Ott 23, 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità

Per non interrompere le attività quotidiane gli studenti hanno organizzato delle aree di studio all’aperto per poter continuare a studiare.
«Trovo difficile che queste cose siano successe nella città dove sono cresciuta. Ho pensato tantissimo, ho un grande desiderio che ci sia la vera democrazia, vorrei fare qualcosa per questo motivo, ma allo stesso tempo lottando per essa, non riesco a pensare che non ci sia pace nella società». Le fa eco un’amica dei Giovani per un mondo unito: «Chiara Lubich ci ha sempre parlato del dialogo e l’ha vissuto in prima persona; per questa situazione a Hong Kong per raggiungere una democrazia c’è tanto bisogno di dialogo, ma è difficile, specialmente per noi asiatici. Noi giovani adesso abbiamo tante possibilità di conoscere le idee di tutti attraverso i mass media, ma quando ci troviamo di fronte a qualcuno che la pensa diversamente abbiamo paura di rompere il rapporto e quindi non sappiamo come fare. A parte pregare per questo visto che non siamo noi leaders, cosa possiamo fare?». Sono riflessioni emblematiche di giovani di Hong Kong che osservano perplessi il movimento di protesta nella metropoli cinese. Occupy central with peace and love, il movimento cominciato a fine settembre – dopo alcune settimane in cui i media internazionali hanno puntato la loro attenzione sulle piazze di Hong Kong – prosegue con minore intensità la propria battaglia, ma tenendo fermo l’obiettivo: ottenere un “vero” suffragio universale per le elezioni del 2017. I sentimenti a riguardo sono contrastanti. «In questi giorni anche io sono andata a partecipare alla protesta anche se non sarei un tipo così attivo, ma sento fermamente che come giovane che vive per un mondo unito e come una studente di HK di fronte a un sistema sociale così ingiusto dobbiamo esprimere e far sentire le nostre richieste». E continua: «Ho sperimentato in prima persona cosa vuol dire disarmonia; fino adesso pensavo che questi fatti succedessero solo in nazioni in guerra e lontane da HK, ma quando ho visto la polizia che lanciava i gas lacrimogeni sugli studenti, scatenando una certa violenza, mi sono resa conto che questo problema era vicino a me. Tutta questa situazione nella città che amo mi fa male. Quello che posso fare è solo continuare a pregare e continuare a credere che Dio avrà cura di HK». 
Gli studenti lasciano messaggi e impegni a vivere questo tempo nella pace.
«Durante questa dimostrazione anche io come studente ho partecipato, sono fiera di essere una giovane di HK. Ma in questi giorni la situazione è diventata incontrollabile. Questa protesta mi dimostra che nella nostra società mancano l’amore e la comprensione. Il mio impegno è ad amare ognuno e pregare per la pace nel cuore di ognuno, affinché la speranza arrivi a tutti». In una lettera comune, scrivono alla presidente dei Focolari, Maria Voce: «Leggiamo ogni giorno sui quotidiani e su internet tante notizie, da un lato delle cose belle – per esempio che i residenti di Hong Kong vivono la solidarietà, la pace e le loro azioni sono razionali, gli studenti vivono idealmente…– e dall’altro la mancanza di pace. Abbiamo visto la polizia nei primi giorni delle manifestazioni in tenuta antisommossa che cercava di sgomberare i manifestanti con i gas lacrimogeni. Tante persone di idee differenti si sono messe in conflitto le une contro le altre e diverse voci all’interno della società si sono fatte sentire con liti e disunità», ed esprimono il rinnovato desiderio di continuare con tutte le forze a essere messaggeri di unità anche in una situazione così difficile. In risposta, Maria Voce li incoraggia, dicendosi certa che con l’unità tra loro, potranno avere «la sapienza», e «trovare la luce per tacere o per parlare», essendo così «in mezzo a tutti una testimonianza di pace». (altro…)
Ott 22, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Ci sono molti modi per spingere il cambiamento oggi. A dimostrarcelo sono ancora una volta i giovani: da Occupy Wall Street, passando per le primavere arabe, fino al movimento “degli ombrelli” ad Hong Kong. Cambiano le epoche, gli strumenti, le armi e certamente le cause, ma la spinta a migliorare se stessi e il mondo, resterà sempre. È questo il messaggio lanciato il 20 ottobre scorso, dagli studenti dell’Istituto Universitario Sophia, alla cerimonia d’inaugurazione del settimo anno di vita. Dal popolo studentesco di questo piccolo ateneo toscano che si affaccia sul mondo – sono 115 di 30 Paesi – emergono alcune provenienze interessanti come Ucraina, Siria, Venezuela, Cuba, Camerun e Congo. Zone “calde”, ma in cerca di riscatto, a giudicare dalle scelte di tanti giovani, leve di questi popoli, non ultime quelle che frequentano Sophia. Vogliono conoscere, formarsi, prepararsi per agire in loro e attorno a loro. Oggi con la globalizzazione è senza dubbio più facile; esiste per questo la Fondazione “Per Sophia” che raccoglie fondi e distribuisce borse di studio che consentano a studenti indiani, brasiliani, ma anche europei e italiani di venirsi a formare ad una cultura dell’unità. A Sophia c’è grande impegno nel calibrare l’offerta accademica in base alle esigenze dell’umanità, dei mercati e del mondo del lavoro, come ha sottolineato il preside Piero Coda, ma non finisce qui. L’oro, il valore aggiunto di questo luogo è anche il “capitale umano”, gli studenti stessi, che hanno saputo fiutare la novità e la capacità rivoluzionaria dei corsi, siano essi di politica, economia o ontologia.
Samar Bandak ha 30 anni, è giordana di origini palestinesi. È tornata ad Amman da oltre un anno, dopo aver terminato nel 2012 il corso in politica allo IUS. Attualmente è uno dei dirigenti della Caritas nazionale, alla guida del dipartimento per il sostegno educativo del milione di rifugiati che sostano nel Paese su una popolazione totale di 5 milioni. Spiega così la propria scelta accademica, non proprio “ovvia”, se si considera che è laureata in Scienze della Nutrizione: «Ho scoperto che il principio della fraternità universale può essere una vera e propria categoria politica accanto alla libertà e all’uguaglianza. È una scelta, una risposta che ripara l’ingiustizia. A Sophia non si studia soltanto, si dà una grande importanza all’esperienza». C’è anche Patricio Cosso, attuale rappresentante degli studenti e proveniente dall’Argentina: «Cinque anni fa il mio obiettivo era specializzarmi in Finanza o Amministrazione per lavorare in banca o per fare qualcosa di simile di ciò che si fa a Wall Street”, racconta. “Poi, nel 2011, in una libreria ho trovato un testo che parlava di Economia di Comunione. Un binomio impossibile ai miei occhi, che pretendeva di coniugare egoismo e condivisione. Come potevano convivere? Mai avrei immaginato che oggi sarei stato qui, ad accordare formazione professionale e convinzioni etiche. Qui sto scoprendo che ogni domanda trova la luce giusta nella qualità fraterna che dò ai rapporti e nelle differenze culturali e religiose, nelle guerre, nelle crisi economiche dei nostri popoli”. “Immaginare e sperimentare una nuova cultura in tutti i campi della vita sociale: dalla famiglia alla politica, all’economia. Cioè la cultura delle relazioni”: stavolta sono parole di papa Francesco. Sì, perché nel sorprendente videomessaggio inviato per il 50° della Cittadella internazionale di Loppiano, ha voluto menzionare anche Sophia (in greco ‘sapienza’) tra le esperienze che vi hanno trovato casa, aggiungendo, e confermando così la via da percorrere, e cioè che “Principio della sapienza è il sincero desiderio di istruzione” e “la cura dell’istruzione è amore”. Galleria di foto su Flickr (altro…)
Ott 21, 2014 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Rispondere, insieme a tutto il Movimento dei Focolari, alle richieste della Chiesa e dell’umanità; sperimentare vie nuove per andare incontro a tutti, pienamente coscienti della propria identità e del contributo specifico che si è chiamati a dare: «Le periferie sono anche i nostri ammalati, gli anziani, quelli che hanno lasciato il ministero…; periferia è la Chiesa stessa quando è lontana da quella che Dio vuole». Questo, in sintesi, quanto emerso dai “cinque intensi giorni ricchi di comunione e di grande gioia”, come racconta uno dei presenti descrivendo l’esperienza vissuta al centro di Castelgandolfo con l’Assemblea dei sacerdoti focolarini. Il percorso prevedeva, dopo l’approvazione del regolamento e del programma, una giornata di ritiro e la relazione dei sei anni trascorsi e le nuove prospettive; quindi, i lavori per gruppi tematici e l’elezione del nuovo responsabile centrale. L’ultimo giorno è stato dedicato agli orientamenti per i prossimi sei anni, e al dialogo con la presidente dei Focolari, Maria Voce, e il copresidente, lo spagnolo Jesús Morán. Le meditazioni del mattino, con brani scelti di Chiara Lubich, sono stati momenti di approfondimento sullo specifico dei sacerdoti e diaconi focolarini. Si ricorda la figura di don Silvano Cola che ha aiutato Chiara a fondare questa branca del Movimento, quando ancora non era definita. Nel 1965, ad un primo incontro per sacerdoti diocesani focolarini, Chiara dà la sua visione del sacerdote focolarino, come di qualcuno che abbia sempre in cuore la preghiera di Gesù “Padre, che tutti siano uno”, e che «non si dà pace finché questo nella sua parrocchia non è fatto […]. Quindi bisognerebbe […] non rassegnarsi soltanto ai buoni che vanno in chiesa, ma tentarle tutte per avvicinare tutti […] bisogna muoversi, non si può star fermi». Chiara parla di focolari proiettati verso la Chiesa, come fermento d’unità, e spiega che il «focolare sacerdotale è come il sale che deve disfarsi nella diocesi per far diventare la minestra tutta salata, cioè la diocesi tutta “salata”. Ma se questo sale resta a sé stante è contro la propria vocazione». Nella presentazione della relazione dei sei anni trascorsi, si analizzano le priorità emerse nell’Assemblea precedente, fra le quali il rapporto con le nuove generazioni, la vita di famiglia con i sacerdoti anziani e malati, l’irradiazione della spiritualità di comunione nella Chiesa. Il dialogo che segue testimonia l’impegno e pone domande principalmente su tre aspetti: formazione, vita in comune, necessità di vivere “in uscita”. Ricordano le parole-chiave degli orientamenti scaturiti dall’Assemblea generale del Movimento: in uscita, insieme, opportunamente preparati, in forte sintonia con quanto augurato da papa Francesco nell’udienza del 26 settembre ai Focolari. Quindi, nei lavori di gruppi e nella plenaria, viene tracciato il cammino dei prossimi sei anni.
Con tutto questo in cuore si vota e la scelta converge su Antonio Bacelar, del Portogallo, il quale accetta «con la grazia di Dio, pronto a dare la vita per ciascuno di voi». È un momento di forte emozione. Don Antonio confida: «Ho nell’anima di scoprire sempre più il nostro sacerdozio mariano. Ci sono tanti “come sarà?”. Lasciamoci guidare da Dio, da Gesù tra noi e troveremo la strada. Umanamente mi viene da spaventarmi ma con voi sarà un’avventura straordinaria». In conclusione si ricorda un passaggio di santa Teresa d’Avila che lo stesso Bacelar aveva riportato il giorno prima: «Se noi siamo nell’amore, faremo tanto, in breve tempo, senza fatica». (altro…)
Ott 20, 2014 | Cultura
Father Dennis Billy examines the eucharistic teaching and contribution of twenty-six saints and mystics from the church’s past. These “voices” form a moving chorus of insight and spirituality which is helpful to all who are seeking a deeper grasp of the incredible riches of the mysterium fidei. Email: orders@newcitypress.com More info: www.newcitypress.com
Ott 20, 2014 | Chiesa, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

Dieudonné ed Emerthe Gatsinga del Rwanda
«Siamo andati a tenere un corso a Goma, in Congo (RDC). Una coppia ci ha raccontato che, dovendo scappare per l’eruzione del vulcano, lui ha venduto velocemente l’arredamento della casa, ignaro che in una poltrona erano nascosti i risparmi della moglie! E non sono sporadici questi fraintesi causati dalla mancanza di comunicazione nella coppia». A parlare sono gli sposi Dieudonné Gatsinga, ginecologo, ed Emerthe, economista, che vivono a Kigali in Rwanda. Sono stati invitati al Sinodo straordinario sulla famiglia, in quanto responsabili delle giovani famiglie del Movimento dei Focolari nel loro Paese e in Burundi, Kenya e Uganda. Da giovani si sono incontrati in un gruppo impegnato a vivere con radicalità il Vangelo, attingendo alla spiritualità dei Focolari. «Abbiamo fatto nostro questo ideale, anche come coppia – racconta Emerthe –. Sposandoci ci siamo promessi di non essere chiusi in noi stessi ma di donarci agli altri. Da allora sono trascorsi 26 anni. Abbiamo 8 figli di cui 4 adottati in seguito al genocidio in Rwanda. Non è stato facile prendersi cura di 8 figli in un momento di forte criticità sociale ed economica per il nostro Paese e con esperienze tanto dolorose alle spalle. Ma Dio ci ha aiutati ed ora sono tutti cresciuti: due di loro ci hanno già resi nonni di tre bambini». Insieme gestiscono una clinica con una ventina di posti letto. «A causa del mio lavoro – racconta Dieudonné – sono spesso a contatto con mamme che di fronte ad una gravidanza difficile vorrebbero abortire. Anche se le mie giornate sono sempre pienissime, sento che davanti a queste persone devo trovare tutto il tempo necessario per ascoltarle fino in fondo, rassicurarle, parlare loro della sacralità della vita. Sono padrino di tanti bambini, nati per questa mia condivisione». Nella loro regione i problemi della famiglia non mancano. Per tanti anni le donne, vissute nella sottomissione, ora desidererebbero affermare se stesse. «Oggi anche in Africa – sottolinea Emerthe – tante ragazze hanno accesso ad un alto grado di istruzione e non tollerano più di essere totalmente sottomesse all’uomo. Ma gli uomini non sono ancora pronti ad un rapporto paritetico e non sanno come affrontare serenamente questo cambiamento e continuano rassegnati a camminare su due livelli». «Quando incontriamo le giovani famiglie – racconta Dieudonné – portiamo loro la buona novella del matrimonio cristiano. Ricordiamo le promesse fatte il giorno del matrimonio e cioè di essere di due una sola cosa, di camminare insieme seguendo quattro direttrici: la comunicazione profonda nella coppia, la condivisione dell’economia familiare, la compartecipazione nell’educazione dei figli, la preghiera in famiglia. Questo annuncio, portato attraverso l’esperienza del vissuto evangelico, fa rifiorire la speranza in una relazione più condivisa, più gioiosa, sia per i due sposi che per i figli. Ricordo un uomo che all’insaputa della moglie aveva costruito una casa. Voleva dimostrare alla moglie di saper fare qualcosa. Lei però – poiché non si parlavano – era all’oscuro di questo proposito e continuava a giudicarlo. Quando hanno scoperto questa visione del matrimonio, si sono ritrovati e riconciliati». «È una gioia vedere che quei giovani che hanno fatto un percorso di fede consapevole – sottolinea Emerthe –, decidono per il matrimonio cristiano, scegliendo una festa nuziale sobria, in genere sostenuta dalla comunità. Quando accade che, nonostante la preparazione cristiana, non riescono a rinunciare al precedente stile di vita, cerchiamo di tenere aperto il rapporto. E quando si sentono pronti per celebrare il sacramento, viene loro naturale reinserirsi nella comunità e tornare a camminare assieme». Video: Voci dal sinodo nella famiglia la forza della fede (altro…)
Ott 20, 2014 | Cultura
Il matrimonio: un rapporto che matura nel tempo e – anche grazie all’aumento dell’età media di vita – una realtà estremamente dinamica che attraversa diverse stagioni della vita. Anche per la grave crisi che vive oggi l’istituto del matrimonio, non è semplice avere questa visione positiva. Come la vita matrimoniale può arrivare alla piena maturità? Come è possibile crescere nell’amore? A quali modelli attingere? In un dialogo “a cuore aperto”, i contributi del volume, sia di taglio saggistico che esperienziale, mettono in luce le difficoltà e le straordinarie potenzialità dei rapporti di lunga durata. Pagine nate dall’esperienza concreta dell’INTAMS (International Academy for Marital Spirituality di Bruxelles) in cui un gruppo di persone, religiosi e laici, esperti di diversi ambiti disciplinari, si confronta su tematiche teologiche, antropologiche e pastorali legate alla spiritualità del matrimonio. La curatrice, Aldegonde Brenninkmeijer-Werhahn, olandese, vive a Bruxelles. Dopo anni di studi in Scienze sociali e Teologia, dal 1987 ha fondato e dirige l’International Academy for Marital Spirituality (INTAMS). È autrice di numerosi articoli e pubblicazioni sulla spiritualità coniugale.
Ott 19, 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Spiritualità

1975 – Chiara Lubich in audienza da Paolo VI
Lei ha avuto occasione di essere ricevuta più volte in udienza da Paolo VI. Qual è stata l’impressione che le è rimasta nel ricordo? La più forte impressione – risponde Chiara Lubich – l’ho riportata durante la prima udienza. Ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad una persona che amava in modo del tutto particolare. Il Papa parlava parole di quella sapienza che supera tutti gli ostacoli giuridici tuttora vigenti; comprendeva, accoglieva nella sua anima tutta la complessa opera che gli presentavo. Mi incoraggiò a dir tutto, perché lì “tutto era possibile”. Ricordo che sentii una perfetta sintonia fra ciò che il Papa mi diceva e ciò che mi sembrava fosse venuto da Dio per l’edificazione di quest’opera. E l’impressione fu così forte d’aver avuto quasi la sensazione che quello studio, dove il Papa riceve, fosse senza soffitto e cielo e terra si congiungessero. (…) Qual è apparsa a lei – durante questi colloqui – la tensione che stimola l’azione del Papa? Certamente lo sforzo di adeguarsi a quella sua particolarissima vocazione all’amare più degli altri, che gli è richiesta da Gesù e gli conferisce, oltre il primato d’autorità, il primato della carità. Il «mi ami più di costoro» chiesto da Gesù a Pietro forma il tormento, lo studio continuo di Paolo VI. Ha detto una volta che chi non si accontenta, durante le udienze pubbliche, di guardare lo spettacolo esteriore può arrivare a carpire un segreto che lì è presente. Questo segreto, causa di gioia e di tormento per il Papa, è racchiuso in quella sillaba “più”: «mi ami più». (…) Qual è secondo lei l’atteggiamento caratteristico del Santo Padre verso la gente? Paolo VI ama tutti senza paura e perciò crea già fra credenti o meno una certa unità. Si dona a tutti in maniera impressionante. Moltissimi protestanti, delle più varie denominazioni, sono rimasti colpiti dall’atteggiamento del Papa, da quell’amore che lo consuma, da quel farsi – come dice l’Apostolo – tutto a tutti. (…) È il Papa del dialogo con tutto il mondo,è il papa che vede tutta l’umanità potenzialmente come una sola famiglia. La sua presenza è così soprannaturale e calda, profondamente umana, vicina a tutti, dimentica di sé, umile come il “servo dei servi di Dio”. (…) Qual è la risposta che lei darebbe a chi giudica Paolo VI contraddittorio e incerto nelle scelte del suo pontificato? (…) Nel Santo Padre come in nessuno è presente ed agisce lo Spirito Santo. Ora, lo Spirito Santo, anima della Chiesa, suscita in essa varie tensioni, che sono segno di vita, come quella tra pluralismo e verità, personalità e socialità, libertà e grazia, scienza e carità, primato e collegialità. (…) Queste tensioni possono apparire paradossi a volte sconcertanti. Chi invece guarda la Chiesa dal di dentro vede che lo Spirito Santo tutto armonizza magnificamente nell’unità del Corpo mistico. La stessa cosa si può dire di ciò che lo Spirito Santo opera nel Santo Padre. Il Papa (…) è fedele al deposito della Rivelazione come nessuno, e nel medesimo modo, a ciò che lo Spirito Santo ispira per il bene della Chiesa oggi. Se, ad esempio, nell’“Humanae vitae”, si avverte la fedeltà del Papa allo Spirito Santo nella Tradizione, nel dialogo col mondo si tocca con mano la sua fedeltà al medesimo Spirito che evidenzia i “segni dei tempi”. (…) Occorre ricordare che la “barca di Pietro” non porta la pacifica Chiesa trionfante, ma quella terrena, ed è sbattuta da tutti i venti di questo mondo. Il Papa deve prendere le sue decisioni in nome di Cristo che rappresenta, in mezzo ad un concerto massacrante di voci che premono quasi sempre in senso contrario alla religione. Perciò la prudenza non è mai troppa. Paolo VI non è incerto, ma prudente. Lo dimostra il fatto che è estremamente coraggioso, per esempio, nell’affrontare l’impopolarità pur di rimanere nell’amicizia di Cristo e dei suoi, che non sono del mondo. Prudenza, coraggio, amore universale sono le più preziose qualità per chi deve governare, servendo, l’umanità. Leggi anche: Comunicato stampa: La gratitudine del Movimento dei Focolari per PaoloVI (altro…)
Ott 18, 2014 | Centro internazionale, Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Una sintesi significativa delle linee portanti del suo pontificato, della sua spiritualità e della sua persona: in questo articolo – scritto da Giordani nel decimo anniversario dell’elezione di Paolo VI – emerge in particolare il ruolo del papa nel traghettare la Chiesa negli anni complessi che vanno dalla conclusione del Concilio Vaticano II alla sua articolata recezione. Nell’analisi di Giordani i tratti peculiari di un pontefice ancora oggi additato a maestro e modello sono: la spinta propulsiva sul versante dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso; la sua sapiente apertura al confronto con la cultura del mondo contemporaneo, nei suoi molteplici aspetti politici, economici e sociali e, in particolare, l’impegno profuso su più fronti a favore dell’evangelizzazione. Leggi l’articolo integrale in pdf
Ott 18, 2014 | Centro internazionale, Chiesa, Spiritualità
«A 80 anni di età, al 15° anno di pontificato, Paolo VI può riguardare la sua opera pontificia, svoltasi tra sconvolgimenti sociali e intellettuali, come un’opera di ringiovanimento della chiesa [cattolica]. […] Papa Montini ha raccolto il messaggio di “aggiornamento” del Concilio Vaticano II, realizzando, contro le frenesie della “morte di Dio”, del “cristianesimo areligioso”, del conservatorismo arcaico, un’opera di pazienza, lungimiranza, coraggio, che ha incluso l’aggiornamento dei principali istituti pontifici e la costruzione di nuovi dicasteri e servizi, tra cui – per darne un’idea – la “Iustitia et Pax” e il “Pontificio consiglio per i laici”. Questi e altri organismi universali realizzano una crescente collaborazione di vescovi e clero, di religiosi e religiose, di laici e laiche, ravvivando un nuovo senso ecclesiale: senso, che scaturisce da una nuova coscienza comunitaria, frutto dell’amore evangelico, col quale si pone fine all’individualismo e al classismo religioso, e si fondono gli uomini nelle parrocchie, nelle istituzioni locali e mondiali, sul piano della chiesa e su quello della società, al fine di attuare il volere di Dio in terra come in cielo. Questo ricorda che il cristiano esegue il volere di Dio sia quando prega sia quando lavora. I Padri della Chiesa consideravano il fedele in orazione, anche quando faceva la volontà di Dio nelle occupazioni d’ogni tipo. Per questo l’azione sociale – il servizio per il bene comune -, se svolta col pensiero al Padre nei cieli, acquista un carattere e un risultato di autentica religiosità. E per questo Paolo VI, parlando ad un gruppo di vescovi di Cuba ricordava che la chiesa invita costantemente i figli a essere “uomini nuovi” nella giustizia, nella verità, nella carità, perché essa educa la coscienza sociale dei fedeli, favorendone l’attiva collaborazione al bene e insegnando loro a vincere il proprio egoismo e a non rassegnarsi mai a essere “cittadini inferiori”. Di qui l’ispirazione a stimolare una riforma sociale, un sorgere di un “mondo nuovo”, quale il giovane G. B. Montini aveva intravisto sin dagli anni della collaborazione al periodico bresciano cattolico “La Fionda”, dove propugnava una scuola libera per fronteggiare il nascente fascismo. Con tali prospettive, di un’ampiezza e modernità che spiegano lo sviluppo della socialità cristiana in corso, al quale rendono omaggio anche sociologi remoti dalla religione, il papa ha potuto ricordare al Corpo diplomatico i più audaci principi d’eguaglianza senza distinzioni d’origine o di razza, nell’esercizio dei diritti di libertà religiosa e civile, e nella condanna del razzismo, della tortura e d’ogni brutalità nei confronti degli oppositori politici. Si manifesta, negli interventi del papa, quella verità che spesso anche noi cattolici dimentichiamo: e cioè che la religione è fatta per la vita, che Dio è la vita […]. L’amore: tema centrale della vita e del lavoro del Santo Padre; tema centrale del cristianesimo, della creazione e della redenzione. Egli ha, con l’amore, riavvicinato alla chiesa individui e moltitudini, chiese separate e stati ostili. E nel settore dell’ecumenismo la sua attività, silenziosa più che acclamante, di fatto ha realizzato un ravvicinamento di chiese, per il quale si capisce il nome familiare con cui il profetico Atenagora lo designava: ‘Paolo secondo’. (Da: Igino Giordani, Paolo VI il papa del Concilio, “Città Nuova”, 10.7.1978, p. 26.) (altro…)
Ott 17, 2014 | Cultura
Ott 17, 2014 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Che gioia! Mi sono risentito da poco con Jacopo, Gianluca, Alessandro, Alberto, Matilde, Jenny… e tanti altri! E mi sono ritornati alla mente tutti i bei ricordi dell’ultimo meeting di Loppiano e delle altre esperienze fatte insieme. Spero di poterli rivedere presto! Sento un gran desiderio, anzi, il bisogno di stare un po’ in comunione con loro. Vuoi sapere chi sono quelli che ho nominato? Hai ragione, non te ne ho ancora parlato: sono religiosi e religiose di tanti carismi diversi con cui ci sentiamo costantemente, con cui vivo una grande amicizia che ogni volta mi riempie il cuore». A parlare all’Assemblea generale dei Focolari, tenutasi lo scorso mese di settembre, è Alessandro, giovane religioso che condivide con altri, giovani come lui, la spiritualità dell’unità. Il meeting al quale Alessandro fa riferimento è quello che si è svolto nella cittadella di Loppiano a fine aprile dell’anno in corso. In quell’occasione, un centinaio di giovani consacrate e consacrati, provenienti da 36 nazioni e appartenenti a 56 famiglie religiose, si sono ritrovati attorno al motto: Sì! Scegliamo il Vangelo! Un meeting preparato con entusiasmo, in vista dell’anno 2015 dedicato alla vita consacrata, ma anche quale tappa di un cammino che, al di là della diversità dei carismi, è condiviso da quanti hanno messo la loro vita alla sequela del Vangelo. La presenza del Card. Braz de Avis, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, evidenziava l’importanza dell’incontro. In quell’occasione “Don João”, come ama farsi chiamare, aveva affermato che “Il Papa vi ama e la nostra Congregazione è la vostra casa”. «Ci ha messi insieme il Signore – continua Alessandro –, facendoci sperimentare la gioia di donarci l’un l’altro i nostri carismi. È stato bellissimo e ha risposto a una nostra esigenza profonda: quella di avere altri giovani consacrati con cui poterci confrontare sulle cose semplici, concrete, sul quotidiano della nostra vita consacrata. Ci siamo anche resi conto che abbiamo gli stessi momenti di difficoltà e di buio e ci siamo detti l’un l’altro come riusciamo a superarli. Condividere queste esperienze per viverle insieme è stato un respirare ampio, un aprire la finestra del cuore non solo sul nostro carisma ma su tutta la chiesa, anzi, sul mondo intero. Questo respiro universale – conclude il giovane religioso – ci ha fatto volare alto!». La sua testimonianza sembra far eco a quanto affermato da papa Francesco nell’udienza generale del 1° ottobre scorso, in piazza San Pietro: «I carismi diversi non devono essere motivo di invidia o di divisione, di gelosia, perché nella comunità cristiana abbiamo bisogno l’uno dell’altro e quando la chiesa, nella varietà dei suoi carismi, si esprime in comunione, non può sbagliare». (altro…)
Ott 16, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
L’originale Expo virtuale si è presentata durante l’evento LoppianoLab 2014, dal 3 al 5 ottobre, con: – proiezione all’interno della hall del Polo Lionello Bonfanti di video aziendali della durata di 5′ l’uno; – allestimento di un’area di matching tra imprese, suddivisa per diversi settori merceologici, dove sarà possibile fissare appuntamenti tra imprenditori e permettere la conoscenza reciproca. La durata della VirtualEXPO è prevista per un anno completo, continuando in forma virtuale grazie all’uso di un canale web tv dedicato, social network e postazioni visual presso il Polo aziendale, dove i video delle imprese verranno replicati.
Ott 16, 2014 | Cultura, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
L’impegno nella formazione delle giovani coppie, il sostegno alle donne con gravidanze non desiderate, la disponibilità a lasciare tutto per portare il Vangelo in terre lontane. “Vita vera” è emersa, nella sede del Pontificio Consiglio della famiglia a Roma, il 12 ottobre, all’incontro che un gruppo di padri sinodali e uditori al Sinodo hanno avuto con un gruppo di famiglie del Movimento dei Focolari. Accolti dalla presidente e dal vice presidente del Movimento, Maria Voce e Jesús Morán, hanno partecipato (tra gli altri) all’incontro il cardinale Andrew Yeom Soo-jung, arcivescovo di Seoul, e i presidenti delle Conferenze episcopali di Repubblica Ceca, Slovenia, Madagascar, Tanzania, Uruguay. “Non ci sono ricette infallibili, anzi!”, ha esordito subito Alberto Friso di Famiglie Nuove. “Quante volte noi genitori sbagliamo con i nostri figli! A volte siamo troppo permissivi, a volte possessivi, o deboli, o inflessibili quando non serve. Anche qui vale la regola del ‘ricominciare’. Essere sempre pronti a riconoscere gli sbagli e chiedere scusa. E quando è il figlio a sbagliare, non esitare a farglielo osservare, dimostrandogli però fiducia”. Spesso ferita, lacerata al suo interno da tradimenti e silenzi colpevoli, la famiglia rimane un luogo “insostituibile” dove si genera e si trasmette la vita. Chi lavora a fianco delle famiglie oggi – ha raccontato Anna Friso (Famiglie Nuove) – ha deciso di vivere in “periferia” perché “come dice Papa Francesco, il cristiano non è tale per restare nell’accampamento, ma per andare nelle periferie del mondo”. “E in periferia – ha aggiunto Friso – non puoi domandare se la gente è sposata in chiesa, se convive o è separata. Noi accogliamo tutti così come sono, li amiamo, li ascoltiamo profondamente, se possiamo cerchiamo di aiutarli in ciò di cui hanno bisogno. E al momento giusto, ma a tutti, in qualsiasi situazione si trovino, porgiamo lo stesso annuncio: Dio ti ama immensamente. Non c’è nessun uomo che è escluso dall’amore di Dio”.
I vescovi hanno ascoltato anche la storia di Tiziana G., con alle spalle un matrimonio e 13 anni di bugie, litigi, pseudo-chiarimenti e nuove delusioni. Poi l’incontro con un vecchio compagno di scuola e l’inizio di una nuova vita familiare. “Avrei potuto andare in una chiesa dove non sono conosciuta e prendere lo stesso l’Eucaristia – ha raccontato -, ma per obbedienza non l’ho mai fatto”. Tiziana non nasconde ai vescovi il senso dell’“autoesclusione” provato, “la grande solitudine spirituale” vissuta e il “forte disagio nel vedere gli altri dirigersi verso l’altare ed io restare nel banco. Mi sentivo abbandonata, ripudiata, colpevole”. Ha poi preso la parola Paolo R., che, invece, seppur da solo, continua a vivere dentro il suo matrimonio. Un racconto sofferto il suo che parte dall’abbandono della moglie, passa per la separazione e gli avvocati, e arriva ad un “deserto interiore”. Ma lui ha deciso di “aspettare” perché – dice – “questo è il matrimonio cristiano. A scatola chiusa. Metti la tua vita nelle mani di Dio, col sacramento, attraverso la persona che sposi, di cui sei innamorato… ma poi l’amore va costruito, anche nel dolore, giorno dopo giorno”.

Dieudonné ed Emerthe Gatsinga di Rwanda
Presenti all’incontro anche i coniugi Dieudonné ed Emerthe Gatsinga, di Kigali in Rwanda che al Sinodo come uditori hanno raccontato la loro esperienza nella formazione delle famiglie, dei giovani sposi, dei fidanzati, principalmente nel loro Paese, ma spesso anche in Uganda, Burundi, Kenya e Congo. Lui ginecologo, lei economista così si sono presentati al Papa: “Sposandoci ci siamo promessi di non essere chiusi in noi stessi ma di donarci agli altri. Da allora sono trascorsi 26 anni. Abbiamo 8 figli di cui 4 adottati, resi orfani dal genocidio in Rwanda. Non è stato facile prendersi cura di 8 figli in un momento di forte criticità sociale ed economica per il nostro Paese e con esperienze tanto dolorose alle spalle. Ma Dio ci ha aiutati e ora sono tutti cresciuti: due di loro ci hanno già resi nonni di tre bambini”. Storie che mettono in risalto un brano di Chiara Lubich, letto durante l’incontro dal cardinale Ennio Antonelli: “Nient’altro costituisce, lega, fa essere la famiglia se non l’amore… Quando nel cuore dei componenti una famiglia questo amore è acceso, è vivo, non nascono problemi insolubili, non si ergono ostacoli insormontabili, non si piangono fallimenti irrimediabili”. Galleria di foto (Fonte: Sir – aggiornata il 28.10.2014) (altro…)
Ott 15, 2014 | Cultura
A mãe, depois de passar o dia no trabalho e cumprir suas obrigações domésticas, dedica-se ao filho cobrindo-o de toda a atenção, ajudando-o nas lições de casa, protegendo-o das agruras da vida. E, por vezes, tem como resultado um menino ingrato, um “pintinho feroz” que se comportará como um gatinho mimado talvez até os 20 anos! Onde será que errou? – pergunta-se a mãe, sentindo-se culpada. Afinal, ela fez de tudo pelo filho, sempre esteve inteiramente disponível para ele, sem deixar qualquer tempo e espaço para si. Será que amou demais? É sobre esses sentimentos e atitudes da mãe, e também sobre o comportamento dos filhos amados em demasia, que Osvaldo Poli trata neste livro. Ele desmistifica a culpa da mãe, incitando-a a legitimar seus sentimentos e a exigir reciprocidade. Assim ela encontrará o amor produtivo, o amor autêntico, “na medida certa”. Por que ler Por meio de analogias, metáforas e relatos de casos que acompanhou em seus atendimentos, Polo consegue passar com muita clareza os desencontros e desencantos promovidos pelo amor exagerado, sem limites, um amor não produtivo e com consequências negativas. Amor Demais – Afinal, existe uma medida certa na relação com os filhos? ajuda e elucida os pais a encontrarem formas adequadas de educar e preparar os seus filhos para a vida, para o mundo. O livro defende o equilíbrio no amor como ferramenta para se concretizar o bem educacional dos filhos. Com uma linguagem de fácil compreensão, a obra prende a atenção do leitor, levando-o a identificar-se com muitos modelos descritos (chamados pelo autor de vírus) e, consequentemente, o faz refletir e reconhecer seus próprios exageros. Indicado para mães e pais, educadores e professores, terapeutas familiares, psicólogos, agentes de aconselhamento familiar, agentes de pastoral familiar, movimentos familiares. Editora Cidade Nova vendas@cidadenova.org.br
Ott 15, 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Illustrando il senso della spiritualità dell’unità ad un incontro di vescovi amici del Movimento dei Focolari, il 10 febbraio 1984, Chiara Lubich fa queste osservazioni: “È una via che si fa insieme, nella quale si cerca la santità altrui come la propria, perché ciò che più conta è la gloria di Dio. E ciò che dà un decisivo impulso anche alla santificazione personale è proprio la presenza di Cristo fra i cristiani, presenza sempre più piena, più grande, che prende sempre più in profondità la persona”. E qui, di nuovo, l’osservazione circa la novità di questa santità e di questo cammino: “Un castello interiore, perciò, come santa Teresa chiamava la realtà dell’anima abitata da Sua Maestà, da scoprire e illuminare, sta bene. È il culmine di santità in una via individuale. Ora è venuto forse il momento di scoprire, illuminare, edificare per Dio anche il suo castello esteriore, per così dire, con Lui in mezzo agli uomini. Esso – se ben osserviamo – non è che la Chiesa, là dove viviamo, che, anche per questa spiritualità, può diventare sempre più se stessa, più bella, più splendida, come mistica sposa di Cristo, anticipazione della Gerusalemme celeste, di cui è scritto: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra loro, ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il Dio con loro” (Ap 21,3). […] Nei primi giorni di dicembre del 2003 Chiara, visitando la Spagna, ha voluto arrivare fino ad Avila, la città natale di santa Teresa, e ha fatto una sosta nel monastero dell’Incarnazione dove Teresa ha vissuto per più di 27 anni […] Chiara ha voluto lasciare nel Libro d’Oro questa testimonianza di “spirituale amicizia” con la Santa di Avila: “Grazie, santa Teresa, per tutto quanto hai fatto per noi durante la nostra storia. Grazie! Ma il più bel grazie te lo diremo in Paradiso. Continua a vegliare su tutti noi, sul “nostro castello esteriore” che lo Sposo ha suscitato sulla terra a completamento del tuo “castello interiore”, per fare la Chiesa bella come la desideravi. Arrivederci, santa Teresa. Abbracciandoti. Chiara”. Ho sempre considerato il castello interiore di Teresa d’Avila come una proposta di vita evangelica per tutti i cristiani che vogliono vivere la propria vocazione universale alla santità, all’unione con Dio, all’esperienza trinitaria ed ecclesiale. Ma ritengo una grazia ancor più grande, e un’avventura ancora più bella, quella di poter partecipare con il carisma dell’unità alla scoperta di questo disegno di Dio, la possibilità di poter vivere insieme l’avventura della santità comunitaria ed ecclesiale, nella costruzione di uno splendido, luminoso castello esteriore, incarnato nell’Opera di Maria, per la Chiesa e l’umanità». Leggi anche: “Due donne e due castelli” Da “Il castello esteriore”, il nuovo nella spiritualità di Chiara Lubich, Jesús Castellano Cervera (1941-2006), pagg 63-67/68. (altro…)
Ott 14, 2014 | Cultura
“A Onça eu engoli inteira” é uma fábula muito divertida que conta as peripécias de um grupo de animais (uma onça, um macaco, uma capivara, um jacaré, um tuiuiú e um tamanduá) que se reuniu para tentar desvendar o mistério que envolve a árvore Pau-Brasil, uma das mais antigas da floresta. Todas as vezes que algum animal se aproximava do Pau-Brasil, era aterrorizado por uma voz sinistra que os ameaçava dizendo: ―A onça eu engoli inteira, a capivara eu parti ao meio, o jacaré eu fiz em pedaços e o macaco está no meu papo… Todas as evidências apontavam para a existência de um monstro invisível que resolvera se apoderar da floresta. Para enfrentá-lo, o grupo precisaria reunir suas melhores habilidades, muita astúcia e coragem. Depois de muitas trapalhadas, sustos e traquinagens, os animais irão se surpreender quando estiverem cara a cara com tal monstro invisível. Por que ler Um livro recheado de virtudes, valores e sentimentos que podem ajudar as crianças a assarem ela fase de socialização na vida escolar e até mesmo em casa, na convivência entre irmãos e parentes. Ao se identificarem com as características, habilidades e anseios dos animais da fábula, as crianças percebem rapidamente que por trás de uma ação existem consequências boas e ruins, reações inesperadas, sentimentos contraditórios e ações surpreendentes relacionadas ao respeito, amizade, compaixão, união e ao senso de equipe. Com um projeto gráfico primoroso, ilustrações em xilogravura e muito humor, A Onça Eu Engoli Inteira é uma excelente oportunidade de iniciar com as crianças uma boa reflexão sobre o comportamento social nos dias de hoje. Editora Cidade Nova
Ott 14, 2014 | Cultura
Organizado pelo jornalista polonês Wlodzimierz Redzioch e lançado originalmente na Itália em março de 2014, o livro reúne 21 breves entrevistas de amigos colaboradores estreitos de João Paulo II. Dentre os depoimentos, destaca-se a entrevista exclusiva concedida pelo papa emérito Bento XVI. Nas “confidências” dos entrevistados emergem os traços marcantes de um grande líder, bem como episódios do seu cotidiano, colocando juntos um homem culto e inteligente, afetuoso e humilde, místico, bem-humorado e atentíssimo aos problemas do ser humano, dos povos e do planeta. Por que ler João Paulo II foi uma das personalidades mais marcantes do século XX e início do século XXI. Em 27 anos como papa da Igreja Católica, destacou-se não apenas como líder religioso, mas também como líder civil. Segundo analistas, o “papa polonês” foi determinante na queda do comunismo em seu país e em toda a Europa Oriental, mudança política acontecida de maneira pacífica. Tendo visitado praticamente todos os países do mundo, em seu desejo de ir ao encontro das pessoas, foi um perspicaz intérprete do homem da crise da modernidade, insuflando-lhe esperança e confiança. João Paulo II foi reconhecido “Homem do Ano” pela revista Time (1994) e como santo pela Igreja Católica (2014).Na abundância de publicações sobre João Paulo II, o presente livro diferencia-se por falar do papa a partir daqueles que privaram de sua convivência íntima até por décadas, transmitindo suas memórias com grande afeto e calor. Maiores informações: Editora Cidade Nova (11) 4158-8890 / 4158-8893 comunicacao@cidadenova.org.br
Ott 14, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
L’esperienza delle Workshop School è nata nel 2012 con l’edizione dal titolo “Start up the future”, è proseguita l’anno successivo con “Progettare il lavoro, costruire il futuro” e quest’anno si è trasformata in “Realìzzati/realizzàti nel lavoro”. Il titolo che, giocando sullo spostamento dell’accento, racchiude in sé due dei focus principali su cui è stata posta l’attenzione. Da un lato uno sprone per noi giovani a cercare un lavoro che non ci garantistica soltanto un’adeguata remunerazione o il successo economico, ma che ci permetta anche di esprimere e sviluppare i nostri talenti, il nostro daimon e di vivere il lavoro come una vocazione, in comunione con coloro che lavorano con noi. E dall’altro canto un orizzonte a cui puntare e un obiettivo a cui mirare. Attraverso l’aiuto di numerosi esperti e professionisti, abbiamo avuto modo di conoscere la realtà dell’Economia di Comunione (EdC) e di riflettere sull’indissolubilità che lega il lavoro alla nostra persona. Queste giornate sono state per noi un percorso non solo di formazione, ma soprattutto di dialogo e crescita riflettendo sulle nostre aspirazioni e sull’importanza di riconoscere i nostri talenti per poter realizzarci nel lavoro non tanto come singoli, ma come membri appartenenti a una comunità. Conoscere il mondo dell’EdC ci ha infatti mostrato quanto il nostro piccolo contributo possa divenire molto più significativo e piacevole se condiviso con le risorse dell’altro.
Il Prof. Luigino Bruni ci ha ricordato che “lavorare non è mai solo occupare un generico posto nel mondo, ma un esercizio fondamentale per capire il nostro posto nel mondo” e, soprattutto, che esercitare una professione significa inserirsi in una rete sociale. Ecco qui uno degli altri punti salienti, ossia il bisogno di guardare a un’economia “con l’anima” che rimette al centro la relazione. I momenti di formazione sono stati intervallati da workshop con due diverse finalità: la conoscenza ed il racconto dell’esperienza diretta di alcuni imprenditori dell’EdC e professionisti di differenti settori lavorativi; la conoscenza di sé alla ricerca di quei talenti personali che, se sviluppati e messi in comune ai talenti di altri, possono darci la possibilità di vivere un’esperienza lavorativa che oltre a realizzarci, ci permetta di partecipare con il nostro esercizio alla costruzione del bene comune. Grazie alle giornate passate insieme abbiamo avuto la possibilità di vivere un’esperienza di comunione. In un momento storico caratterizzato dalla crisi dei nostri modelli economici, dalla sfiducia nei confronti delle istituzioni e dall’individualismo, attività come questa possono far rinascere la speranza. Una speranza scaturita però da esempi concreti, dall’esperienza di coloro che si sono messi in gioco abbracciando un modello economico innovativo, includente e basato sulla centralità della persona e del dono anche nell’economia. Una speranza che nasce dalla stessa esperienza di queste giornate in cui noi tutti ponendoci domande e condividendo riflessioni, abbiamo gettato insieme uno sguardo verso il futuro.
Flickr gallery Rassegna stampa: Taurinews, 04/10/2014 – Realizzati nel lavoro: Workshop School Edc al Polo Lionello Bonfanti http://youtu.be/JGrWYPOONtY (altro…)
Ott 13, 2014 | Cultura

Il volume offre un originale e stimolante contributo al dibattito attuale sulla
secolarizzazione. Il termine è oggi presentissimo nel dibattito culturale italiano, utilizzato in un’accezione negativa come progressiva “scristianizzazione” della società e cultura occidentali. In realtà il termine presenta una grande varietà di significati. Si può intendere come contrapposizione tra religione e ragione, tra dogma e verità scientifiche. L’uomo non solo “fa a meno” di Dio, ma si propone di “cancellarlo”. Si può anche intenderlo come un fenomeno interno alla civiltà cristiana in cui si assiste ad una progressiva emancipazione dalla visione cristiana della società, della vita, della politica.
Un terzo approccio, positivo, rilegge il momento della Creazione come inizio del processo di secolarizzazione, intesa come autonomia rispetto al Creatore delle realtà create, secolari. L’incarnazione di Dio in Cristo conferma la positività dell’accezione cristiana del termine: fenomeno dunque dell’incarnarsi di principi di verità rivelata nella storia; principi di verità che si fanno saeculum al punto che se ne perde progressivamente la consapevolezza delle origini cristiane. Seguendo questa prospettiva, il volume offre un originale e stimolante contributo al dibattito attuale
Ott 13, 2014 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
«Chiara Lubich ci ha lasciato come eredità lo spirito di famiglia, essendo aperti all’umanità. Questa è la “magna charta” della nostra comunità locale a Dumaguete, nella regione centrale di Visayas, nelle Filippine. Non sono mancate le occasioni per sperimentarlo. Ci è stata comunicata la situazione di una madre e un bambino che avevano bisogno di una casa, per un tempo indeterminato. Abbiamo aperto la nostra, senza pensare alle conseguenze. Per essere il più possibile accoglienti abbiamo preparato tutto, studiato un po’ la cultura del loro Paese di origine. Dopo un mese dal loro arrivo ci siamo accorti che era una grande sfida, abbiamo dovuto cambiare tante abitudini. Entrambi portavano con sé il disagio dell’esperienza precedente. La madre, agitata e piena di odio, dubitava dell’amore di Dio. Il bambino era sempre più irrequieto, violento e capriccioso. Quando la situazione è diventata impossibile da sostenere abbiamo rivolto il nostro sguardo a Gesù crocefisso, che ci sembrava dicesse: “ Se non mi amate voi, chi mi amerà?”. Questo ci ha dato coraggio per andare avanti. Capivamo che dovevamo metterci in dialogo con loro per amare più concretamente. Cucinando ad esempio i piatti preferiti, o svolgendo le attività più adatte. Ci sembrava importante che il bambino frequentasse la scuola e la mamma trovasse un lavoretto. Così, ci siamo dati da fare: ciascuno ha offerto suggerimenti per il lavoro, e attraverso una comunione dei beni abbiamo fatto fronte ad alcune necessità, come la divisa per il bambino. Alcuni hanno fatto i turni per stare con lui quando la mamma era al lavoro. Questo ha portato tanta gioia fra tutti. Invitati ai compleanni e alle feste dei membri della comunità, mamma e figlio hanno trovato una cerchia di amici e poco dopo hanno detto di sentirsi a “casa”. Con il tempo, attraverso l’amore di tutti, hanno cominciato a riconoscere l’amore di Dio; la madre ha avuto l’opportunità di cominciare una nuova vita, affittando un appartamento – che abbiamo arredato insieme – e trovando una sua autonomia. Un altro episodio ci ha visti accanto a una coppia, quando al marito è stato diagnosticato un tumore in stadio avanzato. Solo la moglie aveva un reddito stabile, ma subito si sono impoveriti, quando hanno iniziato la cura. La comunità ha cercato di amarli concretamente: non è stato solo contribuire con denaro, ma anche con il proprio tempo e la conoscenza su come prendersi cura di un ammalato come lui. Quando era già costretto a letto, le sorelle delle Suore di San Francesco della Congregazione dei poveri si sono offerte di portargli la Comunione ogni giorno. Abbiamo vissuto tutta la vicenda con la coppia fino all’ultimo. Durante la cerimonia funebre, la comunità si è fatta carico delle funzione, dei preparativi della Chiesa e del funerale. Si sentiva forte il senso della famiglia. Un’amica di nostra figlia è venuta da noi mentre alcuni, giovani e adulti insieme, stavano preparando un’attività. È stato qualcosa di nuovo per lei, vedere come una persona adulta dà molto rispetto e credibilità alle idee dei giovani, cosa non comune nell’ambiente dove è cresciuta. Ci ha raccontato che prima di incontrare le gen (giovani del Movimento), la sua vita “era un disastro”. Non prendeva sul serio la scuola e faceva uso di droghe. A un certo punto mia figlia, che è la sua migliore amica, si è trasferita per studio in un’altra città, ma le gen hanno continuato a starle vicino. Noi l’abbiamo accolta in casa, e pian piano ha cominciato a cambiare, fino a migliorare il rendimento scolastico e cessare l’uso di droga». (altro…)
Ott 12, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
L’Auditorium di Loppiano era affollato, lo scorso 3 ottobre, in un clima di grande interesse. In programma, una serata di dialogo su “Agostino d’Ippona: una eredità, una risorsa”, inserita nella cornice della quinta edizione di LoppianoLab, promossa dall’Istituto Universitario Sophia (IUS) e da Città Nuova Editrice; moderata da Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, il maggior quotidiano cattolico italiano. Sul palco, due “tra i massimi esponenti del pensiero creativo italiano”, secondo Michele Zanzucchi direttore di Città Nuova: il filosofo e psicanalista Umberto Galimberti e il preside dello IUS, teologo e filosofo Piero Coda. Si è trattato di una “lezione straordinaria” offerta in una prospettiva dialogica e arricchita dalle stimolanti domande degli studenti, che hanno posto questioni rispetto all’attualità del pensiero di questo “gigante” della Chiesa e dalla filosofia. Nonostante le differenti fisionomie dei due ospiti principali e la spiccata diversità di alcune loro valutazioni in relazioni all’opera del vescovo di Ippona, non si è assistito ad un duello retorico né ad un confronto astratto e lontano dalla vita, quanto piuttosto all’esito appassionante che l’arte del dialogo è in grado di produrre, quando conoscenza e condivisione si intrecciano in un esercizio trasparente, aperto all’intelligenza della verità. Il filosofo Galimberti ha attribuito al vescovo di Ippona la responsabilità di avere introdotto nella cultura occidentale un’impostazione individualista sottolineando il dualismo anima/corpo, e di averlo fatto partendo da una religione, come quella cristiana, che attribuisce un valore centrale nella propria riflessione proprio alla corporeità («E il Verbo si fece carne», scrive Giovanni nel prologo al suo Vangelo). Piero Coda, d’altro canto, ha evidenziato come Agostino sia “lo scopritore dell’interiorità” in ambito cristiano. Un’interiorità intesa come luogo in cui avviene l’incontro dell’uomo con Dio, ove l’uomo raggiunge la propria realizzazione piena come essere corporeo e spirituale nel contempo. Il “torna in te stesso… trascendi anche te stesso”, da cui inizia la grande riflessione agostiniana, significa dunque ritornare in sè senza che ciò significhi chiudersi in una cieca introspezione, ma per cogliere il senso che è anche fuori da noi stessi. L’interiorità di Agostino è abitata da Cristo e quindi dal rapporto con l’altro: è qui che il dibattito affronta il concetto di “relazione”, giacché Dio rivela Gesù Cristo, il quale a sua volta parla di Dio come padre e fa appello al legame universale della fraternità. Terzo concetto emerso nitidamente è stato quello di “città” dal momento che è stato proprio Agostino a scrivere il “De Civitate Dei”, un’opera che tratta dell’immagine di una città che abbraccia persone di ogni appartenenza, aperta alla ricerca del bene comune che ha radice in quel Sommo Bene che è Dio, attraverso la vita del Vangelo. Tre sguardi, dunque, che offrono nuove ragioni di senso in grado di orientare anche la società di oggi verso una integrazione sempre più piena. Uomo insoddisfatto delle certezze consolanti, instancabile ricercatore della verità, Agostino dunque si è rivelato anche in questa occasione un personaggio capace di superare i secoli e di parlare a giovani e adulti di tutte le latitudini. Un punto di riferimento al quale guardare per cercare le radici della “persona”, di un popolo, per capire meglio il presente e ideare proposte anche per il futuro. Fonte: IUS online (altro…)
Ott 11, 2014 | Cultura, Focolari nel Mondo
«Lavoro in una scuola a rischio. Un’esperienza che ho fatto alla fine dell’anno è stata per me una conferma di come ognuno di noi possa essere costruttore di unità nel proprio ambiente. Si è verificato infatti un brutto episodio che vedeva coinvolto un professore contro la preside e altri colleghi. C’è stato un momento molto difficile durante un consiglio di classe in cui io verbalizzavo. Sono arrivati i carabinieri, l’autoambulanza, ecc; il clima era incandescente. Sono, poi, partite lettere d’ingiunzione, minacce di querele, denunce… È stato un momento molto negativo, vedevo i colleghi schierarsi con l’uno o con l’altro, mettere a volte ancora più zizzania e poi farsi ognuno i fatti propri. Stavo male, il verbale che dovevo fare era impegnativo, ho cercato di scrivere solo i fatti. Cercavo di ascoltare tutti senza pregiudizi. Sentivo che dovevo fare qualcosa per ricostruire i rapporti. Le varie parti si fidavano di me per come avevo lavorato durante l’anno, per il mio rapporto con gli alunni, le famiglie, i colleghi. Ero in questo stato, aspettando un’occasione, quando mi chiama la preside chiedendomi di fare qualcosa per riappacificare gli animi. A questo punto mi sono messa davanti a Gesù Eucarestia chiedendogli di farmi essere un suo canale, perché sapevo di non essere capace di risolvere quella situazione con le mie sole forze. Allora, con tanto batticuore, ho chiamato il collega coinvolto e ora a rischio di licenziamento. Un idealista con un grande senso della giustizia e, a mio parere, molto onesto; non credente ma in ricerca, con cui durante l’anno avevo istaurato un rapporto profondo basato su principi comuni. Lui, appena ha visto il mio interesse verso la sua situazione si è subito sciolto. Abbiamo parlato della sua vita, delle sue motivazioni e si è detto pronto a tornare sui suoi passi, a chiedere scusa per alcuni atteggiamenti avuti, non certo per i principi che difendeva”. Sono andata poi dalla Preside; anche lì ascolto e condivisione. Alla fine si sono incontrati e chiariti, dissipando i tanti malintesi che altri avevano generato. Dopo altri incontri la situazione si è sistemata. Per tutti è stato un sollievo, un poter ricominciare e guardare avanti. Il mio collega mi ha detto: “Ti ringrazio soprattutto perché mi sono liberato dal rancore ed ho perdonato, in modo laico, cioè sono riuscito ad andare oltre”. Io, invece, sapevo che dovevo ringraziare Dio per il suo amore e la sua misericordia». (G. B. – Italia) (altro…)
Ott 10, 2014 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«In Olanda non ci sono le guerre, non c’è la povertà come in altri paesi del mondo, non abbiamo i disastri naturali né la persecuzione dei cristiani o di altri popoli. Viviamo in un paese libero in cui possiamo fare e dire quello che vogliamo. E forse questa libertà era in quel momento il mio nemico più grande». Comincia così il racconto di Laura, una giovane olandese che ha partecipato attivamente alla realizzazione della 35ª Giornata nazionale per i giovani cattolici dell’Olanda. Un festival con musica dal vivo, stand, condivisione di esperienze: quest’anno, per la prima volta, i giorni sono stati 2, e sono stati ospitati dalla cittadella dei Focolari a Marienkroon (Nieuwkuijk), in un paesaggio suggestivo tra i boschi. Erano 700 i giovani arrivati lì nel weekend del 28 e 29 giugno. «È stato un festival proprio bello, pieno di gioia e sole, molto informale – continua Laura – Le band suonavano, qualcuno mangiava zucchero filato o partecipava ad un workshop, c’era sempre qualcosa da fare o sperimentare». Durante la preparazione, la tv nazionale Talpa, contatta gli organizzatori. Si tratta di partecipare a un reality in cui un attore e un cantante visitano diversi gruppi in Olanda che condividono una passione o uno stile di vita. Trascorrono un po’ di tempo con loro, interviste e una cena per dire grazie. Quando hanno sentito parlare di questo festival per i giovani cattolici, hanno chiesto di passare il fine settimana con loro. «In questo periodo di grande critica nei confronti della Chiesa cattolica in Olanda, ci sembrava che questa poteva essere un’opportunità grande per mostrare a tutta la nazione una chiesa giovane, vivace e piena di forza e coraggio. Allo stesso tempo avevamo un po’ di timore, non sapendo come le interviste sarebbero state modificate per la trasmissione finale». Vengono scelti tre giovani da intervistare durante il festival, tra questi anche Laura: «Durante le conversazioni precedenti all’intervista finale, ho capito che volevano creare un’immagine di un giovane cattolico secondo un preciso stereotipo: noioso e con una visione limitata sul mondo. Domande sui rapporti pre-matrimoniali, su vivere e predicare il Vangelo, sui pregiudizi che esistono nella Chiesa oggi e le scelte che stavo facendo nella vita in quel momento. Ci ho dovuto pensare qualche giorno prima di accettare l’invito. Tanti pensieri mi giravano in testa: ‘Non si sa chi guarderà questo programma. Forse i miei amici dell’università, i vicini di casa, professori, persone che non mi accettano a causa della mia fede’. Ero sicura che con questa intervista avrei trasmesso una certa immagine di me a tutto il Paese, l’immagine di una ragazza che dedica la sua vita alla Chiesa e alla costruzione di un mondo unito. E questo non mi lasciava tranquilla. Ho dovuto fare un passo grandissimo per superare questa paura di rivelare la mia anima, i miei ideali, davanti ad un pubblico di un milione e mezzo di persone. Alla fine ho detto di sì. L’intervista è andata molto bene. Ci saranno le persone che vedranno l’intervista e faranno commenti negativi o non vorranno più rimanere in contatto con me. Però l’Amore intenso e infinito che sento dentro di me per essere rimasta fedele a Dio e al suo piano su di me come giovane cattolica mi dà una grandissima gioia. Non avrei potuto dare una testimonianza più grande della mia fede e della mia passione per un mondo unito». (altro…)
Ott 9, 2014 | Cultura
Contenido: El pontificado de Pablo VI (1963-1978), sucesor de Juan XXII, es inseparable del Concilio Vaticano II, tanto en su desarrollo como en su inmediata aplicación, El papa Montini tomó el nombre y el espíritu de san Pablo, apóstol de las gentes, viajero y predicador infatigable del Evangelio, escritor inspirado y prolífico, místico enamorado de Cristo. Según el cardenal Poupard, tres palabras resumen bien su programa: conciencia, renovación y diálogo de la Iglesia con el mundo. Antes de hablar hay que escucharla voz y el corazón del hombre; comprenderlo y respetarlo; y allí donde lo merezca, ir por su mismo camino (Ecclesiam suam, 33). En un tiempo convulsionado, Pablo VI renovó la liturgia y la curia, predicó el anuncio universal del Evangelio, trabajó por la unidad de los cristianos, el diálogo con los no creyentes, la paz y la solidaridad. Datos del autor: El cardenal Paul Paupard, presidente emérito del Pontifício Consejo de la Cultura, trabajó em la Secretaría de Estado hasta 1971 y conoció muy de cerca de Pablo VI. Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires
Ott 9, 2014 | Cultura
Preparado por: Juan Gil Aguilar y Ana Hidalgo Sinopsis: Beatificación de Pablo VI Este libro nos ofrece una selección de escritos del papa Pablo VI (1963 a 1978) entresacados de sus discursos, homilías y alocuciones y que demuestran, en palabras de su sucesor Francisco, «tres aspectos fundamentales que nos testimonió y enseñó: el amor a Cristo, el amor a la Iglesia y el amor al hombre: actitudes fundamentales, pero también apasionadas, de Pablo VI. […] Su testimonio alimenta en nosotros la llama del amor a Cristo, del amor a la Iglesia, del impulso a anunciar el Evangelio al hombre de hoy con misericordia, con paciencia, con valentía y con alegría». Editorial Ciudad Nueva – Madrid
Ott 9, 2014 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Un falò con le maschere di un carnevale fuori stagione. È il gesto simbolico con cui si conclude la festa dei giovani alla Mariapoli Lia lo scorso 28 settembre. Una giornata attesa da tempo e preparata con cura dai giovani che vivono un’esperienza di fraternità nella cittadella argentina dei Focolari. “Vediamo molti problemi nel nostro mondo, e qualcuno aspetta che siano gli altri a cercare soluzioni. Qui siamo 90 giovani di 20 Paesi che hanno deciso di non aspettare più. Vogliamo essere i protagonisti di questo cambiamento, e abbiamo scoperto la ricetta: lavorare per costruire l’unità della famiglia umana”. Esordiscono così, dal palco della festa, i giovani organizzatori, rivolgendosi ai 1000 giovani che hanno raccolto il loro invito. Provengono dall’Argentina, Paraguay, Uruguay e Brasile. I 400 che vengono dalle città più lontane arrivano già dal giorno prima: approfondiscono lo stile di vita della cittadella con varie attività: visite guidate nei vari posti di lavoro, le piccole aziende dove ciascuno si impegna mettendo a frutto i propri talenti. E la sera, la prima proposta shock: una notte senza alcol, ma con musica, ballo, coreografie nel miglior stile giovane, e… la risposta è entusiasta!
La mattina presto arriva un saluto inatteso, col quale l’impegno di ciascuno risulta potenziato da un appoggio di dimensione mondiale. Al Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Italia) l’Assemblea dei Focolari volge al termine e la presidente Maria Voce saluta le persone sparse in tutto il mondo durante una diretta internet: «Permettetemi che oggi faccia un saluto speciale. Mi riferisco ai giovani della Mariapoli Lia, in Argentina, che stanno per cominciare la Festa dei giovani. Siamo tutti con loro, perché possano esprimere la loro gioia e coinvolgere coloro che parteciperanno, nel tema che hanno scelto: “Vivamos esta locura”, viviamo questa pazzia».
Pazzia che fa da sfondo a tutta la manifestazione. Maschere e colori da tutte le provenienze e un sole splendente creano il clima ideale per l’inizio della festa. All’improvviso irrompe una murga (gruppi teatrali caratteristici dell’Uruguay) che invade la scena, e da lì escono i vari personaggi che danno vita a canzoni, danze o pezzi teatrali. Alcuni portano le proprie testimonianze sull’essere autentici nelle desisioni prese, su come vivere il momento presente e fare una scelta decisa di Gesù come Ideale della vita. E continuano: “Da pazzi quali siamo, viviamo qui, nella Mariapoli Lia, e cominciamo un cammino che ci porta alla fraternità, dedicando un anno della nostra vita per vivere, nel concreto, l’amore di cui parla il Vangelo, un amore pronto a dare la vita fino alla fine”. “È esattamente questa “pazzia dell’amore” che si può donare quando si cerca di accogliersi così come siamo, togliendo le maschere che ci fanno essere solo “uno in più” in una moltitudine senza forma”. Dopo questa proposta audace si va avanti con momenti di preghiera, giochi, workshop per concludere dando fuoco alle maschere che ciascuno aveva ricevuto all’arrivo. Un invito a portare nei posti dove ciascuno vive, studia, lavora, la “locura”: la pazzia sperimentata in questo giorno di festa. (altro…)
Ott 8, 2014 | Cultura, Famiglie
Contenido: Nos gusta pensar la historia de una pareja como un viaje. En un determinado momento llega al andén el tren del amor. Se parte de la mano. El deseo es llegar a destino “juntos”. Al momento de la partida, el cielo está despejado y hay sol. Con el tiempo, el escenario cambia: señales de lluvias, hielo, nieblas. Puede haber tempestades imprevistas. El sol reaparece a ratos. Después, aparecen nuevamente las nubes. A veces se tiene la impresión de que ese “sí, para siempre” ya no tiene sentido y que la única solución es bajarse del tren, quizá tomar otro con la esperanza de que el cielo se mantenga despejado. Pero uno de los límites de la condición humana es que las variaciones atmosféricas, relacionadas con los acontecimientos de la vida, nos son previsibles. Entonces, el desafío es saber si esas manos pueden seguir abrazándose para siempre. Este libro es el fruto de muchas relaciones. Mientras te dispones a leerlo, estás recorriendo el tramo de tu propio viaje. Quizás esté soleado, quizá con nieve o estés en medio de una tormenta… De todas formas, se trata de un momento único, irrepetible. También nosotros nos estamos encontrando contigo y ¿qué sucede en un encuentro? Salimos recíprocamente cambiados, ya no somos los mismos de antes. Deseamos que la lectura de estas páginas pueda abrir la puerta a un nuevo diálogo entre nosotros, contigo mismo, con la persona que está a tu lado, que pueda reflorecer la esperanza debilitada, que puedas descubrir o redescubrir la belleza y la singularidad del “viaje” que están haciendo juntos… Los autores: Rino Ventriglia es neurólogo, psicoterapeuta, analista transaccional docente y supervisor, desde siempre apasionado por el ser humano. En 2003 dio vida al Centro Logos, centro de formación que se inspira en los valores propuestos por la cultura de la unidad de Chiara Lubich y de la filosofía del okeness del Análisis Transaccional. Es director de la Escuela de Psicoterapia de la escuela analítico-transaccional psicodinámica de la ciudad de Caserta. Enseña Psicología de la Relación en la Facultad Teológica de Capua. Ha publicado numerosos artículos en revistas nacionales e internacionales de psicoterapia. Rita della Valle es ginecóloga, sexóloga, docente del Método Billings, y desde hace muchos años está comprometida en el campo social. Desde 2005 es vicepresidente del Consultorio Familiar de la Diócesis de Capua. En estos años ha conducido numerosos congresos sobre sexualidad. Su pasión: el Ideal de la unidad propuesto por Chiara Lubich. Juntos, desde hace muchos años, están comprometidos en el Movimiento Familias Nuevas de los focolares. Con algunas familias de ese movimiento siguen, en particular, a las parejas deseosas de fortalecer su relación a través de seminarios que se realizan en Loppiano (Florencia, Italia). Participan como expertos en temas de comunicación y de afectividad en congresos para novios, parejas y familias. Siguen, en su región, parejas de separados en una nueva unión. Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires
Ott 8, 2014 | Centro internazionale, Chiesa, Cultura, Famiglie, Focolari nel Mondo
La situazione della famiglia nel mondo: tra tanti problemi aperti, quali note di speranza? Il primo motivo di speranza è il Sinodo stesso. L’ha voluto papa Francesco, segno che la famiglia è una priorità anche per lui. Nella gente è cresciuta la fiducia nella Chiesa come istituzione, riconoscendovi un appiglio cui la famiglia può ancorarsi. Altro segno di speranza è l’enorme potenziale delle tante famiglie che vivono la fedeltà coniugale, l’apertura alla vita, che si fanno carico dei problemi di altre famiglie segnate dalla separazione. Sono famiglie per così dire “risorsa”, capaci di condividere i pesi e di accompagnare gli altri perché non si sentano esclusi dalla Chiesa o, peggio, dall’amore di Dio. Si sottolinea la necessità di rivolgersi alle difficoltà delle famiglie con uno sguardo di rinnovata misericordia. Sarà questo l’atteggiamento prevalente al Sinodo? Mi sembra illusorio attendersi soluzioni straordinarie e universali. Speriamo piuttosto che emerga quel potenziale della famiglia di cui parlavo prima, e non solo le criticità. Non si può ridurre comunque il problema alla questione sacramentale. I sacramenti sono segni efficaci della grazia. Possono essercene anche degli altri. Mi ha scritto recentemente una donna, profondamente cristiana, sposata civilmente con un divorziato, che, nel disagio per la sua condizione, non si è mai sentita fuori dalla Chiesa. Al momento della distribuzione dell’Eucaristia anche lei si mette in fila e la benedizione che riceve dal sacerdote rafforza in lei la presenza di Gesù. “Sto facendo un cammino”, dice. Un cammino di fede, al di là dei sacramenti, che può portarla alla santità. Uno dei punti su cui le Chiese locali insistono, è la difficoltà a comprendere il messaggio della Chiesa su matrimonio e famiglia. Contenuti da rivedere o linguaggio da riadattare? Sui contenuti dei documenti del magistero ci possono essere obiezioni da parte di chi vorrebbe conformare alla propria misura il disegno di Dio sull’uomo e la donna. Sul linguaggio invece ci sarebbe qualcosa da suggerire, specie per documenti che implicano questioni morali. C’è bisogno di maggior chiarezza, semplicità e sintesi. La famiglia media vive sollecitata da mille incombenze e stress e non ha tempo per leggere. I documenti del magistero dovrebbero presentarsi agili, capaci di comprendere le fatiche di chi, pur mettendocela tutta, si sente vulnerabile. Nel confronto con le giovani coppie la Chiesa si trova di fronte a un problema di ri-evangelizzazione che è, allo stesso tempo, un problema educativo. Quali spazi di manovra? Alla recente udienza concessa ai Focolari papa Francesco ha ricordato, fra l’altro, il dovere di “fare scuola” e di riversare su tutti i doni ricevuti. Questa suggestione a noi è molto cara. I Focolari, infatti, promuovono – e siamo impegnati a renderla sempre più adeguata – una formazione permanente dai bambini ai lavoratori, dai fidanzati agli anziani, dai giovani alle persone separate, e così via. Va detto però che nel campo della famiglia, e delle giovani famiglie, giocano molto i mezzi di comunicazione, in positivo ma di più in senso negativo. Si assiste a spettacoli che insinuano stili di vita trasgressivi e propongono modelli di uomo e di donna privi di riferimenti valoriali. Sono tuttavia convinta che lo spazio per far breccia c’è. Individualismo e crisi anche economica. Quali le iniziative dei Focolari per contrastare questa mentalità? È importante la rete di famiglie capaci di farsi prossime a quelle in difficoltà, con un accompagnamento discreto che supporti la riconciliazione. Per coppie poi che attraversano gravi difficoltà coniugali, abbiamo creato percorsi residenziali nelle cittadelle del Movimento. Mediante tecniche relazionali a cura di esperti, ma soprattutto a contatto con la spiritualità dell’unità, riescono a ritrovare se stesse con la speranza di un futuro insieme. Allacciamo rapporti e avviamo percorsi con chi si è separato, o è stato lasciato, per abbracciare la loro solitudine e rafforzare il loro impegno di fedeltà al sacramento. Si tengono iniziative per coppie in nuova unione, condividendo l’esperienza educativa dei figli e nel desiderio di far sperimentare che la chiesa, e prima ancora l’amore di Dio, li accoglie. Ultimamente abbiamo intensificato l’impegno nell’ottica della prevenzione, sia nel “lavorare” di più per le giovani famiglie, sia nel ridare ai giovani l’incanto del “per sempre”. Fonte: Avvenire online (altro…)
Ott 7, 2014 | Cultura
About this Book After raising 5 children Rowley sat down and helped by his wife JoAnn, does a wonderful job communicating some very simple yet extremely important ideas for raising a family. As a result, his thoughts, intuition, and experiences unfold in a way that feel like a conversation around the kitchen table. Available from New City Press (NY)
Ott 7, 2014 | Cultura
About this Book Written in a charming rhyming style and featuring brightly-colored illustrations, The Gospel for Children introduces preschool and middle-school-aged children to Jesus through the major events in his life. Available from New City Press (NY)
Ott 7, 2014 | Cultura, Spiritualità

Małgorzata Szwarc (a sinistra) con due colleghe
Intervistiamo Małgorzata, per gli amici, Gosia, a Loppiano, luogo dove si sviluppa “la cultura delle relazioni”, come ha ricordato papa Francesco nel suo recente video messaggio in occasione dei primi 50 anni della sua fondazione: “c’è un urgente bisogno, infatti, di giovani di uomini e donne che, oltre ad essere opportunamente preparati nelle varie discipline, siano al tempo stesso, impregnati della sapienza che sgorga dall’amore di Dio”. Quali sono i tuoi primi ricordi del tuo arrivo allo IUS, un anno fa? “Quando sono arrivata a Sophia sapevo solo dire ‘Mi chiamo Gosia e vengo dalla Polonia’. Imparare l’italiano non è stato uno scherzo…. La sera quando le altre andavano a dormire, restavo a studiare. Ricordo che spesso sentivo parole che in polacco hanno un altro significato e rimanevo confusa. Cosa metteresti in evidenza per uno studente appena arrivato? “L’aspetto dell’esperienza a Sophia di cui sono più contenta (e che non mi aspettavo!) è l’intensità della vita nelle residenze: è la lezione più arricchente e concreta sull’ascolto e sul dialogo che ho ricevuto. E il primo passo è saper dimenticare se stessi per accogliere l’altro, per riuscire a vivere quello che studiamo nei corsi. In aula siamo concentrati verso il contenuto delle lezioni, ma nelle residenze questa scelta è necessaria per riuscire a far convivere abitudini, culture e pensieri molto diversi”. Qualche esempio? Si fanno tante cose: si prepara da mangiare, si fanno le pulizie, c’è il tempo per fare tante belle conversazioni e ovviamente si studia. Poi ci sono anche i momenti di relax, come feste o vedere un film. La vita insieme comporta un confronto su tutto e ci sono anche situazioni difficili, incomprensioni. Ma è attraverso questi momenti che siamo cresciute insieme, dove abbiamo imparato ad accoglierci come siamo.” Cos’ha voluto dire per te trovarti a vivere all’estero? “Il fatto che Sophia sia in Italia, mi ha aiutato a cercare la mia identità. Il confronto con gli altri mi ha portato a chiedermi se le mie abitudini e le mie caratteristiche sono ciò che ho scelto di essere o solo la somma delle tradizioni e delle convinzioni che il posto dove sono cresciuta mi ha trasmesso: ad esempio la fede che, in un paese molto cattolico come la Polonia, è un aspetto importantissimo. Ancora non ho trovato tutte le risposte, forse ci vorrà tutta la vita, ma ho ancora un anno intero da vivere a Sophia!” Quali sono stati i corsi che ti hanno interessato di più, e perché? “Soprattutto i corsi dell’area teologica e dell’area etica e sociologica (come “Antropologia ed etica della persona” ed “Etica della vita professionale”). Lungo ciascuno di questi percorsi, ad un certo punto c’era qualcosa che mi toccava profondamente, che potevo provare a fare entrare anche nella mia vita quotidiana. All’inizio non capivo bene il significavo del titolo rilasciato dallo IUS: “Fondamenti e prospettive di una cultura dell’unità”, ma dopo un anno so che quelle parole non sono lì per caso. Sono stati importanti anche i corsi di Economia. Per la prima volta ho compreso che i beni non devono essere solo moltiplicati, acquistati o venduti, ma possono essere condivisi, secondo la logica di una economia di comunione.” Pensi che questo percorso offra una qualificazione adeguata alle domande della società? “È difficile rispondere perché le domande cambiano di continuo mentre si cercano le risposte. Ma Sophia ti apre la mente. E con una mente aperta spero di poter capire meglio ciò che caratterizza la mia società, ciò che è al cuore delle relazioni tra le persone, per poter incidere su di esse. Penso che un frutto sostanziale che porterò con me sarà la ricerca della condivisione.” Fonte: intervista a Małgorzata Szwarc, Polonia – “Il mio primo anno allo IUS” (altro…)
Ott 6, 2014 | Cultura

Come aiutare bambini e adolescenti a conquistare una crescita serena, una personalità solida e una relazionalità sana. L’infanzia e l’adolescenza: momenti della vita appassionanti per le continue scoperte e novità, ma anche “segnati” da grandi contraddizioni e disagi, psicologici e relazionali. Nel volume gli Autori si mettono in ascolto dei bambini e degli adolescenti cercando di capire le situazioni che provocano loro dolore, distinguendo il loro modo di “soffrire” e chiedere aiuto quando si trovano nell’ambiente familiare e il disagio che esprimono quando si trovano a contatto con il mondo esterno.
Città Nuova ed.
Ott 6, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Economia, gender, educazione, famiglia, immigrazione e intercultura, gioco d’azzardo, riforme e partecipazione politica; imprese che “prediligono” i poveri al profitto: sono tra i temi toccati nei 15 laboratori di LoppianoLab, dal 3 al 5 ottobre. Sulla questione del gender, si è dato spazio non solo alla riflessione sulla scottante problematica, ma soprattutto alla condivisione di storie, dolori, esperienze, nello sforzo di stimolare il dialogo tra le diverse sensibilità. Riguardo al gioco d’azzardo, si è parlato delle oltre 60 città raggiunte dal Movimento Slotmob, in sostegno agli esercenti di bar e luoghi pubblici che hanno rifiutato le slot machine, numerose le iniziative sociali e culturali per il risanamento di persone, luoghi e comunità da questa piaga. Sul fronte economico, la Virtual Expo e la Convention di Economia di Comunione hanno permesso di disegnare una vera e propria mappa nazionale delle aziende che aderiscono al progetto EdC. Inoltre, al Polo Lionello Bonfanti, è in partenza il progetto “La Toscana verso Expo 2015” in collaborazione con la Regione Toscana: una serie di eventi preparatori sui temi del bene comune, della biodiversità e forme d’impresa, dell’economia civile e della felicità pubblica.
Una Workshop School di EdC, un Seminario delle Scuole di Formazione Politica promosse dal Movimento Politico per l’Unità, e le proposte dell’Istituto Universitario Sophia, hanno sottolineato l’impegno dei numerosi giovani presenti a LoppianoLab a costruire reti trasversali sul territorio non solo con le istituzioni e la politica, ma anche con il mondo imprenditoriale e del lavoro. «Solo una società in cui tornare a fidarsi l’uno dell’altro può definirsi correttamente civile; solo allora potremo dirci l’un l’altro: ‘non importa da dove vieni, purché si possa andare avanti insieme’», ha affermato Luca Gentile, direttore editoriale di Città Nuova.
Una partecipazione inattesa nei 3 giorni di LoppianoLab: 3.000 sono, infatti, le presenze registrate. Tra queste, il premier Matteo Renzi, che ha fatto tappa nella cittadella dei Focolari nel corso della festa per il 50° per «portare la stima, l’amicizia, la vicinanza di tutte le istituzioni italiane». Il Presidente del Consiglio ha riportato l’attenzione su tre tematiche: l’unità, prima di tutto, che definisce «scelta politica con la “P” maiuscola», «una grande sfida politica che nasce da una straordinaria intuizione». Il Polo imprenditoriale e la scommessa dell’Economia di Comunione, che costituiscono «un nuovo modello per l’economia, un paradigma economico per il nostro tempo», in cui «c’è bisogno di riflettere su come la crisi ha cambiato il nostro sistema produttivo e occupazionale». Infine, ricordando la definizione di Loppiano dello scienziato Ugo Amaldi («Città della fiducia»), Renzi ha sottolineato quanto oggi ci sia bisogno di fiducia: «Fiducia venuta meno ormai non solo nelle relazioni interpersonali, ma soprattutto nel futuro». Mentre accoglienza, dialogo e cura dell’istruzione per generare il bene comune – non solo dell’Italia, ma dell’umanità – sono i punti emersi nel video messaggio di papa Francesco, vera sorpresa per gli abitanti della cittadella e tutti i partecipanti a LoppianoLab, con il suo augurio a «guardare avanti e puntare in alto con fiducia, coraggio e fantasia».
Foto su Flickr: www.flickr.com/photos/sif_loppiano/15436576965/ Rivedi la diretta http://vimeo.com/album/2594769/video/108039234 (altro…)
Ott 5, 2014 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=L7HYXR8mrNo
«Cari fratelli e sorelle abitanti tutti di Loppiano, buonasera. Con voi saluto anche tutte le persone che oggi popolano la cittadella voluta da Chiara Lubich, ispirata al Vangelo della fraternità – quella fraternità universale – e coloro che da ogni angolo del mondo sono collegati e partecipano alla festa per i primi 50 anni della sua fondazione. Loppiano è una realtà che vive al servizio della Chiesa e del mondo, per la quale ringraziare il Signore; una cittadella che è testimonianza viva e efficace di comunione tra persone di diverse nazioni, culture e vocazioni, avendo anzitutto cura nel quotidiano, di mantenere tra voi la mutua e continua carità. Sono contento che abbiate scelto per questa vostra ricorrenza il giorno in cui in tutta la Chiesa si festeggia San Francesco di Assisi, testimone e artefice di pace e fraternità. È una felice coincidenza anche per me, davvero. Gli abitanti di Loppiano, quelli che vivono stabilmente e quelli che vi trascorrono un periodo di esperienza e di formazione, vogliono diventare esperti nell’accoglienza reciproca e nel dialogo, operatori di pace, generatori di fraternità. Proseguite con rinnovato slancio su questa strada, vi auguro che sappiate restare fedeli e possiate incarnare sempre meglio il disegno profetico di questa cittadella fiorita dal carisma dell’unità proprio 50 anni fa. Vivere questo in sintonia profonda con il messaggio del Concilio Vaticano II che allora si stava celebrando, il disegno cioè di testimoniare, nell’amore reciproco verso tutti, la luce e la sapienza del Vangelo. Loppiano scuola di vita, dunque, in cui vi è un unico maestro: Gesù. Si, una città scuola di vita per far ri-sperare il mondo, per testimoniare che il Vangelo è davvero il lievito e il sale della civiltà nuova dell’amore. Ma per questo, attingendo alla linfa spirituale del Vangelo, occorre immaginare e sperimentare una nuova cultura in tutti i campi della vita sociale: dalla famiglia alla politica, all’economia. Cioè la cultura delle relazioni. Principio della sapienza è il sincero desiderio di istruzione, la cura dell’istruzione è amore. Non è un caso che a Loppiano abbia sede, da qualche anno, l’Istituto Universitario Sophia eretto dalla Santa Sede. C’è un urgente bisogno, infatti, di giovani, di uomini e donne che, oltre ad essere opportunamente preparati nelle varie discipline, siano al tempo stesso, impregnati della sapienza che sgorga dall’amore di Dio. Cari amici, di cuore auguro, a Loppiano e a tutti voi, di guardare avanti e guardare avanti sempre, guardare avanti e di puntare in alto con fiducia, coraggio e fantasia. Niente mediocrità. Vi affido a Maria Theotokos, Madre di Dio, che vi accoglie tutti nel santuario al cuore della cittadella. E a voi chiedo di pregare per me. Vi saluto e vi benedico. Arrivederci».
Servizio della Radio Vaticana: Loppiano compie 50 anni. Il Papa: è testimonianza viva di fraternità (altro…)
Ott 5, 2014 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
1. Dare – Lo spazio che si occupa crescendo si restringe quando si invecchia, e sto costantemente eliminando le cose che una volta pensavo siano indispensabili. Recentemente, ho dato via qualcosa di cui poi ho avuto bisogno. Ma ho pensato che la persona potrebbe farne buon uso, e Dio avrebbe preso cura di me. Pochi giorni dopo ho ricevuto da qualcun altro esattamente la cosa che avevo dato via. Così ho deciso che il dare è uno stile di vita che non invecchia mai, e il centuplo è sempre nuovo. 2 Nuove amicizie – Tutti si preoccupano per i bambini quando iniziano la scuola e devono incontrare i nuovi compagni, ma nessuno pensa ad una novantenne che entrando in una casa per gli anziani dovrebbe ripartire da zero. Ho dovuto imparare ad ascoltare persone che possono pensare in modo molto diverso e capire quanto ognuno vuole essere amato. 3. Preghiera – Quando si invecchia diventa più facile aver tempo per pregare. Cerco di essere aggiornata su tutto ciò che accade e tengo un elenco d’intenzioni per cui pregare. Si potrebbe pensare che a 93 anni avrei potuto smorzare i difetti nel mio carattere, ma mi ritrovo a fare gli stessi sbagli che ho cercato di correggere tutta la mia vita. Ho imparato come ricominciare e rimettermi a vivere bene il momento seguente. 4. Salute – Sono cosciente che il mio viaggio si avvicina al suo completamento, per cui è meraviglioso essere ancora in grado di andare a fare ginnastica, a mangiare bene, riuscire a mettere le gocce negli occhi e prendere tutti i farmaci come prescritto. Ho un rapporto stretto con chi è già nell’aldilà, in Paradiso. Affido delle cose diverse a ciascuno e chiedo a loro di aiutarmi e di darmi la forza quando le cose sono un po’ dure. Ci vuole un vero e proprio atto di fede per credere nel valore della tua vita quando molti intorno vedono la cosa in modo diverso. 5. Armonia – Non ho bisogno di molti vestiti o mobili, ma cerco di mantenere in ordine quello che ho. Con la mia vista così scarsa, non sono sicura se i colori corrispondono, e potrei essere tentata di pensare: “Che importa?” Ma poi penso che anche a 93 anni, dovrei cercare di essere un’espressione della bellezza di Dio nel modo in cui mi vesto e nell’armonia dell’arredamento del mio appartamento. 6. Learning – Ho sempre voluto imparare nuove cose, così cerco di studiare i documenti del Santo Padre e guardare i DVD sul catechismo o su altri argomenti. Non praticherò mai più il mio lavoro d’infermiera, ma fa parte della mia vocazione il rimanere aggiornata sugli sviluppi nella mia professione: forse qualcosa che leggo potrebbe essere utile per qualcun altro. Amo la saggezza e prego spesso lo Spirito Santo di aiutarmi a non dire parole inutili. 7. Collegamenti – In passato cercavo di tenermi in contatto con altre persone inviando lettere o usando il telefono. Invece, i tempi sono cambiati, e se a 50 anni ho preso la patente di guida, ora ho dovuto imparare ad usare l’email per poter avere notizie e rimanere in contatto con tutti. Sto imparando poco a poco, perché finora so muovere il mouse solo in una sola direzione! La mia conclusione? Sì, è un po’ difficile avere l’età di 93 anni, ma questo non significa che non si può avere una vita piena e appagante.
Agatha O’Donnell
Fonte Living City (altro…)
Ott 4, 2014 | Centro internazionale, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
È per le 19.00 ora italiana l’apertura ufficiale del 50° di Loppiano (FI), primo centro internazionale dei Focolari e luogo di sperimentazione permanente di uno stile di vita fondato sul dialogo e l’accoglienza interculturale. In video messaggio l’augurio di Papa Francesco ai cittadini di Loppiano e a quanti seguiranno l’evento. Ha confermato la sua partecipazione il presidente del Consiglio Matteo Renzi per l’amicizia che lo lega da anni alla cittadella, sin dai tempi del suo impegno politico in Toscana. L’evento, trasmesso in diretta streaming su loppiano.it e da TV2000 alle 22.30, segna l’inizio di un anno d’iniziative culturali, un percorso di conoscenza e diffusione dei valori che animano la vita di Loppiano e che hanno attirato fino ad oggi oltre un milione e duecentomila persone da tutto il mondo. Con i suoi attuali 800 abitanti di oltre 60 Paesi, Loppiano assume la fisionomia di un laboratorio interculturale permanente, al servizio della pace e dell’armonia tra i popoli. I primi 50 anni del Centro internazionale verranno ripercorsi attraverso interviste con i protagonisti della prima ora, contributi artistici internazionali, testimoni di tradizioni culturali e religiose non cristiane che, tornando nei propri Paesi, hanno tradotto quanto vissuto a Loppiano in azioni politiche, lavoro, modelli educativi nei diversi ambiti sociali e culturali. Le sinergie con il territorio e le istituzioni sono raccontate attraverso il contributo delle diverse componenti culturali ed economiche della cittadella e delle comunità locali. Conduce la serata l’attrice Barbara Lo Gaglio insieme agli attori Paolo Bonacelli e Fabrizio Bucci. L’intero evento è una co-produzione Centro Internazionale Loppiano – TV 2000. L’appuntamento s’inserisce nella cornice di LoppianoLab, laboratorio nazionale di economia, cultura, cittadinanza, comunicazione e formazione con il metodo e l’orizzonte della cultura dell’unità. È promosso dal Polo industriale Lionello Bonfanti, l’Istituto Universitario Sophia, il Gruppo Editoriale Città Nuova e la cittadella di Loppiano. Alle precedenti edizioni hanno partecipato complessivamente oltre 10.000 visitatori da tutt’Italia; oltre 200 le attività economiche che vi hanno preso parte; 32 i patrocini di Comuni, Province e Regioni Italiane nella sola edizione 2013. Tra gli ospiti già presenti quest’anno ci saranno anche i registi Pupi Avati e Fernando Muraca, il filosofo Umberto Galimberti, l’On. Anna Ascani, il direttore del quotidiano Avvenire Marco Tarquinio, il teologo Piero Coda, gli economisti Luigino Bruni e Benedetto Gui, il giornalista RAI Gianni Bianco oltre a rappresentanze politiche e istituzionali del territorio. Dirette streaming e Twitter 4 ottobre 2014 ore 9.30 – Convention Economia di Comunione (Polo Lionello Bonfanti) ore 10.00 – Laboratorio “Governanti e governati” (Auditorium Loppiano) ore 15.30 – Convegno centrale di LoppianoLab 2014 “Una mappa per l’Italia. Tra relazioni, lavoro, cultura” (Auditorium Loppiano) 5 ottobre 2014 ore 9.30 – Laboratorio “Ero straniero e tu…?” (Auditorium Loppiano) Cooperativa Loppiano Prima. Semi di un percorso di comunione (Sede Fattoria Loppiano – dal sito della cooperativa Loppiano Prima)
Link all’evento su focolare.org e Sito ufficiale di Loppiano: www.loppiano.it Per seguire LoppianoLab sui Social: Blog Facebook Twitter @LoppianoLab Twitter: #50Loppiano L’evento verrà trasmesso in diretta streaming su loppiano.it e da TV2000 alle 22.30 (altro…)
Ott 3, 2014 | Cultura
Ott 3, 2014 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Con i suoi 98 milioni di abitanti, l’Etiopia è il secondo Paese più popolato del continente africano, dopo la Nigeria. Da quasi due decenni ha conquistato la pace dopo una terribile guerra con la vicina Eritrea, durata oltre 17 anni, e che ha messo in ginocchio i due popoli. Oggi è considerata il centro dell’Africa: vi ha sede l’Unione Africana e vi si giocano gli interessi di popoli interi. Ci sono tutte le ambasciate del continente e sono rappresentate 115 Nazioni extra-africane. A scrivere del viaggio è la giornalista Liliane Mugombozi, direttrice di New City Africa, invitata – insieme ad altri due focolarini – dal vescovo della diocesi di Meki, nel nord del Paese, dal 10 al 23 agosto scorsi. «Sono di ritorno dall’Etiopia dove, con Charles e Legesse, siamo stati invitati dal vescovo Abram. Ora per me, il Corno d’Africa non è più solo il terrorismo in Somalia o la dittatura in Eritrea; né l’Etiopia solo l’Aeroporto di Addis Abeba dove fare scalo nei miei voli per Roma.
Ora Addis è per me il sorriso di quel ragazzo che mi ha aiutato a portare la valigia, è nello sguardo accogliente della suora che mi ha accolta presso il centro in cui ho potuto riposare prima di riprendere il viaggio l’indomani. L’ho trovata palpitante e viva in quel sacerdote che con premura mi ha introdotto nella realtà di questo popolo, in quella donna lebbrosa, stigma della società, in quel giovane desideroso di conoscermi. E ancora, in quel dolore appena sfiorato per i muri che ancora dividono la Chiesa Cattolica e Ortodossa. L’incontro con 4 vescovi, tra qui l’arcivescovo di Addis Abeba, Bernhaneyesus Souraphiel, ha avuto su di noi un forte impatto. La loro speranza nel contributo che i Focolari possono portare è grande. In quei giorni abbiamo potuto condividere, dal di dentro, la vita della piccola comunità cattolica: davvero un’esperienza edificante! La testimonianza evangelica dell’esiguo gruppo dei cattolici, raggiunge non solo i cristiani della Chiesa Ortodossa antica e diverse chiese pentecostali in crescita dappertutto, ma anche le altre presenze religiose del Paese, specie quella musulmana.
Abbiamo trovato una Chiesa viva e impegnata, che ha saputo farsi carità incarnata nelle strutture della società ai livelli: nell’istruzione, nella sanità, nell’agricoltura… in una società che cambia e si evolve a ritmi vorticosi. Camminando per le strade, passando tra la gente, si coglie un Paese che “vibra” su tutti i fronti: politico, sociale, nelle comunicazioni, con enormi possibilità di sviluppo. L’auspicio espresso dai vescovi è quello di “cercare la chiave d’accesso per entrare in questo mondo con i valori del Vangelo. La politica non basta, occorre fare la nostra parte. Da tanto tempo sentiamo che la Chiesa ha bisogno di laici formati. E voi siete tra questi… il Movimento dei Focolari qui deve essere coinvolto nella formazione dei laici…”. Ho ricordato le parole che Giovani Paolo II rivolse a Chiara Lubich, alcuni anni fa, invitandola a contribuire a «dare un’anima all’Europa». Anche le parole dei vescovi in Etiopia mi risuonavano così, come se ci dicessero «anche qui occorre dare un’anima a questo Paese». (altro…)
Ott 2, 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Riconciliazione Anni fa mia madre e i suoi fratelli vendettero una proprietà. Uno degli zii, insoddisfatto della parte ricevuta, s’era opposto alla vendita di un rudere rimasto, rompendo ogni rapporto con gli altri. Considerando assurdo questo litigio per quattro pietre, sono andata a trovarlo con la mamma, portando in dono un libro sulla famiglia con delle esperienze positive. Con lo zio litigioso si è trattato soprattutto di ascoltare le sue ragioni, capire i motivi del suo rancore. Solo poco prima di andare via, ho potuto dirgli qualcosa sul valore della pace in famiglia. Con mia sorpresa si è offerto di accompagnarmi in auto al pullman e, nel salutarmi, ha abbracciato anche sua sorella che prima non aveva neanche salutata. M. F. L. – Italia Non sarebbe nata I genitori e le amiche la spingevano ad abortire. Ma lei, ragazza madre, sicura di poter contare su di noi, ha tenuto duro e ha dato alla luce Maria, una bambina bella ma gracile. Per cinque mesi ce l’ha affidata per completare i suoi studi all’estero. A volte ci chiedevamo se avevamo fatto bene: con nessuno dei nostri figli ci siamo dovuti svegliare tante volte di notte, nessuno è stato così ammalato come Maria! Ma poi un pensiero: senza la nostra disponibilità Maria non sarebbe neanche nata e sua madre chissà dove sarebbe finita. Quando è ritornata, i suoi l’hanno accolta. Un anno dopo si è sposata ed ora ha tre figli. F. Z.- Repubblica Ceca Solidarietà Da circa dieci anni sto vivendo con il babbo l’evolversi della sua malattia: al posto del negoziante del corso pronto alla battuta con tutti e del nonno orgoglioso dei suoi nipoti, c’è ora una persona dipendente in tutto dagli altri. Dopo l’iniziale ribellione da parte mia, che vedevo tutto il negativo della situazione, mi sono accorta che questa malattia ha messo in moto tanta solidarietà. Ci sono infatti persone che vengono a far compagnia alla mamma, i parenti si sono fatti più attenti e disponibili… E poi c’è la badante filippina che ha un ottimo rapporto con noi tanto da essere considerata una di famiglia: abbandonata dal marito, venire ad assistere il babbo le ha permesso di mantenere i suoi tre figli. N. B.- Italia Un filo d’oro I nostri figli avevano appena terminato gli studi superiori quando mio marito si è ammalato gravemente, lui che era forte come una roccia. È cominciato il suo calvario di degenze e debilitanti interventi chirurgici. Avendo come nostro unico sostegno Dio, Michele ed io ci siamo preparati al distacco ormai vicino. In un momento di confidenza tra noi, mentre il male lo tormentava, mi incoraggiava: «Se una donna meravigliosa. Sono fortunati i nostri figli ad averti per madre». E restituendomi l’anello nuziale, ha aggiunto: «Ti voglio bene, ti voglio bene per sempre. Ti aiuterò di più quando non apparterrò più alla terra». Quando Michele è morto è come se ci avesse portati con sé; nello stesso tempo lo sentiamo accanto a noi vivo come non mai. Un filo d’oro unisce il cielo la terra. L. S.- Italia (altro…)
Ott 1, 2014 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

I giovani di Yangon
L’amore per la libertà è uno dei messaggi più forti che ci arriva dal popolo birmano, anche attraverso la figura della leader pacifista Aung San Suu Kyi, Nobel per la pace 1991, che ha fatto conoscere a tutto il mondo le vicende di un popolo da poco uscito dall’isolamento. Più silenziosa ma ugualmente tenace è l’azione dei Giovani per un mondo unito che a Yangon, ex-capitale del Paese, hanno organizzato in primavera un mini Genfest, rifacendosi all’appuntamento mondiale che si è svolto a Budapest nel 2012 e che aveva radunato allora 12.000 giovani. Prendendo spunto dal motto “Let’s Bridge”, hanno presentato, con l’immagine del ponte, le varie fasi per creare rapporti tra persone, culture, popoli. Le storie raccontate erano frutto dell’impegno dei giovani su ecologia, pace, cultura del dare, rapporti in famiglia. Non sono mancati momenti di sospensione per l’elettricità difettosa, che più volte ha fatto saltare l’impianto tecnico. Ma il messaggio è passato: fare il primo passo per lanciare un ponte verso l’altro. Dopo il Genfest di Yangon, i giovani del Myanmar si sono recati al nord, rispondendo all’invito di un gruppo di 80 studenti di Mandalay, per un altro Genfest locale. In 14 sono partiti da Yangon e dopo una notte di viaggio hanno raggiunto gli altri. “Abbiamo vissuto momenti molto belli con i giovani di Mandalay – raccontano -. Grazie alla loro amicizia e semplicità, eravamo già come fratelli e sorelle. Con quest’atmosfera, hanno potuto capire facilmente quello che volevamo trasmettere”. E la costruzione di ‘ponti’ con tutti, si concretizza: per 3 volte hanno fatto visita ad orfanatrofi o case per anziani per condividere il loro amore e sostegno. Hanno organizzato un post Genfest sia a Yangon che a Mandalay per promuovere la fraternità e la pace. Attività che, come un tam-tam, coinvolgono altri amici. 
Sport for Peace in Vietnam
In Vietnam, spazio allo sport, con una giornata di “Sport for Peace”. L’appello per la pace – sullo sfondo della grave situazione mondiale – è stato accolto sentitamente. Anche i giovanissimi, aderendo all’invito di Papa Francesco di amare e prendersi cura dei più anziani e dei più piccoli, si sono dati appuntamento per visitare una casa per anziani e un orfanatrofio. A Bangkok, in Thailandia, “Connect” è l’iniziativa promossa dai giovani, col significato di collegarsi ad altri e lo strumento scelto sono stati i workshop: arte, canto, danza e cucina. «Abbiamo visto arrivare non solo giovani, ma anche alcune famiglie con i loro bambini – raccontano – Eravamo oltre 60, anche di altre nazionalità: Pakistan, Myanmar, Cina ed un folto gruppo da Timor Est». In seguito, visite ai bambini dello slum di Bangkok, coinvolgendo un gruppo di studenti universitari; azioni di raccolta fondi per le vittime di calamità naturali: l’anima è stata la creatività giovanile da una parte, e lo spirito di solidarietà con la certezza che l’amore di Dio vince tutto, dall’altra. E poi sono andati verso nord… 
Thailandia: il nuovo centro di accoglienza per i giovani tribali.
Dopo 5-6 ore di viaggio dalla città di Chiang Mai si arriva in un posto sperduto dove sta nascendo un nuovo centro di accoglienza per i giovani dei villaggi tribali. «Siamo andati per visitare i 18 giovani che fanno “home schooling” e insieme costruiscono questo centro con le loro mani. Lo scopo di questo viaggio era vedere insieme come mettere su un programma di formazione basato sulla Parola di Vita. Così abbiamo iniziato a lavorare con una nuova “periferia” – i giovani delle tribù – che sta molto a cuore alla Chiesa locale». (altro…)
Set 30, 2014 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Il 28 settembre, in Piazza San Pietro, papa Francesco ha incontrato gli anziani e i nonni nella prima giornata internazionale dedicata alla terza età, promossa dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. L’incontro dal titolo: “La benedizione della lunga vita“, è coinciso con la Giornata di preghiera per il Sinodo sulla Famiglia, ispirandosi ai molti interventi del Papa che più volte ha ricordato la tragedia della “cultura dello scarto” tipica di “un popolo che non custodisce i suoi anziani”, scartandoli “con atteggiamenti dietro ai quali c’è un’eutanasia nascosta”. Francesco ha abbracciato con affetto Benedetto XVI, presente durante la prima parte dell’incontro: «Ho detto tante volte che mi piaceva tanto che lui abitasse qui in Vaticano, perché era come avere il nonno saggio a casa. Grazie!». «Noi cristiani – ha affermato il Papa nel suo discorso – insieme a tutti gli uomini di buona volontà, siamo chiamati a costruire con pazienza una società diversa, più accogliente, più umana, più inclusiva, che non ha bisogno di scartare chi è debole nel corpo e nella mente, anzi, una società che misura il proprio “passo” proprio su queste persone.» L’incontro, è stato un’occasione per riaffermare che – come aveva detto Mons. Paglia, presidente del dicastero per la famiglia, «l’anzianità non è un naufragio ma una vocazione: si sono allungati gli anni di vita ma su questo tema non è stata sviluppata una riflessione adeguata né nella politica né nell’economia, né nella società né tanto meno nella cultura».
«Va ripensata la vecchiaia e va ripensato anche l’impegno degli anziani nel mondo e della Chiesa nei loro confronti. Oltre a tutti gli aspetti civili, c’è una cultura che gli anziani possono trasmettere, particolarmente attenta a non concepire l’indebolimento della vita come la tragedia finale ma come una testimonianza di speranza nell’aldilà». L’evento del 28 settembre è situato nella giornata di preghiera per il Sinodo sulla famiglia, “luogo fondamentale e primario dove un anziano può vivere dentro una trama di relazioni che lo sostengono” – ancora Mons. Paglia – e che a sua volta è chiamato a vivificare e ad arricchire. Gli anziani non sono soltanto oggetto di attenzione e di cura ma anche soggetto di una nuova prospettiva di vita». Per avvicinarci a questa dimensione della vita consigliamo due brevi letture, di recente pubblicate da Città Nuova per la collana Passaparola. Invecchiare in forma, di Valter Giantin, con focus sull’aspetto della salute, considerando che “teoricamente ogni essere vivente comincia ad invecchiare all’atto del primo aggregarsi di due cellule” . Alzheimer, di Tamara Pastorelli. Per l’autrice scrivere questo libro ha significato “confrontarsi con la paura”, “quella di perdere la memoria, la mia identità, la mia dignità, ammalandomi di Alzheimer”. Una sofferenza che si affaccia in molte famiglie. (altro…)
Set 29, 2014 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Il 28 settembre alle 12.30 una diretta internet ha segnato la conclusione dei lavori dell’Assemblea generale dei Focolari. Si riparte con l’impegno a vivere come “uomini-mondo”, secondo l’espressione coniata da Chiara Lubich e rievocata da papa Francesco nell’udienza del 26 settembre: «Uomini e donne con l’anima, il cuore, la mente di Gesù e per questo capaci di riconoscere e di interpretare i bisogni, le preoccupazioni e le speranze che albergano nel cuore di ogni uomo». Caloroso e aperto era stato durante l’udienza lo scambio con i cristiani di varie Chiese e le persone di convinzioni non religiose presenti. La sua consegna ai Focolari ha avuto una grande risonanza nei 494 rappresentanti di 137 Paesi: evidente, infatti, la consonanza con le conclusioni a cui l’Assemblea generale 2014 era arrivata dopo tre settimane di intenso lavoro – a partire delle oltre 3000 istanze arrivate da tutto il mondo – e riassunte nelle linee guida che orienteranno l’impegno del Movimento nei prossimi sei anni. Tre sono le parole in cui si è concentrato il discorso di Francesco: contemplare (“immersi nella folla, uomo accanto ad uomo”, citando un pensiero di Chiara Lubich), uscire, fare scuola, accompagnate dal forte invito alla gratuità, alla creatività e all’arte del dialogo, “che non s’impara a buon mercato”. E tre le parole contenute nelle linee guida emerse dall’Assemblea: uscire, insieme, opportunamente preparati. Si tratta di orientamenti, che portano come titolo lo scopo specifico dei Focolari “Che tutti siano uno”, e che adesso le comunità dei Focolari, sparse nei vari continenti, applicheranno, secondo i bisogni concreti e le esigenze specifiche di ogni area geografica. Vedi anche: Contemplare, uscire, fare scuola: le 3 parole di Francesco ai Focolari Intervista a Maria Voce e Jesús Morán Assemblea Focolari: un cammino di unità che si vede Documentazione assemblea L’Assemblea generale raccontata ai giornalisti (altro…)
Set 28, 2014 | Parola di Vita
“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” Gesù si vede già pane. E’ dunque quello il motivo ultimo della sua vita qui sulla terra. Essere pane per essere mangiato. Ed essere pane per comunicarci la sua vita, per trasformarci in lui. Fin qui il significato spirituale di questa parola, con i suoi richiami all’Antico Testamento, è chiaro. Ma il discorso si fa misterioso e ostico quando più avanti Gesù dice di se stesso: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51b) e “se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6,53). E’ l’annuncio dell’Eucaristia che scandalizza e allontana tanti discepoli. Ma è il dono più grande che Gesù vuol fare all’umanità: la sua presenza nel sacramento dell’Eucaristia, che dà la sazietà dell’anima e del corpo, la pienezza della gioia, per l’intima unione con Gesù. Nutriti di questo pane ogni altra fame non ha più ragione di esistere. Ogni nostro desiderio di amore e di verità è saziato da chi è lo stesso Amore, la stessa Verità. “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” Dunque questo pane nutre di Lui fin da quaggiù, ma ci è dato perché possiamo a nostra volta saziare la fame spirituale e materiale dell’umanità che ci circonda. Il mondo non riceve tanto l’annuncio di Cristo dall’Eucaristia, quanto dalla vita dei cristiani nutriti di essa e della Parola, i quali predicando il Vangelo con la vita e con la voce, rendono presente Cristo in mezzo agli uomini. La vita della comunità cristiana, grazie all’Eucaristia, diventa la vita di Gesù, una vita quindi capace di dare l’amore, la vita di Dio agli altri. “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” Con la metafora del pane, Gesù ci insegna anche il modo più vero, più “cristiano” di amare il nostro prossimo. Infatti, che cosa significa amare? Amare significa “farsi uno” con tutti, farsi uno in tutto quello che gli altri desiderano, nelle cose più piccole e insignificanti e in quelle che forse a noi importano poco ma che agli altri interessano. E Gesù ha esemplificato in maniera stupenda questo modo di amare facendosi pane per noi. Egli si fa pane per entrare in tutti, per farsi mangiabile, per farsi uno con tutti, per servire, per amare tutti. Farsi uno anche noi dunque fino a lasciarsi mangiare. Questo è l’amore, farsi uno in modo che gli altri si sentano nutriti dal nostro amore, confortati, sollevati, compresi.
Chiara Lubich
Pubblicata su Città Nuova 2000/14, p.7.
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Set 28, 2014 | Chiara Lubich, Spiritualità

Foto: Antonio Oddi
«Ma agli occhi di Dio, sarà più bello il bambino che ti guarda con occhietti innocenti, tanto simili alla natura limpida e tanto vivi, o la giovinetta che splende come la freschezza d’un fiore appena aperto, o il vecchio avvizzito e canuto, ormai curvo, quasi inabile a tutto, in attesa soltanto forse della morte? II chicco di grano, così promettente quando, tenue più d’un filo d’erba, aggrappato ai chicchi fratelli, attornianti e componenti la spiga, attende di maturate e svincolarsi, solo e indipendente, nella mano dell’agricoltore o in grembo alla terra, è bello e pieno disperanza! E bello però anche quando, ormai maturo, e scelto fra gli altri, perché migliore, onde, sotterrato, dar vita ad altre spighe, esso che la vita ormai contiene. È bello, è l’eletto per le future generazioni delle messi. Ma quando sotterrato, avvizzendosi, riduce il suo essere in poca cosa, più concentrata, e lentamente muore, marcendo, per dar vita ad una pianticella, diversa da esso, ma che di esso contiene la vita, forse è più bello ancora. Bellezze varie. Eppure una più bella dell’altra. E l’ultima la più bella. Dio le vedrà cosi le cose? Quelle rughe che solcano la fronte della vecchietta, quel camminare curvo e tremolante, quelle brevi parole piene d’esperienza e di sapienza, quello sguardo dolce di bambina e donna insieme, ma più buono dell’una e dell’altra, è una bellezza che noi non conosciamo. È il chicco di grano che, spegnendosi, sta per accendersi ad una nuova vita, diversa dalla prima, in cieli nuovi. Io penso che Dio veda cosi le cose e che l’appressarsi al Cielo sia di gran lunga più attraente che le varie tappe del lungo cammino della vita, che in fondo serve solo per aprire quella porta». Chiara Lubich: Forse più bello ancora, in Scritti Spirituali/1, Città Nuova, Roma, 1991, pp. 111-113. (altro…)
Set 26, 2014 | Centro internazionale, Chiesa, Spiritualità
Gioia, emozione, sorpresa e anche curiosità. Tanti e diversi i sentimenti e le aspettative dei 500 partecipanti all’assemblea generale dei Focolari in udienza da papa Francesco. Il gruppo, infatti, è composto da persone provenienti da 137 Paesi, cattolici, cristiani di altre chiese, qualcuno anche senza un riferimento religioso.
Così ha esordito la Presidente Maria Voce presentando l’Assemblea, riunita nella Sala Clementina, in Vaticano, rivolgendosi al Papa: «Le persone qui presenti, di varie età, culture, vocazioni, laici e consacrati, vergini e coniugati, hanno vissuto un’esperienza appassionante di comunione nella quale, per il costante e sempre rinnovato amore scambievole, hanno percorso un cammino di discernimento comunitario, in ascolto dello Spirito, nella individuazione delle linee da seguire per poter rispondere ai dolori e alle speranze dell’umanità di oggi con il nostro specifico carisma di unità». Significativo il suo accenno all’Evangelii Gaudium: «È stata quasi una scuola-laboratorio per esercitarci a condividere, a pensare e lavorare con Gesù fra noi, riscoprendoci popolo nato dal Vangelo e chiamato perciò a vivere e testimoniare il nostro carisma e a donarlo a tutti. La sua esortazione apostolica è stata, senza dubbio, uno dei fari che ha illuminato i nostri lavori». Altra nota significativa che testimonia il carattere “ecumenico” dell’Assemblea dei Focolari: «Ci siamo sentiti particolarmente sollecitati a ricercare con fiducia nuove possibili vie per un coinvolgimento e una partecipazione sempre più pieni alla vita e alla conduzione del Movimento dei fratelli e sorelle cristiani di varie Chiese che ne fanno parte». E papa Francesco, incoraggiando a vivere il carisma dell’unità fino in fondo, così si è espresso: «Cari fratelli e sorelle, saluto tutti voi, che formate l’Assemblea Generale dell’Opera di Maria e volete viverla pienamente inseriti nell’“oggi” della Chiesa. In modo speciale saluto Maria Voce, che è stata riconfermata Presidente per un ulteriore sessennio. Nel ringraziarla per le parole che mi ha rivolto anche a nome vostro, formulo a lei e ai suoi più stretti collaboratori cordiali auguri di proficuo lavoro a servizio del Movimento, che in questi anni è andato crescendo e si è arricchito di nuove opere e attività anche nella Curia Romana. A cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, la Chiesa è chiamata a percorrere una nuova tappa dell’evangelizzazione testimoniando l’amore di Dio per ogni persona umana, a cominciare dai più poveri e dagli esclusi, e per far crescere con la speranza, la fraternità e la gioia il cammino dell’umanità verso l’unità.
L’Opera di Maria – nota a tutti col nome di Movimento dei Focolari – è nata nel seno della Chiesa Cattolica da un piccolo seme, che nel corso degli anni ha dato vita a un albero che ora distende i suoi rami in tutte le espressioni della famiglia cristiana e anche tra membri delle diverse religioni e tra molti che coltivano la giustizia e la solidarietà insieme alla ricerca della verità. Questa Opera è sgorgata da un dono dello Spirito Santo – senza dubbio! – il carisma dell’unità che il Padre vuole donare alla Chiesa e al mondo per contribuire a realizzare con incisività e profezia la preghiera di Gesù: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). Il nostro pensiero si rivolge con grande affetto e riconoscenza a Chiara Lubich, straordinaria testimone di questo dono, che nella sua feconda esistenza ha portato il profumo di Gesù in tante realtà umane e in tante parti del mondo. Fedele al carisma da cui è nato e a cui si alimenta, il Movimento dei Focolari si trova oggi di fronte allo stesso compito che attende tutta la Chiesa: offrire, con responsabilità e creatività, il suo peculiare contributo a questa nuova stagione dell’evangelizzazione. La creatività è importante, non si può andare avanti senza. E’ importante! E in questo contesto vorrei consegnare tre parole a voi che appartenete al Movimento dei Focolari e a coloro che, in vari modi, ne condividono lo spirito e gli ideali: contemplare, uscire, fare scuola. (leggi tutto)
Il servizio di Sergio Centofanti – Radio Vaticana Audio: Radio Vaticana Video Centro Televisivo Vaticano youtube (altro…)
Set 26, 2014 | Cultura
[:de]
19 Meditationen über das “neue Gebot” Jesu: “Liebt einander!” Zusammengestellt aus Vorträgen, Aufzeichnungen und Telefonkonferenzen von Chiara Lubich.
Mitwirkende: |
Sprecherin: Gudrun Griesmayr |
Ausstattung: |
Hörbuch |
Verlag Neue Stadt[:]
Set 26, 2014 | Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Le 3 storie che seguono ci aprono uno squarcio di vita completamente diverso da quello a cui siamo abituati. Non solo il carcere in sé, ma anche la solitudine, l’abbandono, la corruzione, la difficoltà di accedere ai beni primari, e un’ondata di vita che arriva da intere comunità, da gruppi di bambini, da famiglie. Esperienze illuminate dal Vangelo, e da un’unica parola: «Ero carcerato e mi avete visitato» (Mt. 25,37). Kikwit. La prima visita alla prigione, quest’anno, è stata quella delle comunità locali: tutti insieme, circa 300 persone. «Dopo aver fatto una comunione dei nostri beni – scrivono Jean Kuvula e Nicole – vestiti, scarpe, manioca, mais, verdure, pondu (verdura preparata dalle foglie della manioca), sapone, sale, ci siamo dati appuntamento all’entrata del penitenziario. Il complesso musicale “Gen Unité” si era ben preparato per i canti della S. Messa. Appena sistemati noi, sono entrati i detenuti, in gruppi. Dopo la Messa, solenne e molto bella, il direttore ci ha presentato. Il motivo della nostra visita? “Vogliamo condividere con voi il momento doloroso che state vivendo, e dirvi che Dio vi ama. Noi preghiamo per voi. Vorremmo che siate sicuri che Gesù vi farà uscire da qui e che non farete più del male”. Distribuiti i vestiti a chi ne aveva bisogno, il resto dei beni lo abbiamo consegnato al direttore. Abbiamo poi condiviso con loro esperienze sulla Parola di Vita, con la proposta di far arrivare il foglietto con la spiegazione della Parola di Dio ogni mese. Tanti hanno pianto di commozione; Nel ringraziarci, il direttore ci ha detto che tanti prigionieri sono abbandonati da tutti». Anche i e le gen 4 (i bambini dei Focolari) di Kikwit hanno l’abitudine di visitare i prigionieri della prigione centrale ogni anno alla Vigilia di Natale. «I bambini avevano portato vestiti, scarpe, viveri – scrive Jean – e curiosamente c’erano tante scarpe da adulti, fatto che dimostrava che i genitori sostenevano l’azione. Un gen 4 ha preso la parola spiegando: “Avevo fame, tu mi hai dato da mangiare. Avevo sete, tu mi hai dato a bere. Ero in prigione e tu mi hai visitato. Ecco il motivo per il quale siamo venuti. Voi siete Gesù che veniamo a visitare”. Un altro gen 4: “Maman Chiara ci dice di amare tutti e di festeggiare il compleanno di Gesù. Gesù che domani nascerà, vuole consolarvi, voi che state soffrendo. Vi dice di perseverare nel Suo amore e vuole che possiate uscire. Gesù desidera che vi pentiate e che non facciate più del male, per non tornare ancora in prigione”. Dopo queste parole si è fatto un grande silenzio. Un detenuto ha chiesto da dove venivamo, mai aveva visto così tanti bambini (circa 200) in rappresentanza di tutte le parrocchie di Kikwit, andar a trovare i prigionieri. Il direttore ringraziando tutti i gen 4, ha detto che era Dio che li aveva mandati, perché il giorno prima non c’era più niente da mangiare».
A Goma, si avvia invece il progetto di una mensa nel carcere centrale. La famiglia André Katoto e Julie, responsabili sul posto, racconta: «Nella nostra ultima visita nella prigione centrale, aprile 2014, abbiamo scoperto la mancanza di razioni regolari di cibo. I detenuti ricevono i viveri dalle loro famiglie e sono autorizzati a venderli all’interno del penitenziario, dove rimangono, sparsi qua e là per terra e nel cortile. Questo sistema, tollerato dalla direzione, giustifica le autorità provinciali a non fornire il cibo. Nasce così l’idea di creare una mensa in prigione, ma come arrivarci?! Abbiamo cercato di contattare il Ministro provinciale della Giustizia. Lo incontriamo casualmente in ospedale. È stata l’occasione per presentare la nostra idea come soluzione duratura al problema di accesso ai beni primari. Il ministro ci ha assicurato il suo sostegno e ci ha inviato da due suoi consiglieri per studiarne la fattibilità. Siamo adesso in attesa dell’apertura della mensa». (altro…)
Set 25, 2014 | Chiesa, Famiglie, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Parlano davanti a Mons. Maradiaga, presidente di Caritas internationalis, e Mons. Paglia, del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e ai 150 intervenuti al seminario (Roma 18 Settembre 2014), da varie parti del mondo. A questa famiglia di Maddaloni (Caserta), cittadina definita “a rischio” – segnata dalla dolorosa esperienza della perdita di un figlio all’età di 3 anni – è chiesto di dare una testimonianza su come ricostruire la speranza e la solidarietà nelle famiglie di oggi. Il terzo figlio, infatti, Giuseppe, muore in seguito alle complicazioni di una banale influenza, a soli 3 anni e tre mesi. «Quando mi fu data la notizia pensai che stavo sognando, poi un dolore lancinante e la certezza che quella situazione la dovevamo vivere uniti, innanzitutto io e Gino. Ho vissuto quei momenti sentendo una forte presenza di Dio che, pur permettendo quel dolore, mi prendeva in braccio. Una famiglia, con la quale condividevamo un percorso di fede, ci ha proposto di trascorrere insieme un periodo a Loppiano, una cittadella dei Focolari vicino a Firenze». Per Gino è diverso: «Con la morte di Giuseppe, oltre che come padre, mi sentivo defraudato anche come medico che per mestiere aiuto tanti a guarire, non avevo potuto fare nulla per mio figlio! Buio e dolore, dunque. Ma ho voluto lasciarmi guidare da Elisa e volentieri l’ho accompagnata». Immersi nella vita della cittadella «abbiamo sentito crescere in noi la forza di trasformare in Amore il nostro dolore». Nascono altri 2 bambini: «Se non avessimo avuto ben salda la certezza che tutto quello che era successo, anche la perdita di Giuseppe, era per un disegno di Dio che ci amava, non avremmo mai avuto la forza di mettere al mondo altri figli». Con alcuni parenti e amici decidono di dar vita ad una Fondazione che portasse il nome di Giuseppe, indicando tra le finalità lo sviluppo della cultura dell’affido familiare «per rispondere ad un appello di Chiara Lubich, che invitava noi famiglie a svuotare gli orfanotrofi e a dare una famiglia ad ogni bambino». Essa «non nasceva per ricordare nostro figlio, ma dall’esigenza di continuare a donare quell’amore che non potevamo più dare a lui. Volevamo che il motore della Fondazione fosse la “cultura del dare”». L’affido consiste nell’accogliere temporaneamente un bambino nella propria famiglia, in attesa che si risolvano le difficoltà di quella d’origine. A metà degli anni ’90, quando l’esperienza ha inizio, in Italia era una proposta all’avanguardia. Si comincia con la formazione delle famiglie affidatarie, (ad oggi un centinaio) con il sostegno psicologico e materiale, fino a realizzare una casa-famiglia per i bambini in situazione di abbandono. È tra le prime strutture della Regione Campania. Da allora si opera in sinergia con le amministrazioni locali e le istituzioni religiose, chiedendo ad ogni membro della Fondazione spirito di accoglienza e servizio. «Ricordiamo ancora il nostro primo affido – confidano i coniugi Ferraro -: una bimba di 9 mesi, Adjaratu. Ci risuonano ancora le parole dell’allora dirigente dei servizi sociali “Voi non sapete che strada pericolosa state aprendo!” A dire il vero pericoli non ne abbiamo incontrati. Ma difficoltà e fatiche quelle sì, ogni volta superate nel cercare di vivere con radicalità quell’amore evangelico che ci aveva spinti ad operare che, in questi 20 anni si è reso sempre più visibile, con le sue incredibili conferme». (altro…)
Set 24, 2014 | Centro internazionale, Cultura, Spiritualità
«Alla nuova presidente augurerei di saper ascoltare sempre lo Spirito Santo e, di conseguenza, costruire tutto “in unità”» – aveva dichiarato Maria Voce pochi giorni prima della sua rielezione, senza sapere che queste parole sarebbero diventate l’incipit del suo secondo mandato. Approfittando di una delle pause dell’assemblea dei Focolari ancora in corso (si concluderà il 28 settembre prossimo), le diverse edizioni Città Nuova intervistano la neo rieletta presidente dei Focolari e Jesús Morán, copresidente. Le domande riguardano la vita del Movimento e le grandi sfide che lo attendono. Ne riportiamo di seguito alcuni stralci; qui l’intervista integrale in lingua italiana. In che modo ascoltare e mettere in pratica quanto sta dicendo papa Francesco alla Chiesa e alla società di oggi? Maria Voce: «Dobbiamo farlo a partire dal carisma dell’unità: anche noi dobbiamo pensare ai poveri e agli emarginati, ma partendo dal nostro specifico, non solo a livello personale, il che è necessario, ma senza mai prescindere dal carisma». «Mi sono entusiasmata quando papa Francesco ha detto a Redipuglia che “la guerra è una follia”. È una malattia, quindi è da curare. Quale tipo di cura possiamo offrire noi focolarini? L’unica che abbiamo è il nostro carisma, non abbiamo altro. Un carisma che ci chiede di costruire rapporti di pace, di conoscenza reciproca anche fra persone che non si guardano in faccia, tra persone che si odiano, per contribuire al cammino verso l’unità». Jesús Morán: «Noi non ci caratterizziamo per la frenetica ricerca di spazi di potere, non è nel nostro stile. Piuttosto cerchiamo di iniziare dei processi». «Papa Francesco paragona la Chiesa non tanto a una sfera quanto a un poliedro, affermando così che le tendenze più importanti sono spesso emerse in periferia. Tutto ciò mi sembra che si combini perfettamente con un’Opera che ha un principio di unità molto forte. D’altronde anche Chiara (Lubich) stessa ha fondato molto spesso in periferia, valga per tutti l’esempio dell’Economia di Comunione nata in Brasile, oppure quello dell’ecumenismo che ha acquisito nuove prospettive negli incontri di Chiara con Athenagoras a Istanbul, mentre a Fontem [Camerun] è emersa l’inculturazione “alla focolarina”… Questo principio possiamo viverlo anche noi, e cioè andare alla periferia e cogliere quel qualcosa che vi emerge e che poi diventa universale». Come rispondere alle grandi sfide poste dalla situazione mediorientale, nella quale i focolarini sono in prima linea? Maria Voce: «Ho l’impressione che il Movimento stia facendo molto di più di quanto non appaia. Ho ricevuto in questi giorni una lettera dalle focolarine di Damasco che mi chiedevano il consenso di recarsi a trovare la comunità di Aleppo, dove già ci sono dei focolarini. Ho risposto di sì, anche se i rischi sono innegabili: il carisma dell’unità può e deve essere presente in questi posti per costruire rapporti, per portare un po’ di pace. Ovviamente le soluzioni politiche a livello internazionale sono necessarie, così come gli aiuti umanitari che peraltro arrivano e sono più o meno ben distribuiti; il Movimento da parte sua contribuisce a sradicare l’odio dal cuore degli uomini, operazione senza la quale non potranno mai essere trovate delle soluzioni politiche vere e durature». «Se c’è qualcosa che il carisma può fare è di diffondere la cultura dell’incontro, la cultura della fiducia reciproca, la cultura dell’amore, aiutando ad esempio chi è nel bisogno indipendentemente della religione di appartenenza o dallo status sociale, dal confine che lo divide da un’altra fazione. (…) Bisogna anche chiedersi che cosa abbia da dire il carisma dell’unità di fronte a questi conflitti, quale sia l’incidenza possibile… Ricordo che Chiara, citando un episodio vero accaduto in Colombia, disse che si può fermare la mano d’un terrorista semplicemente facendo un atto d’amore. Tutto ciò dobbiamo farlo impegnandoci di più e meglio, tutti insieme». Jesús Morán: «Si tratta in sostanza di sviluppare i dialoghi che ci sono tipici. Questi giorni in Assemblea nel mio gruppo di riflessione c’era un musulmano: avere un fratello di un’altra religione con cui condividere tutto non è cosa da poco, un fratello che si sente rappresentante del Movimento dei Focolari musulmano. È un miracolo! Questa presenza dei Focolari nelle terre islamiche va perciò sviluppata, così come va promosso il nostro dialogo interreligioso. Poca cosa? Forse, ma mi sembra che sia qualcosa di fondamentale». «Una chance che abbiamo è quella di avere contatti diretti con persone del Movimento in questi luoghi di sofferenza: è importante dare voce alla realtà vera, a quello che si sta vivendo attraverso le parole dei protagonisti. Ciò vuol dire spesso trasmettere una visione diversa dei fatti e dei problemi rispetto a quella diffusa generalmente dai media. C’è spesso una grande confusione, e spesso non si dà voce a chi è in favore della pace». La Chiesa e la società si confrontano con la questione famiglia. In questo campo i Focolari hanno una lunga esperienza da offrire… Maria Voce: «Non si può ridurre la questione familiare nella Chiesa a una questione esclusivamente sacramentale. I sacramenti sono segni efficaci della grazia, ma restano segni e possono essercene anche altri. Una persona mi ha scritto dopo aver ascoltato l’introduzione ad un mio tema sull’Eucaristia. È una donna separata che convive con un divorziato con figli e che sente fortemente di essere cristiana e cattolica, e avverte il disagio di questa sua posizione che, in un certo senso, la mette al di fuori della Chiesa cattolica. Ma lei mi scrive: “Non mi sono mai sentita fuori da essa e continuo a frequentare la chiesa. Quando vado a chiedere la benedizione al sacerdote che distribuisce il sacramento, in quel momento Gesù entra anche dentro di me. Io cerco di vivere, di fare la mia parte. Sto facendo un cammino”». «Dio ci chiede in effetti di aiutare tutti a percorrere il proprio cammino di santità, cioè di avvicinarsi a Dio con i mezzi a disposizione (…). Chiara ci spiegò a suo tempo le “fonti di Dio”: non aveva messo l’accento solo sulla sua presenza nell’Eucaristia, ma anche su altre presenze di Dio nel mondo, anche nella Parola e nel fratello. Penso che il Movimento possa essere l’abbraccio a queste famiglie; ma siccome esso è parte della Chiesa, abbracciando queste persone le facciamo sentire meno estranee perché abbracciate da una porzione di Chiesa. Più tardi si potranno proporre altre esperienze, altre vie; vediamo cosa dirà il Sinodo. Mi sembra però illusorio pensare che emergano delle soluzioni straordinarie; verranno fuori piuttosto delle esperienze plausibili ed efficaci, non tanto delle soluzioni universali». Jesús Morán: «Il problema della famiglia prima di essere un problema sacramentale è antropologico. È in gioco il disegno stesso di Dio sull’uomo, sul rapporto tra uomo e donna, sulla relazionalità in quanto tale, quindi sulla dinamica del dono, dei rapporti (che potremmo definire “trinitari”). Senz’altro ci stiamo giocando tanto e il papa lo ha anche detto: non facciamo il Sinodo per risolvere il problema dei divorziati, non è quello che ci preoccupa perché alla fine si potranno trovare delle soluzioni già provate nei secoli passati. Il problema è molto più serio: cosa succede all’uomo d’oggi, come cresce, che tipo di relazionalità impara e dove la impara? Questo è il vero problema della famiglia. Ci conforta sapere che anche tante voci laiche, non necessariamente cattoliche, mettono l’accento su questo problema della relazionalità e sul futuro della famiglia e dell’umanità». (altro…)
Set 23, 2014 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sierra Leone, Guinea, Liberia. Nazioni che raramente si affacciano sui media occidentali, negli ultimi mesi associate a “ebola”. Sono, infatti, i più colpiti dalla più grave epidemia del virus registrata fino ad oggi, dalla scoperta del virus nel 1976. «Dopo la lunga sofferenza della guerra adesso siamo ancora sotto la prova con questa epidemia. La paura cresce, ma anche la consapevolezza che assumendo le misure necessarie – a volte contro la natura e la cultura della gente, come stare isolati – possiamo combattere questo virus. Dappertutto la Chiesa sta cercando di portare il suo aiuto, come amore concreto a tutti», ci scrivono dalla Sierra Leone. In questi giorni la sofferenza è acuita dalla quarantena richiesta alla popolazione: si vive dentro le mura domestiche per arginare il rischio del contagio. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (report del 18 settembre) su oltre 5mila casi sono oltre 2600 le vittime del virus che causa la febbre emorragica. «Ci dicono di essere prudenti – scriveva un religioso vicino ai Focolari ancora nel mese di giugno – A Messa non si dà neppure il segno della pace per evitare contatti, ma sapere con precisione dove ci sia il pericolo è difficile. Anche noi nell’ospedale cattolico abbiamo avuto un caso di un ammalato scappato dall’ospedale specializzato per l’ebola a Kenema, che è venuto a curarsi qui senza che i medici sapessero nulla. Quindi si può immaginare l’apprensione che ci ha toccato da vicino». Anche gli incontri della comunità dei Focolari si devono sospendere, come le attività previste con i giovani. Si ravviva una catena per sostenersi reciprocamente: e allora telefonate, messaggi. Per dirsi cosa? «La ferma volontà di continuare ad amare, ora che siamo ancora una volta sotto il peso della prova». In una lettera ai membri del Movimento dei Focolari in Sierra Leone, la presidente Maria Voce aveva scritto esortando ad «andare avanti con coraggio, a testimoniare l’Ideale [dell’unità] in tutti i modi possibili» e ringraziando per la testimonianza che «moltiplica nella vostra terra tanti frammenti di fraternità». Aveva assicurato, inoltre, la vicinanza e la preghiera di tutto il Movimento nel mondo. «Personalmente cerco sempre di rimanere fedele all’impegno e promessa fatta di continuare a vivere l’Ideale dell’unità anche qui in Sierra Leone», confida J.K., manifestando anche il suo dolore nel dover sospendere i contatti. Ma a sostenerlo è la Parola di Vita, l’impegno comune a vivere il Vangelo che porta luce anche nelle situazioni più disperate, come questa. E Alfred: «Come sai, la situazione qui in Sierra Leone non è bella. È difficile per noi muoverci da un posto all’altro. Ma questo non mi ferma, anzi mi sprona a vivere di più il Vangelo. Cerco di vivere ogni momento per Gesù ed offrire tutto a Lui durante la giornata. Essere fedele al Vangelo è ancora il mio desiderio più profondo. Ti ringrazio per tutto l’amore che hai per noi gen della Sierra Leone. Ti sentiamo qui con noi». E infine, Padre Carlo, ringrazia per avere a cuore anche “questo angolo di mondo”, quando sembrano vincere «la paura, l’ansia, l’inattività, a volte la disillusione perché le autorità sono lente a fare il bene della gente. Ma poco a poco scopriamo che tutti questi aspetti sono il volto di Gesù crocifisso e abbandonato ed allora ci rituffiamo ad amare. E quell’amore ha uno spessore nuovo e più profondo». (altro…)