Nov 28, 2014 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Spiritualità
È noto che Chiara Lubich ebbe un rapporto privilegiato con Athenagoras, allora Patriarca di Costantinopoli. Pochi giorni prima dello storico viaggio di Papa Montini a Istanbul, lei era stata a trovare il Patriarca. La Radio Vaticana la intervistò il 18 luglio 1967: Quali le prime impressioni che ha ricavato dal recente incontro con il Patriarca Athenagoras? Appena mi sono trovata alla presenza di questa grande personalità del nostro tempo, ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte al cuore di un padre totalmente aperto, amante delle anime, che pur nella sua veneranda età presenta uno spirito giovanile e fresco, ricco della più grande speranza e fede. La prima impressione non è stata quella di trovarmi di fronte ad un fratello separato, ma con un’anima con la quale ci si trova come già si fosse della stessa casa. In tutto il colloquio ha mostrato sempre il più alto apprezzamento per il Santo Padre Paolo VI e ho avuto l’impressione che segua tutti gli avvenimenti della Chiesa cattolica e in particolare l’azione del Santo Padre con estrema attenzione e venerazione.
Dopo questo recente colloquio avuto con Athenagoras, cosa pensa dell’incontro ormai imminente tra Paolo VI e il Patriarca? Data la profonda fede di Athenagoras nella carità verso Cristo e verso i fratelli, come essenza del cristianesimo, mi sembra che l’atto del Santo Padre di prevenire la visita del Patriarca a Roma, sia il gesto più indovinato per dimostrare che la Chiesa cattolica è la Chiesa della carità, dove il Papa, successore di Pietro, è colui che più ama. Crede, dunque, anche lei che siano positive le prospettive e le attese, dopo questo incontro? Penso che il Patriarca Athenagoras manifesterà la sua convinzione che la strada per arrivare all’unità nella verità è la carità; strada che è stata anche indicata da Paolo VI in un recente discorso rivolto ad un gruppo di studenti ortodossi. Per questa identità di prospettiva sulla via per raggiungere l’unità, si può sperare che il Santo Padre ed Athenagoras trovino efficacissime soluzioni per dare l’avvio a colloqui teologici e penso che in questa atmosfera si può sperare tutto. D’altra parte la figura di questo grande vegliando, che come un profeta si erge con la sua fede e il suo amore a Costantinopoli, non può non avere una grande influenza sul mondo ortodosso, che visiterà egli stesso fra poco, prima di giungere a Roma.
Può dirci come si è espressa, durante il vostro colloquio, la visione del Patriarca Athenagoras sul problema ecumenico? La visione ecumenica del Patriarca, la cui umiltà e santità traspaiono da ogni atteggiamento e da ogni parola, era chiara nell’ultima parte del lungo colloquio, quando ci ha parlato del suo recente messaggio pasquale: “Ho l’abitudine di pubblicare ogni Pasqua un messaggio – ha spiegato. L’ultimo dice: ‘I primi dieci secoli del cristianesimo sono stati per i dogmi e per l’organizzazione; nei dieci secoli dopo, vennero le disgrazie, gli scismi, la divisione. La terza epoca – questa – è quella dell’amore. Per questa via della carità ci incontriamo nello stesso calice. Beninteso – continuava -, abbiamo bisogno di teologi, ma le differenze sono troppo piccole e scolorite dal sole dell’amore. Le differenze hanno perduto il loro colore grazie al sole della carità. Nei primi mille anni abbiamo vissuto nella comunione; poi ci siamo separati”. Quindi, alludendo al recente annullamento delle reciproche scomuniche da parte della Chiesa cattolica e di quella ortodossa, egli affermava: “Ora lo scisma è scomparso; perché non ritorniamo allo stesso calice? Crediamo che abbiamo la stessa Madre, la Vergine, Madre della Chiesa, come ha detto il Papa; abbiamo lo stesso battesimo: la porta della Chiesa. Mi dica: perché non ritorniamo allo stesso calice?”. Radio Vaticana (altro…)
Nov 27, 2014 | Cultura, Focolari nel Mondo

Nov 27, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Ogni anno a settembre nella cittadella Lia, in Argentina, si svolge la Festa dei Giovani; questa volta ha avuto come titolo: “Viviamo questa pazzia” e si è svolta presentando uno spettacolo in cui, in mezzo ad una festa di carnevale, si mostra come tante persone, indossando maschere, perdono così la loro identità, diventando parte di una moltitudine disordinata e senza volto. Lo spettacolo ha mostrato, con workshop, teatro, esperienze, musica e coreografie, l’importanza della scelta di uno stile di vita controcorrente, basato sull’amore evangelico. La giornata è stata così bella e coinvolgente che ha contagiato i 120 partecipanti di Mendoza, città ai piedi delle Ande argentine, che hanno lasciato la cittadella Lia con nel cuore il desiderio di fare ripetere la Festa dei Giovani nella loro città. Per trasformare questo sogno in realtà c’è stato bisogno, però, di molto lavoro: basti solo pensare che si dovevano far arrivare a Mendoza i quasi 100 giovani attori che avevano dato vita allo spettacolo alla Cittadella Lia, con un viaggio di più di 900 chilometri, ed ospitarli per tre giorni.
Il 10 novembre è stato il primo show davanti a 500 persone, tra cui diverse classi di scuole, ma anche giovani delle periferie della città. «Vediamo molti problemi nel nostro mondo – esordiscono i giovani attori dal palco –, e qualcuno aspetta che siano gli altri a cercare soluzioni. Qui siamo 90 giovani di 20 Paesi che hanno deciso di non aspettare più. Vogliamo essere i protagonisti di questo cambiamento, e abbiamo scoperto la ricetta: lavorare per costruire l’unità della famiglia umana». Il giorno dopo, il secondo spettacolo, in un Centro Congressi a 40 km da Mendoza. Anche questo tutto esaurito, con le 500 poltroncine piene e gente in piedi e con alcuni ragazzi che erano arrivati appositamente da una scuola distante ben 250 km. I giovani che hanno assistito allo spettacolo sono rimasti positivamente sorpresi nel vedere il centinaio di coetanei provenienti da 20 nazioni diverse che, con una grande qualità artistica, hanno presentato loro un modo di vivere del tutto diverso da quello imposto dalla società attuale. In entrambi gli spettacoli la proposta di uno stile di vita basato sull’amore che diventa servizio concreto agli altri, è stata accolta e tutti sono ripartiti con il cuore pieno di gioia.
Ma anche per gli stessi “attori”, cioè i ragazzi che trascorrono un periodo della loro vita nella cittadella Lia, questa trasferta è stata importante in quanto ha dimostrato che vivere la “pazzia dell’amore” è possibile se ognuno si propone di fare la propria parte, senza guardare ciò che è stato né ciò che sarà, ma solo puntando al presente, sfruttandolo bene. Uno tra i tanti messaggi ricevuti a caldo per WhatsApp: «TUTTO È STATO BELLISSIMO! È stato vivere davvero il titolo della giornata: “Viviamo questa pazzia”, perché questi 3 giorni sono stati indimenticabili. Anche le mie amiche che sono venute sono rimaste entusiaste ed emozionatissime! Per me è stato speciale anche poter conoscere meglio i giovani venuti dalla Cittadella Lia. Continuiamo a vivere insieme questa pazzia!». Leggi anche: Argentina, mille giovani per una pazzia (altro…)
Nov 26, 2014 | Centro internazionale, Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Quella gioia che vedo nei tuoi occhi la voglio anch’io” dice un ragazzo a Daniela della Comunità Nuovi Orizzonti, quella notte in cui, vincendo le sue paure era andata alla Stazione Termini. Quel giovane che per 3 volte aveva tentato il suicidio, diventa per Daniela l’inizio di una nuova vita. Portano in cuore storie come questa i 300 membri, rappresentanti di 100 movimenti e nuove comunità di 40 Paesi, convenuti a Roma dal 20 al 22 novembre per il loro terzo Congresso Mondiale sul tema: “La gioia del Vangelo: una gioia missionaria”. Voluto dal Pontificio Consiglio per i Laici (PCPL) per rispondere alla chiamata alla conversione che papa Francesco ha rivolto a tutti i cristiani, l’appuntamento ha desiderato essere in continuità con gli incontri promossi da Giovanni Paolo II nel 1998 e da Benedetto XVI nel 2006. Improvvisa e inaspettata è stata negli anni la fioritura di tante nuove realtà ecclesiali, e il card. Rylko, presidente del PCPL, nella sua relazione di apertura, ha ricordato come la chiesa la consideri “una risposta tempestiva dello Spirito Santo alla difficile sfida dell’evangelizzazione del mondo contemporaneo”. Anche papa Francesco insiste nel dire che i nuovi carismi sono “regali dello Spirito integrati nel corpo ecclesiale, attratti verso il centro che è Cristo, da dove si incanalano in una spinta evangelizzatrice”.
Appassionanti esperienze si sono intrecciate agli approfondimenti ricchi e variegati, densi di dottrina, tesi ad approfondire i passaggi cruciali dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, magna charta dell’intero convegno. I temi trattati? Vanno dal rinnovamento personale per il rinnovamento ecclesiale, alla comunione tra movimenti (collaborare per non correre invano), dalla rivoluzione della tenerezza al genio femminile nell’evangelizzazione. Attenzione massima dunque a cogliere i “segni dei tempi” che richiedono nuove risposte a nuove domande. Tre giorni che hanno annullato differenze e chiusure: in un crescente clima di fraternità tra i rappresentanti di movimenti di storia più che cinquantennale e quelli delle nuove comunità che da poco hanno assunto una dimensione internazionale. Cospicua la presenza dei vescovi e dei sacerdoti, immersi insieme ai laici, in un clima di ascolto reciproco. Ciascuno era assetato di conoscere le reciproche esperienze per “imparare a discernere la voce dello Spirito oggi, che spinge a prendere il largo e annunciare a tutti l’amore di Dio per ogni uomo”, come ha detto uno dei presenti. Per il Movimento dei Focolari, insieme alla presidente Maria Voce, al neo copresidente Jesús Morán, al copresidente uscente Giancarlo Faletti una delegazione composta da Anna Pelli, Severin Schmidt, Gisela Lauber e Marta Chierico.
“Un incontro di vera e profonda comunione, dove si era tutti fratelli”, lo definisce Maria Voce in un’intervista rilasciata a focolare.org “che viene tanto più in evidenza se pensiamo da dove siamo partiti nel 1998”. “Quando siamo andati dal Papa – continua – si sentiva in lui la gioia di aver potuto sperimentare questa comunione, e in fondo era questo il dono che volevamo portargli”. Quali passi nuovi si aprono adesso per i Movimenti? Per Maria Voce due possibili piste da esplorare sono l’apertura “verso i Movimenti che appartengono ad altre Chiese, non cattoliche, perché lì ci sono esperienze molto forti di persone che vivono come noi il Vangelo”; e la “comunione ancora più profonda tra laici e clero”, “per cui non si debba separare la parte ecclesiastica dalla parte laica nei vari Movimenti e neanche nell’insieme”. Uscita che sottolineerebbe “un’unità più vitale, fra pastore e gregge”. Ogni scusa era buona per conoscersi: la pausa caffè, il momento del pranzo, la cena a fine giornata. Missioni di strada, comunità per tossicodipendenti, evangelizzazione nei luoghi più impensati del pianeta, adorazione e lavoro, cura degli anziani e dei disabili, coinvolgimento dei giovani: Philadelfia, Kansas, Filippine, Ecuador, Corea, Messico, Roma, Palermo. Il dialogo fitto e ininterrotto è culminato nell’incontro con papa Francesco: «Voi avete portato già molti frutti alla Chiesa e al mondo intero, ma ne porterete altri ancora più grandi con l’aiuto dello Spirito Santo», afferma il Papa nel suo discorso. «Per raggiungere la maturità ecclesiale mantenete la freschezza del carisma, rispettate la libertà delle persone e cercate sempre la comunione», sintetizza nel consegnare un nuovo programma ai presenti, e infine: «Andate avanti: sempre in movimento … Non fermatevi mai! Sempre in movimento!».
«Per me, che partecipavo per la prima volta a un incontro di questo tipo, l’esperienza è stata davvero straordinaria – afferma Jesús Morán -. Ho gustato una comunione speciale con tanti movimenti e comunità in questo kairos o tempo di Dio formidabile che vive la Chiesa con il dono di papa Francesco. A questo riguardo, ho risentito con nuova forza il suo richiamo alla conversione missionaria, che interpella tutti i carismi e li porta a raggiungere una maturità all’altezza dei tempi (lasciando da parte ogni tentazione di autoreferenzialità) e una radicalità ancorata nella freschezza del carisma». «Un plus di ecclesialità e di impegno sociale» è l’esigenza avvertita ancora da Morán. «In questo senso – conclude – dobbiamo tendere verso un pensare veramente “trinitario” che qualifichi con maggiore profondità la nostra comunione. Non basta più una qualsiasi e cordiale collaborazione ma un vivere l’uno nell’altro, un reciproco potenziarsi e arricchirsi per poter uscire e farsi carico insieme dei dolori dell’umanità». Altre notizie su: www.laici.va (altro…)
Nov 26, 2014 | Centro internazionale, Chiesa, Focolari nel Mondo
«Un’impressione a caldo su quanto vissuto in questi giorni? Mi sembra che sia stato un incontro di vera e profonda comunione. E questo veniva tanto più in evidenza se pensiamo da dove siamo partiti, perché dal ’98 – quando Papa san Giovanni Paolo II sul sagrato di San Pietro ha dovuto quasi chiedere ai Movimenti di mettersi d’accordo fra di loro, di volersi bene, di conoscersi, di stimarsi, di collaborare – siamo arrivati al punto che adesso veramente non si avvertiva più a quale Movimento si appartenesse, tanta era la fraternità che c’era fra tutti. Era bellissimo vedere i Movimenti nati da poco che cercavano i Movimenti più anziani non per farsi controllare, ma per chiedere il loro aiuto, il loro pensiero, anche il loro giudizio sulle loro opere, per vedere insieme come portare avanti le cose. E i Movimenti più anziani cercavano i Movimenti più giovani, gli ultimi nati, non tanto per vedere se funzionavano, se andavano bene, ecc., ma per gioire che era nata una nuova vita. Quindi era tutto un gioire dei frutti gli uni degli altri, sperimentare questo essere una cosa sola nella Chiesa. Mi è sembrato veramente un passo importantissimo, una vera comunione, una vera fraternità, dove si era tutti fratelli, più grandi, più piccoli ma tutti fratelli. Per cui quando poi insieme siamo andati dal Papa, lui ha colto questo aspetto e ce lo ha anche espresso nel suo discorso; si sentiva in lui la gioia di aver potuto partecipare, di aver potuto sperimentare questa comunione che c’era stata fra di noi. In fondo era questo il dono che volevamo portargli: questa comunione, e lui l’ha sottolineato fortemente nel suo discorso, invitandoci a portarla avanti e definendo proprio la comunione come il sigillo dello Spirito Santo. Quindi è stata una conferma e un incoraggiamento forte ad andare avanti in questa direzione. Poi il Papa è tornato sul discorso dell’uscire, del non fermarsi nel proprio recinto, un’idea fondante che c’è in tutti i suoi discorsi. Allora mi sono domandata cosa vorrà significare questo per noi come Movimenti, questo passo nuovo che dobbiamo scoprire come fare? Certamente sempre di più questa comunione con la Chiesa; però, proprio perché siamo arrivati a questa unità profonda fra i Movimenti, forse Dio ci chiede adesso di aprirci di più in uscita verso i Movimenti che appartengono ad altre Chiese, non cattoliche, perché anche lì ci sono esperienze molto forti di persone che vivono come noi il Vangelo e che testimoniano questa vita. Conoscere anche loro, aprirsi di più potrebbe contribuire ad una comunione più ampia e, perché no?, anche ad avvicinare il momento dell’unità di tutti i cristiani. Questa potrebbe essere una pista, forse, da aprire ancora. E un’altra cosa che vorrei sottolineare è questa: l’uscita verso un’unità più vitale fra “pastore” e “gregge”, per quanto possibile. C’erano, infatti, tanti pastori, vescovi, sacerdoti presenti, sia appartenenti ai Movimenti, sia no. Mi sembra che l’uscita che Dio ci chiede ora è di fare una comunione ancora più profonda fra laici e clero, sia col clero che appartiene ai Movimenti, che quindi è già profondamente unito al proprio Movimento, ma forse ancora non con questa comunione orizzontale del clero di tutti i Movimenti; sia anche per cercare le forme più adatte, per cui non si debba separare la parte ecclesiastica dalla parte laica nei vari Movimenti e neanche nell’insieme». (altro…)
Nov 25, 2014 | Chiesa, Spiritualità
Siamo a pochi chilometri da Postumia, in Slovenia, crocevia tra l’oriente e l’occidente Europeo. Oggi meta turistica e con paesaggi mozzafiato, con una storia che si lascia alle spalle la tragedia vissuta in Europa con i milioni di morti delle due guerre mondiali. L’orrore della guerra è ben ritratto, ad esempio, in alcune opere dell’artista sloveno Ivan Rupnik, e nei suoi mosaici nei boschi vicino ad alcune foibe. Con questa coscienza storica di sottofondo, i 3 giorni vissuti insieme dagli “Amici di Insieme per l’Europa” assume un nuovo significato di riconciliazione europea, di fronte a dolorose ferite ancora aperte: qui si mette in luce il rapporto di amore scambievole in atto fra cristiani di diverse confessioni e provenienze. Sono 14 i Paesi europei rappresentati, dal Portogallo alla Russia, dalla Svezia alla Croazia. Comune è l’impegno a favore di un’Europa riconciliata, nella convinzione che 500 anni di separazione fra le Chiese ‘sono sufficienti’ e che si deve puntare ad attualizzare il sogno dei Padri fondatori dell’Unione Europea, costruendo la ‘fraternità’ fra i popoli. Il programma del convegno si è concentrato sulla preparazione di un grande evento previsto per il 2016, a Monaco di Baviera, con il desiderio di poter offrire alla società civile e religiosa una forte testimonianza di riconciliazione realizzata, visibile, frutto di conoscenza, stima, collaborazione in molte iniziative sociali comuni, cresciuta negli anni, a partire dal 2002, quando è iniziata l’esperienza di Insieme per l’Europa. I 108 partecipanti, di 41 Movimenti e Comunità di varie Chiese hanno espresso un’autentica ‘passione’ per l’unità’ e piena adesione al progetto, offrendo la disponibilità a condividere idee, responsabilità e fatiche organizzative. «Accanto alla sorpresa sempre nuova e alla gioia per il cammino realizzato – scrive uno dei partecipanti – evidente nella grande capacità di ascolto e accoglienza reciproca, era generale l’entusiasmo e la convinzione che, con l’aiuto di Dio e ‘insieme’ è possibile puntare a realizzare il ‘sogno’ di un’Europa senza divisioni, che recuperi le sue radici e possa essere modello per altri Continenti». (altro…)
Nov 24, 2014 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo
«Creare una rete di donne, trascendendo la diversità di religioni e culture; approfondire i testi sacri per recuperare il posto della donna nella società d’oggi; e promuovere il dialogo interreligioso con una dimensione più umana», ecco alcune delle conclusioni del Simposio internazionale che ha avuto luogo nei giorni 12 e 13 novembre scorsi, a Rabat, capitale del Marocco. Organizzato dal Centro per gli Studi sulle Donne nell’Islam (Centre for Women’s Studies in Islam), affiliato al Consiglio dell’Ulema del Marocco (Moroccan Council of Ulama), l’incontro si è svolto nel quadro del Dialogo Strategico tra il Marocco e gli USA sotto l’alto patronato del Re Mohammed VI. Presenti un centinaio di esperte provenienti da 25 nazioni, in maggioranza musulmane, ma anche cristiane ed ebree, studiose e impegnate nel campo giuridico e negli organismi per i diritti delle donne. L’incontro, dal titolo “Donne nel cuore dei monoteismi: una storia plurale”, ha voluto affrontare l’importante contributo delle donne nel dialogo interreligioso, dove spesso la loro voce rimane emarginata. Si è iniziato con uno sguardo sul ruolo della donna nella storia delle tre religioni monoteiste. Quindi, si è sottolineata l’importanza di partire dai testi sacri, anziché da logiche di rottura, con l’obiettivo di ritrovare la dignità della donna puntando ad una maggiore uguaglianza tra uomo e donna, sia a livello spirituale, che morale e sociale. Da qui la necessità di interpretazioni corrette dei testi sulla figura femminile, spesso condizionati dal costume del tempo e da altri fattori: politici, economici e sociali.
Christina Lee, corresponsabile del dialogo interreligioso dei Focolari, ha presentato l’esperienza, nel dialogo interreligioso, del Movimento dei Focolari fondato da una donna, Chiara Lubich. Ha parlato del “genio femminile” – come lo ha definito Giovanni Paolo II -, e cioè quella capacità delle donne di vivere per gli altri, di avere cura degli altri e di allacciare i rapporti tra le persone. Questa visione è stata apprezzata per la profondità, la spiritualità e le prospettive future. Ci sono stati altri importanti interventi su varie forme di dialogo condotte dalle donne d’oggi con le loro difficoltà, speranze e testimonianze. La prof.ssa Aicha Hajjami del Marocco si domandava perché in molte nazioni islamiche persistono tuttora certe leggi ingiuste verso le donne. «È una situazione che richiede una profonda riflessione – aggiungeva – su come arrivare a modificare tali leggi con i valori sostenuti dall’Islam». Yolande Iliano, presidente di Religions for Peace Europe, ha dato una testimonianza su come la sensibilità femminile fa nascere degli impegni collettivi interreligiosi a livello sociale e politico. Non sono mancate le giovani con le loro esperienze ed aspettative, che hanno evidenziato il ruolo cruciale che la donna ha da svolgere per costruire l’unità della famiglia umana. Come affermava la prof.ssa Asma Lamrabet, direttrice del Centro per gli Studi, «il simposio è stato già una realtà e una sfida, non più solo un sogno». (altro…)
Nov 23, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Christopher Dawson, in The Making of Europe, scrive: “L’influenza del cristianesimo nella formazione della unità europea è un’impressionante esempio del modo con cui il corso della storia viene modificato e determinato dall’intervento d’influssi spirituali nuovi. Così, nell’antico mondo, vediamo che l’artificiale civiltà materiale dell’Impero romano abbisognava di qualche ispirazione religiosa, di una specie più profonda di quella del culto ufficiale…”. Essa venne; e fu il cristianesimo. […] Si potrebbe dire che le divisioni religiose, sanzionate dalla norma: cuius regio eius religio, fossero escogitate soprattutto per consentire le divisioni politiche, gli isolamenti nazionali e, come corollario, le guerre. Nell’unità religiosa i conflitti erano considerati fratricidi e ci si sforzava di eliminarli. Poi, nella divisione della cristianità, i conflitti divennero glorie nazionali. E tuttavia, non essendo la coscienza cristiana ed europea mai morta, quelle guerre in Europa, a più spiriti apparvero ancor guerre intestine. Ché la coscienza della comunanza europea non è mai venuta meno. Non basta una burocrazia comune Il russo Soloviov, ebbe a scrivere che la Chiesa, come aveva unificato l’Europa prima coi Franchi, poi coi Sassoni, oggi l’avrebbe riunificata con la giustizia sociale, scavalcando le divisioni di classe e casta e razza. E cioè, eliminando le maggiori cause di conflitto. Giustizia sociale significa quella comunione di beni spirituali e materiali, che la concezione cristiana, per cui gli uomini son tutti figli dello stesso Padre, eguali tra di loro, propone e suscita in vista della pace, nel benessere e nella libertà. Pensare di ottenere questo ordine razionale con la sola lotta di classe equivale a ripetere l’errore del militarismo germanico, slavo, ecc., che pretese di unificare l’Europa con le sole armi. Il cristianesimo significa una unificazione nella libertà e nella pace, con la eliminazione delle guerre e di tutti i motivi di attrito. L’apporto della religione, in questo senso, non è diretto tanto alla strutturazione degli istituti quanto alla formazione degli spiriti. Dalla religione muovono oggi due spinte unificatrici: 1) il progredente senso del Corpo mistico; 2) il rinato ecumenismo, per cui l’unità della Chiesa provoca l’unità dei popoli. Due impulsi, che, mentre rettificano correnti ed eliminano passioni, da cui venne la vivisezione dell’Europa, suscitano energie spirituali capaci di dare un’anima a questa unione politica; d’infondere una ispirazione soprannaturale a questa operazione umana; di rendere popolare la istanza dell’unità. Se questa fosse riservata ai soli fattori economici e politici e militari, fallirebbe. Non basta a far l’Europa un esercito comune o una burocrazia comune. Non per nulla gli uomini politici tendono ad inserirvi ideologie; cioè, tengono a dare al corpo un’anima. L’Europa ha già una anima: il cristianesimo, sua essenza e sua genesi».
Igino Giordani
(Città Nuova n. 5 del 10.3.1972 pp.23-23) (altro…)
Nov 22, 2014 | Centro internazionale
Jesús Morán, filosofo e teologo spagnolo, è stato eletto nuovo copresidente del Movimento dei Focolari nell’Assemblea generale 2014, che si è svolta nello scorso mese di settembre. A colloquio con lui: «Ho conosciuto l’ideale dell’unità – esordisce – quando avevo appena finito gli studi del liceo classico e mi preparavo ad entrare nella facoltà di filosofia dell’Università Autonoma di Madrid. Erano tempi di grande agitazione politico-sociale in Spagna. Il desiderio di cambiamento era molto pressante. La società e in particolare i giovani reclamavano libertà e democrazia. Se avevo scelto la carriera di filosofia era perché i religiosi del liceo dove avevo studiato ci avevano inculcato un cristianesimo impegnato nella trasformazione sociale. L’incontro con la spiritualità di Chiara Lubich è stato come trovare la figura di ciò che volevo essere. Questa spiritualità, oltre a cambiare la società, poteva cambiare me stesso e questo era ciò che in fondo desideravo di più. Ho trovato nella libertà di amare la risposta a tutte le mie esigenze». «Ho vissuto in America Latina la maggior parte della mia vita – continua Jesús Morán –. Sono arrivato in Cile a 23 anni e sono partito dal Messico che ne avevo 50. Lì ho vissuto le prime esperienze lavorative e ho toccato con mano la storia di popoli millenari con i loro contrasti, le loro immense ricchezze culturali e i loro drammi identitari. Dall’America Latina ho appreso il valore incommensurabile della vita, della natura e dei rapporti interpersonali. È stata una scuola di socialità. Quel continente mi ha dato il senso del pensiero organico, della cultura che si fa prassi quotidiana e storia, della religiosità che tocca le fibre più intime del cuore». L’esperienza degli ultimi anni al Centro del Movimento, confessa, l’ha arricchito di uno sguardo più universale, nonché di un’intensa maturazione umana e spirituale. «Nella mia vita, particolarmente luminosi sono stati alcuni momenti vissuti con Chiara Lubich nei quali ho sentito la sua maternità nei miei confronti». Sono trascorsi poco più di due mesi dalla sua elezione a copresidente e ci confida di star vivendo «una fortissima e allo stesso tempo semplicissima esperienza di Dio. Mai come in questo tempo mi sono sentito così profondamente amato da tante persone. Di questo sono infinitamente grato a Dio». Alla domanda se a suo parere sia successo qualcosa di nuovo con l’Assemblea 2014, risponde: «L’Opera di Maria vive un momento cruciale per il suo futuro. Si tratta di verificare quanto questa prima generazione ha capito veramente il dono carismatico che Dio ha fatto alla Chiesa e all’umanità con Chiara Lubich. Da questo dipende che l’incarnazione del carisma sia all’altezza di esso. È un momento di forte e nuova autocoscienza che deve portare come frutto una radicalità di vita pari ai primi tempi del Movimento, anche se diversa. È il momento della “fedeltà creativa”. Tanto più fedeli quanto più creativi, e viceversa, tanto più creativi quanto più fedeli. Ovviamente, questo vuol dire attualizzazione del carisma su tutti i fronti, nuovo slancio apostolico, dilatazione della capacità di dialogo a 360 gradi. Mi sembra che l’Assemblea, col suo documento programmatico e col tocco finale del messaggio di Papa Francesco, si sia orientata in questo senso». Riguardo al suo pensiero su possibili contrapposizioni tra formazione spirituale e formazione culturale: «In Chiara non c’è mai stata contrapposizione fra vita e pensiero. Lei, infatti, sente di riprendere i libri subito dopo un’esperienza mistica. Questo per me è molto significativo. Chiara è la fondatrice della Scuola Abba e dell’Istituto universitario Sophia. Come tutti i grandi fondatori, lei era pienamente cosciente che un carisma che non si fa cultura non ha futuro». Domandiamo, infine, su cosa chieda per lui e per il Movimento: «Un dono che chiedo tutti i giorni è quello del discernimento e la docilità allo Spirito, senza paura». A cura di Aurora Nicosia (altro…)
Nov 21, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“Non dimenticherò mai il suo sorriso con cui mi salutava quando la sera tardi tornava stanco a casa… Anche se le sue ore di sonno erano sempre poche, mai mancava alla Messa di mattina presto… Non portava in focolare i problemi della politica, anche se in alcune circostanze chiedeva anche il nostro parere. Infatti, doveva spesso andare controcorrente, però mai ho visto da parte sua odio verso i suoi avversari”. “Partendo la mattina per il lavoro ci salutava dicendo: ‘Sempre, subito, con gioia’. Era un suo modo per dire che era pronto ad accogliere qualunque situazione anche difficile che la giornata gli avrebbe riservato. Questo atteggiamento era il vero segreto della sua vita che gli rendeva possibile il dialogo con tutti, anche in situazioni spesso difficili”. Così lo ricordano due focolarini del focolare al quale apparteneva Josef Lux. Nato il 1° febbraio del ‘56, aveva conosciuto la spiritualità di Chiara Lubich alla fine degli anni ‘70, a Chocen, la sua città natale nella Boemia orientale, dove lavorava come zootecnico in una cooperativa agricola. Nell’86, già sposato con Vera, sente la chiamata a seguire Gesù nel focolare. Chiara gli indica una frase del Vangelo che orienta la sua vita:“Rendete a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22, 21).

Josef Lux con sua moglie Vera
Gli avvenimenti del novembre dell’89, seguiti dalla caduta del comunismo, cambiano la sua vita in modo decisivo. Dall’inizio del processo dei cambiamenti politici è tra gli organizzatori delle manifestazioni in piazza, e nel gennaio del ‘90 viene eletto al Parlamento nazionale per il Partito popolare. La sua decisione di entrare in politica è frutto di una riflessione profonda. È, infatti, convinto che essa possa essere purificata da persone pronte all’offerta personale. Nel settembre del ‘90, dopo un brillante discorso davanti al congresso del Partito popolare, ne viene eletto presidente. Lavora per la trasformazione di questo raggruppamento politico in un partito moderno d’orientamento cristiano. Nel suo studio, troneggia un grande quadro di Gesù sulla Croce. Vuole averlo sempre davanti, specie durante le intense trattative nel suo impegnativo lavoro. Nel ‘92 viene rieletto come deputato e diventa vice Primo Ministro e Ministro dell’Agricoltura del Governo Ceco fino al ‘98, essendo per molti un “segno di contraddizione”: stimato da tanti che condividono le sue scelte e rifiutato dagli avversari politici. Vera e i sei figli sono per lui di grande sostegno. 
Josef Lux con Vaclav Havel
Nel ‘98 l’annuncio di una grave malattia: leucemia. La notizia suscita una catena di solidarietà: tanti cittadini della Repubblica Ceca e non solo, si offrono come possibili donatori del midollo osseo. Pur essendo molto difficile trovarne uno adatto, Josef è contento, perché in questo modo si arricchisce la banca dati dei possibili donatori che potranno aiutare altri malati. Infine si trova in Italia un donatore idoneo e si decide di fare l’intervento chirurgico a Seattle (USA). L’intervento riesce bene, ma durante la convalescenza prende un’infezione ed il suo stato si aggrava. Arrivano a Seattle i figli, accompagnati da un focolarino sacerdote che celebra la Messa nella sua stanza. Sono momenti vissuti in un clima spirituale speciale. Ripete spesso che offre il suo dolore per la diffusione del Regno di Dio e per i giovani. Chiara Lubich lo segue da vicino e gli assicura la sua preghiera quotidiana. Con Vera e i figli si tengono per mano, cantano e pregano il salmo preferito di Josef: “Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui confido” (Sal 90, 2). Pur cosciente della gravità della sua situazione, è calmo e chiede di pregare per lui. E ancora: “Sorridete, non piangete” – frase che diventerà il suo testamento. Chiara, annunciando la sua “partenza” il 21 novembre 1999, esprime il desiderio che Josef Lux sia, con Igino Giordani, protettore del Movimento politico per l’unità. Il primo “miracolo” suscitato dalla sua partenza è un momento d’unità in tutta la nazione, quasi mai visto dopo la “rivoluzione di velluto”: sui giornali, nella radio e in televisione, tutti – inclusi i suoi avversari politici – esprimono la stima verso di lui e verso i valori che difendeva e diffondeva nella sua funzione pubblica. Sono molti a scoprire la sua figura di “uomo di Stato”, ma anche di un cristiano che ha attinto dalla fede in Dio la forza del suo coraggioso agire in favore del proprio Paese. (altro…)
Nov 20, 2014 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Kheit Abdelhafid non trova le parole per concludere la giornata: «Credetemi, non ho parole, io non ho parole alla fine di questa bellissima giornata. Perché lo scorso anno prima dell’incontro sul tema della famiglia ci chiedevamo se saremmo stati capaci di fare insieme un convegno. E ora che stiamo concludendo il secondo, mi rendo conto che ci siamo riusciti, la giornata di oggi lo dimostra. Il futuro, lo vedo dai nostri figli insieme, sarà migliore di quello che vediamo oggi nel mondo». Non è stato facile nemmeno per l’Imam – abituato alle grandi folle – trovare un modo per concludere il secondo convegno promosso dal Movimento dei Focolari e la Comunità islamica di Sicilia, il 16 novembre a Catania, sul tema “Cultura del dono e bene comune”. Circa 450 persone provenienti da varie città della Sicilia orientale hanno affollato la sala del convegno in uno strano intreccio di lingue e dialetti. Di grande spessore i relatori che hanno dato il loro contributo alla tavola rotonda moderata da Michele Zanzucchi, direttore di Città Nuova. Mons. Gaetano Zito, Vicario episcopale per la cultura dell’Arcidiocesi di Catania, ha sottolineato il valore della cultura dello stare insieme e della convivialità. Samia Chouchane, delegata al dialogo interreligioso dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (U.CO.I.I.) in Sicilia, nel suo intervento ha posto l’accento sulle motivazioni dell’agire: «Le motivazioni sono al cuore di tutto: figuriamoci se la motivazione è l’amore per Dio. Questo ci porta a non essere indifferenti a quanto accade accanto a noi e nel mondo».
Kamel Layachi del Comitato Scientifico del dipartimento del dialogo interreligioso dell’U.CO.I.I. ha lanciato una grande sfida ad entrambe le comunità ad aprirsi non solo al dialogo interreligioso ma anche intra-religioso per avviare riflessioni all’interno delle singole esperienze religiose. Margaret Karram del Movimento dei Focolari in Terra Santa ha condiviso la sua particolare esperienza: cristiana, palestinese, cresciuta in un contesto a prevalente presenza giudaica, è nata – di fatto – in un mondo di dialogo, anche se faticoso e costellato da numerose battute d’arresto. E tuttavia occorre sempre cercare di conoscere l’altro, le sue diversità, la sua storia, la sua cultura: «Occorre conoscersi a fondo, non basta l’amicizia, ci vuole una conoscenza approfondita: è l’ignoranza che porta la paura». Giusy Brogna incaricata del dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari in Sicilia, esprime grande soddisfazione per il convegno: «Il percorso che abbiamo avviato alcuni anni fa sta portando i suoi frutti, sento una grande speranza e sono certa che le due comunità, quella focolarina e quella musulmana, porteranno avanti il dialogo non solo a Catania ma anche in altre città siciliane». Al termine dei lavori è stato assunto l’impegno di contribuire economicamente al completamento dello scavo di un pozzo in Cameroun promosso da un progetto dell’Azione per un mondo unito (AMU). «L’acqua è vita – ha concluso Kheit Abdelhafid – e il pozzo che costruiremo insieme sarà il segno della vita che c’è tra noi». (altro…)
Nov 19, 2014 | Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Cielo Lee, Young-Hee lavora come infermiera a domicilio per un ospedale a Seoul. In Corea, la percentuale dei suicidi degli anziani oltre gli 80 anni è la più alta nel mondo. «Dopo aver letto alcuni dati, ho cominciato a lavorare con grande impegno per la prevenzione, poiché il 50% dei miei pazienti sono proprio ultra 80enni!». Dopo un’esperienza negativa con una paziente fortemente depressa, Cielo Lee, decide di organizzare un corso sulla prevenzione del suicidio per 100 educatori degli anziani ed altri 30 volontari che operano nelle parrocchie. “Visitando ogni settimana circa 40 pazienti ad alto rischio suicidio, insieme ad un altro collega abbiamo valutato il loro stato d’animo secondo parametri sanitari. In base ai risultati, abbiamo deciso di andare a trovare, 2 volte la settimana, le 10 persone risultate più ad alto rischio». Il progetto “Gate-keeper”– letteralmente “guardiani”, ma anche una sorta di “guardia del corpo” – è uno dei servizi pubblici promossi dal governo di Seoul. Si effettua in ogni quartiere della capitale per prevenire i suicidi con la collaborazione delle strutture sanitarie locali. «In questo progetto – spiega Cielo Lee – formiamo anche degli anziani come gate-keeper. Insieme agli infermieri, questi coetanei vanno a visitare i pazienti dando dei consigli utili per la salute». «Col desiderio di proteggere la vita anche soltanto di una persona, al lavoro ho comunicato la mia intenzione ad una suora, capo infermiera, e in seguito 60 delle mie colleghe infermiere hanno partecipato a questo corso di prevenzione». Uno dei pazienti soffriva di una malattia grave da 10 anni: «Andando a trovarlo – racconta – prima di entrare nella sua casa, pregavo e cercavo poi di ascoltare bene quanto lui mi comunicava. Da qualche tempo questo paziente si è avvicinato alla preghiera e sta recuperando condizioni stabili». Un’amica soffriva di insonnia dopo aver perso il figlio maggiore. Riusciva a dormire solo con l’aiuto delle medicine. Ma dopo aver frequentato il corso, si è presa cura di una anziana senza famiglia che vive vicino a lei. Adesso può dormire senza le medicine ed è grata di poter aiutare altre persone. «Un giorno squilla il telefono» – racconta ancora Cielo Lee. «Era il centro di salute mentale con cui lavoro. Mi diceva che il sindaco di Seoul avrebbe dato un premio ad una persona in ogni quartiere e anche io ero stata proposta all’unanimità! Giorni dopo ho ricevuto un altro premio dal direttore dell’ospedale». Per i membri del Movimento dei Focolari a Seoul che hanno frequentato il corso è stata, come hanno scritto, «un’occasione preziosa di approfondire la conoscenza del mistero della vita e di andare verso le periferie esistenziali». (altro…)
Nov 18, 2014 | Cultura
O livro
Em A Roupa nova do arco-da-velha Flávia Savary reconta, com muito humor e certa ironia, seis fábulas que literalmente saíram do arco-da-velha. A primeira tem como protagonista o coelho Abelardo, um senhor caloteiro, a segunda nos convida ao jantar de gala do esnobe rato Bonifácio que leva a pior do primo caipira. Na sequência, conheceremos as peripécias do cachorro Carlos, do burro Bernardo, do galo Ribamar e, assim por diante. Por 64 páginas, o livro garante muita diversão mostrando à garotada que, por trás da astúcia, alguns tropeços e muita malandragem, alguns comportamentos politicamente incorretos podem nos colocar numa grande confusão. Quem apresenta o livro e está presente em todas as páginas é o ratinho Sig, personagem símbolo do antigo jornal O Pasquim, criado pelo cartunista e chargista Jaguar.
Por que ler
Falar sobre certo e errado, justo e injusto para as crianças é um desafio. Neste sentido, as fábulas são as maiores aliadas para abordarmos assuntos como ética, virtudes e valores. A famosa rigidez e caretice da lição de moral, tradicional desse gênero literário, ganha ares de modernidade em A Roupa nova do arco-da-velha, que chega como uma ferramenta eficiente para ajudar pais, professores e educadores nesse árduo desafio. O livro tem texto primoroso e um humor de primeira qualidade. Afinal, a autora já ganhou mais de 80 prêmios ligados à literatura infantil. De brinde, o livro presenteia o leitor com uma singela homenagem da autora ao pai, o celebre cartunista e chargista Jaguar. A ilustração do livro é um capítulo à parte e merece olhar apurado. As imagens e a presença do ratinho Sig, com toda certeza provocarão saudades a muitos pais e avós, porque levam a assinatura de Jaguar (o pai do jornal O Pasquim). Com alguns desenhos feitos especialmente para o livro e outros que fazem parte do seu acervo desde a década de 1950, Jaguar mostra que seu traço continua impecável e contemporâneo! Aliás, faz jus ao ser chamado de ícone fundamental da história iconográfica brasileira.
Editora Cidade Nova
Nov 18, 2014 | Chiesa, Spiritualità
«Ringrazio anzitutto Sua Eminenza, il Card. Stanisław Ryłko, per avermi invitata a prendere parte a questa conferenza stampa. Colgo l’occasione per ringraziare pubblicamente il Pontificio Consiglio per i Laici di aver promosso questo 3º Congresso mondiale e in ciò penso di interpretare il sentire anche dei tanti Movimenti Ecclesiali e nuove Comunità che arricchiscono la Chiesa e la società oggi. Cosa si aspetta il Movimento dei Focolari – e forse anche gli altri Movimenti – da questo Congresso? Prima di tutto, ritengo che esso è stato convocato in un momento propizio e per più motivi: Siamo nel pieno del 50° del Concilio Vaticano II. E la Chiesa tutta, quindi tutti noi, ci troviamo a confrontarci con le sue grandi intuizioni e il suo insegnamento. Il Vaticano II continua ad essere, e oggi più che mai, in modo particolare per noi laici, sprone e specchio della nostra funzione, vocazione e responsabilità nei confronti della Chiesa e del mondo contemporaneo. Un altro motivo di sprone è la persona di Paolo VI, venuta alla ribalta in occasione della sua beatificazione, con il suo lucido e spesso profetico magistero, come Papa del dialogo e come Papa dei laici. Altro grande motivo sono le domande che Papa Francesco continua a porre a tutta la Chiesa, come istituzione e come popolo di Dio. Per questo anche quanti facciamo parte del Movimento dei Focolari sentiamo il dovere di lasciarci interrogare dalle sue parole e dalle sue scelte. Non basta ammirare, ma stiamo lavorando perché possano interpellarci in profondità, in fatto di radicalità, di apertura e concretezza. Il programma del prossimo 3º Congresso, per quello che sappiamo al momento, ripercorre le grandi sollecitazioni della Evangelii gaudium. Con esse Papa Francesco sprona e accompagna la Chiesa verso la massima dilatazione: ci fa penetrare in tutte le “periferie”, per le quali esistiamo, con il dovere di offrire – con il nostro essere e con il nostro operare – la luce che viene dalla certezza che “Dio ci ama immensamente”. Vorrei accennare brevemente alla nostra Assemblea generale, avvenuta due mesi fa con la partecipazione di circa 500 rappresentanti di 137 nazioni, di tutte le diramazioni, generazioni e dialoghi che costituiscono il Movimento, e che si è conclusa in pratica il 26 settembre scorso con l’udienza privata con Papa Francesco.
In quell’occasione Papa Bergoglio, ripercorrendo il cammino della Chiesa chiamata a una nuova evangelizzazione a 50 anni dal Concilio Vaticano II, ha voluto consegnare al Movimento tre “verbi”. In essi riscontro una prospettiva che – mi sembra – può ispirare, sollecitare e interessare anche altre realtà associative della Chiesa Primo: contemplare. Contemplare Dio e vivere in compagnia degli uomini; perseverare nell’amore vicendevole, ha detto il Papa citando uno scritto della nostra fondatrice Chiara Lubich, la quale «ispirata da Dio in risposta ai segni dei tempi» – diceva – ha scritto: “Ecco la grande attrattiva del tempo moderno: penetrare nella più alta contemplazione e rimanere mescolati fra tutti, uomo accanto a uomo”. Secondo: uscire. Cito: «Uscire (…) per comunicare a tutti generosamente l’amore di Dio» con rispetto, gratuità e creatività. «Per fare questo occorre diventare esperti in quell’arte che si chiama ‘dialogo’ e che non s’impara a buon mercato. Non possiamo accontentarci di mezze misure», ma «con l’aiuto di Dio, puntare in alto e allargare lo sguardo». Uscire con coraggio dove ci sono i «gemiti dei nostri fratelli, le piaghe della società e gli interrogativi della cultura del nostro tempo». Terzo: fare scuola. Papa Francesco ha ricordato l’espressione di Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte, con cui invitava tutta la Chiesa a diventare “casa e scuola della comunione” (cfr n. 43). E ha aggiunto: «Voi avete preso sul serio questa consegna. Occorre formare, come esige il Vangelo, uomini e donne nuovi e a tal fine è necessaria una scuola di umanità sulla misura dell’umanità di Gesù. (…) Senza una adeguata opera di formazione delle nuove generazioni, è illusorio pensare di poter realizzare un progetto serio e duraturo a servizio di una nuova umanità». Bisogna formare “uomini-mondo”, ha detto citando un’espressione «che Chiara Lubich aveva a suo tempo coniato e che rimane di grande attualità… Uomini e donne con l’anima, il cuore, la mente di Gesù e per questo capaci di riconoscere e di interpretare i bisogni, le preoccupazioni e le speranze che albergano nel cuore di ogni uomo». Questi tre verbi si fondono poi con le tre parole che erano emerse dall’Assemblea generale dei Focolari, cercando di cogliere l’essenziale dalle 3.650 istanze pervenute nei mesi preparatori dalle comunità dei Focolari di tutto il mondo ed offrire piste e orientamenti per il futuro. Tre parole che stanno ad indicare in estrema sintesi impegno e prospettive del Movimento nei prossimi anni: “in uscita, insieme, opportunamente preparati“. Questo prossimo 3° Congresso dei Movimenti ecclesiali e delle nuove Comunità si colloca in una storia comune e feconda, che ha visto Movimenti nascere, svilupparsi e dare il proprio contributo alla Chiesa e all’umanità, secondo lo specifico carisma di cui ognuno era portatore. Ma non solo. Molto spesso, in particolare a partire dal momento fondante della Pentecoste ’98, ha visto anche vari Movimenti e/o comunità insieme collaborare in alcuni progetti e in diverse occasioni. In questo lavoro comune il Pontificio Consiglio per i Laici ci è stato sempre accanto, dandoci così la garanzia che quanto ogni Movimento portava serviva alla realizzazione di un progetto a beneficio di tutto il corpo ecclesiale, vigilando sempre con amore e discernimento per valorizzare il buono e far cadere quanto di accessorio poteva esserci. Quante volte il Movimento dei Focolari si è sentito sostenuto nel favorire con il suo carisma dell’unità incontri i più vari e a volte complessi, come ad esempio le giornate della gioventù o i Congressi dei Laici, come quello in Corea… Ci auguriamo che il prossimo Convegno, dando seguito a questa storia, segni un passo di maturità, cioè, che riflessioni e confronto, comunione di successi e di sconfitte, di esperienze e di progetti, pongano le condizioni perché Dio, Signore della storia, possa trarre da esso non solo frutti di comunione e di arricchimento reciproco, ma il frutto di orientare maggiormente tutti, e tutti insieme, a guardare e a vivere sempre e con gioia rinnovata, per l’unico grande scopo della Chiesa di Cristo: “Padre che siano una sola cosa… che tutti siano uno” (Gv 17,21). Questo è il “sogno di Dio”. Speriamo di saper rispondere alle attese più profonde degli uomini e delle donne di oggi e contribuire a fare dell’umanità una sola grande famiglia. Con questa disposizione ci prepariamo ad andare incontro a tutti i partecipanti al Congresso». Dall’intervento di Maria Voce alla conferenza stampa di presentazione del 3° congresso di Movimenti ecclesiali e nuove comunità (altro…)
Nov 18, 2014 | Chiesa, Spiritualità
A presentare alla stampa il III Congresso mondiale in Vaticano è stato il Presidente del dicastero, cardinale Stanisław Ryłko, con il segretario mons. Josef Clemens. Le attese dei Movimenti e delle Comunità sono state affidate a Maria Voce, presidente dei Focolari, e Jean-Luc Moens, responsabile per le relazioni internazionali della “Communauté de l’Emmanuel”. Si tratta della terza tappa di una “crescita verso la maturità ecclesiale”. La prima manifestazione fu nel 1998 e successivamente nel 2006, in concomitanza con le due grandi adunate dei Movimenti con Giovanni Paolo II prima – che definiva il fenomeno dei movimenti una “corrente di grazia”, affermando che la Chiesa si aspettava da essi “frutti maturi di comunione e di impegno” – e con Benedetto XVI, che vedeva in questo cammino “una provocazione salutare” per la Chiesa, “minoranze creative” decisive per il futuro dell’umanità. Papa Francesco ha incontrato i Movimenti e le nuove comunità il 18 maggio 2013, e ora il 3° Congresso mondiale prende le mosse dalla sua Esortazione Evangelii Gaudium. In essa Francesco chiama i movimenti ad “essere veri protagonisti di una nuova tappa della missione evangelizzatrice della Chiesa, segnata dalla gioia”, protesa verso le “periferie geografiche ed esistenziali del nostro mondo”, “vicina a tutti i poveri, sofferenti ed esclusi – prodotto amaro della cultura dello scarto oggi dominante”. Davanti ai giornalisti, il cardinale Stanisław Ryłko fa sua la domanda di molti. Come mai “in un mondo che in maniera così radicale rifiuta Dio, si trovano ancora tanti uomini e donne, adulti e giovani, che scoprono la gioia e la bellezza di essere cristiani” e “scelgono Cristo e il suo Vangelo come bussola sicura della loro esistenza?”. La varietà e la ricchezza dei nuovi carismi “propongono itinerari pedagogici” di vita cristiana di “stupefacente efficacia, capaci di cambiare la vita delle persone e di svegliare in esse uno straordinario slancio evangelizzatore”, con “la loro fantasia missionaria, la capacità di trovare modi e vie sempre nuovi di testimonianza e di annuncio del Vangelo”. Sul contenuto della tre giorni si è soffermato il segretario del Pontificio Consiglio per i laici, mons Josef Clemens: contesto e diversi aspetti dell’evangelizzazione, purificazione da ostacoli e impedimenti, dinamismo e collaborazione tra carismi, ruolo delle donne e percorsi di inclusione dei poveri. Maria Voce, presidente dei Focolari, ha evidenziato quanto oggi il Concilio Vaticano II costituisca per i laici “sprone e specchio” della propria “vocazione e responsabilità nei confronti della Chiesa e del mondo contemporaneo”. Nell’esprimere le aspettative dei laici si è augurata che il Congresso “segni un passo di maturità”, e che “riflessioni e confronto, comunione di successi e di sconfitte, di esperienze e di progetti, pongano le condizioni perché Dio, Signore della storia, possa trarre da esso non solo frutti di comunione e di arricchimento reciproco”, ma possa orientare tutti insieme “a guardare e a vivere sempre e con gioia rinnovata, per l’unico grande scopo della Chiesa di Cristo: ‘Padre che siano una sola cosa… che tutti siano uno’. Questo è il ‘sogno di Dio’. Speriamo di saper rispondere alle attese più profonde degli uomini e delle donne di oggi e contribuire a fare dell’umanità una sola grande famiglia”. “Vogliamo avanzare nel cammino di conversione pastorale” che ci chiede il Papa, e soprattutto “fare un’esperienza di comunione”, ha detto Jean-Luc Moens della Communauté de l’Emmanuel, che ha ribadito “per noi è molto interessante scoprire come lo Spirito Santo lavori negli altri. Il Congresso sarà un’occasione unica per fare questa reciproca scoperta”. Info: www.laici.va Conferenza stampa di presentazione del 3° Congresso Mondiale dei Movimenti ecclesiali e Nuove comunità Maria Voce: laici nella Chiesa con l’acceleratore – intervista su Aleteia (altro…)
Nov 17, 2014 | Non categorizzato
Nella mattinata di venerdì 21 novembre in uno dei parchi pubblici della città verrà inaugurato un grande «Dado dell’amore», sorta di «gioco pedagogico» ispirato all’arte di amare proposta daChiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, che consiste nel mettere in pratica ogni giorno la frase uscita dal lancio del dado: amare per primi, amare il nemico, e via di seguito. Accanto ad esso verrà posto un leggio che ne spiega storia, significato ed «istruzioni per l’uso». Grazie all’iniziativa della comunità triestina dei Focolari, questa «buona pratica» ideata per i bambini, ma valida anche per gli adulti verrà portata a conoscenza di tutta la città: dai piccoli che vanno a giocare ai genitori che li accompagnano, tutti potranno far ruotare questo enorme dado e cogliere la sfida. Il parco diventerà anche segno tangibile di un progetto di educazione alla pace partito in diverse scuole della città e che verrà ulteriormente esteso: oltre a lanciare il dado, viene stimolato poi in classe lo scambio e le discussione sulle esperienze vissute, che naturalmente coinvolgono anche le famiglie. Dei 2mila euro necessari per il progetto, però, ne sono stati raccolti circa 1.400: per cui il comitato promotore lancia a tutti un appello a dare il proprio contributo. Anche lo sport può servire allo scopo: domenica 16 novembre alle ore 15, nella palestra dell’associazione Bor, si terrà un torneo di pallavolo i cui proventi – offerte del pubblico e quote di iscrizione – saranno devoluti a questo scopo. L’invito a formare una squadra amatoriale o a portare quella in cui già si gioca è rivolto a tutti: come riferisce uno degli organizzatori, Andrea Franco, anche parte del personale sanitario dell’ospedale pediatrico Burlo Garofalo ha deciso di infilare le ginocchiere per un giorno. Ad ogni modo, i triestini non si sono fatti scoraggiare: parte del denaro necessario è stato anticipato e al momento in cui scriviamo il dado è in fase di installazione. All’inaugurazione parteciperanno le scuole coinvolte nel progetto, oltre ai tanti che ci hanno creduto. «La cosa significativa – sottolinea Gabriele Kucich, un altro dei promotori – è che tutto il denaro è arrivato tramite piccole donazioni volontarie: non ci ha sostenuto alcun ente né pubblico né privato, solo la generosità dei singoli, che si è espressa anche con pochi euro». Chi desiderasse contribuire, può farlo tramite questi canali: c/c postale n. 81065005 codice IBAN: IT74 D076 0103 2000 0008 1065 005 codice SWIFT/BIC: BPPIITRRXXX c/c bancario n. 120434presso Banca Popolare Etica – Filiale di Roma codice IBAN: IT16 G050 1803 2000 0000 0120 434 codice SWIFT/BIC: CCRTIT2184D Intestati a: Associazione “Azione per un Mondo Unito – Onlus” Via Frascati, 342 – 00040 Rocca di Papa (Roma) Causale: Dado dell’amore a Trieste
Nov 17, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Questa esperienza è stata fantasmagorica, potrei buttare i miei occhi perché avrei già visto tutto. Se tra venti anni sarò un professore, dirò ai miei alunni: “Quella l’ho fatta io con i miei ex compagni” e gli dirò pure che tutto questo non sarei riuscito a farlo senza di loro e il grande artista Antonino». 4.700 tessere di vetro sono state la materia prima per dare vita al laboratorio creativo che si è svolto in 12 classi. Un’esperienza definita, da tutti i ragazzi, “indimenticabile”, e che ha aiutato a sprigionare la fantasia e – nel lavoro insieme – il rispetto dell’altro. Il laboratorio, ideato dall’associazione Alessandro Mammucari – ispirata alla spiritualità dei Focolari – partner nel progetto “Sbulloniamoci” promosso dal comune di Latina, ha usato l’arte come veicolo principale. Un artista del vetro, Antonino Casarin, il suo braccio destro, Patrizia Sarallo, e la coordinatrice, insegnante di storia dell’arte, Tatiana Falsini, hanno coinvolto i 120 ragazzi in quest’avventura creativa durata 2 giorni. Gioia, tristezza, rabbia, paura: sono le quattro emozioni fondamentali per la nostra sopravvivenza, scelte come tema base per il laboratorio. Si parte con un’introduzione all’arte astratta, sottolineando il suo stretto legame con il mondo delle emozioni. Come funziona? La coordinatrice, Tatiana, spiega: «I ragazzi sono invitati ad osservare le opere d’arte in vetro dell’artista Casarin, per coglierne il significato profondo, attraverso due sensi: la vista e il tatto. Passiamo banco per banco in quest’ascolto denso di stupore dopodiché invitiamo i ragazzi a scrivere in forma anonima su un foglietto le emozioni che ognuno ha provato, invitandoli nuovamente a un ascolto ma questa volta interiore, per riconoscere le proprie emozioni». Si propone quindi ai ragazzi di sperimentare l’arte del vetro in un laboratorio creativo durante il quale realizzare un pannello per ogni classe, due per scuola, in cui rappresentare un albero in quattro sue fasi, simbolo delle quattro emozioni. «A questo punto a ognuno è consegnata una formella di vetro trasparente – spiega Antonino Casarin – i ragazzi devono coprirne la superficie incastrando le varie tessere e incollandole, dopodiché le formelle verranno cotte in un forno specifico per il vetro. Invitiamo i ragazzi a fare un lavoro di squadra perché si tratta di un’opera collettiva, facendo sì che ognuno possa lavorare al meglio, condividendo le tessere e le capacità». Si parte: «Quando abbiamo iniziato a fare le formelle avevo il terrore di sbagliare oppure di non trovare il pezzo mancante. Ma quando le hanno riportate dopo averle messe nel forno ho provato una sensazione di felicità», scrive uno dei ragazzi. I ragazzi sono entusiasti, molto concentrati. Lavorano senza fermarsi nonostante la ricreazione e una volta ultimata la formella ne chiedono subito un’altra e, una volta finite tutte, rispondono immediatamente all’invito di alzarsi ad aiutare i compagni che devono ultimare. Una volta cotte le formelle ci ritroviamo con i ragazzi e ricomponiamo il disegno degli alberi: alziamo il pannello e scoppia un applauso. Tutti sono concordi nel vedere la bellezza di un lavoro collettivo che porta in sé la caratteristica e la diversità di ognuno che lo rende più unico. Gli esperti chiedono ai ragazzi, infine, di scrivere, sempre in forma anonima, cosa ha significato per loro questo laboratorio e insieme realizzano anche una filastrocca anti-bullismo: SBULLONIAMOCI Io non voglio essere bullo/I bulli non sanno quello che fanno/noi li aiutiamo a non fare danno Se sei un bullo/Esprimi la rabbia/Disegnando e colorando Se sei un bullo/Non fare male agli altri/Esprimi i sentimenti con l’arte L’arte è bella e interessante/Divertente e emozionante L’arte è magica e può sbullonare/È bello giocare e anche imparare Corri vatti a sbullonare! (altro…)
Nov 16, 2014 | Chiara Lubich, Cultura, Spiritualità
http://vimeo.com/109820477 (altro…)
Nov 15, 2014 | Chiara Lubich, Cultura, Spiritualità
L’opzione privilegiata per i poveri, il cammino sofferto della teologia della liberazione, l’attuale crisi religiosa, la fede “fai-da-te” e il vuoto di senso. Ma anche la disuguaglianza sociale e il deficit di relazioni. Sono alcuni dei punti affrontati nei tre giorni di incontro in Brasile (Mariapoli Ginetta, 31 ottobre-2 novembre) da un gruppo di docenti universitari e giovani laureati, alla ricerca di una nuova prospettiva culturale per l’America Latina. Istanze coniugate con la domanda di testimoni e la sete spirituale, la valorizzazione delle culture originarie e degli afro-discendenti. Giorni in cui è emersa la vocazione tipicamente plurale e sociale del continente. Tra i presenti, il prof. Piero Coda, teologo, preside dell’ Istituto Universitario Sophia (Loppiano, FI), che ha visto passare tra i suoi studenti anche numerosi latino americani, tra cui alcuni brasiliani, presenti all’incontro. “Nell’attuale momento di grande svolta, di cambiamento d’epoca, di visione dell’uomo e del mondo, è un’urgenza storica offrire il contributo maturato in questi decenni dal dono di un carisma, il carisma dell’unità affidato a Chiara Lubich”, ha affermato il prof. Coda. E negli oltre 50 anni in cui il Movimento dei Focolari è presente in Brasile e nei vari Paesi dell’America Latina, molte sono state le iniziative a carattere culturale nate nelle varie università. La fraternità è stata spesso proposta come categoria che può imprimere rinnovamento alle diverse discipline, dalla politica ed economia al diritto e pedagogia. Con l’intenso scambio di esperienze, proposte, riflessioni che ha caratterizzato i tre giorni di incontro si è aperta una nuova prospettiva, un nuovo passo da compiere: che anche in America Latina nascesse un centro universitario con la stessa ispirazione che ha dato vita a Sophia. Si tratta di un progetto embrionale, con connotazioni specificamente latinoamericane. Vi hanno preso parte anche la teologa Maria Clara Bingemer, della Pontificia Università Cattolica (PUC) di Rio de Janeiro, che ha ripercorso il cammino conciliare e post conciliare della Chiesa nel continente, e il politologo argentino Juan Esteban Belderrain, che ha messo il dito su alcune delle piaghe più profonde del continente e le sue cause, tra cui la carenza di coesione sociale. La proposta culturale di Sophia si profila qui dunque con una connotazione peculiare, in sintonia con gli orientamenti della Chiesa latinoamericana e con le radici nell’ispirazione e metodologia originarie presentate da Chiara Lubich nel 2001. Sophia, in questi anni ne è stato un laboratorio di sperimentazione, come testimoniato dagli ex alunni: «qui studenti e professori mirano a coniugare pensiero e vita, privilegiando i rapporti a tutti i livelli e puntando alla trans-disciplinarietà, in risposta alla frammentazione dei saperi». «In Chiara non c’è mai stata contrapposizione fra vita e pensiero» – rimarca il copresidente dei Focolari Jesús Morán in una recente intervista – «Chiara è quella della “devozione alla mente di Gesù” e la fondatrice della Scuola Abba e dell’Università Sophia. Come tutti i grandi fondatori, lei era pienamente cosciente che un carisma che non si fa cultura non ha futuro. La cultura è sempre vita». Attualmente gli studenti dell’Istituto Universitario Sophia provengono da 30 nazioni. La convivenza internazionale offre un contributo ulteriore a formare “uomini-mondo”, dove la cultura tipica di ciascuno si apre a dimensione universale. Un progetto in consonanza con il trinomio consegnato recentemente da papa Francesco ai Focolari: contemplare, uscire, fare scuola. E il Papa, nel videomessaggio per il 50° della cittadella di Loppiano ha proprio ricordato Sophia come luogo in cui si possono formare giovani uomini e donne «che, oltre ad essere opportunamente preparati nelle varie discipline, siano al tempo stesso, impregnati della sapienza che sgorga dall’amore di Dio». (altro…)
Nov 14, 2014 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo
Giovedì 13 novembre il Sindaco di Monopoli, Emilio Romani, ha emesso l’ordinanza con la quale viene intitolata a Chiara Lubich una nuova area verde della città. Il provvedimento segue il via libera della Prefettura di Bari ottenuto l’11 novembre scorso “considerata la rilevanza mondiale della figura di Chiara Lubich per l’incessante attività svolta nelle relazioni tra la chiesa cattolica e quella ortodossa, per il suo impegno civile e politico, basato sui grandi valori della solidarietà, fraternità giustizia e pacificazione dei popoli”. Fonte: PugliaLive
Nov 14, 2014 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
In altre parti d’Italia e del mondo è già accaduto, ma è stata una novità per la città di Udine (nel nordest italiano), che ha avuto ampia eco sulla stampa locale: domenica 19 ottobre si sono incontrati al Centro Culturale Balducci 150 tra appartenenti al Movimento dei Focolari e fedeli musulmani, per un pomeriggio di incontro, dialogo, preghiera, e – perché no – festa insieme. Nel momento della preghiera i fedeli musulmani si sono recati in un’altra stanza a pregare secondo la loro consuetudine. Prima, l’Imam aveva recitato una loro preghiera in arabo e il sacerdote cattolico il Padre Nostro, nel più assoluto rispetto e silenzio da parte di tutti i presenti. Due mondi non così distanti: oltre a condividere la «regola d’oro» comune a tutte le grandi religioni, «Non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te», «Cristiani e musulmani credono in un unico Dio – ha sottolineato uno dei responsabili udinesi del Movimento, Franco Vasta – , entrambi sono figli di Abramo, hanno un amore disinteressato per il prossimo e uno spiccato senso della famiglia». Musulmani e cristiani hanno molte cose in comune – ha confermato il presidente dell’associazione «Misericordia e solidarietà» del centro islamico udinese, Errachidi Abderrazak – ed è importante che riescano ad unire le forze. Pensiamo ai giovani. Riuscire a raggiungerli, a trasmetter loro dei valori è un impegno comune, per evitare che percorrano strade sbagliate. I giovani sono la nostra principale missione. Anche per questo dobbiamo lavorare insieme». Un’amicizia, quella tra Focolari e comunità musulmana, nata a Trieste grazie all’imam Abdel Aziz El Barikhi, e che ha messo radici anche a Udine. Nel pomeriggio insieme è stato proiettato il discorso della fondatrice del Movimento Chiara Lubich nella moschea di Malcom Shabazz ad Harlem, New York nel 1997, considerato l’inizio di questo percorso di dialogo; seguito da storie, testimonianze, preghiere e musica, unendo in un’unica voce cristiani e musulmani anche in una fase delicata come quella attuale: «I mezzi di informazione danno segnali sbagliati accostando immagini dell’Isis con, ad esempio, quelle di moschee – ha affermato don Pierluigi Di Piazza del Centro Balducci -, un’equiparazione sbagliatissima perché crea il pericolo che la gente usi la religione per giustificare la violenza». La volontà di incontrarsi però a Udine è forte, tanto da portare Abderrazak a dichiarare alla stampa che «Se un italiano entrasse nella nostra moschea, sarebbe il benvenuto. La moschea non deve far paura. È un luogo di educazione. Insegna a fare del bene al prossimo. Educa i giovani a seguire la retta via. Che non è la via della durezza e dell’intransigenza». Questo incontro, che ha coinvolto così tanto i partecipanti, non sarà l’ultimo: ad un giornalista che gli chiedeva se ce ne saranno altri, Abderrazak ha risposto «Certamente. Sono incontri che aprono al dialogo, ci fanno conoscere l’un l’altro. La strada, lo ammetto, non è semplice. Ma vale la pena proseguire, perché quando c’è conoscenza e integrazione non c’è paura». Il 16 novembre è, invece, la volta della città di Catania: al Centro Fieristico Le ciminiere, in dialogo sul bene comune in prospettiva cristiana e islamica. “Cultura del dono e bene comune”: insieme per una crescita umana e spirituale nella vita personale, familiare e sociale, è infatti l’evento promosso dal Movimento dei Focolari e dalla Comunità Islamica di Sicilia. (altro…)
Nov 13, 2014 | Cultura
Un percorso interdisciplinare tra scienze naturali e teologia. In un panorama culturale sempre più sensibile all’interdisciplinarietà e alla relazione sinergica tra scienze naturali e teologia il testo nasce dalla convinzione di poter stimolare e arricchire la riflessione e il dibattito fra ricercatori in varie discipline su due caratteri distintivi dell’essere personale le scelte razionali e la ricerca di scopi e fini sia a livello personale che sociale; e approfondire le due direttrici tematiche anche nel campo naturale fisico e biologico. Il tema delle scelte razionali, si apre con l’etologia e il bio-diritto, sui comportamenti individuali e scelte collettive, l’uso dei modelli matematici nei processi decisionali, la razionalità e le scelte politiche. Riguardo al tema della intenzionalità e dei fini nella natura vengono presentate riflessioni sulla presenza di intenzionalità e finalismo nel quadro della fisica contemporanea e sui programmi dell’Intelligenza Artificiale. Il testo si completa con due relazioni di carattere epistemologico e di carattere psicologico: – Intenzioni e fini nella consulenza generativa – Tra soggetto, famiglia e cultura organizzativa Il volume è frutto due convegni realizzati dall’area di ricerca Sefir tra il 2010 e il 2011 su: Scegliere razionalmente, e Intenzioni e fini.
Nov 13, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
«L’Economia di comunione non è “un fatto”, ma “un processo”», un concetto ripetuto più volte durante il 5° appuntamento degli imprenditori e protagonisti dell’EdC europea in Croazia, nella cittadella dei Focolari, a Križevci (17-20 ottobre 2014). Anche questo incontro è stato un processo, una comunione creatasi di giorno in giorno. I partecipanti, oltre 150, provenienti da 23 paesi: oltre all’Europa, c’erano rappresentanze dal Brasile, Argentina, Congo e India. All’incontro hanno partecipato anche 42 giovani tra i 18 ed i 30 anni dei 7 paesi che hanno aderito al progetto “Together we grow: youth towards an inclusive economy”. In pratica, sette associazioni europee (di Croazia, Romania, Ungheria, Macedonia, Bulgaria, Germania ed Italia) hanno pensato di organizzare in contemporanea e come parte integrante dell’incontro imprenditoriale “uno scambio” di giovani intitolato, appunto, “Crescere insieme: giovani per un’economia che include”, con il supporto della Commissione Europea che co-finanzia il progetto. Che cosa è l’EdC oggi, a che punto siamo e quali sono le sue prospettive? A queste domande ha risposto il prof. Luigino Bruni, ricordando gli inizi del Movimento dei Focolari, nel ’43, quando Chiara Lubich e le prime focolarine ospitavano i poveri a pranzo nella loro casa. “È la prima immagine dell’EdC – ha affermato. In questa immagine il povero è dentro la casa e questo è fraternità”. E riguardo alle sfide che l’Economia di comunione si trova di fronte, Bruni le ha sintetizzate in tre titoli: proporre un grande ideale, i primi poveri di oggi sono i giovani perché non hanno un lavoro, e fare le cose insieme ai tanti che già condividono gli stessi valori di comunione e di fraternità.
Le tre giornate in Croazia sono state ricche di testimonianze degli imprenditori presenti. Nico Daenens (Belgio), ha presentato la sua impresa che fornisce servizi di collaborazione domestica, con 3000 collaboratori. Anche Koen e Chris del Belgio, insieme ad Atila e Boglarka della Serbia, hanno raccontato della collaborazione sorta grazie alla condivisione dei valori dell’EdC e che oggi si è concretizzata in una azienda in Serbia. I pomeriggi erano riservati ai workshops su diversi temi: “Cosa occorre per realizzare un business plan ed una start-up EdC?”, “Le strade di inclusione degli indigenti a livello locale nella vita dell’impresa di comunione”, “La diffusione del progetto EdC, e della sua cultura”, “Management delle associazioni non profit” ed altri. Uno dei presenti riassumeva così l’incontro: “Un vero laboratorio di fraternità, aperto a progetti futuri che speriamo ci guidino al di là delle vecchie frontiere geografiche e mentali, seguendo la via della comunione”. Fonte: EdC online (altro…)
Nov 12, 2014 | Cultura, Spiritualità
Contenido: Baluarte e la fe cristina, punto fundamental de la espiritualidad de la unidad, el significado profundo de la Eucaristía es “sacramento de unidad”, tal como lo afirmó el Concilio Vaticano II. “Has estrado en mi vida más que el aire en mis pulmones, más que la sangre en mis venas”. Estas palabras de Chiara Lubich ponen de manifiesto la profunda relación personal que supo establecer, a lo largo de toda su vida, con Jesús Eucaristía. A través de páginas de su diario y fragmentos de conversaciones inéditas, como así también escritos publicados pero a menudo desconocidos, de testimonios vivos y concretos, Chiara narra su gradual descubrimiento de la presencia de Jesús Eucaristía en su vida y en la del Movimiento al que dio vida. Una propuesta que convence e invita a vivir esta misma experiencia en sus propias vidas y comunidades. Datos del autor: Chiara Lubich (Trento, 1920–Roma, 2008), fundadora del Movimiento de los Focolares y una de las personalidades más relevantes de la Iglesia Católica. Ha llevado adelante una intensa y fructífera actividad en el campo ecuménico y del diálogo interreligioso. Apreciada tanto en ámbitos laicos como religiosos, entre los numerosos reconocimientos otorgados se encuentran el Premio Templeton por el progreso de las religiones (Londres, 1977), el premio UNESCO a la educación por la paz (París, 1996), la Cruz de la “Orden de San Agustín de Canterbury” (Londres, 1981 y 1996), la Cruz bizantina (Estambul, 1984 y 1995). Quince universidades de todo el mundo le confirieron doctorados honoris causa: la Universidad de Buenos Aires por su aporte al diálogo social y cultural, la Universidad Católica Cecilio Acosta de Maracaibo (Venezuela) en Arte, la Universidad San Juan Bautista de la Salle (Ciudad de México) en Filosofía, entre otras universidades italianas y europeas. Fue también declarada ciudadana ilustre de Roma, Milán, Génova (Italia), Buenos Aires (Argentina), Tagaytay (Filipinas). A partir de la publicación de su primer libro, Meditaciones (Roma, 1959; Buenos Aires, 1964), nace la Editorial Ciudad Nueva, perteneciente a los Focolares. En la actualidad, este primer libro va por la 25ª edición y forma parte de una formidable producción literaria que abarca 58 títulos, 220 ediciones y reimpresiones en total. Las obras de Chiara Lubich han sido traducidas a más de veinte idiomas y sólo en castellano lleva vendidos cientos de miles de ejemplares. Grupo Editorial Ciudad Nueva – Buenos Aires
Nov 12, 2014 | Cultura, Focolari nel Mondo
«Nel 2000 – spiegano Walter Kostner e Margarida Nobre, incaricati alla realizzazione del logo –, Chiara Lubich aveva indicato nella “Madonna del popolo”, che raccoglie tutti, l’immagine che poteva in qualche modo rappresentare il Movimento. Il nuovo logo vuole esprimere quest’idea: il segno azzurro evoca Maria che apre le braccia all’umanità, per sorreggerla, asciugarne le lacrime e indirizzarla al cielo. Il segno più piccolo, della stessa forma, indica il Movimento dei Focolari che vuole “ripeterla”; ma ha il colore di una fiamma a significare la presenza del Risorto tra i suoi componenti», come effetto di mettere in pratica il comandamento di Gesù di amarsi scambievolmente. Due esperti in comunicazione, Andrea Fleming e Ludger Elfgen dalla Germania, hanno coordinato il lavoro di grafici di vari continenti: l’ultima versione è stata ideata dal grafico italiano Andrea Re. Considerando la diffusione dei Focolari nel mondo, il logo è stato disegnato in 44 lingue. Utilizzato per la prima volta durante l’Assemblea generale dei Focolari ed è stato presentato ufficialmente in web streaming nel Collegamento mondiale del 25 ottobre scorso. L’adozione dell’immagine che d’ora in poi identificherà il Movimento dei Focolari nelle diverse realtà che lo compongono e sui vari supporti (App, social, siti web, video, manifesti, volantini, eventi, carta intestata…), non poteva non avere un impatto sulla grafica del sito web ufficiale. La struttura resta la stessa, ma per la nuova grafica ringraziamo Gabriele De Sanctis, che ne ha curato il disegno, Marius Teleman che in collaborazione con Andrea Baldas ne ha realizzato l’implementazione e Marija Bonnici che ha coordinato il lavoro. Fra le novità, l’armonizzazione dei colori sulle sfumature dell’azzurro e del giallo/arancio del logo, la multimedia-gallery con richiamo in home page, la stilizzazione dei box laterali, mentre la navigazione all’interno del sito rimane conforme alla precedente: il lettore potrà continuare a sentirsi a casa! (altro…)
Nov 11, 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Ecumenismo, Spiritualità
Un evento che cade a 50 anni dalla prima udienza concessa da papa Paolo VI a Chiara Lubich (31 ottobre 1964) e all’indomani della beatificazione del pontefice. Un’occasione per illustrare, con un contributo paradigmatico, il pensiero di Paolo VI sui movimenti ecclesiali e sul loro significato in relazione alla visione di Chiesa proposta dal Concilio Vaticano II. È il concentrato delle Giornate di Studi (Castel Gandolfo, 7-8 novembre), che aperte da Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, e dal prof. don Angelo Maffeis presidente dell’Istituto Paolo VI, hanno visto succedersi gli interventi di studiosi specialisti di discipline diverse. Questo grande Papa ha avuto un ruolo importante nella storia del Movimento dei Focolari: «Gli siamo debitori per più motivi – afferma la presidente Maria Voce – prima di tutto per il suo luminoso magistero che ha segnato in modo chiaro e forte la formazione di quanti si sono avvicinati al nostro Movimento». Ma anche perché, continua, «nell’esercizio del suo ministero petrino, papa Paolo VI è stato determinante nel riconoscere, nel promuovere ed anche nell’individuare le vie giuridicamente praticabili per esprimere la fisionomia specifica di quest’Opera nuova nella Chiesa».
Le relazioni dei prof. Andrea Riccardi e Alberto Monticone hanno offerto uno sfondo storico generale sulla nascita dei movimenti ecclesiali, la loro novità nel ‘900 e sulla maturazione della visione e del ruolo del laicato. Si è passati poi ad un’indagine analitica, sulla base di documenti inediti, sulle due figure. Lucia Abignente (Centro Chiara Lubich), partendo dal primo incontro di Chiara Lubich con mons. Montini nel ’53 attraverso Giulia Folonari, passando anche per momenti delicati della storia, fino ad arrivare al ’64, sulla base di diari e di pagine inedite ha mostrato cosa fosse stata per Chiara quella prima udienza, in un periodo in cui era in pericolo proprio la laicità del nascente Movimento dei Focolari. Per i Focolari stessi, dunque, è importante rendersi conto di chi sia stato Paolo VI. Chiara Lubich parla di lui come «padre dell’Opera». Al prof. Paolo Siniscalco, è poi affidato il compito di analizzare l’importanza che per Paolo VI rivestiva il Movimento dei Focolari nel mantenere vivo lo spirito cristiano nei Paesi dell’Est, e come il pontefice abbia incoraggiato le iniziative concrete in tal senso.
Un’altra tematica di centrale importanza, il dialogo ecumenico, è stata presa in esame dalla dott.ssa Joan Back. Basti ricordare la storia che lega Paolo VI, Chiara Lubich e il Patriarca Atenagora. La giurista Adriana Cosseddu ha sottolineato la difficoltà nel venir fuori all’interno del Codice di Diritto Canonico (del 1917) di forme completamente nuove come sono le realtà dei movimenti. Sembrava che un’opera con diverse vocazioni non fosse possibile perché… nel diritto canonico non era prevista! «Il Papa ha voluto prendersi cura lui stesso, personalmente, della cosa e si è così arrivati all’approvazione», affermava Chiara in un’intervista a Città Nuova nel 1978.
Il prof. Alberto Lo Presti, direttore del Centro Igino Giordani, ha offerto una prospettiva inedita della concezione della dottrina sociale della Chiesa in Giordani – considerato cofondatore del Movimento dei Focolari – in relazione al magistero sociale di Paolo VI. Il prof. Piero Coda, rettore dell’Istituto Universitario Sophia ha coronato il tutto con una riflessione teologica che, sullo sfondo dell’Enciclica Ecclesiam Suam, programmatica del pontificato di Paolo VI e dell’esperienza mistica vissuta da Chiara negli anni ’49-’50, ha evidenziato la profonda sintonia e sinergia tra il ministero petrino di papa Montini ed il carisma dell’unità di Chiara Lubich. «È stato per me particolarmente arricchente poter vedere il Movimento dei Focolari e la sua fondatrice, attraverso gli occhi di Paolo VI – scrive Fabio Ciardi, tra i partecipanti al convegno – Questo grande, che aveva uno sguardo amplissimo sulla Chiesa e sulla società del suo tempo, ha avuto anche uno sguardo particolare su quest’opera di Dio, provando insieme gioia e dubbi, apprezzamenti e perplessità, entusiasmo e speranze… Collocandosi nella sua prospettiva si colgono aspetti nuovi di questo carisma e del suo farsi strada nella Chiesa». A conclusione dei lavori il prof. José-Román Flecha Andres, ha voluto paragonare l’esperienza mistica di Chiara a quella dei mistici spagnoli del ‘500, Teresa d’Avila in particolare, e ricordando come essi avessero intuito la necessità di far dono della vita interiore alla Chiesa intera si è così espresso: «Qui l’abbiamo visto come, grazie allo spirito di Dio, allo Spirito Santo, ciò si è realizzato nella vita di Chiara, di questo Movimento». Comunicato stampa finale Abstract delle relazioni (altro…)
Nov 11, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria

L’arcivescovo John Dew di Wellington
Siamo in Nuova Zelanda, nel cuore di Wellington, capitale di una terra all’apparenza lontana e ai confini, eppure terra che ha aperto braccia e porte a tanti popoli. Mossi dalle notizie delle guerre in corso in Iraq, Gaza, Ucraina, Centro Africa, così come dal crescente timore per l’incapacità di far fronte all’avanzare dell’ebola e mossi anche dagli appelli alla pace del Papa in tantissime occasioni, così come dalle persone della comunità del Movimento dei Focolari, e non solo, provenienti da questi Paesi, i giovani neozelandesi hanno sentito l’urgenza di ritrovarsi in un luogo pubblico per dare voce all’ansia di pace che portano dentro. L’Arcivescovo di Wellington, John Dew, ha offerto un suo contributo alla serata, fra canti, preghiere e testimonianze. Tra queste, la testimonianza di due ragazze provenienti dall’Iraq, che si sono conosciute in Nuova Zelanda, dopo che, entrambe le famiglie, si sono trasferite in questa terra: Sendirella e Ayssar, la prima cristiana, la seconda musulmana. Raccontano del loro Paese, di ciò che le ha unite. Si sono incontrate per la prima volta a casa di amici comuni e da lì è cominciata un’amicizia che le ha portate a condividere sogni, studi, passioni e viaggi. Sendirella dice “siamo diverse”, e subito Aysser aggiunge, “ma siamo uguali”. Poi continuano dicendo come per molte persone la religione sia proprio una delle più grandi diversità, forse anche un ostacolo, e di come invece per loro non è mai stato un problema, anzi, le ha avvicinate. “Nella religione dell’una”, dice Sendrella, “abbiamo sempre visto e riconosciuto elementi della religione dell’altra”. 
Sendirella e Ayssar
Poi, parlano del loro Paese: un Iraq associato oggi a guerra, minoranze che devono fuggire, torture, mentre il paese dei loro genitori è un Iraq dove il tuo vicino può essere un cristiano, musulmano, ebreo o yazidi; “un Iraq, dice Ayssar, dove la differenza di religione è sempre stata vissuta come una realtà e non un problema”. Oggi questo Iraq sembra così lontano. E continua, “ci hanno detto che la pace è impossibile”. E Sendirella continua, “invece noi sappiamo che pace non è una parola di una costituzione, non è un particolare sistema di governo, non sta nemmeno in raid aerei che vogliono costringere alla pace. Noi sappiamo che sta invece nell’osservanza quotidiana dei nostri principi e valori, che è qualche cosa che si costruisce dal basso, piuttosto che dall’alto”.
Kathleen, giovane universitaria, racconta come, a seguito di un malinteso nell’appartamento che condivide con altre giovani universitarie, ha sentito la spinta a chiedere scusa e di come questo gesto, prima tanto difficile e impegnativo, ha poi aperto la porta ad un rapporto nuovo con quella giovane.
Il momento di preghiera si è concluso con l’invito ad essere tutti costruttori di pace, sigillando questo impegno con l’annodare un nastro bianco ad un piccolo albero dal nome maori, Kowhai. È uno degli alberi originari della Nuova Zelanda. Il suo fiore, giallo intenso, è una delle immagini che rappresentano la Nuova Zelanda. Ha molte caratteristiche medicinali e tante specie di uccelli trovano nutrimento nel nettare che produce. Pur sottile nei suoi rami, il Kowhai è un albero forte e che può crescere fino a 20 metri di altezza. Un bel simbolo dell’umile ma forte grido di pace che i giovani hanno lanciato in questa serata. (altro…)
Nov 10, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Ragazzi di Cagliari, Pisa, Treviso, Prato, Macerata, Torino, Mantova, Pescara, Roma e provincia, hanno messo in campo tempo, distanze, energie per costruire questo appuntamento dal titolo stimolante e coinvolgente: “Democrazia di tutti: capovolgere la piramide”. Dopo aver vissuto, il 4 ottobre scorso, il ricco e variegato programma comune dell’edizione di LoppianoLab 2014, che affrontava – fra l’altro – alcune delle più urgenti tematiche dell’attualità italiana, il seminario è continuato il 5 ottobre, presso l’Aula magna dell’Istituto Universitario Sophia (IUS). Il metodo è stato quello che guida ogni attività delle Scuole, sia che si tratti di lezioni teoriche sia che si articoli in attività laboratoriali nei vari territori: rispetto, ascolto, condivisione, per fare innanzitutto una vera esperienza di fraternità e scoprirne poi la validità e la dignità di paradigma politico ad ogni livello. Una carrellata di vita, di impegni, di progetti, di esigenze di una politica davvero nuova che già si intravede nelle esperienze di amministratori (due di loro del Nord e Centro Italia hanno dato il loro incoraggiante contri buto), di cittadini consapevoli, di giovani interessati e protagonisti, anche laddove si offra la possibilità di candidarsi a compiti di rappresentanza nelle istituzioni, di adulti che con generosità si rendono disponibili ad affiancare i giovani nella loro ricerca.
A emblema dei diversi interventi, ricchi e vari nella loro freschezza, proponiamo un brain storming che i giovani della Scuola di Torino hanno offerto ai presenti; parole sintesi di vari aspetti della Scuola commentati da loro stessi. Sovranità – «Partecipare» significa ese rcitare collettivamente la propria quota di sovranità, in modo non violento, costruttivo e consapevole. (Chiara Andena) Dovere – Il dovere di «partecipare» per andare oltre: la crisi, il disfattismo, oltre all’immobilismo e, soprattutto, alla rinuncia di lottare, di darsi per vinti. (Matteo Dematteis) Crescita e volontà – Il confronto tra vedute differenti, esperienze di vita, bagagli culturali, permettono un arricchimento personale indispensabile per la formazione dell’individuo; il tutto correlato dalla volontà: forza che sospinge a ricercare sempre nuove prospettive. (Katia Follina) Scoperta – Se guardo il mondo dal mio punto di vista ho tre dimensioni, se guardo con gli occhi degli altri ne ho infinite. (Marco Titli)
Competenza – «Partecipare», per me, significa mettersi all’opera, ciascuno secondo le proprie inclinazioni, i propri interessi e le proprie conoscenze. Ma «partecipare insieme» significa integrare i talenti di ciascuno per rendere le prospettive più ampie e più includenti nell’ottica della fraternità. (Federica Mensio) Coappartenenza – Renderci conto di far parte di un insieme più grande ci responsabilizza. Questa presa di coscienza ci rende collettivamente attivi e in grado di lasciare un’impronta positiva. (Paolo Cataldi) Speranza – Scoprire che un giovane impegnato in politica con un orientamento completamente diverso dal mio può vivere e spendersi per gli stessi ideali, non solo mi ha donato la speranza per un presente ed un futuro migliore, ma mi ha ricordato che non bisogna mai chiudere le porte al dialogo, nonostante i punti di vista differenti. (Elena Destefanis) Lotta e resistenza – La «partecipazione» è una forma di lotta non violenta dove l’ascolto reciproco, la condivisione dei propri pensieri e delle proprie idee, in modo libero, senza pregiudizi, sono le armi di costruzione di massa. (Matteo Bracco) (altro…)
Nov 9, 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Al concorso – promosso dall’Associazione Città per la Fraternità – possono partecipare tutte le amministrazioni locali, di qualsiasi parte del mondo. Progetti e iniziative possono concorrere se:
- istituiscono e/o diffondono, nel territorio principalmente locale, ma anche nazionale e internazionale, pratiche di fraternità universale, secondo le diverse accezioni di significato di tale principio;
- stimolano i cittadini a impegnarsi per il bene comune e a partecipare alla vita della comunità civile,
- favoriscono la crescita di una cultura della cittadinanza attiva e inclusiva.
Il progetto deve essere rappresentativo di un modo di amministrare non episodico e sempre più consapevole del valore del principio della fraternità universale. Da parte di amministrazioni pubbliche e altri soggetti sociali, economici, culturali, è possibile sia auto-candidarsi, che segnalare progetti altrui. Tutte le segnalazioni devono essere inviate entro e non oltre il 9 gennaio 2015 alla Presidenza dell’Associazione “Città per la Fraternità”, c/o Comune di Castel Gandolfo, Piazza Libertà, 7 00040 Castel Gandolfo (Rm). Scarica il bando (pdf) Per info: http://www.cittaperlafraternita.org/ (altro…)
Nov 9, 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Un fondo per chi è in necessità Da più di vent’anni lavoro all’ospedale universitario. Un giorno nel mio reparto di dermatologia è arrivata una paziente che nessuno dei colleghi voleva curare, a motivo dei pregiudizi. Gli esami del sangue avevano infatti accertato che era malata di Aids. Non potendola operare, ho cominciato un trattamento diverso con la radioterapia. Dopo tre mesi stava già meglio. Non potendo trattenerla oltre in ospedale e sapendo che i suoi figli non erano in grado di curarla, mi sono informata se aveva parenti in grado di occuparsene. Ne aveva, ma abitavano in un altro Stato. Ho chiesto allora alle mie colleghe se volevano contribuire a pagarle il biglietto, dato che lei non era in grado di farlo. Abbiamo raccolto i soldi non solo per il viaggio, ma anche per aiutare la sua famiglia. Quando la paziente è partita era felice. Dopo questa esperienza, insieme ai colleghi abbiamo deciso di costituire un fondo per aiutare pazienti in necessità. Quante persone sono state aiutate in questi anni grazie a questo fondo! (K. L.- India) La ricetta Ho quarant’anni e soffro d’asma. Quando mi accorgo di aspettare un bambino, l’ostetrica mi propone di abortire. Dico di no. Lei mi spiega che devo scegliere fra il bambino e la mia vita, che è molto importante per gli altri figli che ho. Turbata, non arrivo a capire perché devo uccidere questa creatura innocente. Mio marito, vedendo il mio stato di salute, dice che tutto dipende da me. A questo punto mi danno la ricetta di una medicina “molto importante per la mia salute”. Mio marito la compra. Io non so leggere bene per capire tutto, ma in cuore mi viene un dubbio. Chiedo informazioni: quella iniezione procura l’aborto. Non la faccio e mi affido a Dio. Ai primi dolori ho paura. Ho preparato il testamento, affidando i figli ai parenti. Pulisco un po’ la casa e vado in ospedale. Il parto è più facile delle altre volte, senza nessun problema. Mio marito vorrebbe portare il bambino dall’ostetrica per farglielo vedere. Io preferisco di no: per me è stata un’esperienza personale dell’amore di Dio e non posso esserne orgogliosa, ma solo dirGli grazie. (D. A. – Costa d’Avorio) Ri-innamorarsi Quel giorno, con mio marito, si era creata una forte tensione. «C’è qualcosa che non va?» gli ho chiesto. E lui: «Non ci vuole mica il mago per capirlo». Secondo lui io non capivo le sue esigenze. Era vero, ma mi dicevo: «Ma è possibile che con tante cose belle della nostra vita, lui si ferma alla sola cosa che non va?». Siamo andati a dormire col broncio. L’indomani pensavo: «Siamo una squadra, per risollevare lui devo lavorare su di me, addolcire il mio cuore, chiedere scusa». Non ci riuscivo. Per fare il passo, ho pensato a un atto d’amore concreto per lui, che è appassionato di calcio. Per farlo felice, ho rinviato l’appuntamento fissato per quella sera in modo che lui potesse vedere la partita di calcio di Coppa Europa. Ma per ricominciare davvero dovevamo chiarirci. Così, nonostante la stanchezza e gli impegni, siamo usciti una sera e, prima uno e poi l’altro, ci siamo aperti in una confidenza profonda, come non capitava da un po’. Ci siamo visti diversi e ci siamo capiti. Direi ri-innamorati. (G. S.- Italia) (altro…)
Nov 8, 2014 | Focolari nel Mondo, Sociale

Foto: Jorge Mejia Peralta / Flickr
«Viviamo su un cimitero, esigiamo giustizia», così recita uno degli slogan della protesta che ha portato in strada migliaia di studenti. Dal 5 novembre, infatti, in Messico, è iniziato uno sciopero trasversale a tutte le scuole. Una sollevazione studentesca di tre giorni che chiede al governo un maggior impegno nelle ricerche dei 43 coetanei scomparsi nello stato di Guerrero lo scorso 26 settembre. Il sindaco di Iguala (il comune dove è avvenuta la scomparsa) José Luis Abarca e sua moglie María de los Ángeles Pineda sono stati arrestati, accusati di essere i mandanti del rapimento degli studenti scomparsi. Mentre vengono interrogati per avere informazioni che portino a fare luce sulla misteriosa scomparsa, anche il Movimento dei Focolari in Messico chiede che si faccia chiarezza sui fatti. «La violenza e l’ingiustizia commesse a danno dei 43 giovani scomparsi e contro migliaia di scomparsi negli ultimi anni nel nostro Paese, sono fatti davanti ai quali affermiamo il nostro forte ripudio e indignazione, mentre esigiamo che mai più accadano fatti simili; essi ci commuovono profondamente e ci interpellano come persone e come società», scrivono in un comunicato. Inoltre, invitano ad un impegno ancora più deciso per la costruzione di un Paese pacificato: «Non si costruisce la pace attraverso la violenza. Rigenerarci come società più umana significa rispondere con la carità ed il perdono. Non come gesti di indifferenza e tolleranza, ma come impegno a lavorare concretamente per il bene comune». Il richiamo punta, dunque, a trasformare prima di tutto il cuore, anche e soprattutto di chi governa: «Non basta lo stato di diritto, occorre trasformare il cuore di chi fa le istituzioni». L’appello è rivolto «a tutte le persone che professano una fede, non importa quale essa sia e a tutte le persone di buona volontà, affinché tutti uniti, possiamo mantenere vivo e rinnovato l’impegno ad essere costruttori di pace dove ci troviamo a vivere e lavorare». Infine, propongono al popolo messicano il “Time-Out per la pace”, per richiamare l’attenzione alla tragica situazione che si vive in Messico e in tutti i Paesi dove si soffre violenza: «…Un minuto di silenzio e di preghiera per la pace, ogni giorno alle ore 12, come un segno visibile e concreto di fraternità e solidarietà verso ogni persona che soffre». Il Movimento dei Focolari sparso nel mondo aderisce al “minuto per la pace”, in sostegno del popolo messicano con l’auspicio che il rispetto per la vita, la ricerca della verità e della giustizia, abbiano il sopravvento su ogni forma di sopruso. Leggi anche: Messico. Crisi politica dopo la strage (altro…)
Nov 7, 2014 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Terrorismo, persecuzioni contro i cristiani e altre minoranze, secolarismo e fondamentalismo sono alcune delle sfide che interpellano a cercare con rinnovato impegno, costanza e pazienza le vie che conducono verso l’unità tra i cristiani. E tra queste, la via maestra è l’Eucaristia. È quanto ha affermato Papa Francesco incontrando, in Vaticano, i partecipanti al Convegno ecumenico dei vescovi amici del Movimento dei Focolari incentrato sul tema: “L’Eucaristia, mistero di comunione”. Il servizio di Amedeo Lomonaco: “L’amore alla Parola di Dio e la volontà di conformare l’esistenza al Vangelo” fanno germogliare in diverse Chiese e comunità ecclesiali “solide amicizie e momenti forti di fraternità”. Ricordando questa “ricca esperienza”, il Papa esorta ad essere sempre “attenti ai segni dei tempi”, a chiedere al Signore “il dono dell’ascolto reciproco e la docilità alla sua volontà”. Nel nostro mondo travagliato – sottolinea il Pontefice – ha grande valore una chiara testimonianza di fraternità e di unità tra i cristiani: “Questa fraternità è un segno luminoso e attraente della nostra fede in Cristo risorto. Se infatti intendiamo cercare, come cristiani, di rispondere in modo incisivo alle tante problematiche e ai drammi del nostro tempo, occorre parlare ed agire come fratelli, e in modo tale che tutti lo possano facilmente riconoscere”. Anche questo è un modo – aggiunge il Santo Padre – “di rispondere alla globalizzazione dell’indifferenza con una globalizzazione della solidarietà e della fraternità”: “Il fatto che in diversi Paesi manchi la libertà di manifestare pubblicamente la religione e di vivere apertamente secondo le esigenze dell’etica cristiana; le persecuzioni nei confronti dei cristiani e di altre minoranze; il triste fenomeno del terrorismo; il dramma dei profughi causato da guerre e da altre ragioni; le sfide del fondamentalismo e, dall’altro estremo, del secolarismo esasperato; tutte queste realtà interpellano la nostra coscienza di cristiani e di pastori”. Tali sfide – spiega il Santo Padre – sono un appello a cercare le vie che conducono verso l’unità. E tra queste vie, una è la strada maestra: l’Eucaristia come mistero di Comunione. Nell’Eucaristia – conclude il Papa – “sentiamo chiaramente che l’unità è dono e che al tempo stesso è responsabilità, responsabilità grave (cfr 1 Cor 11,17-33)”. Fonte: Radio Vaticana Discorso del Santo Padre (testo integrale) (altro…)
Nov 7, 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Come in prigione», ostaggi in casa, senza possibilità di incontrarsi. Questa è una delle sensazioni più diffuse nei Paesi colpiti dall’ebola, e condivisa anche da Antonette, una dei giovani membri dei Focolari della Sierra Leone. «Questo virus sembra renderci più egoisti e sfiduciati gli uni verso gli altri; non ci permette di andare liberamente verso i nostri amici». È per questo che Antonette si è fatta forza e ha deciso di preparare i pasti per alcune famiglie vicine rimaste senza nulla da mangiare, durante la quarantena di tre giorni che impediva loro di uscire. È in atto un dramma umano molto pesante: «La gente vede i propri cari morire o essere trasportati nei centri specializzati per l’ebola. Sono centri lontani da qui – a scrivere è padre Carlo Di Sopra della diocesi di Makeni – e molti, una volta partiti, non ritornano più. Le famiglie non sanno più nulla di loro, né loro delle proprie famiglie. Si capisce allora perché alcuni si nascondano e che altri preferiscano morire nei propri villaggi. Ma così il virus si propaga e miete ancora nuove vittime». Sì, perché a dover essere sconfitto non è solo il virus, ma anche l’ignoranza: la gente si chiede: c’è veramente l’ebola o è propaganda? Chi ha provocato questa malattia? Non vorranno solo venderci i vaccini per guadagnare? – scrive Carlo Montaguti, medico focolarino in Costa d’Avorio che ha curato un approfondimento sull’epidemia di Ebola nell’ultimo numero di Nouvelle Cité Afrique. A questo aggiungiamo i sedicenti guaritori, come la donna liberiana che avrebbe attirato malati dalla vicina Guinea, contribuendo alla diffusione dell’epidemia in Liberia. E l’insufficienza dei sistemi sanitari nazionali, la loro incapacità di rispondere vigorosamente a una simile urgenza e soprattutto la mancanza di mezzi. «In città come Monrovia (la capitale della Liberia), con 2 milioni di abitanti, la maggior parte degli ospedali e dei centri sanitari sono chiusi per paura del contagio. Così è difficile curare non solo l’ebola, ma tutte le altre malattie». Una situazione che deve essere assunta dalla comunità internazionale, come ha invitato a fare anche papa Francesco nel suo recente appello.
«Stiamo costituendo un ‘fondo ebola’ per aiutare i più colpiti – scrive ancora padre Carlo -. Dai Focolari in Costa d’Avorio sono arrivati degli aiuti concreti che adesso stiamo distribuendo. Ci sono molti orfani: a volte alcune famiglie vengono decimate dal virus. Un altro religioso, padre Natale, sta cercando disperatamente di trovare un team dall’estero che abbia un laboratorio per i test del virus e che possano venire qui al nord». E continua: « In questi giorni anche due nostri religiosi hanno avuto febbre alta. Era probabilmente malaria, perché la febbre è andata via, ma all’inizio c’è sempre apprensione e ci si trova disarmati, proprio nelle mani di Dio. Ci sono sempre più casi e non lontani da casa nostra. Anche la zona di Kabala che non aveva ancora registrato dei casi, adesso ce li ha. Arrivano notizie che il virus è fuori controllo, soprattutto perché ha attecchito nelle città. Una gran sospensione». Inoltre non si può viaggiare come prima, perché il distretto è in quarantena. E col passare delle settimane padre Carlo confida di capire che «questo non è un ‘angolo di mondo’, come lo avevo definito prima, ma è ‘il cuore di Colui che Chiara Lubich chiama il Super-Amore’», Gesù Abbandonato, che sulla Croce non trova risposte, ma continua ad amare. È l’unica arma rimasta, potente, perché aiuta a non perdere la speranza, a restare uniti, pregare per i malati: «possono toglierci la possibilità di ritrovarci, ma la presenza di Gesù tra noi si può stabilire anche attraverso le porte chiuse delle case», scrive un giovane. E un altro: «Sì, è la nostra impressione. Quella di essere come in prigione, ma anche lì possiamo amare». (altro…)
Nov 6, 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

31 ottobre 1999 – Firma della Dichiarazione congiunta
15 anni fa la Federazione Luterana Mondiale e la Chiesa cattolica firmavano la “Dichiarazione Congiunta sulla Giustificazione”. Che ricordi ha di quel giorno in cui lei ha apportato da parte luterana la firma su questo importante documento? «Era il 31 ottobre 1999: siamo riusciti a firmare prima di entrare nel 21° secolo, grazie anche a Giovanni Paolo II. Non è stato fatto facile arrivarci, c’era una forte discussione anche all’interno della Chiesa evangelica, soprattutto in Germania. Ho preso coscienza dell’importanza di questo atto quando ho visto alla Chiesa di S.Anna (Augsburg) persone venute da tutto il mondo. Ho provato un grande senso di gratitudine, di libertà e di speranza. Nel pomeriggio dello stesso giorno si sono incontrati, per la prima volta, un gruppo di fondatori e responsabili di movimenti e comunità, evangelici e cattolici. Si è svolto alla cittadella di Ottmaring, assieme a Chiara Lubich ed altri. Quello che ne è nato lo considero “un miracolo”: il cammino di “Insieme per l’Europa”, che ha generato una comunione sentita e sperimentata tra movimenti e comunità molto diversi tra loro». Cosa è cambiato in questi 15 anni? «Si è messo fine alle condanne reciproche del 16° secolo, e sono caduti pregiudizi. Questa mi sembra la cosa più importante. Ora ci si può incontrare come fratelli e sorelle. Il fatto che lo stesso documento sia stato firmato nel 2006 anche dalle Chiese metodiste mette in luce la sua importanza. Purtroppo da allora le Chiese non hanno fatto passi ulteriori, ma in tante questioni possiamo dire che siamo insieme in cammino; nelle parrocchie e nelle comunità si vive di questa speranza». Qual è il significato del documento “Dal conflitto alla comunione”, firmato ancora una volta da entrambe le Chiese, in vista dell’anniversario della Riforma? «È un “inventario” del dialogo cattolico-luterano a livello mondiale. Questo documento è potuto nascere sulla base della Dichiarazione congiunta sulla Giustificazione. È un resoconto della situazione attuale in cui si sottolinea quello che ci unisce, senza tacere i punti che ancora ci dividono. Sono molto grato di questo documento perché ci mette in una dimensione globale e dà una apertura importante proprio in vista del giubileo del 2017, che desideriamo che cristiani luterani e cattolici commemorino congiuntamente». Un augurio per il 2017? «Far vedere al mondo che come cristiani andiamo insieme verso Cristo, questo dovrebbe emergere. Non si tratta di fare diventare Lutero un eroe, ma di concentrarci sul contenuto della Riforma: come possiamo oggi annunciare al mondo il Vangelo della grazia, che Dio è con noi? Sarebbe bello se nel 2017 arrivassimo ad una comune e pubblica “confessione di Cristo, e a vivere su molti piani una vera unità in Lui ».
Che significato hanno per lei gli incontri dei vescovi di varie Chiese a cui partecipa da diversi anni? «È stato il vescovo Klaus Hemmerle che mi ha messo in contatto con il Movimento dei Focolari. Questi incontri sono come dei ‘segnali stradali’ che ci indicano una via. È molto arricchente potersi incontrare con fratelli di altre nazioni e Chiese. Per esempio mi colpisce cosa stanno vivendo i fratelli vescovi nel Medio Oriente. Nel nostro dialogo – lontano dai riflettori della stampa e dei mass-media – posso conoscere e condividere le loro sofferenze, ma anche la loro vitalità. Viviamo una comunione profonda e preghiamo insieme. Certamente c’è sempre questo dolore di non poter ancora celebrare insieme la Santa Cena – ma è sempre un’immensa gioia rivedere i fratelli. È un livello di comunione spirituale profondo, unico direi, come è unico che un Movimento laicale convochi dei vescovi ad incontrarsi. È meraviglioso che ci venga donata dai Focolari questa possibilità ogni anno. È una comunione sperimentata, e questa ha un grandissimo significato. Ed insieme siamo in cammino». Vedi anche: Tv2000it (altro…)
Nov 5, 2014 | Famiglie, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Fiorella e Andrea Turatti
«Come tutti i giovani, seppur in modo diverso, eravamo alla ricerca della felicità. Andrea era un tipo molto “popolare”, soprattutto con le ragazze, non credeva nell’amore per sempre ed era ateo. Un po’ alla volta mi adeguai alle sue teorie liberiste. Dopo due anni di fidanzamento, attraverso i giovani dei Focolari incontro Dio, che è amore anche per me. Sento mia la proposta di vivere il Vangelo, di vedere Gesù in ogni persona. Ci provo: è la rivoluzione! Mi si capovolge la vita». «Nel tempo Fiorella mi ha chiesto di accompagnarla a degli incontri per famiglie. Sono rimasto conquistato dal loro stile di vita: volevano vivere il “comandamento nuovo” di Gesù, l’amore reciproco. Mi colpì una coppia, il loro volersi bene: approfittando dell’assenza di Fiorella andai a trovarli, parlammo della vita di famiglia, del rapporto tra noi due, della fede, sentivo di aver sperimentato qualcosa di superiore all’amore pur bello che c’era fra noi due: anch’io avevo incontrato Dio». «In un congresso di “Famiglie Nuove”, sentiamo l’esperienza di famiglie le quali, messo Dio al primo posto della loro vita, partono con i figli per portare il messaggio del Vangelo nel mondo. Siamo affascinati e trascinati. Scriviamo a Chiara Lubich che anche noi siamo pronti a lasciare tutto per andare dove Dio vuole. Dopo qualche anno improvvisamente c’è la possibilità di partire. Ho un momento di paura, in un attimo vedo tutto quello che devo lasciare, poi gli occhi mi cadono sul Crocefisso e penso che in Lui ho la chiave per affrontare qualsiasi situazione. Chiara ci dà una consegna: “Non dovete fare niente di particolare, basta che teniate Gesù in mezzo a voi”. E perché Lui sia in mezzo a noi, dobbiamo intensificare ogni giorno di più il nostro amore reciproco, che ci porta a vederci ogni giorno nuovi, perdonandoci a vicenda, cercando di non andare mai a dormire senza aver fatto pace». 
La comunità di Honduras
«Sono passati otto anni di vicende di ogni tipo in una cultura molto diversa dalla nostra, in Honduras. Alla piccola comunità che abbiamo trovato si sono aggiunti diversi giovani. E questo proprio perché i nostri figli si sono dedicati semplicemente e volentieri, mescolandosi con ricchi e poveri, senza problemi: giocavano tra le baracche, facevano amicizia. Abbiamo fatto una grande esperienza di inculturazione e imparato, a volte con difficoltà, a immergerci nella vita delle persone, nelle loro sofferenze e gioie, e abbiamo trovato degli amici stupendi, un popolo generoso… da cui abbiamo ricevuto moltissimo».
«Alla nostra porta bussavano continuamente bambini poveri che chiedevano un po’ di cibo. Un giorno mi sono stancata, e al bambino che bussava ho detto: “Oggi no!”. Nostro figlio era lì vicino che mi ascoltava e mi ha detto: “Ma mamma c’è Gesù in lui”. Facevamo molti viaggi per incontrare comunità lontane, e in macchina genitori e figli potevamo parlarci, dirci quello che desideravamo per crescere nell’amore tra noi. Anche il nostro vescovo, il Card. Maradiaga ci ha sostenuto, incoraggiato. Aveva una grande stima per Chiara e un profondo rapporto con la nostra famiglia. Spesso su suo invito abbiamo lavorato con altri movimenti e associazioni cercando di portare fra tutti lo specifico del carisma dell’unità». 
La famiglia Turatti
«La provvidenza ci ha sempre accompagnato. Arrivando ci è stata messa a disposizione per un anno una casa e una utilitaria. Una volta, dai miei ex colleghi italiani, ci è arrivata una somma per i biglietti aerei, per un viaggio che dovevamo fare. Periodicamente scarseggiavano alcuni prodotti alimentari basici come lo zucchero, il latte, ecc. E molte volte arrivava qualcuno con una borsetta di latte o zucchero giusto quando ne avevamo bisogno. Dopo qualche tempo che cercavo lavoro, sono stato assunto da una ditta italiana per un ottimo lavoro. Inoltre, un signore ci ha persino regalato una casa, e poi sono arrivati anche i fondi per ristrutturarla ed ampliarla con un salone da 180 posti per gli incontri della comunità. Veramente abbiamo sperimentato quanto sono vere le parole del Vangelo». «Dopo 8 anni abbiamo lasciato il Centro America per far proseguire gli studi ai figli. È stato un vero taglio, che ci è costato, perché partendo dall’Italia avevamo lasciato i nostri ‘campi’, partendo dall’Honduras abbiamo dovuto staccarci soprattutto della gente con la quale si era stabilito un rapporto straordinario di reciprocità. Con Andrea abbiamo sentito che il nostro amore è per sempre, non solo per questa vita ma per l’eternità». (altro…)
Nov 5, 2014 | Cultura
Contenido: Con este cuarto volumen, la colección «Crónica Blanca» de la Editorial Ciudad Nueva responde por fin a uno de sus principales objetivos: ofrecer la reflexión de una nueva generación de comunicadores que quieren re-pensar y re-actuar un nuevo periodismo de rostro humano, capaz de ofrecer la «crónica blanca» de la actualidad, de ser «voz de los sin voz» y no olvidar cuál es la gran noticia de todos los tiempos: el acontecimiento cristiano. Esteban Pittaro, excepcional ejemplo de esta nueva generación, doctor en periodismo, profesor y periodista en ejercicio, nos ofrece en este libro las claves de un giro prometedor, a la vez introspectivo y prospectivo, para la comprensión y el ejercicio de la información religiosa. Y lo hace en línea y a la vanguardia de la reflexión sobre información religiosa de los papas contemporáneos. Para mostrar el interés por la lectura de este libro, me sirvo de una peculiar definición de la información religiosa de otro joven periodista, Álvaro Real: «La información religiosa no es la que cuenta lo que los hombres dicen de Dios, sino más bien la que cuenta lo que Dios dice a través de los hombres». Sobre el autor Esteban Pittaro (Buenos Aires, 1984), es periodista y profesor universitario. Doctor en Periodismo por la Universidad CEU San Pablo (Madrid, 2013), y Licenciado en Comunicación Social por la Universidad Austral (Buenos Aires, 2007). Colabora con el programa El Espejo, de la cadena COPE, desde 2007, y con A Grandes Trazos, de esa emisora. Escribe para el portal Aleteia sobre la Iglesia en la Argentina. Su primera colaboración periodística fue con la Agencia AICA. Es profesor adjunto de Periodismo en la Universidad Austral, donde ha trabajado en proyectos de investigación sobre información de religión y la relación Ciencia y Religión en el periodismo. En su tesis doctoral analizó la cobertura de la prensa argentina sobre Benedicto XVI. Actualmente, es jefe de Comunicación Institucional del Hospital Universitario Austral, en Pilar, Argentina. Editorial Ciudad Nueva (Madrid)
Nov 4, 2014 | Chiesa, Spiritualità

Padre Kentenich
Missionarietà e alleanza con Maria, la madre di Gesù, sono due capisaldi della spiritualità della Famiglia di Schönstatt , movimento cattolico nato in Germania 100 anni fa. E in occasione del centenario dalla fondazione (ottobre 1914), papa Francesco ha ricevuto in udienza 7500 rappresentanti del Movimento, lo scorso 25 ottobre. Dialogo, testimonianze e la parola del pontefice: Francesco si è soffermato sulla famiglia, insistendo sul tema, a lui caro, delle periferie, ma anche: missionarietà, rinnovamento del cuore per aprirsi alla cultura dell’incontro. All’evento hanno preso parte anche i rappresentanti di vari movimenti ecclesiali, tra cui la presidente dei Focolari, Maria Voce, e il copresidente Jesús Morán. «L’ultimo atto che il Papa ha compiuto è stato quello dell’invio missionario. Ha detto: Vi invio non a nome mio, ma di Gesù, a nome di tutta la Chiesa. Più di 7 mila persone: che meraviglia, vedere gente così che va nel mondo a portare Gesù! – racconta Maria Voce al rientro dall’udienza. «Salutando il responsabile mondiale, p. Heinrich Walter, l’ho ringraziato e gli ho detto che facciamo parte anche noi della loro “Alleanza” (un patto che li caratterizza e che formulano con la Madonna). Si sentiva una profonda sintonia. Che dono di Dio questo rapporto vero, concreto! Una delle tante cose belle che ci sono nella Chiesa e nell’umanità. Era come un invito di Gesù ad avere un cuore largo nel riconoscere tutti i doni che Lui fa, un invito a metterci insieme per potenziare il nostro impegno che coinvolge tutta l’umanità». Nel Centro che per il Movimento dei Focolari si dedica alle relazioni con movimenti e nuove comunità ecclesiali, si nota un quadro, quello della “Madonna tre volte ammirabile”: esso rappresenta e documenta un momento importante: l’inizio di una storia di unità. Posta sul retro, una preghiera a Maria, a Lei, presente sin dagli inizi nell’Opera di P. Kentenich, e che ben rappresenta, nella Chiesa, tutto quanto ha che fare con i carismi, si affida l’amicizia e la conduzione della comunione dei Movimenti come primo passo per arrivare alla fraternità universale. Tra le firme quella di Chiara Lubich. 
10 giugno 1999: Chiara Lubich e Andrea Riccardi a Schönstatt
Era il giugno 1999, a un anno dalla Pentecoste ’98: lo storico incontro mondiale dei Movimenti e nuove Comunità con Giovanni Paolo II, l’avvio di una nuova stagione tra le varie realtà ecclesiali scaturite dai carismi fatta di conoscenza e stima reciproca. Dal ’99 il rapporto dei Focolari con Schönstatt è andato avanti, anzi si è allargato nel mondo. Dappertutto si sono instaurate collaborazioni a vari livelli con un’attenzione speciale alle attese dell’umanità: il mondo del lavoro, la lotta alla povertà, iniziative per l’Europa, la famiglia e altro ancora. Auguri al Movimento Apostolico di Schönstatt per questi primi cento anni: un tempo lungo, una lunga testimonianza di vita e di fedeltà al carisma che Dio ha donato a P. Kentenich e che si è diffuso con tanti frutti nel mondo. (altro…)
Nov 3, 2014 | Cultura
Un invito concreto a vivere il tempo dell’Avvento e del Natale, imparando a sperimentare la carità, con gesti di condivisione e solidarietà che aiutino ad abbattere i muri, a superare i pregiudizi, a testimoniare l’amore di Gesù. Per bambini e adulti. Aderisce alla campagna nazionale di Caritas UNA SOLA FAMIGLIA UMANA CIBO PER TUTTI, promossa da una trentina di organismi, associazioni, movimenti ecclesiali sul diritto universale al cibo. Lo stesso tema rappresenta anche l’elemento centrale dell’impegno di Caritas verso l’Expo di Milano nel 2015.
- L’OPUSCOLO – “A NAZARET…Gesù cresceva e si fortificava”. Uno strumento per far riflettere sul tema della carità e della condivisione in ascolto dei molteplici richiami offerti da papa Francesco. Un progetto che si arricchisce di esperienze di accoglienza, riflessioni, brani della Scrittura e dell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium.
- UNA SOLA FAMIGLIA UMANA, CIBO PER TUTTI, di Cosetta Zanotti. Cinque storie da mangiare – Racconti per bambini. Cinque racconti, dei cinque continenti, che attingono alla saggezza dei popoli e legano cibo e senso della condivisione come chiave della vera felicità per gli uomini. Grande, colorato, divertente. Pensato appositamente per i bambini. Un sussidio la cui validità va oltre il tempo natalizio.
- IL SALVADANAIO – In cartoncino componibile, sussidio all’Itinerario per l’Avvento e il Natale 2014 in famiglia. A sostegno della Campagna promossa da Caritas: Una sola famiglia umana, cibo per tutti.
Nov 3, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Sinfonia Via della Seta”, “Terra Promessa”, “Fratello Sole, Sorella Luna”, “Matteo Ricci”… sono alcune delle originali sculture presentate alla Mostra di Macao (26 settembre-9 novembre). Sono frutto delle esperienze personali di Lau Kwok-Hung, in arte Hung. Nato nel 1953 a Hong Kong, l’artista risiede dal 2000 nel centro internazionale di Loppiano, dove lavora nel suo Atelier traendo ispirazione dalla spiritualità dell’unità. Invece del tradizionale scalpello, Hung usa una fiamma ossiacetilenica a 3000 C°. Goccia a goccia: è così che Hung realizza le sue sculture, che sembrano simulare pennellate calligrafiche cinesi, ma uno sguardo più attento rivela un intreccio di tondini di ferro che formano figure umane in movimento.
Ciascuna delle opere esposte a Macao è insita la qualità “andante”che dà il titolo alla mostra. Un termine che ci tuffa nel panorama musicale, con metrica e ritmo, ma anche indica un movimento di uscita, alla scoperta dell’altro. Incontriamo Hung al suo rientro dall’Asia. Come è nata questa straordinaria esperienza della prima personale in Cina? «Nel mese di febbraio di quest’anno, trovandomi a Macao, sono stato invitato alla Sede del Governo da Madam Florinda Chan (Secretária para a Administração e Justiça), per incontrarmi con diversi responsabili dell’Instituto para os Assuntos Cívicos e Municipais. Al termine della mia presentazione sul mio “iter” artistico, i responsabili erano unanimi nel decidere di realizzare, entro l’anno, una mostra delle mie sculture. Hanno proposto come luogo dell’esposizione il prestigioso Casas-Museu da Taipa. Inoltre, hanno deciso di provvedere al viaggio, alla la pubblicazione di un catalogo trilingue (cinese, portoghese, inglese), all’allestimento della mostra e alle spedizioni via aerea delle mie sculture». È la tua prima personale in Cina? «In passato ho fatto delle mostre collettive, ma questa è la mia prima mostra personale in Asia. Dietro le quinte, tanti hanno collaborato per il buon esito del progetto. Voglio ricordare in particolare Nico Casella, il quale ha guidato il percorso burocratico per ottenere tutti i documenti necessari e si è prodigato per assicurare il buon esito delle spedizioni; e Julián Andrés Grajales, mio stretto collaboratore all’Atelier; ma dovrei nominarne tanti… Il Vernissage, il 25 settembre, ha segnato l’apertura dell’evento che sarebbe durato un mese e mezzo. Per l’occasione, Madam Florinda Chan mi ha invitato a condurre un tour guidato, presentando brevemente le mie sculture agli ospiti».
Quanto tempo sei rimasto a Macao? «10 giorni, durante i quali ho potuto incontrare tante persone e dialogare con loro, sia nelle conferenze che nelle visite da me guidate. Particolarmente interattivo è stato l’incontro con 700 studenti del Colégio Mateus Ricci, che manifestavano genuine espressioni di stupore e di gratitudine; ma, anche s’interessavano sulla tecnica, sulle ispirazioni, sullo stile». Ci sono state sorprese? «Sì! Una delle tante è stata che la Direzione del Colégio Mateus Ricci, per anticipare le celebrazioni nel 2015 del 60° anniversario dell’Istituto, ha deciso di acquistare una mia opera: il tondo dedicato proprio a Matteo Ricci, uomo di dialogo». Cosa ti rimane di questa esperienza asiatica? «Ho una grande gratitudine in cuore per i rapporti costruiti con tanti… l’unità è stata protagonista». (altro…)
Nov 2, 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Avendo saputo dei gravi disordini che si sono verificati in Burkina Faso, ho telefonato ai focolarini di Bobo-Dioulasso per chiedere notizie e per assicurare l’unità e le preghiere. Ho parlato con Dominique che mi ha rassicurato che la situazione, pur se tesa, è calma», scrive Augusto Parody Reyes, medico spagnolo, 24 anni vissuti in Africa, adesso al Centro internazionale dei Focolari. Ecco in breve la situazione secondo l’Agenzia Misna, in continua evoluzione: nei giorni scorsi a Ouagadougou e nelle principali città del paese si sono tenuti cortei di protesta senza precedenti per bloccare la strada alla candidatura del presidente Blaise Compaoré, al potere dal 1987, alle elezioni del 2015. Ma queste proteste sono degenerate il 30 ottobre nella capitale, ma anche a Bobo Dioulasso, la seconda città del Burkina Faso, proseguendo nel pomeriggio dopo l’assalto e l’incendio del parlamento. Fonti di stampa locali hanno riferito di almeno una persona uccisa negli scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. Segnalati anche saccheggi di negozi e di banche. Nel pomeriggio i dimostranti hanno circondato anche la sede della presidenza. Proclamazione dello stato di emergenza, dissoluzione del governo e appello per un negoziato con i dimostranti: sono gli elementi chiave di un messaggio trasmesso alla radio dal capo di Stato, dopo ore di disordini e violenze nel cuore di Ouagadougou. Poi, si è saputo che il presidente Blaise Compaoré non ha rassegnato le dimissioni e ha cancellato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale, decretato poche ore prima. Gli ultimi provvedimenti sono stati annunciati direttamente da lui con un’allocuzione televisiva. Le dichiarazioni del presidente hanno aggiunto ulteriore confusione ad una situazione già intricata ed incerta. Di fatto, a Ouagadougou la capitale, non è chiaro chi sia attualmente al potere. Infatti, poche ore prima il capo di stato maggiore delle forze armate aveva fatto sapere che “i poteri esecutivi e legislativi verranno affidati ad un organismo di transizione che sarà costituito tramite consultazioni tra tutte le forze vive della nazione”. Inoltre l’obiettivo della transizione sarebbe “il ritorno all’ordine costituzionale entro 12 mesi”. L’esercito ha anche decretato un cessate il fuoco su tutto il territorio nazionale dalle ore 19 alle 6. Questa la situazione al 30 ottobre, che è in continuo sviluppo. Infatti, nel frattempo il presidente si è dimesso e non si sa dove sia. I militari si sono divisi in due gruppi: l’esercito e la guardia presidenziale, ognuno con un leader a capo. “Stiamo pregando per la pace. Chiediamo a tutte le parti di dare prova di ritegno e di limitare i danni in questo momento particolarmente critico per la nostra nazione”: è l’appello rivolto dal vescovo di Bobo Dioulasso e presidente della Caritas Burkina Faso, monsignor Paul Ouédraogo, “nel quale tutti – dicono i Focolari del Burkina Faso – ci sentiamo espressi”. Aggiornato al 3 novembre 2014 (altro…)
Nov 1, 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=L7HYXR8mrNo
«Cari fratelli e sorelle abitanti tutti di Loppiano, buonasera. Con voi saluto anche tutte le persone che oggi popolano la cittadella voluta da Chiara Lubich, ispirata al Vangelo della fraternità – quella fraternità universale – e coloro che da ogni angolo del mondo sono collegati e partecipano alla festa per i primi 50 anni della sua fondazione. Loppiano è una realtà che vive al servizio della Chiesa e del mondo, per la quale ringraziare il Signore; una cittadella che è testimonianza viva e efficace di comunione tra persone di diverse nazioni, culture e vocazioni, avendo anzitutto cura nel quotidiano, di mantenere tra voi la mutua e continua carità. Sono contento che abbiate scelto per questa vostra ricorrenza il giorno in cui in tutta la Chiesa si festeggia San Francesco di Assisi, testimone e artefice di pace e fraternità. È una felice coincidenza anche per me, davvero. Gli abitanti di Loppiano, quelli che vivono stabilmente e quelli che vi trascorrono un periodo di esperienza e di formazione, vogliono diventare esperti nell’accoglienza reciproca e nel dialogo, operatori di pace, generatori di fraternità. Proseguite con rinnovato slancio su questa strada, vi auguro che sappiate restare fedeli e possiate incarnare sempre meglio il disegno profetico di questa cittadella fiorita dal carisma dell’unità proprio 50 anni fa. Vivere questo in sintonia profonda con il messaggio del Concilio Vaticano II che allora si stava celebrando, il disegno cioè di testimoniare, nell’amore reciproco verso tutti, la luce e la sapienza del Vangelo. Loppiano scuola di vita, dunque, in cui vi è un unico maestro: Gesù. Si, una città scuola di vita per far ri-sperare il mondo, per testimoniare che il Vangelo è davvero il lievito e il sale della civiltà nuova dell’amore. Ma per questo, attingendo alla linfa spirituale del Vangelo, occorre immaginare e sperimentare una nuova cultura in tutti i campi della vita sociale: dalla famiglia alla politica, all’economia. Cioè la cultura delle relazioni. Principio della sapienza è il sincero desiderio di istruzione, la cura dell’istruzione è amore. Non è un caso che a Loppiano abbia sede, da qualche anno, l’Istituto Universitario Sophia eretto dalla Santa Sede. C’è un urgente bisogno, infatti, di giovani, di uomini e donne che, oltre ad essere opportunamente preparati nelle varie discipline, siano al tempo stesso, impregnati della sapienza che sgorga dall’amore di Dio. Cari amici, di cuore auguro, a Loppiano e a tutti voi, di guardare avanti e guardare avanti sempre, guardare avanti e di puntare in alto con fiducia, coraggio e fantasia. Niente mediocrità. Vi affido a Maria Theotokos, Madre di Dio, che vi accoglie tutti nel santuario al cuore della cittadella. E a voi chiedo di pregare per me. Vi saluto e vi benedico. Arrivederci».
Servizio della Radio Vaticana: Loppiano compie 50 anni. Il Papa: è testimonianza viva di fraternità (altro…)
Nov 1, 2014 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità

Foto © Giancarlo Nuzzolo
Sono 415 le e i Volontari presenti alle Assemblee delle due diramazioni del Movimento dei Focolari, in rappresentanza dei 23mila membri in tutto il mondo. Si sono radunati a Castel Gandolfo (Roma) dal 22 al 26 ottobre scorso. Viene in evidenza la loro specifica vocazione: mentre condividono le difficoltà di tutti, sono chiamati ad irradiare la luce dello Spirito in azioni concrete, preparandosi costantemente ad affrontare le sfide del presente, in ogni campo. In bilancio il percorso compiuto negli ultimi sei anni, sia nella crescita spirituale che nelle opere sociali intraprese e nell’impegno a diffondere la cultura della fraternità nei diversi ambiti umani. Oltre le 223 volontarie e i 162 volontari dei cinque continenti, con 17 lingue in traduzione simultanea, è presente anche un folto gruppo di invitati. Tra loro persone di varie Chiese. «È importante la vostra presenza che ci fa essere ecumenici, universali in senso pieno» – ha affermato in apertura Maria Ghislandi, responsabile internazionale uscente. 
Foto © Giancarlo Nuzzolo
Il 23 ottobre – proprio durante lo svolgimento dei lavori – è l’anniversario dei fatti d’Ungheria: nell’ottobre 1956, in seguito alla repressione sovietica, l’appello di Pio XII di riportare Dio nel mondo. In risposta a questo appello, dall’ispirazione di Chiara Lubich nascono nel seno del Movimento dei Focolari, i “Volontari di Dio”. Maria Voce li definisce «una realtà concreta e matura», evidenziando come – in quanto portano l’Ideale dell’unità nelle fabbriche, negli uffici, nelle famiglie, nella società con le sue sofferenze, i suoi dolori, con le guerre – i Volontari richiamino l’Eucarestia, nel suo essere amore che si incarna. Li ha invitati poi ad essere, insieme a tutto il Movimento dei Focolari, capaci di portare messaggi di verità e di speranza, come ha detto il Papa all’ultimo Sinodo. 
Maria Ghislandi, Maria Voce, Paolo Mottironi, Jesús Morán Foto. © Giancarlo Nuzzolo
Il copresidente Jesús Morán ha ricordato che la peculiarità e bellezza dei Volontari consiste nel ‘mediare’ la luce del Carisma affinché entri in tutte le strutture. Lo dimostrano le esperienze di persone di diversi continenti e professioni, situate nei più svariati contesti e campi di lavoro: funzione pubblica, imprenditoria, giustizia, relazioni pubbliche, immigrazione e accoglienza, mondo dell’educazione, legalità. E aggiunge: «Tutti siamo coinvolti nell’uscire, ma voi, con la vostra vocazione, siete all’avanguardia nel portare la dimensione dell’uomo-mondo che deve nascere». Quanto dicono nell’ora successiva volontarie e volontari provenienti dalla Siria e da altri Paesi del Medio Oriente testimonia che questo tipo di “uomo-mondo”, che crede nella rivoluzione che opera il carisma dell’unità, in qualsiasi situazione, esiste già. 
Paolo Mottironi, Patience Mollè Lobè – Foto © Giancarlo Nuzzolo
Nei 5 giorni, spazio ai lavori di gruppo che hanno raccolto istanze arrivate dalle zone, con l’obiettivo di formulare proposte, suggerimenti, raccomandazioni da presentare all’Assemblea in plenaria, in continuità con il lavoro svolto nel mese di settembre dall’Assemblea generale dei Focolari. Due le tematiche sulle quali si concentrano i lavori: vocazione/formazione, con l’impegno nel sociale, la realtà di Umanità Nuova, i dialoghi col mondo ecumenico, interreligioso, con la non credenza e la cultura, le comunità locali. L’Assemblea dei Volontari ha rieletto per un secondo mandato Paolo Mottironi, 50 anni, italiano, sposato con due figli, funzionario dello Stato. Le Volontarie hanno scelto Patience Félicité Mollè Lobè, 57 anni, camerunese, vedova, ingegnere civile e impegnata in politica. «Vedo in tutto quello che ho vissuto – confida Patience – che Dio mi preparava ad un piano d’amore che io non conoscevo». E conclude Paolo Mottironi: «Stiamo scrivendo il libro della nostra storia, con un capitolo nuovo che continua sulle pagine precedenti. Aiutateci ad essere sempre di più un servizio». (altro…)
Ott 31, 2014 | Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Congresso internazionale 2013
In Germania ricorre il 31 ottobre, in memoria di Martin Lutero e in Svizzera la prima domenica di novembre, in memoria di Huldrich Zwingli e di altri riformatori svizzeri, come Giovanni Calvino, del 16° secolo. Nel 2017 ricorre il 500° anniversario della Riforma e alcuni si chiedono come si possa oggi celebrare in modo fruttuoso la memoria di quei tempi di mutamento, che ha prodotto anche divisioni tra i cristiani; ma a livello europeo è iniziato uno scambio di riflessioni che già hanno maturato un primo frutto. I cristiani luterani e riformati hanno deciso, per la prima volta dopo la Riforma, di preparare e celebrare insieme, questo avvenimento. A questo scopo ha avuto luogo nell’ottobre 2013 una prima conferenza preparatoria internazionale a Zurigo, con circa 240 rappresentanti da oltre 35 paesi. In vista dell’anniversario del 2017 anche i lati oscuri della Riforma sono considerati un aspetto importante da trattare. Le chiese riformate in Svizzera hanno rivalutato la storia della persecuzione centenaria degli anabattisti (Mennoniti, Amish) e nel 2004, hanno iniziato un processo di riconciliazione a Zurigo, dove il movimento anabattista ha le sue radici. C’è speranza che in questo tempo di preparazione si sviluppi fra tante chiese un percorso di riconciliazione e comprensione reciproca; del tutto in linea con papa Francesco, che nella sua catechesi sull’ecumenismo dell’8 ottobre 2014 ha sottolineato come nel corso della storia purtroppo si sono avverate separazioni gravi e dolorose, ma che non possiamo rassegnarci o rimanere indifferenti. 
Kathrin (prima fila a sinistra) con Maria Voce e Giancarlo Faletti e un gruppo di riformati svizzeri del Movimento dei Focolari – novembre 2012
Intervistiamo a riguardo Kathrin Reusser, focolarina riformata svizzera. Qual è la tua esperienza degli ultimi anni? «”Ecclesia semper reformanda” (la chiesa deve costantemente rinnovarsi): questo motto essenziale della Riforma mi è molto caro. Durante la crisi adolescenziale, nel 1972, sono stata affascinata a Loppiano da come i focolarini attuavano il Vangelo nel quotidiano. A casa, cercando di ravvisare in tutti il volto di Cristo, ho visto cambiare rapporti difficili. I miei genitori, con la loro vita coerente, mi avevano impresso fortemente i valori cristiani. La spiritualità dei Focolari mi ha aperto in seguito un orizzonte più grande verso l’umanità, per la quale viverli come strumento per un’unità e una comunione maggiore». Questo ha avuto risvolti anche nella tua professione di giurista? «Sì, mi ha guidato nell’elaborare le sentenze e nel gestire i processi e mediazioni e vivere anche qui una “riforma”: cioè un “mutamento” di una situazione e un “nuovo inizio”. Se, per esempio, nel conflitto disperato fra le parti intravedevo la presenza di “Gesù Abbandonato” – che Chiara Lubich mi aveva fatto capire come “chiave dell’unità” – e quando nel buio di prove ingarbugliate che rendevano impossibile una decisione vera e giusta, volevo solo accogliere e accettare LUI completamente, allora – in modo sempre diverso e sorprendente – si prospettava una soluzione accettabile per tutte le parti». 
Chiara Lubich in Grossmünster (2001)
Non ci sono contrasti tra una spiritualità nata nella Chiesa cattolica e l’appartenenza alla Chiesa riformata? «A dire il vero la vita di questa spiritualità mi fa andare in profondità anche con le radici della mia Chiesa Riformata. Così ho trovato, per esempio, attraverso la prassi del Focolare, nel rinnovare il ‘patto’ dell’ amore reciproco (Gv 13,34), in particolare prima di andare al Culto, una nuova e profonda comprensione del significato della Santa Cena. Con gioia ho scoperto poco dopo che per il riformatore Zwingli la Santa Cena è IL luogo dove la comunità cristiana tutta si rinnova nella sua unità come corpo di Cristo. Questa esperienza mi è preziosa, anche nel dialogo con altri riformati per le quali a volte la Santa Cena non ha un significato vitale. Cresce in me la fiducia di poter dare un contributo – seppur piccolo – ad una futura nuova unità fra tutti i cristiani. Chiara Lubich il 17 novembre 2001, parlando nel Grossmünster a Zurigo, luogo in cui operò Zwingli, così descriveva l’effetto tonificante di questa unità: “Non diamoci pace! Dio ci aiuterà (…). E quando fra noi ci sarà la piena comunione visibile, un fremito di vita nuova invaderà la terra per il bene dell’umanità, a gloria di Dio ed a gioia nostra. Che Dio ci dia la grazia, se non di vedere questa Chiesa una, almeno di contribuire a prepararla”». (altro…)
Ott 30, 2014 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Meditazioni” (Μελέτες) è la prima raccolta di pensieri e meditazioni di Chiara Lubich ad essere pubblicato, nel 1959. Alle numerose traduzioni esistenti si aggiunge oggi anche il greco. Assieme all’altro titolo, “Saper perdere” (Μάθε να χάνεις), centrato sulla figura di Maria ai piedi della croce, è finalmente avvenuta l’attesa pubblicazione dei primi due titoli tradotti in greco. “Salutiamo l’edizione greca di questo libro, che coincide con il 50°anniversario dell’incontro del Patriarca Atenagora con il Papa Paolo VI a Gerusalemme e ci auguriamo che queste Meditazioni siano una lettura amata e che portino beneficio a quanti cercano la via dell’amore e della pace nel mondo contemporaneo…” scrive il Patriarca Bartolomeo I nella prefazione che arricchisce il volume “Meditazioni”. “Ho conosciuto personalmente da cinque decenni, la memorabile Fondatrice e Presidente del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich, quando è stata invitata dal nostro predecessore, l’indimenticabile Patriarca Atenagora, e ho seguito da vicino il suo sincero sforzo per l’unità ed il restauro della comunione fra le Chiese dell’antica e nuova Roma, nell’ambito del dialogo dell’amore…”. È noto l’amore di Chiara Lubich per la chiesa ortodossa: dal 1967 al 1972 sono state 25 udienze col Patriarca Atenagora, rapporti poi continuati con il Patriarca Demetrio e con l’attuale Bartolomeo I.
A Salonicco e ad Atene, in Grecia, il 6 e l’8 ottobre scorso, due eventi hanno dato modo di far conoscere meglio, nella Chiesa ortodossa come in quella cattolica delle due città, la figura di Chiara Lubich. Emblematico il fatto che intorno al tavolo degli oratori sedessero insieme il Metropolita ortodosso Chrisostomos di Messinia, incaricato per i rapporti con la chiesa cattolica in Grecia e membro della commissione teologica bilaterale, padre Kontidis, gesuita, che ha curato la pubblicazione dei libri, Dimitra Koukoura professoressa ortodossa di Omiletica, Florence Gillet, teologa, rappresentante del Centro Chiara Lubich. Nikos Papaxristou, giornalista ortodosso, ha moderato entrambe le presentazioni, con un tocco autobiografico: “La prima volta che ho sentito parlare del Movimento è stato dallo stesso Patriarca Bartolomeo”. Universalità, “femminilità che è di Maria”, profondità spirituale, risvolti ecclesiali e sociali del carisma dell’unità, tra i temi toccati. “In Chiara c’è una profezia che ha dato una nuova svolta al capitolo dell’ecumenismo”, ha affermato il Metropolita Chrisostomos. “L’Ideale di Chiara è a servizio dell’umanità”, continua, e “Chiara ci presenta Maria come vero modello di laica”. Padre Kontidis, ne delinea la figura come “un esempio di spiritualità vivo che si rivolge soprattutto ai laici, aprendo una strada di fede per tante persone…”. Lina Mikelliddou, cipriota, e Anna Kuvala, greca, ortodosse appartenenti al Movimento, hanno dato la loro testimonianza: “Conoscendo questo Ideale – dice Lina – la mia vita è cambiata: ogni persona era candidata all’unità”. Tra i presenti a Salonicco l’Archimandrita Ignathios, rappresentante del Metropolita della città ed il Metropolita Nikiforos, abate del monastero ortodosso Vlatadon. Presenti anche professori di diverse facoltà dell’Università Aristotele della città, tra i quali il prof. Vassiliadis, Decano della Facoltà di Teologia. Il vescovo di Corfù-Zante, Mons. Spiteris, impossibilitato a partecipare, ha inviato un messaggio. Anche ad Atene, presenti diverse personalità della chiesa ortodossa: padre Thomas vicario e rappresentante dell’Arcivescovo Ieronimo, il Metropolita di Syros, Polykantriotis, l’Archimandrita Sotiriadis responsabile della Diakonia (per le opere caritative) del Santo Sinodo ortodosso della Grecia (conferenza episcopale). Della chiesa cattolica erano presenti: il Nunzio apostolico Mons. Adams, il vescovo uscente Mons Foskolos, don Rossolatos, nuovo vescovo nominato di Atene. Un’ulteriore presentazione dei due libri avrà luogo il 31 ottobre, a Nicosia – Cipro. (altro…)
Ott 29, 2014 | Nuove Generazioni, Spiritualità
«Pensavo che la mia vita sarebbe finita come tutti, senza sfide, ma adesso mi sono “svegliato” da un grande sonno perché durante questo youth camp ho ricevuto tanta forza e incoraggiamento (William, 20 anni)». «Ho capito cosa vuol dire amare, servire gli altri. Ho conosciuto tanti nuovi amici ed è stato uno dei momenti più felici della mia vita (Maung, 21 anni). Questi tre giorni sono stati come una vitamina per andare avanti verso il mio futuro. (Benjamin, 18 anni) ». Ecco alcune delle impressioni a caldo dopo lo “Youth Camp” che si è tenuto a Kanazogone, un piccolo villaggio al sud di Myanmar (3- 5 ottobre). L’idea nasce dai Giovani per un Mondo Unito di Yangon, nota anche come Rangoon (capitale del Paese fino al 2005). «Siamo partiti in pullman 23 giovani da Yangon – raccontano – e dopo aver proseguito in barca perché la strada non vi arriva, abbiamo raggiunto questo villaggio sperduto. Ci ha accolti una piccola comunità guidata da un sacerdote focolarino, Padre Carolus, in questo paesino a maggioranza cristiana. Altri 60 giovani circa, dei dintorni, si sono aggiunti al gruppo.
Per tanti era la prima volta che partecipavano ad un incontro di questo tipo. Dal primo momento i giovani hanno ascoltato con attenzione, accogliendo con serietà il nostro messaggio». Il programma si è svolto intorno alla figura di Chiara Luce Badano. «Quando abbiamo cominciato a guardare il video sintesi della sua beatificazione – continuano i giovani –, la pioggia cadeva così forte che ci impediva di ascoltare. Abbiamo improvvisato alcuni giochi per aspettare che si fermasse… I presentatori hanno proposto di pregare insieme chiedendo a Chiara Luce di darci la possibilità di ascoltarla. Poco dopo la pioggia è diminuita notevolmente. Ma il miracolo più grande è stato che la sua testimonianza di vita ha raggiunto il cuore di ogni giovane. È stato un momento solenne. Come quando abbiamo parlato della pace: pace dentro di noi sapendo perdonare, e con i vicini, concludendo con un time out per la pace in tutto il mondo. Tanti giovani hanno deciso di impegnarsi ad amare specialmente i più vicini, i familiari».
«Volevamo fare un’azione utile per il villaggio – raccontano –. Nonostante il pomeriggio caldissimo, siamo andati tutti con gli attrezzi portati dai giovani del posto a togliere le erbacce cresciute nella foresta e lungo il fiume. Un lavoro in mezzo al fango, i serpenti, le zanzare… C’era chi si stupiva di fare un tale lavoro, ma in tutti traboccava la gioia! E dietro di noi è rimasto un bel giardino. Alla sera, la festa. Abbiamo invitato tutte le famiglie, ringraziando le donne che ci avevano aiutato a preparare i pasti di quei giorni. Tanti talenti sono venuti fuori, superando la timidezza». «Nonostante non ci fosse elettricità – salvo quella del generatore -, telefono quasi inesistente e quindi neanche internet… oh, come ci è costato lasciare quel posto!». Il viaggio di ritorno a Yangon rimarrà indimenticabile, per la gioia del gruppo che si esprimeva in grandi risate e canti a non finire durante le 5 ore di pullman. «Tornati a casa – concludono –, con la scusa di uno di noi che partiva per l’estero per studiare, abbiamo organizzato subito un ritrovo nella stessa settimana, per guardare le foto e continuare a conoscere la vita di Chiara Luce. Si è ricreata l’atmosfera di quei giorni e anche i nostri nuovi amici hanno espresso il desiderio di imitarla». (altro…)
Ott 28, 2014 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Al ristorante «Dopo una discussione con un vecchio amico, egli, sentendosi offeso, rompe il rapporto con me. Gli scrivo una lettera di scuse: forse ho usato senza volerlo parole poco adatte alla sua sensibilità. Non ottengo risposta. Attraverso amici comuni, vengo a sapere che lui è irremovibile: si è ormai alzato fra noi un muro. Comincio ad avere un certo timore a incontrarlo, e talvolta per strada cambio direzione se lo intravedo da lontano. Finché arriva un sabato sera. Mia moglie ed io decidiamo di cenare al ristorante. Abbiamo già ordinato, quando dalla porta vedo entrare proprio quella persona insieme alla moglie. Appena anche lui si accorge di me, esita, come volesse andar via. Mia moglie ed io ci guardiamo un attimo: ci capiamo al volo. Con un sorriso andiamo incontro alla coppia per invitarla al nostro tavolo. Lui accetta, all’inizio perplesso, ma poi visibilmente contento dell’invito. La serata trascorre serena. È bastato poco perché il rapporto tra noi ritornasse quello di prima, come se nulla fosse mai accaduto» .R. S.- Francia Miracolo? «Durante una prova scritta un mio compagno, da tutti ritenuto il peggiore della classe, mi chiedeva insistentemente di fargli copiare il compito. Non lo ritenevo giusto e non gliel’ho passato. Siccome all’uscita voleva farmela pagare, le mie amiche mi suggerivano di avvertire l’insegnante. Io però avevo in mente un’altra tattica. L’ho avvicinato e gli ho chiesto: «Cosa avresti risolto ingannando i professori? Se vuoi, possiamo studiare insieme ricominciando il programma da capo». Ha accettato. Ora si impegna e studia. Tutti mi dicono che ho fatto un miracolo… ma io so che questi sono gli effetti dell’amore». E. – Camerun Il terrorista «Sono una maestra elementare e spesso vengo mandata a insegnare nei villaggi di montagna, dove trovano rifugio anche terroristi dell’estrema sinistra. Mi era già capitato di imbattermi in quei drappelli, ma ero riuscita a nascondermi fra le rocce. Una volta però mi hanno rapita e trascinata nel loro campo. Ricordo interminabili giorni durante i quali sono stata sottoposta a lunghi interrogatori. Nonostante la paura, ho cercato di rispondere con molto rispetto. Ad uno di loro, che ha cercato per ore di indottrinarmi sull’ideologia socialista, ho obiettato che occorre prima cambiare se stessi se vogliamo trasformare le strutture di potere che ci sembrano ingiuste: «A cambiarci è l’amore che ognuno ha per l’altro». Forse le mie parole lo hanno toccato. Fatto sta che dopo l’interrogatorio mi ha lasciata andare. Da quel giorno ho sempre continuato a pregare per quell’uomo. Recentemente l’ho riconosciuto in televisione, mentre davano la notizia di un terrorista che aveva consegnato le armi ai militari, lasciando il suo gruppo».N. – Filippine (altro…)
Ott 28, 2014 | Parola di Vita
Ecco, dunque, sgorgare dal cuore un inno di lode e di riconoscenza. Questo è il primo passo da fare, il primo insegnamento da cogliere nelle parole del Salmo: lodare e ringraziare Dio per la sua opera, per le meraviglie del cosmo e per quell’uomo vivente che è la sua gloria e l’unica creatura che sa dirgli: “E’ in te la sorgente della vita”. Ma non è bastato all’amore del Padre, pronunciare la Parola con cui tutto è stato creato. Ha voluto che la sua stessa Parola prendesse la nostra carne. Dio, l’unico vero Dio, si è fatto uomo in Gesù e ha portato sulla terra la sorgente della vita. La fonte di ogni bene, di ogni essere e di ogni felicità è venuta a stabilirsi fra di noi, perché l’avessimo, per così dire, a portata di mano. “Io sono venuto – dice Gesù – perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Egli ha riempito di sé ogni tempo e spazio della nostra esistenza. E ha voluto rimanere con noi per sempre, in modo da poterlo riconoscere ed amare sotto le più varie spoglie. A volte ci viene da pensare: “Come sarebbe bello vivere ai tempi di Gesù!” Ebbene, il suo amore ha inventato un modo per rimanere non in un piccolo angolo della Palestina, ma su tutti i punti della terra: Egli si fa presente nell’Eucaristia, secondo la sua promessa. E lì noi possiamo abbeverarci per nutrire e rinnovare la nostra vita. “E’ in te la sorgente della vita”. Un’altra fonte cui attingere l’acqua viva della presenza di Dio è il fratello, la sorella. Ogni prossimo, specie quello bisognoso, che ci passa accanto, se noi lo amiamo, non si può considerare un nostro beneficato ma un nostro benefattore perché ci dona Dio. Infatti, amando Gesù in lui [“Ho avuto fame (…), ho avuto sete (…), ero uno straniero (…), ero in carcere (…)] (Cf Mt 25,31-40) riceviamo in cambio il suo amore, la sua vita, perché lui stesso, presente nei nostri fratelli e sorelle, ne è la sorgente. Una fontana ricca di acqua è anche la presenza di Dio dentro di noi. Egli sempre ci parla e sta a noi ascoltare la sua voce, che è quella della coscienza. Quanto più ci sforziamo di amare Dio e il prossimo, tanto più la sua voce si fa forte e sovrasta tutte le altre. Ma c’è un momento privilegiato nel quale come mai possiamo attingere alla sua presenza dentro di noi: è quando preghiamo e cerchiamo di andare in profondità nel rapporto diretto con lui, che abita nel fondo della nostra anima. E’ come una vena d’acqua profonda che non s’asciuga mai, che è sempre a nostra disposizione e che ci può dissetare in ogni momento. Basterà chiudere un attimo le imposte dell’anima e raccoglierci, per trovare questa sorgente, pur nel bel mezzo del più arido deserto. Fino a raggiungere quell’unione con lui nella quale si sente che non siamo più soli, ma siamo in due: egli in me e io in lui. Eppure siamo – per suo dono – uno come l’acqua e la sorgente, il fiore e il suo seme. […] La Parola del Salmo ci ricorda, dunque, che è solo Dio la sorgente della vita e quindi della comunione piena, della pace e della gioia. Quanto più ci abbevereremo a questa fonte, quanto più vivremo di quell’acqua viva che è la sua Parola, tanto più ci avvicineremo gli uni gli altri e vivremo come fratelli e sorelle. Allora si avvererà, come continua il Salmo: “Quando ci illumini viviamo nella luce”, quella luce che l’umanità attende.
Chiara Lubich
Pubblicata su Città Nuova 2001/24, p.7, in versione integrale.
Ott 27, 2014 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
Jánoshalma è una cittadina di circa 10mila abitanti nell’Ungheria meridionale, con una presenza dell’etnia Rom di circa il 3%, dove l’integrazione sociale è un tema caldo. È l’ultima ad aver conferito la cittadinanza onoraria a Chiara Lubich, ancora in vita, nel febbraio 2008. In questo contesto, lo scorso 7 ottobre è stata inaugurata un’istallazione del Dado della Pace, come già nella città natale di Chiara, Trento, qualche anno fa. Il Dado è nel parco al centro della città, di fronte al municipio, quasi come simbolo dell’aspirazione della cittadina; vicino al parco giochi realizzato alcuni anni fa con il lavoro della comunità locale dei Focolari e il Comune su richiesta di alcuni bambini del Paese, che dicevano al Sindaco di non aver un posto bello e pubblico per giocare. La proposta è partita dal Movimento dei Focolari, ma l’idea è stata accolta all’unanimità dal Comune. Nella realizzazione del Dado, i cui lati sono di 120 centimetri, con la struttura portante a misura d’uomo, in posizione diagonale, si è lavorato insieme a tanti, attirando la generosità di qualcuno: la ditta che ha fatto una buona parte dei lavori, ad esempio, ha offerto tutto il suo lavoro gratis…
L’originalità di questo grande Dado è che si può “tirare”, come si fa con quello di piccole dimensioni: si può girarlo, cioè, in varie direzioni per lasciarsi poi ispirare dalla frase che esce… All’inaugurazione erano presenti 150 persone, tra cui diversi alunni di scuole elementari e medie e alcuni bambini più piccoli, che frequentano ancora l’asilo. I rappresentanti della scuola cattolica che da anni usano il dado nelle loro classi, volevano proporlo a tutti i cittadini. C’erano anche le e i gen4, i bambini che vivono la spiritualità dei Focolari, che hanno raccontato davanti a tutti alcune loro esperienze e di come cercano di amare tutti. La mattina seguente alcuni bambini, andando a scuola, hanno cambiato strada per passare accanto al dado e poter “tirare”. Per chi volesse esercitarsi con un po’ di ungherese, ecco le sei frasi del dado: megbocsátok a másiknak – perdono l’altro meghallgatom a másikat – ascolto l’altro mindenkit szeretek – amo tutti elsőként szeretek – amo per primo szeretem a mellettem lévőt – ci amiamo a vicenda szeretem a másikat – amo l’altro (altro…)
Ott 26, 2014 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità

La protagonista al workshop dell’EdC a Loppiano
«L’anno scorso ho avuto il piacere di partecipare ad un workshop dell’Economia di Comunione a Loppiano. Lì mi si sono aperti gli occhi: fino a quel momento ero proiettata nel capire “cosa faccio”, senza pormi la domanda di “chi sono”. Ho capito che il lavoro è una vocazione: dovevo trovare, quindi, la mia vocazione, ciò che mi avrebbe resa felice. Ero alla conclusione del mio percorso universitario in ingegneria biomedica. A ottobre 2013 mi sono laureata al Politecnico di Torino, dopo aver fatto una tesi al Politecnico di Losanna in Svizzera. 5 anni trascorsi all’interno del Politecnico, 8 ore al giorno di lezione. Studiavo di notte, passando intere giornate senza instaurare relazioni vere tra colleghi. In ambienti di una certa fama è molto forte l’individualismo, la paura di essere scavalcati e anche i professori trasmettono l’ “ansia da primato”. Dopo tanti sacrifici mi stavo per laureare in tempo e anche col massimo dei voti. C’era una buona probabilità che stessi per vincere il dottorato in Svizzera con uno stipendio alto, casa sul lago e ottimi amici che mi attendevano. Era un momento fondamentale della mia vita, dove potevo decidere grandi cose. Ma qualcosa mi faceva paura: l’attaccamento alla carriera, ai soldi. Desideravo avere gli strumenti per poter iniziare a lavorare, direi, “controcorrente”. In tempo di crisi tanti giovani come me hanno difficoltà a trovare lavoro ed io non volevo chiudermi nella carriera senza guardare nessuno. Così sono arrivata al workshop EdC con tante domande. Non ho trovato tutte le risposte, ma un clima di apertura, dove imprenditori, professori e giovani erano tutti insieme, alla pari, a guardare l’Italia di oggi con le sue sfide. Ho capito che i tanti soldi sarebbero stati il primo ostacolo per la mia felicità, per me fatta di altro. Conferma l’ho avuta quando sono andata nelle Filippine, prima di iniziare il dottorato che, in aereo, ho saputo di aver vinto! Si trattava di un viaggio sociale che avevo già organizzato, in cui ho toccato con mano una cultura ben diversa dalla mia.
Lì mi sono trovata sotto il tifone più forte del mondo, il tifone Yolanda, nel novembre 2013. Il popolo filippino, seppur spesso abbattuto da simili tragedie, aveva quella dignità che faceva sentire anche a me… di avere tutto per essere felice! Ho capito la differenza tra “povertà” e “miseria”. La “povertà” era quella che avevo visto nelle Filippine, la “miseria” è una povertà senza fiducia, senza speranza, che avevo visto nei volti di molti amici italiani in seguito a questa crisi. Qui in Europa entrano in gioco la depressione e gli psicologi… È vero, c’è la crisi. Ma c’è la casa sopra la testa e il pasto quotidiano pure. La dignità che ho scoperto nelle Filippine è una lezione che servirà per la mia carriera lavorativa. Per questo ho rinunciato alla carriera in Svizzera ed ora lavoro a Loppiano, in un’azienda di Economia di Comunione nata per formare giovani non solo a livello relazionale-sociale ma anche attraverso il lavoro. Qui non faccio l’ingegnere, ma la manovale, dove non esistono macchine automatiche. Lavoro la creta con le mie mani. E sento che, per essere un bravo ingegnere, dopo anni vissuti sui libri, serve anche mettersi dalla parte dell’operaio. Magari a qualcuno sembrerà che stia perdendo tempo, ma vorrei essere quell’ingegnere che, quando guarda gli operai, sa di guardare delle persone con una loro dignità, mettendole al centro del proprio lavoro». (Maria Antonietta Casulli, 25 anni, Italia) (altro…)
Ott 25, 2014 | Chiesa, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Quando ci siamo sposati avevamo tanti progetti, e tra questi il desiderio più grande era quello di avere un figlio. È stata una grande delusione scoprire che c’erano problemi che impedivano il concepimento. Io non l’accettavo, anzi ero convinta che una soluzione c’era e che avremmo presto risolto con l’aiuto della medicina, che ci dava buone speranze. Avevo 22 anni, quindi non ci è stato subito proposto di ricorrere alle tecniche di fecondazione in vitro (FIVET), ma di fare inizialmente delle cure meno invasive. In quel tempo, in attesa che qualcosa accadesse, ho cercato l’aiuto e il consiglio di un sacerdote della mia parrocchia che mi ha aiutata a considerare il vero valore della vita, dono prezioso che Dio ha voluto affidare alla responsabilità dell’uomo. La sofferenza che vivevo era causata dal mio forte desiderio di maternità da realizzare al più presto. C’era in me un conflitto sulla scelta della strada da seguire. Da una parte c’era il parere di alcuni medici che proponevano la FIVET come la soluzione giusta. L’altra strada era fidarci di Dio. Così abbiamo deciso con molta fatica di fermarci e non fare più nulla. La fecondazione omologa, infatti, pensiamo che smentisca alcuni aspetti importanti della verità dell’uomo. Noi crediamo che la vita è dono di Dio e non un “prodotto” da fabbricare in un laboratorio, senza la donazione d’amore tra gli sposi. Infatti, con questa tecnica il figlio non viene concepito nella loro carne, ma in una provetta. Avevo sempre considerato l’adozione come una esperienza bellissima, un grande atto d’amore, ma il mio forte desiderio di vivere la gravidanza mi portava a non prendere in considerazione questa via. La sofferenza mi ha aperto gli occhi per vedere oltre e capire che, come dice S. Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio, che “ la vita coniugale non perde il suo valore ma si può essere fecondi al di là della capacità procreativa, si può realizzare la paternità e la maternità in maniera splendida in tante forme di relazioni, di solidarietà verso chi ha bisogno”. Nasce, allora, in me l’idea di adottare un bambino e quando questa è stata condivisa con mio marito e accolta, ecco che avevamo appena “concepito” in maniera affettiva il figlio che Dio voleva donarci. Nell’autunno del 2004 abbiamo presentato al Tribunale per i minorenni la nostra dichiarazione di disponibilità all’adozione nazionale ed internazionale. Inizia l’attesa, il nostro bambino non era ancora nato ma era già nel nostro cuore, nei nostri pensieri. Non esisteva ancora, ma già pregavamo per lui. Samuele è nato in Vietnam e, il 19 aprile 2007, l’associazione a cui ci eravamo rivolti, ci comunicò che c’era un bimbo abbinato a noi. È stato l’inizio di una grande emozione che non è facile descrivere. Abbiamo subito condiviso questa gioia con familiari e amici; eravamo così felici che avremmo voluto gridarlo al mondo intero. Avevamo solo una sua fotografia che per noi genitori adottivi è come la prima ecografia, in cui vedi tuo figlio ma non puoi ancora abbracciarlo. Dopo aver affrontato un viaggio all’interno delle nostre emozioni, si trattava ora di affrontare il viaggio reale, salire a bordo di un aereo che ci avrebbe portato dall’altra parte del mondo per raggiungere nostro figlio. Il 29 maggio 2007 lo abbracciammo per la prima volta, e fu una gioia incontenibile. Questo giorno viene ricordato ogni anno come un secondo compleanno perché Dio ha benedetto la nostra famiglia con il dono di Samuele. Vogliamo ringraziare il Signore per tutti i doni che ci ha fatto: Dorotea, adottata nel 2012, e Michele, che abbiamo accolto in affidamento». (G. e G. – Italia) (altro…)