di LoppianoLab, il laboratorio nazionale di economia, cultura, comunicazione e formazione promosso dal Polo Lionello Bonfanti, dal Gruppo Editoriale Città Nuova, dall’Istituto Universitario Sophia, dal Movimento dei Focolari in Italia e dal Centro internazionale di Loppiano (FI), dove ancora grande è l’eco della recente visita di Papa Francesco, il 10 maggio scorso. Dalla prima edizione nel 2010, LoppianoLab coinvolge migliaia di cittadini, imprenditori, operatori della comunicazione, studenti e docenti, politici impegnati in vari ambiti, membri dell’associazionismo, giovani, di tutte le regioni italiane. Attraverso la formula laboratoriale che contraddistingue l’evento, LoppianoLab raccoglierà interrogativi e problemi, ma anche risorse ed energie, proponendo piste di riflessione per costruire il presente e progettare il futuro. Ciascuno dei tre temi – educazione, partecipazione, lavoro – sarà al centro di una plenaria, cui farà seguito una serie di laboratori che punteranno al coinvolgimento dei partecipanti. Ø Sabato 29 mattina: la grande questione del lavoro e le straordinarie trasformazioni che lo hanno investito e le domande sul senso del lavoro che innovazione e rivoluzione tecnologica costringono a porsi. Ø Sabato 29 pomeriggio: le eredità del ‘68 in tema di partecipazione, con approfondimenti sul ruolo delle donne negli anni della contestazione. Si discuterà anche di Chiesa e ‘68 e della nascita di una sensibilità nuova ai temi dell’ambiente. Ø Domenica 30 mattina: l’educazione, con un’attenzione alla sfida posta al rapporto intergenerazionale e alle moderne tecnologie coi loro rischi (dal cyberbullismo al sexting), con proposte educative per la famiglia e la scuola. Novità dell’edizione 2018 saranno specifici programmi per bambini e ragazzi. LoppianoLab junior. Per i più piccoli (4 – 10 anni), in collaborazione con la rivista Big: un laboratorio sull’educazione alle emozioni e un percorso formativo tra natura, arte e divertimento. LoppianoLab teens. Per i ragazzi (12 – 17 anni), a cura della redazione della rivista Teens: un laboratorio giornalistico; un workshop sui Social Media e laboratori che intendono sensibilizzare i giovani ai temi della distribuzione delle ricchezze e delle risorse sul pianeta. Programma dettagliato LoppianoLab 2018Ufficio stampa LoppianoLab: Elena Cardinali – mob: 347.4554043 – 339.7127072– ufficiostampa@cittanuova.it Tamara Pastorelli – mob: 338.5658244 – 335.6165404 –ufficio.comunicazione@loppiano.it Web: www.loppianolab.it Facebook: www.facebook.com/loppianolab – Twitter: @LoppianoLab Gruppo Editoriale Città Nuova – www.cittanuova.it Polo Lionello Bonfanti – www.pololionellobonfanti.it Istituto Universitario Sophia – www.sophiauniversity.org Economia di Comunione: http://www.edc-online.org/it/ Loppiano – www.loppiano.it Movimento dei Focolari in Italia: www.focolaritalia.it
Consapevoli della crisi ecologica e sociale che affronta il nostro pianeta, centinaia di persone in tutto il mondo agiscono costantemente per trovare soluzioni creative a questi grandi problemi e lo fanno, nel loro quotidiano, attraverso azioni grandi e piccole. Azioni che però, spesso, nascono, crescono e muoiono in totale isolamento. “Insieme possiamo fare molto di più” è uno dei motti proposti da Prophetic Economy, un’iniziativa che cerca di creare reti di collaborazione tra tutti coloro che, nel proprio contesto, lavorano a favore dello sviluppo umano, indipendentemente da età, nazionalità e credenze. L’evento principale di Prophetic Economy si terrà a Castel Gandolfo (Roma), dal 2 al 4 novembre 2018. Coinvolgerà esperti di vari campi, come Jeffrey Sachs, economista e saggista nordamericano, uno dei maggiori esperti mondiali in materia di questioni ambientali e sostenibilità, o come Luigino Bruni, economista italiano, coordinatore internazionale del progetto Economia di Comunione. «L’esperienza – afferma Florencia Locascio, coordinatore generale di Prophetic Economy – si rivolge a tutte le persone, organizzazioni e aziende che stanno proponendo soluzioni sostenibili e creative al problema della povertà, della disuguaglianza, della crisi sociale e ambientale che stiamo vivendo. Vogliamo identificare i change-makers, gli “innovatori”, per dare loro visibilità». Durante l’evento, oltre a workshop, attività di intelligenza collettiva, scambi e conferenze di personalità ed esperti internazionali, si terrà la premiazione del concorso “Prophetic practices award 2018”. Un concorso che intende premiare, dare visibilità e mettere in contatto esperienze già esistenti di “economia profetica”, tutte quelle buone pratiche già in corso e che contribuiscono al bene comune. Paolo Matterazzo, responsabile della comunicazione della Comunità di Nomadelfia, spiega: «Gli adolescenti e le nuove generazioni hanno qualcosa di importante da dire, e contribuiscono fin d’ora con forte slancio, portando esempi concreti molto stimolanti». I primi tre vincitori del concorso riceveranno un premio in denaro e saranno anche invitati a presentare i propri progetti durante l’evento di novembre. Anche i primi dieci classificati avranno l’opportunità di presentare le loro buone pratiche. La scadenza del concorso è prevista per il 1° agosto. Per maggiori informazioni consultare il sito http://www.propheticeconomy.org Fonte: United World Project(altro…)
Uma moça bonita, dinâmica, “transgressiva”, a seu modo, decide empenhar seus verdes anos em coisas que valem mesmo a pena. De repente, um diagnóstico de câncer lhe deixa pouco tempo de vida e provoca uma guinada que a faz alcançar vértices de elevada espiritualidade. Ainda hoje, muitos anos após sua morte, jovens do mundo inteiro evocam e invocam Chiara Luce, como exemplo e ajuda. e a Igreja Católica a reconhece como “beata”. Editora Cidade Nova
Immaginate di scoprire nei materiali di scarto la possibilità di una forma nuova, già presente in potenza, di trasformarli in “qualcosa” di bello, utile e prezioso, che prima non esisteva. Poi, coinvolgete in questo processo virtuoso delle persone vulnerabili come, per esempio, le donne che, scontata la loro pena in carcere, fanno fatica a reintegrarsi nella società, a trovare un posto di lavoro e l’indipendenza economica. È questa la mission del “Project Lia”, un’associazione non profit e un’impresa sociale sorta nella città di Indianapolis (USA). «Da noi, queste donne che cercano di reinserirsi nella società, imparano a creare oggetti d’arredo e mobili, in un ambiente di lavoro educante, che è uno spazio di comprensione e rispetto reciproco, dove si trasformano i materiali ma anche le vite delle persone attraverso relazioni basate sulla reciprocità e la fiducia,» spiega Elizabeth Wallin fondatrice e direttore esecutivo di Project Lia «forniamo anche opportunità educative in materia finanziaria, di comunicazione, di etica aziendale, salute e benessere, oltre a promuovere la partecipazione alla vita comunitaria e sociale». Secondo le statistiche pubblicate sul loro sito, estratte da dati del Bureau of Justice, negli ultimi tre decenni e mezzo, la popolazione carceraria femminile degli Stati Uniti è cresciuta di oltre il 700 per cento. Nel 1980, erano 12.144 le donne sotto la giurisdizione statale o federale. Cifra salita a più di 100.000, nel 2015. Se a queste aggiungiamo le detenute nelle strutture carcerarie locali, in libertà sulla parola o agli arresti domiciliari, la somma raggiunge e supera il milione di donne. «Quando queste persone escono dal carcere», continua Elizabeth Wallin «devono trovarsi un lavoro stabile e una casa, mentre cercano di riallacciare i rapporti con le proprie famiglie. Se a questo si associa lo stigma generato dal carcere e la discriminazione razziale, è molto difficile per loro riuscire a reintegrarsi, escludendo il rischio di recidiva». Per questo, Project Lia ha scelto di dedicare la sua azione alle donne. Aiutando loro, si rafforza indirettamente la famiglia e la comunità perché, secondo importanti studi, queste donne responsabilizzate pensano “comunitario”, reinvestendo il 90% del loro reddito nelle proprie famiglie. A questo punto, viene da chiedersi qual è stata l’idea ispiratrice. «Durante un mio viaggio in Argentina», comincia a raccontare Elizabeth «ho partecipato all’organizzazione di un festival giovanile dal titolo “No Te Detengas” (in italiano: “non ti trattenere”). Un festival che ha riunito oltre 1.000 giovani e che parlava di quelle gabbie in cui spesso ci imprigioniamo per paura, pressioni altrui, situazioni di comodo o pregiudizio. Tornando negli Stati Uniti, mi sono resa conto che lì, le donne uscite di prigione continuavano ad essere “trattenute” da una gabbia più grande e sistematica. Per me, Project Lia è una risposta alla paura, alle pressioni, alle comodità e ai pregiudizi di un sistema di giustizia penale e di una società che, anche dopo aver scontato la pena, continua a “trattenere” gli ex prigionieri, senza offrire possibilità di vera integrazione sociale». Insomma, un progetto inclusivo, che mira a costruire ponti di vera solidarietà sociale. L’unica curiosità che rimane da soddisfare, giunti a questo punto è il nome: perché proprio “Lia”? Elizabeth mi spiega che:«“Lia” è il nome di una donna che ha dedicato tutta la sua vita a costruire ponti tra persone di razze, culture, religioni e background sociali diversi. Il suo nome completo era Lia Brunet, era di Trento e fu una delle prime compagne di Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari». Lia Brunet, nel 1961, raggiunse l’Argentina, dove sorge nel cuore della pampas la cittadella che oggi porta il suo nome. Là dove anche Elizabeth ha potuto sperimentare l’ideale di un mondo unito. Fonte:United World Project(altro…)
Le storie vocazionali sono state gravate per lungo tempo da un linguaggio e da uno stile di accompagnamento che le ha sganciate dai dinamismi umani e soprattutto dal benessere della persona, come se la “chiamata” di Dio fosse in competizione con i suoi desideri più profondi. L’analisi dei processi psicologici che sostengono una scelta sacerdotale o di vita in comune – come nasce, come si sviluppa, come matura o come si arena – ha diversi obiettivi: ridurre i miti che circondano la vocazione, riflettere sulla vita in comune nel terzo millennio (ha ancora senso?) e ricongiungere finalmente vocazione e felicità. Città Nuova ed.
A mensa A mensa mancava sempre un collega. Per il suo carattere litigioso praticamente non aveva amici. Un giorno ho insistito perché venisse e in risposta mi ha confidato il suo dramma con un figlio drogato. L’ho ascoltato profondamente, poi è venuto con me a mangiare. I colleghi, vedendo la cordialità con cui parlavamo tra noi, da allora hanno assunto verso di lui un atteggiamento di rispetto. O.F. – SlovacchiaUn regalo Nell’ufficio dove lavoro mi sono offerta, insieme a un’altra collega, di raccogliere i soldi per un regalo a un dipendente che stava per andare in pensione. Quando si è trattato di comprare il regalo, la collega mi ha detto che bastava spendere la metà della cifra e il resto lo avremmo diviso tra noi. Ho replicato che non mi sembrava giusto, ma lei ha aggiunto che questa era la prassi. Sono rimasta in silenzio, facendole capire che non la pensavo in questo modo. Dopo un po’ è venuta a chiedermi scusa, e da quel giorno siamo diventate amiche. F.M. – ItaliaUna rosa e una promessa Da tempo mi occupo di tenere aperto l’oratorio della parrocchia affinché i ragazzi abbiano un luogo dove ritrovarsi quando sono liberi da scuola. È un impegno non da poco. A volte tra i ragazzi si scatenano dei litigi e non sempre è facile riportare la calma. Una volta, per separare due che si picchiavano, ho ricevuto un pugno che era destinato a uno dei due. Dallo spavento sono fuggiti entrambi. Ma dopo poco, quello che involontariamente mi aveva colpito è tornato con una rosa e la promessa di essere più buono. F.B. – SvizzeraTirocinio Mentre sto facendo tirocinio in ospedale noto un paziente. Leggo la sua cartella clinica e vengo a sapere che, a causa del diabete, ha subìto l’amputazione di un dito e di mezzo piede. Purtroppo la sua situazione si è aggravata e i medici hanno deciso di amputargli tutta la gamba. Mi prendo a cuore la sua situazione e mi decido a parlargli del prossimo intervento. Lui si dispera, e io cerco di consolarlo. «Guarda – gli dico – ho un regalo per te, ma non è una cosa materiale». Insieme leggiamo la Parola di Vita. L’indomani, quando lo stanno portando in sala operatoria, mi vede e mi dice: «Ho fede. Crediamo insieme!». C. – ArgentinaSottovoce Con una mia sorella con la quale non andavo d’accordo desideravo ristabilire un rapporto, ma non avevo il coraggio e così non mi decidevo mai. All’indomani di una notte piuttosto combattuta, la incontrai in cucina e le dissi: “Ciao”, ma così sottovoce che lei non sentì. Pensavo tra me e me: «Adesso devo ripeterlo più forte», ma anche «Ma no, ne va della mia dignità..». Ho ridetto “ciao” con voce forte e convinta. Lei è rimasta sorpresa e ci siamo sorrisi. D.B. – Italia(altro…)
«Per seguire Gesù bisogna essere giovani, o farsi giovani. Egli chiede addirittura di rifarsi bambini: ogni giorno, ogni momento, liberandosi dalla malattia della senilità spirituale. Che se lo spirito invecchia, esso in certo senso si anchilosa, e come tale non si presta più al volo. Perciò bisogna sempre rinascere, ricominciare, farsi uomo nuovo: Gesù. Si dice spesso, come un luogo comune, che la gioventù del tempo nostro sia scettica, magari cinica… se è vero, si tratta forse di pose, o più verosimilmente di moda, sotto le quali, se mai, grava lo sbigottimento, misto a stupore, di una generazione che è nata alla vita in mezzo a una dissipazione inumana e immane di energie per fabbricare la morte. Uno sbigottimento che aumenta al vedere l’insipienza con cui si insiste nell’errore, seguitando a immettere nella convivenza gli esplosivi d’un machiavellismo affaristico, e pregno di rovina. È il materialismo che spaventa o delude o arresta questa gioventù, la quale, per natura, reagisce a un tenore di vita, fatto di soli calcoli economici, di soli divertimenti sensori, di sola rissa per lo stomaco… Questa è la lezione divina di questa crisi umana, su cui versiamo fiumi di lacrime, d’inchiostro e di coca-cola: non si vive senza un assoluto. Gesù passa, e i giovani lo seguono se lo vedono: se la vista di lui non è impedita dall’insorgenza di creature umane, superbe, cioè che si sentono più su degli altri per denaro o potere politico… I giovani se appena scorgono il viso giovanile, puro e divino di Gesù, lasciano padre e madre, fidanzamenti e lucri, agi e lusinghe, e lo seguono, prima sulle vie dell’apostolato e poi su quella del calvario. Essi vogliono Cristo, e Cristo crocifisso. Cristo intero, tutto in tutti: un unico ideale. E vogliono il suo spirito, che è la carità: questo sangue divino, che vince la morte; che è intelligenza e sapienza e vincolo di unità».Igino Giordani(altro…)
Ai piedi di due piccole montagne, nel cuore dell’Argentina, La Falda è una cittadina della provincia di Córdoba, situata su un dolce pendio montagnoso, parte di un rinomato circuito turistico nella Valle di Punilla. È qui che abitava, fino a quattro anni fa, la famiglia Bongiovanni: Esteban e Victoria, insieme ai loro due figli. Poi, inaspettata, una svolta e il trasferimento a San Marcos Sierras, poco più a nord. È la risposta, generosa, alla richiesta di andare a vivere all’Hogar Sierra Dorada, una casa di accoglienza per minorenni che sulle loro giovani spalle portano già troppi e gravi problemi. Storie di maltrattamenti, violenza, abbandono, sottoalimentazione. Attualmente il centro ospita 28 ragazzi. «Prima di arrivare a l’Hogar, avevamo una pessima idea delle case di accoglienza per minori, come quelle che si vedono nei film, dove i ragazzi e i bambini vengono picchiati o maltrattati. Invece abbiamo trovato una realtà molto diversa, come una grande famiglia. Ci sforziamo di migliorare la loro situazione e di svuotare dal di dentro la violenza e le condizioni in cui hanno vissuto, in modo che capiscano che la cosa normale, alla loro età, è vivere in pace, giocare e studiare». L’obiettivo della Casa, fondata quasi vent’anni fa da Julio e Patricia Laciar e sostenuta da una fondazione senza scopo di lucro che opera, con vero spirito cristiano, nella provincia di Córdoba , è quello di migliorare le loro condizioni di vita e di aiutarli a reintrodursi nel proprio contesto famigliare o in famiglie adottive. All’inizio Julio e Patricia Laciar non avevano nulla, tranne il desiderio di voler migliorare la situazione di tanti ragazzi. Poco a poco, grazie alla solidarietà di tante persone, questa realtà è cresciuta: oggi la Fondazione Sierra Dorada gestisce quattro Case-Laboratori: San Marcos Sierras (dove vivono Victoria e Esteban), Embalse de Río Tercero, Rumipal e Salsipuedes, oltre a vari programmi di accompagnamento familiare, borse di studio per volontari e numerose altre attività. Seduti a un tavolo nella sala da pranzo esterna, Victoria e Esteban spiegano: «Tante persone dimostrano una grande solidarietà, specie quando cominciano a coltivare un rapporto con i ragazzi. Ci sono giovani stranieri che intraprendono stage di assistenza sociale, ma anche studenti universitari argentini. Il nostro lavoro inizia con l’accoglienza. Dal momento del loro arrivo, cerchiamo di contenerli, di dare loro amore, come una mamma e un papà. Con l’aiuto di uno staff di psicologi, cerchiamo di dare un ordine alla loro vita. A cominciare dall’uso dello spazzolino per i denti, a lavarsi ogni giorno, a mettersi vestiti puliti, fino ad educarli a essere responsabili dei loro compiti e a scuola». Con un grande sorriso, Victoria sceglie una delle decine di storie che potrebbe raccontare. «Qualche settimana fa siamo andati tutti in un hotel, dove eravamo stati invitati per il fine settimana. Non avevo rifatto il mio letto, pensando: siamo in un hotel. Poi però mi sono accorta che i ragazzi avevano lasciato tutte le loro stanze in perfetto ordine, anche i bagni erano impeccabili. Allora sono tornata di corsa nella mia stanza per rifarmi il letto, perché mi ero resa conto che solo io non l’avevo fatto». «Cerchiamo di vivere bene questa vocazione al servizio. Ma, certamente, non è sempre necessario lasciare tutto, la propria città e la propria casa, e andare a vivere in una casa per bambini. Si può farlo ovunque, con chi ci sta accanto. A partire dalle cose più piccole, come cedere il posto ad una persona anziana sull’autobus, o guidare la macchina senza aggressività. È dai piccoli gesti che cominciano e si diffondono le buone azioni». E conclude Esteban: «Abbiamo capito che Dio non ci abbandonerà mai se facciamo le cose bene, senza aspettarci nulla in cambio, con umiltà e fiducia. E la realtà è che così facendo … funziona». Fonte:United World Project(altro…)
Chiara Lubich è tra le donne italiane più stimate e per questo da ricordare, secondo il Comitato organizzatore dell’ “Italian week”. Nella kermesse lunga dieci giorni, che si è svolta a Ottawa, capitale del Canada, dal 6 al 25 giugno scorso, figurano nomi illustri, simbolo della cultura italiana, da Giacomo Puccini a Sophia Loren, da Vittorio De Sica a Alda Merini. Più inaspettata la proposta del Comitato di inserire anche Chiara Lubich tra le donne italiane da celebrare. Alla proposta, la comunità dei Focolari si è chiesta: come presentare il carisma dell’unità in una società multiculturale e multireligiosa, costantemente alla ricerca di soluzioni di convivenza pacifiche e rispettose di tutte le diversità? In una società, in cui il rapporto con gli aborigeni rimane una sfida sempre aperta, con tutte le contraddizioni e le conseguenze sul piano relazionale e sociale? «Durante il periodo di preparazione dell’evento – spiegano tra gli altri Fernando e Lucie – abbiamo saputo che alcuni musulmani di Montréal, discepoli del Dott. Shomali, avevano partecipato ad un recente Congresso da noi promosso a Castelgandolfo, nei pressi di Roma. Nel desiderio di lavorare insieme, ci hanno dato la loro disponibilità a offrire una testimonianza». Il 16 giugno, scrivono, «la sala San Marco, nel cuore della “Little Italy” a Ottawa, ha cominciato a popolarsi di persone originarie dall’Africa, dall’Asia, dal Medio Oriente e, naturalmente, dall’Italia e dal Canada, presente anche il nunzio apostolico, Mons. Luigi Bonazzi, e il Ministro Fabrizio Nava, in rappresentanza dell’Ambasciata italiana». Diverse le esperienze che in quel contesto testimoniano l’attualità del carisma di Chiara Lubich. A cominciare da quella di Jacques, focolarino a Toronto e “pioniere” della diffusione dell’ideale dell’unità in Canada, dopo un incontro casuale con due italiani a Vancouver. Poi è la volta di Anne, manager di un tour operator dal nome emblematico, “Spiritours”, che racconta la scoperta dell’Economia di Comunione come occasione per vivere concretamente il Vangelo, anche in azienda. Poi prende la parola Maria, focolarina brasiliana a Montréal, testimone di un’esperienza di incontro con gli aborigeni di Wati, nel Gran Nord. Insieme ad altre quattro persone, ha trascorso un mese con loro, lo scorso anno, su richiesta della Chiesa locale. E ancora: Edwige, originaria del Togo, attualmente a Rimouski, provincia di Québec. Dopo essere stata tra le prime studentesse all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, in Italia, ha cominciato a mettere “la persona al centro”: per questo suo stile di vita, di recente ha ottenuto una menzione d’onore, di solito riservata ai docenti, dall’Università che ora frequenta. Poi è la volta di Fatima, che insieme a Mostapha offre una esperienza di dialogo tra musulmani e cristiani, a contatto con il carisma di Chiara. «Una delle lezioni più importanti che ho imparato – dice – è che l’unità è un dono di Dio e che una manifestazione dell’unità è l’armonia nella diversità». Infine il Nunzio in Canada, Mons. Luigi Bonazzi, che più volte ha incontrato la fondatrice dei Focolari, confida ai presenti di aver fatto con lei, nel lontano 1975, il patto di “stare sempre su” nonostante le difficoltà, patto che lo ha sempre sostenuto nella sua intensa attività diplomatica. Al termine del programma viene proposto un discorso pronunciato a Washington, nel 2000, da Chiara Lubich, sul tema “l’arte di amare”. «Grazie a questo evento – concludono – pubblicizzato attraverso i social e diversi siti web, il seme della spiritualità dell’unità è stato lanciato lontano anche in Canada, e promette nuovi frutti». Chiara Favotti (altro…)
Si sta svolgendo a Loppiano un corso per operatori pastorali promosso dal Movimento dei Focolari in Italia in sinergia con il Centro Evangelii Gaudium [1] dell’Istituto Universitario Sophia. Sono presenti una cinquantina di operatori pastorali di tutta Italia, presbiteri e laici, per dare vita ad una scuola di comunione che intende offrire ai partecipanti una intelligenza della fede capace di rispondere alle sfide dell’attuale cambiamento d’epoca, cercando di coglierne il senso e valorizzando l’ esperienza. La scuola vuole inoltreoffrire strumenti teorici e pratici a quanti sono impegnati a rendere la spiritualità del focolare “visibile e sperimentabili” nelle articolazioni della Chiesa italiana, consci che si tratta di un dono che lo Spirito ha dato a Chiara Lubich per l’intera Chiesa del nostro tempo. In apertura una ricca introduzione al metodo trinitario dell’Istituto fatta da Mons. Piero Coda, direttore dell’Istituto universitario Sophia, e un tema programmatico di S.E. Card. Giuseppe Petrocchi, Presidente de CEG, dal titolo: Protagonisti nella vita della diocesi e delle parrocchie. Nel programma del corso sono attesi ancora, tra altri, Mons. Vincenzo Zani, segretario della Congregazione dell’Educazione cristiana e Vincenzo Buonomo, rettore magnifico dell’Università Latarenense. Il corso si concluderà sabato 21 ma avrà una seconda parte di tirocinio nella prima metà di ottobre presso alcune Chiese particolari dove sono in atto esperienze significative. [1] Centro Evangelii Gaudium è un laboratorio di formazione, studio e ricerca promosso dall’Istituto Universitario Sophia che trae ispirazione e nome dall’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium.Focolari Italia
[:de]Um drängende Fragen der Kirche dreht sich das Gespräch in Ottmaring mit Regens Hartmut Niehues aus Münster. Anmeldungen an: Sekretariat ZSP, Beate Neubert, zsp.ottmaring@gmail.com[:]
[:de]Auch in diesem Jahr findet in Ottmaring/Deutschland wieder eine Seniorenfreizeit statt unter dem Titel: Älterwerden – Zeit für Begegnunng.. Anmeldung bis zum 31. Juli: Verena Beck, 08251 1509, verena.beck@arcor.de [:]
«La nostra delegazione indù-cristiana arriva all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano per approfondire la conoscenza della sua originale esperienza, ma anche per commemorare il quindicesimo anniversario del dono del quadro della Vergine Maria, dipinta da un artista indù, che campeggia su uno dei muri laterali della Theotokos, il Santuario della cittadella. I momenti di scambio con professori e alcuni studenti di Sophia sono molto ricchi. Gli accademici indiani mostrano un grande interesse verso studi che riguardano la formazione al dialogo, in una dimensione interdisciplinare. Momenti di dialogo e confronto profondi permettono la conoscenza reciproca e rivelano consonanze fra alcune istituzioni che si ispirano al Mahatma Gandhi e Sophia stessa. Si spera presto di poter introdurre, anche nell’istituto universitario con sede a Loppiano, studi ed approfondimenti sulla figura di questo apostolo del dialogo. Un seminario molto interessante, su Teologia e prassi del dialogo, si svolge alla presenza, oltre che degli studenti e della delegazione indù, anche di altri giovani ed adulti della cittadella. L’argomento è vitale, ma anche sconosciuto a molti. La sera, presso il Santuario Theotokos, gli indù, in processione, portano mazzi di fiori e ghirlande all’immagine di Maria, mentre il complesso Gen Verde canta un inno. Inchini e solennità creano un clima spirituale profondo. Seguono alcune preghiere spontanee in sanskrito, tamil ed inglese. Poi, il momento sacro del silenzio. Il silenzio è parte dell’essere orientale. Quanto è scomodo, invece, per l’occidente! Quasi che non ci si fosse abituati, o per la paura di doversi confrontare con il proprio essere. Quando le culture e le religioni si incontrano con uomini e donne di fede genuina non è necessario ricorrere a compromessi, sincretismi o anomalie di questo ed altro tipo. Ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio parla dell’Assoluto, ognuno lo ascolta sulla sua lunghezza d’onda, ma le vibrazioni – come sono chiamate dagli indiani – sono le stesse ed arrivano in fondo al cuore». Ultima tappa, Assisi. «Arriviamo verso le 10.30 del mattino. Saliamo a piedi verso la basilica di San Francesco e da lì continuiamo verso il cimitero. Non posso non pensare all’autunno del 1997, poche settimane dopo il terremoto che aveva colpito la città e causato molte vittime. In quei giorni eravamo saliti su queste colline con Vinu e Ashok, figli del Dr. Aram, educatore gandhiano, scomparso qualche mese prima. Aveva voluto che parte delle sue ceneri fossero portate nella patria di San Francesco, che ammirava a tal punto da recitare la sua preghiera di pace ogni sera: Signore, fammi strumento della tua pace. Il pellegrinaggio continua poi verso la cripta della Basilica, dove partecipiamo alla preghiera dell’”ora sesta” dei frati, davanti alla tomba di Francesco. Grande raccoglimento, in un’atmosfera di fraternità e spiritualità. I nostri amici seguono in un silenzio profondo la nostra preghiera: un segno di rispetto e valorizzazione della preghiera altrui come fosse la propria. La storia di Francesco, uomo di pace e di dialogo, continua ad attirare uomini e donne di ogni parte del mondo e di ogni credo religioso. Assisi è davvero il luogo ideale per il dialogo». Fonte: blog di Roberto Catalano(altro…)
«Dopo tre anni eccomi nuovamente a Tonadico, nella valle di Primiero (nord Italia). Con noi ci sono gli amici Indù, venuti dall’India per un “pellegrinaggio” alle fonti del carisma dell’unità. Si tratta di vecchie conoscenze, soprattutto del mondo accademico, con le quali da anni abbiamo condiviso momenti di studio e di vita, l’ultimo dei a gennaio scorso, quando sono stato a Mumbai. È una gioia ritrovarsi insieme. Sono persone affascinate da Chiara Lubich, che vogliono andare in profondità nella conoscenza della sua esperienza mistica. E quale ambiente più adatto se non Tonadico, dove Chiara nel 1949 ha avuto una straordinaria esperienza di luce? L’incontro inizia con una profonda comunione, in un grande spirito di famiglia. La mistica unisce le religioni nel profondo. Le vie che ogni religione percorre, con i mezzi che mette a disposizione, conducono nel cuore del Mistero, unico per tutte. Le vie e gli strumenti sono diversi, ma il punto d’arrivo è lo stesso, per questo nella mistica vi è convergenza e ci si ritrova uniti. Anche i linguaggi e i modi di esprimere le fedi sono molto diversi, ma i simboli sono comuni: il sole, la fiamma, l’oro, il nulla, il tutto… e attraverso essi ci si comprende. Noi sappiamo che “la Via” è Gesù, ma egli, nei modi che lui solo conosce, sa farsi “Viatore” con tutti e condurre tutti al Padre. Allora ci auguriamo un buon viaggio!» P. Fabio Ciardi è professore presso l’Istituto di Teologia della vita consacrata “Claretianum” (Roma) e direttore del Centro di studi dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Attualmente è responsabile della Scuola Abba, Centro di studi interdisciplinare fondato da Chiara Lubich nel 1990, con il contributo del vescovo Klaus Hemmerle (3 aprile 1929 – 23 Gennaio 1994), noto teologo e filosofo. Il suo scopo è quello di approfondire il carisma dell’unità da diversi punti di vista. Fonte:Blog P.Ciardi
Ce livre est une évocation à la fois poétique et très documentée de la naissance de la spiritualité de l’unité à travers Chiara Lubich. Tout est né de cette jeune fille, en 1943, dans la ville très catholique de Trente au nord-est de l’Italie. Très vite, d’autres jeunes filles la rejoignent. Des jeunes hommes aussi… puis des personnes de toutes les générations, de toutes les conditions sociales, des gens humbles et des personnalités politiques, des entrepreneurs et des artistes : tout un peuple à l’image de la société de son époque. La spiritualité de l’unité rejoindra quantité de femmes et d’hommes de milieux très divers : luthériens, anglicans, orthodoxes, juifs, musulmans, bouddhistes, hindous, agnostiques et athées s’y intéresseront et s’associeront à la soif de recomposition de la famille humaine de Chiara Lubich. Cette spiritualité a la capacité de s’incarner dans les sociétés et dans les cultures les plus variées. Aujourd’hui, l’oeuvre de Chiara Lubich le mouvement des Focolari se poursuit sur tous les continents en étant attentive aux évolutions de notre temps. Nouvelle Cité
All’origine del Movimento dei Focolari c’è l’esperienza mistica vissuta da Chiara Lubich (1920-2008) nell’estate del 1949 segnata da illuminazioni particolari. Tale evento ha inizio con un “Patto di unità” tra lei e l’onorevole Igino Giordani (16 luglio 1949). I contributi commentano il racconto fatto dalla Lubich di tale Patto secondo diverse prospettive di lettura che, spaziando dall’ambito teologico, ecclesiologico, spirituale all’ambito letterario, sociologico, giuridico, politologico, economico, ne offrono una attualizzazione ricca per la vita della Chiesa, delle comunità ecclesiali, e per la società. Città Nuova Editrice
L’inizio del periodo di maggiori illuminazioni [di Chiara Lubich] può essere datato: il 16 luglio, infatti, arrivò a Tonadico (sulle montagne del Trentino, nel Nord Italia, ndr) Igino Giordani. Alloggiava all’Albergo Orsinger, e doveva tenere una conferenza nella sala dei cappuccini. Giordani, «innamorato di santa Caterina», aveva sempre cercato una vergine da poter seguire. Sicuro di averla trovata in Chiara, le propose di farle voto di obbedienza, pensando così di obbedire a Dio. Aggiunse che avrebbero potuto farsi santi in due, come Francesco di Sales e Giovanna di Chantal.Chiara non capiva: il Movimento non esisteva, di voti non si parlava; e poi, sentiva di essere nata per il «tutti siano uno». Era tentata di lasciar cadere questo desiderio, ma ebbe l’impressione che quelle parole avessero origine da una grazia che non doveva essere persa. Gli disse quindi: «Tu conosci la mia vita: sono niente. Voglio vivere, infatti, come Gesù Abbandonato che si è completamente annullato. Anche tu sei niente perché vivi nella stessa maniera. Ebbene, domani andremo in chiesa e a Gesù Eucaristia che verrà nel mio cuore, come in un calice vuoto, io dirò: “Sul nulla di me patteggia tu unità con Gesù Eucaristia nel cuore di Foco. E fa’ in modo, Gesù, che venga fuori quel legame fra noi che tu sai”. E tu, Foco, fa’ altrettanto». Così fecero. Giordani si avviò verso la sala dove doveva parlare, mentre Chiara si sentì spinta a rientrare in chiesa. Davanti al tabernacolo, si dispose a pregare Gesù, ma in quell’istante sentì di non poterlo fare, sentì di essere totalmente immedesimata nel figlio. Sentì pronunciare dalle sue labbra: «Padre». Comprese che la sua vita religiosa avrebbe dovuto essere diversa da quella vissuta fino a quel momento: non rivolta a Gesù, ma di fianco a Lui, Fratello, rivolta verso il Padre. Armando Torno, “PortarTi il mondo fra le braccia. Vita di Chiara Lubich”, Città Nuova, Roma, 2011. Cit. pp. 45-46. (altro…)
[:de]Ein Dokumentarfilm von Winfired Baetz-Braunias Philosophie der Nähe und globale Verunsicherung Klaus Hemmerles Leben (1929-1994) und seine Erkenntnisse bilden eine große Vision, einen Lösungsansatz für die Herausforderungen einer global verunsicherten Menschheit. FILM-TRILOGIE über den genialen Freiburger Religionsphilosophen und späteren Aachener Bischof, bedeutend für unsere Zeit, für unser Denken und für eine Kirche, geeint in Vielfalt. TEIL I: 39:00 „Leben geht umgekehrt“ – Hemmerles Antwort auf Terrorismus, Krisen, Krieg TEIL II: 41:00 „Denken geht simultan“ – Hemmerles Impulse künftiger Welt-Werte TEIL III: 40:00 „Kirche geht gegenseitig“ – Hemmerles tiefe Geschwisterlichkeit Verlag Neue Stadt [:]
Nel seguente testo, pubblicato integralmente sulla rivista Nuova Umanità XXXIV (2012/6) 204, Chiara Lubich narra il “patto di unità” stretto con Igino Giordani (che lei chiamava Foco) il 16 luglio 1949, preludio all’esperienza spirituale e mistica di quell’estate. «[…] Vivevamo queste esperienze quando venne in montagna Foco. Foco, innamorato di santa Caterina, aveva cercato sempre nella sua vita una vergine da poter seguire. Ed ora aveva l’impressione d’averla trovata fra noi. Per cui un giorno mi fece una proposta: farmi il voto d’obbedienza, pensando che, così facendo, avrebbe obbedito a Dio. Aggiunse anche che, in tal modo, potevamo farci santi come san Francesco di Sales e santa Giovanna di Chantal. Io non capii in quel momento né il perché dell’obbedienza, né questa unità a due. Allora non c’era l’Opera e fra noi non si parlava molto di voti. L’unità a due poi non la condividevo perché mi sentivo chiamata a vivere il “che tutti siano uno”. Nello stesso tempo però mi sembrava che Foco fosse sotto l’azione d’una grazia, che non doveva andar perduta. Allora gli dissi pressappoco così: “Può essere veramente che quanto tu senti sia da Dio. Perciò dobbiamo prenderlo in considerazione. Io però non sento quest’unità a due perché tutti devono essere uno”. E aggiunsi: “Tu conosci la mia vita: io sono niente. Voglio vivere, infatti, come Gesù Abbandonato che si è completamente annullato. Anche tu sei niente perché vivi nella stessa maniera. Ebbene, domani andremo in chiesa ed a Gesù Eucaristia che verrà nel mio cuore, come in un calice vuoto, io dirò: ‘Sul nulla di me patteggia tu unità con Gesù Eucaristia nel cuore di Foco. E fa in modo, Gesù, che venga fuori quel legame fra noi che tu sai’”. Poi ho aggiunto: “E tu, Foco, fa altrettanto” […]». Continua su: Centro Chiara Lubich(altro…)
Dio non è un personaggio lontano, che può essere avvicinato solo facendo prima l’anticamera. Egli ascolta coloro che sono particolarmente poveri, particolarmente piccoli, particolarmente umili con particolare attenzione. (Dal volume Scelto per gli uomini, p. 113) Quanto più io ho cose da fare, tanto più ho bisogno di tempo per la preghiera. E allora scopro una cosa: quando io impiego, “spreco” il mio tempo per rimanere in Dio, avviene una sorta di “miracolosa moltiplicazione del tempo”; grazie al tempo donato a Dio, vengo ad avere più tempo a mia disposizione o perlomeno, un tempo migliore, più disponibile, più denso di amore da donare agli altri. Il tempo diventa come una collana di perle, fatta di molti preziosi momenti che sono in grado di vivere, e di portare al suo pieno compimento nel raccoglimento e nella dedizione agli altri. (Dal volume Scelto per gli uomini, pp. 109-110) Si potrebbe definire “granello di sale” del pregare cristiano il punto in cui la distinzione che caratterizza ciò che è cristiano appare più chiara ed evidente: il fatto, cioè, che nella preghiera rivolta a Dio è sempre presente il fratello, l’altro; il fatto che nel dire-io dell’orante è sempre incluso un dire-noi. (Dal volume Scelto per gli uomini, p. 114) Forse talvolta è bene non voler altro che restarsene in silenzio. Solo allora, infatti, notiamo quanti flussi di pensieri, di impressioni, di idee ci attraversino. Siamo come immersi in una marea che monta e che incessantemente ci allontana da noi stessi, non permette che raggiungiamo noi stessi. Per la preghiera non è determinante che raggiungiamo questo assoluto silenzio. Essa può persino essere “giusta” se, malgrado ogni sforzo, non ci riesce. Infatti, in qualche modo comprendiamo che anche in quel flusso indistinto, confuso, così privo di perfezione e d’integrità, io sono comunque me stesso, io che sono stato dato e abbandonato a me, io, colui che costantemente sfugge a se stesso. E allora possiamo dire: non io ho la facoltà su di me, non io conosco me stesso, non io mi possiedo, ma tu, in me più profondo del mio io più intimo, tu mi conosci e mi scruti, tu sai chi sono e cos’è bene per me e mi rispondi con il tuo sì, ti rivolgi a me dicendomi: Tu. (Dal volume Das Wort fur uns, pp. 91s.) Da: Klaus Hemmerle, “La luce dentro le cose, meditazioni per ogni giorno”, Città Nuova, 1998. (altro…)
Se echaba de menos un libro en castellano sobre esta máxima universal («no hagas a los demás lo que no querrías que te hiciesen»), atestiguada en todas la culturas y religiones del mundo. La obra analiza las distintas formas que puede adoptar la regla de oro, disipa los posibles malentendidos que genera y describe su difusión geográfica y sus avatares en el pensamiento moral occidental, deteniéndose en particular en la enseñanza de Jesús, que implica la exigencia de amar incluso al enemigo. El autor analiza también sus fundamentos antropológicos y su eficacia como precepto, que nos incita a ponernos en el lugar del otro y a «intercambiar los papeles» con él. Ciudad Nueva
«Vengo da un paese dell’America centrale, El Salvador. Un paese piccolo, ricco di risorse naturali e di storia, ma afflitto, da molti anni, da una grande instabilità politica, da ingiustizie e povertà, che hanno generato diverse forme di violenza e sconvolgimenti sociali. Negli ultimi anni, la violenza si è così intensificata da creare una mancanza di fiducia reciproca tra gli abitanti, perché ogni persona rappresenta una minaccia per gli altri. Una situazione che fa sentire impotenti. Nel 2014, ho vissuto per un po’ di tempo con altri Giovani per un Mondo Unito in una cittadella dei Focolari in Argentina, la “Mariapoli Lia”. Lì abbiamo cercato di mettere in pratica la cosiddetta “regola d’oro”, che dice: “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. Mi sono reso conto di quanto sarebbe bello costruire una società in cui tutti ci prendiamo cura gli uni degli altri. Tuttavia, quando sono tornato in El Salvador, mi sono trovato di nuovo di fronte alla lotta interna del mio Paese. La situazione era davvero difficile, se possibile ancora più violenta. In qualsiasi momento, anche di giorno, era rischioso uscire di casa. Io ero solito recarmi in autobus al campo sportivo, ma anche questo era diventato pericoloso. Non sai mai se la sera tornerai a casa intero. Data la situazione, i miei genitori, mia sorella ed io abbiamo pensato di andarcene. Ma, dopo aver riflettuto ancora sul da farsi, abbiamo deciso di restare, per essere una luce in questo posto buio, in tempi così bui. In quel periodo ho letto un articolo dei Giovani per un Mondo Unito del Medio Oriente, che raccontavano di aver deciso di rimanere lì, nonostante la guerra, per essere pronti ad aiutare i feriti dopo gli attacchi. La loro esperienza mi ha fatto riflettere, rafforzando la determinazione a restare nel Salvador, per venire incontrare alle sofferenze della mia gente. È stato così che, insieme ad altri miei coetanei, abbiamo deciso di lanciare una campagna, che abbiamo chiamato “Cambia il tuo metro quadro”, con l’obiettivo di cercare di costruire la pace nel nostro ambiente. Sappiamo che il problema del nostro Paese è complesso, ma noi possiamo fare la differenza se cominciamo dalla nostra vita, con le persone che incontriamo ogni giorno, con le attività che svolgiamo quotidianamente. A livello personale, ad esempio, cerco di aiutare i miei compagni di classe ad affrontare un difficile esame di matematica, o a creare relazioni positive con i vicini di casa. Tutto questo ha avuto un impatto anche nella nostra società. Abbiamo coinvolto altri a lavorare insieme per costruire, in un parco locale, un ambiente più bello, ridipingendo i muri, pulendo le strade, raccogliendo la spazzatura e installando dei bidoni per l’immondizia. Abbiamo lanciato una campagna per la raccolta di libri da inviare in quelle città che hanno un alto tasso di abbandono scolastico. È nata poi una collaborazione con altri movimenti che si occupano di visitare le persone anziane negli istituti, e con istituzioni che forniscono pasti e riparo alle persone senzatetto. Gli adulti ci aiutano raccogliendo il cibo e aprendo le loro case per farci cucinare. È incredibile come il cibo sia sempre sufficiente per tutti quelli che non ne hanno! Forse non saremo in grado di cambiare il nostro paese tutto in una volta, ma “metro quadro per metro quadro” un cambiamento lo possiamo fare!». (altro…)
Com textos de grandes líderes espirituais (João Paulo II, Bento XVI, papa Francisco, Chiara Lubich, cardeal Van Thuan, Giuseppe Zanghì, Igino Giordani, Pasquale Foresi etc.) este guia propõe um caminho espiritual centrado na comunhão fraterna, na dimensão comunitária. Perpassa, a partir dessa perspectiva, doze eixos temáticos: Deus Amor, a vontade de Deus, a Palavra de Deus, o amor ao irmão, o amor mútuo, Jesus Eucaristia, a unidade, Jesus Abandonado, Maria, Igreja-comunhão, o Espírito Santo, Jesus presente no meio de nós. Cada eixo temático é ilustrado com imagens e enriquecido com testemunhos de pessoas que buscam viver uma espiritualidade de comunhão em seu dia a dia. Cidade Nova
«Sono Jean Paul. Una sera del 2015, mentre aspettavo un autobus per tornare a casa, alla stazione ho incontrato un giovane. Era un rischio per lui viaggiare da solo, in una delle zone più pericolose della città, così gli ho proposto di venire quella notte a casa mia. Non arrivando l’autobus, ci siamo incamminati. Lungo il tragitto, siamo stati aggrediti da sei uomini. Ci hanno picchiato e poi mi hanno buttato in un canale, forse pensando che fossi morto. Lì sono rimasto per un’ora in uno stato di incoscienza. Quando mi sono svegliato, mi sono reso conto che non potevo muovermi dal petto in giù. Ho urlato, poi questo nuovo amico è venuto ad aiutarmi. Lui non era ferito gravemente come me. Con l’aiuto di alcune persone, sono stato portato in un ospedale vicino. Quel gesto di amore nei suoi confronti mi ha salvato la vita. Se non fosse stato per lui, sarei morto. Dopo una settimana in ospedale, sono stato trasferito a Kigali, in Ruanda, la città di Egide. Avevo una lesione spinale, non potevo muovermi perché ero paralizzato e pieno di dolori». «Ero stupito del fatto che continuasse a sorridere dopo quello che gli era successo. A tutti quelli che lo visitavano infondeva gioia e speranza, era come se irradiasse una luce. Per il primo mese si è preso cura di lui un suo amico, che però doveva tornare a scuola. Così mi sono offerto di prendere il suo posto. Non era facile, avevo trovato un lavoretto, ma ho deciso di lasciarlo per stare accanto a Jean Paul a tempo pieno. Mia madre non capiva, diceva che quel lavoretto, anche se piccolo, era un buon inizio, ma io ero determinato e lei mi ha lasciato andare. Ho chiesto a Dio di indicarmi come poter aiutare Jean Paul. I nostri amici e famiglie da tutto il Ruanda e il Burundi venivano a visitarci. Grazie al loro amore, abbiamo trovato la forza». «Dopo alcuni mesi sono stato operato. Mi dissero che non avrei più camminato. Dopo un mese, ci siamo trasferiti in un centro di riabilitazione per iniziare la terapia, molto dura. Ma non mi sono arreso. Mi sono esercitato con tutte le mie forze e alla fine sono riuscito a camminare. Un miracolo! Prima con due stampelle, poi, dopo un anno, con una». «Questa nostra amicizia ha attirato l’attenzione della famiglia di Jean Paul, delle infermiere, dei medici e degli altri pazienti, perché io sono ruandese e lui burundese. Durante il tempo trascorso in ospedale e nel centro di riabilitazione, lui soffriva molto, ma continuava a sorridere. Tutti eravamo stupiti del suo atteggiamento, del coraggio e della determinazione. Con l’aiuto dei Giovani per un mondo unito e dei nostri amici, siamo stati in grado di superare le sofferenze e vivere tra noi “oltre ogni confine”. I nostri amici si alternavano per portarci da mangiare. Dopo poco, una ong ha scoperto la nostra situazione e ci ha garantito i pasti ogni giorno. Ma Jean Paul mi chiedeva sempre di portarli a chi ne aveva più bisogno. Lo facevo con gioia, dicendo che erano il regalo di un altro paziente». «Un anno fa ho terminato la riabilitazione. Ringrazio Dio per avermi dato il coraggio di non mollare. Sono stato anche in grado di perdonare coloro che mi avevano picchiato. Perdonarli non solo mi ha dato pace, ma in qualche modo mi ha aiutato a recuperare più velocemente. Voglio ringraziare i Giovani per un mondo unito e i loro familiari che mi hanno aiutato a raccogliere i soldi per pagare le cure». «Dopo questo periodo, ho ricevuto dei fondi per tornare a scuola e, allo stesso tempo, ho trovato un lavoro migliore di quello che avevo lasciato. Ringrazio Dio, nessuno pensava che Jean Paul avrebbe più camminato! Se una persona dà tutto per amore, non rimane sola». A cura di Chiara Favotti
Memórias de um cristão ingênuo conduz o leitor por histórias cômicas, situações dramáticas, episódios e consequências de um combate constante às contradições e às injustiças das guerras. Leva a vivenciar os desafios e as transformações narradas por Giordani. Nas entrelinhas da humildade peculiar do narrador, esta obra evidencia sua busca incessante da verdade, do amor ao ser humano, de Deus, em meio às atividades intensas de sua vida política e de escritor. Personagem poliédrico, Giordani foi esposo dedicado, pai amoroso, escritor perspicaz e eloquente, diretor editorial de periódicos de relevo internacional, deputado, cristão engajado, conhecedor profundo das Escrituras e do patrimônio histórico-cultural da Igreja, cofundador de um movimento inter-religioso e ecumênico espalhado em mais de 180 países. Cidade Nova
De tanto oír que el matrimonio es la tumba del amor, que es imposible vivir con alguien para toda la vida, muchas parejas al final se convencen de ello… Vivir con el otro requiere ciertamente una laboriosa capacidad de entrega, de ir más allá de uno mismo. Pero si pensamos y vivimos el amor como un sentimiento que madura con el tiempo, puede proporcionar un gran bienestar de pareja e individual a quienes sepan cultivarlo. Estas páginas analizan los tópicos sobre el amor con sentido crítico, sin esconder los problemas, pero con la confianza de que es posible conciliar el vínculo con la autonomía y la realización personal. Ciudad Nueva
Si la vie pouvait devenir plus simple ? Par de nouvelles attitudes au quotidien, les relations avec tous peuvent se simplifier et prendre de la profondeur. Des clés nous sont ici livrées, que chacun peut adopter au quotidien : aimer concrètement chaque personne rencontrée, savoir faire le premier pas, rejoindre l’autre dans ce qu’il vit… L’auteur décline un nouvel art d’aimer fondé sur l’Évangile. Il s’agit d’une synthèse qui allie les différentes exigences de l’amour à la nécessité d’une pratique continue pour que cet amour demeure vivant et concret. Un nouvel art d’aimer est un ensemble de textes brefs et incisifs capables de redonner de l’élan au quotidien. Ce texte est de la même veine et de la même portée potentielle que le livre à succès Vivre l’instant présent. Préface de Mgr Dubost. Nouvelle édition enrichie d’une biographie
Si chiama “Sia fatto di me secondo la tua parola” e la sua versione internazionale è stata lanciata il 4 luglio. La prossima Giornata Mondiale della Gioventù, cui parteciperà Papa Francesco, si terrà a Panama dal 22 al 27 gennaio 2019 e avrà un inno ufficiale in cinque lingue. La musica è stata composta da Abdiel Jimenez, e la versione italiana è stata composta dal maestro Marco Frisina. Interpreti della versione internazionale sono Gabriel Diaz, Marisol Carrasco e Masciel Munoz per lo spagnolo; Lucia Munoz e Pepe Casis per l’italiano; Naty Beitia per il francese; José Berasategui e Eduviges Tejedor per l’inglese, e Erick Vianna e Kiara Vasconcelos della Comunità Shalom del Brasile per il portoghese. https://www.youtube.com/watch?v=SXlYt_JjftE (altro…)
«I muri dividono nazioni, culture e persone. Sono cresciuto di fronte al muro che separa Stati Uniti e Messico. Mi chiamo Noé Herrera e sono nato in una città del Messico il cui nome, Mexicali, sta per Messico e California. Fin da piccolo, mi chiedevo perché fosse così difficile attraversare il confine con gli Stati Uniti. Questi due paesi hanno molti tratti in comune nella loro cultura, come il cibo, la lingua e persino aspetti economici. Ho molti amici da entrambi i lati e molte persone, come me, vanno avanti e indietro dal Messico agli Stati Uniti e viceversa. Tuttavia, ho visto come questo confine rappresenti motivo di grandi sofferenze per i nostri paesi. L’ho visto nelle molte famiglie che sono separate, negli immigrati che lottano per trovare un futuro migliore, nei molti pregiudizi che abbiamo creato. Eppure, ho visto che le persone sono indifferenti a questa situazione. Perché? Perché ci siamo abituati a vedere questa divisione». «Non ho avuto la stessa esperienza di Noè con il muro, posso dire che dagli Stati Uniti è più facile attraversare il confine verso il Messico, che non viceversa. Mi chiamo Josef Capacio. Vengo da una città nel sud della California, San Diego, vicino al confine. Anche io ho visto la divisione negli Stati Uniti, ma per fortuna ho imparato, fin da quando ero molto giovane, a vivere per l’unità. Nel corso degli anni, una nuova percezione del mondo si è fatta strada dentro me. Crescendo, esposto alla multiculturalità, non solo ora la tollero, ma l’ho fatta mia! Penso sia parte del motivo per cui Noé e io siamo diventati amici. Io non sono solo Josef, americano, nato in una famiglia emigrata dalle Filippine, e lui Noé, della grande stirpe messicana. Siamo tutto questo e altro ancora. Siamo due cittadini del mondo. E non dimenticherò mai come ci siamo incontrati. Dopo aver passato un anno lontano da casa, e frequentato una scuola di formazione per i giovani dei Focolari in Italia, ero entusiasta di tornare a casa e sostenere le nostre iniziative in California. Un amico mi ha suggerito di unirmi agli sforzi per un progetto a Mexicali. In tutta onestà, all’inizio ero riluttante. Tuttavia, mi sono morso un labbro e l’ho ascoltato. Fortunatamente, dopo aver incontrato Noé, mi sono deciso ad andarci con alcuni amici. Quella giornata non si può descrivere a parole. Una meraviglia!» «L’obiettivo era quello di mostrare la nostra visione di un mondo unito attraverso una corsa in simultanea lungo i due versanti del muro. C’erano circa 200 persone da entrambe le parti, con un unico messaggio: “Possiamo essere divisi da un muro, ma siamo insieme a costruire un mondo unito”. Molte persone di tutte le età hanno aderito e da allora sta diventando un appuntamento annuale in cui abbiamo coinvolto i governi locali, da entrambi i lati. Dopo quel primo grande evento, il nostro obiettivo è diventato più visibile. Josef ed io, con altri amici dei nostri paesi, abbiamo avuto molte opportunità di lavorare insieme in molte attività sociali, ma anche, nel tempo, abbiamo sviluppato rapporti di fraternità e di vera amicizia con i nostri vicini oltre confine. Ho scoperto che i nostri valori, obiettivi e visione del mondo sono molto simili. Siamo tutti uguali e posso amare il suo paese come il mio». «Ho scattato questa foto durante uno dei nostri eventi, che mi ha ispirato questo pensiero: “Ci sono, per vari motivi, confini fisici, geopolitici, economici, di sicurezza. Ma nei nostri cuori non ci sono barriere. Siamo un unico popolo e vogliamo un mondo unito!”. Quelli che hanno avuto il privilegio di guardare il nostro pianeta dallo spazio parlano spesso di questa nuova percezione della vita umana, sulla Terra. Da lassù non ci sono confini. Svaniscono. Sono invisibili, inesistenti. I motivi per cui continuiamo a farci la guerra diventano piccoli. Un astronauta ha persino detto: “Da quassù è chiaro che sulla Terra siamo una sola umanità”». A cura di Chiara Favotti (altro…)
“Il nome di Chiara Lubich è ormai entrato nella storia della spiritualità dei secoli XX e XXI, fra i maestri più prestigiosi e ascoltati, per la sua genuina ispirazione evangelica e per la dimensione di universalità umana e culturale che caratterizza la sua dottrina e la sua opera” (dall’Introduzione di p. Jesus Castellano Cervera, OCD). Il presente volume offre l’occasione per un incontro diretto con tale spiritualità attraverso la raccolta di numerosi scritti della fondatrice, molti di quali inediti. Tale raccolta va dal 1943 (anno di fondazione del Movimento) ai nostri giorni, e racchiude l’intera varietà dei generi letterari nei quali ha preso vita la spiritualità di Chiara Lubich: lettere personali e manifesti programmatici, lezioni accademiche, discorsi pubblici e colloqui intimi e personali. La sua dottrina spirituale viene presentata in 3 grandi momenti: il primo concentrato sul cuore del carisma; il secondo sull’originale modalità di vivere e pensare la fede; il terzo sulla visione del mondo nei suoi aspetti più diversi: politici, economici, filosofici alle scienze dell’educazione).
Lo scorso aprile, lo United World Project ha selezionato 25 giovani rappresentanti da tutto il mondo per svolgere il ruolo di “Ambasciatori per un Mondo Unito”, con il compito principale di lavorare per il riconoscimento ufficiale della Settimana Mondo Unito a livello di Nazioni Unite. Durante il Genfest a Manila, è stata offerta loro la possibilità di incontrarsi per la prima volta, con l’obiettivo di entrare in contatto diretto con le commissioni nazionali di importanti organizzazioni internazionali nelle Filippine. I primi incontri hanno avuto luogo i giorni 5 e 6 luglio visitando le sedi della Fao ed Unesco a Manila con lo scopo di conoscere più a fondo il lavoro di queste organizzazioni ed iniziare una collaborazione per futuri progetti comuni attraverso New Humanity, la ONG che rappresenta il Movimento dei Focolari a livello delle Nazioni Unite, dotata di status consultivo generale dal 2005 e dal 2008 partner UNESCO. Gli ambasciatori hanno messo l’accento sul bisogno di stabilire queste relazioni per affrontare insieme le grandi sfide globali quali i conflitti, le migrazioni ed il cambiamento climatico, focalizzandosi in particolare su una delle priorità dell’Unesco quale l’educazione alla cittadinanza globale. Questi giorni a Manila hanno anche permesso di sviluppare le relazioni tra gli ambasciatori stessi: gli incontri presso queste agenzie delle Nazioni Unite sono state dunque un’occasione per rinforzare il loro ruolo di “ingegneri” per una nuova cultura capace di andare oltre le etnie, religioni e gruppi sociali, promuovendo uno spirito di unità tra i popoli sia attraverso le concrete azioni locali che a livello di organizzazioni internazionali. Allo stesso tempo i giovani partecipanti sono divenuti più consapevoli dell’importanza di sviluppare una squadra ancora più preparata e competente su questi temi per rinforzarne l’impatto; il loro lavoro proseguirà ora terminato il Genfest grazie all’ispirazione, l’energia e l’unità sperimentata, continuando ad impegnarsi come ambasciatori per un mondo unito. Michael Grueter (altro…)
1968-2018: qual è l’eredità della contestazione partita dagli Stati Uniti e dalla Francia 50 anni fa e cosa hanno da dire oggi quelle esperienze ad un’Italia che fu protagonista di quella stagione e che oggi si interroga sul suo presente e sul suo futuro? Non un ricordo del ‘68, ma l’attualità di una rivoluzione, per passare dal sogno all’impegno in tre ambiti specifici fra i tanti che meriterebbero attenzione: educazione, partecipazione, lavoro. È l’obiettivo della nona edizione di LoppianoLab, il laboratorio nazionale di economia, cultura, comunicazione e formazione promosso dal Polo Lionello Bonfanti, dal Gruppo Editoriale Città Nuova, dall’Istituto Universitario Sophia, dal Movimento dei Focolari in Italia, dall’Economia di Comunione e dal Centro internazionale di Loppiano (FI), dove ancora grande è l’eco della recente visita di Papa Francesco, il 10 maggio scorso.
Dalla prima edizione nel 2010, LoppianoLab coinvolge migliaia di cittadini, imprenditori, operatori della comunicazione, studenti e docenti, politici impegnati in vari ambiti, membri dell’associazionismo, giovani, di tutte le regioni italiane.
Attraverso la formula laboratoriale che contraddistingue l’evento, LoppianoLab raccoglierà interrogativi e problemi, ma anche risorse ed energie, proponendo piste di riflessione per costruire il presente e progettare il futuro. Ciascuno dei tre temi – educazione, partecipazione, lavoro – sarà al centro di una plenaria, cui farà seguito una serie di laboratori che punteranno al coinvolgimento dei partecipanti. Novità dell’edizione 2018 saranno specifici programmi per bambini e ragazzi. Loppiano . Official siteProgramma LoppianoLab 2018Guarda lo streaming: sabato 29 h. 9:30 – 10:30 – 15:30 e 16:30. E domenica 30: h. 9:30 – 10:15
«Sono davvero felice di vivere qui il Genfest con voi e con quelli che sono collegati. Vi saluto tutti con tutto il cuore! Sono testimone del rapporto di Chiara con migliaia di giovani di tutto il mondo: il suo dialogo con loro è stato sempre appassionante, aperto, sincero, caratterizzato dalla fiducia. Era esigente così come voi lo siete e convinta che le nuove generazioni con in cuore l’ideale dell’unità formano uomini e donne nuovi che irradiano questa luce, testimoniando che il mondo unito è possibile, perché è già presente e vivo tra noi, come qui, oggi. Anch’io ho avuto il dono di conoscere giovani di tutte le parti del mondo e sono sempre stata affascinata e arricchita dalla vostra vitalità, creatività, coraggio. Chiara vi ha sfidati ad essere uomini e donne dell’unità, che riescono a portare nel proprio cuore i tesori caratteristici di ogni cultura e a donarli agli altri: donne e uomini mondo. Al Genfest del 2012 avete lanciato un progetto ambizioso, il Progetto Mondo Unito. In questi anni avete portato avanti tante concretizzazioni e la proposta fondamentale del progetto – promuovere e diffondere la cultura della fraternità – si è estesa a molti altri, anche adulti e ragazzi. So che tra poco verrà lanciato un nuovo percorso in continuità con il progetto già in atto, che ci incamminerà tutti nelle molte vie per realizzare un mondo unito. Abbiamo un obiettivo grandissimo, ma sappiamo che sono i grandi ideali che fanno la storia. Il nostro obiettivo è: “che tutti siano uno”. Quel “tutti” è il nostro orizzonte! Fare nostro quel sogno di Dio ci lega al Cielo e nello stesso tempo ci inserisce fortemente nella storia dell’umanità per farne emergere il cammino verso la fraternità universale. Con la proposta, che ora verrà lanciata, il Genfest si conclude; tutti torniamo nei nostri Paesi, nelle nostre città. Cosa faremo? Quel mondo unito, che qui stiamo vivendo, lo porteremo dappertutto, lì dove andiamo per realizzarlo nella nostra famiglia, nell’ambiente di studio, di lavoro, nello sport … C’è un segreto per non perdere più questa mèta, che qui al Genfest ci appare così bella, così viva, così affascinante. Vorrei riassumerlo in tre parole: Amare, ricominciare e condividere! Amare è il segreto di una vita felice, piena, interessante, sempre nuova, mai noiosa, sempre sorprendente! Ricominciare quando le difficoltà, lo scoraggiamento, i fallimenti, ci sconvolgono, facendo vacillare la nostra passione per il mondo unito. I campioni del mondo si allenano e si rialzano dopo ogni caduta fino a raggiungere il traguardo. Condividere le nostre esperienze, le nostre gioie, le nostre difficoltà, i nostri talenti, i nostri beni. Usiamo tutti i mezzi utili per fare rete; lanciamo le più varie iniziative per costruire l’unità: operazioni su vasta scala, locale e mondiale, e rendiamo visibile la fraternità universale. Sappiamo che la parte emersa di un iceberg poggia su una base sommersa: così la fraternità si costruisce su gesti quotidiani e azioni fatte con la forte convinzione che il mezzo più potente, che possiamo usare per rinnovare il mondo, è il nostro cuore. Finché il nostro cuore batte, possiamo amare, possiamo ricominciare, possiamo condividere. La fraternità universale comincia dal mio – dal nostro cuore. È la sfida affascinante che vogliamo vivere assieme, perché il mondo unito diventi un sogno realizzato». (altro…)
Como amar? Por onde começar? O que fazer? Textos escolhidos de Chiara Lubich que contemplam as múltiplas faces do amor – síntese da mensagem do Evangelho -, apresentado como verdadeira “arte”. Editora Cidade Nova
MANILA (Filippine) – Si è appena conclusa l’undicesima edizione del Genfest, dove 6.000 giovani dei Focolari di oltre cento Paesi del mondo hanno lanciato il progetto “Pathways for a United World”: percorsi e azioni che puntano ad avvicinare persone e popoli, costruendo rapporti di fraternità nei campi dell’economia, della giustizia, della politica, dell’ambiente, del dialogo interculturale e interreligioso da avviare in tutto il mondo. “In epoca di migrazioni crescenti e di nazionalismi che avanzano, come reazione a una globalizzazione esclusivamente economica che trascura le diversità delle singole culture e religioni, – riassume Maria Voce, presidente dei Focolari – il Genfest propone ai giovani un cambio di prospettiva: non fermarsi al di qua dei muri personali, sociali e politici, ma accogliere senza timori e pregiudizi ogni tipo di diversità”. Nei prossimi anni, dunque, i Giovani per un Mondo Unito dei Focolari saranno impegnati a dar vita ad una ragnatela di attività, mirate a radicare nei propri ambienti e Paesi, mentalità e prassi di pace e solidarietà. “Il sei luglio siamo andati, anche alla sede della FAO e dell’UNESCO qui a Manila – racconta Marco Provenzale – per presentare i nostri progetti e offrire alle organizzazioni internazionali l’impegno di tanti giovani che diventeranno ambasciatori di fraternità nei propri Paesi, con una missione precisa: promuovere azioni “beyond all borders”, come recita il titolo del Genfest, oltre i confini culturali, sociali e politici. Il Genfest è stato festa e impegno assieme, dove anche arte e spettacolo hanno puntato ad esprimere il superamento dei confini, come le due serate-concerto che hanno portato l’Asia al resto del mondo e viceversa. Molto visitata è stata anche la Explo, mostra multimediale e interattiva che ha proposto una lettura rovesciata della storia del mondo, vista nell’ottica dei passi di pace dell’umanità e della centralità dell’impegno personale a costruirla. E per non rimanere nella teoria l’azione Hands for Humanity offriva ai partecipanti la possibilità di “sporcarsi le mani”: i giovani potevano scegliere tra 12 attività di solidarietà, accoglienza e riqualificazione urbana da svolgere in diversi punti di Manila. Storie oltre i muri Vere protagoniste di questa undicesima edizione però sono le storie dei giovani, che vivono il dramma della migrazione e della segregazione nella quotidianità. “Oggi si parla poco di chi vive il limite nella quotidianità – spiegano gli organizzatori – di chi convive con i muri, con il senso di impotenza e voglia di riscatto”.
Guarda intervista con Aziz (Irak)
Sono storie di stringente attualità, come quella di Noé Herrera (Messico) e Josef Capacio (USA) che vivono appena al di là del confine di Stato tra i loro due Paesi. Noé deve affrontare tutti i giorni ore di fila per poter andare a scuola oltre la frontiera. Da dove gli viene la speranza? Dall’amicizia con Josef e altri ragazzi nordamericani con i quali lavora per portare una mentalità condivisa di rispetto e conoscenza reciproca. Aziz, invece, è iracheno: ora vive in Francia e rivolge ai ragazzi del Genfest una domanda: “Vi è mai capitato di pensare che un giorno, improvvisamente, potreste perdere tutto: famiglia, casa, sogni: E tu, voi, cosa fareste?”. Egide e Jean Paul, uno ruandese e l’altro burundese, si sono conosciuti in una circostanza drammatica. A una fermata dell’autobus Jean Paul è stato aggredito e ridotto in fin di vita. Egide l’ha salvato, assistendolo per mesi. Un gesto straordinario se si pensa alla ferita mai rimarginata per il conflitto recente tra i loro Paesi. Esiste allora una ricetta per superare muri e confini quando tutto sembra spingere nella direzione opposta, si chiede il popolo del Genfest? Maria Voce propone tre parole che sono anche un programma di vita per tutti i ragazzi che ora stanno tornando nei propri Paesi: amare, ricominciare e condividere. Amare i popoli altrui come il proprio; ricominciare non perdendo mai la speranza che un altro mondo è possibile e condividere ricchezze, risorse e pesi personali e collettivi. E conclude sfidando i giovani ad essere uomini e donne di unità, persone che portano in cuore i tesori di ogni cultura, ma che sanno anche donarli agli altri ed essere – in definitiva – uomini e donne globali.
Messaggio dal Patriarca ecumenico Bartolomeo al Youth for a United World International Genfest 2018: Oltre ogni confine (Manila, 6-8 luglio 2018) «È con particolare gioia che salutiamo tutti voi, partecipanti all’undicesima edizione del Genfest che si tiene a Manila, dal titolo ” Beyond All Borders” (Oltre ogni confine), che ha come scopo di aprire ai giovani cuore e mente al futuro. Sappiate che sosteniamo la vostra iniziativa e il desiderio di riunirvi e condividere le vostre idee con l’obiettivo di superare i confini sociali e personali; perché è solo attraverso uno spirito di solidarietà, rispetto e comprensione reciproca che questi ostacoli saranno superati e cesseranno di essere causa di divisioni e conflitti tra la gente del nostro mondo. Mentre intraprendete questo viaggio per affrontare questi problemi e lottare per l’unità mondiale e la coesistenza pacifica – sempre, naturalmente, rimanendo uniti nelle vostre nobili aspirazioni e il legame di azione e testimonianza comuni, promesse di un futuro migliore -, Vi incoraggiamo a rimanere saldi nella visione di questo incontro e a ricordare, oltre che a promuovere il messaggio della fondatrice del Movimento dei Focolari, la scomparsa Chiara Lubich. Con la preghiera e la buona volontà come “cascata di Dio”, tutte le cose saranno realizzate e trasfigurate! Con queste parole di sincera congratulazione, invochiamo su tutti voi l’infinita grazia e misericordia di Dio Onnipotente, e rimaniamo con tanto amore». Sua Santità, Patriarca ecumenico Bartolomeo(altro…)
La seconda giornata fa il pieno di novità. Con i suoi 117 tra forum e workshop e 10 attività ecologiche, sociali, interculturali e interreligiose, al popolo del Genfest viene offerta una chance unica: passare dalla teoria alla pratica in meno di 24 ore. “Learning by doing”, imparare facendo, è uno dei pilastri della moderna pedagogia professionale. Ed è proprio ciò che i ragazzi stanno sperimentando in queste ore: una scuola di cambiamento personale e sociale, il superamento di steccati e muri non solo come argomento di discussione e condivisione di buone pratiche, ma anche di azione e sperimentazione sul campo, in un contesto “glocale”, come quello filippino, con idee, progetti e realizzazioni provenienti da tutto il mondo. Ai workshop i ragazzi si sono iscritti da mesi. Le aspettative sono alte. Un ragazzo portoghese: «Sto andando al forum “Voglio aiutare! Come sconfiggere l’effetto spettatore”. Il titolo è intrigante e poi è così che a volte mi sento: uno spettatore impotente davanti a situazioni molto più grandi di me: disoccupazione, razzismo, senso di inadeguatezza nei confronti delle sfide della vita e nelle relazioni. Vorrei riuscire a superare la sensazione che, tanto, non posso far nulla per cambiare le cose». Un gruppo di ragazzi di Cebù partecipa al frequentatissimo forum “Nutrire la natura”. Kim Atienza, famoso anchorman filippino e divulgatore di tematiche ambientali, incoraggia i giovani a conoscere a fondo la natura, il ciclo della vita e i suoi processi e insegna stili di vita e di produzione sostenibili. È possibile anche fare una full immersion nella cultura asiatica, con workshop di origami e cucina fusion, o frequentare laboratori dedicati alla conoscenza e al lavoro su se stessi: gestione dello stress, delle paure, cura degli altri. Molti gli spazi dedicati all’economia sociale, civile e di comunione, all’architettura, al linguaggio del cinema. Non manca la politica, «ma quella che dà speranza». Una ragazza del Burundi: «Io sono andata a quello sulla corruzione. Ne abbiamo approfondito le diverse forme e gli strumenti per combatterla. Vengo da un continente dove la corruzione è una piaga. Cosa mi ha dato speranza? Il fatto che siamo qui da tutto il mondo per abbattere anche questo muro». Nel pomeriggio i ragazzi passano alla fase due della giornata, “Hands4Humanity”, mani per l’umanità. La proposta è quella di dieci attività di solidarietà, accoglienza e riqualificazione urbana in diversi luoghi di Manila, per sperimentare piccoli gesti che possono cambiare, lentamente ma in maniera irreversibile, la realtà attorno, e offrire proposte per la realizzazione di iniziative ad hoc, una volta tornati a casa. La scelta è ampia: dal servizio alla mensa per bambini al centro sociale di Bukas Palad, ad attività di pulizia di strade e altre aree urbane, alla visita ad ospedali, anziani, sordomuti, fino al teatro di strada e allo scambio interculturale con le comunità musulmana e hindu. A Tramo Street, nella cintura periferica di Manila, un folto gruppo di ragazzi provenienti da Australia, Brasile, Europa, oltre a diversi filippini, dipinge e fa pulizia assieme alla gente del posto. Un ragazzo californiano spiega: «Non avrei mai pensato di fare qualcosa per una città che non è la mia, e dove forse non tornerò, ma sono contento, anzi voglio conoscere di più Manila. All’inizio pensavo non mi importasse nulla, ma ora non è più così». «Quella di rendere il Genfest un laboratorio di apprendimento e sperimentazione di tecniche di trasformazione umana e comunitaria è una scelta d’impatto, sia per i ragazzi che per la città» spiega Tina Bonifacio, imprenditrice e coordinatrice dei forum. «L’intento è quello di fare un’esperienza reale di superamento dei confini, sia fisici che mentali. Ogni persona, cultura, pezzo di mondo ha sempre qualcosa da dare e condividere con gli altri». Giornata intensa, dunque, per i ragazzi presenti a Manila. Ma non è ancora finita: si concluderà stasera con il concerto internazionale dove molti si esibiranno con canzoni e performances. Saranno la musica e l’arte a raccontare un altro pezzo di “beyond all borders”.
Il Genfest è un incontro di giovani che vogliono mostrare al mondo che la fraternità universale, un mondo unito, è un ideale per cui vale la pena vivere.Nel corso degli anni, il Genfest è diventato un grande festival di idee, pensieri e azioni che ispirano migliaia di giovani a cambiare la loro vita, il loro futuro e, infine, il mondo.Nato nel 1973 da un’idea di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, il Genfest raggiunge la sua undicesima edizione quest’anno 2018 a Manila (Filippine). La band GEN ROSSO si esibirà la sera del 7 luglio.
[:de]Meditationsimpulse von Chiara Lubich über den gekreuzigten und verlassenen Jesus »Die Frage nach dem Warum des Leids ist so alt wie der Mensch selbst. Er hat immer wieder versucht, darauf eine Antwort zu finden … Doch das Problem bleibt, und vor allem bleibt die faktische Existenz des Leids. Eines Tages wurde meine Aufmerksamkeit auf den Schrei Jesu am Kreuz gelenkt: Mein Gott, mein Gott, warum hast du mich verlassen?« Die Begegnung mit ihm, der die tiefsten Abgründe durchlebt hat, wurde zur »Begegnung mit der größten Liebe« (Chiara Lubich). Aus dem Inhalt: Facetten seines Antlitzes – Göttliche Alchimie – Eine Liebe, die alle und alles umfängt: Der verlassene Jesus und die Einheit – »Der Gott unserer Zeit« – Mysterium des dreifaltigen Gottes In den Impulsgedanken von Chiara Lubich (1920-2008) spiegeln sich facettenreiche Erfahrungen; sie sind gekennzeichnet von mystischer Tiefe und enthalten vielfältige Anstöße zu einem neuen Miteinander. Verlag: Neue Stadt[:]
Finalmente ci siamo: il Genfest ha preso il via oggi a Manila, al World Trade Centre. È l’appuntamento di punta, ma più di altri venti Genfest nazionali si sono svolti o sono in corso nei cinque continenti. Il programma, con canzoni, coreografie, esperienze, ha come “focus” il superamento di ogni genere di barriera, “Beyond all borders”. Uno slogan coraggioso, scelto dagli stessi protagonisti come risposta alle diverse forme di divisione che oggi si sperimentano ovunque, ma anche il motore delle azioni realizzate in questi anni di preparazione. Fin dalle prime fasi, il Genfest ha avuto la fisionomia di un evento collaborativo: ciascun partecipante ne è stato protagonista. La prima mattinata, appena trascorsa, è iniziata con un video delle diverse locations e azioni del “pre” Genfest, che si è svolto in venti diversi luoghi del sud-est asiatico, dal 28 giugno al 5 luglio, dove centinaia di giovani hanno svolto azioni di solidarietà e servizio per comunità e progetti. Il microfono è quindi passato ai presentatori e ai “vloggers”, che accompagneranno i partecipanti lungo tutto il programma. Per quelli nati prima della metà degli anni ‘90, precisiamo che i vlogger e gli influencer sono figure mediatiche che hanno un grande seguito sui social media presso i teenagers e i giovani. Negli ultimi mesi, Louis del Burundi, Maria Clara del Brasile e Ceska delle Filippine lo sono diventati per il numero sempre crescente di follower dei loro profili Instagram e Facebook. A caratterizzare questa prima giornata sono state testimonianze di forte impatto. Come quella di Josef Capacio di San Diego (USA) e Noè Herrera di Mexicali (Messico). In un tempo di squilibri politici e sociali e di ogni genere di divisioni, hanno deciso di promuovere la pace proprio lungo il muro che divide le due nazioni. Il lavoro congiunto di giovani statunitensi e messicani – racconta Noè – ha permesso di scoprire che i valori, gli obiettivi e la visione del mondo, anche se visti da frontiere opposte, non è poi così diversa. «Siamo tutti uguali e posso amare il suo paese come il mio».
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C’è poi la storia di Jean Paul Muhanuzi, del Burundi, ed Egide Nduwayezu, del Ruanda. È il racconto di un’amicizia vera cresciuta in condizioni drammatiche: dopo un attentato subito da entrambi, ma che ha lasciato Jean Paul a terra con una grave lesione spinale, Egide ha lasciato tutto per sostenerlo durante la fase riabilitativa seguita all’intervento alla colonna vertebrale. Il superamento delle barriere, nel loro caso, ha portato alla scoperta della bellezza dei rispettivi popoli, etnie e tribù. Jaime Zayas, del Salvador, ha lanciato dal palco l’idea di cambiare il proprio “metro quadro”, come lui stesso ha sperimentato, nel proprio Paese, in un contesto di violenza urbana e sfiducia diffusa. Lo sforzo è stato quello di essere costruttore di pace: «Sappiamo che il nostro paese ha problemi complessi, ma possiamo cambiare le cose nel quotidiano vivendo relazioni fondate sulla reciprocità». Tommaso Carriere, italiano, è co-fondatore dell’associazione “Non dalla Guerra”, un progetto per formare le persone alla pace, mostrando loro cos’è la guerra, come nasce e si sviluppa. «Raccontiamo ciò che abbiamo visto nei Paesi toccati dalla guerra e come i conflitti distruggano la società, minando la speranza e la possibilità di costruire un futuro migliore». Dal 2014 l’associazione promuove campi estivi in Giordania, dove ragazzi europei visitano campi per rifugiati e interagiscono con quanti soffrono le conseguenze della guerra. Le voci di questa prima giornata a Manila raccontano percorsi di vita e progetti, “frammenti di fraternità”, piccoli passi che avvicinano persone e popoli e alimentano la speranza.
Dopo aver ripercorso tratti della realtà giovanile degli anni ’80, l’uscita dal privato in seguito ai tumulti di piazza in diverse capitali mondiali, Chiara Lubich spiega come i giovani abbiano «creduto nella possibilità d’una rinascita del nostro pianeta e si sono rimboccate le maniche per portarvi il loro rimedio. E l’hanno fatto con una ricchezza d’iniziative incredibili». E continua: «Eccoli, infatti, percorrere le varie vie per raggiungere la meta d’un mondo unito: quella dell’unità fra le razze, dell’unità fra i popoli, la via dello sviluppo, dell’unità fra ricchi e poveri, dell’unità fra generazioni, fra nazioni in guerra per la pace, tra i fedeli di diverse religioni, fra l’uomo e la natura, fra persone di ideologie diverse, la via dell’unità con minoranze etniche, con i soli o con chi comunque soffre. […] Essi, senza rispetto umano, hanno riconosciuto in Gesù questa via – “Io sono la via” (Gv 14, 6) egli, infatti, ha detto e l’hanno percorsa cercando d’attuare alla lettera la sua dottrina mediante la pratica della Parola di Dio. […] Del resto di chi possono fidarsi meglio i giovani se non di lui? Essi tengono in cuore e propugnano ideali che solo lui può aiutare a realizzare. Amano, cercano, vogliono la libertà. E da chi meglio la possono ottenere se non da Gesù che ha detto: “Se rimanete fedeli alla mia parola (…) conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 31-32)? I giovani vogliono il rispetto della natura e combattono una battaglia, in molte nazioni, per salvare l’uomo dall’autodistruzione per inquinamento dell’ambiente. Chi può meglio rispondere a questo desiderio se non colui che ha creato la natura per l’uomo? I giovani amano, vogliono la pace. E da chi la possono avere più garantita se non sempre da lui che ha detto: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi” (Gv 14, 27)? I giovani vogliono rispettati i diritti umani. Cristo non è venuto in terra, forse, per annunziare proprio ai poveri la buona novella, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà gli oppressi (cf Lc 4, 18)? I giovani chiedono la giustizia sociale. Dove trovano meglio il coraggio per affrontare faccia a faccia contraddizioni, miserie e ipocrisie, piaghe aperte della società dei consumi se non in colui che chiama beato “… chi ha fame e sete di giustizia” (Mt 5, 6)? I giovani non amano le divisioni. Chi li può soddisfare più di colui che vede l’umanità una ed è venuto per abbattere steccati tra gruppi, minoranze, razze, popoli? I giovani sono attratti dalla non violenza. Dove possono trovare il loro ideale meglio incarnato se non in colui che ha detto di amare persino i propri nemici ed ha con ciò portato alle estreme conseguenze la non violenza? I giovani amano la solidarietà, la comunione di beni tra ricchi e poveri. Gesù che ha detto di dare a chi chiede e di non voltar le spalle a chi domanda un prestito, è modello per essi di solidarietà. E come i primi cristiani l’avevano capito nelle sue richieste, sì che nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, così i giovani trovano in Gesù soddisfatte tutte le loro esigenze. […] Sì, i giovani con Cristo, i giovani e Cristo, le vie e la Via: ecco i binomi che possono dar vera speranza. […] Andate avanti, carissimi giovani, con piena sicurezza. Andate avanti con perseveranza. Con le vostre azioni illuminate e con la vostra fede splendete dinanzi all’umanità che trascina spesso la propria esistenza nella mediocrità e nel non senso, e dimostrate come ogni disunità si può evitare ed ogni unità costruire. Dite a chiare note che quest’Ideale non è un’utopia. Che anzi solo chi ha grandi ideali fa la storia». (tratto da: Messaggio di Chiara Lubich al Genfest, Mollens, 24 marzo 1987 – Fonte: www.centrochiaralubich.org) Testo completo(altro…)
Luigino Bruni presenta en esta ocasión un libro que analiza y advierte sobre uno de los peligros que enfrenta toda organización motivada por ideales: la de transformar, justamente, estos ideales que dieron vida a la comunidad, en ideología. El concepto de autosubversión se refiere a “la virtud de poner en discusión las propias certezas, de no buscar en las cosas que nos suceden los elementos que confirman nuestras ideas, sino las que las refutan o desafían”. Este libro se ofrece como una “breve guía, parcial e imperfecta” para aprender “cómo florecer como adultos cuando, siendo jóvenes, se creyó en un ideal grande y se partió a su conquista”. Luigino Bruni (Ascoli Piceno, 1966) es profesor ordinario de Economía Política en la LUMSA (Libera Universita Maria Santissima Assunta) de Roma y docente de Economía y Ética en la Universidad Sophia, de Loppiano. Es coordinador del Proyecto Economía de Comu nión y uno de los promotores de la Economía civil. Es autor de ensayos y obras traducidas a una decena de idiomas. La otra meta de la economía (escrita junto a Alessandra Smerilli) y La economía silenciosa, publicada por Ciudad Nueva, se encuentran entre sus últimas obras.Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires
Papa Francesco sarà a Bari, sabato 7 luglio, per l’incontro ecumenico di riflessione e preghiera con i Patriarchi e i Capi delle Chiese del Medio Oriente. A presentare l’evento, presso la Sala Stampa della Santa Sede, il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e il Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. “L’idea di un incontro come quello che si terrà a Bari viene da lontano e viene da più voci – ha commentato il Cardinale Sandri – diverse Chiese o Patriarchi l’hanno rivolta direttamente al Santo Padre. A Bari pregheranno con Papa Francesco Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Constantinopoli e Tawadros II, Patriarca della Chiesa copto-ortodossa di Alessandria”. L’evento, che ha in sé una grande valenza ecumenica e non ha precedenti nella storia dell’ecumenismo, si comporrà di due momenti: la preghiera sul lungomare, insieme ai fedeli, e il momento di riflessione e ascolto reciproco tra il Santo Padre e i Capi delle Chiese e Comunità Ecclesiali del Medio Oriente, portando ciascuno il proprio punto di vista, osservazioni e proposte. La città di Bari è definita “finestra sull’Oriente” in quanto custodisce l’antica tomba di San Nicola, che nella venerazione riunisce cattolici e ortodossi. (altro…)
Caporeparto Il responsabile del nostro settore da qualche tempo sembrava un motore al massimo dell’accelerazione. Tutti cercavamo di evitarlo. Un giorno, parlando con mia nonna, lei mi racconta del nonno, che aveva attraversato un periodo di esaurimento durante il quale sembrava un cavallo senza freni. La guarigione era stata facilitata dall’atmosfera di serenità che la famiglia aveva saputo creargli intorno. Il giorno dopo ho raccolto colleghi e colleghe e ho proposto di aiutare il capo, cercando di ascoltarlo con serenità e di prevenirlo in ogni desiderio. Non tutti sono stati d’accordo, ma la maggioranza ha capito. Dopo qualche tempo il capo ci ha confidato le tragedie che stava vivendo in famiglia. E ci ha ringraziato dicendo: «Con il vostro aiuto non mi è venuta meno la speranza». C.M. – SpagnaCambiamento di rotta Avevo 61 anni quando ho conosciuto dei giovani impegnati a mettere in pratica il Vangelo. Mi stupiva la loro serenità e concordia. Ero stato marinaio e sapevo bene quanto fosse difficile vivere insieme. Questo mi ha convinto a volerne sapere di più, così ho comprato un Vangelo. Leggendolo per la prima volta, ho capito che dovevo cambiare rotta: non bastava essere onesti, non rubare, per sentirmi a posto. Dovevo anche amare gli altri, nessuno escluso. Questo ha comportato un cambiamento radicale nel modo di pensare e di essere, a cominciare dalla famiglia. Mentre infatti con le persone estranee ero tutto sorrisi e mi intrattenevo volentieri, in casa parlavo poco, il solo necessario, e anche in modo autoritario. G.– ItaliaBullismo Ho sperimentato sulla mia pelle il bullismo. Quando ero un ragazzo, alcuni studenti della mia scuola avevano deciso di prendere a botte il primo con i capelli rossi che sarebbe andato verso i bagni. Ed ero passato io. Ora sono un insegnante. Un giorno, prima della lezione, un alunno viene a cercarmi in sala professori. Mi confida che è stato incaricato di tendere una trappola al suo migliore amico, e se non lo farà dovrà subire lui lo stesso trattamento. È spaventato e trema. Durante la lezione, racconto quello che era successo a me. Chiedo ai miei allievi come giudicano questo fatto e le mie parole sono seguite da parole e lunghi silenzi. Dopo qualche giorno vengo a sapere che la trappola non è più attuale. H.N. – UngheriaIl ritorno di papà La notizia che papà era tornato in Italia con la nuova moglie, per un periodo di vacanza, aveva sconvolto la vita di noi due sorelle. Dopo la separazione dei nostri genitori erano trascorsi anni difficili. Dal ritorno nel nostro Paese con la mamma, fino alla sua scomparsa, per un male incurabile. Il rapporto tra noi sorelle era sereno, ma l’annuncio dell’arrivo di papà riportava a galla sentimenti dimenticati e sofferenze sopite. “Non lo voglio vedere!” fu il primo impulso. Poi un pensiero: Dio, riscoperto come valore unico, ci ricordava di amare i nostri nemici. L’incontro con papà è andato bene, abbiamo cercato solo di amarlo. Un ponte tra noi è stato gettato. E.R. – Italia(altro…)
Chiara Luce Badano, morte en 1990 à lâge de 18 ans, en Italie, est un témoin privilégié de lappel universel à la sainteté : enfant, jeune fille, elle navait pas de vocation particulière sinon celle de tout chrétien à être disciple de Jésus. Elle indique une voie toute simple, offerte à tout un chacun, qui porte aux plus hauts sommets de lunion mystique, c’est-à-dire à lassimilation au Christ. Chiara Luce Badano nous conduit sur son chemin personnel, plongé dans une profonde expérience communautaire au sein dun Mouvement dÉglise, les Focolari, caractérisé par la spiritualité de lunité. Elle nous enracine dans la Parole de Dieu, parole de vie éternelle, cette vie éternelle dont elle a reçu un avant-goût durant les deux ans de sa maladie. Ayant eu de Jésus une connaissance privilégiée, une foi claire et vive qui a bouleversé bien des témoins, elle nous ouvre des horizons quant à la qualité de notre foi et à son contenu. Un livre pour lannée de la foi. Nouvelle Citté