15 Gen 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«A Taiwan la questione dell’epidemia di ebola non ha fatto notizia, tranne quando sembrava che il pericolo potesse estendersi oltre i confini africani. Per la maggior parte della gente è un problema lontano che non ha niente a che fare con loro. Ma noi, Giovani per un Mondo Unito (GMU) – sia quelli di Taiwan che alcuni studenti di altri Paesi che studiano qui il cinese – sentivamo diversamente, perché ciascuno di noi a questo mondo è parte della stessa famiglia umana. Grazie ad un amico che ha vissuto in Sierra Leone ci siamo potuti mettere in contatto con John, un Giovane per un Mondo Unito proprio della Sierra Leone. Ci ha raccontato della terribile situazione che vivono, la carenza di cibo, i prezzi crescenti, le tante persone che hanno perso la vita e un governo che non ha risorse sufficienti per aiutare, ma anche degli sforzi che sia lui che altri fanno per assistere le persone in necessità. Così, abbiamo deciso di entrare in azione, e abbiamo organizzato una vendita di dolci. Anche se era una piccola cosa, ci sentivamo felici perché alla fine non eravamo più passivi di fronte ad una sofferenza così grande. Il tempo speso insieme a cucinare ci ha anche aiutato a rafforzare la nostra amicizia e ci ha dato un rinnovato impulso nel promuovere la pace e l’unità nella nostra vita quotidiana. Ci sono stati anche momenti di dubbio, se fossimo riusciti o meno a vendere tutti i dolci che avevamo fatto, ma abbiamo deciso di andare avanti, fiduciosi che se avessimo fatto tutto per amore degli altri, allora tutto avrebbe funzionato. Il giorno della vendita è stato fantastico perché abbiamo venduto tutto e alcune persone hanno donato dei soldi extra, così abbiamo guadagnato molto più del previsto. E, ancora più importante, molte persone si sono coscientizzate alla terribile sofferenza che l’ebola sta causando, e hanno visto come i Giovani per un Mondo Unito cercano di vivere per l’intera famiglia umana.
Tre ragazzi africani, che passavano per caso, ci hanno ringraziato per quanto facevamo per la “loro”Africa. Uno di noi ha risposto: “non la vostra Africa, ma la nostra Africa”, che riassumeva lo spirito di tutta l’iniziativa. Due impressioni dai nostri amici: “Quando ho sentito dell’epidemia di ebola – dice Chung Hao – non sapevo come aiutarli, e questo evento di solidarietà, anche se è un piccolo contributo, mi ha fatto sentire che quando i giovani sono uniti, sono davvero una potenza, non solo nell’aiuto concreto”. E Xin Ci: “La vendita di dolci è stata un’occasione importante per dare un contributo a quanti stanno soffrendo a causa dell’ebola. Quando arrivando ho visto i tavoli ricoperti di bei dolci invitanti, ero commosso al pensiero di quanto sforzo le persone avevano messo nel realizzarli. Ho sempre desiderato fare qualcosa per questo mondo, e questi piccoli gesti, fatti con l’infinito amore di ciascuno, possono essere comunicati in ogni angolo del mondo”. L’esperienza è poi continuata – scrive Brian da Taiwan – con una successiva vendita che ha coinvolto gli studenti della Fu Jen University. Oltre alla causa molto importante, queste azioni ci hanno ridato energia e portato un forte senso di cosa significa costruire un mondo unito». (altro…)
1 Dic 2014 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Domenica 22 novembre. È pomeriggio. Suona il campanello al focolare di Kinshasa. Davanti alla porta si ferma una macchina imponente – scrive Edi -. Vediamo uscire una signora impegnata in uno dei partiti politici più importanti del governo congolese. La donna scende accompagnata dalla sua guardia del corpo e porta con sé un grande pacco. Gioiamo al vedere che si tratta di Georgine, ex-deputata, tuttora impegnata in politica e che ora si occupa di mamme indigenti. L’abbiamo conosciuta da poco. Il pacco pesante che porta in mano è pieno di panie congolesi, un tessuto tipico dal quale si cuciono i vestiti tradizionali sia per donna che per uomo. “Ho voluto venire a trovarvi – ci dice –, perché ho saputo che avete perso una valigia… Ecco, con questi panie potrete rifarvi nuovi vestiti”. La donna condivide delle panie di alto valore, corrispondenti almeno a due salari mensili, sufficienti per noi e per altri. Alcuni giorni fa una di noi, ritornando da un convegno a Roma, aveva perso il bagaglio a mano all’interno dell’aereo. La valigia conteneva non solo i suoi vestiti, ma anche la “comunione di beni” che aveva raccolto in Italia per i poveri; un fatto che ci aveva procurato tanto dolore. Rimaniamo quindi sbalordite e in Focolare si scatena una danza spontanea intorno alla signora! Ma come mai questo gesto di una persona che solo da poco ci conosce?».
Era successo questo: andando a Messa la mattina, la signora aveva notato che una di loro, anziché togliere la polvere solo dal suo banco, spolverava anche gli altri senza che nessuno glielo chiedesse. Si era incuriosita e aveva voluto conoscere la vita di queste giovani rimanendo impressionata. «Dopo aver danzato intorno a lei, per ringraziarla – scrivono – Georgine ci spiega il motivo del suo gesto: “Volevo rendere grazie al nostro Dio per voi e condividere la gioia che ho in cuore perché ci siete! Colui che avete seguito non dimentica le sue figlie. In questo mondo di tenebre dove regnano le forze del male, voi vivete come agnelli in mezzo ai lupi. Non è facile vivere in mezzo al mondo ed essere donate a Lui. Ma abbiate coraggio, siete luce per il mondo”. Siamo, allora, andate insieme nella nostra piccola cappella per ringraziare il Signore». Dal Focolare di Kinshasa (altro…)
28 Nov 2014 | Parola di Vita
In questo periodo di Avvento, il tempo che ci prepara al Natale, si ripropone la figura di Giovanni il Battista. Era stato mandato da Dio a preparare le strade per la venuta del Messia. A quanti accorrevano da lui, domandava un profondo cambiamento di vita: “Fate opere degne della conversione” (Lc 3,8). E a chi gli chiedeva: “Cosa dobbiamo fare?” (Lc 3,10) rispondeva: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto” Perché dare all’altro del mio? Creato da Dio, come me, l’altro è mio fratello, mia sorella; dunque è parte di me. “Non posso ferirti senza farmi del male” , diceva Gandhi. Siamo stati creati in dono l’uno per l’altro, a immagine di Dio che è Amore. Abbiamo iscritto nel nostro sangue la legge divina dell’amore. Gesù, venendo in mezzo a noi, ce lo ha rivelato con chiarezza quando ci ha dato il suo comandamento nuovo: “Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi” (cf Gv 13,34). E’ la “legge del Cielo”, la vita della Santissima Trinità portata in terra, il cuore del Vangelo. Come in Cielo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo vivono nella comunione piena, al punto da essere una cosa sola (cf Gv 17,11), così in terra noi siamo noi stessi nella misura in cui viviamo la reciprocità dell’amore. E come il Figlio dice al Padre: “Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie” (Gv 17,10), così anche tra noi l’amore si attua in pienezza là dove si condividono non solo i beni spirituali, ma anche quelli materiali. I bisogni di un nostro prossimo sono i bisogni di tutti. A qualcuno manca il lavoro? Manca a me. C’è chi ha la mamma ammalata? L’aiuto come fosse la mia. Altri hanno fame? E’ come se io avessi fame e cerco di procurar loro il cibo come farei per me stesso. E’ l’esperienza dei primi cristiani di Gerusalemme: “Avevano un cuor solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era tra loro comune” (At 4,32). Comunione dei beni che, pur non obbligatoria, tra loro era tuttavia vissuta intensamente. Non si trattava, come spiegherà l’apostolo Paolo, di mettere in ristrettezze qualcuno per sollevare altri, “ma di fare uguaglianza” (2 Cor 8,13). San Basilio di Cesarea dice: “All’affamato appartiene il pane che metti in serbo; all’uomo nudo il mantello che conservi nei tuoi bauli; agli indigenti il denaro che tieni nascosto.” E sant’Agostino: “Ciò che è superfluo per i ricchi appartiene ai poveri.” “Anche i poveri hanno di che aiutarsi gli uni gli altri: uno può prestare le sue gambe allo zoppo, l’altro gli occhi al cieco per guidarlo; un altro ancora può visitare i malati.” “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto” Anche oggi possiamo vivere come i primi cristiani. Il Vangelo non è un’utopia. Lo dimostrano, ad esempio, i nuovi Movimenti ecclesiali che lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa per far rivivere, con freschezza, la radicalità evangelica dei primi cristiani e per rispondere alle grandi sfide della società odierna, dove sono così forti le ingiustizie e le povertà. Ricordo gli inizi del Movimento dei Focolari, allorché il nuovo carisma ci infondeva in cuore un amore tutto particolare per i poveri. Quando li incontravamo per strada prendevamo nota del loro indirizzo su un bloc-notes per poi andare a trovarli e soccorrerli; erano Gesù: “L’avete fatto a me” (Mt 25,40). Dopo averli visitati nei loro tuguri, li si invitava a pranzo nelle nostre case. Per loro erano la più bella tovaglia, le posate migliori, il cibo più scelto. Al nostro tavolo, nel primo focolare, sedevano a mensa una focolarina e un povero, una focolarina e un povero… A un dato punto ci sembrò che il Signore chiedesse proprio a noi di diventare povere per servire i poveri e tutti. Allora, in una stanza del primo focolare ognuna mise lì al centro quello che pensava di avere in più: un paletot, un paio di guanti, un cappello, anche una pelliccia… E oggi, per dare ai poveri, abbiamo aziende che danno lavoro e i loro utili da distribuire! Ma c’è sempre tanto da fare ancora per “i poveri”. “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto” Abbiamo tante ricchezze da mettere in comune, anche se può non sembrare. Abbiamo sensibilità da affinare, conoscenze da apprendere per poter aiutare concretamente, per trovare il modo di vivere la fraternità. Abbiamo affetto nel cuore da dare, cordialità da esternare, gioia da comunicare. Abbiamo tempo da mettere a disposizione, preghiere, ricchezze interiori da mettere in comune a voce o per iscritto; ma abbiamo a volte anche cose, borse, penne, libri, soldi, case, automezzi da mettere a disposizione… Magari accumuliamo tante cose pensando che un giorno potranno esserci utili e intanto c’è lì accanto chi ne ha urgente bisogno. Come ogni pianta assorbe dal terreno solo l’acqua che le è necessaria, così anche noi cerchiamo di avere solo quello che occorre. E meglio se ogni tanto ci accorgiamo che manca qualcosa; meglio essere un po’ poveri che un po’ ricchi. “Se tutti ci accontentassimo del necessario diceva san Basilio , e dessimo il superfluo al bisognoso, non ci sarebbe più né il ricco né il povero.” Proviamo, iniziamo a vivere così. Certamente Gesù non mancherà di farci arrivare il centuplo; avremo la possibilità di continuare a dare. Alla fine ci dirà che quanto abbiamo dato, a chiunque fosse, l’abbiamo dato a Lui.
Chiara Lubich
Pubblicata su Città Nuova 2003/22, p.7. (altro…)