Dic 11, 2014 | Cultura, Nuove Generazioni
Osservare, coinvolgere, pensare. Ma anche: agire, valutare, celebrare. Sono 6 azioni che riassumono i passi per elaborare un progetto sul territorio che coinvolga un’intera comunità a partire dai ragazzi. Come? Stimolando uno sguardo diverso nel proprio percorso quotidiano, ad esempio da casa propria a scuola, raccontando situazioni, fatti che segnalino un problema specifico. Da lì, la pianificazione di un intervento che rispetti gli indicatori “pro sociali” e di fraternità, intendendo per “pro sociali” quei comportamenti che, senza aspettarsi niente in cambio, favoriscono gli altri secondo i loro bisogni, aumentando la possibilità di generare una reciprocità positiva.
Questo è solo uno dei progetti e delle azioni in campo nel grande panorama dei Ragazzi per l’Unità: c’è Run4Unity, Super Soccer, il Cantiere Uomo Mondo, Coloriamo la Città, i Progetti-dare di Schoolmates e altro ancora in elaborazione, possibile grazie anche ad una rete di animatori, giovani e adulti. Nei giorni scorsi si sono radunati a Castel Gandolfo (27-30 novembre), un centinaio, provenienti in maggioranza dall’Italia, con rappresentanti da Francia, Belgio, Lussemburgo, Spagna, Portogallo, Slovenia, Ungheria e con un po’ di chilometri in più da Guatemala, Paraguay e India. Ad unirli, la passione di formare le nuove generazioni, lavorando insieme. Non lesinano tempo ed energie, nella convinzione che «senza una adeguata opera di formazione, è illusorio pensare di poter realizzare un progetto serio e duraturo a servizio di una nuova umanità». Lo aveva detto papa Francesco, all’udienza generale col Movimento dei Focolari, nel consegnare la parola “fare scuola”. «Chiara Lubich aveva a suo tempo coniato un’espressione che rimane di grande attualità: oggi – diceva – occorre formare “uomini-mondo”, uomini e donne con l’anima, il cuore, la mente di Gesù e per questo capaci di riconoscere e di interpretare i bisogni, le preoccupazioni e le speranze che albergano nel cuore di ogni uomo». Ma per formare, bisogna formarsi: è per questo che ampio spazio è stato dato ad approfondire il pensiero di Chiara Lubich sull’educazione, e ad un approccio psico-pedagogico mirato a promuovere “Life Skills” (competenze per la vita) nel gruppo di adolescenti. Oltre all’educazione “tra pari”, di cui un adolescente ha necessario bisogno, rimane fondamentale il ruolo dell’animatore, un adulto che dà fiducia, che lascia spazio per la creatività, la libera iniziativa, la possibilità di sperimentare se stessi, di mettersi alla prova.
Ed è con questo sguardo che prendono vita anche le nuove iniziative, come Up2Me-Project, un progetto di educazione all’affettività e sessualità nell’età evolutiva, portato avanti in sinergia tra l’equipe dei Ragazzi per l’Unità e Famiglie Nuove, che si rivolge a preadolescenti e adolescenti. Il paradigma di riferimento è la persona-relazione, nella visione antropologica che scaturisce dal carisma dell’unità, cioè la persona nel suo essere in relazione con l’altro, nella capacità di amare ed essere amati, di donare e di accogliere. L’invito poi a cogliere i “segni dei tempi” nella rivoluzione digitale, e a immergersi in questa cultura senza ingenuità, viene da Jesús Morán in un momento di dialogo con gli animatori. E Maria Voce, nel rilanciare, a 30 anni dalla nascita del vasto movimento giovanile dei Focolari, il percorso dei Ragazzi per l’Unità invita ad «una maggiore attenzione alla povertà e alla sobrietà di vita» camminando insieme ai ragazzi per uscire dal rischio costante del consumismo che, per l’ultimo modello di smartphone, ti fa perdere magari di vista le grandi povertà materiali. (altro…)
Dic 3, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Un torneo di calcio dove a vincere non è una squadra bensì due e da punti del pianeta alle volte molto distanti? Dove si pratica e si premia l’Art Play? Dove gli sponsor sono disposti a donare per ogni goal segnato un contributo per finanziare borse di studio per ragazzi di paesi svantaggiati? Tante iniziative e progetti di solidarietà? Un “terzo tempo”…? «Questo e molto altro è stato il Super Soccer World 2014 – ci racconta Federico Rovea, tra gli organizzatori dell’evento –. La manifestazione sportiva è stata promossa da “Ragazzi per l’Unità” del Movimento dei Focolari ed ha coinvolto 56 squadre di calcio di varie città nel mondo». Vincono due squadre. Caratteristica del torneo è che a vincere sono due squadre di città gemellate, che simbolicamente giocano insieme a distanza, dando alla gara una dimensione planetaria. Tra i 14 gemellaggi: i ragazzi di Bečej, cittadina della Serbia, gemellati con Tlencem in Algeria; quelli di Loppiano (Italia) con i ragazzi di Florianópolis in Brasile, la città italiana di Rieti ha giocato in contemporanea con Buenos Aires (Argentina). Quest’ultimo gemellaggio, come anche per gli altri, non è stato solo “ideale”. Infatti durante il torneo è stato possibile un collegamento telefonico con l’Argentina per condividere con i partecipanti sudamericani lo stesso spirito di amicizia e fraternità. I ragazzi di Rieti hanno comunicato – oltre all’esperienza della giornata – anche alcuni progetti di solidarietà nati proprio grazie al Super Soccer. E cioè: l’organizzazione di un’attività sportiva per ragazzi diversamente abili ed una raccolta fondi per i bisognosi, con una vendita di dolci. Forte il coinvolgimento dei genitori presenti, entusiasti dell’iniziativa. Art Play. Sui campi sportivi, i ragazzi hanno messo in gioco – oltre alla passione per lo sport – lo spirito dell’Art Play. Si tratta di quattro regole fondamentali: • Il rispetto per gli altri • la cooperazione • la responsabilità • la relazione Veri cardini del torneo che contribuivano al punteggio delle squadre tanto quanto i goal fatti. Gli arbitri vigilavano, quindi, non solo sul rispetto delle regole del calcio ma anche sullo spirito che animava i partecipanti, dando un punteggio positivo a chi si distingueva nel viverlo. «I ragazzi erano attenti a queste regole come ai goal. Secondo me, questo regolamento dovrebbe essere inserito tra le regole dei campionati mondiali», affermava uno dei professori di ginnastica coinvolti nell’organizzazione.
Borse di studio. Legato al torneo è anche il progetto “Schoolmates”, con la proposta di trovare uno sponsor che in ogni città fosse disposto a donare, per ogni goal segnato, un contributo economico per finanziare borse di studio a favore di ragazzi nei paesi svantaggiati. I 367 goal segnati hanno reso € 2.370, per un totale di 22 borse di studio. Il “terzo tempo”. Un momento di festa condiviso tra i partecipanti all’evento sportivo e i giocatori, che ha contribuito a portare lo spirito della gara sportiva anche fuori dal terreno di gioco. Super Soccer World, una festa più che un torneo, caratterizzato dalla mondialità e dalla condivisione, dalla solidarietà e dal rispetto dell’altro, che i ragazzi hanno la possibilità di sperimentare dentro e, soprattutto, fuori dal campo di calcio. Appuntamento al prossimo anno! (altro…)
Nov 27, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
Ogni anno a settembre nella cittadella Lia, in Argentina, si svolge la Festa dei Giovani; questa volta ha avuto come titolo: “Viviamo questa pazzia” e si è svolta presentando uno spettacolo in cui, in mezzo ad una festa di carnevale, si mostra come tante persone, indossando maschere, perdono così la loro identità, diventando parte di una moltitudine disordinata e senza volto. Lo spettacolo ha mostrato, con workshop, teatro, esperienze, musica e coreografie, l’importanza della scelta di uno stile di vita controcorrente, basato sull’amore evangelico. La giornata è stata così bella e coinvolgente che ha contagiato i 120 partecipanti di Mendoza, città ai piedi delle Ande argentine, che hanno lasciato la cittadella Lia con nel cuore il desiderio di fare ripetere la Festa dei Giovani nella loro città. Per trasformare questo sogno in realtà c’è stato bisogno, però, di molto lavoro: basti solo pensare che si dovevano far arrivare a Mendoza i quasi 100 giovani attori che avevano dato vita allo spettacolo alla Cittadella Lia, con un viaggio di più di 900 chilometri, ed ospitarli per tre giorni.
Il 10 novembre è stato il primo show davanti a 500 persone, tra cui diverse classi di scuole, ma anche giovani delle periferie della città. «Vediamo molti problemi nel nostro mondo – esordiscono i giovani attori dal palco –, e qualcuno aspetta che siano gli altri a cercare soluzioni. Qui siamo 90 giovani di 20 Paesi che hanno deciso di non aspettare più. Vogliamo essere i protagonisti di questo cambiamento, e abbiamo scoperto la ricetta: lavorare per costruire l’unità della famiglia umana». Il giorno dopo, il secondo spettacolo, in un Centro Congressi a 40 km da Mendoza. Anche questo tutto esaurito, con le 500 poltroncine piene e gente in piedi e con alcuni ragazzi che erano arrivati appositamente da una scuola distante ben 250 km. I giovani che hanno assistito allo spettacolo sono rimasti positivamente sorpresi nel vedere il centinaio di coetanei provenienti da 20 nazioni diverse che, con una grande qualità artistica, hanno presentato loro un modo di vivere del tutto diverso da quello imposto dalla società attuale. In entrambi gli spettacoli la proposta di uno stile di vita basato sull’amore che diventa servizio concreto agli altri, è stata accolta e tutti sono ripartiti con il cuore pieno di gioia.
Ma anche per gli stessi “attori”, cioè i ragazzi che trascorrono un periodo della loro vita nella cittadella Lia, questa trasferta è stata importante in quanto ha dimostrato che vivere la “pazzia dell’amore” è possibile se ognuno si propone di fare la propria parte, senza guardare ciò che è stato né ciò che sarà, ma solo puntando al presente, sfruttandolo bene. Uno tra i tanti messaggi ricevuti a caldo per WhatsApp: «TUTTO È STATO BELLISSIMO! È stato vivere davvero il titolo della giornata: “Viviamo questa pazzia”, perché questi 3 giorni sono stati indimenticabili. Anche le mie amiche che sono venute sono rimaste entusiaste ed emozionatissime! Per me è stato speciale anche poter conoscere meglio i giovani venuti dalla Cittadella Lia. Continuiamo a vivere insieme questa pazzia!». Leggi anche: Argentina, mille giovani per una pazzia (altro…)
Nov 11, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria

L’arcivescovo John Dew di Wellington
Siamo in Nuova Zelanda, nel cuore di Wellington, capitale di una terra all’apparenza lontana e ai confini, eppure terra che ha aperto braccia e porte a tanti popoli. Mossi dalle notizie delle guerre in corso in Iraq, Gaza, Ucraina, Centro Africa, così come dal crescente timore per l’incapacità di far fronte all’avanzare dell’ebola e mossi anche dagli appelli alla pace del Papa in tantissime occasioni, così come dalle persone della comunità del Movimento dei Focolari, e non solo, provenienti da questi Paesi, i giovani neozelandesi hanno sentito l’urgenza di ritrovarsi in un luogo pubblico per dare voce all’ansia di pace che portano dentro. L’Arcivescovo di Wellington, John Dew, ha offerto un suo contributo alla serata, fra canti, preghiere e testimonianze. Tra queste, la testimonianza di due ragazze provenienti dall’Iraq, che si sono conosciute in Nuova Zelanda, dopo che, entrambe le famiglie, si sono trasferite in questa terra: Sendirella e Ayssar, la prima cristiana, la seconda musulmana. Raccontano del loro Paese, di ciò che le ha unite. Si sono incontrate per la prima volta a casa di amici comuni e da lì è cominciata un’amicizia che le ha portate a condividere sogni, studi, passioni e viaggi. Sendirella dice “siamo diverse”, e subito Aysser aggiunge, “ma siamo uguali”. Poi continuano dicendo come per molte persone la religione sia proprio una delle più grandi diversità, forse anche un ostacolo, e di come invece per loro non è mai stato un problema, anzi, le ha avvicinate. “Nella religione dell’una”, dice Sendrella, “abbiamo sempre visto e riconosciuto elementi della religione dell’altra”. 
Sendirella e Ayssar
Poi, parlano del loro Paese: un Iraq associato oggi a guerra, minoranze che devono fuggire, torture, mentre il paese dei loro genitori è un Iraq dove il tuo vicino può essere un cristiano, musulmano, ebreo o yazidi; “un Iraq, dice Ayssar, dove la differenza di religione è sempre stata vissuta come una realtà e non un problema”. Oggi questo Iraq sembra così lontano. E continua, “ci hanno detto che la pace è impossibile”. E Sendirella continua, “invece noi sappiamo che pace non è una parola di una costituzione, non è un particolare sistema di governo, non sta nemmeno in raid aerei che vogliono costringere alla pace. Noi sappiamo che sta invece nell’osservanza quotidiana dei nostri principi e valori, che è qualche cosa che si costruisce dal basso, piuttosto che dall’alto”.
Kathleen, giovane universitaria, racconta come, a seguito di un malinteso nell’appartamento che condivide con altre giovani universitarie, ha sentito la spinta a chiedere scusa e di come questo gesto, prima tanto difficile e impegnativo, ha poi aperto la porta ad un rapporto nuovo con quella giovane.
Il momento di preghiera si è concluso con l’invito ad essere tutti costruttori di pace, sigillando questo impegno con l’annodare un nastro bianco ad un piccolo albero dal nome maori, Kowhai. È uno degli alberi originari della Nuova Zelanda. Il suo fiore, giallo intenso, è una delle immagini che rappresentano la Nuova Zelanda. Ha molte caratteristiche medicinali e tante specie di uccelli trovano nutrimento nel nettare che produce. Pur sottile nei suoi rami, il Kowhai è un albero forte e che può crescere fino a 20 metri di altezza. Un bel simbolo dell’umile ma forte grido di pace che i giovani hanno lanciato in questa serata. (altro…)