Gli auguri di Gibì e DoppiaW
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“Casa del pane”: è il significato del nome Betlemme. Prendendo spunto dal nome Betlemme, l’Autore ha impostato la novena di Natale, un cammino di preparazione, individuale e comunitario, alla venuta di Gesù, come il racconto in 9 tappe della vita di un chicco di grano: viene seminato nella buona terra; lasciato “riposare” al buio durante il freddo dell’inverno; risvegliarsi al calore del sole e germogliare; trasformarsi in una spiga matura; viene raccolto e macinato; impastato e cotto per essere il pane che Gesù nell’Ultima Cena benedice e spezza per i suoi. Così è la parabola della vita di ogni cristiano: diventare, attraverso un susseguirsi di dolori e difficoltà inspiegabili ma necessari, un altro Gesù. Seguendo passo dopo passo la parabola di un chicco di grano, l’Autore traccia un cammino di preparazione, individuale e comunitario, alla venuta di Gesù.
Nella Costa d’Avorio, fra il 2002 ed il 2006 si è combattuta una guerra civile poco nota in Europa e nel mondo. Non si è trattato di una guerra di religione, anche se alcuni media hanno cercato di presentarla come tale. Era un conflitto politico per il controllo del potere. I Focolari sono presenti in quel Paese, nella capitale Abidjan e a Man, dal 1975. «Allo scoppio delle ostilità, quando la zona di Man ha cominciato ad essere bersaglio dei ribelli, i Paesi occidentali hanno consigliato ai loro connazionali l’evacuazione immediata. Il centro di raccolta per la partenza degli stranieri si trovava davanti ad uno dei nostri centri, la cittadella Victoria. Il Centro si stava riempiendo di profughi, allora abbiamo deciso, europei ed africani, di restare con la popolazione. Una scelta certamente rischiosa, ma motivata dal desiderio di condividere il dramma che coinvolgeva tutti». Da quel momento, hanno lavorato insieme per accogliere le migliaia di persone che si sono riversate nel loro centro. I rifugiati appartenevano a diversi gruppi tribali ed erano musulmani, cristiani e seguaci delle religioni tradizionali africane. Tutti sono stati accolti senza alcun tipo di distinzione. Da parte dei membri dei Focolari si sono offerti i locali per una sistemazione provvisoria. Molti dei rifugiati hanno portato quanto potevano.
«La vita all’interno dell’area, pur fra i disagi dovuti al conflitto, è continuata come lo era nella città con una convivenza pacifica ed integrata delle diverse comunità, sia pure con inevitabili tensioni. Si è anche realizzata una vasta operazione di condivisione di beni di prima necessità (vestiario, cibo ed acqua). Tutti i dottori ed infermieri erano fuggiti, su informazione del governo, e l’unico medico rimasto era uno di noi, che ha provveduto alla cura di tutti senza nessuna discriminazione, compresi i ribelli, che, per un periodo di tempo hanno controllato l’area di Man. Non appena il governo ha ripreso il controllo della zona, la maggior parte delle persone sono partite per i villaggi, ma alcuni sono rimasti». L’esperienza di Man mette in evidenza alcuni aspetti tipici del modo di agire delle comunità dei Focolari in situazioni a rischio: «In primo luogo, la presenza sul territorio ispirata da anni di vita evangelica ha creato una comunità inter-etnica che ha offerto un locus di accoglienza e di pace; i membri della nostra comunità, mossi da una forte motivazione spirituale, hanno maturato la scelta di restare con la gente, condividendo il loro destino. Realizzando il principio della fratellanza, abbiamo garantito un’accoglienza a tutti, senza alcun tipo di discriminazione. Da questo è nata una fiducia reciproca, che ha permesso a migliaia di persone non solo di sopravvivere, ma anche di condividere quanto avevano con altri. La fiducia che si è generata tra tutti, compresi i ribelli, ha assicurato la possibilità anche di mettere in salvo altre vite. Infatti alcuni ribelli, a rischio della loro vita, hanno scortato un bus speciale, che ha potuto portare nel territorio controllato dal governo, i bambini ospiti di un ospedale caduto in mano ad altri di loro. Infine, grazie allo sforzo di tutti, si è mantenuta una certa coesione del tessuto sociale». Leggi anche: Più potente delle armi (altro…)
Povertà in Centro America e nel Sud del continente, giovani, cultura digitale, la donna, le culture originarie, gli afrodiscendenti, movimenti sociali, le nuove prospettive teologiche del continente. Alcuni degli argomenti trattati durante il II Seminario di Antropologia Trinitaria, promosso dal Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM), e che si é realizzato ad ottobre scorso a Cochabamba (Bolivia). Sotto il titolo “Una Antropologia Trinitaria da e per i nostri popoli. Alterità e pluralità”, il simposio è stato portato avanti da una équipe composta da teologi esperti dell’America Latina (gesuiti, conventuali, sacerdoti del clero e laici) e la presenza del teologo italiano Piero Coda, preside dell’Istituto Universitario Sophia (IUS), ateneo internazionale dei Focolari, con sede presso la cittadella di Loppiano (Firenze). Da evidenziare la partecipazione attiva di 4 studenti dello IUS provenienti dalla Bolivia, Colombia e Argentina. Infatti, l’ateneo sta muovendo i primi passi per radicarsi anche in America Latina. Il primo giorno, si è tenuta una conferenza stampa online con giornalisti per presentare il primo libro dell’équipe che già ha lavorato l’anno scorso nel seminario realizzato nella cittadella argentina dei Focolari “Mariápolis Lia”. Presenti giornalisti di Brasile, Colombia, Paraguay, Cile, Ecuador, Perù, Bolivia e Argentina. Una nota singolare è stata la visita realizzata all’Istituto di Missionologia, di cui il direttore dott. Roberto Tomichá, aborigene francescano, è membro dell’équipe centrale di Antropologia Trinitaria. I congressisti hanno visitato il centro di studio che è stato pensato secondo categorie e parametri indigeni. Il quell’occasione il direttore, ha espresso la sua convinzione di trovare nell’antropologia trinitaria “il fondamento per la teologia dei popoli originari”. Affinché questo itinerario di riflessione comune, di pensiero e vita continui, si è deciso che sia il nascente Istituto Universitario Sophia latinoamericano a rappresentarli davanti al CELAM. In questo accordo ci sono i diversi atenei a cui appartengono i vari partecipanti. Trattandosi di teologi riconosciuti a livello latinoamericano e anche mondiale, hanno sorpreso tutti le loro impressioni che sottolineano “la profonda libertà e feconda creatività che sperimentiamo nell’équipe di lavoro, nella metodologia stabilita, e nell’orizzonte verso il futuro”. Il prossimo appuntamento sarà in Argentina nel 2015. (altro…)
«Questo dado sia il segno che ci ricorda che la pace è un bene prezioso, da coltivare sempre, con l’impegno di tutti». Sono le parole del vicesindaco di Trieste, Fabiana Martini, nell’inaugurazione dell’aiuola e il “Dado della Pace”, il 21 novembre scorso. La struttura in acciaio e policarbonato, di 60 cm per lato, ubicata nel giardino pubblico “Muzio de Tommasini” della città, porta sulle sei facce i singolari motti: “ci aiutiamo a vicenda, perdono l’altro, amo per primo, ascolto l’altro, condivido con gli altri e accolgo tutti”. Promossa dal Comune di Trieste e realizzata dall’associazione Azione per un Mondo Unito (AMU), espressione sociale del Movimento dei Focolari, nel centenario dell’inizio della prima guerra mondiale, l’iniziativa è frutto di un progetto già avviato in altre città italiane come Trento e Rovigo, ma anche in paesi più lontani come l‘Ungheria ed il Pakistan. Quale l’obiettivo? Quello di favorire percorsi di educazione alla pace, coinvolgendo in particolare bambini e ragazzi delle scuole ma anche insegnanti, educatori, famiglie e tutti gli adulti di ogni età che desiderano impegnarsi su questo importante e sempre attuale fronte.
Alla partecipata e affollata cerimonia, condotta da Roberto Mosca di Azione per il Mondo Unito e allietata dalle musiche e dai canti di tanti bambini, ragazzi e giovani, hanno preso parte numerose classi di scuole di ogni ordine e grado e sono intervenuti anche, oltre al vicesindaco Fabiana Martini, gli assessori comunali ai Lavori pubblici, Andrea Dapretto, e all’Educazione, Antonella Grim, che hanno sottolineato la validità del progetto, nonché l’importanza e il valore di costruire relazioni vere e di pace. Chi passerà davanti alla nuova “aiuola della pace” con al centro il “dado della pace”, potrà farlo ruotare, per cominciare, quasi per gioco, a cercare di costruire un personale, ma sempre importante cammino di pace. Ispirato all’arte di amare proposta da Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, questo “gioco pedagogico” punta così a far mettere in pratica ogni giorno la frase che esce dal lancio del dado. L’iniziativa si sviluppa nell’ambito di un progetto didattico più ampio, che ha visto e vede impegnate diverse insegnanti, numerose classi di scuole, soprattutto materne ed elementari, che hanno già iniziato con i ragazzi un quotidiano percorso di sensibilizzazione alla pace e alla solidarietà. Fonte: Ufficio Stampa Comune di Trieste (altro…)