Gen 3, 2012 | Centro internazionale, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dunque, per parlare di speranza occorre ammettere che ci manca Dio? Credo che molti oggi ammettano che qualcosa ci manca; magari non lo chiamano Dio ma, ovunque vado, io vedo una gran sete, a fronte del nulla con cui siamo abituati a confrontarci; cerchiamo qualcosa che dia senso al vivere, perché l’uomo di fronte al nulla si annienta.
Lei viaggia per seguire il Movimento, in Europa, in America, in Asia. Che cosa in questi viaggi le dà ragione di speranza? Quest’anno sono stato in diverse città del mondo, e ho incontrato ogni volta centinaia di ragazzi, invitati dai giovani del Movimento. Ragazzi anche lontani dalla fede. I nostri stessi giovani si sono stupiti di quanti avevano accolto l’invito; e io, personalmente, da come erano attenti, partecipi, con domande vive e brucianti: cosa ti resta, quando ti muore un amico? Come si può pensare di sposarsi, quando tutto è così incerto? Ho visto in questi ventenni, nello stesso tempo, un grande vuoto e un grande bisogno. Ma quel bisogno era già il principio di una domanda (leggi tutto)
Gen 2, 2012 | Cultura
Il volume – «Incomprensioni, difficoltà di vario tipo, attese tradite…: queste “benedette” diversità tra uomo e donna sono sotto gli occhi di tutti! Le diversità: croce e delizia! Tante coppie, dopo le prime delizie, rimangono solo con le croci. L’altro/a è così diverso da come si pensava all’inizio… Uomini e donne, nati per vivere serenamente insieme, eppure perennemente in conflitto». (dall’introduzione) Gli autori – Maria e Raimondo Scotto, sposati da 36 anni, hanno tre figlie. Raimondo è medico, Maria psico-pedagogista. Sono impegnati nel Movimento Famiglie Nuove, per sostenere ed accompagnare tante coppie nel loro cammino a due. Collaborano con la rivista Città Nuova, su cui curano insieme ad altri una rubrica sulla famiglia. Per la collana Passaparola hanno scritto a quattro mani Sessualità e tenerezza (2010) Per l’editrice Raimondo ha scritto Le declinazioni dell’amore e Orizzonti di libertà e Maria Inseguendo l’anima gemella, percorsi di un rapporto di coppia (2011). La collana – PASSAPAROLA Una collana di libretti per tutti. Brevi. Agili. Intensi. Approfondimenti, riflessioni, esperienze di vita dalla prospettiva di una cultura relazionale.
Dic 28, 2011 | Cultura
- Incertezza del futuro, di M.Grazia Baroni
Scegliere giorno per giorno ciò che vogliamo, e impegnarci. Nulla cambia dall’oggi al domani senza sporcarsi le mani.
- relativismo e valori, di M.Chiara Janner
Il significato della vita può a volte oscurarsi o scomparire, ma rimane ancora molto su cui posso esercitare la mia volontà e la mia capacità di scelta.
- ambiente, di Daniele Renzi
Il rapporto Uomo-Natura è qualcosa di molto più bello, un corteggiarsi che dura da secoli.
Amare non altro che per amore.
Cosa è per me il dolore? Un segno dell’Amore di Dio!
- internet, di Chiara Andreola
Essere “attori responsabili” dell’informazione, per contribuire al meglio a questo ecosistema di cui tutti sono parte.
- relazioni, di Cristina Buonaugurio
La più grande dimostrazione dell’amore vero: quell’amore proprio di chi non vuole possedere l’altro, non dipende dall’altro né ha bisogno di riempire la propria solitudine con la sua presenza, ma sa essere tutt’uno con lui pur restando pienamente se stesso. E concludono con 7 domande a 7 adulti. Perché la vita è una cosa seria. O no? A cura di: Chiara Andreola – Dopo il conseguimento della laurea in lingue e la scuola di giornalismo “Carlo de Martino” a Milano, è giornalista professionista dal 2009. Attualmente lavora al sito web di Città Nuova. Mariagrazia Baroni – Laureata in Conservazione dei beni culturali. Redattrice dei siti web dell’editrice Città Nuova ed Unità e Carismi. Ha collaborato con Michele Zanzucchi per la nuova edizione di “Io ho tutto. I 18 anni di Chiara Luce”. È anche coautrice di “Chiara Luce. Life love light” edito da Città Nuova.
Dic 28, 2011 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
«Sono giovani, sono un’onda. Chi li guida è come un surfista: tutti vedono il suo bel numero, ma è l’onda che lo spinge. Sono giovani, sono una corrente. Chi la prende giusta va lontano senza faticare». Comincia così la lettera aperta di Don Pietro Raimondi, cappellano del carcere di San Vittore, a Milano, dove un gruppo di giovani dei Focolari, alla vigilia di Natale, ha portato una ventata di calore, vivendo insieme ai carcerati un «silenzioso miracolo di luce». La storia parte da quando questi giovani hanno iniziato ad animare le Messe della domenica in carcere: un’esperienza toccante che ha lasciato il segno. A distanza di qualche mese, pensando al Natale, hanno voluto lanciare l’idea di “Buono dentro e buono fuori” con la sfida di riuscire a raccogliere panettoni sufficienti per ogni cella del carcere. «La cella è la sola casa del detenuto – scrivono i Giovani per un mondo unito – e quindi in ogni cella – cioè in ogni casa della grande città che è il carcere di San Vittore – vogliamo portare il Natale». «È da loro che vengono le idee, le proposte, le intuizioni migliori – continua il cappellano. E a chi mi dice che sono incostanti e mutevoli dico che questo è tipico di ogni liquido. Però aggiungo che i liquidi hanno una proprietà magica: non li puoi comprimere. La pressione che esercitano è enorme, spostano montagne. Sono giovani e ti fanno pressione inventandone sempre una in più. Chi li ascolta è fortunato e cammina sull’acqua».
«Oggi siamo stati a portare i panettoni a San Vittore! – adesso è uno dei giovani a parlare – Eravamo una bella squadra, chi li scaricava dai furgoni, chi li metteva nei sacchi neri, chi li portava fino al metal detector… ce n’era per tutti insomma! Poi quattro di noi hanno avuto il bellissimo regalo di poter portare i panettoni da distribuire nelle celle. Penso sia impossibile descrivervi l’emozione del varcare la soglia delle celle, dare il panettone ad ogni detenuto e vedere la loro gioia, il loro stupore, la loro gratitudine. Non solo, per la prima volta dopo tanto tempo, non vedevano solo guardie e compagni di cella… ma li andavamo a trovare portandogli un dono, un dono perché loro potessero passare bene il Natale. E anche noi viviamo un Natale diverso….molto più vero».
«La generosità degli adulti spesso sedimenta in abitudine e ogni loro slancio creativo tramonta rapido in un tradizione rigida – scrive Don Pietro, che di Natali a San Vittore ne ha visti tanti. Persino donare dei panettoni ai detenuti rischia di trasformarsi in un gesto istituzionale. Sempre lo stesso offerente, con lo stesso furgone della stessa ditta… E il gesto meccanico della distribuzione uccide lo slancio che stava all’origine». «Loro no. Loro, i giovani, ti dicono “perché non…?”. Loro hanno lanciato una sfida anzitutto a se stessi, poi al mondo intero: non compreremo nemmeno un panettone né cercheremo chi faccia una donazione massiccia. Parleremo di quel mondo oscuro che sta dietro il muro di cinta. Parleremo per le strade, nelle scuole, agli amici ed in famiglia. Parleremo di loro, di quelli che non ci importa se sono buoni o cattivi, colpevoli o innocenti, ma che certo hanno bisogno di un gesto di amore. Quei gesti che non sono un soccorso ad una carenza ma un di più.
E la risposta è oltremisura. Si puntava a 450 panettoni, uno per cella. Diventano presto 500, poi 1000, infine 1400 e poi si perde il conto. Possiamo solo dire che oggi vi erano in carcere 1553 uomini e 96 donne, senza contare gli agenti e gli operatori. E pare che tutti ricevettero un dono…». «E noi che vi scriviamo – conclude il cappellano – siamo, ancora una volta, quelli che hanno ricevuto il dono più bello. Quello di aver visto i volti di questi giovani mentre distribuivano i panettoni. Quello di aver visto gli occhi di chi li riceveva. Quello di poter immaginare le mani di bimbo, anziano o chissà chi, che li ha donati. E quello infine di potervi raccontare come testimoni questo silenzioso miracolo di luce avvenuto oggi negli inferi di San Vittore». Su Città Nuova leggi anche: Miracolo di luce http://www.cittanuova.it/contenuto.php?TipoContenuto=web&idContenuto=332565# [nggallery id=81] (altro…)
Dic 27, 2011 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Riportiamo la testimonianza di Hanaa Keisar, raccontata in occasione del Conferimento del Premio Madre Teresa di Calcutta in memoria di Chiara Lubich, il 10 dicembre 2011
«In Egitto come sapete quest’anno si è segnata una tappa speciale e inaspettata: il crollo del regime dittatoriale. A quasi un anno dal primo vento di speranza e di libertà, ci troviamo in una fase delicata dove regnano l’insicurezza, lo scoraggiamento, la grande crisi economica e la grande paura del futuro. Nonostante questo scenario, abbiamo costatato con meraviglia come Dio ci sta aiutando a creare una tela nascosta, intessuta di rapporti veri e fraterni. Mentre vi arrivavano le notizie sui giornali e la TV di attacchi sanguinosi a chiese in vari posti del paese o di atti di violenza contro le folle dei manifestanti pacifici nella piazza Tahrir, in uno dei quartieri del grande Cairo, abbiamo lavorato insieme, cristiani e musulmani – tutti animati dall’ideale di unità che ci ha trasmesso Chiara -, ad un progetto, piccolo se si vuole, ma simbolo di unità: il progetto ‘Appartengo’.
Di fronte alla sfiducia, al disinteresse e all’indifferenza in cui si trovavano tanti egiziani, il progetto ha lo scopo di ridare il senso di appartenenza al proprio Paese spingendo le persone a scoprire le sue ricchezze culturali e abbellire angoli tralasciati e sporchi. È nata così – promossa dall’artista egiziano Helhamy Naguib – l’iniziativa di dipingere murali che esprimano la fraternità, la pace, l’armonia e che responsabilizzino all’impegno civico. Ci siamo lanciati per 2 giorni, con 40 giovani e adulti, a colorare il muro di una scuola in un quartiere popolare e povero col tema “Abbiamo il diritto di sognare!”. Eravamo a 8 mesi dalla rivoluzione del 25 gennaio. Anche se tutto era in regola, la mattina dopo ci arriva la notizia del comune di cancellare il disegno, senza nessuna spiegazione. Era una piccola fiammella che si spegneva.
Ed oggi, nel dopo rivoluzione, ci chiama il responsabile di un quartiere proprio a fare un murale e addirittura nei giorni dei nuovi disordini in Piazza Tahrir. Armati dalla convinzione che la fratellanza è possibile fra tutti, abbiamo iniziato il lavoro coinvolgendo piano piano tutti gli abitanti del quartiere: bambini, giovani e anziani, avvocati e operai, musulmani e cristiani.
Il murale, previsto solo per 60 m, si allungava man mano che i passanti, meravigliati, si fermavano per dipingere con noi, felici di poter dare il loro contributo al segno di uguaglianza e di fraternità. Non era tanto il murale, anche se importante, ma la testimonianza che si dava nel farlo insieme. “La vostra iniziativa è la campagna più riuscita per ridare vita e bellezza alla nostra città”, esclama un signore. Uno dei candidati al nuovo parlamento, tornando dalla piazza Tahrir, ci ha sfidato dicendo: “Voi pensate che con questo bel quadro cambierete l’Egitto?”. È stata la gente del posto a rispondergli: “Questo è ciò che noi possiamo fare. Il cambiamento dell’Egitto lo iniziamo da qua!”.
Si cerca di operare un cambiamento di mentalità, come sta avvenendo con un altro dei nostri progetti rivolto ai minorenni lavoratori, per restituire loro l’infanzia perduta e la loro dignità di persone. Abbiamo assistito a un vero cambiamento nel loro comportamento: da indisciplinati e aggressivi, a ragazzi capaci di rispettare e amare anche il diverso da loro. Tutti sono musulmani e senza parlare di come deve essere il rapporto tra cristiani e musulmani, fra tutti si vive la cosiddetta regola d’oro: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”». (H. K. – Egitto ) (altro…)
Dic 23, 2011 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dal 2008 lavoro in una ONG. Ho iniziato coordinando un’area sotto la supervisione della direttrice esecutiva. Alla fine del 2010 vado in vacanza e, al mio ritorno, trovo che questa persona ha chiesto le dimissioni e mi chiedono di assumere il suo incarico. Quando comincio, trovo alcune pratiche in sospeso e, tra queste, una piuttosto delicata. In pratica, si trattava di un vero furto, visto che durante il 2007 e il 2008 l’ex direttrice aveva sottratto le tasse dagli stipendi dei lavoratori e dall’ONG, e poi non le aveva versate allo Stato. Perciò la multa che dovevamo pagare s’aggirava intorno ai 75.000 dollari, che per la nostra organizzazione voleva dire una cifra enorme. La ex direttrice, forse per coprirsi, aveva versato sul conto di ogni lavoratore una certa somma corrispondente a quello che era stato detratto in quegli anni dal loro stipendio, tenendo invece per sé la parte che l’organizzazione avrebbe dovuto pagare allo Stato. Ciascuno di noi ha ricevuto queste somme senza conoscerne il motivo ed eravamo sorpresi e contenti. Io, ad esempio, ho visto arrivare sul mio conto 12.000 dollari oltre allo stipendio. Per quanto contenta, la coscienza mi diceva che c’era qualcosa di sbagliato, perciò ho pensato di restituire quei soldi in più. Ho contattato degli avvocati per sapere come gestire la situazione e loro mi hanno consigliato di falsificare i documenti, anche il contratto dei lavoratori, ecc… perché, secondo loro, lo Stato non avrebbe mai capito una situazione del genere, e quindi avrebbero applicato comunque la multa. Ma io volevo essere fino in fondo coerente con la mia scelta di vita di voler costruire una società più giusta. Che cosa avrebbe fatto Gesù al mio posto? – mi sono chiesta. Senz’altro sarebbe andato controcorrente. Così, mi sono decisa di agire di conseguenza e di coinvolgere nella decisione anche i miei colleghi.
Ho detto loro che la prima cosa da fare era quella di restituire i soldi che non ci appartenevano e di scrivere al Ministero delle Finanze spiegando con chiarezza l’accaduto, chiedendo il condono della multa. Con mia grande sorpresa, tutti i colleghi erano d’accordo e così abbiamo fatto. Intanto l’ex direttrice, anche se aveva già lasciato il Paese per assumere un altro lavoro, mi ha fatto sapere che era molto arrabbiata con me e che le sembrava esagerato voler restituire i soldi allo Stato. Non capiva la mia decisione e diceva che questo avrebbe infranto lo spirito di èquipe costruito negli anni. Ma per me e per gli altri colleghi significava essere coerenti con i nostri doveri di lavoratori, certi che Dio – che vede tutto – ci avrebbe aiutati. Dopo tre mesi di contatti e udienze con il Ministero delle Finanze, abbiamo ricevuto con gioia la notizia dell’annullamento della multa. Infatti, i funzionari sono stati colpiti dalla nostra onestà e al gesto volontario di restituire il denaro dovuti allo Stato. Abbiamo toccato con mano la risposta di Dio a chi lo ama e cerca di essere coerente con i valori cristiani. Di recente, abbiamo dovuto presentare il bilancio della nostra ONG. Il Consiglio Fiscale ha concluso che la nostra organizzazione è un punto di riferimento anche per altre ONG, per la trasparenza nella gestione e per il modo come affrontiamo insieme i problemi. A. G. – Luanda – Angola (altro…)