Movimento dei Focolari
Chiesa, volto di speranza

Chiesa, volto di speranza

Vivere la Chiesa nella sua dimensione comunitaria attraverso il metodo sinodale. Questo uno dei messaggi scaturiti dal Convegno ecclesiale organizzato dal Movimento dei Focolari di Italia e Albania che si è tenuto a inizio novembre presso il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo in Italia. Un evento che ha visto la partecipazione di un migliaio di persone, di diverse età e vocazioni, che aderiscono alla spiritualità dei Focolari, ma anche referenti di altre associazioni.

Cristiana Formosa e Gabriele Bardo, responsabili dei Focolari in Italia e Albania hanno messo in luce il percorso compiuto finora insieme ad altre realtà della Chiesa italiana. È nato tutto da “un profondo dialogo cresciuto nel tempo, tra sacerdoti e laici; un lavorare insieme, persone di tutte le diramazioni dell’Opera di Maria (ovvero Mov. dei Focolari); una valorizzazione crescente di tutti quelli che a vario titolo operano nella chiesa locale e negli organismi diocesani e nazionali. […] Sentiamo che in questi ultimi anni è molto cresciuta questa sensibilità all’interno del Movimento e sia a livello nazionale che locale si collabora molto di più con altri Movimenti e Associazioni ecclesiali”.

Nella prima giornata, il prof. Vincenzo Di Pilato, docente di Teologia fondamentale e coordinatore Accademico del Centro Evangelii Gaudium ha messo in rilievo (testo) la figura di Maria come Madre di Dio e Madre dell’umanità, evidenziando la radice trinitaria dell’incarnazione e la dimensione sociale di Maria.

A seguire il Card. Giuseppe Petrocchi ha approfondito la realtà dell’essere Chiesa oggi, sottolineando come occorre avere una bussola valoriale per capire come muoversi, quale chiesa essere e come essere chiesa. Bisogna studiare e amare il contesto socioculturale del territorio in cui si agisce e guardare i segni dei tempi: cosa il Signore ci chiede oggi.

Spazio quindi a varie esperienze su progetti educativi rivolti alle persone emarginate, sulle nuove generazioni, la fraternità universale, l’opzione dei “poveri” per una sinodalità inclusiva.

La seconda giornata si è arricchita con la presenza della Dott.ssa Linda Ghisoni, Sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia, Vita, la quale ha portato il saluto e l’incoraggiamento del Prefetto del Dicastero il Card. Kevin Joseph Farrell. La dott.ssa Ghisoni ha donato una riflessione meditativa dal titolo “Dimensione mariana: una Chiesa dal volto sinodale”. Ripercorrendo la vita di Maria ha affermato che anche noi dobbiamo “fidarci di Dio che è fedele. A noi, lontano da ogni trionfalismo, stare in piedi davanti alle situazioni più dure della nostra società, della nostra famiglia, del nostro movimento. A noi non vergognarci se sembriamo appartenenti ad un gruppo di falliti, se abbiamo tra noi dei pusillanimi, e accogliere la chiamata ad una sempre nuova generatività, annunciando con la vicinanza, la cura, l’ascolto, con intelligenza, attenzione e dialogo, che Dio è fedele, è vicino, è misericordioso”.

E ha ricordato le parole che il Cardinale Farrell ha indirizzato al Movimento dei Focolari nell’80° della sua nascita: “L’ideale che Chiara (Lubich) vi ha trasmesso rimane sempre attuale, anche nel mondo secolarizzato di oggi, così diverso da quello degli inizi dell’Opera. Il vostro carisma contiene in sé una grande carica vitale, ma come dice spesso il Santo Padre: ‘non è un pezzo da museo… bisogna che entri in contatto con la realtà, con le persone, con le loro inquietudini e i loro problemi. E così, in questo incontro fecondo con la realtà, il carisma cresce, si rinnova e anche la realtà si trasforma, si trasfigura attraverso la forza spirituale che tale carisma porta con sé’”.

Con Marina Castellitto e Carlo Fusco si è approfondito il tema sull’universale vocazione alla santità, attraverso le figure di alcuni membri dei Focolari per i quali è stata avviata la causa di beatificazione.

A seguire l’esperienza della Settimana Sociale dei cattolici italiani tenutasi a Trento nel mese di luglio 2024. “Quei giorni sono stati un’esperienza di ascolto e approfondimento del qui ed ora del nostro tempo: interrogarci sul nostro essere comunità di credenti nella più vasta comunità ecclesiale e quindi politica come storia e trama di relazioni umane” ha affermato Argia Albanese presidente del Movimento politico per l’unità (Mppu) Italia.

La giornata è proseguita con l’esperienza della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali (CNAL) alla presenza della segretaria dott.ssa Maddalena Pievaioli. La Consulta è il luogo nel quale esse vivono in forma unitaria il rapporto con l’Episcopato Italiano offrendo la ricchezza delle loro associazioni e accogliendone fattivamente i programmi e le indicazioni pastorali. L’augurio è che si possa sempre più diffondere questa realtà all’interno delle Associazioni. 

A chiudere la condivisione di alcune buone pratiche come il  Centro Evangelii Gaudium, le esperienze del Movimento Diocesano di Pesaro e Fermo e approfondimenti sul dialogo ecumenico e su quello interreligioso, sul dialogo con persone di convinzioni non religiose e su quello con il mondo della cultura.

L’ultimo giorno ha visto la partecipazione di Margaret Karram e Jesús Morán, Presidente e Copresidente del Movimento dei Focolari. Margaret ha raccontato la sua recente esperienza al Sinodo in quanto convocata tra nove personalità in qualità di invitati speciali. “Il Sinodo, con i suoi 368 partecipanti, tra vescovi e laici, di cui 16 delegati fraterni di altre Chiese cristiane, ci ha offerto un esempio perfetto della dimensione universale di questa speranza – ha affermato Margaret –. Venivamo da 129 nazioni e ciascuno di noi era portatore della propria realtà: di pace, di guerra, di povertà, di benessere, di migrazione, di gioie e dolori di ogni genere. Per questo direi che il primo messaggio forse il più importante, è la dimensione profondamente missionaria del Sinodo. […] E la prima lezione che abbiamo imparato è: camminare insieme, testimoniare insieme, abbiamo bisogno gli uni degli altri. La seconda lezione è stata la pratica spirituale del discernimento che richiede: libertà interiore, umiltà, fiducia reciproca, apertura alla novità”. (…) La nostra responsabilità è “quella di farsi portatori di sinodalità in ogni ambito: quello ecclesiale in primis, basti pensare a quanti tra noi, e qui sarete moltissimi! sono impegnati nella propria Chiesa locale. Ma, noi membri dell’Opera di Maria, non possiamo limitarci solo a questo ambito, siamo un Movimento laico e questa laicità è essenziale, viene dal Carisma e non possiamo perderla. Il Sinodo ha sottolineato in moltissime occasioni che dobbiamo ‘allargare la nostra tenda’ per includere proprio tutti, specialmente quelli che si sentono fuori”.

Jesús Morán ha tenuto una meditazione-riflessione sull’essere oggi Chiesa di speranza. “La speranza  – ha affermato – ci fa superare la paura. La speranza va unita alla fede e all’amore, le tre sorelle della vita teologale. La speranza è una virtù comunitaria, ci libera dall’isolamento dell’angoscia e ci lancia verso il “noi”; un “noi” che diviene amore concreto al fratello”.

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Lorenzo Russo
Photo: FocolarItalia

Valencia (Spagna): dopo la DANA, la solidarietà

Valencia (Spagna): dopo la DANA, la solidarietà

La provincia spagnola di Valencia ha subìto, alcuni giorni fa, uno dei più grandi disastri naturali della sua storia, dopo che forti piogge hanno causato massicce inondazioni – la DANA – nelle città e nei paesi della regione.

Al momento si contano 214 morti e 32 persone ancora disperse. Si stima che siano state colpite 800.000 persone, un terzo degli abitanti della provincia di Valencia. Circa 2000 piccoli locali commerciali sono stati invasi da acqua e fango e hanno perso tutto. Le automobili navigavano, come se fossero barchette di carta, per le strade ammucchiandosi l’una sull’altra. Non è ancora stato stilato l’elenco di quante famiglie abbiano perso la fonte del loro sostentamento. Un grande disastro aggravato dalla proroga indefinita delle opere pubbliche necessarie per evitare che si verifichino vere e proprie inondazioni come queste.

Un grande disastro che, però, è stato affiancato da una grande solidarietà. Nei giorni successivi, quando le acque hanno iniziato a ritirarsi ed hanno reso visibile l’accumulo di fango che ricopriva tutto, migliaia di volontari, per lo più giovani, hanno iniziato ad arrivare nella zona del disastro camminando con pale e scope per mettersi al lavoro.

“Questa è stata, e continua ad essere, una tragedia immensa. Molto al di là di quanto avremmo potuto immaginare. Non riuscivamo a credere che stesse succedendo”, afferma José Luis Guinot, oncologo medico e presidente dell’Associazione Viktor E. Frankl di Valencia per il supporto emotivo nella malattia, nella sofferenza, nella morte e in qualsiasi perdita vitale. È stato convocato dal Consiglio comunale per collaborare a un centro di assistenza sanitaria e di supporto creato per l’occasione, per “ascoltare e accogliere coloro che hanno bisogno di raccontare cosa è successo loro e cosa stanno vivendo”.

Il dott. Guinot racconta che qualche giorno dopo, partecipando alla Messa domenicale, gli fa male sentire che si prega solo per i morti, per le persone colpite dall’alluvione, senza proporre nient’altro. Poi riflette e pensa “Attenzione, non basta solo pregare, anche se dobbiamo pregare molto. È necessario stare vicino alle persone per dare speranza. E’ lì noi come cristiani, come Movimento dei Focolari, dobbiamo dare quella speranza al di là delle cose molto dure che viviamo. Ma insieme e uniti è il modo in cui possiamo aiutare a uscire da questa situazione”.

In una delle località colpite, una famiglia dei Focolari con bambini piccoli ha avuto la casa allagata. Non ci sono state conseguenze gravi, ma nulla di ciò che avevano è più utilizzabile: lavatrice, frigorifero, tutti gli elettrodomestici, i mobili… L’aiuto delle altre famiglie non si è fatto attendere: chi ha lavato tutti i loro vestiti, chi ha regalato loro una lavatrice nuova…

Eugenio è un membro dei Focolari che ha una disabilità dovuta alla poliomielite. Per anni è stato impegnato nella Federazione degli Sport Adattati di Valencia, di cui è stato il Presidente. Ha molti problemi di mobilità e nei giorni successivi all’alluvione non è stato in grado di muoversi. Ma, con il telefono a portata di mano, da casa ha mobilitato le associazioni locali dei disabili che si sono organizzate per chiedere aiuto. “Dobbiamo dare idee, aiutare a creare solidarietà, generare donazioni”, chiarisce José Luis Guinot e così queste associazioni hanno reperito sedie a rotelle per coloro ai quali l’alluvione le ha rese inutilizzabili.  

“Penso che sia un allarme per l’intera società. È noto che in Spagna stiamo vivendo un periodo di conflitto politico molto polarizzato”, riflette José Luis. “Ma c’è un’altra società di persone, ci sono tanti giovani che pensiamo siano sempre attaccati ai social network e che invece, ora sono lì, nel fango, e ci chiedono una società della solidarietà, un mondo unito, una società dove la fraternità sia sentita. Questo messaggio, fino ad ora, non era stato accettato bene dai politici. Ma ora nessuno lo può mettere in discussione”.

Con la comunità dei Focolari si incontreranno il prossimo fine settimana, per pensare e pianificare insieme, passati questi giorni di emergenza, il servizio che possono fornire. Perché “tra due o tre mesi ci sarà bisogno di sostegno emotivo, di sentirsi parte di qualcosa, di una comunità o di una parrocchia… Lì avremo un compito molto grande: usare molto il telefono, essere in grado di andare a trovare le persone, lasciare che ci raccontino, incoraggiarle sapendo che è molto difficile quello che vivono, ma che siamo al loro fianco”. Un compito in cui tutti possono e devono essere coinvolti, come dice José Luis: “Anche se non puoi muoverti da casa, se sei vecchio, se hai bambini piccoli… hai la possibilità di parlare con i tuoi vicini, di fare telefonate e dare un incoraggiamento. Trasmettere senso di comunità…A coloro che stanno soffrendo per la perdita di persone care, di beni essenziali, non spiegherò nulla, darò loro un abbraccio e dirò: ‘Vi aiuteremo a trovare la forza di andare avanti’”.

La comunità dei Focolari ha lanciato una campagna di raccolta fondi insieme alla Fundación Igino Giordani, fondi che saranno gestiti sul posto per aiutare le vittime. I danni materiali e le perdite sono innumerevoli. Chi è sopravvissuto si è trovato senza più letti, tavoli, frigoriferi, lavatrici, automobili, materiali di lavoro…

I contributi di solidarietà possono essere erogati attraverso:
Fundación Igino Giordani
CaixaBank: ES65 2100 5615 7902 0005 6937
Proprietario: Fundación Igino Giordani
Concetto: Emergencia DANA España
Se desideri detrarre la tua donazione, invia i tuoi dati fiscali a info@fundaciongiordani.org

Carlos Mana
Foto: © UME/via fotos Publicas

A che serve la guerra?

A che serve la guerra?

La pace è il risultato di un progetto: un progetto di fraternità fra i popoli, di solidarietà con i più deboli, di rispetto reciproco. Così si costruisce un mondo più giusto, così si accantona la guerra come pratica barbara appartenente alla fase oscura della storia del genere umano. Tanti anni sono passati dalla prima pubblicazione di questo scritto, che risulta ancora oggi molto attuale, in un momento in cui il mondo è dilaniato da conflitti efferati. La storia, ci dice Giordani, potrebbe insegnarci molto…

La guerra è un omicidio in grande, rivestito di una specie di culto sacro, come lo era il sacrificio dei primogeniti al dio Baal: e ciò a motivo del terrore che incute, della retorica onde si veste e degli interessi che implica. Quando l’umanità sarà progredita spiritualmente, la guerra verrà catalogata accanto ai riti cruenti, alle superstizioni della stregoneria e ai fenomeni di barbarie.

Essa sta all’umanità, come la malattia alla salute, come il peccato all’anima: è distruzione e scempio e investe anima e corpo, i singoli e la collettività.

Secondo Einstein, l’uomo avrebbe bisogno di odiare e distruggere: e la guerra lo soddisferebbe. Ma non è così: i più degli uomini, interi popoli, non mostrano questo bisogno. Comunque lo reprimono. Ragione e religione poi lo condannano.

“Tutte le cose appetiscono la pace”, secondo san Tommaso. Difatti tutte appetiscono la vita. Solo i matti e gl’incurabili possono desiderar la morte. E morte è la guerra. Essa non è voluta dal popolo; è voluta da minoranze alle quali la violenza fisica serve per assicurarsi vantaggi economici o, anche, per soddisfare passioni deteriori. Soprattutto oggi, con il costo, i morti e le rovine, la guerra si manifesta una “inutile strage”. Strage, e per di più inutile. Una vittoria sulla vita, e che sta divenendo un suicidio dell’umanità.

[…] L’ingegno umano, destinato a ben altri scopi, ha escogitato e introdotto oggi strumenti di guerra di tale potenza da destare orrore nell’animo di qualunque persona onesta, soprattutto perché non colpiscono soltanto gli eserciti, ma spesso travolgono ancora i privati cittadini, i fanciulli, le donne, i vecchi, i malati, e insieme, gli edifici sacri e i più insigni monumenti di arte! Chi non inorridisce al pensiero che nuovi cimiteri si aggiungeranno a quelli tanto numerosi del recente conflitto e nuove fumanti rovine di borghi e città accumuleranno altri tristissimi ruderi? Chi finalmente non trema pensando come la distruzione di nuove ricchezze, conseguenza inevitabile della guerra, possa aggravare ulteriormente quella crisi economica, da cui sono travagliati quasi tutti i popoli, e specialmente le classi più umili?” [1]. […]

L’inutilità fu ribadita da Pio XII nel 1951: “Tutti hanno manifestato con la medesima energica chiarezza il loro orrore della guerra, e la loro convinzione che questa non è, e ora meno che mai, un mezzo proprio a dirimere i conflitti e a ristabilire la giustizia. A questo possono riuscire solo delle intese liberamente e lealmente consentite. Che se potesse esser questione di guerre popolari – nel senso che esse rispondono ai voti e alla volontà delle popolazioni –, ciò non sarebbe mai se non nel caso d’una ingiustizia così flagrante e così distruttiva dei beni essenziali di un popolo da rivoltare la coscienza di tutta una nazione” [2].

Come la peste serve ad appestare, la fame ad affamare, così la guerra serve ad ammazzare: per giunta, distrugge i mezzi della vita. È una industria funeraria: una fabbrica di rovine.

Solo un folle può sperare di dedurre beneficio da una strage: salute da uno svenamento, energia da una polmonite. Il male produce male, come la palma produce il dattero. E la realtà mostra, anche in questo campo, l’inconsistenza pratica del machiavellico aforisma secondo cui “il fine giustifica i mezzi”.

Il fine può essere la giustizia, la libertà, l’onore, il pane: ma i mezzi producono tale distruzione di pane, d’onore, di libertà e di giustizia, oltre che di vite umane, tra cui quelle di donne, bambini, vecchi, innocenti d’ogni sorta, che annullano tragicamente il fine stesso propostosi.

In sostanza, la guerra non serve a niente, all’infuori di distruggere vite e ricchezze.

Igino Giordani, L’inutilità della Guerra, Città Nuova, Roma, 2003, (terza edizione), p. 3
da https://iginogiordani.info/

Fotos: © Pixabay y CSC Audiovisivi

[1] Pio XII, “Mirabile illud”, 1950.
[2] Allocuzione al Corpo diplomatico, 1-1-1951.

Un viaggio che mi ha arricchito la vita

Un viaggio che mi ha arricchito la vita

Paola Iaccarino Idelson è una biologa nutrizionista, esperta in alimentazione. Vive a Napoli, nel sud Italia. Da una segnalazione di una cara amica ho saputo che ha fatto un viaggio in Brasile durante l’estate di questo 2024. Incuriosito, ho provato a cercarla sui social. Sono rimasto meravigliato dalle bellissime foto scattate durante il soggiorno brasiliano e dai racconti intensi, che rivelano un’esperienza profonda. Decido quindi di contattarla per un’intervista.

Paola, da Napoli in Brasile: perché hai scelto di fare questo viaggio?

È una storia molto lunga. Sono stata in Brasile la prima volta quattordici anni fa a Florianópolis. E ci sono stata perché ho una passione per la lingua brasiliana. Non volevo andarci da turista per cui tramite un’amica medico, sono andata ad aiutare un suo collega da volontaria. Abbiamo affiancato un sacerdote nella sua missione quotidiana. Aveva aperto una scuola per aiutare i ragazzi contro la delinquenza, e avviato un’officina di riparazione per tavole da surf, per offrire un lavoro dignitoso ai giovani del posto.  Per tre settimane ho pesato e misurato l’altezza ai bambini in quella scuola: è stata un’esperienza talmente forte, intensa e bella che quando sono poi tornata in Italia ho dovuto rimuoverla dalla mia mente per poter continuare a vivere la mia vita come prima.

E poi? Cos’è successo?

L’anno scorso mi sono lasciata con il mio fidanzato al quale non piaceva il Brasile. Così mi son detta: ecco, è arrivato il momento di riprendere questo sogno. Però anche stavolta volevo fare un’esperienza non da turista, ma aiutando in qualche modo la comunità locale. Ne ho parlato con un’amica focolarina, lei mi ha messo in contatto con la comunità dei Focolari in Amazzonia.

Avrei voluto fare volontariato come nutrizionista, il mio mestiere, ma comunque ero disponibile a tutto. Una delle focolarine in Brasile, Leda, mi ha parlato della nave-ospedale “Papa Francisco” nella quale poter lavorare. Quindi alla fine sono partita nell’agosto 2024. Leda è stata un angelo, ha organizzato tutto il mio itinerario mettendomi in contatto con la comunità dei Focolari e si è presa cura di me per tutto il periodo lì in Brasile.

La nave-ospedale Papa Francisco: cos’hai fatto lì?

Non c’era un compito ben specifico per me che sono esperta in alimentazione. C’erano una decina di medici, ognuno con il suo ambulatorio. Ho aiutato dove potevo. La sveglia suonava alle 6 del mattino perché già dalle 6,30 arrivavano persone dai villaggi vicini per essere curati. Bisognava fare accoglienza, registrare gli arrivi e gestire l’afflusso. Ho fatto consulenze nutrizionali e ho capito che c’era un problema di sovrappeso e obesità, soprattutto nelle donne. Mi sono interrogata molto sulle ragioni di quelle condizioni di obesità, era un problema abbastanza comune in quel posto. Parlando con qualcuno mi sono resa conto che c’è un problema di sedentarietà e di diffusione dell’uso di bevande zuccherate, dolci e carne. 

Hai potuto toccare con mano anche tanta povertà…  

Ho visto persone veramente povere ma molto dignitose, che riescono a far studiare i propri figli. Mi ha molto colpito una famiglia. Sono 10 figli, si vedeva che vivono in condizioni molto povere. Il papà ha anche qualche problema di salute. Nonostante ciò i genitori sono riusciti a far studiare i figli e una delle figlie sta per diventare fotografa. Una grande dignità nonostante quelle condizioni di vita.

Hai visto l’abbondanza della diversità, dalla natura ai colori della pelle delle persone, dai cibi agli odori ai sapori…  

È stata una delle cose che mi ha colpito di più di questo viaggio e che mi porto dietro. Una diversità enorme nel modo di vivere, soprattutto nella varietà incredibile di frutta, verdura, cereali, fiori, piante, i colori dei fiumi, gli animali, le persone. Quando registravo gli arrivi per le visite, nel software c’era da scrivere il colore della pelle e avevo quattro opzioni legate alla diversità delle etnie, delle origini, del colore della pelle… Vivere questa diversità è stata un’esperienza forte e sono convinta che è solo una grande ricchezza.

Come la comunità dei Focolari ti ha accolta e aiutata in questa esperienza?

È stata fondamentale in tutta la mia esperienza in Brasile. Mi sono sentita accolta in ogni posto dove sono stata. L’arte di amare tutti l’ho toccata con mano. Ho sempre sentito un amore nei miei confronti, un’apertura molto grande e disinteressata. Mi ha fatto un gran bene, davvero un’accoglienza commovente. 

Sei andata lì per donare tempo e professionalità ma hai ricevuto molto di più. Ti ha un po’ cambiato la vita questo viaggio? 

Guarda, ho cinquant’anni, non venti. Ma questo perché lo dico? Perché a vent’anni, o anche forse a trenta, avevo ancora l’idea di andare in un posto per donare. Adesso mi è molto, molto chiaro che la possibilità di donarmi mi restituisce qualcosa. Sapevo benissimo che la parola “volontariato” includeva tanto. Donare il proprio tempo fa bene. Innanzitutto a chi lo dà. Io sicuramente ho fatto un’esperienza di condivisione con la comunità dei Focolari molto forte. Pur non essendo nelle mie conoscenze come spiritualità, apprezzo tantissimo tutte le altre sue forme di espressione dell’amore concreto. Ritengo sia stata un’esperienza veramente molto, molto, molto bella. Quest’idea di poter vivere insieme, mettendo in comune tutto quello che si ha, è l’idea appunto della comunità. Il poter fare del bene agli altri e vivere con gli altri è una cosa che mi piace veramente molto. 

Questo viaggio mi ha arricchito molto. Ha avuto e avrà un grosso impatto nella mia vita. Mi ha fatto conoscere delle persone meravigliose, realtà completamente diverse dalla mia. Ho capito che la condivisione è realmente possibile.

Sei poi rientrata a Napoli e hai avuto un’accoglienza inaspettata!

Si, effettivamente tante persone che ho incontrato al mio ritorno e che incontro ancora oggi, mi dicono di aver letto i miei diari di viaggio sui social, ringraziandomi per aver condiviso quest’esperienza. Sto ricevendo tanti ringraziamenti e varie richieste di sapere di più di questo viaggio. Mi è quindi venuta l’idea di organizzare una riproduzione di fotografie e mostrarle in una serata evento, dove posso anche raccontare qualcosa in più. Questo mi ha colpito molto: viviamo in una società dove non c’è mai tempo per i rapporti. Sentirmi chiedere di trascorrere del tempo insieme per sapere di più della mia esperienza, è una cosa bellissima.

In chiusura, avvolgiamo il nastro indietro e guardiamo sia il primo che il secondo viaggio in Brasile: come vivi oggi la tua vita?

La mia prima esperienza brasiliana di tanti anni fa, come dicevo l’ho dovuta rimuovere. Adesso sto facendo un grande sforzo per non rimuovere quest’ultimo viaggio, per non dimenticare, per mantenere questa esperienza anche nella mia vita a Napoli e in Italia. Voglio mantenere vivo questo ricordo. Perché? Perché ha un senso della vita che mi dà molta forza e mi gratifica molto.

La prima cosa che ho fatto, tornata a Napoli è stato ricontattare la mia maestra di portoghese, che è brasiliana, per imparare meglio la lingua. Ma un’altra cosa che vorrei realizzare è un gemellaggio tra un asilo napoletano e uno brasiliano che è in fase di costruzione. Sarebbe bello aiutare quei bambini mandando zaini e tutto il materiale occorrente. Ma soprattutto vorrei cercare di far condividere le esperienze tra i bambini brasiliani e bambini napoletani.

Lorenzo Russo
(foto: © Paola Iaccarino Idelson)

7 ottobre 2024: giornata di preghiera e digiuno per implorare la pace nel mondo

7 ottobre 2024: giornata di preghiera e digiuno per implorare la pace nel mondo

Nel crescendo di tensioni nella polveriera mediorientale, tra le bombe e i missili che continuano a piombare nella “martoriata” Ucraina, in mezzo ai tanti piccoli e grandi conflitti che lacerano e affamano i popoli dell’Africa, mentre insomma “i venti della guerra e i fuochi della violenza continuano a sconvolgere interi popoli e nazioni”, Papa Francesco chiama alle “armi” del digiuno e della preghiera – quelle che la Chiesa indica come potenti – milioni di credenti di tutti i continenti per implorare da Dio il dono della pace in un mondo sull’orlo dell’abisso.

Come già aveva fatto per i conflitti in Siria, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, Libano, Afghanistan, Ucraina e Terra Santa dal 2013 al 2023, Papa Francesco ha indetto una nuova giornata di orazione e astensione dai cibi per invocare il dono della pace per lunedì 7 ottobre 2024 annunciando anche una sua visita, domenica 6 ottobre 2024, nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma per recitare il Rosario e pregare la Madonna, chiedendo la partecipazione di tutti membri del Sinodo.

“Non possiamo che richiamare ancora una volta i governanti e quanti hanno la grave responsabilità delle decisioni – ha scritto il Card. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini in una lettera alla sua Diocesi aderendo all’appello del Papa – ad un impegno per la giustizia e per il rispetto del diritto di ciascuno alla libertà, alla dignità e alla pace”. Il Patriarca ha ribadito poi l’importanza dell’impegno di ognuno per costruire la pace nel proprio cuore e nei contesti comunitari, sostenendo “chi è nel bisogno, aiutando chi si sta spendendo per alleviare le sofferenze di quanti sono colpiti da questa guerra e promuovere ogni azione di pace, di riconciliazione e di incontro. Ma abbiamo anche bisogno di pregare, di portare a Dio il nostro dolore e il nostro desiderio di pace. Abbiamo bisogno di convertirci, di fare penitenza, di implorare perdono”.

A cura di Carlos Mana
Fonte: vaticannews.va

Foto: © Pixabay