Feb 28, 2019 | Testimonianze di Vita
Nella vita personale e sociale respiriamo un’atmosfera di crescente ostilità e competizione. Come cristiani possiamo dare una testimonianza controcorrente cominciando a ricostruire legami incrinati o spezzati. Separazione Dopo due anni di matrimonio, nostra figlia e suo marito hanno deciso di separarsi. L’abbiamo accolta di nuovo nella nostra casa e nei momenti di tensione abbiamo cercato di mantenerci calmi, con il perdono e la comprensione nel cuore, conservando un rapporto di apertura verso di lei e verso suo marito, soprattutto cercando di non avere giudizi verso nessuno. Dopo tre mesi di continuo ascolto, di aiuto discreto e di tante preghiere, sono tornati insieme con nuova consapevolezza, fiducia e speranza. (M.L. – Malta) In segno di perdono Pensavo di aver sempre fatto il mio dovere di cristiano, come Sindaco della mia cittadina e come padre. Quando però il mio primogenito, di 33 anni, sposato e padre di due bambini piccoli, è stato ucciso durante una rapina, mi sono ribellato contro Dio: perché era successo tutto questo? In seguito ho iniziato una cammino di vera conversione, durante il quale ho capito che Dio stesso aveva dato suo Figlio per amore nostro. Cinque anni dopo si è aperto il processo. In aula ho evitato di guardare verso gli imputati, ma quando ho incrociato lo sguardo del più giovane degli assassini, mi sono avvicinato a lui e ho allungato la mia mano per stringere la sua, in segno di perdono. (C.S. – Italia) Nuova atmosfera in reparto Sono responsabile di un reparto di un’azienda e a fine anno devo redigere le note di qualifica dei miei dipendenti. Una dipendente non aveva offerto molti elementi per essere valutata, per cui le ho chiesto un colloquio, grazie al quale ho scoperto di non conoscere tante cose di lei. Questo incontro mi ha aperto gli occhi e mi ha spinto a cambiare le cose, promuovendo varie iniziative per valorizzare i dipendenti, festeggiare i loro compleanni, organizzare feste con le loro famiglie. Non solo è migliorata l’atmosfera, ma è aumentato anche il rendimento. (M.T. – Ungheria) La palla Abbiamo due bambini molto vivaci. Una mattina ho visto Nathan piangere e Claire con la sua palla in mano. Subito gliel’ho presa per restituirla a lui: Nathan ha smesso di piangere, ma ha cominciato a piangere lei. Allora l’ho presa da parte per spiegarle che Gesù ci ha insegnato ad amare a condividere. Anche se è ancora una bambina, ha capito e ha dato la palla al fratellino. Ci sono state tante situazioni in cui stavo per punirla, ma sono riuscita a trovare in me amore e pazienza. Ora è lei sempre pronta ad aiutarmi. (J.N.J. – Filippine)
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.2, marzo-aprile 2019)
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Ago 1, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
N
el 2012, mentre ero ospite della famiglia di un amico, sono entrati in casa tre uomini armati. Dopo averci malmenati e costretti a terra, puntandoci le pistole continuavano ad urlare: “dove sono i soldi?” Il padrone di casa, rivolto ad uno di loro ha provato a dirgli che lo perdonava, ma che quello non era il modo di fare le cose. A queste parole egli si è arrabbiato ancora di più e tutti noi avevamo paura che facesse qualcosa di terribile. Invece, sorprendentemente, il rapinatore si è messo a piangere e a chiedere scusa. Gli altri due, che nel frattempo avevano messo insieme il bottino, sono usciti per scappare con l’automobile di famiglia. L’uomo – che sembrava essere il capo del gruppo – prima di raggiungerli ha chiesto se fra quanto avevano preso ci fosse stato qualcosa di importante perché, nel caso, l’avrebbe riportato. Il papà ha detto di tenere pure tutto, che andava bene così, ma che aveva bisogno della macchina per lavorare. Al che il ladro ha promesso che l’avrebbero presto restituita. Prima di scappare ha chiesto perdono ad ognuno. Mezz’ora dopo la macchina è apparsa intatta riportata dalla polizia. Personalmente, anche se quell’uomo aveva chiesto scusa, avevo una certa difficoltà a perdonare. Non mi andava di accettare che al mondo ci fossero delle persone che possono decidere della mia vita o di quella di gente a me cara. Probabilmente avevo bisogno di tempo. Contemporaneamente però sentivo di dover fare qualcosa, quantomeno cercare di capire la radice di tanta violenza. Con alcuni amici dei Giovani per un mondo unito (GMU) ho cominciato a frequentare un asilo di uomini senza tetto. Forse il condividere il dolore e le difficoltà di chi si trova nelle periferie del mondo poteva aiutarmi a ‘capire’. A questo asilo ci stiamo andando tutti i sabati: facciamo dei giochi, suoniamo la chitarra, guardiamo una partita di calcio (la Coppa del Mondo è stata incredibile!) a volte ceniamo insieme. Così conosciamo le loro storie, alcune veramente allucinanti. Sono persone che hanno bisogno di tanta forza, sia per perdonare chi ha fatto loro del male sia per perdonare loro stesse. Ma più di tutto sono persone che hanno bisogno di ricominciare. Un gruppo di specialisti le aiuta nel processo di recupero mentre il nostro ruolo è di crescere con loro, senza smettere mai di far loro sentire l’affetto. Che ormai, lo sperimentiamo, è diventato reciproco. Stando con loro mi sono resa conto che per tanti di essi, rubare è l’ultima risorsa, da sempre trattati come persone che non esistono. Io stessa mi sono domandata: «Cosa farei io al loro posto, se – come accade a loro – nessuno ti guarda, nessuno ti risponde, nessuno ti considera?». Ed è stato così che ho sentito di perdonare i tre rapinatori di quella sera. E mi sono accorta che questo mio riconciliarmi con loro, metteva un mattone per la costruzione della pace del mio paese. A dicembre 2013, a causa di uno sciopero della Polizia, tante persone hanno approfittato per saccheggiare aziende e negozi. Hanno rubato perfino in una ONG che raccoglie e distribuisce cibo per i poveri. È stata una piccola guerra tra la gente, con disordini e caos. Il giorno dopo, attraverso le reti sociali, con i GMU abbiamo mobilitato gli amici per pulire la città e anche per raccogliere cibo per la ONG. Da 15 che eravamo all’inizio siamo diventati più di 100 persone (oltre a quelle che hanno portato cibo). La sera i media TV, che erano venuti a riprendere l’iniziativa, hanno detto che c’è anche un’altra faccia della cronaca e che non solo era stato tutto ripulito, ma che anche i bambini di un quartiere molto povero avevano potuto mangiare. https://www.youtube.com/watch?v=9WX_TbWHvVw&feature=youtu.be Da allora, mentre noi continuiamo ad andare all’asilo di uomini di strada, un altro gruppo di GMU ha fatto amicizia con l’asilo ‘Angolo di luce’ cui erano andati gli alimenti che avevamo raccolto. Per cominciare, data l’imminenza del Natale, i GMU hanno procurato regalini per tutti i bimbi e organizzato un presepe vivente. Poi c’era da pensare al miglioramento dell’infrastruttura, precaria e insufficiente. Così hanno promosso una raccolta fondi presso amici, colleghi di università, la propria famiglia e organizzato varie attività e vendite di torte. Alcuni dei giovani stanno aiutando anche nei workshop di igiene orale e di ortocultura, mentre il progetto continua con la costruzione dei bagni e il rifacimento dell’impianto elettrico. I GMU si stanno davvero dando da fare. Ma anche l’asilo sta facendo la sua parte, almeno così affermano loro stessi: «L’asilo ci ha dato la possibilità di sognare grandi cose e di credere che attorno a noi ci sono tutte le mani di cui abbiamo bisogno per portare avanti le cose. Basta fare il primo passo». Fonte: United World Project (altro…)
Feb 1, 2015 | Cultura, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Le due voci si intrecciano in un crescendo di sofferenza e di speranza, di commozione e di meraviglia. Fino a farci scoprire il segreto che li ha portati a ricomporre quell’unità che sembrava irrimediabilmente spezzata. Ad iniziare il racconto è Fili: «Con Nacho siamo sposati da 24 anni e abbiamo due figli. Io sono la sesta di undici fratelli. C’erano dei dolori nella mia famiglia, come il sapere che mio padre aveva un’altra moglie ed altri figli e questo mi faceva tanto soffrire». «Anch’io da piccolo – interviene Nacho – ho sofferto per l’assenza di mio padre e la poca attenzione di mia madre. A prendersi cura di me è stata la mia nonna materna. Con Fili ci siamo sposati innamorati, ma con un vuoto esistenziale molto grande nel quale ciascuno di noi si identificava con l’altro. Abbiamo unito le nostre solitudini, ma non ci conoscevamo interiormente e presto ci siamo accorti di non saper amare e neppure cos’è l’amore». «I nostri problemi sono cominciati fin dall’inizio del matrimonio – prosegue Fili –. Io ero molto gelosa e possessiva, al punto da far sì che Nacho cambiasse continuamente lavoro». «Un atteggiamento il suo – prosegue Nacho – che provocava in me rancore, ira e frustrazione e le discussioni fra noi non finivano mai. In questo ambiente così poco ospitale sono nati i nostri figli. Sia io che Fili avevamo un amore molto forte per loro, ma non essendoci amore fra noi due, pensavamo di sopperire con cose materiali, invece avremmo dovuto dare loro ascolto, tenerezza. Così sono passati 15 anni. Deluso da questa situazione, sono andato via di casa. L’avevo fatto altre volte, ma ogni tentativo di tornare e ricostruire il nostro rapporto falliva. Come fare, mi domandavo, quando una relazione è completamente spezzata?». Riprende Fili: «Infatti per me era impossibile ricostruirla, tant’è vero che ho accettato che tornasse, soltanto perchè vedevo la sofferenza dei figli che avevano bisogno di lui». «Un sabato sera – riprende Nacho – guardavo alla TV un programma di boxe. Non mi sembrava così interessante così ho cambiato canale. Sono capitato in un programma religioso e per curiosità sono rimasto a guardare. C’era una donna (dopo ho saputo che era Chiara Lubich) che parlava dell’Amore. Le sue parole hanno avuto un forte impatto su di me. Alla fine del suo discorso, hanno fatto scorrere alcune immagini della cittadella del Movimento dei Focolari in Messico, che si trovava vicina al nostro paese, ma che non conoscevo». «Così, all’indomani – incalza Fili – siamo andati a Messa a El Diamante (è questo il nome della cittadella) con tutta la famiglia. Ci ha colpito il modo in cui ci hanno ricevuto, era come se ci avessero conosciuti da sempre. Mancava soltanto una settimana alla Mariapoli, un convegno che si sarebbe svolto proprio lì, e abbiamo deciso di andarci. La proposta del primo giorno era la frase del Vangelo: “Perdona fino a settanta volte sette”. Mi sono chiesta: ma come è possibile perdonare sempre? La spiegazione l’ho avuta quando ci hanno parlato di Gesù nel suo abbandono: Egli non solo perdonò, ma diede la sua vita per noi. Mi sono accorta che di fronte ad un tale amore, i miei dolori erano molto piccoli. Non è stato facile ricominciare, ma la Parola “Perdona settanta volte sette” mi ha sempre aiutata a farlo». «Anche a me – confida Nacho – quella Mariapoli ha capovolto la vita. Ho imparato ad avere fiducia in quel Dio a cui tutto è possibile. Con Fili abbiamo imparato ad amarci nella diversità. Poco a poco ci siamo innamorati l’uno dell’altro. Abbiano scoperto una pienezza d’amore mai sperimentata, neanche quando eravamo fidanzati, perché ora ci amiamo nella libertà, in Dio». (altro…)
Set 9, 2014 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Alla fine era capitato anche a noi. In quest’Italia della crisi in cui la stampa registra un aumento dei furti per strada, in auto e nelle case, anche il nostro caso andava a sommarsi a quello di migliaia di persone che si ritrovavano abitazioni o auto scassinate ad arte. Al ritorno da una bella giornata in un parco acquatico con le nostre bambine, ci siamo accorti che qualcuno al parcheggio si era intrufolato nella nostra macchina. Un rapido controllo e la conta dei danni è bell’e fatta: serratura forzata, furto delle chiavi di casa e di tutti i documenti. Inoltre, i ladri – evidentemente dei professionisti – per fare in modo che ci accorgessimo del furto il più tardi possibile, hanno scassinato la portiera di sinistra e hanno lasciato il navigatore nel cassetto del cruscotto, dopo averlo spostato per prendere i documenti che ci stavano sotto. Abbiamo subito provveduto a mettere in atto tutti gli accorgimenti del caso: la denuncia ai carabinieri, in primis; l’avviso ai vicini di tenere gli occhi aperti se avessero notato movimenti anomali attorno a casa nostra e l’indomani mattina abbiamo provveduto a sostituire tutte le serrature di casa, operazione non proprio indolore dal punto di vista del portafoglio, che però abbiamo potuto affrontare grazie ad un aiuto inaspettato che avevamo ricevuto giusto il giorno prima: il rimborso di una somma inattesa dalla scuola in cui lavorava mia moglie Sonia. La cifra spesa per la sostituzione delle serrature era praticamente la stessa che era stata accreditata sul nostro conto. Naturalmente le bambine avevano vissuto con noi questo scombussolamento familiare e per questo ne abbiamo voluto parlare insieme. Ricordando la frase del Padre Nostro: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, il discorso è andato naturalmente sul tema del perdono. Ci siamo detti che questa era la nostra occasione per perdonare non solo a parole, ma con il cuore e senza conservare rancore. Anche la Parola di Vita ci ha aiutato. Abbiamo recitato tutti insieme una preghiera proprio per i “nostri” ladri, lasciando la libertà alle nostre figlie di aderire o meno. Le bimbe hanno subito accettato. Abbiamo chiesto che queste persone si convertissero. È stato un momento di unità familiare forte ed intenso, continuato poi con un bel dialogo sulla giustizia e il senso del perdono. Per noi genitori è stata l’occasione di essere testimoni credibili. Qualche giorno dopo, a mezzogiorno, mentre con le bimbe stavamo pregando per la pace una di loro ci chiede: “Possiamo pregare ancora per i ladri?”». Fonte Città Nuova online (altro…)
Lug 2, 2013 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Fin da piccolo – racconta frate Tarcisio Centis – ho potuto attingere dalla mia famiglia i valori cristiani nella specifica angolatura francescana. Proprio per questo, quando ho sentito la chiamata alla vita religiosa tra i francescani, ho risposto con entusiasmo. Il noviziato e gli studi teologici fatti ad Assisi — alle radici della vita di san Francesco—, mi hanno arricchito di una ulteriore luce e consapevolezza riguardo ai capisaldi della vita cristiana incarnati da Francesco. Durante gli studi teologici mi sono sentito attirato ad approfondire, in particolare, l’aspetto liturgico come valore fondante la vita cristiana: l’Eucarestia. La celebrazione eucaristica era veramente per me culmine e fonte di vita. Il contatto con la spiritualità di Chiara [Lubich] – prosegue – ha rafforzato in me la dimensione contemplativa, indicandomi nuove possibilità di vivere l’unione con Dio. Inoltre mi ha fatto riscoprire il valore del fratello come un “dono” (proprio come dice Francesco) visto sia nella sua individualità, che nella sua globalità e unità. E questo mi ha aiutato a sentirmi più Chiesa, nella fraternità conventuale e per l’aspetto missionario.
Dopo 12 anni di servizio nella missione in Indonesia, sono rientrato con l’esigenza di riposare e di ricaricarmi spiritualmente. Ho trascorso un periodo presso la Claritas di Loppiano — centro di spiritualità in cui religiosi provenienti da diverse congregazioni sperimentano l’unità nella diversità dei carismi — e ricordo che una sera a cena si è accesa una discussione molto forte con un altro missionario proprio sul valore della liturgia. Sono uscito dalla sala da pranzo col cuore agitato, e non riuscivo a tranquillizzarmi: sentivo quel fratello sempre più lontano. Poi è incominciato ad affiorare in me: “Come puoi dire di amare Dio che non vedi, se non ami il prossimo che vedi?”. Allora il fratello viene prima della liturgia? Sì, prima il fratello! Prima di andare a letto, l’ho cercato, sono riuscito a chiedergli scusa, ed ho ritrovato la pace; il nostro rapporto si è rafforzato. Ho capito, in quella circostanza, che la “liturgia del fratello” deve precedere la liturgia Eucaristica». Nel giugno 2012 fr. Tarcisio rientra per la seconda volta dall’Indonesia, dopo solo tre anni, a causa delle precarie condizioni di salute. Nuovamente soggiorna presso la Claritas. «Nel clima della cittadella – confida – pian piano riprendevo le forze fisiche ed anche quelle spirituali. Nonostante il clima sereno che respiravo, mi ritrovavo spesso a pensare alle difficoltà vissute in Indonesia con alcuni confratelli». «Il Padre Provinciale mi aveva detto di perdonare, ed io pensavo di averlo fatto, ma la radice di quella sofferenza era rimasta, e riaffiorava con qualche pensiero negativo… A volte ho sentito forte la tentazione di fuggire, per il contrasto che provavo tra l’ambiente in cui vivevo e questi sentimenti. Ho cominciato (…) a sforzarmi di amare Gesù in ogni fratello, fino a sentire una particolare unione con Dio. Giorno dopo giorno si sono sciolti dentro di me il rancore e la rabbia. È subentrata non solo una pace nuova, ma un rapporto con Dio più vero e più profondo, pieno di gioia». Adesso, pensando a quei fratelli, fr. Tarcisio non solo sente di aver perdonato, ma anche riconoscenza per essere stato “costretto” a percorrere la via proposta da Chiara che è la stessa proposta dal Concilio Vaticano II: il fratello via aperta ad ogni uomo. Fonte: Unità e Carismi, 1-2/2013. (altro…)