Movimento dei Focolari
Chiara Lubich e Athenagoras

Argentina: Festa dei Giovani 2014 “raddoppia la pazzia”

fiesta-de-los-jovenes-4Ogni anno a settembre nella cittadella Lia, in Argentina, si svolge la Festa dei Giovani; questa volta ha avuto come titolo: “Viviamo questa pazzia” e si è svolta presentando uno spettacolo in cui, in mezzo ad una festa di carnevale, si mostra come tante persone, indossando maschere, perdono così la loro identità, diventando parte di una moltitudine disordinata e senza volto. Lo spettacolo ha mostrato, con workshop, teatro, esperienze, musica e coreografie, l’importanza della scelta di uno stile di vita controcorrente, basato sull’amore evangelico. La giornata è stata così bella e coinvolgente che ha contagiato i 120 partecipanti di Mendoza, città ai piedi delle Ande argentine, che hanno lasciato la cittadella Lia con nel cuore il desiderio di fare ripetere la Festa dei Giovani nella loro città. Per trasformare questo sogno in realtà c’è stato bisogno, però, di molto lavoro: basti solo pensare che si dovevano far arrivare a Mendoza i quasi 100 giovani attori che avevano dato vita allo spettacolo alla Cittadella Lia, con un viaggio di più di 900 chilometri, ed ospitarli per tre giorni. fiesta-de-los-jovenes-22Il 10 novembre è stato il primo show davanti a 500 persone, tra cui diverse classi di scuole, ma anche giovani delle periferie della città. «Vediamo molti problemi nel nostro mondo – esordiscono i giovani attori dal palco –, e qualcuno aspetta che siano gli altri a cercare soluzioni. Qui siamo 90 giovani di 20 Paesi che hanno deciso di non aspettare più. Vogliamo essere i protagonisti di questo cambiamento, e abbiamo scoperto la ricetta: lavorare per costruire l’unità della famiglia umana». Il giorno dopo, il secondo spettacolo, in un Centro Congressi a 40 km da Mendoza. Anche questo tutto esaurito, con le 500 poltroncine piene e gente in piedi e con alcuni ragazzi che erano arrivati appositamente da una scuola distante ben 250 km. I giovani che hanno assistito allo spettacolo sono rimasti positivamente sorpresi nel vedere il centinaio di coetanei provenienti da 20 nazioni diverse che, con una grande qualità artistica, hanno presentato loro un modo di vivere del tutto diverso da quello imposto dalla società attuale. In entrambi gli spettacoli la proposta di uno stile di vita basato sull’amore che diventa servizio concreto agli altri, è stata accolta e tutti sono ripartiti con il cuore pieno di gioia. fiesta-de-los-jovenes-9Ma anche per gli stessi “attori”, cioè i ragazzi che trascorrono un periodo della loro vita nella cittadella Lia, questa trasferta è stata importante in quanto ha dimostrato che vivere la “pazzia dell’amore” è possibile se ognuno si propone di fare la propria parte, senza guardare ciò che è stato né ciò che sarà, ma solo puntando al presente, sfruttandolo bene. Uno tra i tanti messaggi ricevuti a caldo per WhatsApp: «TUTTO È STATO BELLISSIMO! È stato vivere davvero il titolo della giornata: “Viviamo questa pazzia”, perché questi 3 giorni sono stati indimenticabili. Anche le mie amiche che sono venute sono rimaste entusiaste ed emozionatissime! Per me è stato speciale anche poter conoscere meglio i giovani venuti dalla Cittadella Lia. Continuiamo a vivere insieme questa pazzia!». Leggi anche: Argentina, mille giovani per una pazzia (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

Nuove piste per i Movimenti ecclesiali

20141123Francesco-MariaVoce«Un’impressione a caldo su quanto vissuto in questi giorni? Mi sembra che sia stato un incontro di vera e profonda comunione. E questo veniva tanto più in evidenza se pensiamo da dove siamo partiti, perché dal ’98 – quando Papa san Giovanni Paolo II sul sagrato di San Pietro ha dovuto quasi chiedere ai Movimenti di mettersi d’accordo fra di loro, di volersi bene, di conoscersi, di stimarsi, di collaborare – siamo arrivati al punto che adesso veramente non si avvertiva più a quale Movimento si appartenesse, tanta era la fraternità che c’era fra tutti. Era bellissimo vedere i Movimenti nati da poco che cercavano i Movimenti più anziani non per farsi controllare, ma per chiedere il loro aiuto, il loro pensiero, anche il loro giudizio sulle loro opere, per vedere insieme come portare avanti le cose. E i Movimenti più anziani cercavano i Movimenti più giovani, gli ultimi nati, non tanto per vedere se funzionavano, se andavano bene, ecc., ma per gioire che era nata una nuova vita. Quindi era tutto un gioire dei frutti gli uni degli altri, sperimentare questo essere una cosa sola nella Chiesa. Mi è sembrato veramente un passo importantissimo, una vera comunione, una vera fraternità, dove si era tutti fratelli, più grandi, più piccoli ma tutti fratelli. Per cui quando poi insieme siamo andati dal Papa, lui ha colto questo aspetto e ce lo ha anche espresso nel suo discorso; si sentiva in lui la gioia di aver potuto partecipare, di aver potuto sperimentare questa comunione che c’era stata fra di noi. In fondo era questo il dono che volevamo portargli: questa comunione, e lui l’ha sottolineato fortemente nel suo discorso, invitandoci a portarla avanti e definendo proprio la comunione come il sigillo dello Spirito Santo. Quindi è stata una conferma e un incoraggiamento forte ad andare avanti in questa direzione. Poi il Papa è tornato sul discorso dell’uscire, del non fermarsi nel proprio recinto, un’idea fondante che c’è in tutti i suoi discorsi. Allora mi sono domandata cosa vorrà significare questo per noi come Movimenti, questo passo nuovo che dobbiamo scoprire come fare? Certamente sempre di più questa comunione con la Chiesa; però, proprio perché siamo arrivati a questa unità profonda fra i Movimenti, forse Dio ci chiede adesso di aprirci di più in uscita verso i Movimenti che appartengono ad altre Chiese, non cattoliche, perché anche lì ci sono esperienze molto forti di persone che vivono come noi il Vangelo e che testimoniano questa vita. Conoscere anche loro, aprirsi di più potrebbe contribuire ad una comunione più ampia e, perché no?, anche ad avvicinare il momento dell’unità di tutti i cristiani. Questa potrebbe essere una pista, forse, da aprire ancora. E un’altra cosa che vorrei sottolineare è questa: l’uscita verso un’unità più vitale fra “pastore” e “gregge”, per quanto possibile. C’erano, infatti, tanti pastori, vescovi, sacerdoti presenti, sia appartenenti ai Movimenti, sia no. Mi sembra che l’uscita che Dio ci chiede ora è di fare una comunione ancora più profonda fra laici e clero, sia col clero che appartiene ai Movimenti, che quindi è già profondamente unito al proprio Movimento, ma forse ancora non con questa comunione orizzontale del clero di tutti i Movimenti; sia anche per cercare le forme più adatte, per cui non si debba separare la parte ecclesiastica dalla parte laica nei vari Movimenti e neanche nell’insieme». (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

Jesús Morán: È l’ora della fedeltà creativa

JesusMoran-01Jesús Morán, filosofo e teologo spagnolo, è stato eletto nuovo copresidente del Movimento dei Focolari nell’Assemblea generale 2014, che si è svolta nello scorso mese di settembre. A colloquio con lui: «Ho conosciuto l’ideale dell’unità – esordisce – quando avevo appena finito gli studi del liceo classico e mi preparavo ad entrare nella facoltà di filosofia dell’Università Autonoma di Madrid. Erano tempi di grande agitazione politico-sociale in Spagna. Il desiderio di cambiamento era molto pressante. La società e in particolare i giovani reclamavano libertà e democrazia. Se avevo scelto la carriera di filosofia era perché i religiosi del liceo dove avevo studiato ci avevano inculcato un cristianesimo impegnato nella trasformazione sociale. L’incontro con la spiritualità di Chiara Lubich è stato come trovare la figura di ciò che volevo essere. Questa spiritualità, oltre a cambiare la società, poteva cambiare me stesso e questo era ciò che in fondo desideravo di più. Ho trovato nella libertà di amare la risposta a tutte le mie esigenze». «Ho vissuto in America Latina la maggior parte della mia vita – continua Jesús Morán –. Sono arrivato in Cile a 23 anni e sono partito dal Messico che ne avevo 50. Lì ho vissuto le prime esperienze lavorative e ho toccato con mano la storia di popoli millenari con i loro contrasti, le loro immense ricchezze culturali e i loro drammi identitari. Dall’America Latina ho appreso il valore incommensurabile della vita, della natura e dei rapporti interpersonali. È stata una scuola di socialità. Quel continente mi ha dato il senso del pensiero organico, della cultura che si fa prassi quotidiana e storia, della religiosità che tocca le fibre più intime del cuore». L’esperienza degli ultimi anni al Centro del Movimento, confessa, l’ha arricchito di uno sguardo più universale, nonché di un’intensa maturazione umana e spirituale. «Nella mia vita, particolarmente luminosi sono stati alcuni momenti vissuti con Chiara Lubich nei quali ho sentito la sua maternità nei miei confronti». Sono trascorsi poco più di due mesi dalla sua elezione a copresidente e ci confida di star vivendo «una fortissima e allo stesso tempo semplicissima esperienza di Dio. Mai come in questo tempo mi sono sentito così profondamente amato da tante persone. Di questo sono infinitamente grato a Dio». Alla domanda se a suo parere sia successo qualcosa di nuovo con l’Assemblea 2014, risponde: «L’Opera di Maria vive un momento cruciale per il suo futuro. Si tratta di verificare quanto questa prima generazione ha capito veramente il dono carismatico che Dio ha fatto alla Chiesa e all’umanità con Chiara Lubich. Da questo dipende che l’incarnazione del carisma sia all’altezza di esso. È un momento di forte e nuova autocoscienza che deve portare come frutto una radicalità di vita pari ai primi tempi del Movimento, anche se diversa. È il momento della “fedeltà creativa”. Tanto più fedeli quanto più creativi, e viceversa, tanto più creativi quanto più fedeli. Ovviamente, questo vuol dire attualizzazione del carisma su tutti i fronti, nuovo slancio apostolico, dilatazione della capacità di dialogo a 360 gradi. Mi sembra che l’Assemblea, col suo documento programmatico e col tocco finale del messaggio di Papa Francesco, si sia orientata in questo senso». Riguardo al suo pensiero su possibili contrapposizioni tra formazione spirituale e formazione culturale: «In Chiara non c’è mai stata contrapposizione fra vita e pensiero. Lei, infatti, sente di riprendere i libri subito dopo un’esperienza mistica. Questo per me è molto significativo. Chiara è la fondatrice della Scuola Abba e dell’Istituto universitario Sophia. Come tutti i grandi fondatori, lei era pienamente cosciente che un carisma che non si fa cultura non ha futuro». Domandiamo, infine, su cosa chieda per lui e per il Movimento: «Un dono che chiedo tutti i giorni è quello del discernimento e la docilità allo Spirito, senza paura». A cura di Aurora Nicosia (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

Corea, il mistero della vita

geriatric_nursingCielo Lee, Young-Hee lavora come infermiera a domicilio per un ospedale a Seoul. In Corea, la percentuale dei suicidi degli anziani oltre gli 80 anni è la più alta nel mondo. «Dopo aver letto alcuni dati, ho cominciato a lavorare con grande impegno per la prevenzione, poiché il 50% dei miei pazienti sono proprio ultra 80enni!». Dopo un’esperienza negativa con una paziente fortemente depressa, Cielo Lee, decide di organizzare un corso sulla prevenzione del suicidio per 100 educatori degli anziani ed altri 30 volontari che operano nelle parrocchie. “Visitando ogni settimana circa 40 pazienti ad alto rischio suicidio, insieme ad un altro collega abbiamo valutato il loro stato d’animo secondo parametri sanitari. In base ai risultati, abbiamo deciso di andare a trovare, 2 volte la settimana, le 10 persone risultate più ad alto rischio». Il progetto “Gate-keeper”– letteralmente “guardiani”, ma anche una sorta di “guardia del corpo” – è uno dei servizi pubblici promossi dal governo di Seoul. Si effettua in ogni quartiere della capitale per prevenire i suicidi con la collaborazione delle strutture sanitarie locali. «In questo progetto – spiega Cielo Lee – formiamo anche degli anziani come gate-keeper. Insieme agli infermieri, questi coetanei vanno a visitare i pazienti dando dei consigli utili per la salute». «Col desiderio di proteggere la vita anche soltanto di una persona, al lavoro ho comunicato la mia intenzione ad una suora, capo infermiera, e in seguito 60 delle mie colleghe infermiere hanno partecipato a questo corso di prevenzione». Uno dei pazienti soffriva di una malattia grave da 10 anni: «Andando a trovarlo – racconta – prima di entrare nella sua casa, pregavo e cercavo poi di ascoltare bene quanto lui mi comunicava. Da qualche tempo questo paziente si è avvicinato alla preghiera e sta recuperando condizioni stabili». Un’amica soffriva di insonnia dopo aver perso il figlio maggiore. Riusciva a dormire solo con l’aiuto delle medicine. Ma dopo aver frequentato il corso, si è presa cura di una anziana senza famiglia che vive vicino a lei. Adesso può dormire senza le medicine ed è grata di poter aiutare altre persone. «Un giorno squilla il telefono» – racconta ancora Cielo Lee. «Era il centro di salute mentale con cui lavoro. Mi diceva che il sindaco di Seoul avrebbe dato un premio ad una persona in ogni quartiere e anche io ero stata proposta all’unanimità! Giorni dopo ho ricevuto un altro premio dal direttore dell’ospedale». Per i membri del Movimento dei Focolari a Seoul che hanno frequentato il corso è stata, come hanno scritto, «un’occasione preziosa di approfondire la conoscenza del mistero della vita e di andare verso le periferie esistenziali».   (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

A Roupa nova do arco-da-velha

A-Roupa-Nova-do-Arco-da-VelhaCapaCompleta (2)O livro

Em A Roupa nova do arco-da-velha Flávia Savary reconta, com muito humor e certa ironia, seis fábulas que literalmente saíram do arco-da-velha. A primeira tem como protagonista o coelho Abelardo, um senhor caloteiro, a segunda nos convida ao jantar de gala do esnobe rato Bonifácio que leva a pior do primo caipira. Na sequência, conheceremos as peripécias do cachorro Carlos, do burro Bernardo, do galo Ribamar e, assim por diante. Por 64 páginas, o livro garante muita diversão mostrando à garotada que, por trás da astúcia, alguns tropeços e muita malandragem, alguns comportamentos politicamente incorretos podem nos colocar numa grande confusão. Quem apresenta o livro e está presente em todas as páginas é o ratinho Sig, personagem símbolo do antigo jornal O Pasquim, criado pelo cartunista e chargista Jaguar.

Por que ler

Falar sobre certo e errado, justo e injusto para as crianças é um desafio. Neste sentido, as fábulas são as maiores aliadas para abordarmos assuntos como ética, virtudes e valores. A famosa rigidez e caretice da lição de moral, tradicional desse gênero literário, ganha ares de modernidade em A Roupa nova do arco-da-velha, que chega como uma ferramenta eficiente para ajudar pais, professores e educadores nesse árduo desafio. O livro tem texto primoroso e um humor de primeira qualidade. Afinal, a autora já ganhou mais de 80 prêmios ligados à literatura infantil. De brinde, o livro presenteia o leitor com uma singela homenagem da autora ao pai, o celebre cartunista e chargista Jaguar. A ilustração do livro é um capítulo à parte e merece olhar apurado. As imagens e a presença do ratinho Sig, com toda certeza provocarão saudades a muitos pais e avós, porque levam a assinatura de Jaguar (o pai do jornal O Pasquim). Com alguns desenhos feitos especialmente para o livro e outros que fazem parte do seu acervo desde a década de 1950, Jaguar mostra que seu traço continua impecável e contemporâneo! Aliás, faz jus ao ser chamado de ícone fundamental da história iconográfica brasileira.

Editora Cidade Nova

Chiara Lubich e Athenagoras

Contribuisci anche tu a costruire un dado della pace a Trieste

Il dado dell'amoreNella mattinata di venerdì 21 novembre in uno dei parchi pubblici della città verrà inaugurato un grande «Dado dell’amore», sorta di «gioco pedagogico» ispirato all’arte di amare proposta daChiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, che consiste nel mettere in pratica ogni giorno la frase uscita dal lancio del dado: amare per primi, amare il nemico, e via di seguito. Accanto ad esso verrà posto un leggio che ne spiega storia, significato ed «istruzioni per l’uso». Grazie all’iniziativa della comunità triestina dei Focolari, questa «buona pratica» ideata per i bambini, ma valida anche per gli adulti verrà portata a conoscenza di tutta la città: dai piccoli che vanno a giocare ai genitori che li accompagnano, tutti potranno far ruotare questo enorme dado e cogliere la sfida. Il parco diventerà anche segno tangibile di un progetto di educazione alla pace partito in diverse scuole della città e che verrà ulteriormente esteso: oltre a lanciare il dado, viene stimolato poi in classe lo scambio e le discussione sulle esperienze vissute, che naturalmente coinvolgono anche le famiglie. Dei 2mila euro necessari per il progetto, però, ne sono stati raccolti circa 1.400: per cui il comitato promotore lancia a tutti un appello a dare il proprio contributo. Anche lo sport può servire allo scopo: domenica 16 novembre alle ore 15, nella palestra dell’associazione Bor, si terrà un torneo di pallavolo i cui proventi – offerte del pubblico e quote di iscrizione – saranno devoluti a questo scopo. L’invito a formare una squadra amatoriale o a portare quella in cui già si gioca è rivolto a tutti: come riferisce uno degli organizzatori, Andrea Franco, anche parte del personale sanitario dell’ospedale pediatrico Burlo Garofalo ha deciso di infilare le ginocchiere per un giorno. Ad ogni modo, i triestini non si sono fatti scoraggiare: parte del denaro necessario è stato anticipato e al momento in cui scriviamo il dado è in fase di installazione. All’inaugurazione parteciperanno le scuole coinvolte nel progetto, oltre ai tanti che ci hanno creduto. «La cosa significativa – sottolinea Gabriele Kucich, un altro dei promotori – è che tutto il denaro è arrivato tramite piccole donazioni volontarie: non ci ha sostenuto alcun ente né pubblico né privato, solo la generosità dei singoli, che si è espressa anche con pochi euro». Chi desiderasse contribuire, può farlo tramite questi canali: c/c postale n. 81065005 codice IBAN: IT74 D076 0103 2000 0008 1065 005 codice SWIFT/BIC: BPPIITRRXXX c/c bancario n. 120434presso Banca Popolare Etica – Filiale di Roma codice IBAN: IT16 G050 1803 2000 0000 0120 434 codice SWIFT/BIC: CCRTIT2184D Intestati a: Associazione “Azione per un Mondo Unito – Onlus” Via Frascati, 342 – 00040 Rocca di Papa (Roma) Causale: Dado dell’amore a Trieste

Parco Chiara Lubich a Monopoli (Bari)

Giovedì 13 novembre il Sindaco di Monopoli, Emilio Romani, ha emesso l’ordinanza  con la quale viene intitolata a Chiara Lubich una nuova area verde della città. Il provvedimento segue il via libera della Prefettura di Bari ottenuto l’11 novembre scorso “considerata la rilevanza mondiale della figura di Chiara Lubich per l’incessante attività svolta nelle relazioni tra la chiesa cattolica e quella ortodossa, per il suo impegno civile e politico, basato sui grandi valori della solidarietà, fraternità giustizia e pacificazione dei popoli”. Fonte: PugliaLive

Chiara Lubich e Athenagoras

Scelte razionali, intenzionalità, fini

ScelteRazionaliINTUn percorso interdisciplinare tra scienze naturali e teologia. In un panorama culturale sempre più sensibile all’interdisciplinarietà e alla relazione sinergica tra scienze naturali e teologia il testo nasce dalla convinzione di poter stimolare e arricchire la riflessione e il dibattito fra ricercatori in varie discipline su due caratteri distintivi dell’essere personale le scelte razionali e la ricerca di scopi e fini sia a livello personale che sociale; e approfondire le due direttrici tematiche anche nel campo naturale fisico e biologico. Il tema delle scelte razionali, si apre con l’etologia e il bio-diritto, sui comportamenti individuali e scelte collettive, l’uso dei modelli matematici nei processi decisionali, la razionalità e le scelte politiche. Riguardo al tema della intenzionalità e dei fini nella natura vengono presentate riflessioni sulla presenza di intenzionalità e finalismo nel quadro della fisica contemporanea e sui programmi dell’Intelligenza Artificiale. Il testo si completa con due relazioni di carattere epistemologico e di carattere psicologico: – Intenzioni e fini nella consulenza generativa – Tra soggetto, famiglia e cultura organizzativa Il volume è frutto due convegni realizzati dall’area di ricerca Sefir tra il 2010 e il 2011 su: Scegliere razionalmente, e Intenzioni e fini.

Chiara Lubich e Athenagoras

La Eucaristía

jesus-eucaristia_WEBContenido: Baluarte e la fe cristina, punto fundamental de la espiritualidad de la unidad, el significado profundo de la Eucaristía es “sacramento de unidad”, tal como lo afirmó el Concilio Vaticano II. “Has estrado en mi vida más que el aire en mis pulmones, más que la sangre en mis venas”. Estas palabras de Chiara Lubich ponen de manifiesto la profunda relación personal que supo establecer, a lo largo de toda su vida, con Jesús Eucaristía. A través de páginas de su diario y fragmentos de conversaciones inéditas, como así también escritos publicados pero a menudo desconocidos, de testimonios vivos y concretos, Chiara narra su gradual descubrimiento de la presencia de Jesús Eucaristía en su vida y en la del Movimiento al que dio vida. Una propuesta que convence e invita a vivir esta misma experiencia en sus propias vidas y comunidades. Datos del autor: Chiara Lubich (Trento, 1920–Roma, 2008), fundadora del Movimiento de los Focolares y una de las personalidades más relevantes de la Iglesia Católica. Ha llevado adelante una intensa y fructífera actividad en el campo ecuménico y del diálogo interreligioso. Apreciada tanto en ámbitos laicos como religiosos, entre los numerosos reconocimientos otorgados se encuentran el Premio Templeton por el progreso de las religiones (Londres, 1977), el premio UNESCO a la educación por la paz (París, 1996), la Cruz de la “Orden de San Agustín de Canterbury” (Londres, 1981 y 1996), la Cruz bizantina (Estambul, 1984 y 1995). Quince universidades de todo el mundo le confirieron doctorados honoris causa: la Universidad de Buenos Aires por su aporte al diálogo social y cultural, la Universidad Católica Cecilio Acosta de Maracaibo (Venezuela) en Arte, la Universidad San Juan Bautista de la Salle (Ciudad de México) en Filosofía, entre otras universidades italianas y europeas. Fue también declarada ciudadana ilustre de Roma, Milán, Génova (Italia), Buenos Aires (Argentina), Tagaytay (Filipinas). A partir de la publicación de su primer libro, Meditaciones (Roma, 1959; Buenos Aires, 1964), nace la Editorial Ciudad Nueva, perteneciente a los Focolares. En la actualidad, este primer libro va por la 25ª edición y forma parte de una formidable producción literaria que abarca 58 títulos, 220 ediciones y reimpresiones en total. Las obras de Chiara Lubich han sido traducidas a más de veinte idiomas y sólo en castellano lleva vendidos cientos de miles de ejemplares. Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires

Chiara Lubich e Athenagoras

Nuova Zelanda: pace, sottile e forte come il Kowhai

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L’arcivescovo John Dew di Wellington

Siamo in Nuova Zelanda, nel cuore di Wellington, capitale di una terra all’apparenza lontana e ai confini, eppure terra che ha aperto braccia e porte a tanti popoli. Mossi dalle notizie delle guerre in corso in Iraq, Gaza, Ucraina, Centro Africa, così come dal crescente timore per l’incapacità di far fronte all’avanzare dell’ebola e mossi anche dagli appelli alla pace del Papa in tantissime occasioni, così come dalle persone della comunità del Movimento dei Focolari, e non solo, provenienti da questi Paesi, i giovani neozelandesi hanno sentito l’urgenza di ritrovarsi in un luogo pubblico per dare voce all’ansia di pace che portano dentro. L’Arcivescovo di Wellington, John Dew, ha offerto un suo contributo alla serata, fra canti, preghiere e testimonianze. Tra queste, la testimonianza di due ragazze provenienti dall’Iraq, che si sono conosciute in Nuova Zelanda, dopo che, entrambe le famiglie, si sono trasferite in questa terra: Sendirella e Ayssar, la prima cristiana, la seconda musulmana. Raccontano del loro Paese, di ciò che le ha unite. Si sono incontrate per la prima volta a casa di amici comuni e da lì è cominciata un’amicizia che le ha portate a condividere sogni, studi, passioni e viaggi. Sendirella dice “siamo diverse”, e subito Aysser aggiunge, “ma siamo uguali”. Poi continuano dicendo come per molte persone la religione sia proprio una delle più grandi diversità, forse anche un ostacolo, e di come invece per loro non è mai stato un problema, anzi, le ha avvicinate. “Nella religione dell’una”, dice Sendrella, “abbiamo sempre visto e riconosciuto elementi della religione dell’altra”.
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Sendirella e Ayssar

Poi, parlano del loro Paese: un Iraq associato oggi a guerra, minoranze che devono fuggire, torture, mentre il paese dei loro genitori è un Iraq dove il tuo vicino può essere un cristiano, musulmano, ebreo o yazidi; “un Iraq, dice Ayssar, dove la differenza di religione è sempre stata vissuta come una realtà e non un problema”. Oggi questo Iraq sembra così lontano. E continua, “ci hanno detto che la pace è impossibile”. E Sendirella continua, “invece noi sappiamo che pace non è una parola di una costituzione, non è un particolare sistema di governo, non sta nemmeno in raid aerei che vogliono costringere alla pace. Noi sappiamo che sta invece nell’osservanza quotidiana dei nostri principi e valori, che è qualche cosa che si costruisce dal basso, piuttosto che dall’alto”. 20141111-01bKathleen, giovane universitaria, racconta come, a seguito di un malinteso nell’appartamento che condivide con altre giovani universitarie, ha sentito la spinta a chiedere scusa e di come questo gesto, prima tanto difficile e impegnativo, ha poi aperto la porta ad un rapporto nuovo con quella giovane. 20141111-02Il momento di preghiera si è concluso con l’invito ad essere tutti costruttori di pace, sigillando questo impegno con l’annodare un nastro bianco ad un piccolo albero dal nome maori, Kowhai. È uno degli alberi originari della Nuova Zelanda. Il suo fiore, giallo intenso, è una delle immagini che rappresentano la Nuova Zelanda. Ha molte caratteristiche medicinali e tante specie di uccelli trovano nutrimento nel nettare che produce. Pur sottile nei suoi rami, il Kowhai è un albero forte e che può crescere fino a 20 metri di altezza. Un bel simbolo dell’umile ma forte grido di pace che i giovani hanno lanciato in questa serata. (altro…)

Premio Chiara Lubich per la fraternità

Al concorso – promosso dall’Associazione Città per la Fraternità – possono partecipare tutte le amministrazioni locali, di qualsiasi parte del mondo. Progetti e iniziative possono concorrere se:

  • istituiscono e/o diffondono, nel territorio principalmente locale, ma anche nazionale e internazionale, pratiche di fraternità universale, secondo le diverse accezioni di significato di tale principio;
  • stimolano i cittadini a impegnarsi per il bene comune e a partecipare alla vita della comunità civile,
  • favoriscono la crescita di una cultura della cittadinanza attiva e inclusiva.

Il progetto deve essere rappresentativo di un modo di amministrare non episodico e sempre più consapevole del valore del principio della fraternità universale. Da parte di amministrazioni pubbliche e altri soggetti sociali, economici, culturali, è possibile sia auto-candidarsi, che segnalare progetti altrui. Tutte le segnalazioni devono essere inviate entro e non oltre il 9 gennaio 2015 alla Presidenza dell’Associazione “Città per la Fraternità”, c/o Comune di Castel Gandolfo, Piazza Libertà, 7 00040 Castel Gandolfo (Rm). Scarica il bando (pdf) Per info: http://www.cittaperlafraternita.org/ (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

Vangelo vissuto: trovare in Dio la forza

20141108-01Un fondo per chi è in necessità Da più di vent’anni lavoro all’ospedale universitario. Un giorno nel mio reparto di dermatologia è arrivata una paziente che nessuno dei colleghi voleva curare, a motivo dei pregiudizi. Gli esami del sangue avevano infatti accertato che era malata di Aids. Non potendola operare, ho cominciato un trattamento diverso con la radioterapia. Dopo tre mesi stava già meglio. Non potendo trattenerla oltre in ospedale e sapendo che i suoi figli non erano in grado di curarla, mi sono informata se aveva parenti in grado di occuparsene. Ne aveva, ma abitavano in un altro Stato. Ho chiesto allora alle mie colleghe se volevano contribuire a pagarle il biglietto, dato che lei non era in grado di farlo. Abbiamo raccolto i soldi non solo per il viaggio, ma anche per aiutare la sua famiglia. Quando la paziente è partita era felice. Dopo questa esperienza, insieme ai colleghi abbiamo deciso di costituire un fondo per aiutare pazienti in necessità. Quante persone sono state aiutate in questi anni grazie a questo fondo! (K. L.- India) La ricetta Ho quarant’anni e soffro d’asma. Quando mi accorgo di aspettare un bambino, l’ostetrica mi propone di abortire. Dico di no. Lei mi spiega che devo scegliere fra il bambino e la mia vita, che è molto importante per gli altri figli che ho. Turbata, non arrivo a capire perché devo uccidere questa creatura innocente. Mio marito, vedendo il mio stato di salute, dice che tutto dipende da me. A questo punto mi danno la ricetta di una medicina “molto importante per la mia salute”. Mio marito la compra. Io non so leggere bene per capire tutto, ma in cuore mi viene un dubbio. Chiedo informazioni: quella iniezione procura l’aborto. Non la faccio e mi affido a Dio. Ai primi dolori ho paura. Ho preparato il testamento, affidando i figli ai parenti. Pulisco un po’ la casa e vado in ospedale. Il parto è più facile delle altre volte, senza nessun problema. Mio marito vorrebbe portare il bambino dall’ostetrica per farglielo vedere. Io preferisco di no: per me è stata un’esperienza personale dell’amore di Dio e non posso esserne orgogliosa, ma solo dirGli grazie. (D. A. – Costa d’Avorio) Ri-innamorarsi Quel giorno, con mio marito, si era creata una forte tensione. «C’è qualcosa che non va?» gli ho chiesto. E lui: «Non ci vuole mica il mago per capirlo». Secondo lui io non capivo le sue esigenze. Era vero, ma mi dicevo: «Ma è possibile che con tante cose belle della nostra vita, lui si ferma alla sola cosa che non va?». Siamo andati a dormire col broncio. L’indomani pensavo: «Siamo una squadra, per risollevare lui devo lavorare su di me, addolcire il mio cuore, chiedere scusa». Non ci riuscivo. Per fare il passo, ho pensato a un atto d’amore concreto per lui, che è appassionato di calcio. Per farlo felice, ho rinviato l’appuntamento fissato per quella sera in modo che lui potesse vedere la partita di calcio di Coppa Europa. Ma per ricominciare davvero dovevamo chiarirci. Così, nonostante la stanchezza e gli impegni, siamo usciti una sera e, prima uno e poi l’altro, ci siamo aperti in una confidenza profonda, come non capitava da un po’. Ci siamo visti diversi e ci siamo capiti. Direi ri-innamorati. (G. S.- Italia) (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

Focolari: con i 43 studenti messicani

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Foto: Jorge Mejia Peralta / Flickr

«Viviamo su un cimitero, esigiamo giustizia», così recita uno degli slogan della protesta che ha portato in strada migliaia di studenti. Dal 5 novembre, infatti, in Messico, è iniziato uno sciopero trasversale a tutte le scuole. Una sollevazione studentesca di tre giorni che chiede al governo un maggior impegno nelle ricerche dei 43 coetanei scomparsi nello stato di Guerrero lo scorso 26 settembre. Il sindaco di Iguala (il comune dove è avvenuta la scomparsa) José Luis Abarca e sua moglie María de los Ángeles Pineda sono stati arrestati, accusati di essere i mandanti del rapimento degli studenti scomparsi. Mentre vengono interrogati per avere informazioni che portino a fare luce sulla misteriosa scomparsa, anche il Movimento dei Focolari in Messico chiede che si faccia chiarezza sui fatti. «La violenza e l’ingiustizia commesse a danno dei 43 giovani scomparsi e contro migliaia di scomparsi negli ultimi anni nel nostro Paese, sono fatti davanti ai quali affermiamo il nostro forte ripudio e indignazione, mentre esigiamo che mai più accadano fatti simili; essi ci commuovono profondamente e ci interpellano come persone e come società», scrivono in un comunicato. Inoltre, invitano ad un impegno ancora più deciso per la costruzione di un Paese pacificato: «Non si costruisce la pace attraverso la violenza. Rigenerarci come società più umana significa rispondere con la carità ed il perdono. Non come gesti di indifferenza e tolleranza, ma come impegno a lavorare concretamente per il bene comune». Il richiamo punta, dunque, a trasformare prima di tutto il cuore, anche e soprattutto di chi governa: «Non basta lo stato di diritto, occorre trasformare il cuore di chi fa le istituzioni». L’appello è rivolto «a tutte le persone che professano una fede, non importa quale essa sia e a tutte le persone di buona volontà, affinché tutti uniti, possiamo mantenere vivo e rinnovato l’impegno ad essere costruttori di pace dove ci troviamo a vivere e lavorare». Infine, propongono al popolo messicano il “Time-Out per la pace”, per richiamare l’attenzione alla tragica situazione che si vive in Messico e in tutti i Paesi dove si soffre violenza: «…Un minuto di silenzio e di preghiera per la pace, ogni giorno alle ore 12, come un segno visibile e concreto di fraternità e solidarietà verso ogni persona che soffre». Il Movimento dei Focolari sparso nel mondo aderisce al “minuto per la pace”, in sostegno del popolo messicano con l’auspicio che il rispetto per la vita, la ricerca della verità e della giustizia, abbiano il sopravvento su ogni forma di sopruso. Leggi anche: Messico. Crisi politica dopo la strage (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

La prigione dell’ebola, e la speranza

20141107-02«Come in prigione», ostaggi in casa, senza possibilità di incontrarsi. Questa è una delle sensazioni più diffuse nei Paesi colpiti dall’ebola, e condivisa anche da Antonette, una dei giovani membri dei Focolari della Sierra Leone. «Questo virus sembra renderci più egoisti e sfiduciati gli uni verso gli altri; non ci permette di andare liberamente verso i nostri amici». È per questo che Antonette si è fatta forza e ha deciso di preparare i pasti per alcune famiglie vicine rimaste senza nulla da mangiare, durante la quarantena di tre giorni che impediva loro di uscire. È in atto un dramma umano molto pesante: «La gente vede i propri cari morire o essere trasportati nei centri specializzati per l’ebola. Sono centri lontani da qui – a scrivere è padre Carlo Di Sopra della diocesi di Makeni – e molti, una volta partiti, non ritornano più. Le famiglie non sanno più nulla di loro, né loro delle proprie famiglie. Si capisce allora perché alcuni si nascondano e che altri preferiscano morire nei propri villaggi. Ma così il virus si propaga e miete ancora nuove vittime». Sì, perché a dover essere sconfitto non è solo il virus, ma anche l’ignoranza: la gente si chiede: c’è veramente l’ebola o è propaganda? Chi ha provocato questa malattia? Non vorranno solo venderci i vaccini per guadagnare? – scrive Carlo Montaguti, medico focolarino in Costa d’Avorio che ha curato un approfondimento sull’epidemia di Ebola nell’ultimo numero di Nouvelle Cité Afrique. A questo aggiungiamo i sedicenti guaritori, come la donna liberiana che avrebbe attirato malati dalla vicina Guinea, contribuendo alla diffusione dell’epidemia in Liberia. E l’insufficienza dei sistemi sanitari nazionali, la loro incapacità di rispondere vigorosamente a una simile urgenza e soprattutto la mancanza di mezzi. «In città come Monrovia (la capitale della Liberia), con 2 milioni di abitanti, la maggior parte degli ospedali e dei centri sanitari sono chiusi per paura del contagio. Così è difficile curare non solo l’ebola, ma tutte le altre malattie». Una situazione che deve essere assunta dalla comunità internazionale, come ha invitato a fare anche papa Francesco nel suo recente appello. 20141107-01«Stiamo costituendo un ‘fondo ebola’ per aiutare i più colpiti – scrive ancora padre Carlo -. Dai Focolari in Costa d’Avorio sono arrivati degli aiuti concreti che adesso stiamo distribuendo. Ci sono molti orfani: a volte alcune famiglie vengono decimate dal virus. Un altro religioso, padre Natale, sta cercando disperatamente di trovare un team dall’estero che abbia un laboratorio per i test del virus e che possano venire qui al nord». E continua: « In questi giorni anche due nostri religiosi hanno avuto febbre alta. Era probabilmente malaria, perché la febbre è andata via, ma all’inizio c’è sempre apprensione e ci si trova disarmati, proprio nelle mani di Dio. Ci sono sempre più casi e non lontani da casa nostra. Anche la zona di Kabala che non aveva ancora registrato dei casi, adesso ce li ha. Arrivano notizie che il virus è fuori controllo, soprattutto perché ha attecchito nelle città. Una gran sospensione». Inoltre non si può viaggiare come prima, perché il distretto è in quarantena. E col passare delle settimane padre Carlo confida di capire che «questo non è un ‘angolo di mondo’, come lo avevo definito prima, ma è ‘il cuore di Colui che Chiara Lubich chiama il Super-Amore’», Gesù Abbandonato, che sulla Croce non trova risposte, ma continua ad amare. È l’unica arma rimasta, potente, perché aiuta a non perdere la speranza, a restare uniti, pregare per i malati: «possono toglierci la possibilità di ritrovarci, ma la presenza di Gesù tra noi si può stabilire anche attraverso le porte chiuse delle case», scrive un giovane. E un altro: «Sì, è la nostra impressione. Quella di essere come in prigione, ma anche lì possiamo amare». (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

Una famiglia aperta al mondo

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Fiorella e Andrea Turatti

«Come tutti i giovani, seppur in modo diverso, eravamo alla ricerca della felicità. Andrea era un tipo molto “popolare”, soprattutto con le ragazze, non credeva nell’amore per sempre ed era ateo. Un po’ alla volta mi adeguai alle sue teorie liberiste. Dopo due anni di fidanzamento, attraverso i giovani dei Focolari incontro Dio, che è amore anche per me. Sento mia la proposta di vivere il Vangelo, di vedere Gesù in ogni persona. Ci provo: è la rivoluzione! Mi si capovolge la vita». «Nel tempo Fiorella mi ha chiesto di accompagnarla a degli incontri per famiglie. Sono rimasto conquistato dal loro stile di vita: volevano vivere il “comandamento nuovo” di Gesù, l’amore reciproco. Mi colpì una coppia, il loro volersi bene: approfittando dell’assenza di Fiorella andai a trovarli, parlammo della vita di famiglia, del rapporto tra noi due, della fede, sentivo di aver sperimentato qualcosa di superiore all’amore pur bello che c’era fra noi due: anch’io avevo incontrato Dio». «In un congresso di “Famiglie Nuove”, sentiamo l’esperienza di famiglie le quali, messo Dio al primo posto della loro vita, partono con i figli per portare il messaggio del Vangelo nel mondo. Siamo affascinati e trascinati. Scriviamo a Chiara Lubich che anche noi siamo pronti a lasciare tutto per andare dove Dio vuole. Dopo qualche anno improvvisamente c’è la possibilità di partire. Ho un momento di paura, in un attimo vedo tutto quello che devo lasciare, poi gli occhi mi cadono sul Crocefisso e penso che in Lui ho la chiave per affrontare qualsiasi situazione. Chiara ci dà una consegna: “Non dovete fare niente di particolare, basta che teniate Gesù in mezzo a voi”. E perché Lui sia in mezzo a noi, dobbiamo intensificare ogni giorno di più il nostro amore reciproco, che ci porta a vederci ogni giorno nuovi, perdonandoci a vicenda, cercando di non andare mai a dormire senza aver fatto pace».
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La comunità di Honduras

«Sono passati otto anni di vicende di ogni tipo in una cultura molto diversa dalla nostra, in Honduras. Alla piccola comunità che abbiamo trovato si sono aggiunti diversi giovani. E questo proprio perché i nostri figli si sono dedicati semplicemente e volentieri, mescolandosi con ricchi e poveri, senza problemi: giocavano tra le baracche, facevano amicizia. Abbiamo fatto una grande esperienza di inculturazione e imparato, a volte con difficoltà, a immergerci nella vita delle persone, nelle loro sofferenze e gioie, e abbiamo trovato degli amici stupendi, un popolo generoso… da cui abbiamo ricevuto moltissimo». 20141105-03«Alla nostra porta bussavano continuamente bambini poveri che chiedevano un po’ di cibo. Un giorno mi sono stancata, e al bambino che bussava ho detto: “Oggi no!”. Nostro figlio era lì vicino che mi ascoltava e mi ha detto: “Ma mamma c’è Gesù in lui”. Facevamo molti viaggi per incontrare comunità lontane, e in macchina genitori e figli potevamo parlarci, dirci quello che desideravamo per crescere nell’amore tra noi. Anche il nostro vescovo, il Card. Maradiaga ci ha sostenuto, incoraggiato. Aveva una grande stima per Chiara e un profondo rapporto con la nostra famiglia. Spesso su suo invito abbiamo lavorato con altri movimenti e associazioni cercando di portare fra tutti lo specifico del carisma dell’unità».
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La famiglia Turatti

«La provvidenza ci ha sempre accompagnato. Arrivando ci è stata messa a disposizione per un anno una casa e una utilitaria. Una volta, dai miei ex colleghi italiani, ci è arrivata una somma per i biglietti aerei, per un viaggio che dovevamo fare. Periodicamente scarseggiavano alcuni prodotti alimentari basici come lo zucchero, il latte, ecc. E molte volte arrivava qualcuno con una borsetta di latte o zucchero giusto quando ne avevamo bisogno. Dopo qualche tempo che cercavo lavoro, sono stato assunto da una ditta italiana per un ottimo lavoro. Inoltre, un signore ci ha persino regalato una casa, e poi sono arrivati anche i fondi per ristrutturarla ed ampliarla con un salone da 180 posti per gli incontri della comunità. Veramente abbiamo sperimentato quanto sono vere le parole del Vangelo». «Dopo 8 anni abbiamo lasciato il Centro America per far proseguire gli studi ai figli. È stato un vero taglio, che ci è costato, perché partendo dall’Italia avevamo lasciato i nostri ‘campi’, partendo dall’Honduras abbiamo dovuto staccarci soprattutto della gente con la quale si era stabilito un rapporto straordinario di reciprocità. Con Andrea abbiamo sentito che il nostro amore è per sempre, non solo per questa vita ma per l’eternità». (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

Cómo hablar de religión en la información periodística contemporánea

Maquetaci—n 1 (Page 1)Contenido: Con este cuarto volumen, la colección «Crónica Blanca» de la Editorial Ciudad Nueva responde por fin a uno de sus principales objetivos: ofrecer la reflexión de una nueva generación de comunicadores que quieren re-pensar y re-actuar un nuevo periodismo de rostro humano, capaz de ofrecer la «crónica blanca» de la actualidad, de ser «voz de los sin voz» y no olvidar cuál es la gran noticia de todos los tiempos: el acontecimiento cristiano. Esteban Pittaro, excepcional ejemplo de esta nueva generación, doctor en periodismo, profesor y periodista en ejercicio, nos ofrece en este libro las claves de un giro prometedor, a la vez introspectivo y prospectivo, para la comprensión y el ejercicio de la información religiosa. Y lo hace en línea y a la vanguardia de la reflexión sobre información religiosa de los papas contemporáneos. Para mostrar el interés por la lectura de este libro, me sirvo de una peculiar definición de la información religiosa de otro joven periodista, Álvaro Real: «La información religiosa no es la que cuenta lo que los hombres dicen de Dios, sino más bien la que cuenta lo que Dios dice a través de los hombres». Sobre el autor Esteban Pittaro (Buenos Aires, 1984), es periodista y profesor universitario. Doctor en Periodismo por la Universidad CEU San Pablo (Madrid, 2013), y Licenciado en Comunicación Social por la Universidad Austral (Buenos Aires, 2007). Colabora con el programa El Espejo, de la cadena COPE, desde 2007, y con A Grandes Trazos, de esa emisora. Escribe para el portal Aleteia sobre la Iglesia en la Argentina. Su primera colaboración periodística fue con la Agencia AICA. Es profesor adjunto de Periodismo en la Universidad Austral, donde ha trabajado en proyectos de investigación sobre información de religión y la relación Ciencia y Religión en el periodismo. En su tesis doctoral analizó la cobertura de la prensa argentina sobre Benedicto XVI. Actualmente, es jefe de Comunicación Institucional del Hospital Universitario Austral, en Pilar, Argentina. Editorial Ciudad Nueva (Madrid)

Chiara Lubich e Athenagoras

A Nazareth… Gesù cresceva e si fortificava

CamminoAvventoINTUn invito concreto a vivere il tempo dell’Avvento e del Natale, imparando a sperimentare la carità, con gesti di condivisione e solidarietà che aiutino ad abbattere i muri, a superare i pregiudizi, a testimoniare l’amore di Gesù. Per bambini e adulti. Aderisce alla campagna nazionale di Caritas UNA SOLA FAMIGLIA UMANA CIBO PER TUTTI, promossa da una trentina di organismi, associazioni, movimenti ecclesiali sul diritto universale al cibo. Lo stesso tema rappresenta anche l’elemento centrale dell’impegno di Caritas verso l’Expo di Milano nel 2015.

  • L’OPUSCOLO“A NAZARET…Gesù cresceva e si fortificava”. Uno strumento per far riflettere sul tema della carità e della condivisione in ascolto dei molteplici richiami offerti da papa Francesco. Un progetto che si arricchisce di esperienze di accoglienza, riflessioni, brani della Scrittura e dell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium.
  • UNA SOLA FAMIGLIA UMANA, CIBO PER TUTTI, di Cosetta Zanotti. Cinque storie da mangiare – Racconti per bambini. Cinque racconti, dei cinque continenti, che attingono alla saggezza dei popoli e legano cibo e senso della condivisione come chiave della vera felicità per gli uomini. Grande, colorato, divertente. Pensato appositamente per i bambini. Un sussidio la cui validità va oltre il tempo natalizio.
  • IL SALVADANAIO – In cartoncino componibile, sussidio all’Itinerario per l’Avvento e il Natale 2014 in famiglia. A sostegno della Campagna promossa da Caritas: Una sola famiglia umana, cibo per tutti.
Chiara Lubich e Athenagoras

Mostra d’arte: da Loppiano a Macao

201411MostraHungMacao2“Sinfonia Via della Seta”, “Terra Promessa”, “Fratello Sole, Sorella Luna”, “Matteo Ricci”… sono alcune delle originali sculture presentate alla Mostra di Macao (26 settembre-9 novembre). Sono frutto delle esperienze personali di Lau Kwok-Hung, in arte Hung. Nato nel 1953 a Hong Kong, l’artista risiede dal 2000 nel centro internazionale di Loppiano, dove lavora nel suo Atelier traendo ispirazione dalla spiritualità dell’unità. Invece del tradizionale scalpello, Hung usa una fiamma ossiacetilenica a 3000 C°. Goccia a goccia: è così che Hung realizza le sue sculture, che sembrano simulare pennellate calligrafiche cinesi, ma uno sguardo più attento rivela un intreccio di tondini di ferro che formano figure umane in movimento. 201411MostraHungMacao1Ciascuna delle opere esposte a Macao è insita la qualità “andante”che dà il titolo alla mostra. Un termine che ci tuffa nel panorama musicale, con metrica e ritmo, ma anche indica un movimento di uscita, alla scoperta dell’altro. Incontriamo Hung al suo rientro dall’Asia. Come è nata questa straordinaria esperienza della prima personale in Cina? «Nel mese di febbraio di quest’anno, trovandomi a Macao, sono stato invitato alla Sede del Governo da Madam Florinda Chan (Secretária para a Administração e Justiça), per incontrarmi con diversi responsabili dell’Instituto para os Assuntos Cívicos e Municipais. Al termine della mia presentazione sul mio “iter” artistico, i responsabili erano unanimi nel decidere di realizzare, entro l’anno, una mostra delle mie sculture. Hanno proposto come luogo dell’esposizione il prestigioso Casas-Museu da Taipa. Inoltre, hanno deciso di provvedere al viaggio, alla la pubblicazione di un catalogo trilingue (cinese, portoghese, inglese), all’allestimento della mostra e alle spedizioni via aerea delle mie sculture». È la tua prima personale in Cina? «In passato ho fatto delle mostre collettive, ma questa è  la mia prima mostra personale in Asia. Dietro le quinte, tanti hanno collaborato per il buon esito del progetto. Voglio ricordare in particolare Nico Casella, il quale ha guidato il percorso burocratico per ottenere tutti i documenti necessari e si è prodigato per assicurare il buon esito delle spedizioni; e Julián Andrés Grajales, mio stretto collaboratore all’Atelier; ma dovrei nominarne tanti… Il Vernissage, il 25 settembre, ha segnato l’apertura dell’evento che sarebbe durato un mese e mezzo. Per l’occasione, Madam Florinda Chan mi ha invitato a condurre un tour guidato, presentando brevemente le mie sculture agli ospiti». 201411MostraHungMacao3Quanto tempo sei rimasto a Macao? «10 giorni, durante i quali ho potuto incontrare tante persone e dialogare con loro, sia nelle conferenze che nelle visite da me guidate. Particolarmente interattivo è stato l’incontro con 700 studenti del Colégio Mateus Ricci, che manifestavano genuine espressioni di stupore e di gratitudine; ma, anche s’interessavano sulla tecnica, sulle ispirazioni, sullo stile». Ci sono state sorprese? «Sì! Una delle tante è stata che la Direzione del Colégio Mateus Ricci, per anticipare le celebrazioni nel 2015 del 60° anniversario dell’Istituto, ha deciso di acquistare una mia opera: il tondo dedicato proprio a Matteo Ricci, uomo di dialogo». Cosa ti rimane di questa esperienza asiatica? «Ho una grande gratitudine in cuore per i rapporti costruiti con tanti… l’unità è stata protagonista». (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

Burkina Faso, pregare per la pace

BurkinaFaso_2«Avendo saputo dei gravi disordini che si sono verificati in Burkina Faso, ho telefonato ai focolarini di Bobo-Dioulasso per chiedere notizie e per assicurare l’unità e le preghiere. Ho parlato con Dominique che mi ha rassicurato che la situazione, pur se tesa, è calma», scrive Augusto Parody Reyes, medico spagnolo, 24 anni vissuti in Africa, adesso al Centro internazionale dei Focolari. Ecco in breve la situazione secondo l’Agenzia Misna, in continua evoluzione: nei giorni scorsi a Ouagadougou e nelle principali città del paese si sono tenuti cortei di protesta senza precedenti per bloccare la strada alla candidatura del presidente Blaise Compaoré, al potere dal 1987, alle elezioni del 2015. Ma queste proteste sono degenerate il 30 ottobre nella capitale, ma anche a Bobo Dioulasso, la seconda città del Burkina Faso, proseguendo nel pomeriggio dopo l’assalto e l’incendio del parlamento. Fonti di stampa locali hanno riferito di almeno una persona uccisa negli scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. Segnalati anche saccheggi di negozi e di banche. Nel pomeriggio i dimostranti hanno circondato anche la sede della presidenza. Proclamazione dello stato di emergenza, dissoluzione del governo e appello per un negoziato con i dimostranti: sono gli elementi chiave di un messaggio trasmesso alla radio dal capo di Stato, dopo ore di disordini e violenze nel cuore di Ouagadougou. Poi, si è saputo che il presidente Blaise Compaoré non ha rassegnato le dimissioni e ha cancellato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale, decretato poche ore prima. Gli ultimi provvedimenti sono stati annunciati direttamente da lui con un’allocuzione televisiva. Le dichiarazioni del presidente hanno aggiunto ulteriore confusione ad una situazione già intricata ed incerta. Di fatto, a Ouagadougou la capitale, non è chiaro chi sia attualmente al potere. Infatti, poche ore prima il capo di stato maggiore delle forze armate aveva fatto sapere che “i poteri esecutivi e legislativi verranno affidati ad un organismo di transizione che sarà costituito tramite consultazioni tra tutte le forze vive della nazione”. Inoltre l’obiettivo della transizione sarebbe “il ritorno all’ordine costituzionale entro 12 mesi”. L’esercito ha anche decretato un cessate il fuoco su tutto il territorio nazionale dalle ore 19 alle 6. Questa la situazione al 30 ottobre, che è in continuo sviluppo. Infatti, nel frattempo il presidente  si è dimesso e non si sa dove sia. I militari si sono divisi in due gruppi: l’esercito e la guardia presidenziale, ognuno con un leader a capo. “Stiamo pregando per la pace. Chiediamo a tutte le parti di dare prova di ritegno e di limitare i danni in questo momento particolarmente critico per la nostra nazione”: è l’appello rivolto dal vescovo di Bobo Dioulasso e presidente della Caritas Burkina Faso, monsignor Paul Ouédraogo, “nel quale tutti – dicono i Focolari del Burkina Faso – ci sentiamo espressi”. Aggiornato al 3 novembre 2014 (altro…)

Testo del video messaggio di papa Francesco per il 50° di Loppiano

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=L7HYXR8mrNo


«Cari fratelli e sorelle abitanti tutti di Loppiano, buonasera. Con voi saluto anche tutte le persone che oggi popolano la cittadella voluta da Chiara Lubich, ispirata al Vangelo della fraternità – quella fraternità universale – e coloro che da ogni angolo del mondo sono collegati e partecipano alla festa per i primi 50 anni della sua fondazione. Loppiano è una realtà che vive al servizio della Chiesa e del mondo, per la quale ringraziare il Signore; una cittadella che è testimonianza viva e efficace di comunione tra persone di diverse nazioni, culture e vocazioni, avendo anzitutto cura nel quotidiano, di mantenere tra voi la mutua e continua carità. Sono contento che abbiate scelto per questa vostra ricorrenza il giorno in cui in tutta la Chiesa si festeggia San Francesco di Assisi, testimone e artefice di pace e fraternità. È una felice coincidenza anche per me, davvero. Gli abitanti di Loppiano, quelli che vivono stabilmente e quelli che vi trascorrono un periodo di esperienza e di formazione, vogliono diventare esperti nell’accoglienza reciproca e nel dialogo, operatori di pace, generatori di fraternità. Proseguite con rinnovato slancio su questa strada, vi auguro che sappiate restare fedeli e possiate incarnare sempre meglio il disegno profetico di questa cittadella fiorita dal carisma dell’unità proprio 50 anni fa. Vivere questo in sintonia profonda con il messaggio del Concilio Vaticano II che allora si stava celebrando, il disegno cioè di testimoniare, nell’amore reciproco verso tutti, la luce e la sapienza del Vangelo. Loppiano scuola di vita, dunque, in cui vi è un unico maestro: Gesù. Si, una città scuola di vita per far ri-sperare il mondo, per testimoniare che il Vangelo è davvero il lievito e il sale della civiltà nuova dell’amore. Ma per questo, attingendo alla linfa spirituale del Vangelo, occorre immaginare e sperimentare una nuova cultura in tutti i campi della vita sociale: dalla famiglia alla politica, all’economia. Cioè la cultura delle relazioni. Principio della sapienza è il sincero desiderio di istruzione, la cura dell’istruzione è amore. Non è un caso che a Loppiano abbia sede, da qualche anno, l’Istituto Universitario Sophia eretto dalla Santa Sede. C’è un urgente bisogno, infatti, di giovani, di uomini e donne che, oltre ad essere opportunamente preparati nelle varie discipline, siano al tempo stesso, impregnati della sapienza che sgorga dall’amore di Dio. Cari amici, di cuore auguro, a Loppiano e a tutti voi, di guardare avanti e guardare avanti sempre, guardare avanti e di puntare in alto con fiducia, coraggio e fantasia. Niente mediocrità. Vi affido a Maria Theotokos, Madre di Dio, che vi accoglie tutti nel santuario al cuore della cittadella. E a voi chiedo di pregare per me. Vi saluto e vi benedico. Arrivederci».


Servizio della Radio Vaticana: Loppiano compie 50 anni. Il Papa: è testimonianza viva di fraternità (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

Myanmar: in un villaggio si accende una Luce

MyanmarChiaraLuce2 «Pensavo che la mia vita sarebbe finita come tutti, senza sfide, ma adesso mi sono “svegliato” da un grande sonno perché durante questo youth camp ho ricevuto tanta forza e incoraggiamento (William, 20 anni)». «Ho capito cosa vuol dire amare, servire gli altri. Ho conosciuto tanti nuovi amici ed è stato uno dei momenti più felici della mia vita (Maung, 21 anni). Questi tre giorni sono stati come una vitamina per andare avanti verso il mio futuro. (Benjamin, 18 anni) ». Ecco alcune delle impressioni a caldo dopo lo “Youth Camp” che si è tenuto a Kanazogone, un piccolo villaggio al sud di Myanmar (3- 5 ottobre). L’idea nasce dai Giovani per un Mondo Unito di Yangon, nota anche come Rangoon (capitale del Paese fino al 2005). «Siamo partiti in pullman 23 giovani da Yangon – raccontano – e dopo aver proseguito in barca perché la strada non vi arriva, abbiamo raggiunto questo villaggio sperduto. Ci ha accolti una piccola comunità guidata da un sacerdote focolarino, Padre Carolus, in questo paesino a maggioranza cristiana. Altri 60 giovani circa, dei dintorni, si sono aggiunti al gruppo. MyanmarChiaraLuce3 Per tanti era la prima volta che partecipavano ad un incontro di questo tipo. Dal primo momento i giovani hanno ascoltato con attenzione, accogliendo con serietà il nostro messaggio». Il programma si è svolto intorno alla figura di Chiara Luce Badano. «Quando abbiamo cominciato a guardare il video sintesi della sua beatificazione – continuano i giovani –, la pioggia cadeva così forte che ci impediva di ascoltare. Abbiamo improvvisato alcuni giochi per aspettare che si fermasse… I presentatori hanno proposto di pregare insieme chiedendo a Chiara Luce di darci la possibilità di ascoltarla. Poco dopo la pioggia è diminuita notevolmente. Ma il miracolo più grande è stato che la sua testimonianza di vita ha raggiunto il cuore di ogni giovane. È stato un momento solenne. Come quando abbiamo parlato della pace: pace dentro di noi sapendo perdonare, e con i vicini, concludendo con un time out per la pace in tutto il mondo. Tanti giovani hanno deciso di impegnarsi ad amare specialmente i più vicini, i familiari». MyanmarChiaraLuce1«Volevamo fare un’azione utile per il villaggio – raccontano –. Nonostante il pomeriggio caldissimo, siamo andati tutti con gli attrezzi portati dai giovani del posto a togliere le erbacce cresciute nella foresta e lungo il fiume. Un lavoro in mezzo al fango, i serpenti, le zanzare… C’era chi si stupiva di fare un tale lavoro, ma in tutti traboccava la gioia! E dietro di noi è rimasto un bel giardino. Alla sera, la festa. Abbiamo invitato tutte le famiglie, ringraziando le donne che ci avevano aiutato a preparare i pasti di quei giorni. Tanti talenti sono venuti fuori, superando la timidezza». «Nonostante non ci fosse elettricità – salvo quella del generatore -, telefono quasi inesistente e quindi neanche internet… oh, come ci è costato lasciare quel posto!». Il viaggio di ritorno a Yangon rimarrà indimenticabile, per la gioia del gruppo che si esprimeva in grandi risate e canti a non finire durante le 5 ore di pullman. «Tornati a casa – concludono –, con la scusa di uno di noi che partiva per l’estero per studiare, abbiamo organizzato subito un ritrovo nella stessa settimana, per guardare le foto e continuare a conoscere la vita di Chiara Luce. Si è ricreata l’atmosfera di quei giorni e anche i nostri nuovi amici hanno espresso il desiderio di imitarla». (altro…)

Chiara Lubich e Athenagoras

Vangelo vissuto: ricostruire l’amicizia

20141027-01Al ristorante «Dopo una discussione con un vecchio amico, egli, sentendosi offeso, rompe il rapporto con me. Gli scrivo una lettera di scuse: forse ho usato senza volerlo parole poco adatte alla sua sensibilità. Non ottengo risposta. Attraverso amici comuni, vengo a sapere che lui è irremovibile: si è ormai alzato fra noi un muro. Comincio ad avere un certo timore a incontrarlo, e talvolta per strada cambio direzione se lo intravedo da lontano. Finché arriva un sabato sera. Mia moglie ed io decidiamo di cenare al ristorante. Abbiamo già ordinato, quando dalla porta vedo entrare proprio quella persona insieme alla moglie. Appena anche lui si accorge di me, esita, come volesse andar via. Mia moglie ed io ci guardiamo un attimo: ci capiamo al volo. Con un sorriso andiamo incontro alla coppia per invitarla al nostro tavolo. Lui accetta, all’inizio perplesso, ma poi visibilmente contento dell’invito. La serata trascorre serena. È bastato poco perché il rapporto tra noi ritornasse quello di prima, come se nulla fosse mai accaduto» .R. S.- Francia Miracolo? «Durante una prova scritta un mio compagno, da tutti ritenuto il peggiore della classe, mi chiedeva insistentemente di fargli copiare il compito. Non lo ritenevo giusto e non gliel’ho passato. Siccome all’uscita voleva farmela pagare, le mie amiche mi suggerivano di avvertire l’insegnante. Io però avevo in mente un’altra tattica. L’ho avvicinato e gli ho chiesto: «Cosa avresti risolto ingannando i professori? Se vuoi, possiamo studiare insieme ricominciando il programma da capo». Ha accettato. Ora si impegna e studia. Tutti mi dicono che ho fatto un miracolo… ma io so che questi sono gli effetti dell’amore». E. – Camerun Il terrorista «Sono una maestra elementare e spesso vengo mandata a insegnare nei villaggi di montagna, dove trovano rifugio anche terroristi dell’estrema sinistra. Mi era già capitato di imbattermi in quei drappelli, ma ero riuscita a nascondermi fra le rocce. Una volta però mi hanno rapita e trascinata nel loro campo. Ricordo interminabili giorni durante i quali sono stata sottoposta a lunghi interrogatori. Nonostante la paura, ho cercato di rispondere con molto rispetto. Ad uno di loro, che ha cercato per ore di indottrinarmi sull’ideologia socialista, ho obiettato che occorre prima cambiare se stessi se vogliamo trasformare le strutture di potere che ci sembrano ingiuste: «A cambiarci è l’amore che ognuno ha per l’altro». Forse le mie parole lo hanno toccato. Fatto sta che dopo l’interrogatorio mi ha lasciata andare. Da quel giorno ho sempre continuato a pregare per quell’uomo. Recentemente l’ho riconosciuto in televisione, mentre davano la notizia di un terrorista che aveva consegnato le armi ai militari, lasciando il suo gruppo».N. – Filippine (altro…)

Novembre 2014

Ecco, dunque, sgorgare dal cuore un inno di lode e di riconoscenza. Questo è il primo passo da fare, il primo insegnamento da cogliere nelle parole del Salmo: lodare e ringraziare Dio per la sua opera, per le meraviglie del cosmo e per quell’uomo vivente che è la sua gloria e l’unica creatura che sa dirgli: “E’ in te la sorgente della vita”. Ma non è bastato all’amore del Padre, pronunciare la Parola con cui tutto è stato creato. Ha voluto che la sua stessa Parola prendesse la nostra carne. Dio, l’unico vero Dio, si è fatto uomo in Gesù e ha portato sulla terra la sorgente della vita. La fonte di ogni bene, di ogni essere e di ogni felicità è venuta a stabilirsi fra di noi, perché l’avessimo, per così dire, a portata di mano. “Io sono venuto – dice Gesù – perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Egli ha riempito di sé ogni tempo e spazio della nostra esistenza. E ha voluto rimanere con noi per sempre, in modo da poterlo riconoscere ed amare sotto le più varie spoglie. A volte ci viene da pensare: “Come sarebbe bello vivere ai tempi di Gesù!” Ebbene, il suo amore ha inventato un modo per rimanere non in un piccolo angolo della Palestina, ma su tutti i punti della terra: Egli si fa presente nell’Eucaristia, secondo la sua promessa. E lì noi possiamo abbeverarci per nutrire e rinnovare la nostra vita. “E’ in te la sorgente della vita”. Un’altra fonte cui attingere l’acqua viva della presenza di Dio è il fratello, la sorella. Ogni prossimo, specie quello bisognoso, che ci passa accanto, se noi lo amiamo, non si può considerare un nostro beneficato ma un nostro benefattore perché ci dona Dio. Infatti, amando Gesù in lui [“Ho avuto fame (…), ho avuto sete (…), ero uno straniero (…), ero in carcere (…)] (Cf Mt 25,31-40) riceviamo in cambio il suo amore, la sua vita, perché lui stesso, presente nei nostri fratelli e sorelle, ne è la sorgente. Una fontana ricca di acqua è anche la presenza di Dio dentro di noi. Egli sempre ci parla e sta a noi ascoltare la sua voce, che è quella della coscienza. Quanto più ci sforziamo di amare Dio e il prossimo, tanto più la sua voce si fa forte e sovrasta tutte le altre. Ma c’è un momento privilegiato nel quale come mai possiamo attingere alla sua presenza dentro di noi: è quando preghiamo e cerchiamo di andare in profondità nel rapporto diretto con lui, che abita nel fondo della nostra anima. E’ come una vena d’acqua profonda che non s’asciuga mai, che è sempre a nostra disposizione e che ci può dissetare in ogni momento. Basterà chiudere un attimo le imposte dell’anima e raccoglierci, per trovare questa sorgente, pur nel bel mezzo del più arido deserto. Fino a raggiungere quell’unione con lui nella quale si sente che non siamo più soli, ma siamo in due: egli in me e io in lui. Eppure siamo – per suo dono – uno come l’acqua e la sorgente, il fiore e il suo seme. […] La Parola del Salmo ci ricorda, dunque, che è solo Dio la sorgente della vita e quindi della comunione piena, della pace e della gioia. Quanto più ci abbevereremo a questa fonte, quanto più vivremo di quell’acqua viva che è la sua Parola, tanto più ci avvicineremo gli uni gli altri e vivremo come fratelli e sorelle. Allora si avvererà, come continua il Salmo: “Quando ci illumini viviamo nella luce”, quella luce che l’umanità attende.

Chiara Lubich

 Pubblicata su Città Nuova 2001/24, p.7, in versione integrale.

Chiara Lubich e Athenagoras

EdC: il lavoro come vocazione

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La protagonista al workshop dell’EdC a Loppiano

«L’anno scorso ho avuto il piacere di partecipare ad un workshop dell’Economia di Comunione a Loppiano. Lì mi si sono aperti gli occhi: fino a quel momento ero proiettata nel capire “cosa faccio”, senza pormi la domanda di “chi sono”. Ho capito che il lavoro è una vocazione: dovevo trovare, quindi, la mia vocazione, ciò che mi avrebbe resa felice. Ero alla conclusione del mio percorso universitario in ingegneria biomedica. A ottobre 2013 mi sono laureata al Politecnico di Torino, dopo aver fatto una tesi al Politecnico di Losanna in Svizzera. 5 anni trascorsi all’interno del Politecnico, 8 ore al giorno di lezione. Studiavo di notte, passando intere giornate senza instaurare relazioni vere tra colleghi. In ambienti di una certa fama è molto forte l’individualismo, la paura di essere scavalcati e anche i professori trasmettono l’ “ansia da primato”. Dopo tanti sacrifici mi stavo per laureare in tempo e anche col massimo dei voti. C’era una buona probabilità che stessi per vincere il dottorato in Svizzera con uno stipendio alto, casa sul lago e ottimi amici che mi attendevano. Era un momento fondamentale della mia vita, dove potevo decidere grandi cose. Ma qualcosa mi faceva paura: l’attaccamento alla carriera, ai soldi. Desideravo avere gli strumenti per poter iniziare a lavorare, direi, “controcorrente”. In tempo di crisi tanti giovani come me hanno difficoltà a trovare lavoro ed io non volevo chiudermi nella carriera senza guardare nessuno. Così sono arrivata al workshop EdC con tante domande. Non ho trovato tutte le risposte, ma un clima di apertura, dove imprenditori, professori e giovani erano tutti insieme, alla pari, a guardare l’Italia di oggi con le sue sfide. Ho capito che i tanti soldi sarebbero stati il primo ostacolo per la mia felicità, per me fatta di altro. Conferma l’ho avuta quando sono andata nelle Filippine, prima di iniziare il dottorato che, in aereo, ho saputo di aver vinto! Si trattava di un viaggio sociale che avevo già organizzato, in cui ho toccato con mano una cultura ben diversa dalla mia. Lì mi sono trovata sotto il tifone più forte del mondo, il tifone Yolanda, nel novembre 2013. Il popolo filippino, seppur spesso abbattuto da simili tragedie, aveva quella dignità che faceva sentire anche a me… di avere tutto per essere felice! Ho capito la differenza tra “povertà” e “miseria”. La “povertà” era quella che avevo visto nelle Filippine, la “miseria” è una povertà senza fiducia, senza speranza, che avevo visto nei volti di molti amici italiani in seguito a questa crisi. Qui in Europa entrano in gioco la depressione e gli psicologi… È vero, c’è la crisi. Ma c’è la casa sopra la testa e il pasto quotidiano pure. La dignità che ho scoperto nelle Filippine è una lezione che servirà per la mia carriera lavorativa. Per questo ho rinunciato alla carriera in Svizzera ed ora lavoro a Loppiano, in un’azienda di Economia di Comunione nata per formare giovani non solo a livello relazionale-sociale ma anche attraverso il lavoro. Qui non faccio l’ingegnere, ma la manovale, dove non esistono macchine automatiche. Lavoro la creta con le mie mani. E sento che, per essere un bravo ingegnere, dopo anni vissuti sui libri, serve anche mettersi dalla parte dell’operaio. Magari a qualcuno sembrerà che stia perdendo tempo, ma vorrei essere quell’ingegnere che, quando guarda gli operai, sa di guardare delle persone con una loro dignità, mettendole al centro del proprio lavoro». (Maria Antonietta Casulli, 25 anni, Italia) (altro…)