Nov 27, 2015 | Parola di Vita
Sono rivolte a me queste parole. Il Signore viene e devo essere pronto ad accoglierlo. Ogni giorno lo prego: “Vieni, Signore Gesù”. Ed egli risponde: “Sì, verrò presto” (cf. Ap 22, 17.20). Sta alla porta e bussa, chiede di entrare in casa (cf. Ap 3, 20). Non posso lasciarlo fuori della mia vita. L’invito ad accogliere il Signore che viene è di Giovanni il Battista. Era rivolto agli Ebrei del suo tempo. A loro chiedeva di confessare i propri peccati e di convertirsi, di cambiare vita. Egli era certo che l’avvento del Messia sarebbe stato imminente. Il popolo, che pure l’attendeva da secoli, l’avrebbe riconosciuto, avrebbe ascoltato le sue parole, l’avrebbe seguito? Giovanni sapeva che per accoglierlo occorreva prepararsi, per questo il pressante invito: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» Queste parole sono rivolte a me perché Gesù continua a venire ogni giorno. Ogni giorno bussa alla mia porta e anche per me, come per gli Ebrei del tempo del Battista, non è facile riconoscerlo. Allora, contrariamente alle comuni aspettative, si presentò come un umile carpentiere proveniente da Nazareth, villaggio oscuro. Oggi si presenta sotto le spoglie di un emigrato, di un disoccupato, in quelle del datore di lavoro, della compagna di scuola, dei familiari, anche in persone nelle quali il volto del Signore non sempre appare in tutta la sua luminosità, anzi, a volte sembra nascosto. La sua voce sottile, che invita al perdono, ad offrire fiducia e amicizia, a non conformarsi a scelte contrarie al Vangelo, è sovente sopraffatta da altre voci che istigano all’odio, al tornaconto personale, alla corruzione. Di qui la metafora delle strade tortuose e impervie, che richiamano gli ostacoli che si frappongono alla venuta di Dio nella nostra vita di ogni giorno. Non vale la pena elencare le meschinità, gli egoismi, i peccati che albergano nel cuore e ci rendono ciechi alla sua presenza e sordi alla sua voce. Ognuno di noi, se sincero, sa quali sono le barriere che gli impediscono l’incontro con Gesù, con la sua parola, con le persone con le quali egli si identifica. Ecco allora l’invito della Parola di vita che oggi è rivolto proprio a me: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» Raddrizzare quel giudizio che mi porta a condannare l’altro, a non parlargli più, per arrivare invece a comprenderlo, ad amarlo, a mettermi a suo servizio. Raddrizzare il comportamento storto, che mi fa tradire un’amicizia, mi fa essere violento, aggirare le leggi civili, per convertirmi invece in una persona pronta a sopportare anche l’ingiustizia pur di salvare un rapporto, a rimetterci di persona pur di far crescere la fraternità nel mio ambiente. È una parola dura e forte, quella che ci viene proposta questo mese, ma anche una parola liberatoria, che può cambiare la mia vita, aprirmi all’incontro con Gesù, in modo che venga a vivere in me, e sia lui ad agire e ad amare in me. Questa parola, se vissuta, può molto di più ancora: può far nascere Gesù in mezzo a noi, nella comunità cristiana, in famiglia, nei gruppi nei quali operiamo. Giovanni la rivolse a tutto il popolo: e Dio “venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14), in mezzo al suo popolo. Per questo vogliamo, aiutandoci gli uni gli altri a raddrizzare i sentieri dei nostri rapporti, a eliminare ogni stortura che può esserci tra di noi, vivere la misericordia a cui siamo chiamati questo anno. Diventeremo così, insieme, la casa, la famiglia capace di accogliere Dio. Sarà Natale: Gesù troverà la strada aperta e potrà rimanere in mezzo a noi. Fabio Ciardi (altro…)
Nov 27, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

Foto: REUTERS/Murad Sezer
«Mentre i colpi di mortaio stanno cadendo vicino a noi, la paura e la preoccupazione ci assalgono sia per la nostra vita che per quella di tutti quelli che conosciamo cristiani o musulmani, siriani o stranieri: ci accomuna l’appartenenza all’umanità e l’essere tutti fratelli e sorelle. In queste vie di Damasco si vive e si muore insieme, senza distinzione alcuna. Il bilancio del bombardamento è tragico: 9 morti e 52 feriti. Nessuno ne parla. Parigi ha per ora la ribalta. Ma questi sono i numeri della guerra dall’altra parte del Mediterraneo, sono i numeri di questa giornata. Non voglio fare somme che rendano ancora più raccapricciante quanto qui è per tutti una normale quotidianità. Appena il frastuono termina, perché il rumore delle bombe è assordante, prendo il cellulare e chiamo parenti e amici: “Stai bene? Dove sei? Non muoverti! Aspetta…”. Queste sono le domande ricorrenti dopo ogni lancio di bombe o dopo i colpi sul quartiere. Ci raccomandiamo a vicenda di restare fermi nel posto che per ora ci ha dato rifugio e scampo e lì si resta perché non si capisce dove andare. L’ufficio, la cucina, l’androne diventano rifugi o tombe a seconda se le bombe ti hanno risparmiata o ti hanno centrata. Dentro di me le domande persistono, continue come un mantra: “Ma è normale vivere con questa agitazione? È normale che la gente debba vivere sempre nella paura? Perché l’altra parte del mondo tace? Fino quando dovrà durare questa assurdità? È possibile che il potere, i soldi, gli interessi possono vincere sulla volontà di pace dei popoli e della gente semplice? Aleppo all’inizio di novembre è rimasta per 15 giorni senza viveri e le strade di accesso erano chiuse. Le mine sono un altro dei lasciti di questa guerra. Prima di riaprire ogni via di transito, bisogna sempre sminarla. Un villaggio vicino Homs è stato preso di mira dall’Isis e ci sono circa tremila sfollati. La gente desidera che la guerra finisca e si fa tante domande: “Chi procura le armi a queste milizie crudeli? Perché non arriva il cibo ma arrivano munizioni e ordigni bellici?”. Questi interrogativi ci lacerano, mentre la preghiera diventa il balsamo, la nostra roccia. La comunità cristiana cerca di vivere nella normalità, si incontra alle celebrazioni, lavora a tanti progetti di solidarietà, ma siamo in pochi. Si parte inesorabilmente, si lascia una terra amata perché non si vedono prospettive e tutto è costosissimo, dai farmaci ai cibi. Ma anche chi parte, desidera tornare: la vita è salva, ma non è la vita in Siria, non gli stessi rapporti, non gli stessi gusti, non la stessa complicità. Eppure non si è divisi. Si è sparsi, ma si continua a vivere tutti insieme per la stessa pace». Fonte: Città Nuova (altro…)
Nov 27, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nel contesto attuale parlare di unità può sembrare assurdo, anacronistico. Eppure la spinta che anima i vescovi presenti al Convegno ecumenico nell’isola di Heybeliada (Halki) è tutt’altro che un’utopia. L’impegno a vivere l’amore scambievole tra di loro e con le loro chiese è già una testimonianza vitale per chi ha perso la speranza nel dialogo e nella pace. Il 25 novembre Maria Voce, nel suo discorso programmatico, ha parlato ai vescovi di unità. Una realtà che oltre ad essere un dono dall’alto, diventa anche un impegno impellente che – assicura – ci permette di “inserirci in questa storia sacra dell’umanità”. Una storia sacra in cui i cristiani hanno un ruolo imprescindibile. L’unità diventa una risposta alle sfide di oggi. “Di fronte all’impotenza, che talvolta anche oggi ci assale, – continua Maria Voce – forse dobbiamo fare un unico primo passo: ridonarci a Dio come strumenti nelle Sue mani, perché Lui, sul nostro nulla, operi l’unità. Questo è il nostro primo impegno, il primo passo che occorre fare singolarmente e insieme”. Oggi con una realtà sociale così drammatica molti, soprattutto i giovani, sentono la spinta ad essere presenti e visibili accanto a chi soffre. Ma il compito dei Focolari non si esaurisce qui. È necessario comprendere che l’unità è un traguardo verso il mondo unito, quindi “siamo chiamati all’unità con tutti – sottolinea ancora Maria Voce – nessuno escluso”. E citando dei brani di Chiara Lubich, svela ai vescovi la strada scoperta dalla fondatrice dei Focolari. “La porta che ci apre all’unità è per noi Gesù Crocifisso e Abbandonato” che “ha operato la riunificazione del genere umano col Padre e degli uomini fra loro ed è Lui crocifisso e abbandonato causa, chiave dell’unità, che la opererà anche oggi”.
Portare la ricchezza dell’unità in ogni angolo della terra, è il compito che si pone il Movimento dei Focolari, suscitare cellule vive ovunque. “Nei campi profughi, – continua Maria Voce – negli ospedali dei feriti di guerra, nelle manifestazioni in piazza, nelle file di chi cerca lavoro e non lo trova, nei porti affollati di immigrati… dappertutto, dappertutto, Dio ci chiede di accendere fuochi sempre più vasti”. Nel dialogo successivo alcuni vescovi raccontano delle loro azioni in contesti difficili, la vicinanza dei fedeli delle diverse chiese là dove c’è la guerra e la sofferenza. In loro è forte la certezza che è la croce ad accomunare tutti e a far fiorire nei posti più impensati comunità vive. Il programma apre poi uno sguardo particolare sulla realtà delle chiese locali nel Medio Oriente, il ruolo dei cristiani e le loro difficoltà. Il vescovo Sahak Maşalyan nonostante la complessa situazione della Chiesa Armena in Turchia, trasmette ottimismo, e asserisce: “Quando i cristiani perdono il senso dell’ottimismo, alla fine emigrano da qualche altra parte”. Un appello arriva anche dal vescovo Simon Atallah della chiesa maronita del Libano. Chiede di pregare con fervore per sconfiggere la guerra, per far sì che i cristiani non abbandonino le loro terre e possano ritornare a vivere in pace e armonia. A conclusione della giornata Angela Caliaro e Carmine Donnici, rappresentanti del Movimento, raccontano dello sviluppo e dell’influsso dei Focolari in tutta l’area mediorientale; un seme di speranza che coinvolge cristiani, musulmani ed ebrei a continuare sul cammino della riconciliazione e della pace. Dall’inviata Adriana Avellaneda (altro…)
Nov 26, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sono le ore 9 del 25 novembre. Una lieve brezza passa sopra l’isola: Heybeliada (Halki), una piccola oasi di pace nel Mar di Marmara, a poche miglia da Istanbul. Sulla sommità della collina sopra il porto si erge il Monastero ortodosso Aya Triada (SS. Trinità), che ospita quest’anno il 34° Convegno di vescovi di varie chiese, promosso dal Movimento dei Focolari. Fondato nel IX secolo, è stato più volte devastato da incendi e terremoti. L’edificio attuale risale alla fine del XIX secolo e fu già sede della prestigiosa Accademia teologica greco-ortodossa. Ospita una biblioteca che conserva preziosi manoscritti antichi e un totale di 120 mila volumi. All’ingresso del Monastero un insolito scenario: 35 vescovi di 16 Chiese e provenienti da 19 nazioni conversano fraternamente. Sono con loro anche Maria Voce e Jesús Morán, presidente e copresidente dei Focolari, e altri partecipanti al Convegno. Giunge dal porto il Patriarca ecumenico Bartolomeo I: «Sono contento di stare insieme a voi», afferma con semplicità e si dirige assieme a tutti verso l’interno. Sarà lui, infatti, a tenere la conversazione d’apertura dell’incontro: «Insieme per la casa comune: l’unità dei discepoli di Cristo nella diversità dei doni».
Il Card. di Bangkok Francis Kriengsak, a nome di tutti, saluta il Patriarca e lo ringrazia per aver voluto ospitare il Convegno. «Siamo qui nel cuore dell’Ortodossia, composta da Chiese antichissime e non di rado martiri» afferma, e introduce i partecipanti. Si fa presente al Convegno anche il Primate della Comunione anglicana, l’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby, con un suo messaggio. «Continuo a considerare il Movimento dei Focolari – scrive – come uno dei fari di speranza nel nostro mondo diviso. Col suo impegno per l’unità attraverso il rispetto mutuo e il dialogo offre un caratteristico cammino verso la riconciliazione oltre le differenze e le inimicizie». Bartolomeo I ricorda la sua recente visita a Loppiano per il dottorato honoris causa conferitogli dall’Istituto Universitario Sophia. Un incontro – dice – in cui abbiamo sperimentato l’amore sincero, senza “se” e senza “ma”. Passa quindi a parlare del Convegno. «Come possiamo giungere ad armonizzare le diversità dei carismi delle nostre Chiese oggi, con l’unità dei discepoli di Cristo ed essere “typos” (modello) per l’unità del mondo?», si chiede e osserva: «Troppe volte le diversità appaiono come elemento fondante e non come carisma e questo lo assaporiamo ogni giorno di fronte alle difficoltà,che il genere umano vive come esclusività e conflittualità».
Nel panorama mondiale in cui dominano lo scoraggiamento, l’incertezza e la diffidenza, accentuati dagli avvenimenti degli ultimi giorni, lo sguardo del Patriarca è rivolto alla speranza.«Sono salito qui ancor più felice perché ho trovato voi ad accogliermi… come una famiglia». Come cristiani – sottolinea – «dobbiamo recuperare velocemente il senso dell’unità come ricapitolazione dei doni», la «ricchezza delle diversità … da offrire e ricevere in cambio». «L’unità del mondo, il rispetto del Creato di Dio, dono del suo amore – spiega –, sarà dato dalla capacità di accogliere l’esperienza altrui come ricchezza per tutti, come un cammino di unità, di rispetto e di reciprocità», «libero da ogni tipo di condizionamento ideologico, politico ed economico». Infine lancia un appello ai vescovi presenti e al popolo loro affidato: se come cristiani faremo questa esperienza, «saremo veramente il “sale del mondo” ed il mondo comincerà a vivere una profonda metamorfosi». Dall’inviata Adriana Avellaneda (altro…)
Nov 26, 2015 | Focolari nel Mondo

Nov 26, 2015 | Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
https://vimeo.com/146760246 (altro…)
Nov 26, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Il ‘via’ a questo innovativo e atteso progetto è avvenuto in questi giorni a Loppiano, la cittadella internazionale dei Focolari, con il primo corso per tutor. Un centinaio – numero massimo previsto dagli organizzatori – di partecipanti di varie tipologie: insegnanti, psicologi, medici, esperti di animazione giovanile, professionisti, sono venuti da 8 Paesi europei ma anche da Brasile, Argentina, India, Burkina Faso, Camerun. Tanti di essi sono genitori, di cui diversi presenti in coppia, o appassionati formatori di bambini e ragazzi. Come prerequisito, oltre ad una buona capacità di ascolto e di empatia, si chiedeva che dalla stessa regione si prenotassero in due, un uomo e una donna. Perché – sempre a detta degli organizzatori – nel far scoprire ai ragazzi i valori dell’affettività e della sessualità, è importante proporsi sia con la sensibilità maschile che femminile.
Il progetto scaturisce dalla sinergia tra famiglie, animatori giovanili ed esperti in varie discipline, tutti dell’ambito dei Focolari, fra cui alcuni docenti dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Firenze). La sua finalità è guidare gli adolescenti in un percorso di formazione integrale, dove la sessualità è illuminata dalla visione antropologica che ha come riferimento la persona nel suo essere in relazione, nella sua capacità di amare e di essere amata, di donare e di accogliere. A gioire di questa iniziativa sono soprattutto i genitori che di fronte alla complessità di queste tematiche, avvertono sempre più la necessità di strumenti aggiornati. Sono questi i presupposti che hanno guidato il pool che ha elaborato il percorso Up2Me nelle sue diverse tappe, nei contenuti e nella sua metodologia, che vuole essere prevalentemente interattiva, proprio per facilitare il formarsi nei ragazzi di una coscienza morale che li aiuti a dare ragione delle proprie scelte e li renda capaci di esprimerle.
I tutor si metteranno in azione da gennaio 2016. Nelle loro regioni e Paesi ci sono già ragazzi i quali, col consenso dei loro genitori, intendono frequentare Up2me. È un percorso modulato su una dozzina di lezioni, per gruppi di 10/20 unità secondo tre fasce di età: 9-11 / 12-14 / 15-17. Avendo presenti le molteplici dimensioni della persona (corporea, emozionale, intellettuale, sociale, spirituale, storico-ambientale), le lezioni spazieranno dalla conoscenza del corpo umano al concetto di persona; dall’immagine stereotipata di pubblicità e media, all’identità sessuale; dalla gestione delle emozioni, al conflitto genitoriale; dai comportamenti a rischio, all’influenza di Internet. Per dialogare poi in profondità sui grandi temi della trasmissione della vita, contraccezione, aborto, pornografia, apposite dinamiche (giochi di ruolo, videoclip, ascolto di esperienze) aiuteranno i ragazzi nel rapporto con se stessi e nella scoperta del proprio progetto di vita. Anche per i genitori sono previste serate di incontro e di collaborazione. Il programma del corso è stato testato da due corsi pilota in Italia. Il 2016 sarà un anno di sperimentazione con i primi gruppi di ragazzi in diversi Paesi d’Europa. Contemporaneamente, esperti di vari continenti tradurranno e adatteranno il programma ai diversi ambienti geo-culturali. Facendo tesoro dell’esperienza, a fine anno si ripeterà il corso per tutor per poi moltiplicare il percorso Up2me nelle diverse aree del mondo. Info: up2me@afnonlus.org (altro…)
Nov 25, 2015 | Focolari nel Mondo

Nov 25, 2015 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Comincia oggi il viaggio di Papa Francesco in Africa, il suo primo viaggio nel continente. Visiterà il Kenya l’Uganda e la Repubblica Centroafricana: due paesi anglofoni e uno francofono. In particolare è delicata e significativa la tappa in Centrafrica per la situazione di sicurezza, in un paese in guerra. Il nuovo sito della cittadella Mariapoli Victoria augura di tutto cuore una piena riuscita di questo viaggio: in effetti il sito ha voluto cominciare la sua vita pubblica proprio oggi in coincidenza con questo viaggio significativo del Papa in Africa. Anche se l’Africa dell’ovest è lontana dalle rotte di Papa Francesco, ci sentiamo coinvolti dal suo messaggio di fraternità e di pace. L’Africa dell’ovest è stata recentemente e a più riprese toccata dal terrorismo, in Mali, in Niger e Nigeria: speriamo ardentemente che la presenza di Papa Francesco, una presenza di dialogo, anche interreligioso, sappia aprire vie di fraternità in Africa: “bonne route” papa Francesco! Fonte: www.focolare.org/mariapolivictoria (altro…)
Nov 25, 2015 | Focolari nel Mondo
La mostra del pittore Michel Pochet è una “meditazione estetica” in preparazione al Giubileo della Misericordia indetto da papa Francesco. L’artista presenta una “icona moderna” del volto di Dio Misericordia, un Dio che piange, che mostra attraverso quelle lacrime tutto il Suo amore. Le grandi tele raccontano la misura di questo amore nelle Parabole della misericordia, che penetrano nella contemporaneità illuminandola, nel corpo del Sempre flagellato nei volti della Stabat Mater e Consummatum est, nell’Adultera.
Il Grande volto, le Lacrime, i Pesci, il Cuore: elementi simbolici che ci conducono nell’intimo di ogni opera svelandoci un’iconografia cristiana nuova, intrisa di una profonda esperienza estetica e spirituale. L’amore, la comunione, guida la mano dell’artista e muove la sua ispirazione in una dinamica trinitaria in cui l’altro è parte essenziale di sé.
Nov 25, 2015 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Taung forma un’unica diocesi con Kimberley, famosa per la sua antica e non più attiva miniera di diamanti. Visitatori di tutto il mondo scelgono Kimberley per ammirare il suo Big Hole, l’enorme ‘buco’ rimasto dopo gli scavi, nel quale, vincendo scoscesi dirupi, i più coraggiosi si immergono per un bagno d’eccezione. Ma anche Taung vanta un suo primato. Nel 1924, proprio lì è stato ritrovato un fossile di un cranio infantile risalente a 2,3 milioni di anni fa, una scoperta importantissima per studiosi e ricercatori, nota come il Bambino di Taung. Il 24 ottobre, però, la festa non era di carattere geologico-culturale.Da città e villaggi sono giunti a Taung in 4.000, per festeggiare il 120° anniversario dell’arrivo della chiesa cattolica tra il popolo Tswana del Sud Africa. Il superiore degli Oblati e il vescovo locale hanno fatto gli onori di casa. C’era anche il vescovo di Klerksdorp e una cinquantina fra sacerdoti e religiosi. In rappresentanza del governo è intervenuto il ministro della cultura della provincia. Era presente anche il Kgosi, il capo tradizionale che rappresenta il popolo Tswana – circa 300 mila persone – che vive nei villaggi di Taung. Nella celebrazione è stato dato ampio rilievo alle attività della missione, specialmente quelle portate avanti dai tre membri che vivono nella comunità del Focolare: il camerunese Dominic, Chris che è tedesco e Moris venuto dal Kenya. Ognuno di essi ha un ruolo chiave nella missione. Dominic, che è sacerdote, svolge la funzione di viceparroco. Essendo lì da non molto tempo, la lingua Tswana è ancora una sfida per lui, così, al momento dell’omelia, si fa aiutare da Rapelang, un papà di famiglia che ha fatto propria la spiritualità del Focolare e ben volentieri si presta a dare voce al suo pensiero completandolo poi con proprie esperienze di vangelo vissuto.
Chris ha affidato la scuola professionale che dura un biennio e che abilita di volta in volta una trentina di bravi e promettenti falegnami. Si tratta di giovani che per vari motivi hanno dovuto lasciare la scuola pubblica e ai quali viene offerta una seconda chance con una professione.
Moris è preside della scuola primaria che conta 550 alunni. È impressionante, al mattino, vedere questa moltitudine di bambini e adolescenti mettersi in fila per l’ispezione, a cura degli stessi alunni preposti, di volta in volta, a verificarne l’igiene e l’uniforme. È una scuola che oltre a formare professionalmente offre una preparazione spirituale e morale per la vita. Per i suoi programmi innovativi e per lo stile d’insegnamento incentrato sui valori, è considerata una scuola di eccellenza, frequentata non soltanto dai figli di cattolici, ma anche da quelli di famiglie protestanti (che rappresentano ca. il 30% della popolazione sudafricana), con le quali il dialogo ecumenico è sempre aperto e costruttivo. Dalle scuole cattoliche della Missione, nei 100 anni di attività, sono usciti donne e uomini di alta statura umana e professionale che si sono impegnati in posti chiave della società. (altro…)
Nov 24, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sull’isola di Heybeliada (Halki), nel mare di Marmara davanti a Istanbul, inizia il 25 novembre il 34º Convegno di vescovi di varie Chiese promosso dal Movimento dei Focolari, nel Monastero che fu già sede della prestigiosa Accademia teologica greco-ortodossa. Il gruppo di 50 partecipanti provenienti da 19 Paesi, è atteso da Sua Santità Bartolomeo I, che in una recente intervista, a margine della consegna del dottorato h.c. in Cultura dell’Unità dall’Istituto universitario Sophia, affermava: «Ad Halki avremo l’occasione di ricordare tutti insieme Chiara Lubich e pregare per il riposo della sua anima. Potremo esprimere la nostra volontà di lavorare per l’unità delle Chiese. Noi come Chiesa di Costantinopoli siamo felici e pronti ad accogliere questi cardinali e vescovi, a scambiare le nostre esperienze e ricambiare il bacio della pace tra Oriente e Occidente». «Insieme per la casa comune» è il tema del Convegno, incentrato sull’unità a servizio della famiglia umana nella diversità dei doni. Le relazioni fondamentali affidate al Patriarca Bartolomeo I e a Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari. Moderatore del Convegno il cardinale Francis Kriengsak, arcivescovo di Bangkok. Nel corso del programma riflessioni di alcuni vescovi di varie Chiese. Il copresidente dei Focolari Jesús Morán offrirà una riflessione su «Il carisma dell’unità davanti alle sfide dell’umanità di oggi». Interverrà anche Gerhard Pross, evangelico dell’YMCA Germania, a nome della rete ecumenica di movimenti e comunità «Insieme per l’Europa». Il cardinale Kurt Koch, presente a Istanbul quale capo della delegazione della Santa Sede al Fanar per la festa di S. Andrea, rifletterà su: «Papa Francesco e la causa dell’unità dei cristiani». In una chiesa di tradizione armeno apostolica dell’antica Calcedonia, luogo dell’omonimo Concilio ecumenico del 451, i vescovi formuleranno un patto di amore reciproco al di sopra delle divisioni, secondo l’invito di Gesù: «Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12), nell’impegno di «amare la Chiesa dell’altro come la propria». Il 29 e 30 novembre, su invito del Patriarca Bartolomeo, i vescovi parteciperanno al Fanar alle celebrazioni in occasione della solennità di S. Andrea, patrono del Patriarcato di Costantinopoli. Questi convegni di vescovi di varie Chiese promossi dai Focolari si svolgono annualmente dal 1982, quando Giovanni Paolo II invitò un gruppo di vescovi cattolici amici del Movimento a rendere partecipi della loro esperienza di comunione «effettiva e affettiva» anche a vescovi di altre Chiese. Essi hanno l’obiettivo di offrire spazi di comunione e condivisione fraterna alla luce della spiritualità dell’unità. La sede di questi Convegni è itinerante in luoghi significativi per le diverse confessioni cristiane. Il prossimo Convegno nel 2016 avrà luogo a Ottmaring (Augsburg – Germania). (altro…)
Nov 23, 2015 | Focolari nel Mondo, Senza categoria

Nov 23, 2015 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«La chiave di lettura di questo viaggio è da scoprire nel programma e nella scelta delle attività che il Papa svolgerà», scrive Liliane Mugombozi, direttrice di New City, la rivista del Movimento dei Focolari in Kenya. Con lei ripercorriamo le direttrici di un viaggio che si preannuncia importantissimo. «Papa Francesco ha scelto tre Paesi con una grande comunità cattolica, afflitti da varie tensioni: desidera con ciò entrare a far parte, come pastore del popolo, nella scrittura di una nuova pagina della storia dell’Africa oggi nel contesto mondiale, e mettersi in cammino, insieme, alla ricerca di soluzioni ai problemi che stanno a cuore a queste popolazioni». «Chiedo a tutti voi di pregare per questo viaggio – ha chiesto papa Francesco all’Angelus del 22 novembre – affinché sia per tutti questi cari fratelli, e anche per me, un segno di vicinanza e d’amore. Chiediamo insieme alla Madonna di benedire queste care terre, affinché ci sia in esse la pace e la prosperità». Quali le attese? «Ci si aspetta dal suo messaggio una risonanza in tutti i settori della vita, dalla governance, alla gestione dei beni, dalla politica, all’educazione, alla sanità, al dialogo e ai rapporti interreligiosi…». E a chi obietta che Papa Francesco conosce poco l’Africa, l’Arcivescovo di Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo, card. Monsengwo, risponde: «È vero. Ma ciò che è veramente favoloso è che lui va dove si soffre. Se non fosse stato per l’epidemia di Ebola, ci sarebbe già andato molto prima». Dal 19 ottobre scorso, quando il Vaticano ha confermato le date del viaggio, innumerevoli analisi hanno accompagnato questo annuncio: «In Kenya – scrive Lili Mugombozi – la lotta contro Al-shabab, responsabile di violenti attacchi negli ultimi anni, è una delle sfide politiche maggiori. «Durante la nostra visita ad limina a Roma, ci aveva fatto delle domande sulla strage di Garissa e ha detto che sarebbe venuto a confortare il popolo del Kenya», afferma Mons. Rotich, presidente della segreteria che si sta occupando della visita. In Uganda, Papa Francesco visiterà i santuari anglicani e cattolici per onorare la memoria dei giovani martiri: 23 anglicani e 22 cattolici uccisi per la loro fede. «Per tanti Ugandesi – spiega ancora Liliane – questo gesto di Francesco, è un ricordo gioioso del lontano 1969, – quando Paolo VI, primo Papa a metter piede sul suolo africano, ha canonizzato i primi santi africani – ma anche un nuovo impegno per il dialogo tra le chiese». «In questo anniversario – scrivono dai Focolari dell’Uganda – ci sentiamo particolarmente interpellati a vivere la santità di popolo».
Nella Repubblica Centrafricana, in un contesto politico teso che suscita preoccupazione, Francesco «per manifestare la vicinanza di tutta la Chiesa a questa Nazione così afflitta ed esortare tutti i centroafricani ad essere sempre più testimoni di misericordia e di riconciliazione» il 29 novembre aprirà la porta santa della cattedrale di Bangui, anticipando simbolicamente l’inizio del Giubileo della Misericordia, e darà un segnale molto forte con il discorso nella Moschea centrale. «In ognuno di questi Paesi – continua la direttrice di New City – il Papa incontrerà i capi di Stato, si rivolgerà al corpo diplomatico, celebrerà una Messa pubblica dove si aspettano migliaia di fedeli e terrà vari incontri con i leader religiosi e con migliaia di giovani. E i poveri, i sofferenti non possono mancare all’appuntamento con lui: incontrerà chi vive nella baraccopoli di Kangemi, alle periferie di Nairobi, i disabili di una casa a Nalukolongo, sobborgo di Kampala in Uganda, e in uno dei campi profughi nella Repubblica Centrafricana». Anche il Movimento dei Focolari accompagna con la preghiera e con la preparazione concreta il viaggio di Francesco in Africa. In Kenya sono presenti nei posti più vari: tra i 10.000 volontari della sicurezza; nelle delegazioni di università, college e parrocchie. La giovane Mary Mutungi dirigerà il coro di 600 universitari durante la Messa con i giovani. Tra i canti proposti, c’è anche “We can find a way to live in Peace“, scritta da una band filippina in occasione del Genfest. In Uganda i membri dei Focolari sono impegnati nei preparativi attraverso le parrocchie. Alcuni hanno la responsabilità del coordinamento per la Diocesi. Geneviève Sanzè, del Centro internazionale dei Focolari, originaria della Repubblica Centrafricana e membro del Pontificio Consiglio per i Laici, sarà presente nell’ultima tappa del viaggio papale. Fidelia, da Bangui, afferma: «C’è tanta speranza nel nostro popolo che la venuta del Papa ci aiuterà a convertirci veramente, e a tendere alla riconciliazione per un pace duratura». Video messaggio di papa Francesco alla vigilia del viaggio in Kenya e Uganda Video messaggio di papa Francesco alla vigilia del viaggio nella Repubblica Centrafricana (altro…)
Nov 22, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio” (San Paolo, Lettera ai Romani, 8) Molte sono le guerre che si combattono sul nostro pianeta, nelle nostre città, nei nostri quartieri. Le armi sono tante e diverse, ma tutte producono soltanto morti, feriti, distruzione. Passano i millenni, ma il fratello continua ancora a ripetere all’altro fratello “andiamo ai campi”. Ma tutte le volte che ricomponiamo la pace dopo i conflitti, rivive Abele, l’Adam passeggia di nuovo con Elohim nel giardino della terra, riusciamo a guardarci “occhi negli occhi” nella piena reciprocità e con gratuità assoluta. Tutte le volte che costruiamo e ricostruiamo la pace, la nostra azione si estende anche alla creazione, alla natura, alla terra. E quando smettiamo di essere custodi e neghiamo la pace, anche la terra, gli animali, le piante, vengono feriti, uccisi, umiliati, trascinati innocenti nel vortice della nostra violenza. Lo vediamo, sempre più chiaramente, ogni giorno. La pace, lo Shalom, è una grande parola biblica. È tra le più ricorrenti, forti, esigenti. La prima alleanza di Elohim con gli uomini arriva per ristabilire una pace-felicità originaria negata, per rigenerare lo Shalom primordiale tradito dal peccato di Caino e da quelli altrettanto atroci dei suoi figli. Ci volle un primo costruttore di pace, Noè, per far splendere di nuovo l’arcobaleno sulla terra, per rendere ancora possibile una ricreazione del mondo e degli uomini. I costruttori di pace sono sempre costruttori di arche per salvare un’umanità guastata. Sono dei giusti che sentono una chiamata a lasciare la loro terra per salvare la terra di tutti. Se il mondo vive ancora nonostante tutto il male che generiamo, è perché Noè non ha mai smesso di costruire arche. I profeti e i tanti “beati” della storia hanno tenuto vivo l’arcobaleno nel cielo non smettendo mai di costruire la pace su una terra sempre bagnata dal sangue dei fratelli. La mano di Noè e dei costruttori di arche di pace è stata finora più forte e creativa delle mani di Caino e degli armatori di navi da guerra. Ai costruttori di pace non è promessa la terra, né la visione di Dio, neanche la misericordia. A loro è promesso soltanto un nome: “Saranno chiamati figli di Dio”. Un nome però immenso, il più grande di tutti, e usato solo per loro. I costruttori di pace sono i pacificatori, coloro che ricompongono rapporti spezzati, che spendono la vita per risolvere i conflitti generati dagli altri. Lasciano la loro vita tranquilla per rendere più pacifiche le vite altrui. Costruttori di pace, edificatori di questo Shalom biblico, si diventa solo per vocazione. Non è una faccenda di sola generosità né di altruismo. Si può mettere in discussione la propria vita per lo Shalom degli altri e di tutti solo se una voce forte e più profonda ci chiama dentro. La costruzione della pace non è mai solo un mestiere, anche quando la costruzione e la ricostruzione di pace fa parte del nostro mestiere. A queste voci, a queste chiamate interiori, non si riesce a resistere: sono efficaci. E non si resiste neanche quando non sappiamo da chi e da dove provenga la voce che ci chiama: per essere costruttori di pace è sufficiente sentirla e rispondere (leggi tutto). Luigino Bruni Pubblicato su Avvenire il 18/10/2015 (altro…)
Nov 21, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
«Avete udito che fu detto: – Amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico. – Ma io vi dico: – Fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli: il quale fa sorgere il suo sole tanto sui buoni quanto sui cattivi, e manda la pioggia tanto sui giusti quanto sugli ingiusti. Che se amate chi vi ama qual merito ne avete? Non fanno forse altrettanto i pubblicani?… Siate dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro nei cieli» (Mt 5, 43-48). Questo precetto porta un instancabile perdonare, per ricostituire sempre il circuito della vita, che passa per i tre punti: Dio, Io, Fratello. Porta una inesauribile opera di pace, sì da ricostituire sempre la comunione in vista dell’unità, dovunque essa sia stata interrotta. E la pace si fa coi nemici, non coi… commensali: cosa cristianamente ovvia e pure normalmente incompresa, ché, nello stato di paura, si teme la guerra e si teme la pace. Se l’amore accomuna, il timore ammucchia. Uno è centrifugo e genera la comunità, rimovendo limiti e sbarramenti; l’altro è centripeto e determina l’occlusione dei vasi comunicanti. Quello illumina, questo ottenebra: regime della libertà l’uno, tirannide terrifica l’altro. Nell’amore si ragiona e si tratta; nella paura non si capiscono ragioni, si procede sotto l’istinto e, vedendo fantasmi, si spara. L’organizzazione sociale, che prescinde dalla legge della carità, e non vede più fratelli, finisce col vedere solo mammiferi da sfruttare e da uccidere, come e peggio di certe società antiche verso gli schiavi. Dove manca la carità, gli uomini devono essere tenuti dalla polizia e chiusi in campi di concentramento… Gesù venne a rimettere in piedi l’uomo, in libertà; e i suoi seguaci devono applicarne le forze e l’idea, risolvendo continuamente l’uomo in Dio. Se no, l’esistenza si svolge come ricerca della morte, attraverso una costruzione faticosa di motivi d’odio: un assideramento progressivo, che dà l’illusione di un processo vitale. «L’amore scaccia il timore». E dunque chi ama non ha paura: il suo Io – il possibile soggetto della paura – non esiste più: esiste l’Altro, quegli con cui il nostro Io s’è identificato; e l’Altro, anche in veste di fratello, è Gesù. Così, nei tempi nostri specialmente, vien superato lo sbarramento maggiore: la paura. Sotto di essa, l’Io teme perché è solo: solo, nel buio, tra quattro pareti, che finiscono col parergli i quadri di una tomba. E invece, se esce dalla solitudine, si libera: incontra il fratello, e per lui s’inserisce in Dio». (Igino Giordani, Il fratello, Città Nuova, Roma 2011 (1954), pp. 85 – 87) (altro…)
Nov 20, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale
https://vimeo.com/140569773 Copyright 2015 © CSC Audiovisivi – All rights reserved (altro…)
Nov 20, 2015 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Di fronte ai drammatici avvenimenti di Parigi e di tante altre parti del mondo, «il Movimento dei Focolari, mentre piange con chi piange, continua a credere nella via del dialogo, dell’accoglienza e del rispetto dell’altro, chiunque esso sia e di qualunque provenienza, credo religioso e appartenenza etnica», ha dichiarato la presidente Maria Voce all’indomani degli attentati nella capitale francese. «I Focolari – assieme a quanti nelle diverse responsabilità si adoperano anche con un rischio personale per la pace – rinnovano il proprio impegno ad intensificare e moltiplicare atti e gesti di riconciliazione, spazi di dialogo e comunione, occasioni di incontro e condivisione a tutti i livelli e a tutte le latitudini, per raccogliere il grido dell’umanità e trasformarlo in nuova speranza».
Diverse iniziative personali e collettive sono in atto. In Francia, tra le altre, la donna parigina che ha fatto visita a un negoziante e alla farmacista, rispettivamente marocchino e algerina, per rinnovare la sua amicizia; la coppia di Vendée che porta il proprio sostegno alle associazioni locali per l’accoglienza dei migranti, l’impegnato nel GAIC (Gruppo di amicizia Islamo-Cristiana) à Mulhouse, in Alsazia, che intensifica il suo contributo alla settimana interreligiosa in corso proprio a novembre (vedi intervista di Radio inBlu); un parroco della banlieue parigina che scrive una dichiarazione per la pace insieme ai musulmani del suo quartiere; la partecipazione attiva al festival interreligioso «Vivre ensemble à Cannes», fin dal suo inizio; iniziativa che ha ricevuto quest’anno il premio «Chiara Lubich per la fraternità»; l’organizzazione congiunta della 2° edizione di «Musulmani e Cristiani, insieme con Maria» prevista per il 2 aprile 2016 alla basilica di Longpont (Essonne). In Italia, in questi giorni corre un tam-tam che invita ad andare a «trovare il mondo musulmano che abita nei vari territori, cercando di gettare ponti, di costruire rapporti, di chiedere di convergere insieme con azioni concrete e visibili per la pace». In alcune città questi rapporti sono già avviati da tempo con frutti di fraternità.
In Gran Bretagna si è subito organizzata una catena di preghiere per le vittime della tragedia, chiedendo a Dio di “essere strumenti per portare l’unità nel proprio ambiente”, e in Irlanda una serata di conoscenza della cultura siriana per prepararsi ad accogliere i rifugiati diretti nel Paese. A Basilea e Adliswil, in Svizzera, donne musulmane e cristiane si trovano regolarmente ogni due mesi per una condivisione sulla fede. A Lugano c’è stato un intenso scambio con l’Imam Samir Jelassi. In Austria, a Meiningen (Voralberg), pochi giorni prima degli attentati si erano riunite 150 persone con Cenap Aydin, direttore dell’Istituto Tevere a Roma, e al prof. Siebenrock dell’Università di Innsbruck, del gruppo di studio che riunisce teologi musulmani da Iran, Tunisia, Algeria e Turchia, e teologi cattolici. In Germania, ad Augsburg, l’iniziativa “7 in punto – Augsburg prega per la pace”, il 7 di ogni mese alle 7 di pomeriggio: in una delle grandi chiese della città, una volta cattolica, l’altra luterana, un rifugiato, un esperto, o un rappresentante di una ONG illustra la situazione di un paese in difficoltà. E ancora, una marcia per la pace nel Valdarno in Italia, dove ha sede la cittadella di Loppiano, tra i promotori dell’iniziativa, e una manifestazione di piazza a Bahia Blanca, in Argentina, senza bandiere né colori politici. In California una cena di beneficenza per raccogliere fondi per sostenere progetti di aiuto ai rifugiati, preceduta da un momento di preghiera per le vittime degli attentati terroristici a Parigi e a Beirut, e dalla presentazione dello United World Project. In Honduras, il 14 novembre, una marcia per la pace organizzata dai Focolari, in solidarietà con la Siria, ha riunito persone di vari movimenti giovanili, portando un messaggio di unità e dialogo. Dall’Asia, Luigi Butori scrive: «Penso ai morti per attentati quasi giornalieri nel sud della Thailandia, ai profughi Rohinya; penso ai miei amici musulmani nella moschea a Chiangmai; penso a Mae Sot dove ancora oggi arrivano i profughi dal Myanmar in cerca di una vita migliore».

“Dieu pleure avec nous” © Michel Pochet
E ricorda l’invito di Chiara Lubich nel 1980: «Se nelle vostre città poi v’è una moschea o una sinagoga o qualche altro luogo di culto non cristiano, sappiate che lì è il vostro posto. Trovate modo di venire in contatto con quei fedeli, di stabilire un dialogo», parole che «ci spingono a creare un rapporto con chi non ha la nostra stessa fede: un rapporto vero, profondo, perché l’altro per me è il volto del Divino». In Egitto, va avanti il Living Peace Project, il progetto per l’educazione alla pace, nato al Cairo e adesso diffuso in tutto il mondo, che coinvolge centinaia di scuole e migliaia di studenti, e che ha ottenuto a New Humanity – ONG che lo promuove – il Luxembourg Peace Prize 2015. Anche l’arte dà il suo contributo: “Dieu pleure avec nous” (Dio piange con noi) è il titolo del dipinto che Michel Pochet, artista francese, ha realizzato dopo i fatti di Parigi. Mentre a Bruxelles il 21 novembre ha luogo il concerto di un coro misto musulmano e cristiano dal titolo “Fraternité en chœurs”, un gioco di parole fra “cori” e “cuori”. (altro…)
Nov 19, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Un’iniziativa destinata a promuovere il vivere insieme attraverso l’arte e la cultura. Viaggiando attraverso i rispettivi patrimoni culturali, scopriamo che la diversità può essere un dono, un arricchimento reale. E si possono così dissipare i pregiudizi. Informazioni : « Fraternité en Chœurs » La scorsa edizione del concerto https://vimeo.com/114433105
Nov 19, 2015 | Focolari nel Mondo

Nov 19, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nel mese di ashwayuja (che solitamente cade tra ottobre e novembre) l’India si accende di luce e di festa. È Diwali, una tradizione che attinge all’antica leggenda del re Rama che dopo 14 anni di esilio nella foresta, torna nella città di Ayodhya accolto da una sfilata (avali) di luci (dipa) in suo onore. Da qui il nome: Dipawali o più semplicemente Diwali. Quest’anno dal 10 al 15 novembre. I festeggiamenti iniziano con la pulizia di tutti gli ambienti della casa dove, nei diversi punti – ingresso, davanzali, sale – vengono posizionate tante piccole lampade che nel buio della notte trasformano la città in un fantasmagorico, fiabesco scenario. La lampada è il simbolo del sapere e della conoscenza interiori. Ma i significati, come in un caleidoscopio, si intersecano e si amplificano: il sapere sconfigge l’ignoranza; l’interiorità porta alla pace. Il bene vince sul male; la luce trionfa sulle tenebre e fa sprigionare la forza della vita. Diwali è tutto questo e ancora. È una festa attesa tutto l’anno. Nel terzo giorno – il vero e proprio Diwali – la gente indossa vestiti nuovi, si adorna di coroncine di fiori e di monili luccicanti, scambia doni ad amici e parenti, specialmente dolci e snack fatti in casa. Tutti partecipano alla funzione religiosa in onore di Laskshmi, la dea del benessere. In un’atmosfera di pace, portano sementi, foglie, monete ed icone religiose, recitando mantra vedici per ottenere la sua benedizione. Non mancano poi i giochi di società (carte, specialmente il ramino) mimi, balli, caccia al tesoro, giochi pirotecnici. Diwali non è solo una celebrazione indù. È anche un fatto culturale e sociale che coinvolge tutto il Paese, sia pure con diversità a seconda degli stati e della prevalenza religiosa. Fanno festa musulmani, buddisti, cristiani. In quei cinque giorni si illuminano a festa anche i centri dei Focolari che sono a Mumbai, Nuova Delhi, Bangalore, Goa e i 13 centri educativi ad essi legati cui sono inseriti complessivamente 1.500 bambini e adolescenti, prevalentemente indù, che grazie al sostegno a distanza vi trovano scolarità, un pasto caldo al giorno, prevenzione e cure sanitarie (www.afnonlus.org).
I rituali Diwali lasciano intravvedere la grande sensibilità del popolo indiano anche nel valorizzare la famiglia, l’amicizia, l’armonia del vivere, ma anche il rispetto per l’ambiente. È significativo che per Diwali, non si ricorra ad anonimi oggetti comprati ma si donino cose fatte con le proprie mani. Come è significativo che, insieme alle preghiere, si offrano i frutti della terra, esprimendo così la propria riconoscenza per la Natura e i suoi doni. Un’usanza che trova eco nell’enciclica di papa Francesco Laudato si’. Ed è proprio da tale documento e dal nesso inscindibile tra il vivere in armonia con il creato e con gli altri, che trae spunto l’augurio inviato al quasi miliardo di seguaci delle religioni del Sanatana Dhama (quello che gli occidentali chiamano induismo) dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso a nome di papa Francesco. A cominciare dal suo titolo: Cristiani e Indù: promuoviamo insieme l’ecologia umana. Il messaggio per i festeggiamenti Diwali trasmette anche l’auspicio che, insieme, riusciamo ad adoperarci consapevolmente “alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità”. “Possiamo noi – continua il messaggio – indù e cristiani, insieme con le persone di tutte le altre tradizioni religiose e di buona volontà, nutrire una cultura che promuova l’ecologia umana”. In tal modo vi sarà armonia dentro di noi e nelle nostre relazioni con gli altri, con la natura e con Dio, e questo, preannuncia il messaggio “favorirà la crescita dell’albero della pace”. Un albero, quello della pace, che nel mondo attende di essere sempre più irrobustito da gesti concreti di tolleranza, accoglienza, dialogo a tutto campo. (altro…)
Nov 19, 2015 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
«La tragica notizia degli orribili attentati terroristici perpetrati nella capitale francese ci ha colmato di profondo dolore. Il nostro pensiero, la nostra solidarietà, le nostre preghiere vanno alle vittime, ai feriti, alle loro famiglie, ai loro cari e al popolo francese». Sono le parole di cordoglio di Mustafa Cenap Aydin, direttore del Centro Tevere per il dialogo di Roma. «Mi unisco al messaggio – continua il direttore del Centro Tevere – trasmesso dal dotto studioso musulmano, scrittore ed educatore attivista M. Fethullah Gülen che condanna fermamente “Ogni attività terroristica, da chiunque e da dovunque provenga” perché “è un pesante colpo alla pace e alla tranquillità dell’umanità intera. Questi vili atti di terrorismo sono attacchi non solamente al popolo francese, ma anche ai valori umani universali e alla fratellanza umana”. «Non ci stancheremo mai di condannare tutti coloro che alimentano la violenza, l’odio, la paura, abusando impropriamente di una religione, un’ideologia per fini crudeli, disumani. «Gülen, ispiratore di milioni di persone attratte dal suo messaggio di amore e compassione, invita tutti ad unirsi alla sua preghiera affinché Dio conduca “l’intera umanità ad un mondo di pace e tranquillità” e “ad agire in solidarietà contro ogni forma di terrorismo e ad impegnarsi alla realizzazione della pace universale”. «Risponderemo a questi attacchi “disumani” – conclude Mustafa Cenap Aydin – rafforzando ancora di più lo spirito di unità e fratellanza; questi attacchi non possono che convincerci maggiormente dell’importanza del dialogo, della conciliazione, della fratellanza e aumentare ulteriormente il nostro impegno per diffonderla; siamo senz’altro convinti che la pace avrà la meglio. Chiediamo e facciamo appello a tutti perché possano unirsi a noi in questo sforzo». Fonte: Città Nuova L’imam del Veneto L’imam di Firenze (altro…)
Nov 18, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
La cittadella del Movimento dei Focolari di Loppiano, insieme alla comunità araba di Figline, altre associazioni e 3 comuni del Valdarno fiorentino (Figline e Incisa Valdarno, Reggello, Rignano sull’Arno) promuove una marcia per la pace con una fiaccolata per le vie della città, come espressione di vicinanza alle famiglie delle vittime colpite dagli attentati di Parigi e di tutti gli attacchi terroristici avvenuti in tutto il mondo.
Nov 18, 2015 | Chiesa, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
La casa dei luterani a Roma, la Christuskirche, domenica 15 novembre ha accolto papa Francesco: prima di lui vi hanno messo piede Giovanni Paolo II, nel 1983, primo Pontefice ad entrare in una Chiesa luterana e Benedetto XVI nel 2010. «Siamo una comunità relativamente piccola, con 500 membri, protagonisti in prima linea nel campo ecumenico: come parrocchia siamo presenti nelle varie realtà della città, ma anche nella propria famiglia, con i colleghi di lavoro, con i vicini di casa o come me che vivo da più di trent’anni in una comunità del Movimento dei Focolari», racconta Heike Vesper, che domenica era tra i presenti, insieme alle focolarine cattoliche che spesso l’accompagnano alla liturgia della domenica. «Un Papa “evangelico”», lo definisce Heike, «un pastore – il vescovo di Roma – che ha centrato il messaggio di oggi sulla comune testimonianza di Gesù Cristo “sia in lingua luterana che in lingua cattolica”, sull’importanza della vita e non tanto dell’interpretazione. E a cuore aperto ci ha confidato ciò che a lui piace: incontrare i malati, visitare i carcerati … L’incontro e la preghiera con il Papa è stato nuovo nel suo genere, si potrebbe dire che è stata una lezione su cosa è importante fra cristiani di varie tradizioni: il dialogo, l’ascolto profondo, fiducia reciproca, risposte sincere nella verità, pregare insieme ascoltando il Vangelo». Il Pastore della chiesa evangelica luterana, Jens-Martin Kruse ha dato un caloroso benvenuto, ricordando le vittime degli attentati di Parigi: “Confidiamo che Gesù ha vinto il mondo e perciò non ci facciamo condizionare dalla paura”, ha affermato. “Mio fratello pastore ha nominato Parigi – ha detto il Papa – cuori chiusi. Anche il nome di Dio viene usato per chiudere i cuori”.
«Commovente la sincerità e la libertà di Francesco – scrive ancora Heike –. Ha risposto come uno che si mette in cammino con gli ascoltatori. Ha sottolineato l’importanza di seguire la coscienza, dell’essere per il prossimo; e che con la fede e il servizio – cioè con l’amore – cadranno tutti i muri». Un dialogo a braccio ha creato un clima di famiglia «sempre più profondo e incoraggiante». Tre le domande rivolte a Francesco: cosa significa essere Papa, come deve essere l’impegno cristiano verso i bisognosi e cosa fare per poter celebrare insieme l’Eucaristia, la Cena del Signore, quando marito e moglie sono di chiese diverse. «Quelli che si trovano in questa situazione – spiega Heike – soffrono di più la divisione. Non è facile per il Papa rispondere, infatti, nonostante i tanti passi fatti rimangono aperte questioni teologiche sul magistero, sulla visone di chiesa, che impediscono ancora una celebrazione insieme. Il Papa indica qualche possibile via per condividere la cena del Signore. Fa riferimento al Vangelo, a San Paolo: “Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.” (Ef 4:5). Invita ad ascoltare la propria coscienza, a dare più peso alla vita, al cammino insieme, più che alle varie interpretazioni. Le sue parole trasmettono pace e speranza. Anche il dono che ha portato ha una dimensione profetica: il calice e la patena per la celebrazione eucaristica». «Il Vangelo è quello del giudizio finale (Mt 23) che ricorda che saremo giudicati dall’amore per i poveri e i bisognosi. E il Papa ha ricordato, a chi dice che “i nostri libri dogmatici dicono una cosa e i vostri dicono l’altra”, le parole di un esponente luterano: “C’è l’ora della diversità riconciliata”. E ha concluso: “Chiediamo oggi la grazia di questa diversità riconciliata nel Signore, di quel Dio che è venuto tra noi per servire e non per essere servito». (altro…)
Nov 17, 2015 | Centro internazionale, Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
A 8 anni di distanza dall’ultima assise continentale, tenutasi anche in quell’occasione in Italia, rappresentanti delle diverse fedi e tradizioni religiose presenti in Europa si sono confrontati per alcuni giorni (Castel Gandolfo, 28 – 31 ottobre): la paura del diverso, dell’altro, dello straniero, sono sentimenti che si acuiscono puntualmente dopo eventi tragici, come quelli di Parigi in questi giorni – e portano a islamofobia e cristiano fobia. Di fronte a questo è necessario cogliere le grandi opportunità che si aprono a livello continentale, soprattutto, per le giovani generazioni. «L’orribile strage terroristica di Parigi, riconosciamolo, è un colpo al cuore per tutti e forse ancora di più per quanti si impegnano a favorire la coesistenza pacifica fondata sul valore della dignità umana e sul rispetto positivo delle differenze», dichiara Religioni per la Pace subito dopo gli attentati del 13 novembre. «Ogni persona di buona volontà – continua – può dare il suo contributo affinché la Paura non prenda il possesso definitivo nei nostri cuori e nelle nostre menti con tutto il carico di violenza e distruzione che essa inevitabilmente comporta».
Andare “dalla paura alla fiducia” – accogliendosi l’un l’altro, era anche il titolo del convegno che ha radunato una cinquantina di giovani e centocinquanta adulti, fra i quali alcuni esponenti di spicco delle diverse tradizioni religiose. Esperienze positive di dialogo ed integrazione, raccontate da protagonisti provenienti da diversi paesi dell’Europa hanno costituito le buone pratiche condivise fra tutti e risultate particolarmente efficaci. I lavori, in plenaria e nei workshop, hanno cercato di rispondere alle sfide che il continente europeo si trova ad affrontare oggi, sia di fronte alle ondate migratorie, sia di fronte al crescere di sentimenti personali e di gruppo di carattere razzista. Un’attenzione particolare è stata data anche al ruolo dei media e alla possibilità che essi hanno di manipolare in negativo l’opinione pubblica aumentando le paure a scapito del positivo che esiste e che non fa notizia. Dalla presentazione dei giovani è emerso uno spaccato dell’Europa multietnica, multiculturale e multi religiosa che, più che una proiezione futura, è già una realtà e dell’impegno delle giovani generazioni a lavorare per rapporti costruttivi fra persone di diverse tradizioni. Dai quattro giorni di lavoro è emerso un ruolo aggiornato di Religioni per la Pace in Europa, dove l’organismo, attivo da vari decenni è oggi chiamato a coordinare, e a lavorare in collaborazione e in net-working con altre agenzie impegnate attivamente nel campo sia del dialogo interreligioso ed interculturale che nell’accoglienza e nell’integrazione. Un impegno che, mentre si esprime «la fraterna vicinanza ai familiari ed agli amici delle vittime innocenti ed a tutto il popolo francese, attraverso l’affetto e la preghiera» si rinnova nel desiderio di «proseguire nell’azione comune per la giustizia e la pace». Leggi anche: Protagonisti nel costruire un mondo di pace – intervento della presidente dei Focolari Maria Voce in apertura dei lavori (altro…)
Nov 17, 2015 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Siamo in una situazione di grande sgomento e di orrore di fronte a questi massacri. Ma siamo anche molto sorpresi dall’impatto internazionale, da tutte le manifestazioni di sostegno, e ci sentiamo responsabili di fronte alle risposte che dovremo dare». È la voce di Muriel Fleury, direttrice della rivista francese dei Focolari, Nouvelle Cité. Alla domanda di Radio inBlu su come mai proprio in Francia, dove percorsi di integrazione sono più antichi rispetto ad altri Paesi europei, si verifichino episodi di questo genere, risponde: «Se da una parte, nella nostra storia, siamo riusciti a integrare altri popoli, sembra che negli ultimi anni siamo rimasti un po’ indietro. Vogliamo il multiculturalismo, piuttosto nel senso di accogliere gli altri, ma senza tenere sempre conto della loro cultura, dei valori che sono assai diversi dai nostri. Per questo tutti i posti dove possiamo avere momenti di dialogo, di incontro, di vero scambio culturale e anche religioso, vanno sviluppati. Perché il fatto di non essersi incontrati nel senso vero, fa che oggi siamo in una situazione tragica». A questo proposito, Paul Wirth, membro dei Focolari impegnato nel dialogo interreligioso, dichiara: «Faccio parte di un gruppo di amicizia islamo-cristiana (GAIC), che esiste in tutta la Francia: ogni anno facciamo una settimana di incontri (l’ultima era iniziata il 12 novembre…). Sentiamo che è molto importante far conoscere tutto questo, perché le persone distinguano fra i veri musulmani e quelli che dicono di essere musulmani, ma danno un’immagine di odio». E sulla reazione degli amici musulmani agli attentati di venerdì sera, risponde: «Ci sono tante associazioni musulmane che hanno scritto comunicati denunciando questi atti come barbari, intollerabili; si sentono vicini a tutte le vittime, alle loro famiglie. Ho visto ancora oggi che molte associazioni musulmane dicono che è un momento difficile, ma noi cristiani crediamo che questi tragici avvenimenti non cambiano i rapporti d’amore fraterno che abbiamo stabilito fra noi». Nella sua analisi, Muriel Fleury, direttrice di Nouvelle Cité, individua altre cause del disagio: «Per motivi anche economici sembra che abbiamo abbandonato quartieri interi, dove ormai neanche la polizia si arrischia più ad entrare. E la rinuncia ad occuparsi di questa gioventù straniera, il non poter dare loro una sana occupazione, non essere stati loro vicini, fa che oggi alcuni si siano avvicinati a gruppi pseudo-religiosi radicali, che hanno preso tanti di loro portandoli ad un tipo di integrismo di cui oggi vediamo i risultati». Da dove ripartire allora per ricucire un tessuto così complesso? «Il problema – conclude Fleury – è che siamo in Francia dove purtroppo abbiamo generato un certo vuoto spirituale. Questa laicità alla francese ha portato alla negazione della dimensione spirituale dell’uomo. Oggi c’è un nuovo cammino che va fatto, appunto per sviluppare la cultura dell’incontro, del vivere insieme, e per questo una delle strade sarà che le religioni possano lavorare insieme, anche con la Repubblica. Oggi, già ci sono segnali che vanno in questo senso, che cercano di trovare soluzioni che possano tenere conto di tutte le voci e delle diverse religioni». (altro…)
Nov 16, 2015 | Chiesa, Cultura, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

© Thomas Mandl
Dal 12 al 14 novembre si sono radunati in Olanda un centinaio di rappresentanti e dirigenti della rete “Insieme per l’Europa”. A conclusione e come risposta agli attentati terroristi a Parigi, hanno pubblicato la seguente dichiarazione: «Con orrore abbiamo appreso notizia dei drammatici attentati a Parigi. Eravamo riuniti a Marienkroon, in Olanda, più di 100 rappresentanti di Movimenti e Comunità cristiane di diverse Chiese e confessioni, provenienti da 13 Paesi europei. L’Europa è per noi il continente in cui persone di culture e religioni diverse sono benvenute e possono vivere unite nella libertà e nella pace. Abbiamo interrotto il nostro lavoro per un momento di silenzio e per pregare insieme. Gli avvenimenti ci stimolano a impegnarci ancora più intensamente per i valori dell’Europa. A questo ci chiama e ci impegna anche la nostra fede cristiana. Siamo vicini alle famiglie delle vittime e siamo solidali con i politici che in questi giorni devono prendere decisioni difficili. Viviamo in Europa come amici e sperimentiamo in queste ore un profondo legame con tutti i francesi. Ci impegniamo più che mai a pregare per la pace, a viverla e a diffonderla là dove siamo. Vogliamo vivere ancora di più e più profondamente l’amore reciproco e la fiducia, e trarne forza. Attraverso un volto umano e la fedeltà ai suoi valori, l’Europa continuerà a sperare e a condividere un futuro comune».
“Insieme per l‘Europa” è una rete internazionale di oltre 300 Movimenti e Comunità cristiane di tutta l’Europa. Ha il suo inizio nel 1999 e ne fanno parte cristiani evangelici, cattolici, anglicani, ortodossi come pure membri di chiese libere e di nuove comunità. 70 Movimenti / Comunità costituiscono il gruppo degli “Amici di Insieme per l‘Europa”.
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Nov 16, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«Immaginate 2.000 bimbi che cantano a ritmo rap “Pace! Pace!”e che gridano all’unisono: la guerra è la morte, la pace è amore. https://vimeo.com/147705350 E immaginate ancora che tutto questo avvenga in un Paese martoriato da decenni da conflitti armati le cui maggiori vittime sono proprio loro, i bambini. Ora non immaginate più – racconta Martine – perché tutto questo è realmente accaduto lo scorso 7 novembre a Kinshasa, nella R.D.C. L’arte d’amare per la pace è infatti il titolo della giornata che i bambini del Movimento dei Focolari di Kinshasa, con le scuole del progetto sociale Petite Flamme, hanno voluto organizzare per dire a tutti: no alla guerra e sì alla pace e all’amore, coinvolgendo nell’impresa i loro amici e altre venti scuole della città. Sabato mattina, sotto un cielo che sembrava minacciare la pioggia e che poi si è aperto mostrando un sole cocente, uno stuolo di bimbi ha invaso il grande prato della scuola principale di Petite Flamme. Canti, danze, poesie e scenette per gridare al mondo che la Pace è l’amore, la guerra è la morte. E ad assistere, travolti dal loro entusiasmo, anche diverse autorità civili, diplomatiche ed ecclesiastiche, come i rappresentanti delle Ambasciate di Italia e Germania, il coordinatore delle scuole protestanti di Kinshasa, con circa 300 bambini, insieme al coordinatore delle scuole cattoliche.
«Lanciando e spiegando il Dado dell’amore – continua Martine -, i bimbi hanno dimostrato che “la pace comincia con noi”. E i tanti dadi che hanno colorato il palco sono stati poi consegnati solennemente, alla conclusione, ad ogni scuola presente, segno di un cammino e di un impegno alla pace che ormai è avviato insieme. I 22 direttori delle scuole protestanti che abbiamo coinvolto nell’iniziativa, si sono dichiarati entusiasti ed hanno espresso il desiderio di continuare ad impegnarsi con noi in questo tipo di attività. Sono stati i bambini i veri protagonisti sin dai preparativi, con la loro capacità di coinvolgere tutti, nelle prove dei canti o dei presentatori; con il loro coraggio nell’annunciare e presentare la giornata in una trasmissione televisiva… C’erano gioia, entusiasmo ed impegno. E anche la benedizione di Dio con la sua Provvidenza non è mancata! Dalla nostra comunione dei beni, ai doni di genitori, ambasciate, persino una banca ha sponsorizzato l’evento offrendo il palco e la sonorizzazione! L’evento è stato poi trasmesso dalla televisione nazionale, la stessa che aveva lanciato l’iniziativa alcuni giorni prima. E a noi, dai 0 ai 99 anni che abbiamo vissuto questa bellissima giornata per la pace cosa rimane in fondo al cuore dopo aver letto la gioia sui visi dei bambini? La speranza. Una speranza tenace. Perchè il futuro è in buone mani». (altro…)
Nov 15, 2015 | Chiara Lubich, Spiritualità
«Guarda al sole e ai suoi raggi. Il sole è simbolo della volontà divina, che è lo stesso Dio. I raggi sono questa divina volontà su ciascuno. Cammina verso il sole nella luce del tuo raggio, diverso e distinto da tutti gli altri, e compi il meraviglioso, particolare disegno che Dio vuole da te. Infinito numero di raggi, tutti provenienti dallo stesso sole: unica volontà, particolare su ciascuno. I raggi, quanto più si avvicinano al sole, tanto più si avvicinano fra loro. Anche noi […], quanto più ci avviciniamo a Dio con l’adempimento sempre più perfetto della divina volontà, tanto più ci avviciniamo fra noi… finché saremo tutti uno». (Chiara Lubich, L’unità, Città Nuova, Roma 2015, a cura di D. Falmi e F. Gillet, p. 48-49). (altro…)
Nov 14, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Di fronte ai drammatici avvenimenti accaduti a Parigi ieri sera, che si aggiungono a quelli recenti in tante altre aree del mondo, siamo in lutto, insieme a quanti sono stati colpiti negli affetti e a quanti credono possibile l’unità della famiglia umana. Nello sgomento e nella ferma condanna di simili atti contro la vita umana, emerge forte anche una domanda: abbiamo fatto ogni passo e intrapreso ogni azione possibile per costruire quelle condizioni necessarie, tra cui il favorire più parità, più uguaglianza, più solidarietà, più comunione dei beni, per cui violenza e azione terroristiche perdono possibilità di agire? Di fronte a un disegno che appare perverso, è evidente che non c’è una sola risposta. Ma è anche evidente che neppure la reazione incontrollata alla violenza farà indietreggiare coloro che vogliono annientare le forze vive dei popoli e la loro aspirazione a convivere in pace.
La convinzione che il mondo può camminare verso l’unità, e superare lo scontro e la violenza delle armi, resta viva nell’animo e nell’azione di quanti hanno a cuore l’amore per ogni uomo e il futuro della famiglia umana e vogliono realizzarla mediante l’azione della politica, gli strumenti dell’economia, le regole del diritto. Il Movimento dei Focolari, mentre piange con chi piange, continua a credere nella via del dialogo, dell’accoglienza e del rispetto dell’altro, chiunque esso sia e di qualunque provenienza, credo religioso e appartenenza etnica. Per questo, assieme a quanti nelle diverse responsabilità si adoperano anche con un rischio personale per la pace, i Focolari rinnovano il proprio impegno ad intensificare e moltiplicare atti e gesti di riconciliazione, spazi di dialogo e comunione, occasioni di incontro e condivisione a tutti i livelli e a tutte le latitudini, per raccogliere il grido dell’umanità e trasformarlo in nuova speranza». (altro…)
Nov 14, 2015 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

V° Convegno ecclesiale nazionale di Firenze (9-13 novembre), Foto: Cristian Gennari/Siciliani
Il convegno di Firenze si è concluso. “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”: come leggere il significato profondo di questo evento per la chiesa italiana? «Ci sarebbero tante letture, però penso che sia un momento decisivo e storico per la chiesa italiana. Prima di tutto per il forte messaggio che papa Francesco ha consegnato ai 2000 delegati, presente tutta la Conferenza Episcopale. L’evento accade nel cuore del pontificato, in un momento dove le riforme si fanno pressanti e concrete. Avendo come specchio la riforma che vuole Francesco, la Chiesa italiana è inesorabilmente spinta a riformare se stessa. Il discorso del Papa è soprattutto un richiamo alla conversione, a tutti i livelli: conversione delle persone, delle comunità, delle strutture…». Quali i passaggi centrali delle parole di Francesco? «La figura che il Papa ci ha presentato è l’Ecce Homo: Cristo che spoglia se stesso, che non si affida ai procedimenti né all’organizzazione, che non pretende di occupare spazi di potere, ma che si fa carico dei dolori dell’umanità. È Gesù nella sua vera essenza, nella sua missione come inviato del Padre per la salvezza di tutti gli uomini. Questa è la prima cosa. Poi, il Papa invita la chiesa italiana ad essere più evangelica, più come la vuole lo Spirito nell’oggi della storia. Solo una Chiesa, come ha detto lui, che riesce ad essere umile, disinteressata, che si riflette nelle beatitudini, può assomigliare a questo Maestro, a questo Ecce Homo, può presentarsi come amore per la società. 
Papa Francesco a Firenze: Pranzo alla mensa dei poveri. Foto: Ansa
D’altra parte il Papa radicalizza l’umanesimo cristiano sulla base del superamento dei due rischi da lui indicati. Il rischio del pelagianesimo, cioè la tentazione di voler fare tutto noi, di affidarci alle nostre capacità, ai nostri strumenti, al potere, anche alla capacità di programmare. E il rischio dello gnosticismo che vuol dire rischio della disincarnazione, della “non-incarnazione” proprio. Cioè presentare un Gesù che non si tocca con le mani, che non si afferra. Attualizzazione dell’umanesimo cristiano, significa che esso deve partire da Gesù, deve essere centrato in Lui, non nelle nostre forze. Deve essere incarnato, non può rimanere nei documenti, nei proclami e neanche nelle opere d’arte, bellissime, come le abbiamo viste qui a Firenze. L’umanesimo cristiano deve essere incarnato nella vita della gente». Il 50% dei partecipanti, laici, indica una forza della chiesa che si vuole mettere in gioco. Quali novità nei lavori di gruppo? «Una delle novità di Firenze è la metodologia. Una giornata e mezza dedicata ai lavori di gruppo, ha reso possibile una maggiore partecipazione, dove ognuno ha potuto donare se stesso. Ma, se su 2000 partecipanti, la metà è ancora clero, non è ancora sufficiente. Perché la società, la chiesa italiana non è così. Ci sono donne, sì, ma poche ancora. Giovani, sì, ma pochi ancora. Speriamo che si vada avanti in questa linea, verso una rappresentatività maggiore». Un’impressione a caldo, dopo aver partecipato a tutto il Convegno? «Un clima bellissimo, di apertura, cordialità nel senso profondo, dove si vive mescolati con tutti. I vescovi pranzano con tutti: nei gruppi sono uno in più, così i sacerdoti. Questo già di per sé crea molta famiglia e quindi c’è entusiasmo, c’è gioia, c’è tanta condivisione, comunione, un desiderio profondo di ascolto e questo dà molta speranza». Sul convegno di Firenze leggi anche: Attualizzare l’umanesimo cristiano Francesco inizia da Prato “Mi piace una chiesa italiana inquieta” Ripartire dalla Fortezza da Basso Francesco, il profeta di una chiesa povera e dei poveri A Firenze non si parte da zero Un Dio che si svuota (altro…)
Nov 14, 2015 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Quella serata con gli amici «Ho degli amici molto cari, per la maggior parte agnostici, ai quali non avevo mai esplicitamente parlato della mia vita spirituale. Questo mi aveva sempre lasciato un certo senso di incompletezza. Una sera passeggiavamo. Passando davanti ad una chiesa, ho sentito forte il desiderio di entrare un momento a salutare Gesù. Essendo in compagnia con altri mi sembrava fuori luogo, però ho voluto seguire questo impulso. Durante la breve sosta in chiesa, mi è venuto da dire a Gesù: «Stai con me, perché io sono con te». Poco dopo, a cena, ho sentito di dovermi “scoprire” davanti agli amici, ma non sapevo da dove iniziare! Ad un certo punto è nato spontaneo da parte loro affrontare l’argomento fede. È stato un momento di condivisione bellissimo. Loro mi hanno espresso le proprie perplessità, e dalla mia bocca sono uscite parole che nemmeno io mi aspettavo. E tutto ciò nel rispetto reciproco! Mai sarebbe potuta accadere una cosa del genere se non ci fosse stato come base questo rapporto profondo fra noi». G. – Italia Delicatezza “Sono infermiera nel reparto di radiologia. Nel corridoio alcuni pazienti attendono nel loro lettino. Una di loro, con le braccia fasciate, è rimasta scoperta. La saluto e con delicatezza la copro con il lenzuolo. Passano gli anni. Un giorno, alla presentazione di un libro, si avvicina a me una signora molto elegante: «La ringrazio per come quel giorno lei ha rispettato la mia dignità». Quasi non la riconosco. Continua: «È quando si soffre che si ha più bisogno di essere rispettati come uomini. Grazie perché il suo servizio non l’ha resa insensibile»”. E.M. – Ungheria L’abbraccio «Seduto alla scrivania del Centro Caritas presso cui lavoro, sto ascoltando un rifugiato che nell’aspetto e nel vestito denuncia un passato di sofferenza. È disperato perché, da tempo senza lavoro, tra pochi giorni subirà lo sfratto da dove alloggia per non aver pagato l’affitto. Gli chiedo, come faccio con tanti come lui, se ha degli amici qui in città, che possano dargli aiuto. Inaspettata la sua reazione: scoppia in singhiozzi convulsi ripetendo: «Sono solo, solo! Non ho nessuno!». Rimango senza parole, schiacciato da un senso di impotenza. Poi, d’impulso, mi alzo e vado ad abbracciarlo. Pian piano si calma. Si alza anche lui, con tono di voce pacato dichiara: «Ora so che non sono più solo» e fa per andarsene, come se quel semplice gesto fraterno fosse bastato a ridargli speranza. A questo punto sono io a trattenerlo per indicargli come procurarsi dei vestiti, fruire della mensa Caritas e anche di un letto presso il nostro dormitorio. Quando ci separiamo è ormai del tutto sereno».S. Italia (altro…)
Nov 13, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria, Sociale

Valletta Summit (11-12 novembre 2015): Rappresentanti dell’EU e dell’Africa alla vertige sulla migrazione.
Nei giorni scorsi (11-12 novembre) Malta ha ospitato il vertice internazionale, chiamato Valletta Summit, sulla migrazione promosso dal Consiglio Europeo, in cui i 28 Paesi UE si sono incontrati con 35 Paesi africani e rappresentanti dell’Onu. Lo scopo, si legge nel sito del Consiglio, era quello di “affrontare le cause profonde della questione adoperandosi per contribuire alla creazione di pace, stabilità e sviluppo economico, migliorare il lavoro di promozione e organizzazione dei canali di migrazione legale, rafforzare la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo, in particolare dei gruppi vulnerabili, contrastare in maniera più efficace lo sfruttamento e il traffico di migranti, collaborare più strettamente per migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione”. Intanto, però, sono i maltesi stessi a muoversi per far fronte al problema, intervenendo anche nell’accoglienza dei rifugiati. Una volontaria del Movimento dei Focolari, Anna Caruana Colombo, ha raccontato alla rivista “New City” di come insieme ad altri compagni abbia coinvolto una trentina di persone in un percorso che li ha portati prima ad informarsi sulla condizioni e necessità dei migranti – grazie al servizio per i rifugiati dei Gesuiti – e poi a visitare i centri di accoglienza “aperti”, dove trovano alloggio coloro che già hanno ottenuto lo status di rifugiati.
In uno di questi hanno tenuto corsi di inglese, dato informazioni utili su Malta, e semplicemente passato del tempo con i migranti; mentre in un altro, che ospitava anche famiglie, si sono presi cura anche dei bambini, e procurato materiali di prima necessità utili ai più piccoli. Più tardi, quando sono arrivati i permessi necessari, i volontari sono entrati anche nei centri “chiusi”, racconta Anna: «I rifugiati erano in stanze con letti a castello, anche dodici per stanza, e non c’era spazio per tutti. All’inizio erano spaventati, ma vedendo che volevamo solo essere loro amici hanno superato la diffidenza. Dalle lezioni di inglese si è così passati anche alla condivisione di momenti di gioia, tra la musica e la danza, tanto che le guardie hanno ammesso di non averli mai visti così felici». Anche i giovani del Movimento dei Focolari si sono attivati su questo fronte, invitando i migranti ad iniziative rivolte ai ragazzi come Run4Unity, alla Mariapoli – un raduno di più giorni dei Focolari, amici e simpatizzanti. «Il nostro progetto sta gradualmente guadagnando visibilità – ha concluso Anna – tanto che siamo stati invitati dalla diocesi a condividere l’esperienza con gli altri Movimenti ecclesiali». (altro…)
Nov 12, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo
[:de]
Auch die inhaltliche Ausrichtung wurde überarbeitet und bietet jetzt interessierten Usern einen guten ersten Einblick in Leben und Initiativen der Fokolar-Bewegung. Vor allem aber lässt die neue Seite Menschen zu Wort kommen, die sich an der Spiritualität der Fokolare orientieren. Ganz neu etwa: „Ich bin dabei, weil…“ – Freunde der Fokolare fassen in wenigen Sätzen zusammen, warum sie sich in der geistlichen Gemeinschaft engagieren. „Die Seite hat etwas von einem Springbrunnen“, schreibt eine der ersten Besucherinnen. „Die Startseite wirkt zunächst sehr ruhig, aufgeräumt… Und wenn man dann etwas anklickt, springt einem sehr lebendiges Leben, Vielfalt, “Buntheit“ entgegen“. Kommen Sie uns gern mal besuchen! www.fokolar-bewegung.de[:]
Nov 12, 2015 | Centro internazionale, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Ambiente e Diritti: un tema di grande attualità, a pochi mesi dalla Laudato Si’, l’enciclica di Papa Francesco sull’ambiente, e alla vigilia della COP 21, la Conferenza ONU a Parigi sui cambiamenti climatici. Come nasce l’idea? «È un progetto al quale stiamo lavorando da due anni, che cade in un momento estremamente favorevole per l’attenzione all’ambiente. Il Congresso, dal titolo “Ambiente e “diritti” tra responsabilità e partecipazione”, nasce dall’esperienza condivisa con un magistrato impegnato da anni in processi da cui emergono le tragiche conseguenze e i gravi danni dovuti all’uso irresponsabile delle risorse naturali. Conoscendo come la rete di Comunione e Diritto è estesa in tutto il mondo, ha colto in essa la possibilità di far conoscere e condividere difficoltà e problemi anche dei Paesi più lontani e dimenticati. Dal confronto è nata l’idea di fare qualcosa, che potesse essere una risposta positiva globale». Dal programma emerge un forte coinvolgimento dei giovani. Che percorso avete seguito? «Si tratta del risultato di un confronto avvenuto durante il Seminario internazionale a Castel Gandolfo, in Italia (marzo 2014) tra 40 studiosi e studenti dell’Europa, Africa e Brasile e dalla Summer school ad Abrigada, in Portogallo (luglio 2014) tra giovani europei e africani. Questi ultimi hanno approfondito il tema dell’ambiente nella prospettiva della responsabilità e partecipazione e si sono impegnati a continuare la ricerca sino al Congresso, in programma per il 13-15 novembre prossimi». I partecipanti arrivano da 4 Continenti, rappresentano 21 Paesi. Una prospettiva internazionale dunque, dalla quale guardare le legislazioni vigenti in materia ambientale, con quali obiettivi? «Vorremmo mettere in luce il concetto di relazionalità che è costitutiva della persona. Il nostro essere con gli altri, in una relazione di cura e di attenzione, esige responsabilità nei nostri rapporti sia con l’altro che con la natura. Se vissuti così, questi rapporti ci permettono di cogliere anche le relazioni di Amore che sottostanno al Creato. Un altro obiettivo è quello di rafforzare il concetto di partecipazione nell’attività legislativa. Durante il congresso si valuterà, anche una proposta di legge popolare che va in questa direzione. La proposta parte da una legge regionale siciliana relativa al territorio di Pachino che ha evidenziato il contrasto tra la “procedura legislativa” e il “potere partecipativo”. In pratica assume un ruolo fondamentale la comunicazione con i soggetti interessati, in modo che essi possano valutare le proposte legislative e regolamentari in corso». «Inoltre, vogliamo dare voce a Paesi diversi e distanti tra loro, spesso dimenticati o alla ribalta per situazioni drammatiche, come ad esempio la Repubblica Centrafricana. Si parlerà non solo attraverso un approccio teorico, ma con storie e testimonianze: conduzione di inchieste sui danni all’ambiente per illeciti, “alt” ai poteri forti negli apparati statali, il problema della deforestazione e desertificazione nell’Africa sub sahariana…». È anche un convegno con un approccio interdisciplinare. Tra i partecipanti ad esempio, EcoOne, è una rete di studiosi in campo ambientale ed ecologico che esprime da anni l’attenzione dei Focolari per l’ambiente… «Studiosi di ecologia, fisica ambientale, ma anche economisti, pedagogisti, politologi, architetti, saranno presenti insieme a noi. Con loro, in particolare nella tavola rotonda della domenica mattina, la riflessione si sposterà sulla prospettiva di una visione unitaria che possa ricomporre i due termini: uomo e natura. Nell’ultima sessione interverrà la presidente dei Focolari Maria Voce, avvocato, che tra l’altro è stata tra gli iniziatori di Comunione e Diritto, la rete di studiosi, studenti e operatori del diritto, nata nel 2001 da un’intuizione di Chiara Lubich. CeD, in sintesi, promuove e affianca le più varie iniziative per elaborare e diffondere una nuova cultura fondata sulla relazionalità quale categoria giuridica, ma anche chiave dei rapporti tra operatori del diritto». Comunicato stampa (altro…)
Nov 11, 2015 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

La famiglia Molu
L’inasprirsi nella Repubblica Centrafricana dei gravi disordini politico-militari non fa cambiare programma a Papa Francesco che da autentico messaggero di pace, nell’omelia di Ognissanti annuncia che il 29 novembre si porterà in quel martoriato Paese. Lì da oltre tre anni si sta consumando uno dei tanti focolai di guerra che punteggiano il pianeta, ai quali neppure la Comunità Internazionale sembra dare peso. Guerre fratricide, guerre dimenticate. Tutto ha inizio nel 2012 con l’occupazione di vaste zone del Paese da parte di gruppi di ribelli, con distruzioni non solo di sedi istituzionali ma anche di tutto ciò che di cristiano incontrano: un fattore nuovo per la Repubblica Centrafricana, prevalentemente cristiana, con una minoranza di musulmani e persone di religioni tradizionali che coabitano pacificamente. Profanazione di chiese, saccheggio delle opere sociali, scuole, ospedali, dispensari, negozi e case di cristiani, portano ad un’altissima emergenza alimentare e sanitaria. Su una popolazione di 5 milioni di abitanti, 820.000 debbono lasciare le proprie case. Non si può più costruire, mandare i figli a scuola, non si può più coltivare. Anche quel terreno comunitario, che una decina d’anni orsono una Fondazione italiana aveva comprato per le famiglie dei Focolari, rimane forzatamente incolto. Un pezzo di terra recintato, un pozzo, la casetta del custode e, di anno in anno, le risorse per acquistare le sementi. Un progetto che consentiva di sfamare le famiglie e anche di ricavare qualcosa vendendo alcuni prodotti, che ora non ci sono più. Rimane attivo il progetto AFN (www.afnonlus.org) di sostegno a distanza per bambini e adolescenti, ma le sottoscrizioni sono solo 89, una goccia nel mare. Nel 2013 Petula e Patrick Moulo, tre figli e due adottati, accolgono nella loro casa di Bangui 34 persone, condividendo quanto hanno. Anche se è tutto limitato – cibo, spazio, coperte – sopperisce l’amore, facendo tutti insieme l’esperienza del “Meglio un pezzo di pane secco nella pace, che l’abbondanza di carne nella discordia” (Prov. 17,1). Fra essi c’è anche una donna musulmana con i suoi piccoli figli. Anche le altre famiglie dei Focolari aprono casa e cuore. La gente cerca di mantenere un atteggiamento pacifico, di non resistenza, con la speranza di attenuare la repressione. Non è così. Quando sembra tutto risolto – la cosiddetta ‘liberazione’ del dicembre 2013 – la guerriglia si riaccende, lasciando una scia di devastazione. Tanti corpi rimangono insepolti. Dopo due mesi si vedono ancora le salme di persone torturate e uccise scendere nel corso dei fiumi. Ci si rifugia nei campi, al freddo e senza mangiare. In ogni famiglia c’è qualcuno rimasto ucciso. Una guerra nascosta, subdola, che in tre anni fa più di 5.000 vittime, sconvolgendo l’intera popolazione con fame, malattie, insicurezza, stipendi a singhiozzo. All’inizio 2015 si apre un periodo di tregua, ma i recenti fatti di sangue del 26 settembre e del 29 ottobre riaccendono il terrore: morti, feriti, case bruciate. In una notte tutti i campi profughi che via via si stavano svuotando si riempiono di nuovo. Nel ‘campo’ dei Focolari dormono (all’aperto) 96 adulti, mentre i loro bambini dormono ammassati nella casetta di Irene e Innocent, i custodi del progetto. La comunità dei Focolari mette insieme il poco che ha: vestiti, cibo, coperte, da condividere con chi tra loro ha perso tutto, portando aiuto anche agli sfollati che si trovano nei vari campi di accoglienza. La popolazione è allo strenuo. Papa Francesco fra poco sarà lì con loro, “per manifestare la vicinanza orante di tutta la Chiesa (…) ed esortare tutti i centroafricani ad essere sempre più testimoni di misericordia e di riconciliazione…”. Ad accompagnarlo saranno le preghiere di tutti noi, insieme ad auspicabili, doverosi, gesti concreti di solidarietà. (altro…)
Nov 10, 2015 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
From 21-25 October 2015, at the Mariapolis Centre in Castel Gandolfo (Rome), a workshop dedicated to the second phase of the Cayrus* International Youth Project, entitled “Launching Peace”, brought together 60 members from eight countries who belong to associations aimed at highlighting the use of arts to promote awareness and to inspire creative activism in peace building. The meeting started off with participants sharing their impressions from the previous conference held in Cairo, Egypt, during April-May this year. This was followed by a presentation of the European Union programs by Marco De Salvo, and the idea was launched to work together on a project.
After working in groups, some very interesting proposals emerged. One which attracted everyone was using the culture of food as a tool towards fraternity and promoting peace. The idea is to bring together young people from all participating associations and to share foods from their cultures. During the experience, which will last for five days, the young people will also deepen the theme on how to be builders of peace in their respective nations. One very interesting initiative which is worth mentioning concerns a Palestinian couple, Milad William and Manar Whab. Together they run an NGO called Vision Center for Culture and Arts (VCCA), a non-profit and non-political organization which aims to promote music, arts, and drama as communication for peace and understanding, in order to serve the four villages Al-Azaria, Abu Dees, Al-Sawahra, and AL-sheikh Sa’ed.
James Mwania
* The Cayrus Project is co-financed by the European Union in the contest of the Erasmus+ program which offers opportunities for cooperation across the education, training, youth and sport sectors.
Nov 10, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità

Il ristorante di Émerence Kibimbwa Zolakio
Neppure lei sa come ci sia riuscita. Sta di fatto che Émerence, da sola, gestisce una rivendita di bibite alcoliche e zuccherate a Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo. Gli affari vanno bene. Entrate, uscite, ricavo, guadagno. Émerence prende così tanta dimestichezza con questi termini da vedere la sua attività crescere di giorno in giorno, nella assoluta trasparenza con fornitori e clienti. E col fisco. Ad ispirare le sue mosse è il progetto Economia di Comunione (EdC), dal quale apprende che prima del profitto viene la persona e che la sua attenzione di imprenditrice deve essere centrata non sui soldi ma sui poveri. Decide di investire gli utili a favore di questi ultimi e apre prima uno e poi un altro punto-ristoro dove anche i poveri – che spesso non dispongono di cucina né di stoviglie – possono acquistare a poco prezzo del cibo pronto. Un business questo che certamente non va ad incrementare il suo capitale, anzi. Ma come tutti gli imprenditori che aderiscono al progetto EdC, anche Émerence sa di poter contare su un socio ‘nascosto’ che è la divina Provvidenza. In quattro anni, senza averli cercati o richiesti, le sono arrivati due congelatori (usati ma di valore), due stabilizzatori per l’elettricità, 52 sedie e 14 tavolini. Oltre ad uno stock di bibite. Le sue dipendenti sono per lo più ragazze a rischio o mamme sole, alle quali dà piena fiducia mettendole al corrente dell’andamento dei conti aziendali e anche degli straordinari interventi del suo socio ‘segreto’. “Una volta – racconta Émerence – avevo dato dei vestiti e qualche cosa da mangiare ad una ragazza madre. La sua salute mentale, allora, non era buona, ma poi pareva ne stesse uscendo. Mi ha chiesto di lavorare e l’ho assunta”. Émerence le dà fiducia, le insegna il lavoro e dopo due anni non solo questa ragazza ritrova pienamente il suo equilibrio, ma riesce a mettersi in proprio. Lo stesso fanno anche altre quattro ragazze le quali, diventate a loro volta piccole commercianti di cibo pronto, continuano a rimanere in contatto con Émerence quale loro consigliera permanente. L’altra donna di cui merita parlare è Albertine, anche lei di Kinshasa, madre di sei figli. Albertine è educatrice nella scuola materna del progetto Petite Flamme, un centro sociale ad opera dei Focolari finanziato dal sostegno a distanza di AFN (www.afnonlus.org). “Da diversi anni – confida Albertine – mio marito ha lasciato la casa senza motivo e tuttora non sappiamo dove sia”. Non è difficile immaginare quanto sia problematico per una donna sola portare avanti una famiglia di sei figli. Come secondo lavoro Albertine decide di vendere scarpe che compera grazie ad un prestito del centro sociale dove insegna. “Il prezzo delle scarpe che vendo non è esagerato ed è per questo che Dio mi benedice!”, asserisce convinta Albertine, che con gli introiti di questa attività riesce a pagare affitto e bollette. Così i figli possono continuare gli studi, due dei quali frequentano già l’università. “Ogni giorno rinnovo la mia scelta di Dio e Lui mi dà la forza per andare avanti – racconta Albertine -. Cerco di promuovere intorno a me i valori umani e sociali contenuti nel Vangelo. È in questo modo che potremo trasformare la società”. E se Albertine con il suo micro commercio di scarpe riesce a far vivere dignitosamente i suoi sei figli, recentemente Emérence ha visto registrata la sua attività fra due grandi marchi di fornitori di bibite della Repubblica Democratica del Congo (Bralima e Bracongo). Tutto fa pensare che il socio ‘nascosto’ sia più attivo che mai. (altro…)
Nov 9, 2015 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
«Sulla via Gocciadoro, Chiara mi indicava le stelle. Non ricordo le sue parole. Pensandoci bene, mi par di capire che era l’ansia di uscir fuori dal nostro piccolo mondo per spaziare in un mondo più vasto». Così Giosi Guella annota i suoi primi incontri con Chiara Lubich nella primavera del 1944 a Trento. La via Gocciadoro dove Chiara abitava con la sua famiglia prima del bombardamento del 13 maggio 1944, che la rese inagibile, e l’omonimo bosco (ora parco cittadino) che allora lambiva il capoluogo trentino, resta tra i luoghi simbolo del Movimento dei Focolari nella sua città d’origine. Di qui il titolo del racconto della sua vita accanto alla fondatrice dei Focolari, che con lei ha condiviso i vari momenti di luce e di prova che hanno accompagnato la nascita e lo sviluppo di questa nuova realtà nella Chiesa. Tra il primo gruppo che si unì a Chiara Lubich, Giosi Guella spiccava per la sua essenzialità, schiettezza, concretezza. Già nell’autunno del 1944, aveva condiviso con Chiara il piccolo appartamento in piazza Cappuccini 2, a Trento. Iniziava in tal modo a prendere forma la prima cellula di quello che sarebbe stato il Movimento dei Focolari. Dovunque ha vissuto, Giosi ha accolto e sollevato sofferenze, offerto consigli accorti, aiutato a trovare casa, lavoro, fiducia. Ha dato così impulso al consolidamento di tante comunità dei Focolari, facendo sì che fra tutti fossero condivisi dolori e gioie, conquiste e sconfitte, offerte inaspettate di risorse che andavano a ripianare richieste impellenti di aiuto. Tutto contribuiva al “capitale di Dio” che si andava formando, composto di beni, ma anche di bisogni, di cui fin da allora fu amministratrice oculata e allo stesso tempo generosa. Con la sua attenzione costante verso gli ultimi, le fu congeniale organizzare, a partire dal 1948, la comunione dei beni del primo gruppo trentino: si tratta di quella pratica, poi diffusa nel Movimento dei Focolari in tutto il mondo, che si ispira alla vita della prima comunità cristiana, dove si mettevano in comune i propri beni, affinché non ci fosse nessun indigente. In seguito, man mano si diffondeva il Movimento in vari paesi e si rendevano necessarie azioni sociali di vario tipo, continuò a seguirne lo sviluppo. Ebbe poi modo di accompagnare i primi passi del progetto per un’“Economia di Comunione”, lanciato da Chiara Lubich in Brasile nel 1991. A vent’anni dalla sua morte, viene pubblicata una sua biografia, certamente non esaustiva, attingendo dai suoi pochi scritti e discorsi registrati. Infatti, lei non amava tanto scrivere, preferiva “agire”. Sono dunque tanto più preziose quelle pagine, di una straordinaria franchezza e disarmante semplicità. Mi sono affidata perciò a quegli scritti, sul crinale tra cronaca e storia, lasciando a lei la parola per quanto mi è stato possibile. E quando il racconto si interrompeva, ho potuto raccogliere alcune interviste di quanti hanno condiviso con lei tanti tratti del cammino di un’Opera di Dio che, “scritta in cielo”, man mano si andava dispiegando in terra lungo vie misteriose e ancora inesplorate. Le loro testimonianze mi hanno permesso di tratteggiare alcuni passaggi di questa semplice, “troppo semplice” vita, eppure fortemente intrecciata con quella dei Focolari, alla cui costruzione Giosi ha dato tutta se stessa con il proprio inconfondibile timbro. Caterina Ruggiu Lungo la via Gocciadoro, Città Nuova editrice (altro…)
Nov 7, 2015 | Centro internazionale, Cultura, Spiritualità
«Non si è mai parlato di diritti del lavoro come ai tempi nostri; e non si è mai fatto tanto abuso dei lavoratori come in questi tempi. Essi hanno fornito le masse per i raduni e le cataste per le stragi, e la carne per le rappresaglie; sono stati rastrellati per strada… I sopravvissuti sono rimasti spesso senza casa e senza famiglia. E pure oggi bisogna riprendersi, rivincere la morte: fare come Pietro pescatore che dice al Maestro: “Ci siamo affaticati tutta la notte, non abbiamo pescato niente; pure, sopra la tua parola, calerò la rete”. Sopra la parola di Gesù, con speranza, dopo la notte di rovine e di sangue, bisogna ricominciare. E il Padre premierà la nostra fiducia. Noi siamo impegnati tutti, lavoratori del braccio e dell’ingegno, a una grande impresa: ritirare su l’edificio sociale e politico sfasciato, con coraggio e senso di responsabilità, senza tentennamenti… Non ci voltiamo indietro e non paventiamo. Dietro le nostre spalle sono gli sfruttatori dell’uomo, i tiranni che hanno arse le case e inceppato la libertà, i semidei che scatenano la guerra: sono i carnefici e i becchini. E noi avanziamo, sia pure con la croce sulle spalle, verso la Redenzione, che vuol dire libertà: libertà da ogni male, e quindi anche dal bisogno e dalla paura». (Igino Giordani, «Fides», giugno 1951) «Si svaluta il lavoro dissociandone il valore economico dal valore spirituale. Quando Dio si mescolò agli uomini, lo fece da lavoratore fra lavoratori. Per trent’anni compì anche lui opere manuali, del cui frutto aiutò la cerchia dei familiari e dei vicini: poi per tre anni compì opere spirituali, del cui frutto beneficò l’umanità intera, di tutti i tempi. Il lavorare è connaturato con l’uomo e necessario alla sua vita, come il respirare, come il mangiare. Tenere l’uomo ozioso equivale a obbligare gli uccelli a non volare. Con l’avvento del Redentore, – un lavoratore manuale che era Dio – furono rivalorizzati divinamente lavoro e fatica e trasfigurati in mezzi ordinari di santificazione. Uno che lavora secondo la legge di Dio, sopportando la fatica per amore di Lui, si santifica; l’opera spesa ai campi, all’officina, all’ufficio, in chiesa gli vale, se fatta come Dio vuole, al pari di una preghiera. E anche il salario è duplice. Si è pagati per il valore economico prodotto con le mani e con l’ingegno, sul piano umano; e si è pagati per i meriti di pazienza, ascesi e distacco, acquistati sul piano divino. Uno mentre costruisce una cosa, se sopporta la fatica facendone materia di redenzione, costruisce anche un tratto del suo destino eterno. Il figliol prodigo inizia la riabilitazione quando si mette a lavorare, così come aveva iniziato la degradazione quando s’era messo ad oziare. Lo sfruttamento vero del lavoro e quindi del lavoratore avviene in forza della pretesa materialistica di negare la partecipazione dello spirito all’opera delle mani o dell’intelligenza: di divaricare il divino dall’umano, lo spirito dal corpo, la morale dall’economia, il Padre nostro che è nei cieli dal pane nostro che ci serve quotidianamente in terra. L’uomo non vive di solo pane per lo stomaco: abbisogna anche d’un nutrimento per l’anima. Respinger l’uomo contro la sola istanza economica è come volerlo sfamare da una metà per affamarlo dall’altra. L’uomo-Dio ha visto e vede sempre il divino e l’umano. Non uno solo dei due, ma tutti e due. E allora poiché i pescatori suoi ospiti non hanno pescato niente durante tutta la notte di fatica e poiché per lui vale la norma “chi non lavora non mangi”, li invita, dovendo pur mangiare, essi e le loro famiglie, a ricominciare l’opera: a gittare di nuovo le reti nelle acque del lago. E quelli nel Suo nome ricominciano. Dio invita di continuo a non scoraggiarsi, a non disperare, ma a riprendere il lavoro, sempre, in nome Suo. Al pari della persona umana, la società ha bisogno di entrambi i lavori, perché possa respirare con entrambi i polmoni, e vivere sana e libera. Se no, agonizza, poiché patisce o della fame corporale o della fame spirituale: senza dire che l’una fame trae con sè anche l’altra. Se non c’è il Padre in cielo, viene a scarseggiare anche il pane in terra; perché in mancanza di Lui, i lavoratori non si sentono più fratelli – e allora si combattono e derubano- ; – come è successo e succede contro tanti nostri emigranti che da altri lavoratori sono osteggiati e respinti». (Igino Giordani «La Via», 1952) (altro…)
Nov 6, 2015 | Focolari nel Mondo
Nel cinquantesimo anniversario del Documento Conciliare “Nostra Aetate”, Jerusalemexpo2015 valorizzerà, mostrandolo, un meraviglioso caleidoscopio di quotidiano impegno a rinsaldare la fraternità, incrementare il dialogo e superare ogni sorta di divisione. Famosi artisti oltre che i talenti più diversi hanno aderito alla chiamata di comporre insieme, il prossimo 12 novembre, la suddetta expo. Un evento che vuole evidenziare che a Gerusalemme, nonostante la ricorrente violenza, c’è un forte desiderio di unità che si esprime in iniziative genuine e fraterne. L’evento sarà trasmesso in streaming. Website: http://www.jerusalemexpo2015.com/ Facebook: https://www.facebook.com/NostraAetateJerusalem/ (altro…)
Nov 6, 2015 | Chiesa, Focolari nel Mondo
L’evento si articola in un Congresso (30 Giugno-1 Luglio 2016) e in una manifestazione pubblica all’aperto il giorno seguente (2 Luglio 2016) con la quale si vuole dare un segno forte di speranza. Attraverso vari interventi, testimonianze, canti, preghiere si desidera testimoniare che l’unità è possibile, che la riconciliazione è la porta per l’unità nella diversità – come si è sperimentato da oltre 15 anni nell’insieme di Comunità e Movimenti di varie Chiese. L’unità è possibile. Vivendo il Vangelo di Gesù Cristo si possono superare le divisioni tra persone, tra popolazioni e partiti, tra culture e anche tra le Chiese e confessioni cristiane.
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«7 Sì» riassumono l’impegno per l’Europa delle Comunità e dei Movimenti cristiani di Insieme per l’Europa 2016
Programma evento (altro…)
Nov 6, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Il 22 agosto 1944, ho perso l’unica mia sorella nella tragedia navale di Tsushima maru», la nave passeggeri affondata da un sommergibile americano, in cui morirono oltre 1400 civili, tra cui oltre 700 bambini. «Mia madre, fino alla morte a 96 anni, ha continuato a soffrire e a ripetere: “La guerra me l’ha mangiata”». A raccontare la sua storia, dal profondo del cuore, è la signora Toshiko Tsuhako. La sua città, sull’isola Okinawa, è stata teatro tra aprile e giugno del 1945 dell’unica battaglia via terra combattuta in Giappone: 150mila morti. «Avevo ancora l’età di una bambina innocente quando mi sono trovata immersa nella tragica esperienza della guerra a contatto con le dolorose ferite che essa causa al corpo e agli animi delle persone. A 12 anni è arrivata la fine della guerra. Mia madre era di costituzione fragile ed essendo rimasta figlia unica mi sono dedicata con tutte le mie forze a cercare di sostenerla e di alleviare le sue afflizioni. A 16 anni ho incontrato la fede cristiana ed ho ricevuto la grazia del battesimo». Già adulta viene a contatto con la spiritualità dei Focolari: «Sono rimasta molto sorpresa nel sentire che la fondatrice Chiara Lubich durante la II Guerra Mondiale ha capito che Dio ci ama immensamente e che siamo tutti fratelli e sorelle che aspirano a un mondo unito, perché questa realtà coincideva con il grande sogno che portavo in me da quando ero ragazza». «Anche se sapevo che tutto ciò che succede è nelle mani di Dio, innumerevoli volte mi chiedevo: “perché ci sono ancora le guerre dolorose e crudeli?”, mentre io continuavo a sognare sempre una “Famiglia globale” dove le persone vivono la gratitudine vicendevole e la comunione». «Per costruire un mondo vero di pace penso che Dio abbia bisogno della collaborazione degli uomini. Occorre coltivare cuori che amino anche il proprio Paese, ma più di ogni altra cosa, anime sensibili che si donino al bene delle persone, che sappiano amare». «In questa ricorrenza della fine della guerra – testimonia Toshiko – rinnovo la mia fiducia in Dio e il mio impegno a proseguire il cammino nella costruzione della pace». (altro…)
Nov 5, 2015 | Cultura, Spiritualità
Vivemos num mundo em que as relações humanas não são mais condicionadas pelos limites geográficos, em que as informações em poucos segundos giram o mundo pelas redes sociais. Tudo isso, ao lado das tensões que há no mundo, revela o longo caminho para uma convivência pacífica e harmoniosa de homens e mulheres. As palavras unidade e relações fraternas têm sido repetidas por líderes e membros de Igrejas cristãs e de outras religiões. Nos documentos do Concílio Vaticano II, a Igreja Católica se define como “instrumento de unidade dos homens com Deus e entre si” (LG 1). Nos anos 1940, Chiara Lubich foi marcada pela oração de Jesus, no capítulo 17 do Evangelho de João: “ut omnes unum sint…” [que todos sejam um], a unidade. A seleção de textos contida neste livro, em parte inéditos, apresenta a compreensão de Chiara e sua vivência inspirada nesse pedido de Jesus a Seu Pai. A unidade é um dom divino, fruto de um empenho mútuo em viver o mandamento de Jesus: “Como eu vos amei, amai-vos também uns aos outros” (Jo 13,34). Organizadores: Donato Falmi [1949-] é editor, graduado em Letras e em Teologia pela Pontifícia Universidade Lateranense (Roma). Florence Gillet [1943-] é doutora em teologia. Atualmente trabalha no Centro Chiara Lubich, Rocca di Papa, Itália. Para mais informações: (11) 4158-8893 comunicacao@cidadenova.org.br Editora Cidade Nova
Nov 5, 2015 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Il 28 ottobre del 1965, i Padri del Concilio, ormai avviati verso la conclusione della storica assise mondiale dei vescovi della Chiesa cattolica, promulgavano Nostra Aetate, il documento di gran lunga più breve fra quelli emersi dai lavori conciliari. È trascorso mezzo secolo da quel giorno e la portata di quelle brevi pagine si è rivelata profetica se si pensa che la Chiesa cattolica veniva da secoli di convinzione pressoché adamantina che ‘fuori della Chiesa non c’è salvezza’ – il famoso adagio latino extra ecclesiam nulla salus. Benedetto XVI, nel febbraio del 2013, pochi giorni dopo aver annunciato il suo ‘ritiro’, riflettendo sul Concilio, al termine dell’anno che celebrava il cinquantesimo del suo inizio, definiva questo documento, insieme a Gaudium et Spes e a quello sulla libertà religiosa, come «una trilogia molto importante, la cui importanza si è mostrata solo nel corso dei decenni». In effetti Nostra Aetate ha aperto l’orizzonte del mondo cristiano verso gli altri in quanto ‘altri’, ma la sua gestazione, all’interno dei procedimenti conciliari, era stata tutt’altro che facile. Nata da un suggerimento personale a Giovanni XXIII da parte dello storico ebreo francese Jules Isaac, lo schema iniziale era stato affidato dal Papa al card. Bea. Si pensava ad un documento che contribuisse a scongiurare il ripetersi di tragedie come la Shoà ma, dopo lunghe e complesse discussioni, il Concilio arrivò a quelle poche pagine che si rivolgevano a tutte le religioni del mondo. In effetti, attraverso un laborioso e non facile percorso, il documento si apre a tutte le maggiori fedi religiose, con un accento, senza dubbio, particolare nei confronti dell’ebraismo e dell’islam. Nostra Aetate sottolinea come gli ebrei debbano essere presentati in positivo: «non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura». Soprattutto, si esclude la responsabilità collettiva di Israele nella morte di Gesù. Cambia così radicalmente la prospettiva cristiana e cattolica vecchia di secoli, potremmo dire di quasi due millenni. Allo stesso tempo emerge un grande rispetto anche nei confronti dell’Islam. «La Chiesa guarda anche con stima i musulmani – dichiara il documento – e, «se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà». Come accennato, è chiaro anche il riconoscimento di tradizioni come induismo e buddhismo senza dimenticare le religioni tradizionali. Infatti, vi si afferma che “la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni”. Quelle che spesso nel corso della storia non erano state riconosciute come religioni erano ora valorizzate dalla tradizione cattolica che riconosceva la presenza di verità e santità anche nelle loro tradizioni.
In questi giorni una grande varietà di eventi vengono celebrati in diverse parti del mondo per riflettere sul valore di Nostra Aetate e sulle conseguenze che essa ha significato nell’incontro fra uomini e donne di diverse tradizioni religiose. Fra tutti, particolarmente significativo è stato quello tenutosi presso la Pontificia Università Gregoriana ed organizzato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Per tre giorni, dal 26 al 28 ottobre, circa 400 persone di diverse provenienze sia geografiche che culturali e religiose, hanno vissuto e riflettuto insieme su quanto avvenuto in questi cinquant’anni. Erano presenti rappresentanti di tutte le maggiori religioni del mondo (ebrei, musulmani, indù, giainisti, buddhisti, sikhs, e rappresentanti della Tenri-kyo e delle religioni tradizionali africane). Si è riflettuto su argomenti di grande rilevanza oggi: violenza e impegno per la pace, la sfida della libertà religiosa, educazione e trasmissione dei valori.
Il convegno, aperto dal card. Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e dal card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, si è concluso con una ricca ed articolata riflessione su ‘Educare alla pace’ da parte del card. Pietro Parolin, Segretario di Stato. I partecipanti hanno, poi, preso parte all’Udienza in Piazza S. Pietro dove Papa Francesco ha dedicato la sua catechesi proprio a Nostra Aetate proponendo una road-map per il futuro del dialogo, incoraggiando a lavorare insieme per i poveri, per la giustizia e per l’ambiente, senza dimenticare la pace. Al convegno hanno partecipato Rita Mousalem e Roberto Catalano, co-direttori del Centro del Dialogo Interreligioso del Movimento dei Focolari, che hanno portato ai presenti il saluto di Maria Voce e del Movimento e brevemente tracciato i tratti salienti del dialogo dei Focolari, assicurando l’impegno dei membri a continuare a lavorare per l’incontro e l’amicizia fra uomini e donne di diverse fedi. Roberto Catalano (altro…)
Nov 4, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Connettere i sogni, diffondere una nuova cultura: un titolo programmatico quello scelto per la Scuola interamericana di Economia di Comunione che si è svolta dal 26 al 31 ottobre nella Mariapoli Ginetta (San Paolo – Brasile), il luogo che, nel 1991, ha visto nascere dall’ispirazione di Chiara Lubich, il progetto EdC. 60 giovani partecipanti provenienti da Paraguay, Argentina, Messico, Guatemala, Cuba, Colombia, Bolivia e Brasile, hanno dato la loro decisa adesione ad avventurarsi nel mondo dell’imprenditoria secondo i principi innovativi presentati dalla fondatrice dei Focolari alla nascita del progetto. A sostegno della realizzazione di sogni e progetti, gli imprenditori presenti hanno dichiarato la loro piena disponibilità ad accompagnare con la propria esperienza questo cammino certo non facile che i giovani intendono intraprendere. La proposta è stata accolta con entusiasmo. Già a conclusione della scuola, ogni studente ha ricevuto dal proprio partner il certificato di partecipazione. È nata così una nuova esperienza di comunione che è stata chiamata “Operazione uno per uno”. Non solo. Maria Clézia Pinto, responsabile dei progetti dell’Anpecom (associazione che coordina le varie iniziative per un’Economia di Comunione in Brasile) ha annunciato l’avvio di un Programma di sostegno economico rivolto a piccole imprese che operano in situazioni di vulnerabilità sociale, offrono prodotti di alimentazione o servizi a favore dell’educazione, salute e abitazioni e ad iniziative tese allo sviluppo umano e sociale a favore delle classi di reddito medio-basso, basso e a quelle più indigenti. Si tratta di un programma ispirato ad iniziative già in atto in altre aree del mondo che offrono finanziamento e benefici vincolati all’adesione alle linee generali dell’EdC.
Nell’invito, chi ha lavorato alla preparazione della scuola aveva scritto rivolgendosi ai coetanei: “Non ci arrendiamo di fronte alle disuguaglianze e ingiustizie sociali”, lanciando una sfida: “E se questa trasformazione cominciasse dal prendere coscienza di che cosa sono povertà, economia, lavoro, relazioni interpersonali”? È stato su questi e altri temi di grande attualità, che si sono svolte tavole rotonde, incontri di gruppo, dove protagonisti erano proprio i giovani, insieme ad esperti ed imprenditori di anni di esperienza. Anouk Grevin, della Commissione Internazionale dell’EdC, nel suo intervento conclusivo, ha confidato che, sin dalla fase preparatoria, viva era l’aspettativa che la Scuola fosse come un laboratorio che potesse aprire nuove strade per l’EdC non solo in America Latina, ma nel mondo. (altro…)
Nov 3, 2015 | Cultura
Unity offers the reader the opportunity to develop a deeper appreciation of the communal aspect of Christian life, and the implications of a communitarian spirituality for the Church and humanity. Available also as an eBook For more information see New City Press (NY)
Nov 3, 2015 | Cultura
La questione operaia e il cristianesimo è l’opera più famosa nella storia del pensiero sociale della Chiesa. A scriverla non fu un docente universitario, né un capopopolo proveniente dalle masse lavoratrici, ma l’arcivescovo di Magonza, Wilhelm Emmanuel von Ketteler. La scrisse nel 1864, cioè qualche anno prima che Marx pubblicasse Il capitale. Molte delle tesi contenute in La questione operaia e il cristianesimo confluirono nella Rerum novarum di Leone XIII. Dunque l’opera di Ketteler anticipa tutto e tutti: è prima di Marx, precorre la Rerum novarum, inaugura il filone moderno della dottrina sociale della Chiesa. Come spesso accade, queste pietre miliari del cristianesimo – quando non sono dimenticate – sono più citate che lette. Nel caso di Ketteler, tale risultato è stato favorito dal fatto che l’unica traduzione in italiano di questo volume risale al lontano 1870, e che tale libro è oggi introvabile anche presso le biblioteche! Finalmente ora ne abbiamo una nuova edizione, con una nuova traduzione a cura del Centro Studi Igino Giordani. Non poteva che essere tale Centro Studi a condurre questa operazione impegnativa. Giordani fu tra i grandi divulgatori di Ketteler. Nella prima metà del Ventesimo secolo, egli presentava il pensiero del vescovo di Magonza per spiegare il punto di vista del cristianesimo sulla realtà politica ed economica del suo tempo, soprattutto nei confronti con il socialismo e il liberalismo. La questione operaia e il cristianesimo, infatti, presenta con ordine e precisione la posizione cristiana attorno ai temi della proprietà privata, del lavoro e dello sfruttamento. Pone al centro del discorso la dignità della persona, contro lo sfaldamento sociale preteso dal liberalismo individualista, e l’idolatria dello Stato voluto dal socialismo. In tal senso, l’insegnamento di Ketteler è attualissimo in tempi, come quelli di oggi, in cui di fronte alla globalizzazione si vorrebbe la rottura dei legami comunitari e/o l’assorbimento di ogni cosa nel grande minestrone della mondialità. A cura del Centro Studi Igino Giordani www.iginogiordani.info
Nov 3, 2015 | Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Sull’autobus Sul bus 45 che prendo tutti i giorni per andare a lavoro sale un uomo visibilmente di cattivo umore. La gente che se n’è accorta gli fa spazio e si allontana. Io però rimango dove sono e lo aiuto a sistemare i sacchetti di plastica che ha in mano. La mia giornata sembra diventare più luminosa. Un altro giorno, sullo stesso bus, ecco ancora quell’uomo. Appena mi vede, viene subito a salutarmi. E questo continua ad accadere. Basta veramente poco perché l’altro, qualsiasi prossimo che incontro nella mia giornata, si senta accolto e amato. E. M. – Ungheria
Tatuaggi In treno, sono seduta accanto a una ragazza e a un ragazzo coperti di tatuaggi dal carattere satanico. La mia propensione a cercare il positivo negli altri mi fa pensare che i due avranno un motivo per esibire certi simboli. Dopo qualche esitazione, mi faccio coraggio e chiedo loro il senso di quei tatuaggi. I loro occhi si accendono. Si alternano nel rispondermi, ma con la stessa dolcezza: «Le siamo grati per questa domanda. In genere la gente ci giudica e nel migliore dei casi finge di non vederci. Non siamo come appare, vogliamo solo dare uno schiaffo a questa società paralizzata e senza midollo spinale». M. I. – Francia Una carrozzina per Jamal Era una domenica pomeriggio. Jamal, un operaio marocchino di mia conoscenza, mi aveva portato delle mele. Parlando con lui, sono venuta a sapere che verso dicembre gli sarebbe nato un figlio. Però non avevano nulla del necessario per questa creatura; soprattutto sarebbe servita una carrozzina. Dopo averlo ascoltato attentamente, mi è venuta un’idea: «Perché non chiediamo noi due insieme aiuto a Dio? Lui è uno per tutti, puoi chiamarlo con un altro nome, ma è sempre Dio. Lui saprà come farci arrivare la carrozzina». A Jamal è piaciuta la proposta. Eravamo nel cortile, all’aperto; abbiamo alzato gli occhi al cielo e abbiamo pregato così: «Signore Dio, abbiamo bisogno di una carrozzina. Pensaci tu». Eravamo un giovane musulmano e una donna cattolica: due fedi diverse, eppure uniti nel chiedere. Dio ha accolto la nostra preghiera: già il giovedì successivo è arrivata in dono la carrozzina richiesta. V. M. – Italia (altro…)
Nov 2, 2015 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
https://vimeo.com/140569797 (altro…)