Movimento dei Focolari
Giornata dell’Interdipendenza 2004

Giornata dell’Interdipendenza 2004

Un’utopia realizzata? “L’avveniristico Auditorium-Parco della Musica ha una nota di utopia realizzata. L’interdipendenza dei popoli, resa assolutamente urgente dalla globalizzazione dei mercati e del… terrorismo è stata cantata e suonata in moltissime variazioni nella Sala Sinopoli dell’Auditorium, in un dialogo a più voci e a più fedi ed opzioni politiche ma all’unisono sulla necessità di un “sistema di interdipendenza virtuosa” cui concorrano tutti: dall’Onu alle religioni”. E’ quanto afferma Orazio Petrosillo su Il Messaggero del 13 settembre. E aggiunge: “Chi è arrivato a Roma per la II Giornata dell’Interdipendenza lo ha fatto perché crede che i popoli, le persone e gli Stati possano davvero essere più uniti”.

 

Benjamin Barber: L’interdipendenza virtuosa in risposta alle attuali sfide globali Il prof. Benjamin Barber, politologo americano, fondatore delle Giornate dell’Interdipendenza, in un’ intervista spiega che “Interdipendenza significa che noi possiamo creare un mondo che sia sicuro per tutti, oppure un mondo che non è sicuro per nessuno”. E, dando il benvenuto ai convenuti, afferma: “Poiché le sfide che ci troviamo ad affrontare oggi sono sfide globali, anche le risposte fornite devono essere tali. Da questo è nata l’esigenza di una Giornata dell’Interdipendenza e di una Dichiarazione dell’Interdipendenza”. “Le nostre risposte devono essere frutto di un sistema di interdipendenza virtuosa, un nuovo sistema transnazionale di diritto internazionale, cooperazione multilaterale e governance sociale globale”.

Un documento per una nuova convivenza mondiale La Carta europea per le politiche dell’Interdipendenza fissa le priorità per una nuova convivenza mondiale. Afferma, prima di tutto, che è indispensabile sradicare il terrorismo e questo lo si può fare attraverso la costruzione di salde reti sociali e linguistiche, così da favorire il dialogo interculturale e religioso; la cooperazione internazionale per abbattere il divario economico tra nord e sud del mondo. Sollecita anche la libera circolazione delle persone, il diritto di voto ai cittadini stranieri, l’accesso all’acqua potabile e il diritto alla salute per tutti. Si chiede che venga rafforzato il diritto di asilo e che si dia il voto agli stranieri. Prodi: superare le divisioni tra i popoli Nel suo messaggio, il presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, afferma che “i tempi ci chiedono di essere lungimiranti, di superare le divisioni che hanno segnato il nostro passato”. “Adesso sappiamo qual è la via da seguire: unità nella diversità, dialogo tra le culture, messa in comune delle risorse”. Kofi Annan: urge una nuova consapevolezza di essere cittadini del mondo Per risolvere le disuguaglianze e gli orrori che affliggono il mondo – scrive il segretario generale dell’ONU, nel messaggio per l’occasione – “occorrono uomini e donne che sviluppino la consapevolezza di essere cittadini del mondo”. “Da sola nessuna nazione è in grado di proteggere se stessa dai pericoli che la minacciano dall’esterno”.  

Veltroni definisce l’ Interdipendenza: alternativa al divario tra nord e sud Il sindaco di Roma, Walter Veltroni, ribadisce che l’interdipendenza è l’alternativa a quella globalizzazione che scava un divario sempre crescente tra nord e sud del mondo: “L’ultimo rapporto sullo sviluppo umano dice che per 26 Paesi, soprattutto Paesi africani, la ricchezza è diminuita invece di crescere”. Serve quindi rafforzare gli organismi – vedi l’ONU – che governano il Pianeta.

Chiara Lubich: Interdipendenza e fraternità per mettere in moto processi positivi Per Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, interdipendenza ha un significato ben preciso: comporta infatti la scelta del dialogo rispetto a quella dell’egemonia, la via della condivisione rispetto a quella della concentrazione di risorse e dei saperi in una sola area del mondo. Vivificata dalla fraternità, l’interdipendenza, da semplice “fatto” o “strumento”, potrà diventare motore di processi positivi… non di un solo popolo, ma di tutta l’umanità. Andrea Riccardi: tutti chiamati a lavorare per la pace “Un piccolo numero di uomini può destabilizzare il mondo con le armi – ha detto Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’ Egidio – e questa è la storia del terrorismo. Ma è anche vero che tutti possono lavorare per la pace”. “C’è bisogno di una nuova cultura, di nuove iniziative”. (altro…)

Messaggio di Romano Prodi, Presidente della Commissione europea

Cari amici, la Giornata dell’Interdipendenza è un’iniziativa lodevole e illuminata che merita di essere celebrata e sostenuta pienamente. E’ per questo che faccio le mie congratulazioni agli organizzatori dell’evento e mando i miei più calorosi saluti a tutti i presenti. Mi dispiace solamente di non poter essere con voi per l’intera giornata, ma sono felice di riuscire a partecipare almeno in parte, più tardi, questa sera. In questo giorno, il nostro primo pensiero deve essere per le vittime dei tragici eventi che hanno sconvolto nei giorni scorsi l’Ossezia del Nord. Questi eventi ci ricordano il drammatico bisogno per le nostre società di tolleranza e pace. Ci ricordano quanto importante sia lavorare per la pace e la fraternità dei popoli. La Giornata dell’Interdipendenza acquista così un doppio significato e una doppia valenza: anzitutto, come giorno della memoria; secondo, perché ci impone di riflettere sul nostro avvenire comune e su come sia fondamentale evitare di cedere alla tentazione dell’odio e della violenza, e insistere piuttosto sulla necessità di rafforzare la cooperazione e la solidarietà. Oggi più che mai, non dobbiamo semplicemente rimanere sulla difensiva, confortati da un’analisi dei fatti errata e superficiale. Dobbiamo ricercare le cause profonde di questi tragici avvenimenti e affrontarli alla radice. Sarebbe un grave errore sottovalutare il possibile effetto di contagio di questa violenza. E proprio mentre dobbiamo rispondere fermamente e vigorosamente alla violenza e al terrorismo, dobbiamo anche trovare risposte di lungo termine. Tutto ciò perché le nostre speranze di mettere fine a tanto oltraggio una volta per tutte riposano nel lungo periodo. I tempi ci chiedono di essere lungimiranti. Ci chiedono di essere capaci di superare le divisioni che hanno segnato il nostro passato, ci richiedono di rispondere al momento storico che viviamo sviluppando un progetto nuovo e maturo per il nostro futuro comune. Abbiamo bisogno di visione e di idee forti. L’interdipendenza è una di queste idee, perché trascende i tecnicismi e solleva questioni che vanno al di là della possibile architettura istituzionale dell’Unione e della maniera in cui essa è governata. L’interdipendenza è di gran lunga più importante e essenziale, perché ha a che fare con i principi e i valori che guidano la nostra azione. Cinquant’anni fa, i Padri Fondatori dell’Europa avviarono un progetto incredibilmente ambizioso e misero in moto quel processo di integrazione europea che ha portato all’Unione europea come la conosciamo oggi. Sapevano che non esisteva alternativa all’integrazione e all’interdipendenza, alla messa in comune delle risorse per il benessere di tutti. Sapevano che la prosperità non dura se lascia che la povertà cresca al suo fianco. L’integrazione europea è cominciata all’indomani di quella che è stata probabilmente la più grande tragedia dell’umanità: la Seconda Guerra Mondiale. Grazie all’intuito e al coraggio dei Padri Fondatori, abbiamo goduto cinquant’anni di pace. L’ultimo allargamento che ha abbracciato l’Europa centrale, orientale e meridionale ha unificato il continente, mettendo fine a decenni di separazione artificiale. E’ la prima volta nella nostra storia che il processo di unificazione continentale si realizza pacificamente, democraticamente e con la partecipazione diretta dei cittadini dell’Unione. E sappiamo bene che non si tratta solo di vuote parole, perché il contributo tangibile e concreto del processo di integrazione europea alla pace è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia, ci sono oggi nuove minacce che incombono sull’Europa e sul mondo intero. La situazione che ci troviamo a fronteggiare è drammatica e senza precedenti. E richiede intuito, coraggio, iniziativa, proprio come fu mezzo secolo fa. Sappiamo quale sia la via da seguire: unità nella diversità, dialogo tra le culture, messa in comune delle risorse, azioni congiunte. Dobbiamo promuovere questi valori a livello globale, poiché non esiste alternativa se vogliamo assicurare stabilità, sviluppo e pace. Allo stesso tempo, abbiamo bisogno di pensare assiduamente e in maniera approfondita al tipo di architettura istituzionale e di governance che meglio può servire lo spirito del dialogo e della pace. Abbiamo bisogno di assicurare che l’interdipendenza economica, sociale e politica venga promossa costantemente attraverso un multilateralismo efficace e rafforzato. Abbiamo bisogno di uomini e donne di buona volontà impegnati nel progresso economico e sociale per il bene comune. Abbiamo bisogno di nuove forme di partenariato tra le istituzioni pubbliche e la società civile in grado di portare nuovo entusiasmo e nuova vita al momento della definizione e dell’attuazione delle politiche pubbliche. Abbiamo bisogno di rafforzare il senso civico e la partecipazione per assicurare democrazie forti e sane. La partecipazione assegna ai cittadini un compito nella definizione del loro futuro, a livello nazionale, europeo e internazionale; dà loro il sentimento di appartenenza ad una comunità più ampia, il sentimento di come pace e prosperità siano un obiettivo e una missione comuni. Oggi non dobbiamo solamente pronunciarci in favore di, ma anche lavorare assiduamente per rivitalizzare quell’alleanza politica e sociale che è la base per un’interdipendenza positiva e fruttuosa tra le culture, i popoli e gli Stati. In favore di e per un mondo di pace, più unito e coeso. Vi esprimo i miei più cari auguri per la migliore riuscita di questa Giornata,

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I Poli imprenditoriali: laboratorio di una nuova economia

I Poli imprenditoriali: laboratorio di una nuova economia

“I Poli imprenditoriali dell’Economia di Comunione svolgono una funzione profetica, sono come il sale: possono dar sapore a questa economia che cerca il nuovo, ma non sa costruirlo”. Così il prof. Stefano Zamagni ordinario di Istituzioni di Economia all’Università di Bologna, nel suo intervento alla seconda giornata del Congresso sull’Economia di Comunione (EdC) a Castelgandolfo (Roma).

I Poli imprenditoriali di EdC Erano stati presentati in apertura della mattinata: sono nati o si stanno sviluppando in Italia, Brasile, Argentina, Portogallo, Francia, USA, Belgio. Ne sono state delineate le finalità: – dare visibilità concreta al progetto, radunando in un luogo più aziende in modo che si “veda” un modello economico concreto – fare da punto di riferimento per tutte le aziende di EdC di una nazione o regione in cui il Polo imprenditoriale è situato La vocazione principale dei Poli, quindi, è mostrare un’economia centrata sulla categoria della comunione, non solo nella cultura e nello stile di vita dei singoli attori (imprenditori, lavoratori), ma anche nelle dinamiche organizzative e di governance. Esperienze di economia civile che hanno radice in altre culture e religioni L’EdC si apre anche al dialogo con altre culture e così sul palco del convegno si parla ancora di consumo critico e responsabile: la dott.ssa A. Suriakanthi presenta l’esperienza della Gandhigram University dell’India, un modello di microcredito basato esclusivamente sui piccoli e piccolissimi risparmi accantonati dagli stessi indigenti e utilizzati per microfinanziamenti di attività. Ad oggi, dopo quasi tre anni di attività, sono 190 le famiglie che hanno ottenuto un prestito per le proprie microimprese. “Il successo – ha detto – non sta solo nel miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie, senza l’intervento di istituzioni esterne, ma nello sviluppo integrale della persona, secondo l’ideale gandhiano di autosviluppo”. Nuovo umanesimo di comunione Il congresso si è concluso con l’ultimo panel: “Non solo economia: per un umanesimo di comunione”. L’EdC è stata presentata come parte di un progetto più ampio, interdisciplinare e interculturale, portato avanti dal Movimento dei Focolari.   (altro…)

Suscitare una corrente inversa al terrorismo, con un nuovo ordine economico

Suscitare una corrente inversa al terrorismo, con un nuovo ordine economico

Una povertà da sradicare e una povertà da scegliere C’è una “povertà subita” da sradicare. E’ la miseria ingiusta e disumana. Ma “c’è un’altra povertà, quella liberamente scelta che costituisce la precondizione per sconfiggere la miseria”. E’ questa la visione di povertà e ricchezza maturata dall’esperienza dell’Economia di comunione in atto da 13 anni nei 5 continenti, approfondita dal Prof. Luigino Bruni, docente di economia politica e tra i responsabili del Movimento per un’Economia di comunione. “Tutto ciò che sono ed ho mi è stato donato e quindi deve essere ridonato” – ha aggiunto il prof. Bruni. Di qui la scelta della condivisione: i “beni che diventano così ponti”.

L’EdC è un’esperienza di grande attualità Lo ha affermato Chiara Lubich, perché può “suscitare una corrente inversa al terrorismo”, contribuendo, “con le tante forze positive” a quella fraternità che rende possibile la comunione dei beni, la sconfitta delle disparità sociali. Infatti – ha proseguito – “una delle cause più profonde del terrorismo risiede nello spaventoso squilibrio tra Paesi ricchi e poveri.” che “genera ostilità, vendetta”. La prima idea dell’Economia di Comunione: sanare il contrasto tra ricchi e poveri Intervenendo al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, di fronte a oltre 700 economisti, ricercatori, imprenditori, lavoratori, studenti, azionisti da 30 Paesi, dall’India agli Stati Uniti, all’Europa dell’Est e Ovest, la fondatrice dei Focolari ha ricordato come la prima idea dell’Economia di comunione era nata nel 1991, in occasione di un suo viaggio in Brasile, proprio sorvolando san Paolo, “colpita dal contrasto tra la selva di grattacieli e la miseria delle favelas che la circonda”. Di qui la sfida lanciata alle imprese: produrre utili a beneficio dei più bisognosi. Destinarli in parte per la formazione di uomini nuovi, atti a questa nuova economia, e in parte per l’incremento della stessa azienda. Il bilancio di 13 anni dell’Edc Poco prima era stato presentato a più voci il bilancio di questi 13 anni: le aziende e attività di produzione gestite secondo questo progetto sono 800 in tutti i continenti. 470 in Europa, 270 nelle Americhe.  

Un Movimento economico Chiara Lubich ha incoraggiato lo sviluppo di un vero e proprio movimento economico che possa esprimersi anche in termini culturali e scientifici. In questi anni seminari accademici, pubblicazioni, tesi di laurea (166 nel mondo) “già ne sono – ha detto – un promettente inizio”.

Come ha sottolineato il prof. Bruni, “senza una cultura nuova non si fa una economia nuova”: “nell’EdC – ha detto – intravediamo la possibilità concreta di un nuovo umanesimo; vi scorgiamo la strada per un ordine economico più giusto e solidale”. Una nuova visione del lavoro In questa visione anche il lavoro assume un’altra dimensione. Specchiandosi nel Vangelo, Chiara Lubich ne ha delineato quasi un decalogo: “far di ogni ora un capolavoro di precisione, di armonia”. “Sfruttare i propri talenti e perfezionarsi”. Lavorare “non solo per il guadagno”, ma per “trasformare in amore ogni cosa che esce dalle nostre mani”: “i destinatari sono fratelli”. Gesù stesso ritiene fatto a sé ciò che facciamo a loro. “Pesantezza del lavoro, difficoltà di rapporto, contraddizioni sono la tipica penitenza che non può mancare al cristiano”. Al primo posto tra datore di lavoro, lavoratori “quell’amore reciproco che attira la presenza di Gesù nella collettività”, e diventa luce per “trovare insieme nuove forme di organizzazioni del lavoro, di partecipazione di gestione”. Le “aziende diverranno così dimore di Dio con gli uomini, vere anticamere del Paradiso”. Il prolungato applauso diceva l’adesione a questa altissima proposta. Le esperienze di aziende di vari Paesi, che sono seguite nel pomeriggio, hanno mostrato questo volto nuovo dell’impresa. (altro…)

Giornata dell’Interdipendenza. "Le persone, i popoli, gli Stati per un mondo più unito"

Giornata dell’Interdipendenza. "Le persone, i popoli, gli Stati per un mondo più unito"

Di fronte al rischio dello scontro tra le civiltà, ecco l’idea dell’interdipendenza positiva come chiave per affrontare la grande sfida del “saper vivere insieme” posta dalla società postglobale. Per superare la visione di un’interdipendenza solo economica dei mercati e della finanza, l’interdipendenza positiva tra persone, popoli e Stati per un futuro di pace, dialogo, giustizia sociale e fraternità universale.

L’iniziativa L’11 e 12 settembre prossimo, sarà celebrata a Roma la seconda Giornata dell’Interdipendenza. La prima ha avuto luogo il 12 settembre 2003 a Philadelphia, per iniziativa di Benjamin Barber, professore dell’Università del Maryland (USA) e fondatore dell’associazione Civ-World. La scelta della data non è casuale, trattandosi del giorno seguente l’11 settembre in cui si ricordano gli attacchi terroristici alle Twin Towers e al Pentagono. Nel progetto del Civ-World questa è sembrata la data più appropriata in riferimento alla nuova realtà interdipendente che questi attacchi hanno così duramente espresso. Il significato dell’iniziativa è quello di sottolineare l’idea dell’interdipendenza positiva, come chiave per affrontare la grande sfida del “saper vivere insieme”, come valore necessario alla convivenza pacifica tra gli uomini, da applicare in politica e su cui impegnarsi culturalmente. L’interdipendenza è la condizione globale nella quale oggi ciascuno di noi, come singolo e come gruppo, vive, lavora, respira, pensa: prenderne coscienza accelera il cammino positivo dell’umanità. Di fronte ad una interdipendenza negativa organizzata dal crimine o dal terrorismo o ad un’interdipendenza solo economica, dei mercati e della finanza, che non riesce ad evitare il rischio di uno scontro fra civiltà, la ricerca di un’interdipendenza positiva tra i popoli e le nazioni contribuirà alla maturazione di una cultura della pace, del dialogo, della solidarietà e della fraternità universale. Obiettivo dell’evento del prossimo settembre è quello di promuovere anche in Italia e in Europa l’idea dell’interdipendenza positiva tra le persone, i popoli e gli Stati, collaborando per individuare azioni comuni locali, nazionali, europee e transnazionali. I promotori, insieme al Comune di Roma e al Movimento Civ-World del prof. Barber, sono: le ACLI, Legambiente, il Movimento politico per l’unità – Movimento dei Focolari e la Comunità di Sant’Egidio. Realtà così diverse si sono unite per rispondere insieme, ognuno con la sua tipicità e specificità, adeguatamente alla necessità di formare un “cittadino globale”, che con le sue virtù civiche sia in grado di costruire una “società civile globale”, capace di vera mutualità e reciprocità e di vero dialogo tra culture e popoli diversi.   (altro…)

Giornata dell’Interdipendenza. "Le persone, i popoli, gli stati per un mondo più unito"

Programma ROMA, 11 SETTEMBRE 2004 PIAZZA DEL CAMPIDOGLIO – ORE 20.30 In memoria dell’11 settembre – Dialogo per la pace

S.E. Card. Paul Poupard, Presidente Pontificio Consiglio per la Cultura Rabbino Riccardo Di Segni, Capo della Comunità ebraica di Roma Shahrzad Hushmand, Teologa islamica iraniana

PAROLE E MUSICA PER LA PACE Pamela Villoresi, Massimo Wertmuller, Miriam Meghnagy, Salaman Masahla, Ivry Gitlis, Faouzi Skali TESTIMONIANZE DI Rabbino Elio Toaff, Cittadino onorario di Roma S.E. Mons. Shlemon Warduni, Vescovo di Baghdad Imam Warith D. Mohammed, Leader “American Muslim Society” (USA) Cristian Carrara, Giovani delle ACLI Abdallah Kabakeby, Giovani Musulmani italiani Gadiel Liscia, Unione Comunità Ebraiche Italiane PROIEZIONE CARTOON POP – PACE OF PEACE realizzato dagli studenti della scuola palestinese di Qalqilia e della scuola israeliana di Raanana ROMA, 12 SETTEMBRE 2004 AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA – SALA SINOPOLI

ORE 9.00 – APERTURA DEI LAVORI Roberto Della Seta, Presidente nazionale Legambiente: “Il ruolo della società civile per la promozione dell’interdipendenza positiva” Ore 9.15 – 11.00 – IL PARADIGMA POLITICO DELL’INTERDIPENDENZA – Benjamin Barber, politologo e fondatore “Interdependence Day”: “Democrazia globale e pace preventiva”Walter Veltroni, Sindaco di Roma “Interdipendenza tra municipalità e cittadinanza globale” Intervengono: Kofi Annan, Segretario Generale ONU (messaggio in video) Pier Ferdinando Casini, Presidente Camera dei deputati Howard Dean, candidato democratico alle primarie USA Chiara Lubich, fondatrice Movimento dei Focolari Romano Prodi, Presidente Commissione Unione Europea Andrea Riccardi, fondatore Comunità di Sant’Egidio Lech Walesa, fondatore “Solidarnosc” Ore 11.00 – 12.30 – L’EUROPA E L’INTERDIPENDENZA Luigi Bobba, Presidente nazionale ACLI: “Presentazione della Carta europea per l’interdipendenza” Punti di vista di: Mustafa Akyol (Turchia) Harry Belafonte (USA) Kim Campbell (USA) Carlo De Benedetti (Italia) Sandro Calvani (Italia) Ruth Dreifuss (Svizzera) Andrei Gratchev (Russia) Milan Kucan (Slovenia) Enrico Letta (Italia) Adam Michnik (Polonia) Jeremy Milgrom Rabbi (Israele) Mbiaoh Francis Nkemabi (Camerun) Bhikhu Parekh (India) Edoardo Patriarca (Italia) Timothy Phillips (USA) Ermete Realacci (Italia) Michel Rocard (Francia) Conduce: Giovanni Floris Ore 13.00 – FIRMA della CARTA EUROPEA per L’INTERDIPENDENZA La partecipazione all’iniziativa, sia l’11 che il 12 settembre, è a ingresso libero

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La fraternità in politica: utopia o necessità ?

Nel 1998, in occasione del 150° anniversario della Costituzione svizzera, ero stata invitata dal Comitato “Una visione per la Svizzera” a prendere la parola proprio qui a Berna durante la giornata federale di riflessione. Era stato un onore per me, italiana, e quindi straniera in questo Paese, poter rivolgermi ad un’assemblea così qualificata e rappresentativa di tutta la Svizzera. L’avevo fatto con una particolare gioia perché, da decenni ormai, amo e considero questa terra come la mia seconda patria. Così è una gioia speciale per me rivolgermi oggi a loro, impegnati in diversi modi in politica. Ringrazio in modo particolare il gruppo di politici del Comitato d’organizzazione per questa giornata. Essi, dopo aver promosso nel marzo dell’anno scorso una giornata molto riuscita a Martigny, seguita da vari incontri a livello locale, hanno ora voluto approfittare della imminente sessione autunnale delle Camere federali per organizzare l’odierno incontro. Il titolo che mi è stato proposto è: “La fraternità in politica: utopia o necessità?” La mia speranza è che, nel presente intervento, possa dimostrare la necessità della fraternità e la possibilità di realizzarla. Il trittico: “libertà, uguaglianza, fraternità”, quasi una sintesi del programma politico della modernità, esprime un’intuizione profonda, e sollecita oggi da noi una profonda riflessione: a che punto siamo con la realizzazione di questa grande aspirazione? La Rivoluzione francese ha annunciato i tre principi, ma certamente non li ha inventati: essi avevano già cominciato il loro faticoso cammino attraverso i secoli, soprattutto a partire dall’annuncio cristiano, che ha illuminato il meglio delle tradizioni antiche dei diversi popoli e il patrimonio della rivelazione ebraica, portando un’autentica rivoluzione: l’umanesimo nuovo, aperto da Cristo, che ha reso l’uomo capace di vivere pienamente questi principi. Da quell’annuncio, attraverso i secoli, essi vanno rivelando la loro ricchezza nelle opere degli uomini. Libertà e uguaglianza hanno segnato profondamente la storia politica dei popoli arrivando ad esprimere frutti di civiltà e creando le condizioni per la progressiva espressione della dignità della persona umana. La libertà e l’uguaglianza sono diventati principi giuridici e vengono quotidianamente applicati come vere e proprie categorie politiche. Ma l’affermazione esclusiva della libertà, lo sappiamo bene, può trasformarsi nel privilegio del più forte, mentre l’uguaglianza, e la storia lo conferma, può tradursi in collettivismo che massifica. Inoltre, molti popoli, in realtà, ancora non beneficiano dei contenuti della libertà e dell’uguaglianza… Come fare allora perché la loro acquisizione porti frutti maturi? Come rimettere in cammino la storia dei nostri Paesi e quella dell’umanità intera, verso quel destino che le è proprio? Noi crediamo che la chiave stia nella fraternità universale, nel darle il giusto posto tra le categorie politiche fondamentali. Solo l’uno accanto all’altro, i tre principi potranno dar origine ad una politica adeguata alle domande dell’oggi. Raramente come nel tempo presente, il nostro pianeta è stato ed è attraversato dalla sfiducia, dal timore, dal terrore persino: basta ricordare l’11 settembre 2001 e, più vicino a noi, l’11 marzo 2004, senza dimenticare le centinaia di attentati che, in questi ultimi anni, hanno crivellato la nostra cronaca quotidiana. Il terrorismo: una calamità grave almeno quanto le decine di guerre che tuttora insanguinano il nostro pianeta! E quali ne sono le cause? Molteplici. Non si può però non riconoscere che una delle più profonde è lo squilibrio economico e sociale che esiste nel mondo fra Paesi ricchi e Paesi poveri. Squilibrio che genera risentimento, ostilità, vendetta, favorendo in questo modo il fondamentalismo che attecchisce più facilmente in un simile terreno. Ora, se le cose stanno così, perché il terrorismo s’allenti e taccia, non è certo una risposta la guerra, occorre cercare le vie del dialogo, vie politiche e diplomatiche. Ma non basta; occorre suscitare nel mondo più solidarietà fra tutti e una più equa comunione dei beni. Senza contare che ancor più numerosi sono i temi scottanti che interpellano la politica, nella dimensione nazionale come in quella internazionale. Anche nel mondo occidentale lo stesso modello di sviluppo economico è ormai innegabilmente in crisi, crisi che chiede non più solo limitati aggiustamenti, ma un ripensamento globale. La marcia inarrestabile della ricerca scientifica non può avvenire senza provvedere a garantire l’integrità e la salute della specie umana e dell’intero ecosistema. Il riconoscimento della funzione essenziale dei mezzi di comunicazione nel mondo moderno, deve trovare regole certe di fronte alle specifiche esigenze di promozione dei valori e di tutela delle persone, dei gruppi, dei popoli. Un’altra domanda centrale emerge dalla necessità di difendere e valorizzare la ricchezza che viene dalle diverse appartenenze etniche, religiose, culturali, pur nell’orizzonte degli irreversibili processi di globalizzazione in atto. Queste, che appaiono come alcune tra le maggiori sfide poste dall’attualità, reclamano fortemente l’idea e la pratica della fraternità, e, data la vastità del problema, di una fraternità universale. E’ pensiero di grandi anime la fraternità universale. Diceva il Mahatma Gandhi: “La regola d’oro è di essere amici del mondo e considerare ’una’ tutta la famiglia umana” . E, a proposito di quanto era successo l’11 settembre 2001, il Dalai Lama ha scritto: “Per noi le ragioni (degli eventi di questi giorni) sono chiare. (…) Non ci siamo ricordati delle verità umane più basilari. (…) Siamo tutti uno. Questo è un messaggio che la razza umana ha grandemente ignorato. Il dimenticare questa verità è l’unica causa dell’odio e della guerra (…)”. Senza dimenticare il santo svizzero, Nicola da Flüe, profeta e fautore di pace, per realizzare la quale afferma che i conflitti si possono risolvere in maniera proficua solo nel pieno e totale rispetto reciproco; e perciò nella fraternità spinta fino all’obbedienza reciproca. Chi però ha indicato e portato la fraternità, come dono essenziale all’umanità, è stato Gesù, che ha pregato così prima di morire: “Padre, che tutti siano uno” (Gv 17,21). Egli, rivelando che Dio è Padre, ci ha resi tutti fratelli e ha abbattuto le mura che separano gli “uguali” dai “diversi”, gli amici dai nemici. La fraternità, dunque, come ideale da affermare, come ideale di oggi. Ma esistono segni della fraternità nelle attuali vicende dei popoli? Durante gli anni, avendo sperimentato innumerevoli volte, nella mia vita ed in quella degli altri, l’azione provvidenziale di Dio, e avendo potuto conoscere direttamente tanti popoli, ho imparato a scorgere i passi in avanti che segnano il progredire dell’umanità, fino a poter affermare che la sua storia è un lento, ma inarrestabile, cammino verso la fraternità universale. I fatti sono davanti a noi, dobbiamo saperli interpretare. La tensione del mondo verso l’unità non è stata mai così viva e riconoscibile come oggi. Segni ne sono le Unioni di Stati e i processi di integrazione economica e politica che con maggiore intensità si vanno realizzando a livello continentale o per aree geo-politiche; il ruolo degli organismi internazionali, in particolare delle Nazioni Unite, che torna ad essere determinante per conoscere, affrontare e gestire le principali questioni che toccano la vita di popoli e Paesi; lo sviluppo di un dialogo a 360? sempre più diffuso e fecondo fra le più varie persone; la crescita di Movimenti sociali, culturali e religiosi, che si presentano come nuovi protagonisti delle relazioni internazionali e operano verso obiettivi a dimensione mondiale. Per dare al mondo la fraternità che generi un’unità spirituale, garanzia dell’unità politica, economica, sociale, culturale, non mancano poi gli strumenti. Basta saperli individuare. Uno, la cui efficacia non è ancora del tutto scoperta, è quello dell’apparire nel mondo cristiano, dopo i primi decenni del ’900, di decine e decine di Movimenti che, come tante reti collegano i popoli, le culture e le diversità: quasi un segno che il mondo potrebbe diventare una casa delle nazioni perché esso lo è già attraverso queste realtà, pur se ancora a livello di laboratorio. Sono Movimenti effetto non di progettualità umane, ma di carismi dello Spirito di Dio, che conosce meglio di qualsiasi uomo e donna della terra i problemi del nostro pianeta ed è desideroso di concorrere a risolverli. Questi Movimenti, poiché fondati o prevalentemente composti da laici, veicolano un sentito e profondo interesse per il vivere umano con ricadute nel campo civile, cui offrono concrete realizzazioni politiche, economiche, e così via. Sono vari e splendidi questi Movimenti, sorti nella Chiesa cattolica, riformata, anglicana, evangelica, ortodossa, ecc. Una loro particolarità è la presenza in essi di moltissimi giovani, garanzia del futuro, che meno condizionati degli adulti da deludenti esperienze del passato, sanno credere con maggior entusiasmo ad ideali veri ed ai più grandi. Si sono fatti conoscere, questi Movimenti, l’8 maggio scorso a Stoccarda (Germania) in una Giornata riuscitissima, da essi stessi indetta, trasmessa via satellite nel nostro continente ed oltre, dal titolo: “Insieme per l’Europa”. Si sono offerti come contributo a realizzare, accanto all’Europa politica o economica o dell’euro, l’Europa dello spirito, nel cercare di ridare un’anima all’Europa che, oltre tutto, avrebbe così meglio garantita la propria molteplicità e coesione. Per dare un esempio di questi Movimenti vorrei esporre loro le linee principali di quello che meglio conosco perché ad esso legata: il Movimento dei Focolari, il cui obiettivo è proprio l’unità e la fratellanza universale. E’ nato durante la seconda guerra mondiale, sotto i bombardamenti, a Trento, nell’Alta Italia, quando crollavano le case, e con esse progetti di vita – anche i nostri -, le speranze, le sicurezze. Tutto veniva meno, mentre nei cuori di noi, giovani focolarine, si affacciava, con forza mai prima conosciuta, una sola verità: Dio è l’unico Ideale che non crolla; Dio che si rivelava a noi per quello che è: Amore. E, proprio al culmine dell’odio e della divisione, Dio Amore ci ha suggerito che, per amarlo, dovevamo impegnarci ad amarci tra di noi, e a portare poi questo amore a tutti. Amore che da subito si è esteso alla città. E poi, con gli anni, su tutto il pianeta, in 182 nazioni. La chiamata all’unità ci ha fatto preferire i punti della terra dove più forte era la divisione, e sono così venuti sempre più in luce alcuni luoghi specifici di dialogo e di condivisione: prima di tutto all’interno delle singole Chiese, dove il Movimento dà il suo contributo perché ci sia sempre di più “comunione”; tra i cristiani di diverse denominazioni; con i fedeli delle grandi religioni, con numerose esperienze di “dialogo della vita” rispettoso e fecondo, premessa alla pace. E dialogo, infine, intessuto di fattiva collaborazione, anche con quanti non hanno un preciso riferimento religioso. Il Movimento dei Focolari poi, pur essendo primariamente religioso, ha avuto, sin dagli inizi, e poi durante gli anni, un’attenzione particolare per tutti gli ambiti della società, compreso il mondo politico, sino a veder nascere dal suo seno, a Napoli (Italia) nel 1996, il cosiddetto “Movimento politico per l’unità”. Movimento che pure esso sta ora diffondendosi e organizzandosi su tutto il pianeta. Della sua genesi e del suo sviluppo ho potuto parlare più volte, fra il resto, a parlamentari di varie nazioni europee e non solo: a Strasburgo, al Centro Europeo di Madrid e all’ONU. Quale espressione politica del Movimento dei Focolari, questo Movimento ha come scopo quello di aiutare persone e gruppi impegnati in politica, a riscoprire i valori profondi, eterni dell’uomo, a mettere la fraternità a base della loro vita e, solo dopo, muoversi nell’azione politica. Ne consegue che l’agire politico, da amore interpersonale, diventa possibilità di un amore più grande, quello verso la polis. Un amore che, acquisendo la dimensione politica, non perde le sue caratteristiche: il coinvolgimento di tutta la persona, con l’intelligenza e la volontà di arrivare a tutti, l’intuizione e la fantasia per fare il primo passo, il realismo del mettersi nei panni dell’altro, con la capacità di donarsi senza interessi personali e di aprire strade nuove anche quando i limiti umani e i fallimenti sembrano chiuderle. Non si tratta di un nuovo partito, né si vuol confondere religione e politica, come è avvenuto e avviene per gli integralismi di cristiani e anche di non cristiani. Soggetti del Movimento politico per l’unità sono: politici di ogni livello – amministratori, parlamentari, militanti di partito -, di appartenenze partitiche le più varie, che sentono il dovere di agire assieme al vero titolare della sovranità: il cittadino; cittadini, che vogliono fare la loro parte di soggetto politico attivo; in modo speciale poi i giovani che dovunque, come qui in Svizzera, sanno impegnarsi in modo mirabile e appassionato quali studiosi di politologia, ad es., che vogliono offrire il loro contributo di competenza e di ricerca; funzionari della Pubblica Amministrazione, coscienti del proprio ruolo specifico. Ciò che si propone e si testimonia insieme è uno stile di vita che permetta alla politica di raggiungere nel miglior modo il suo fine: il bene comune nell’unità del corpo sociale. Anzi, si vorrebbe proporre a tutti quanti agiscono in politica di formulare quasi un patto di fraternità per il loro Paese, che metta il suo bene al di sopra di ogni interesse parziale, sia esso individuale, di gruppo, di classe o di partito. Perché la fraternità offre possibilità sorprendenti: essa consente di tenere insieme e valorizzare esigenze che rischiano, altrimenti, di svilupparsi in conflitti insanabili. Armonizza, ad esempio, le esperienze delle autonomie locali con il senso della storia comune; consolida la coscienza dell’importanza degli organismi internazionali e di tutti quei processi che tendono a superare le barriere e realizzano importanti tappe verso l’unità della famiglia umana. E’ la fraternità, infatti, che può far fiorire progetti ed azioni nel complesso tessuto politico, economico, culturale e sociale del nostro mondo. E’ la fraternità che fa uscire dall’isolamento e può aprire la porta dello sviluppo ai popoli che ne sono ancora esclusi. E’ la fraternità che indica come risolvere pacificamente i dissidi e che può relegare la guerra ai libri di storia. E’ per la fraternità vissuta che si può sognare e persino sperare in una qualche comunione dei beni fra Paesi ricchi e poveri. Il profondo bisogno di pace che l’umanità oggi esprime, dice che la fraternità non è solo un valore, non è solo un metodo, ma il paradigma globale di sviluppo politico. Ecco perché un mondo che di fatto è sempre più interdipendente ha bisogno di politici, di imprenditori, di intellettuali, di artisti che pongano la fraternità – strumento di unità – al centro del loro agire e del loro pensare. Era il sogno di Martin Luther King che la fraternità diventi l’ordine del giorno di un uomo d’affari e la parola d’ordine dell’uomo di governo. I politici del “Movimento politico per l’unità” vogliono fare di questo sogno una realtà. Ma questo può essere solo se nell’attività politica non si dimentica la dimensione spirituale, o, comunque, la fede nei valori profondi che devono regolare la vita sociale. Ne era convinto, anche qui, Nicola da Flüe che tanto ebbe da fare per la vita politica di questa nazione. Egli era sempre informato di tutto. Nella sua cella una finestra guardava verso l’esterno, agli uomini, ma l’altra verso l’interno, all’altare della cappella. E l’on. Igino Giordani, parlamentare italiano e confondatore del nostro Movimento, oggi dichiarato Servo di Dio, nel suo stile inconfondibile, scriveva: “Quando si varca la soglia di casa per tuffarsi nel mondo, la fede non s’appende come una papalina stinta a un chiodo dietro l’uscio” . Un giorno mi sembrò di comprendere cosa volesse dire la politica come amore. Se dessimo un colore ad ogni attività umana, all’economia, alla sanità, alla comunicazione, all’arte, al lavoro culturale, alla amministrazione della giustizia… la politica non avrebbe un colore, sarebbe lo sfondo, il nero, che fa risaltare tutti gli altri colori. Per questo la politica deve ricercare un rapporto continuo con ogni altro ambito di vita, per porre in questo modo le condizioni affinché la società stessa, con tutte le sue espressioni, possa realizzare fino in fondo il suo disegno. E’ chiaro che in questa continua attenzione al dialogo, la politica ha il dovere di riservare a sé alcuni specifici spazi: dare le priorità in un programma equo, fare degli ultimi i soggetti privilegiati, ricercare sempre e comunque la partecipazione, che vuol dire dialogo, mediazione, responsabilità e concretezza. Per i politici di cui parlo, la scelta dell’impegno politico è un atto di amore, con il quale ognuno risponde ad un’autentica vocazione, ad una chiamata personale. Chi è credente avverte che è Dio stesso a chiamarlo, attraverso le circostanze; il non credente risponde ad una domanda umana, ad un bisogno sociale, ad un problema della sua città, alle sofferenze del suo popolo, che trovano eco nella sua coscienza. E gli uni e gli altri hanno la loro casa nel Movimento politico per l’unità ed è sempre l’amore che entrambi immettono nella loro azione. Quell’amore che è fonte di luce, che fa vedere la possibilità di grandi risultati, che sostituisce quel timore schiacciante – che, spesso presente nel mondo politico, immette paura – col coraggio, con nuovo coraggio. I politici dell’unità, che prendono coscienza che la politica è, nella sua radice, amore, comprendono che anche gli altri, a volte chiamati avversari politici, possono avere compiuto la propria scelta per amore. Prendono coscienza che ogni formazione politica, che ogni opzione politica, possono essere la risposta ad un bisogno sociale e quindi sono necessarie alla composizione del bene comune. Quindi si interessano al destino dell’altro e all’istanza che porta, come alla loro, e la critica si fa costruttiva. Si cerca di praticare l’apparente paradosso di amare il partito altrui come il proprio, perché il bene del Paese ha bisogno dell’opera di tutti. Questo è a grandi linee l’ideale del “Movimento politico per l’unità” ed è questa – mi pare – la politica che vale la pena di essere vissuta, una politica capace di riconosce e servire il disegno della propria comunità, della propria città e nazione, fino all’umanità intera, perché la fraternità è il disegno di Dio sull’intera famiglia umana. E’ questa la vera politica autorevole di cui ogni Paese ha bisogno; il potere, infatti, conferisce la forza, ma è l’amore che dà autorità. E’ questa la politica che costruisce opere che rimarranno. Le generazioni che verranno non saranno grate ai politici per avere detenuto il potere, ma per come lo avranno gestito. Questa è la politica che il “Movimento politico per l’unità” desidera, con l’aiuto di Dio, generare, sostenere. E allora quale il mio augurio per loro, politici della splendida Svizzera? Che questo popolo e in particolare i suoi rappresentanti, ricchi della loro nobile storia di democrazia, trovino nella fraternità il vigore necessario per continuare con efficacia ancora maggiore il loro cammino e per dare un apporto da protagonisti nella storia di unità della famiglia umana. Noi, da parte nostra, ci impegniamo a non lasciarvi soli, mettendo a vostra disposizione il carisma dell’unità offerto dal Cielo per l’umanità intera. Grazie dell’ascolto.

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I Poli imprenditoriali: laboratorio di una nuova economia

La fraternità in politica: per rimettere in cammino la storia verso la pace

ANSA, 4 sett. – La fraternità in politica. “E’ la chiave per rimettere in cammino la storia nei nostri Paesi e dell’umanità”. Così Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, a Berna, di fronte a 450 politici elvetici e giovani riuniti al Palazzo dei Congressi per riflettere sull’interrogativo: “Fraternità in politica: utopia o necessità?”, promosso da un gruppo di politici elvetici del Movimento politico dell’unità. La fraternità in politica non solo necessaria, ma urgente Sullo sfondo della tragica virulenza del terrorismo, la fraternità, proposta come “categoria politica fondamentale” si è evidenziata non solo necessaria, ma urgente. “Fraternità in politica: non potrebbe essere più attuale di fronte a terrore, morti e violenze”. Lo aveva affermato in apertura del convegno il Cancelliere della Confederazione, la signora Annemarie Huber Hotz. La Svizzera in profonda crisi di trasformazione Fraternità più che mai necessaria anche per la vita stessa della Svizzera, definita dalla Consigliera nazionale Chiara Simoneschi “un po’ speciale”, che non nasce da una comune cultura e lingua, ma dalla volontà di stare insieme. “Il Paese – ha aggiunto – sta ora attraversando una profonda crisi, sottoposta alle sfide della costruzione europea, dei nuovi equilibri geopolitici mondiali, del fenomeno delle migrazioni, della lunga stagnazione economica”. La Simoneschi ha parlato di timori e incertezze, di divisioni e contrapposizioni. Di qui il perché dell’invito a Chiara Lubich.

Un orizzonte ad ampio respiro La fondatrice dei Focolari ha aperto un orizzonte ad ampio respiro. Vivo in lei il dramma del terrorismo: “Perché si allenti e taccia – ha detto con forza – non è certo una risposta la violenza”. Occorre andare “alle cause degli squilibri economici e sociali che generano risentimento, ostilità, vendetta”. “Occorre cercare le vie del dialogo, vie politiche e diplomatiche”. Urge una politica sostanziata di fraternità. Fraternità che ha definito “non solo un valore, né solo un metodo, ma il paradigma globale di sviluppo politico”. Fraternità possibile “solo se non dimentica la dimensione spirituale”, i valori profondi ispirati dall’amore. “Quell’amore che è fonte di luce – ha detto – che fa vedere la possibilità di grandi risultati e che sostituisce quel timore schiacciante che spesso percorre il mondo politico”.

Amare il partito altrui come il proprio Luce che fa vedere “in ogni opzione politica la risposta ad un bisogno sociale e quindi pratica l’apparente paradosso di amare il partito altrui come il proprio, perché il bene del Paese ha bisogno dell’Opera di tutti”. “Dove la critica si fa costruttiva”. Questa “la vera politica autorevole di cui ogni Paese ha bisogno”. La fraternità in politica non solo necessaria, ma possibile E’ seguita una carrellata di voci di politici elvetici e italiani aderenti al Movimento politico dell’unità, nato nel 1996 e diffuso in vari Paesi, che hanno testimoniato che non solo la fratellanza in politica è necessaria, ma è possibile. Nel pomeriggio, vivace il confronto tra politici e giovani.

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I Poli imprenditoriali: laboratorio di una nuova economia

Educarsi ed educare attraverso lo sport

Dopo l’evento olimpico, che ha rappresentato un momento significativo di incontro e di fratellanza fra i popoli in un quadro mondiale segnato da odii e violenze, l’incontro vuole mettere in luce il valore educativo dello sport, soprattutto sulle giovani generazioni.

L’appuntamento assume un particolare significato culturale in relazione al fatto che il 2004 è stato proclamato, dall’Unione Europea, Anno Internazionale dell’Educazione attraverso lo Sport.

Saranno presenti 130 sportivi, operatori e professionisti dello sport, da 10 paesi, con rappresentanti dall’Argentina e dal Brasile.

Sono arrivati al convegno messaggi di saluto e di incoraggiamento da parte della Commissione Europea, dei Comitati Olimpici Italiano e Austriaco, dall’ex-calciatore Gianni Rivera, ora consulente del Comune di Roma per l’attività sportiva.

settembre 2004

Impressiona una richiesta così esigente e radicale. Non è riservata a una categoria particolare di persone come i missionari, i religiosi, che devono essere liberi per andare ovunque ad annunciare il Vangelo. Non è neppure per momenti eccezionali, come potrebbe essere il tempo di persecuzione, quando viene chiesto al discepolo non soltanto di lasciare i beni, ma di donare la vita stessa per rimanere fedele a Dio. Queste parole Gesù le rivolge a tutti. Dunque tutti possiamo rispondere.
Si tratta di una delle condizioni per seguire Gesù, condizione su cui Luca insiste nel Vangelo: “Vendete ciò che avete e datelo in elemosina… Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”; “Nessun servo può servire a due padroni… Non potete servire a Dio e a mammona”; “Quant’è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio”.

«Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo»

Perché Gesù insiste tanto sul distacco dai beni, fino a farne una condizione indispensabile per poterlo seguire?
Perché la prima ricchezza della nostra esistenza, il tesoro vero è Lui! Ecco allora l’invito a mettere da parte tutti quegli idoli – gli “averi” – che possono prendere in noi il posto di Dio.
Egli ci vuole liberi, con l’anima sgombrata da ogni attaccamento e da ogni preoccupazione, così da poterlo amare veramente con tutto il cuore, la mente e le forze. I beni sono necessari per vivere, ma vanno usati col massimo distacco. Tutto dobbiamo essere pronti a spostare, qualora prendesse il primo posto nel nostro cuore. Non c’è spazio, in chi segue Gesù, per la cupidigia, per il compiacimento delle ricchezze, per la ricerca smodata delle comodità e delle sicurezze.
Lui ci chiede di rinunciare agli averi anche perché vuole che ci apriamo agli altri, che accogliamo e amiamo il prossimo come noi stessi: è a suo vantaggio la rinuncia ai propri beni. Non c’è posto, nel discepolo di Gesù, per l’avarizia e la chiusura verso il povero.

«Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo»

Come vivere allora questa “Parola di vita”?
Il modo più semplice di “rinunciare” è “dare”.
Dare a Dio amandolo, offrendogli la nostra vita perché ne usi come vuole, pronti a fare sempre la sua volontà.
E per dimostrargli quest’amore amiamo i nostri fratelli e sorelle, pronti a giocare tutto per loro. Anche se non ci può sembrare, abbiamo tante ricchezze da mettere in comune: abbiamo affetto nel cuore da dare, cordialità da esternare, gioia da comunicare; abbiamo tempo da mettere a disposizione, preghiere, ricchezze interiori da mettere in comune; abbiamo a volte cose, libri, vestiti, automezzi, soldi… Doniamo senza troppi ragionamenti: “Ma questa cosa mi può servire in tale o tal altra occasione…”. Tutto può essere utile, ma intanto, assecondando questi suggerimenti, si infiltrano nel nostro cuore tanti attaccamenti e si creano sempre nuove esigenze. No, cerchiamo di avere soltanto quello che occorre. Facciamo attenzione a non perdere Gesù per una somma accantonata, per qualche cosa di cui possiamo fare a meno.

«Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo»

Per un “tutto” che si perde c’è un “tutto” che si trova, inestimabilmente più prezioso. Chi ne guadagnerà, crediamolo, saremo proprio noi, perché al posto del poco o molto che abbiamo donato, avremo in cambio la pienezza della gioia e della comunione con Dio. Diventeremo discepoli veri.
Ché se un bicchiere d’acqua dato avrà la sua ricompensa, quale ricompensa avrà chi dona tutto quanto può per Dio nel fratello e nella sorella?
Lo conferma uno tra i tanti episodi che mi vengono comunicati continuamente da quanti vivono con noi la “Parola di vita”.
Un padre di famiglia di Caracas rimane senza lavoro. Dopo due settimane si ammala gravemente. In quegli stessi giorni subisce il furto della macchina. Per lui e per la sua famiglia è un momento molto difficile. Presto si rendono conto che dovranno lasciare l’appartamento perché non possono più pagare l’affitto.
Nel frattempo un loro amico povero avverte interiormente la spinta a rispondere in modo più totalitario all’amore di Dio e a vivere la Parola sull’esempio dei primi cristiani che mettevano in comune tutto.
La sera stessa, confidando questo suo desiderio alla moglie, decide insieme a lei di cedere parte della loro casa a quella famiglia. La loro povertà non poteva essere un motivo per lasciarli sulla strada. La casa però non è ancora ultimata…
Il giorno dopo arriva, inaspettato, un aiuto economico per portare a termine quello che mancava alla costruzione della casa.

Chiara Lubich

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Nuovi orizzonti dell’Economia di Comunione/2

10 SETTEMBRE

9.00 Saluto iniziale Gisella Calliari e Oreste Basso 9.15 Panel 1 “L’EdC oggi” Introducono e coordinano Lorna Gold e Luca Crivelli Interventi: – “Le Tesi di laurea” – Antonella Ferrucci – “Tredici anni di profitti condivisi” – Carla Bozzani – “Le scuole imprenditori” – Giovanni Mazzanti “Bilancio dell’Economia di Comunione dopo 13 anni” Luigino Bruni 11.00 “Nuovi orizzonti dell’EdC” Chiara Lubich 15.30 Panel 2 “Quale azienda sta nascendo dall’EdC”? – “Verso un’azienda di comunione” – Alberto Ferrucci – “Per una governance di comunione” – Leo Andringa – Esperienze di imprese 17.00 Forum paralleli sulla vita dell’impresa EdC (per aree linguistiche): – Spagnolo – Inglese – Francese – Portoghese – Tedesco – Italiano 11 SETTEMBRE 9.00 Video: Chiara Lubich al Polo Lionello Introduce Tommaso Sorgi 9.15 Panel 3 “I Poli” Introduce e coordina Filipe Coelho Interventi: – Polo Spartaco (San Paolo) – Polo Lionello (Firenze) – Polo Ginetta (Recife) – Polo Solidaridad (Buenos Aires) In dialogo: nascenti poli solidali ispirati all’EdC Conclude Prof. Stefano Zamagni 11.15 Panel 4 “Povertà e sviluppo” Introduce e coordina Cristina Calvo – EdC e indigenti – Quale consumo? (F.Tortorella) – Banko Kabajan (Manila) In dialogo: Gandhigram University (India) 15.30 Panel 5 “Nuovi orizzonti per la riflessione economica” Introduce e coordina Benedetto Gui Interventi di: – Prof.Micheal Noughton (USA) – Prof.Manuela Silva (Portogallo) – Prof.H.C. Parekh (India) – Prof. Bob Goudzwaard (Olanda) – Dr. Rogate Mshana (Ginevra) 17.15 Due Forum in parallelo Forum 2a: Imprese – Coordina Eva Gullo Forum 2b (in inglese): Cultura e teoria economica – coordina Vittorio Pelligra 12 SETTEMBRE 9.00 Video: C. Lubich:“Lancio dell’EdC: maggio 1991” Introduce Pino Quartana 9.30 Panel 6 Tavola Rotonda “Non solo economia: per un umanesimo di comunione” Introduce e coordina Luigino Bruni Interventi:“Per una cultura della comunione” – Giuseppe Zanghì – “Comunione e Ecologia” – Sergio Rondinara – “Comunione e città” – Elena Granata – “Comunione e vita politica” – Pasquale Ferrara 11.30 Dialogo e impressioni dei partecipanti Conclusioni e prospettive future Riascolto del tema di Chiara Lubich Introduce Vera Araujo 12.30 Chiusura dei lavori (altro…)

Nuovi orizzonti dell’Economia di Comunione/1

Nuovi orizzonti dell’Economia di Comunione/1

Mai come in questi ultimi anni si avverte la fragilità e la non sostenibilità dell’attuale sistema economico: dai crak finanziari di grandi imprese alla crisi energetica, tutto dice che l’economia così come l’abbiamo concepita negli ultimi due secoli è gravemente malata. Al tempo stesso, mai come in questi anni la società civile esprime una fioritura di nuove forme di economia sociale: commercio equo, finanza etica, consumo critico. Un fenomeno che fa intravedere la possibilità di una economia e di uno sviluppo sostenibili.

In questo contesto si situa l’Economia di comunione. Il Convegno internazionale che avrà luogo a Castelgandolfo dal 10 al 12 settembre, presenterà un bilancio sui risultati raggiunti dopo oltre un decennio di sperimentazione a livello internazionale, e prospetterà nuovi orizzonti. Il Convegno presenterà le esperienze più significative sulla condivisione dei profitti delle aziende con i poveri; le tesi di laurea, 130, presentate in Università di vari Paesi; i poli imprenditoriali sorti in America Latina e quello nascente in Italia. Sono queste infatti alcune tra le realizzazioni del progetto dell’Economia di comunione lanciato da Chiara Lubich in Brasile nel 1991 per rispondere al grave divario tra ricchi e poveri. Uno dei temi più importanti sarà: “Povertà e sviluppo nella prospettiva della comunione”. La stessa fondatrice dei Focolari affronterà il tema centrale: “Nuovi orizzonti dell’Economia di Comunione”. Un’altra novità che caratterizza il Convegno: il dialogo tra le diverse forme di economia sociale attuate in altri universi culturali. Verranno presentate esperienze di microcredito ispirate all’economia gandhiana, altre esperienze innovative in campo economico, originate dalla cultura indù e jainista. Saranno proposti stili di vita improntati alla sobrietà, tra cui l’esperienza olandese dell’“Economy of enough”. Interverranno in questo dialogo studiosi di economia sociale a livello internazionale, tra cui Michael Noughton e Stefano Zamagni, e altri studiosi e imprenditori di vari continenti e di diverse discipline. “Non solo economia: per un umanesimo di comunione”, questo il titolo dell’ultima sessione del Convegno che inserirà le realizzazioni di questo progetto nel quadro più ampio di un umanesimo di comunione a cui danno il loro apporto studiosi di altri ambiti tra cui ecologia, politica e urbanistica.   (altro…)

I Poli imprenditoriali: laboratorio di una nuova economia

La fraternità in politica: utopia o necessità?

In un’epoca contrassegnata dalla frammentazione provocata da una crescente polarizzazione a tutti i livelli dell’amministrazione federale, e dalla diffusa visione della politica come lotta di potere tra partiti, il Convegno di Berna che si svolgerà al Centro Congressi della BEA (Bern-expo) sabato 4 settembre 2004, proporrà una rilettura dei principi dell’agire politico alla luce di un’idea-guida innovativa: la fraternità universale. Questa iniziativa vuole offrire ai politici svizzeri nuovi stimoli per il loro impegno e favorire il dialogo tra politici e giovani.

Il tema principale: “La fraternità in politica: utopia o necessità” è stato affidato a Chiara Lubich che nel 1996, a Napoli, ha dato il via al Movimento politico dell’unità, poi diffuso in vari Paesi. La fondatrice dei Focolari ha già affrontato l’impegnativo argomento in varie sedi politiche in ambito internazionale, tra cui: Londra, Madrid, Bratislava, Brasilia. Aprirà l’incontro il Cancelliere federale, Annemarie Huber-Hotz. Presenterà Chiara Lubich il Consigliere nazionale del Ticino, Chiara Simoneschi-Cortesi. Seguirà un dialogo tra i partecipanti e politici di vari Paesi che hanno già iniziato a sperimentare sul campo questa nuova proposta. Nel pomeriggio verrà dato particolare spazio ai giovani. L’appuntamento di Berna fa seguito al Convegno svolto nel marzo 2003 a Martigny, nel Vallese, a cui avevano partecipato 250 persone impegnate in politica a vari livelli. Di qui nasce il progetto di questo nuovo appuntamento a cui hanno già confermato la loro partecipazione deputati, membri dei parlamenti cantonali, sindaci e numerosi giovani. L’iniziativa è stata promossa da: W. Donzé, Consigliere Nazionale (Frutigen, Berna), dai sindaci elvetici: M. Schwery di St. Léonard (Vallese), R. Lurati di Canobbio (Ticino), M. Wenger di Schaffhausen, S. Pont di Mollens (Vallese), M. Weber, vicesindaco di Oberägeri (Zugo), dal Presidente e dalla delegata del Parlamento dei giovani del Vallese*, Laurent Mösching e Krystel Bovy. * Il Parlamento dei Giovani del Vallese è stato creato nel 1995. Iniziative simili sono in atto anche negli altri cantoni svizzeri. E’ aperto a giovani che sono domiciliati o studiano nel Vallese, sia Svizzeri che stranieri. Nei vari incontri vengono affrontati temi di attualità che toccano la politica regionale, nazionale o internazionale. (altro…)

La fraternità in politica: utopia o necessità?

PROGRAMMA

MATTINA 10,00 Inizio trasmissione di TELEPACE e internetBenvenuto Stéphane Pont, sindaco di Mollens Messaggio del Cancelliere della Confederazione Annemarie Huber-Hotz 10,15 Storia del Congresso Charlotte Schaedler, delegata di Umanità Nuova 10,30 Presentazione di Chiara Lubich Chiara Simoneschi-Cortesi, Consigliere nazionale del Ticino 10,40 “La Fraternità in politica: utopia o necessità?” Chiara Lubich 11,15 Dialogo con la sala (impressioni, domande-risposte) 11,45 Il Movimento politico per l’unità Lucia Fronza Crepaz 11,20 Intermezzo musicale 11,50 Interviste a persone impegnate in politica tra cui: Giuseppe Gambale – deputato al Parlamento italiano Laurent Mösching e Krystel Bovy – Parlamento dei giovani del Vallese Stéphane Pont, sindaco di Mollens Alberto Pacher, sindaco di Trento ecc. 12,20 Conclusione Michel Schwéry, sindaco di St-Léonard 12,30 Fine DIRETTA POMERIGGIO 13,45 Dialogo tra i politici e i giovani 15,30 Conclusione (altro…)

Ti voglio bene, anche quando…

Lavoro come psicologa in un’agenzia internazionale. Sto per partire per un nuovo incarico, le valigie sono pronte, il biglietto confermato. Arriva una visita inattesa: è un amico di infanzia, un chirurgo molto conosciuto, di passaggio nella nostra città, venuto a salutarci. Approfittando della sua presenza, gli chiedo di controllare una cisti al seno che ogni tanto mi fa male. Mi esamina e … sembra passare un’eternità. Poi mi guarda. Il suo sguardo è serio e attento. Gli chiedo: “Sto per morire?”. Sorride, poi mi spiega che la cisti è grande e che devo fare immediatamente la biopsia, poi l’intervento per asportarla. Mormoro un grazie. In me si è scatenato un grande subbuglio. Quegli interrogativi che si affollano Rientrata in camera guardo i bagagli: non si parte più. Sento come una lama di coltello attraversarmi e nella mente mille interrogativi: le mie bambine, come sarebbero cresciute senza di me? Mio marito si sarebbe risposato? Provo paura e confusione. Prendo il telefono, in cerca di una persona che condivide con me la fede nell’amore di Dio: lei piange con me e mi ricorda che questo è proprio il tempo di credere che Dio ci è Padre e non abbandona i suoi figli. Le sue parole subito mi portano in un’altra dimensione. Ritorna la calma. Capisco che devo rispondere a questo amore, devo essere la prima ad amare, la prima ad accettare questa sofferenza ed essere coraggiosa per amore di quelli che mi amano. Sono pronta ad andare in ospedale. Riesco a cantare entrando in sala operatoria Capisco ora perché i primi cristiani cantavano quando andavano verso i leoni: non avevano paura perché sentivano Dio con loro; così anch’io ho cantato mentre entravo nella sala operatoria. In ospedale tocco con mano il Suo amore: trovo subito una stanza, scopro che il chirurgo è un amico di mio marito, ricevo un trattamento pieno di attenzioni, ricevo visite, fiori e amore da parte di tutti. Ho il sostegno delle preghiera di tanti. Tornata a casa, questa gara d’amore è continuata. Non potendo più lavorare, l’economia della famiglia è drasticamente ridotta, tuttavia non manca nulla: il Padre si è preso cura di noi! La sofferenza in dono d’amore Da parte mia devo solo fare la Sua volontà e questo è semplice da dire, ma non sempre da fare. Abituata a una vita attiva, sento il peso di rimanere a casa tutto il giorno spesso sola, e di tutti gli effetti della chemioterapia. Essendo una psicologa, so che essere ammalati gravemente comporta una crisi grave di tutta la persona: influenza il fisico, la psiche, l’anima. Però l’amore del Padre per me in questo periodo è così forte che non posso non rispondere a Lui: «Ti voglio bene, Signore, quando al mattino gli esercizi per il mio braccio destro sono troppo dolorosi. Ti voglio bene quando il cibo sembra diventato di gomma. Ti voglio bene quando per alzarmi devo chiedere aiuto. Ti voglio bene quando la nausea mi assale. Ti voglio bene quando i capelli cadono a ciocche. Ti voglio bene quando il pensiero della morte mi invade». L’arte di ricominciare sempre Molte volte non riesco ad amarLo, molte volte sono insofferente con gli altri, ma, quando il giorno dopo mi sveglio, chiedo perdono e ricomincio di nuovo. Mi è stata offerta la più grande lezione di vita che mi fa diventare una persona paziente, che perdona, che ha la temperanza, la fortezza. Imparo a pregare gettando ogni preoccupazione per la mia famiglia, la salute, nel cuore del Padre. Mi sento più vicina a Maria, ai piedi della croce, che non ha mai cessato di credere all’amore. Ho visto molti frutti lungo il cammino. Può sembrare assurdo, ma ci sono dei momenti in cui ringrazio Dio per questa mia malattia. (Tratto da Quando Dio interviene. Esperienze da tutto il mondo, a cura di Doriana Zamboni, Città Nuova 2004)

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agosto 2004

Più volte Gesù ha paragonato il Paradiso ad una festa di nozze, ad una riunione di famiglia attorno alla tavola. Nella nostra esperienza umana sono questi infatti i momenti più belli e sereni. Ma quanti entreranno in Paradiso, quanti prenderanno posto nella “sala del convito”?
È la domanda che un tale rivolge un giorno a Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Gesù, come ha fatto altre volte, va al di là della discussione e mette ognuno davanti alla decisione che deve prendere. Lo invita ad entrare nella casa di Dio.
Ma ciò non è facile. La porta per entrare è stretta e resta aperta per poco tempo. Per seguire Gesù è necessario infatti rinnegarsi, rinunciare, almeno spiritualmente, a se stessi, alle cose, alle persone. Addirittura occorre portare la croce come Lui ha fatto. Una via difficile, è vero, ma che tutti, con la sua grazia, possiamo percorrere.

«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno»

È più facile imboccare “la porta larga e la via spaziosa”, di cui parla altrove Gesù, ma essa può condurre alla “perdizione”. Nel nostro mondo secolarizzato, saturo di materialismo, di consumismo, di edonismo, di vanità, di violenza tutto sembra consentito. Si tende a soddisfare ogni esigenza, a cedere a ogni compromesso pur di raggiungere la felicità.
Ma noi sappiamo che la vera felicità si ottiene amando e che la rinuncia è la condizione necessaria all’amore. Occorre esser potati per dare buoni frutti. Occorre morire a se stessi per vivere. È la legge di Gesù, un suo paradosso. La mentalità corrente ci investe come un fiume in piena e noi dobbiamo camminare controcorrente: saper rinunciare, ad esempio, alla bramosia del possedere, all’antagonismo per partito preso, alla denigrazione dell’avversario; ma anche compiere con onestà il proprio lavoro, e con generosità, senza ledere gli interessi altrui; saper discernere ciò che si può vedere alla televisione o ciò che si può leggere, ecc.

«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno»

Per chi si lascia andare ad una vita facile e non ha il coraggio di affrontare il cammino proposto da Gesù, si apre un futuro triste. C’è anche questo nel Vangelo. Gesù ci parla del dolore di quelli che saranno lasciati fuori. Non basterà vantare la propria appartenenza religiosa o accontentarsi di un cristianesimo di tradizione. Inutile dire: “Abbiamo mangiato in tua presenza…”. La salvezza non è un dato scontato per nessuno.
Sarà duro sentirsi dire: “Non vi conosco, non so di dove siete”. Sarà solitudine, disperazione, assoluta mancanza di rapporto, il rammarico bruciante di aver avuto la possibilità di amare e di non poter più amare. Un tormento di cui non si vede la fine perché non avrà mai fine: “pianto e stridore di denti”.
Gesù ci avverte perché vuole il nostro bene. Non è Lui che chiude la porta, semmai saremo noi a chiuderci al suo amore. Lui rispetta la nostra libertà.

«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno»

Se la porta larga conduce alla perdizione, quella stretta si spalanca sulla vera felicità. Dopo ogni inverno spunta la primavera. Sì, dobbiamo vivere con prontezza la rinuncia che il Vangelo richiede, portare ogni giorno la propria croce. Se sapremo soffrire con amore, in unità con Gesù che ha assunto ogni nostro dolore, sperimenteremo un paradiso anticipato.
È stato così anche per Roberto quando è andato all’ultima udienza del processo contro chi, quattro anni prima, aveva causato la morte del papà. Dopo la sentenza di condanna, l’investitore, insieme alla moglie e al padre, appariva molto depresso. “Avrei voluto avvicinarmi a quell’uomo, vincendo l’orgoglio che mi diceva di no; fargli sentire che gli ero vicino”.
Ma la sorella gli dice: “Sono loro che devono scusarsi con noi…”. Roberto la convince e insieme vanno dalla famiglia “avversaria”: “Se questo può alleggerirvi l’animo, sappiate che non nutriamo nessun rancore nei vostri riguardi”. Si stringono la mano con forza. “Mi sento pervadere dalla felicità: ho saputo cogliere l’occasione per guardare al dolore dell’altro dimenticando il mio”.

Chiara Lubich

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I Poli imprenditoriali: laboratorio di una nuova economia

Il mistero d’amore

«E’ da poco iniziato il processo per la possibile beatificazione di Igino Giordani, che noi chiamavamo Foco, per il fuoco dell’amore che viveva in lui. Mi sono chiesta: ha pensato Foco nella sua vita a farsi santo? Che idea aveva della santità?

Ho consultato, allo scopo, alcune documentazioni ed ho scoperto un Foco nuovo in certo modo anche per me. Egli non solo ha meditato qualche volta sulla santità, ma è stato immerso nel tentativo quotidiano di farsi santo. Come? Iniziando con l’impersonare quel tipo di santo che egli definisce così: “Un cristiano con la spina dorsale”, frutto perciò di un’ascesi personale quotidiana. E’ una storia meravigliosa la sua. Nel 1941, sette anni prima che incontrasse il Focolare, nel Diario di fuoco, un suo libro che iniziava a scrivere, leggiamo: “Infine, quel che conta è una cosa sola: farsi santi”. Nel 1946, chiamato a candidarsi alle elezioni politiche, perplesso alquanto, si poneva questo interrogativo: “Può un uomo politico farsi santo?” Non conosceva una risposta precisa al suo anelito: farsi santo. Quando nel 1948 incontrò il Movimento, rimase, come egli disse, folgorato, sconvolto, trasformato. Perché? Per più motivi, ma anche perché la sua spiritualità fino allora era stata prevalentemente individualista. Da quel momento invece gli si era aperto un cammino di santità collettiva. Definiva il nostro come “un Movimento che ci induce a fare la scalata a Dio in unione, in cordata… Il fratello vale come ianua coeli…”, la porta del cielo. E scrive: “Dio scende in me per il tramite del pane (eucaristico); io salgo a Lui per il tramite del fratello”. Immerso nella spiritualità comunitaria, in un colloquio intimo con Gesù, lo ringrazia così: “Il tuo amore mi ha scoperto i fratelli (…); me ne ha fatto il viatico per salire sempre di terra in cielo”. E’ poi suo quello che chiamerà il “mistero d’amore”: (…) “Dio, il Fratello, Io”. Nel 1955, in mezzo alle prove che non mancano mai a nessuno, va acquistando una certa familiarità con la Santissima Trinità, ed anche qui il bisogno di santificarsi si fa evidente. “Questi passi – scrive -, affaticati (…) sono la marcia di ritorno alla casa tua, o Padre; (…) tutte queste pene, si fanno gocce di sangue, del tuo Sangue, o Figlio; (…) e questo bisogno di santificarsi è partecipazione dei tuoi doni, o Spirito Santo”. Da particolari episodi della sua vita si capisce come lo Spirito Santo, in questa sua tensione alla santità, lo abbia pian pianino introdotto nella vita mistica. Percorre poi un cammino di distacco progressivo da ogni cosa, ma lo vede come la possibilità di santificarsi nell’unione con Dio: “Osservando – scrive – con pena questa caduta di fronde (illusioni di fama, di potere, amicizie), dall’albero della mia vita, (…) mi sono ancora meglio accorto (…) che ho un più intenso convegno amoroso con Dio: l’anima trova tempo (…) per intrattenersi con lo Sposo (…), per convivere con gli angeli e con i beati (…). Ora, via via l’unione si fa costante. Imparo e preparo la vita del Paradiso”. A proposito di vivere Gesù al posto del proprio io (è stato questo un suo desiderio costante), scrive nel ’63: “Parmi oggi d’aver (…) compiuto il trasloco; il trasloco del mio essere: dall’Io a Dio”. E “sente” l’unione con Dio: “Ecco – dice – l’immensità di Lui (…), io la sento nell’intimo della mia anima (…). Mi rivolgo all’interno e L’ascolto. Lo vivo. Si stabilisce, nel fondo dell’essere, un colloquio con l’Eterno: Dio in me”. E l’anno dopo incalza: “Ora sento che si vola (…)”. Due anni prima della partenza per il Cielo, conferma: “Sento d’aver trovato l’accesso libero per andare a Lui. Ora sono in terra e abito in cielo (…) Sono di Dio. Non mi serve altro”. Queste le poche frasi di Foco che ho potuto riportare sul suo anelito alla santità. Che dire? E che cosa dice Foco a noi, ancora pellegrini su questa terra? “Ora tocca a voi”. Percorriamo allora questo viaggio con amore. Facciamoci santi, imitando Foco soprattutto nel suo “mistero d’amore”: “Io, il fratello, Dio”. Amiamo il fratello, ogni fratello pronti a morire per lui. Sarà anche per noi la porta del Cielo». Chiara Lubich (altro…)

Roma, Stazione Termini: il coraggio di rischiare la vita

Un giorno mi reco a Roma per un controllo medico specialistico. Scesa alla Stazione Termini vengo urtata da un giovane extracomunitario, inseguito da tre uomini: “E’ un ladro, fermatelo!”. La folla lo ferma, facendolo cadere per terra. Gli inseguitori lo insultano, riempendolo di percosse e di calci allo stomaco. Vedendo quello spettacolo brutale penso un attimo alla mia situazione di ipertesa grave, ma subito capisco che in quel momento la vita di quel ragazzo era più importante della mia stessa vita. Non potevo lasciar spazio alla mentalità comune e far finta di niente. La coerenza con il Vangelo chiedeva qualcosa di più. Mi precipito di corsa, spiazzando tutti e dando colpi a destra e a manca con la mia borsa; mi getto su di lui facendogli da scudo. Il giovane gridava forte di salvarlo dagli aggressori, i quali, vedendo il mio atteggiamento, decidono di fermarsi. “Non vi vergognate a trattarlo in questo modo? Cosa ha fatto di tanto grave per essere trattato così?”. “Mi ha rubato il portafoglio!”, risponde uno di loro. Il ragazzo – aveva 16 anni – mi dice di aver rubato per comprare un po’ di pane per sopravvivere, visto che da due giorni non toccava cibo e dormiva sotto i ponti. Nel frattempo arrivano i carabinieri, e il ragazzo inizia a spiegare: era fuggito dal suo Paese da circa due anni. La sua famiglia era stata distrutta e lui solo era riuscito a salvarsi nascondendosi sotto una balla di paglia. Aveva poi raggiunto l’Italia dove degli amici gli avevano raccontato che c’era tanto benessere. Con i carabinieri lo portiamo in ospedale. Durante il trasporto mi stringe forte la mano e mi dice: “Mamma, tu mi hai salvato la vita. Tu sei la mia mamma italiana”. Al Pronto Soccorso arriva la diagnosi: trauma cranico e lesioni a tre costole. Dopo un po’ una suora ci dice che doveva essere ricoverato, ma che era sprovvisto del vestiario per la degenza. Vado a comprare il necessario, così possiamo portare il ragazzo in corsia. Mentre lo accudisco, i carabinieri e le suore stilano il referto medico, chiedendomi se fossi una sua parente. Rispondo di no. Vedo negli occhi dei presenti perplessità ed emozione. “Perché ha fatto tutto questo?”, mi chiedono. Rispondo che ogni giorno cerco di amare il fratello cercando di vedere in lui il volto di Gesù, e di non voltarmi indietro nelle situazioni più scomode. La suora, con gli occhi rossi, mi dice che le avevo dato una bella lezione d’amore, perché solo chi vive il Vangelo può fare questo, e mi incoraggia ad andare avanti su questa strada. Prima di andare via provo a lasciare una certa somma, quella di cui disponevo, per la visita specialistica e per i bisogni del ragazzo. Ma la suora mi dice di non preoccuparmi per lui: “Lei gli ha già salvato la vita, ora io mi prenderò cura di lui”. Anche i carabinieri mi ringraziano del gesto, dicendo che avevo rischiato molto. La giustizia ha fatto il suo corso; so, però, che oggi questo ragazzo vive in una comunità cattolica come custode, raccomandato dalla suora dell’ospedale. (M.T. – Italia, tratto da Quando Dio interviene, Esperienze da tutto il mondo, Città Nuova, Roma 2004)

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Vivere nell’amore per morire nell’amore

Vivere nell’amore per morire nell’amore

Vincenzo, quarto degli otto figli della famiglia Folonari, era un bambino vivacissimo: a scuola faceva dispetti, chiacchierava invece di ascoltare, talvolta l’insegnante lo puniva; poi, dal giorno della sua prima Comunione, di colpo cambiò radicalmente. Un giorno a tavola Vincenzo domandò ai fratelli: “A che età ti piacerebbe morire?” “A me da giovane…”, “A me a 100 anni…”. E lui: “A me a 33 anni, come Gesù”.

Un ideale per cui vivere Qualche anno dopo, nell’estate del 1951, Vincenzo e due sorelle, finita la scuola, andarono in vacanza in montagna. Chiara Lubich si trovava in quel periodo a Tonadico sulle Dolomiti. Era diventato ormai consuetudine, per gli aderenti al Movimento dei Focolari nascente, quell’appuntamento sui monti trentini, che prese poi il nome di Mariapoli. I giovani Folonari, che già avevano conosciuto il Movimento a Brescia, loro città natale, ottennero il consenso dei genitori di passare le vacanze lì vicino, a S. Martino di Castrozza. Non mancarono di fare frequenti puntate a Tonadico; erano in gruppi diversi e non si vedevano durante il giorno. La prima sera, al ritorno in pullman, Vincenzo era sconvolto e felice: “Bellissimo, bellissimo!” – diceva. Era come se avesse trovato qualcosa che lo saziava profondamente, l’ideale per cui vivere. “Non tu hai eletto Dio, ma è Dio che ha eletto te” Alcuni mesi dopo, Vincenzo si trasferì a Roma, per iscriversi all’Università; si mise subito in contatto col focolare. Alla vigilia di Pentecoste andò a piedi al santuario della Madonna del Divino Amore per chiedere un segno esterno che gli facesse capire la sua vocazione. Il giorno dopo, quando Chiara lo incontrò, gli ricordò una frase di Gesù: “Non voi avete eletto Me, ma Io ho eletto voi!”. Da allora tutti lo chiamarono Eletto.

In una lettera a Chiara, Eletto scrisse: “Ho scelto Dio per sempre e solo Lui! Nessunissima altra cosa!” Le comunicò di voler dare al Movimento dei Focolari tutti i beni avuti in eredità – tra cui gli 80 ettari su cui oggi sorge la cittadella di Loppiano – aggiungendo: “Non ne avevo nessun merito per possederli perché ricevuti gratis”.

Una vita per donare l’Ideale dell’Unità ai ragazzi Una delle caratteristiche di Eletto era il suo rapporto con i bambini ed i ragazzi del Movimento che Chiara gli aveva affidato. Alle Mariapoli di Fiera di Primiero era sempre circondato da loro. Con loro faceva passeggiate, organizzava commedie…. Parlando con la sorella Virgo, che a sua volta aveva affidate le ragazze, era solito dirle: “Ma t’immagini se questo Ideale dell’unità prendesse tutti i ragazzi, tutti i giovani… che cosa ne verrebbe fuori!”. Quel sorriso tra le onde del lago Quel 12 luglio 1964 era domenica; c’era con lui uno di questi ragazzi, Gabriele, ed Eletto lo invitò a fare una gita. Andarono al lago di Bracciano. Faceva molto caldo e decisero di fare un giro in barca. A circa 200 metri dalla riva Eletto – sportivo e nuotatore – si calò in acqua tenendosi con entrambe le mani. “E’ molto fredda” – disse a Gabriele – e diventò molto pallido. Il lago era agitato e un’onda staccò prima una e subito dopo l’altra mano dal bordo della barca, che, non più trattenuta dal peso di Eletto, si allontanò improvvisamente di diversi metri. Eletto gridò subito a Gabriele: “Vieni qui, vieni qui, avvicinati”, ma Gabriele, che non sapeva né remare né nuotare, non riusciva ad avvicinarsi; anzi, per la forte corrente, la barca si allontanava sempre di più. “Oramai vedevo a malapena il suo volto affiorare tra le onde, lo chiamavo, chiamavo aiuto, gli ho gridato che non riuscivo a raggiungerlo” – racconta Gabriele. E continua: “Mi ha gridato: ‘Vado a riva… vado a riva’, poi si è voltato, l’ho visto ancora per qualche secondo: il suo volto era illuminato da un sorriso radioso”. Poi scomparve, inghiottito dal lago. Il suo corpo non fu più ritrovato; la sua “tomba azzurra” è il lago di Bracciano.

Vivere nell’amore per morire nell’amore Chiara, il 19 luglio, scriveva: “Eletto era così buono, così umile che apparteneva più a Dio che a noi ed Egli, forse per questo, se lo è preso. Ora è con Gesù che ha amato, con Maria e con i nostri che sono in Paradiso e, da ultimo che si sentiva, è diventato il primo. Dio mio, che abisso questa vita e questa morte che ognuno di noi deve affrontare! Dacci di vivere nell’amore per poter morire nell’amore. Eletto ha fatto – come ultimo atto – un atto d’amore. Vuol dire che c’era abituato, perché altrimenti, in quei momenti, non si può pensare che a sé. Eletto nostro, prega in cielo ora per noi che preghiamo per te. Siamo certi che Dio, amandoti, ti ha colto nel momento buono. Tu Lo hai amato nella tua vita; non avevi che Lui e Maria. Sei giunto dove pur noi dobbiamo venire. Facci la strada, Eletto, e preparaci il posto (…). Ora tu che vedi quello che vale, come del resto t’eri abituato quaggiù, aiutaci a non andar fuori strada, a mantenerci nella carità come tu hai fatto”.

Il Movimento GEN La sua morte così improvvisa lasciò nello sgomento non solo gli adulti, ma anche i bambini e i ragazzi che lui seguiva. “Anche loro hanno avuto la loro prova – ha scritto Chiara – tremenda ed irrimediabile. Speriamo che su questo dolore nasca qualcosa per loro, nel seno del Movimento, per la gloria di Dio, a bellezza della Chiesa. Nulla di meglio del resto Eletto avrebbe desiderato”. Pochi anni dopo, nacque il Movimento Gen, che conta ora migliaia di giovani, ragazzi e bambini, di tutto il mondo. Il ricordo a Trevignano Il 12 luglio, a 40 anni dalla “partenza” di Eletto, saranno in molti a ricordarlo a Trevignano, sul lago di Bracciano (Roma). L’incontro inizierà alle ore 11.00, con la S. Messa nella chiesa di S. Maria Assunta, che sovrasta la cittadina. La conclusione è prevista per le ore 17. Per maggiori informazioni: tel.: 06/94315300; 06/9412419 (altro…)

luglio 2004

I discepoli vedevano come Gesù pregava. Erano colpiti soprattutto dal modo caratteristico con cui si rivolgeva a Dio: lo chiamava “Padre”. Altri prima di lui avevano chiamato Dio con questo stesso nome, ma quella parola, sulla bocca di Gesù, parlava di una intima reciproca conoscenza tra lui e il Padre, nuova e unica, di un amore e di una vita che li legava entrambi in una incomparabile unità.
I discepoli avrebbero voluto sperimentare quello stesso rapporto con Dio, così vivo e profondo che vedevano nel loro Maestro. Volevano pregare come lui pregava; per questo gli chiesero:

«Signore, insegnaci a pregare»

Gesù più volte aveva parlato ai suoi discepoli del Padre, ma ora, rispondendo alla loro domanda, ci rivela che il Padre suo è anche Padre nostro: anche noi, come lui, tramite lo Spirito Santo, possiamo chiamarlo “Padre”.
Egli, insegnandoci a dire “Padre”, rivela a noi stessi che siamo figli di Dio e ci fa prendere coscienza che siamo fratelli e sorelle tra di noi. Fratello accanto a noi, ci introduce nel suo stesso rapporto con Dio, orienta la nostra vita verso Lui, ci introduce nel seno della Trinità, ci fa diventare sempre più uno tra di noi.

«Signore, insegnaci a pregare»

Gesù insegna non soltanto a rivolgersi al Padre, ma anche cosa domandargli.
Che sia santificato il suo nome e venga il suo regno: che Dio si lasci conoscere e amare da noi e da tutti; che entri in modo definitivo nella nostra storia e prenda possesso di ciò che già gli appartiene; che si realizzi pienamente il suo disegno d’amore sull’umanità. Gesù ci insegna così ad avere i suoi stessi sentimenti, uniformando la nostra volontà su quella di Dio.
Ci insegna ancora ad aver fiducia nel Padre. A Lui, che nutre gli uccelli del cielo, possiamo chiedere il pane quotidiano; a Lui, che accoglie a braccia aperte il figlio smarrito, possiamo domandare il perdono dei peccati; a Lui, che conta anche i capelli del nostro capo, possiamo chiedere che ci difenda da ogni tentazione.
Ecco le domande a cui Dio certamente risponde. Possiamo rivolgerle con parole diverse – scrive Agostino di Ippona – ma non possiamo domandare cose diverse.

«Signore, insegnaci a pregare»

Ricordo quando anche a me il Signore ha fatto capire, in modo nuovissimo, che avevo un Padre. Avevo 23 anni. Facevo ancora scuola. Un sacerdote di passaggio chiede di dirmi una parola: mi domanda di offrire un’ora della mia giornata per le sue intenzioni. Rispondo: “Perché non tutta la giornata?” Colpito da questa generosità giovanile, mi dice: “Si ricordi che Dio la ama immensamente”. È la folgore. “Dio mi ama immensamente”. “Dio mi ama immensamente”. Lo dico, lo ripeto alle mie compagne: “Dio ti ama immensamente. Dio ci ama immensamente.”
Da quel momento scorgo Dio presente dappertutto col suo amore. C’è sempre. E mi spiega. Che cosa mi spiega? Che tutto è amore: ciò che sono e ciò che mi succede; ciò che siamo e ciò che ci riguarda; che sono figlia sua ed Egli mi è Padre.
Da quel momento anche la mia preghiera cambia; non è più un essere rivolta a Gesù, quanto un mettermi a fianco a Lui, Fratello nostro, rivolta verso il Padre. Quando lo prego con le parole che Gesù ci ha insegnato, sento di non essere sola a lavorare per il suo Regno: siamo in due, l’Onnipotente ed io. Lo riconosco Padre anche a nome di quanti non lo sanno tale, chiedo che la sua santità avvolga e penetri la terra intera, domando il pane per tutti, il perdono e la liberazione dal male per tutti quelli che sono nella prova.

Quando avvenimenti mi allarmano o mi turbano, getto ogni mia ansietà nel Padre, sicura che Lui ci pensa. E posso testimoniare che non ricordo alcuna preoccupazione messa nel suo cuore della quale Egli non si sia preso cura. Il Padre, se noi crediamo al suo amore, interviene sempre, nelle piccole e nelle grandi cose.
In questo mese cerchiamo di recitare il “Padre Nostro”, la preghiera che Gesù ci ha insegnato, con una nuova consapevolezza: Dio ci è Padre e ha cura di noi. Recitiamola a nome di tutta l’umanità, rinsaldando la fratellanza universale. Che sia la nostra preghiera per eccellenza, sapendo che con essa chiediamo a Dio quello che più gli sta a cuore. Egli esaudirà ogni nostra richiesta e ci colmerà dei suoi doni. Fatti così liberi da ogni preoccupazione, potremo correre nella via dell’amore.

Chiara Lubich

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Dal dialogo tra le religioni, una strategia di fraternità per un mondo nuovo

Dal dialogo tra le religioni, una strategia di fraternità per un mondo nuovo

“Quale futuro per una società multietnica, multi culturale e multireligiosa?” E’ un interrogativo sempre più diffuso, particolarmente vivo nella società inglese, la più cosmopolita d’Europa, quello affrontato da Chiara Lubich alla Westminster Central Hall, sabato pomeriggio, 19 giugno, davanti a oltre 2000 persone, tra cui il cardinale Murphy O’ Connor, arcivescovo di Londra, personalità musulmane, buddiste e sikh. Titolo dell’incontro, promosso dal Movimento dei Focolari della Gran Bretagna: “Immagina un mondo… arricchito dalla diversità”.

Una strategia di fraternità per una svolta nei rapporti internazionali Mentre molti parlano della minaccia di scontro di civiltà provocata dal terrorismo, la fondatrice dei Focolari ne ha indicato il rimedio preventivo nel dialogo interreligioso. Non solo. Da questo dialogo – ha detto – può prendere il via quella “strategia della fraternità, capace di segnare una svolta nei rapporti internazionali”.  

Dalla società multi etnica e multi religiosa può nascere un mondo nuovo Facendo un parallelo tra il nostro tempo di così profonde trasformazioni, con quello di S. Agostino di Ippona, che aveva visto lo sconvolgimento della società, sotto la pressione delle migrazioni dei popoli, con lui Chiara Lubich ha affermato che ciò che sta avvenendo è “la nascita di un mondo nuovo”. Il mondo nuovo del terzo millennio, per Chiara Lubich sarà l’unità della famiglia umana, arricchita dalle diversità, secondo il disegno di Dio. In bozzetto lo si è intravisto dal fitto intrecciarsi di testimonianze, di canti e danze dai colori e ritmi orientali e africani, dagli interventi di rappresentanti di varie religioni, come quello dell’Imam iraniano, Mohammed Somali, e della signora Didi Athavale, leader del grande movimento indù “Swadyaya family”.

Come attuare il dialogo tra le religioni? Il dialogo deve essere animato da quell’amore – ha affermato Chiara Lubich – che giunge ad “entrare nella pelle dell’altro”, perché sa farsi “nulla d’amore” davanti all’altro, sa farsi quello spazio di accoglienza e ascolto che prepara “il rispettoso annuncio del Vangelo”. Qui la fondatrice dei Focolari ha ricordato le parole pronunciate da Giovanni Paolo II in India: “Quando ci apriamo l’uno all’altro, ci apriamo anche a Dio e facciamo in modo che Dio sia presente in mezzo a noi”. In Lui è “la forza segreta che dà vigore e successo ai nostri sforzi, per portare dovunque l’unità e la fratellanza universale.”  

Una visione condivisa da leader di varie religioni e politici E’ quanto hanno espresso il leader degli Imam del Regno Unito, il dott. Zaki Badawi, il capo spirituale dei Sikh della Gran Bretagna e d’Europa, Bai Shaib Mohinder Singh di Birmigham, intervenuti subito dopo Chiara Lubich insieme alla baronessa Kathleen Richardson della Camera dei Lord, che ha ricordato come “subito dopo la guerra, l’assemblea dell’Onu si era riunita per la prima assemblea plenaria proprio in quest’aula. La visione espressa oggi – ha aggiunto – è ancora più ricca, perché non è costruita solo sull’aspirazione degli uomini, ma dalla partecipazione dell’amore di Dio”.

Le nuove tecnologie a servizio della fratellanza tra i popoli Unità e fratellanza universale. E’ stata un’esperienza viva lì alla Westminster Central Hall che, come testimoniano fax e email, ha portato un’ondata di speranza in molti Paesi delle Americhe, Australia, Europa, Medio Oriente e Nordafrica, collegati via satellite grazie a Telepace e via internet. Qualche flash. Dalla Bulgaria: “Siamo stati coinvolti da quella fraternità tra le religioni e culture che vogliamo realizzare anche nel nostro Paese dove sono presenti quasi un milione di musulmani, che sono per noi la memoria di una piaga del passato”. Dall’Irlanda: “Abbiamo sperimentato un brano di fratellanza universale realizzata ammirando la bellezza e ricchezza di tante fedi e culture. Oggi ha segnato per noi l‘inizio di un nuovo cammino pieno di speranza, ora che l’Irlanda sta divenendo sempre più multiculturale”. Da Stoccolma: “Abbiamo intravisto la soluzione della violenza che c’è nel mondo, una nuova speranza che l’unità e la pace sono possibili”.  

Mercoledì 16, su invito del Rettore del St. Mary’ College dell’Università Statale del Surrey (Londra), Chiara Lubich aveva tenuto una lezione su “I nuovi Movimenti e il profilo mariano”, a conclusione di un ciclo su “Missione e Evangelizzazione” dedicato lo scorso anno ai Cardinali Connell, Pulic, Grinze, Napier, Williams, Daly, O’Connor, Stafford, e quest’anno ai Movimenti, comunità e cammini ecclesiali.

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La fraternità come categoria politica, antidoto al terrorismo e salvaguardia del bene comune

La fraternità come categoria politica, antidoto al terrorismo e salvaguardia del bene comune

Di libertà o uguaglianza si parla molto ma che fine ha fatto la fraternità? E’ questo l’interrogativo al centro dell’intervento di Chiara Lubich al palazzo di Westminster, sede del Parlamento britannico, ieri pomeriggio. Erano presenti anche il Ministro degli affari costituzionali, David Lammy, di origine africana e un membro protestante del Partito Unionista dell’Irlanda del Nord.

E’ questa l’ultima tappa del viaggio di Chiara Lubich in Gran Bretagna, dopo gli incontri con le massime autorità anglicane e cattoliche e leader musulmani, indù e sikh, che hanno aperto prospettive nuove. “Oggi c’è un velo di scetticismo verso la politica e non si sa come andare oltre. Nessuno più vuole ascoltare le campagne elettorali… Il potere corrompe astutamente… Come fare ad andare avanti mantenendo il potere e l’obiettivo del bene comune?” Sono alcuni flash del dialogo tra i politici e Chiara.

E’ una visione della politica decisamente innovativa quella presentata dalla Lubich. Si richiama al trinomio della rivoluzione francese e osserva che libertà e uguaglianza col tempo, “sono diventati principi giuridici e vengono applicati come vere e proprie categorie politiche”. Chiede lo stesso riconoscimento per la fraternità. Solo insieme potranno dare origine ad una politica che risponda alle urgenze più gravi dell’oggi, compreso il terrorismo. E va ad una delle cause fondamentali: il crescente divario tra ricchi e poveri. Solo la fraternità può far muovere i beni e mettere in moto la solidarietà.

Utopia? Chiara Lubich cita i fatti: sono circa 3000 i politici che hanno assunto la fraternità come categoria politica in vari Paesi, dall’Europa all’America Latina. Formano il Movimento politico per l’unità cui ha dato il via una decina d’anni fa. Ne dà testimonianza l’on. Giuseppe Gambale, deputato italiano che parla di numerose iniziative. Ne citiamo solo una: deputati di vari schieramenti hanno avviato “un gruppo di lavoro trasversale sulla riforma della cooperazione internazionale ferma da anni in Commissione Esteri e sono stati scoperti – dice – vari punti di convergenza tra le proposte di legge già presentate. Un modo concreto per contribuire ad affrontare i grandi squilibri economici e sociali tra nord e sud del mondo.” Sullo sfondo di una politica sempre più conflittuale, fraternità significa capovolgere l’atteggiamento verso gli avversari politici, ha detto ancora Chiara Lubich. “Si prende coscienza che ogni formazione politica può essere la risposta ad un bisogno sociale e quindi è necessaria al bene comune. La critica si può fare costruttiva sino ad arrivare a praticare l’apparente paradosso di amare il partito altrui come il proprio, perché il bene del Paese ha bisogno dell’opera di tutti”. “E’ questa la vera politica di cui ogni Paese ha bisogno – aggiunge – il potere infatti conferisce la forza, ma è l’amore che dà l’autorità”. Un incontro questo che avrà una continuità. Si prospetta qui a Londra l’inizio di quegli incontri periodici che già si attuano in altri Paesi. (altro…)

Chiara Lubich in udienza dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams

Chiara Lubich in udienza dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams

Il primo appuntamento di Chiara Lubich a Londra era avvenuto al Lambeth Palace, ricevuta in udienza dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, Primate della Chiesa d’Inghilterra.

Ne ha parlato Chiara Lubich stessa, in una conferenza stampa a Londra: “L’arcivescovo Williams era particolarmente interessato alla nostra esperienza del dialogo interreligioso. Mi ha chiesto quale era il nostro il segreto. Mi sono richiamata alla Novo Millennio Ineunte, dove il Papa approfondisce il mistero di Gesù che in croce grida: ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato’. Gesù, dopo che ha perduto la madre, i discepoli e la sua stessa vita, ha perso anche il senso dell’unità con il Padre che era tutto per lui. Gesù si è ridotto a nulla. E’ questo un punto della nostra spiritualità di comunione che ci insegna, di fronte a persone di altre religioni, a essere “niente”, “nulla di amore” per “entrare” in loro, perché – come è stato detto – bisogna “saper entrare nella pelle dell’altro”, sino a capire che cosa significa per loro essere buddisti, musulmani, indù. Ma non si può entrare nell’altro se non si è niente. Allora la figura di Gesù abbandonato è il modello”. “Poi abbiamo parlato di molti altri argomenti: del movimento ecumenico; dell’impegno che ci siamo assunti – insieme a molti altri movimenti cattolici, anglicani, evangelici e ortodossi – di contribuire a realizzare un’Europa dello Spirito. Questo ha suscitato in lui vivo interesse, essendo lui teologo”. “Sono rimasto molto colpito dalla ‘qualità’ del rapporto tra Chiara e l’Arcivescovo” – ci ha detto Callan Slipper, ministro della Chiesa d’Inghilterra, focolarino, presente all’udienza. “L’arcivescovo aveva un atteggiamento di profonda apertura, l’intelligenza di chi sa ascoltare e apprezzare. Quest’atteggiamento si vedeva dal primo momento, quando, dopo che Chiara ha nominato tutti i vari Primati della Chiesa d’Inghilterra che ha conosciuto, ha detto scherzosamente: ‘Allora, lei conosce la Chiesa d’Inghilterra meglio di me!’. Poi, informato degli appuntamenti pubblici in programma, affermava che quanto si sarebbe verificato in questi giorni capita proprio al momento giusto, perché – ha detto – “ne abbiamo tanto bisogno sia come nazione che come Chiesa” La pagina ecumenica, nei rapporti con la Chiesa d’Inghilterra, inizia nel 1961, con l’Arcidiacono Bernard Pawley, che incontra Chiara lubich a Roma. Più tardi alcuni ministri anglicani sono presenti ad un incontro a Grottaferrata (Roma) fra cattolici ed evangelico-luterani. Sono toccati dall’atmosfera suscitata dall’amore reciproco che li fa riconoscere fratelli e sorelle in Cristo. Nel 1966, a Londra, al Lambeth Palace, Chiara incontra per la prima volta il Primate della Chiesa d’Inghilterra, l’allora arcivescovo Michael Ramsey. Le dice: “Vedo la mano di Dio in quest’Opera” e la incoraggia a diffondere la spiritualità del Movimento nella Chiesa d’Inghilterra. In seguito Chiara incontra i successori: Coggan, Runcie e Carey. In Gran Bretagna, il Movimento dei Focolari si è sviluppato tra cattolici, tra anglicani, presbiteriani, metodisti, battisti. A Welwyn Garden City sta nascendo una cittadella ecumenica. E’ l’unità, cuore della spiritualità dei Focolari, che interessa in particolare gli anglicani. (altro…)

“Libertà, uguaglianza… che fine ha fatto la fraternità”

Un importante appuntamento è previsto alla sede del Parlamento, Palazzo di Westminster, dove sono attesi oltre 50 deputati e membri della Camera dei Lord di vari schieramenti a cui Chiara Lubich si rivolgerà affrontando una tematica politica di particolare attualità: “Libertà, uguaglianza… che fine ha fatto la fraternità?”, a cui seguirà un dibattito.

Tra i politici che hanno dato la loro adesione: Clara Short, già incaricata del governo per lo sviluppo internazionale, Lord Ahmed of Rotherham (musulmano) e il Rev. Martin Smyth, ministro protestante del Democratic Unionist Party dell’Irlanda del Nord. L’on. Giuseppe Gambale, membro del Parlamento italiano, presenterà il Movimento politico per l’unità, promosso da Chiara Lubich in Italia, nel 1996 ed ora diffuso tra politici in altri Paesi Europei e in America Latina. (altro…)

“Immagina un mondo… arricchito dalla diversità”

“Immagina un mondo… arricchito dalla diversità”

Sta suscitando vasto interesse, a Londra, la capitale d’Europa più cosmopolita, e in tutta la Gran Bretagna, l’evento dal titolo: “Immagina un mondo…. arricchito dalla diversità”. Attraverso interventi, riflessioni, testimonianze, spazi artistici, questo incontro vuol esprimere il comune impegno di cristiani di diverse Chiese e comunità ecclesiali, e seguaci di varie religioni, nel costruire un mondo di pace e unità nella fraternità. Significativa la scelta del luogo: la storica Westminster Central Hall, dove nel 1946 si è svolta la prima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e nel 1931 aveva preso la parola il Mahatma Gandhi.

Chiara Lubich, nel suo intervento, affronterà l’interrogativo sempre più diffuso: ”Quale futuro per una società multietnica, multiculturale e multireligiosa?”. Premio Unesco per l’Educazione alla pace 1996, fondatrice e presidente dei Focolari, Chiara Lubich proprio a Londra, in occasione del Premio Templeton per il progresso della religione, nel 1977, diede un impulso decisivo al dialogo interreligioso, in cui da allora è impegnato il Movimento dei Focolari, nei 5 continenti. Sono attese 2000 persone di varie Chiese, con rappresentanze di varie religioni, tra cui Musulmani, Sikhs, Indù. Tra le personalità che hanno dato la loro adesione: il leader sikh, Bhai Sahib Ji Mohinder Singh di Birmigham; il dr. Zaki Badawi, Presidente del Consiglio degli Imam e delle Moschee della Gran Bretagna; la signora Didi Athavale, leader del vasto movimento indù Swadhyaya Family. Saranno presenti anche il vescovo anglicano Tom Butler, dirigente dell’organizzazione: “Rete interreligiosa per la Gran Bretagna”, l’arcivescovo di Glasgow, Mario Conti, particolarmente impegnato nell’ecumenismo, la baronessa Shirley Williams, nota personalità, leader dei democratici liberali alla Camera dei Lord.  

Martedì 15 giugno, Chiara Lubich è stata ricevuta in udienza al Lambeth Palace dall’Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, Primate della Chiesa d’Inghilterra (anglicana) e Primo inter-pares tra i Primati della Comunione Anglicana mondiale. Il Rev.do Williams ha iniziato il suo ministero il 27 febbraio 2003.

La pagina ecumenica, nei rapporti con la Chiesa anglicana, inizia nel 1965 quando alcuni ministri anglicani si trovano ad un incontro a Grottaferrata (Roma) fra cattolici ed evangelico-luterani. Sono toccati dall’atmosfera suscitata dall’amore reciproco che li fa riconoscere fratelli e sorelle in Cristo. A Londra, nel 1966, al Lambeth Palace, l’allora Primate della Chiesa d’Inghilterra, l’Arcivescovo Michael Ramsey, incontrando Chiara, le dice: “Vedo la mano di Dio in quest’Opera” e la incoraggia a diffondere la spiritualità del Movimento nella Chiesa d’Inghilterra. Così in seguito i suoi successori: Coggan, Runcie e Carey.  

Il giorno seguente, mercoledì 16, su invito del Rettore del St. Mary’ College dell’Università Statale del Surrey (Londra), Chiara Lubich aveva tenuto una lezione su “I nuovi Movimenti e il profilo mariano”, a conclusione di un ciclo su “Missione e Evangelizzazione” dedicato lo scorso anno ai Cardinali Connell, Pulic, Grinze, Napier, Williams, Daly, O’Connor, Stafford, e quest’anno ai Movimenti, comunità e cammini ecclesiali.

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Igino Giordani: un’anima di fuoco

Igino Giordani, scrittore, giornalista, politico, ecumenista e patrologo, è una delle figure più rappresentative del Novecento, una personalità poliedrica che ha lasciato tracce profonde ed ha aperto prospettive profetiche a livello culturale, politico, ecclesiale, sociale.

Nato nel 1894 a Tivoli, primo dei sei figli di Orsolina e Mariano muratore, si avvia agli studi per l’aiuto di un benefattore. Nel 1915 è chiamato alle armi nella prima guerra mondiale. Ufficiale in trincea, confesserà poi di non aver mai voluto sparare al nemico, meritandosi comunque la medaglia d’argento per l’ardire e la generosità, insieme a ferite che lo angustieranno per tutta la vita. Laureato in lettere, si dedica all’insegnamento a Roma e sposa Mya Salvati, intessendo una storia d’amore sempre più delicata e forte, dalla quale nasceranno quattro figli: Mario, Sergio, Brando e Bonizza. Negli anni ’20 comincia il suo impegno politico Conosce Don Sturzo, che lo sceglie come capo ufficio stampa del neonato Partito Popolare. Piero Gobetti gli pubblica il libro Rivolta Cattolica, definendolo “sintesi di pensiero cattolico nuovo”. Fonda il periodico Parte Guelfa. E già negli anni ’24 e ’25 elabora e diffonde idee sulla “Unione delle Chiese” e sugli “Stati Uniti d’Europa”. Abbandonata per motivi politici la scuola pubblica, nel 1927 trova lavoro presso la Biblioteca Vaticana, dove riesce a far assumere anche Alcide De Gasperi, appena uscito dalle prigioni fasciste. Diviene direttore di Fides, la rivista della “Pontificia Opera per la preservazione della Fede”. Collabora al periodico Il Frontespizio di Piero Bargellini, stringendo rapporti col vivace movimento letterario fiorentino. Nel 1944 dirige Il Quotidiano, il nuovo giornale dell’Azione Cattolica del secondo dopoguerra; in seguito succede a Gonella nella direzione de Il Popolo. Il 2 giugno 1946 viene eletto deputato ed entra a far parte di quei “padri costituenti” che hanno posto le fondamenta ideali della Repubblica italiana. Sarà rieletto ancora nel 1948, e nel 1950 diverrà membro del Consiglio dei popoli d’Europa a Strasburgo. In sintesi, Giordani è stato politico militante, non per ambizione, ma per amore e servizio alla comunità in momenti difficili. Negli anni ’20 lotta con coraggio per la libertà di fronte alla dittatura. La forte connotazione etica del suo impegno politico gli vale l’emarginazione sotto il regime: periodo di intelligente, continua “resistenza culturale”, in cui esalta nei suoi libri i valori della libertà e di un ordine diverso. Il periodo dal ’46 al ’53 è quello più creativo e vivace, con iniziative audaci e profetiche per la pace tra le classi e tra i popoli, e un timbro originalissimo: la ormai famosa “ingenuità” – come lui la chiama -, che lo porta su posizioni scomode, come l’obiezione di coscienza, il no alle spese militari, il no alla demonizzazione dei comunisti, … Una “ingenuità” che lo mette presto fuori gioco (non viene rieletto nel ’53) ma che oggi lo fa riscoprire come (sono parole dello storico De Rosa) “un politico dell’anti-politica, non fatto per tutte le stagioni, non disponibile alle ragioni del potere per il potere”. Come scrittore, ha pubblicato oltre 100 opere (una media di quasi due all’anno), tradotte nelle principali lingue, senza contare i saggi, gli opuscoli, gli articoli (oltre 4000), le lettere, i discorsi. Esemplare la sua esperienza cristiana Tra le sofferenze dell’ospedale militare, a 22 anni avverte una prima chiamata alla santità, rafforzata dagli scritti di Caterina da Siena. Si fa terziario domenicano per amore di lei, “la prima – dirà – che m’incendiò dell’amor di Dio”. Come cristiano ha vissuto con spirito evangelico ogni attività terrena, vedendola sempre come vocazione. I suoi scritti più validi – di continua attualità – nascono da una profonda conoscenza della storia del cristianesimo e dei Padri della chiesa. Da qui la solida formazione teologica e spirituale che lo contraddistingue. La mette a frutto in una feconda attività di animazione cristiana della cultura e di formazione spirituale dei laici ed anche di sacerdoti e religiosi. Precursore del dialogo ecumenico, anticipa negli anni ’30 le linee del Concilio Vaticano II. Studia, traduce, spiega i Padri del primo cristianesimo in anni in cui erano quasi dimenticati. Da essi tira fuori quel “Messaggio sociale del cristianesimo” che è una delle sue opere più note. Si immedesima tanto in loro, che Italo Alighiero Chiusano lo definisce “un qualche antico Padre della Chiesa a cui Dio ha dato il privilegio di risorgere e di girare oggi in mezzo a noi”. Verso i sentieri della santità Ma l’evento che eleva ancor di più la sua vita verso i sentieri luminosi ed esigenti della santità, avviene nel settembre 1948, ed è l’incontro con Chiara Lubich. Si può dire che inizia per lui una esperienza nuova che lo coinvolge completamente, un sodalizio spirituale singolare per umiltà, trasparenza, unità. Dirà più tardi: “Tutti i miei studi, i miei ideali, le vicende stesse della mia vita mi apparivano diretti a questa meta… Potrei dire che prima avevo cercato; ora ho trovato”. Affascinato dalla radicalità evangelica della “spiritualità di comunione” da lei annunziata e vissuta, vi scorge la possibile realizzazione del sogno dei Padri della Chiesa: spalancare le porte dei monasteri perché la santità non sia privilegio di pochi, ma fenomeno di massa nel popolo cristiano. Aderisce perciò con totalità di mente e di cuore al Movimento dei Focolari, all’interno del quale viene chiamato “Foco”, per l’amore che testimonia e diffonde. Non solo. Col suo “sì” diviene strumento provvidenziale perché la fondatrice dei Focolari abbia ulteriori comprensioni del proprio carisma. Giordani pare quasi uscire gradualmente dalla scena culturale e politica fin allora calcata, per riviverla su un piano soprannaturale. Nel “farsi bambino” davanti all’amore totalitario dei chiamati alla verginità, a lui sposato si spalanca, proprio “nell’amore senza misura”, una via di comunione con essi. Puro di cuore e con l’anima dilatata sull’umanità, può così aprire la strada ad una schiera di coniugati in tutto il mondo, chiamati a questa nuova consacrazione. E dietro a loro sono sorti movimenti di massa per le famiglie e per la rianimazione evangelica delle varie attività umane. Diviene così uno dei più stretti collaboratori di Chiara Lubich, che lo considera “confondatore” del Movimento dei Focolari. Sulle vie della mistica Nel crogiolo del Focolare, Giordani compie un più alto viaggio dell’anima sulle vie della mistica, dove le prove spirituali, le incomprensioni e le umiliazioni delle progressive emarginazioni, i dolori fisici, si scoloriscono davanti all’esperienza quotidiana della presenza di Cristo “tra due o più” uniti nel suo nome, e del mistero d’amore di un Dio crocifisso e abbandonato. Ottiene dal Cielo straordinarie esperienze di unione con Dio e con Maria, ed anche quelle prove “oscure” dell’anima che il Signore riserva a chi più egli ama. Il suo viaggio diventa così un “volo” in Dio, concluso la sera del 18 aprile 1980. I suoi resti mortali riposano nel cimitero di Rocca di Papa (Roma). Definire Giordani con una parola? Molti, anche intellettuali esigenti, l’hanno chiamato “un profeta”. Per Chiara Lubich è “l’uomo delle beatitudini”, e ne svela l’ampiezza insolita quando lo definisce “anima-umanità”. Per Tommaso Sorgi, attento suo studioso, è un “innamorato di Dio e dell’uomo”. Nedo Pozzi ———————————– Il viaggio dell’anima di Giordani, attraverso i suoi scritti, soprattutto quelli più autobiografici, è ripercorso in una recente breve biografia di Tommaso Sorgi, responsabile del Centro Studi “Igino Giordani”, dal titolo: “Un’anima di fuoco”, edita da Città Nuova. (altro…)

I Poli imprenditoriali: laboratorio di una nuova economia

Riportare Dio nella società, nella cultura e nella politica: l’ideale di Igino Giordani

Igino Giordani: con la sua vita si potrebbe riscrivere la pagina evangelica delle beatitudini. Così Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, nel giorno dell’apertura ufficiale del processo di beatificazione di questa personalità “poliedrica”: scrittore, giornalista, politico, ecumenista, studioso dei Padri della Chiesa e della dottrina sociale del cristianesimo. La cerimonia si è svolta nella Cattedrale di San Pietro a Frascati, diocesi dove Giordani ha concluso la sua vita terrena. Tra la folla che gremiva la cattedrale, erano presenti i figli Sergio, Brando e Bonizza. La solenne concelebrazione liturgica, che ha preceduto l’insediamento del tribunale ecclesiastico, era presieduta dal vescovo di Frascati, mons. Giuseppe Matarrese. “Giordani ha attraversato il XX secolo da protagonista – ha detto all’omelia il teologo Piero Coda, vicario episcopale. “Ha partecipato alla ricostruzione dell’Italia repubblicana come membro della Costituente e come parlamentare”, ha contribuito a preparare e poi a promuovere “con la vita e con la penna” la primavera del Concilio. “In lui ardeva un desiderio: riportare Dio nel mondo, nella società, nella cultura”. E sarà dopo l’incontro con il carisma di Chiara Lubich, incontrata a Montecitorio nel 1948, che Giordani dirà: “Sentii di passare dal Cristo cercato, al Cristo vivo”. Di lui, la fondatrice dei Focolari, intervenendo al termine della Messa, ha detto: “E’ stata la purezza di cuore che gli affinò i sentimenti più sacri e glieli potenziò verso sua moglie e verso i figli”. E’ stato “povero in spirito, per il distacco completo non solo da ciò che possedeva, ma soprattutto da ciò che era”. “Operatore di pace, come documenta la sua storia di uomo politico”. In Giordani Chiara Lubich riconosce un confondatore del Movimento dei Focolari: ha dato un impulso eccezionale ai movimenti ad ampio raggio, nati per l’animazione cristiana del mondo dei giovani, della famiglia, della politica, scuola, medicina, arte. E’ stato lui che ha spalancato una nuova via di consacrazione per i coniugati che lo portò a sperimentare “le gioie della contemplazione e della vita mistica”. Finalmente è superato quell’”abisso” – come lui lo chiamava – tra i religiosi che seguivano ‘l’ideale di perfezione’ e i laici, i quali – come diceva con una punta di ironia – seguivano ‘l’ideale dell’imperfezione’. “E’ stato lui – ha ancora detto Chiara Lubich – la personificazione di uno degli scopi più importanti dei Focolari: concorrere all’unificazione delle Chiese”. Giordani, oltre che membro della Costituente, fece parte del Consiglio dei popoli d’Europa a Strasburgo. E’ autore di 100 libri e di oltre 4000 articoli. Tra le sue opere più diffuse, tradotta in molte lingue, tra cui il cinese, il “Messaggio sociale del cristianesimo”. Già negli anni 1924-25 elabora e diffonde idee sull’”Unione delle Chiese” e sugli “Stati Uniti d’Europa”. Il periodo dal 1946 al 1953 è il più creativo, con iniziative audaci e posizioni scomode per quel tempo, come l’obiezione di coscienza, il no alle spese militari, il no alla demonizzazione dei comunisti. Una “ingenuità” – è questa una sua espressione – che lo mette presto fuori gioco (non viene rieletto nel 1953), ma che oggi lo fa riscoprire, secondo lo storico Gabriele De Rosa, come “un politico dell’anti-politica, non fatto per tutte le stagioni, non disponibile alle ragioni del potere per il potere”. Negli ultimi anni, nei dolori fisici, dovuti al riacutizzarsi delle ferite di guerra, gioiva di potersi “concrocifiggere” con Cristo. Acquistava tale luce degli occhi e affabilità nei rapporti da infondere serenità in tutti e indurre anche i piccoli a trattarlo alla pari. Otteneva dal Cielo straordinarie esperienze di unione con Dio e con Maria, ed anche quelle prove “oscure” dell’anima che il Signore riserva ai suoi eletti. Il suo “viaggio” era diventato un “volo” in Dio., che si è concluso la sera del 18 aprile 1980. Era stato mons. Pietro Garlato, allora vescovo di Tivoli, città dove Igino Giordani era nato nel 1894, che nell’anno del grande Giubileo, aveva preso l’iniziativa di proporre “un gesto significativo”: “vedere introdotta la causa di beatificazione, perché la Chiesa tutta trovi in lui un modello, un testimone del Vangelo, e modello di comunione”. (altro…)

Chiara Lubich: Igino Giordani cristiano e confondatore

Con l’insediamento del tribunale ecclesiastico, inizia la fase diocesana del processo canonico. A ciascuno dei suoi componenti, qui presenti, assicuro il mio, il nostro sostegno attraverso la preghiera per il loro delicatissimo lavoro e la nostra attiva collaborazione per quanto può essere utile.

In quest’occasione così particolare, spero sia gradita ora da parte mia qualche parola sull’on. Igino Giordani. Come si sa, egli è stato una eminente personalità cattolica poliedrica, che all’impegno politico ha sempre unito un’intensa e feconda attività culturale come giornalista e scrittore, apologista e agiografo, studioso insigne dei Padri della Chiesa e della dottrina sociale del cristianesimo. Si potrebbe e dovrebbe parlare molto a lungo dei diversi impegni che hanno reso famoso l’on. Igino Giordani. Ma oggi, in questo luogo sacro e in questa circostanza particolare, mi sembra di dover parlare di lui soprattutto come cristiano, come focolarino e confondatore del Movimento dei Focolari: azione questa svolta nell’arco degli ultimi trentadue anni della sua vita. Giordani cristiano Qualcuno ha detto che se il Vangelo scomparisse su tutti i punti della terra, il cristiano dovrebbe essere tale che, chi lo vede vivere, potrebbe riscrivere il Vangelo. Quando Igino Giordani se ne partì da questa terra, venne letta nella Messa del giorno la pagina delle beatitudini. Ebbene: quanti lo avevano conosciuto a fondo erano concordi nell’affermare che egli le aveva vissute tutte. “Beati i puri di cuore”. E’ stata questa purezza che gli fece definire l’esistenza terrena dell’uomo, perché sempre seguita dall’amore provvidenziale di Dio, un’avventura divina. E’ stata la stessa purezza di cuore che gli affinò i sentimenti più sacri e glieli potenziò: verso sua moglie, verso i suoi amatissimi figli. Egli è stato un “povero in spirito” per il distacco completo che aveva, non solo da tutto ciò che possedeva, ma soprattutto da tutto ciò che egli stesso era. Il suo cuore era carico di “misericordia”: vicino a lui anche il più miserabile peccatore si sentiva perdonato e rivestito di dignità. E’ stato sempre un “operatore di pace”, come documenta la sua storia di uomo politico. Di carattere forte e impetuoso, è arrivato a possedere tale “mitezza” da far capire che chi ha questa virtù possiede la terra, come afferma il Vangelo. Con la più raffinata gentilezza, con quelle parole tutte sue, conquistava quanti avvicinava. E… potremmo continuare… Giordani focolarino Cristiano di prim’ordine, dotto, apologeta, apostolo, quando gli è parso d’incontrare una polla di acqua genuina, che sgorgava dalla Chiesa, ha saputo posporre ogni cosa per seguire Gesù che lo chiamava. Per cui, se Giordani fu un vero cristiano, fu anche un cristiano con una sua via particolare. Dio lo chiamò ad essere focolarino. Ha impersonato il nome di battaglia col quale era chiamato da noi: “Foco”, fuoco e cioè quell’amore verso Dio e il prossimo, soprannaturale e naturale, che sta al vertice della vita cristiana. Egli era sempre stato in attesa che gli si aprisse una qualche strada, nella linea di quel desiderio di consacrazione totale a Dio, nonostante la sua condizione di coniugato. Ed ecco che nel 1948 si è imbattuto nel Movimento dei Focolari. Ed è stato proprio attraverso la spiritualità dell’unità, tipica di quest’Opera, che si poté leggere il Vangelo nella sua persona. Perché vivesse in lui Cristo, per attuare la piena comunione con i fratelli che Egli domanda, seppe veramente morire a sé stesso come afferma in un suo scritto poetico del 1951: “Mi son messo a morire, e quel che accade non m’importa più; ora voglio sparire nel cuore abbandonato di Gesù. Tutto questo penare Per l’avarizia e per la vanità nell’amore scompare: ho riacquistato la mia libertà. Mi son messo a morire a questa morte che non muore più: ora voglio gioire con Dio della sua eterna gioventù.” Ma se Giordani conobbe l’ascetica cristiana, non gli mancarono le gioie della contemplazione e della vita mistica. Dice Luigi Maria Grignion de Montfort, parlando delle persone che la Vergine ama in modo particolare, che il principale dono che esse acquistano è la realizzazione quaggiù della sua vita nelle loro anime, di modo che non è più l’anima a vivere, ma Maria in esse o, se si vuole, l’anima di Maria diventa la loro. Scrive Giordani nel ’57: “La sera del primo ottobre, mese sacro a Maria, dopo le preghiere, di colpo l’anima mi fu sgombrata di cose e creature umane; e al loro posto entrò Maria, con Gesù dissanguato, e tutta la stanza dell’anima fu piena della sua figura di dolore e di amore. (…) Per 24 ore, Ella stette, come altare che regge la Vittima: Virgo altare Christi. La mia anima era la sua stanza: il tempio. (…) Sì che mi venne da dire: ’Vivo non più io, ma vive Maria in me’. La sua presenza aveva come verginizzato la mia anima: marianizzato la mia persona. L’io pareva morto e nata al suo posto Maria. Sì che non sentivo più il bisogno di levare gli occhi alle icone delle strade o alle immagini della Madonna; mi bastava configgere gli occhi dell’anima dentro di me, per scorgere, in luogo dell’idolo sordido e grottesco solito, la Tutta bella: la Madre del bell’Amore. E anche questo povero corpo sofferente apparirmi una sorta di cattedrale (…). Se non sono l’ultimo cialtrone, devo farmi santo: essere in armonia con questa realtà.” Giordani confondatore Ed è stato anche confondatore del Movimento dei Focolari. Fu lui che spalancò il focolare ai coniugati, mandando ad effetto quel progetto, prima solo intravisto, d’una convivenza di vergini e coniugati, per quanto a questi è consentito dal loro stato. E’ stato lui che ha dato un impulso eccezionale alla nascita di quelle diramazioni di quest’Opera che sono i Movimenti a largo raggio, come il “Movimento Famiglie Nuove”, “Gioventù Nuova”, “Umanità Nuova”, la quale s’adopera per animare del genuino spirito cristiano il mondo del lavoro, dell’arte, della medicina, della scuola, della politica… E’ stato lui ad iniziare con altri deputati il “Centro Santa Caterina” proprio per animare la politica dello spirito del Movimento. E’ stato lui la personificazione di uno degli scopi più importanti di quest’Opera: concorrere all’unificazione delle Chiese, dirigendo per anni il “Centro Uno” ecumenico. E’ stato lui soprattutto che aiutò il Movimento a piantare solide radici nella Chiesa sicché, ancora in vita, lo vide espandere i suoi rami sui cinque continenti con tutto il bene che si può immaginare, se si considera il suo spirito evangelico che sottolinea la fratellanza universale, l’unità fra tutti gli uomini. Giordani è stato un dei più grandi doni che Dio ha fatto al nostro Movimento. Ed ora, per concludere, voglio ricordare con loro uno dei suoi ultimissimi giorni. Si era aggravato. Gli avevo portato una foto a colori del santo Padre con una bella benedizione e firma autografa. Egli ne era rimasto felice e, tra un assopimento e l’altro, ha detto: “Oggi è una bella festa! Chi se l’aspettava?” E mentre don Antonio Petrilli – uno dei primi focolarini sacerdoti, che lo accudiva nei suoi ultimi anni e l’ha raggiunto ora nell’Altra Vita – appendeva la benedizione incorniciata al muro, ha aggiunto: “Ho l’idea di stare in Paradiso”. Alla mia richiesta se era contento che ascoltassimo insieme la santa Messa e rinnovassimo il Patto d’unità del focolarino, ha esclamato: “Che bello! Questo è un dono aggiunto”. E ad un dato momento: “Ho sempre presente Dio sotto questo nome: Donator”; ed elencò alcuni doni che gli aveva fatto. Alla mia domanda se gli sarebbe piaciuto andare in Paradiso, ha fatto un cenno con la testa, come per dire: magari! Poi, più volte, con un sorriso unico, aggiunse: “Questo è Paradiso! Che può esserci di più bello?” Riferendosi ancora alla benedizione del Papa, ha sussurrato: “Non si può dire che dono è stato; più ci penso e più mi perdo…”. E dopo la santa Messa con l’indulgenza plenaria ha affermato: “Tutto completo”. Giordani oggi è qui presente fra tutti noi. (altro…)

L’inizio del processo di beatificazione di Igino Giordani

L’Osservatore Romano 3 giugno 2004 Igino Giordani: “un’anima di fuoco” innamorata di Dio e dell’uomo

Avvenire Igino Giordani, l’avventura di un cristiano del Novecento 4 dicembre 2003 Igino Giordani, un laico alla scuola della santità 5 giugno 2004 Il Sole 24 ore 6 giugno 2004 Un “foco” contro ogni guerra L’Espresso 10 giugno 2004 Igino proteggici tu Radio Vaticana Può un uomo politico essere un santo? 6 giugno 2004 Riportare Dio nella società, nella cultura, nella politica 7 giugno 2004 l’Ideale di Igino Giordani Vita Pastorale giugno 2004 Cristiano “ingenuo” e appassionato La Discussione 4 maggio 2004 Verso la beatificazione di Igino La voce del Popolo 6 giugno 2004 Da scrittore a beato: il processo a Giordani Ansa 6 giugno 2004 Parlamentare anche alla costituente, giornalista, scrittore Agenzia Fides 4 giugno 2004 La santità non sia privilegio di pochi, ma fenomeno di massa del popolo cristiano Sir 2 giugno 2004 Igino Giordani uomo delle beatitudini Zenit (it.-ingl.-franc.-spag.) 3-4-6-7 giugno 2004 Igni Giordani, “confondatore” dei Focolarini, sulla via della santità (altro…)

Un’ ondata di speranza per un’ Europa capace di fraternità e pace

Un’ ondata di speranza per un’ Europa capace di fraternità e pace

“Ci siamo sentiti trasformati, rinforzati. Questo incontro è un segno di grande speranza. In questi tempi ci arrivano dall’Europa soprattutto consumismo, moda, valori materiali. Ho capito che possiamo dare i valori spirituali.” Così un fax dalla capitale della Lituania, Vilnius, che il 1° maggio, insieme ad altri 9 Paesi, aveva festeggiato l’ingresso nell’Unione europea, non senza timori di molti. E’ questa una delle 163 città d’Europa che l’8 maggio erano collegate via satellite con il Palasport di Stoccarda, gremito da 10.000 persone di tutto il continente per la grande manifestazione dal titolo: Insieme per l’Europa. Un incontro da molti definito “storico”, anche perché era il primo incontro a dimensione europea di oltre 150 movimenti cattolici, evangelici, ortodossi e anglicani.

Un’anima per l’Europa “Siamo qui per dare un’anima all’Europa che generi un’unità spirituale forte” – aveva detto Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, in apertura – “come tante reti di rapporti fraterni che mettono insieme i popoli, quasi a preparare, a livello di laboratorio, la piena unità europea nella ricchezza delle diversità. Parole che a Stoccarda diventano esperienza viva: “L’impressione è di quelle che rimangono – dichiara in un’intervista a Città Nuova il Presidente della Commissione europea, Romano Prodi. “Oggi si è mostrata l’Europa con la possibilità di chiudere un capitolo della storia senza più dolore, senza più divisioni”. Un’esperienza vissuta con la stessa intensità negli incontri collegati, come rivelano i moltissimi fax e e-mail. Da Trento scrivono: “Non sapevamo più se eravamo al di qua o al di là dello schermo”.      Una pietra miliare “Abbiamo bisogno di un’Europa dei cuori che non siano solo pieni di euro, ma pieni di valori, pieni di Dio”, afferma il card. Kasper dal palco di Stoccarda. “Abbiamo bisogno di questa Europa spirituale – dice – di movimenti spirituali che rendano tangibile questa Europa. Abbiamo bisogno di comunità che superino i confini dei popoli e delle nazioni: quella di oggi è una pietra miliare in questo cammino”. A Ginevra, tra le personalità presenti nella sede mondiale del Consiglio ecumenico delle Chiese, l’Alto Commissario per i diritti dell’uomo dell’Onu, Marie-Francois Charrin: “Questa Europa unita con un’anima, un cuore, due polmoni, guarirà le piaghe enormi nei Paesi in conflitto”.    

L’Europa unita nasce dalle rovine del 2° conflitto mondiale Il processo di riconciliazione e il sogno di un’Europa unita nasce proprio dalle rovine di un conflitto: la seconda guerra mondiale. Lo ricordano il pastore evangelico-luterano Aschoff del Rinnovamento dello Spirito nella Chiesa evangelica e lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Il Presidente della Commissione europea, Romano Prodi, richiama la visione di Schuman, De Gasperi e Adenauer e i primi passi segnati dal trattato del carbone e dell’acciaio del 1951, poi dall’euro e dalla Costituzione in corso. Ricorda che i grandi padri hanno attinto alla loro fede per costruire l’Europa. Anche oggi – dice – i cristiani sono chiamati a “portare la loro creatività”, “perché l’Europa cresca non come una fortezza, ma come un soggetto politico che ha un’anima e fa della pace e della giustizia la sua identità e la sua vocazione”. E aggiunge: “di quest’anima, voi siete una componente essenziale”.

La visione dell’Europa alla luce dei carismi E’ una visione dell’Europa illuminata dalla luce dei carismi suscitati dallo Spirito lungo i secoli che percorre la manifestazione. Non a caso – ricorda Aschoff, “è proprio “nelle dure giornate della guerra” che sono nate nelle diverse Chiese molti dei nuovi movimenti spirituali e comunità. “Dietro a questi volti, c’è un cuore rigenerato dal Vangelo” dice Riccardi. Alla mancanza di “slancio dell’Europa”, vi immettono “il gusto del futuro”.  

E’ un’Europa che “ha bisogno di un nuovo legame tra gli uomini”, afferma Ulrich Parzany, pastore luterano, segretario generale dell’YMCA in Germania e promotore di una vasta iniziativa di evangelizzazione, Pro Christ. “La stessa democrazia – avverte – si basa su presupposti che lei stessa non è in grado di creare”. E la parola chiave lanciata a Stoccarda è “fraternità universale”. Ne parla Chiara Lubich: è questa l’aspirazione più diffusa, quella fraternità resa possibile da Gesù che “ha abbattuto i muri che separano gli uguali dai diversi, gli amici dai nemici, compiendo una rivoluzione esistenziale, culturale e politica”.

 

La testimonianza dei movimenti e comunità Una carrellata di fatti di vita ha mostrato i semi di rinnovamento spirituale e sociale gettati dai vari carismi di Movimenti e comunità: dall’ ”apporto determinante” per la sopravvivenza della Chiesa ortodossa in Finlandia, dato dal Movimento della gioventù ortodossa (ONL), alla esperienza giovanile di un appartenente alla comunità evangelica Fcjg di Ludenscheid, passato “dal buio fitto dell’anima” in cui era piombato a causa della droga, alla liberazione con l’incontro con Cristo. L’iniziatore dei corsi-Alpha, l’anglicano Nicky Gumbel parla della trasformazione operata dal Vangelo anche nelle 124 prigioni del Regno Unito, mentre movimenti evangelici, come la Family Life Mission e cattolici come l’Equipe Notre Dame, parlano di rinnovamento cristiano della famiglia.

 

Come i giovani vogliono e si impegnano per l’Europa Forte risuona la voce dei giovani che con testimonianze, canti e bandiere in varie lingue dicono come vogliono e come si impegnano per un’Europa capace di perdono, di superare i confini e puntare ad un mondo unito.

Un patto di fraternità E’ questo l’impegno espresso nel messaggio finale: “Intensificare sempre più quella fraternità universale che altro non è che l’amore evangelico vissuto” nella “condivisione di beni e risorse”, “apertura alle altre culture e tradizioni religiose”, “amore solidale con i deboli e i poveri delle nostre città”,“senso profondo della famiglia e dei valori della vita”. E’ il momento culmine. Sul palco decine di rappresentanti dei movimenti e comunità che hanno preparato da oltre un anno questo appuntamento storico. L’assenso è corale. E non solo a Stoccarda. Scrivono da Varsavia: “Commozione profonda, in piedi come a Stoccarda, al manifesto finale. L’anima dell’Europa, oggi l’abbiamo vissuta e toccata”. Salgono anche 50 vescovi delle diverse Chiese. Con solennità leggono i passaggi chiave del testamento di Gesù: “che tutti siano uno”. Sul palco anche la regina Fabiola che recita il Padre nostro. Un’Europa unita per un mondo unito Il messaggio di Stoccarda ha raggiunto anche gli altri continenti: 35 città collegate. Da Buenos Aires: “Anche noi a migliaia in piedi, abbiamo unito le nostre mani per sigillare questo patto”. Da Brasilia ben esprimono la dimensione profetica dell’evento di Stoccarda: “Tutte le divisioni dei secoli della storia ci sembravano di cartone, e provavamo come il gelo dei cuori si scioglie con l’amore”. Da Mann in Costa d’Avorio si gioisce per un’Europa aperta su tutti i popoli del mondo, specialmente l’Africa. E’ questo il forte impulso impresso da Stoccarda, sottolineato anche dal messaggio del Papa, letto dall’Arcivescovo Stanislao Rylko, Presidente del pontifico Consiglio per i laici: “Non si può costruire una casa comune in Europa, senza occuparsi del bene dell’intera umanità, soprattutto dell’Africa che è segnata da così tanti e gravi problemi”. E da Singapore: “Le distanze erano annullate. Dopo l’Europa, si punta ora all’unità del mondo intero”. E’ questo l’orizzonte prospettato da Andrea Riccardi e Chiara Lubich: “un’Europa unita per un mondo unito”.

Un orizzonte evidenziato dal Papa: “I cristiani di molti movimenti spirituali radunati a Stoccarda – scrive nel messaggio – danno conferma che il Vangelo li ha portati a superare il nazionalismo egoistico e a vedere nell’Europa una famiglia di popoli, ricca di varietà culturale e di esperienze storiche”. “L’Europa di domani – afferma – ha bisogno di questa coscienza per prendere parte ai grandi eventi a cui la storia la chiama”.

Un primo passo Un’ondata di speranza si è diffusa da Stoccarda, “come un primo cerchio d’acqua, che andrà non sappiamo fino a dove” come ancora scrivono da Vilnius. Ma, dicono in molto, questo è solo un primo passo.   (altro…)

giugno 2004

Gesù ha da poco preso la decisione di iniziare il grande viaggio verso Gerusalemme, dove deve compiersi la sua missione. (Cf Lc 9,51) Altri vogliono seguirlo, ma Gesù li avverte che camminare con Lui è una scelta seria. Sarà un cammino difficile, che richiede lo stesso coraggio e la stessa determinazione con cui egli è deciso a compiere fino in fondo la volontà del Padre.
Egli sa che all’entusiasmo iniziale può subentrare lo scoraggiamento. Lo aveva appena raccontato nella parabola del seminatore: i semi caduti sulla pietra “sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la Parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno.” (Cf Lc 8,13)
Gesù vuole essere seguito con radicalità e non fino a un certo punto, un po’ sì e un po’ no. Una volta che ci si è messi a vivere per Dio e per il suo Regno, non si può tornare a riprendersi ciò che si è lasciato, a vivere come prima, a pensare agli interessi egoistici di una volta:

«Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio»

Quando ci chiama a seguirlo, e tutti – in modo diverso – siamo chiamati, Gesù ci apre davanti un mondo nuovo per il quale vale la pena rompere con il passato. A volte però ci prendono ripensamenti nostalgici o la mentalità comune, spesso non evangelica, si insinua e fa pressione su di noi.
Ed ecco allora le difficoltà. Da un lato vorremmo amare Gesù, dall’altro vorremmo indulgere ai nostri attaccamenti, alle nostre debolezze, alle nostre mediocrità. Vorremmo seguirlo, ma siamo tentati di voltarci tante volte indietro, tornando sui nostri passi, oppure con un passo avanti e due indietro…
Questa Parola di vita ci parla di coerenza, di perseveranza, di fedeltà. Se abbiamo sperimentato la novità e la bellezza del Vangelo vissuto, vedremo che nulla è più contrario ad esso quanto l’indecisione, la pigrizia spirituale, la poca generosità, il compromesso, le mezze misure. Decidiamo di seguire Gesù e di entrare nel meraviglioso mondo che egli ci apre. Ha promesso che “chi persevererà fino alla fine sarà salvato.” (Cf. Mt 10,22)

«Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio»

Cosa fare allora per non cedere alla tentazione di volgerci indietro?
Innanzitutto non dare ascolto all’egoismo, che appartiene al nostro passato, quando non si vuole lavorare come si deve o studiare con impegno o pregare bene o accettare con amore una situazione pesante e dolorosa, oppure quando si vorrebbe parlare male di qualcuno, non avere pazienza con un altro, vendicarsi. A queste tentazioni dobbiamo dire di no anche dieci, venti volte al giorno.
Ma questo non basta. Con i no si va poco lontano. Occorrono soprattutto i sì: a quello che Dio vuole e i fratelli e le sorelle aspettano.
E assisteremo a grandi sorprese.
Ricordo qui una mia esperienza.

Il 13 maggio 1944 un bombardamento aveva reso inabitabile la mia casa e la sera per ripararmi ero scappata con la mia famiglia nel bosco poco distante. Piangevo, capendo che non sarei potuta partire da Trento con i miei che tanto amavo. Vedevo ormai nelle mie compagne il Movimento nascente: non avrei potuto abbandonarle.
L’amore per Dio doveva, dunque, vincere anche questo? Dovevo lasciar partire i miei da soli, io che allora ero l’unica a sostenerli economicamente? Lo feci con la benedizione di mio padre.
Seppi poi che i miei erano partiti contenti, e ben presto trovarono una buona sistemazione.
Cercai le mie compagne fra le case e le strade ridotte a macerie. Erano, grazie a Dio, tutte salve. Ci venne offerto un piccolo appartamento. Il primo focolare? Noi non lo sapevamo, ma era proprio così.

«Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio»

Andiamo dunque sempre avanti verso il traguardo che ci attende, tenendo fisso lo sguardo su Gesù. (Cf Eb 12,1-2)Più ci innamoriamo di Lui e sperimentiamo la bellezza del mondo nuovo a cui ha dato vita, più ciò che abbiamo lasciato dietro le spalle perderà la sua attrattiva.
Ripetiamoci al mattino, quando inizia una nuova giornata: oggi voglio vivere meglio di ieri! E se ci può essere di aiuto, proviamo a contare in qualche modo gli atti di amore a Dio e ai fratelli e alle sorelle. Ci troveremo alla sera col cuore pieno di felicità.

Chiara Lubich

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I Poli imprenditoriali: laboratorio di una nuova economia

Una lezione di amore radicale capace di costruire la pace

“Dopo l’Anno Santo 2000, cominciata la seconda Intifada, i pellegrini sono scomparsi. I cristiani di qui si sono sentiti abbandonati. La maggior parte di essi vivono dei servizi ai pellegrini, e ora molte famiglie sono ai limiti della sopravvivenza. E’ anche un aiuto materiale che si dà, oltre al sostegno spirituale”. E’ quanto ci ha detto il Nunzio, Mons. Pietro Sambi, a Gerusalemme.

 

“L’unità costruita fra tutti noi ’pellegrini’ e con gli amici di lì, è stata naturale e concreta fin dai primi momenti. Il cuore ci dice che bisogna andarli a trovare proprio lì, nella loro terra, per capire quanto bisogno abbiano di sentirci vicini; ma stare a contatto con questo popolo serve forse soprattutto a noi, che veniamo da altre parti del globo, per imparare e per ringraziare di quello che loro vivono e offrono per tutti”.

“Camminiamo per la città vecchia e ci guardiamo, colmi di impressioni che a stento riusciamo a riordinare. Sono volti, case, colori e profumi, parole e silenzi, panorami e pietre. Le pietre calpestate da un uomo-Dio la cui presenza è più che mai viva e parlante quest’oggi, qui. E’ davvero commovente vedere come c’è chi continua a costruire la pace partendo prima di tutto da sé”. E’ la lezione più grande di questo viaggio.  

Siamo stati testimoni di esperienze toccanti: da chi ha perso marito, fratelli, figli; da chi ogni giorno vive con la paura dei posti di blocco, di vedersi portar via i propri cari o di veder crollare la propria casa.

Da chi non ha più nessuna certezza, se non quella che “è dando Amore a chi ci capita accanto che si può tornare a sorridere”: “amando quel soldato, sorridendo a quella ’mancanza’, offrendo – nonostante mille ingiustizie – sempre qualcosa di positivo anche a chi potrebbe essere chiamato tranquillamente ’nemico’”. Mille le iniziative di solidarietà, come la copisteria nata in un villaggio dei Territori palestinesi per offrire nuovi posti di lavoro.

In questi giorni in Terra Santa, questo amore così radicale è arrivato anche a noi. E’ tantissimo quello che ci hanno dato, in vita e in atti concreti: dolci, pranzi, visite, feste, tutto è stato un atto d’Amore continuo per noi”. P. B. (altro…)

Piccoli gesti che cambiano la vita

Come San Martino Sono rimasta vedova da giovane, con tre figli a carico e una situazione finanziaria precaria. Come domestica a ore guadagnavo poco. Un giorno mi sono recata in chiesa a pregare e lì ho notato un uomo sofferente. Aveva i pantaloni tutti rattoppati. Ho chiesto a Dio di farmi capire se aveva bisogno d’aiuto. Alzando gli occhi ho notato un affresco di San Martino. Allora ho capito di non aspettare altri segni, ma di fare come San Martino, che aveva vissuto senza mezze misure il comando evangelico dell’amore. Mi sono avvicinata, e lui: “Sono appena uscito dall’ospedale e non posso più lavorare. Ora sono qui, ma veramente avrei voluto buttarmi sotto un treno. Non so come andare avanti”. Gli ho fatto coraggio dicendogli: “Lei è nel posto giusto. Venga sempre qui. Lui l’aiuterà”. Gli ho dato tutto quanto avevo guadagnato quel giorno: 80 franchi svizzeri. Il giorno seguente ho ricevuto inaspettatamente la visita di uno zio che non vedevo da dieci anni. E’ stata una gioia grandissima. Salutandomi, mi ha messo in mano una busta. Aprendola, vi ho trovato la somma di 8.000 franchi svizzeri!

(M.M. – Svizzera) Al lavatoio pubblico Due giorni fa sono andata al lavatoio pubblico, quello vicino casa mia, per fare il bucato. C’era un bel sole quel giorno e tante donne lavavano i panni, anche se lo spazio era proprio poco. Stavamo chiacchierando allegramente quando è arrivato un anziano. Non ci vedeva quasi. Aveva due lenzuola, una camicia e il suo turbante da lavare e chiedeva che gli facessimo un po’ di posto. Nessuna voleva spostarsi. Dentro di me penso: “Ma Gesù ritiene fatto a sé tutto quello che facciamo o non facciamo ai nostri fratelli”. Mi sono rivolta a lui: “Baba (appellativo di rispetto che si usa con le persone anziane), dammi le tue cose, te le lavo io”. Le altre donne si sono messe a ridere: “Con la famiglia numerosa che ti ritrovi e quella montagna di panni, mica dirai sul serio?”. Ho ripetuto al Baba l’invito e ho cominciato a lavare le sue lenzuola. Era molto contento, mi ha dato la sua benedizione paterna e, prima di allontanarsi, ha voluto lasciarmi per forza il pezzetto di sapone che custodiva gelosamente. Nessuno rideva più. Nel silenzio, presso quel lavatoio, è successo qualcosa di nuovo: c’era chi prestava la sua bacinella all’altra, chi porgeva la brocca piena d’acqua a quella più lontana. Era iniziata una catena d’amore! (F.V. – Pakistan) (altro…)

Renata Borlone: Un sorriso meraviglioso

Un sorriso meraviglioso Un giorno Renata, facendo ordine in sala da pranzo, scuote la tovaglia dalla finestra e le cade un tovagliolo sul balcone del piano di sotto. Corre giù, suona e le apre un signore anziano, molto distinto e serio che qualche volta aveva incontrato e salutato sulle scale. “Mi è caduto un tovagliolo sul suo balcone, potrei riaverlo?” “Si accomodi”. Prima che Renata vada via, il signore le chiede: “Vuol dirmi, signorina, il motivo del suo meraviglioso sorriso?”. Renata aveva un po’ fretta, e in più la parola ‘meraviglioso’ rivolta a lei la rendeva un po’ scomoda. Ma quell’uomo così serio, che tante volte aveva raccomandato a Gesù, forse aveva avvertito qualcosa della vita che cercava di vivere. Così, tutta rossa in viso risponde: “Sono felice perché ho trovato l’ideale più bello e più grande che si possa sognare. Ho trovato Dio e per Lui ho lasciato tutto: i genitori, lo studio, la casa. Vivo con alcune compagne che hanno scoperto lo stesso ideale e cerchiamo di dare a tutti l’Amore che Gesù ci fa sperimentare”. L’uomo l’ ascolta attentissimo e dopo la saluta con un “Grazie e tanti auguri”. Dopo alcuni giorni suona alla porta del focolare un giovane sacerdote cercando “quella ragazza sorridente che ha parlato col signore del piano di sotto”. Renata si fa avanti intimidita e il sacerdote si presenta: “Sono il figlio del signore che abita qui sotto. Volevo ringraziarla per l’incontro che lei ha avuto con mio padre. Dopo la morte della mamma ho sentito la chiamata al sacerdozio. Ma lui non ha capito e quando sono entrato in seminario ha rotto ogni contatto con me, rifiutandosi perfino di vedermi. Sono passati tanti anni da allora, ma l’altro giorno, dopo quel breve colloquio con lei, mi ha mandato a chiamare. Mi ha detto che, grazie al suo meraviglioso sorriso, aveva capito la mia vocazione e sentiva la spinta a riconciliarsi con me. Evidentemente, attraverso la sua testimonianza, Dio gli si è rivelato”. Tratto da “Un silenzio che si fa vita” – Marchesi – Zirondoli – Città Nuova Mi ha dato la forza di ricominciare Negli anni ’80, nella cittadella di Loppiano sono stati accolti alcuni giovani con problemi di droga. Renata ha svolto un ruolo molto importante, di aiuto, di sostegno, di recupero, seguendoli con un amore speciale. Uno di loro racconta: Da ragazzo, con alcuni dei miei amici, mi sono trovato anch’io purtroppo nel giro della droga. All’inizio “leggera”, più avanti anche “pesante”. Per 9 anni. Finché, dopo l’ennesimo tentativo di disintossicazione, grazie a una famiglia dei Focolari, la mia vita ha cambiato radicalmente direzione. E’ stata la riscoperta del Vangelo: ora la mia vita aveva un senso profondo. Quando sono arrivato a Loppiano, quindi, ormai avevo smesso, ma mi trovavo in quella fase di passaggio in cui occorre un grande sostegno. Qui c’era già C., che in quel periodo stava ancora venendone fuori. Ed è con lui che abbiamo iniziato, lavorando e partecipando, nel nostro possibile, alla vita della cittadella. Dai due iniziali che eravamo, siamo arrivati a 7/8 e tutti avevamo fatto esperienza di droga, furti, carcere,… insomma, un po’ di malavita assortita. Alcuni siamo riusciti a venirne fuori, altri sono anche morti. Abitavamo in un appartamentino. Renata ci ha fatto il regalo, più di una volta, di venire a cena da noi, mettendosi subito alla nostra portata. Sempre, quando mi sono trovato davanti a lei, mi sono sentito importante, prezioso, non so come dire. Non tanto a parole, ma con il suo atteggiamento ti metteva in una posizione di privilegio. Ricordo che, nonostante le poche parole scambiateci, non c’è stato mai un momento di imbarazzo, di silenzio, di quelli da riempire per forza, per convenienza. Sapeva farsi piccola piccola e tu potevi esprimerti fino in fondo. Ci sentivamo i suoi pupilli, i suoi eletti… sembrava vivesse per noi. Ho sempre sentito che potevo contare su di lei, che avrei potuto dirle tutto di me, come ad una sorella, come ad una mamma. Ciò che mi toccava profondamente era il suo sguardo: quando incrociava i miei occhi, anche se era insieme ad altre persone, era tutta per me, si illuminava ed era raggiante. Questi incontri, questa presenza forte di Renata è stata determinante per me in questo cammino: come immaginate, non era semplice, occorreva una grande volontà. Oggi capisco che era l’Amore con la A grande che Renata mi trasmetteva, che mi dava la forza di andare avanti al di là delle difficoltà, delle paure, della tentazione di tornare indietro. Prima di arrivare a Loppiano, avevo in fondo al cuore un solo desiderio: stare in un posto dove mi parlassero di Dio dalla mattina alla sera. Renata sin dal primo momento ha capito questa mia sete e a poco a poco mi ha dissetato, facendomi sperimentare Dio. Quando era ormai agli ultimi giorni, le ho scritto una lettera. Ho saputo che la teneva sul comodino perché voleva rispondermi però poi non ce l’ha fatta. Ma è come se mi avesse risposto. Ho trovato la forza di ricominciare una vita nuova e, a mia volta, aiutare altri ragazzi e ragazze che avevano fatto la mia stessa esperienza.

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Renata Borlone: le tappe di un’ascesa

Renata Borlone: le tappe di un’ascesa

– Il filo d’oro – Roma anni ’40: sotto i bombardamenti – La scoperta – Nessuno la sfiora invano – L’impennata finale Il filo d’oro “Leggeremo bene la nostra storia solo in Paradiso, dove coglieremo per intero il filo d’oro che, speriamo, ci porterà dove dobbiamo arrivare”. Con queste parole, Renata stessa iniziava il racconto della sua vita, che aveva scoperta tutta intessuta dell’amore di Dio. Nasce il 30 maggio del 1930 ad Aurelia, una piccola cittadina laziale. In seguito, con la sua famiglia, si trasferisce a Roma. I suoi non frequentavano la Chiesa, ma erano persone rette, sincere, ricche di valori umani. “Non finirò mai – ha sempre detto Renata – di essere grata a Dio per avermi fatto sperimentare la vita di una vera famiglia, soprattutto per l’amore che c’era tra i miei genitori”.

Quando scoppia la seconda guerra mondiale, Renata ha 10 anni. La sua grande sensibilità non la lascia indifferente, e nella sua memoria restano alcuni momenti forti.

Roma anni ’40: sotto i bombardamenti Il 13 luglio del ’43 nel vedere le bombe che cadono, decide di dare una direzione diversa alla sua vita. Scrive: “Mi resi conto che la morte poteva arrivare ed avvertii come in un lampo la vanità dei giochi, del denaro, del domani. Fu un momento di grazia… Quando rientrai a casa mi sentivo diversa. Avevo deciso di essere migliore”. Scompare improvvisamente una sua compagna di scuola, molto brava. E’ ebrea. “Perché vengono uccisi gli ebrei? Non sono come noi?”, si domanda, chiedendo con insistenza spiegazioni al babbo. L’8 settembre del 1943, giorno decisivo per la storia d’Italia, vede dal balcone di casa un soldato tedesco che si trascina faticosamente lungo il muro, strisciando, quasi per paura di essere visto. Un sentimento di compassione per lui e il suo popolo la pervade tutta…. Immagini lontane nel tempo, ma che parlano già di un amore senza misura per l’uomo, per tutti gli uomini, che dominerà poi la sua vita. Intanto con l’età cresce anche l’esigenza di una fede consapevole e si fa urgente il problema di Dio. Comincia a frequentare la chiesa, si inserisce in un gruppo mariano, e tra i suoi insegnanti privilegia quelli che manifestano più dirittura morale. A 14 anni sente una specie di “prima chiamata”: la spinta interiore a dare la vita perché i suoi trovino la fede. Assetata di verità, tra i 15 e i 19 anni si butta a capofitto negli studi per sondare le realtà più profonde, alla ricerca di Dio. Si iscrive alla Facoltà di Chimica, perché spera di scoprirLo penetrando nei segreti dell’universo: “Mi appassionava la matematica per la sua logica. Avevo momenti di esultanza quando la mente scopriva qualcosa di nuovo. Speravo di acquistare una conoscenza che potesse in qualche modo farmi abbracciare l’universale. Cercavo Dio negli esseri intelligenti in cui poteva esservi un riflesso di Lui. Non sapevo ancora che solo nel Creatore-Amore avrei potuto scoprire il creato e le creature, ed amarle”. La scoperta L’8 maggio del ‘49, giorno che lei definirà “straordinario”, dopo qualche esitazione – perché non voleva togliere tempo allo studio – partecipa ad un incontro dove Graziella De Luca, una delle prime compagne di Chiara Lubich, parla della riscoperta di Dio-Amore, della nuova vita evangelica, iniziata a Trento pochi anni primi, mentre infuriava la guerra. “Quel che disse non lo ricordo. Ricordo che quando uscii di lì, sapevo che avevo trovato. (…) Ebbi l’intuizione che Dio è Amore. Quell’esperienza è penetrata fin nel più profondo del mio essere. Ho perso l’immagine, che avevo, di un Dio solo giudice, che castiga i cattivi e premia i buoni e ho sentito un Dio vicino”. Convinta di aver ricevuto una chiamata da Dio, dà una virata decisiva alla sua vita. Poco dopo conosce Chiara. Immediatamente avverte con lei un legame strettissimo, vitale, come tra madre e figlia, insieme alla conferma chiarissima di darsi tutta a Dio nel Movimento dei Focolari. E dice il suo SI’ a Dio per sempre.

La sua lunga esperienza di donazione in focolare inizia il 15 agosto del 1950. Ha compiuto da poco vent’anni. Il suo amore, la sua disponibilità senza limiti, la sua pace, pensando alla giovane età, non passano inosservate. Vive così i suoi 40 anni a servizio del Movimento dei Focolari, prima in vari focolari d’Italia, quindi in Francia, a Grenoble. Nel ‘67, a 37 anni, Renata arriva alla Scuola di formazione di Loppiano, dove trascorre gli ultimi 23 anni di vita come corresponsabile della cittadella stessa. Qui la sua donazione esplode in tutta la sua potenzialità. Più di mille giovani hanno assorbito da lei quella sapienza, quella forza interiore per crescere spiritualmente.

Nessuno la sfiora invano La sua vita è uno stupendo intreccio di amore e di dolore, nell’impegno di morire a se stessa per lasciar vivere Gesù in lei. Ed è Gesù che gli altri trovano stando alla sua presenza.

Per il suo amore senza misura, nessuno passa invano accanto a lei, come testimonia un gran numero di persone di tutte le categorie, condizioni, età, culture. Ognuno nel contatto con lei sperimenta quell’amore che fa di ogni uomo un prediletto di Dio, amato e compreso come figlio unico. Questo amore radicale, questa passione per l’uomo ha la sua radice nell’amore incondizionato a Gesù che sulla croce grida l’abbandono del Padre, e nel guardare come modello a Maria che, davanti al Figlio morente, ancora crede, ancora spera, ancora ama. Da qui la sua ascesa continua, compiuta secondo la Parola del Vangelo che considerava suo programma, quasi a tracciare la sua fisionomia spirituale: “Maria (…) serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). Tensione costante alla santità, sviluppo delle virtù, corrispondenza adamantina al carisma della fondatrice “che tutti siano uno” (Gv. 17,21) fiorivano da un intelligente e continuo spostamento di sé. L’impennata finale A 59 anni le viene annunciata una malattia che ben presto manifesta tutta la sua gravità: davanti a lei non restano che pochi mesi. Da quel momento la sua vita è un’impennata in Dio, mentre continua ad essere felice, come aveva promesso anni prima a Gesù. Il suo letto si trasforma in una cattedra di vita. In Cristo la morte non c’è, c’è la vita, e lei ripete fino all’ultimo istante: “Voglio testimoniare che la morte è vita”. Non si lamenta e rifiuta i calmanti. Vuole restare lucida, sempre pronta a dire il suo sì pieno a quel Dio che l’aveva affascinata da giovane e che ora le chiede il dono della vita. Negli ultimi giorni sembra che sia sotto un’anestesia divina, tanto riesce – pur tra la sofferenza – a trasmettere attorno a sé sacralità e gioia piena: “Sono come in una voragine d’amore. Sono troppo felice”. Inabissata in una realtà paradisiaca, va incontro allo Sposo il 27 febbraio 1990. La biografia completa di Renata Borlone è stata raccolta nel libro “Un silenzio che si fa vita”, di G. Marchesi e A. Zirondoli (Città Nuova Editrice) (altro…)

Voglio testimoniare che la morte è Vita!

Voglio testimoniare che la morte è Vita!

“La vita dei santi è sempre un alimento prezioso per la comunità cristiana. Perché la vita di Renata? Perché ha scoperto che Dio è Amore e da questo momento tutta la sua vita sarà infiammata d’amore, fino alla sua morte”. Così il vescovo di Fiesole, mons. Luciano Giovannetti, il 18 dicembre 2003 ha illustrato ai presenti i motivi che lo hanno spinto a richiedere l’avvio della causa. Nel grande salone S. Benedetto, gremito di amici, nella cittadella di Loppiano, sulle colline di Incisa in Valdarno (FI), il Vescovo ha aperto ufficialmente il processo di canonizzazione di Renata Borlone (1930-1990), focolarina corresponsabile della cittadella di Loppiano dal 1967 al 1990. Una vita interamente donata a Dio e ai fratelli alla luce della spiritualità dell’unità, che continua a lasciare dietro di sé una scia luminosa. Chi era Renata Renata Borlone nasce il 30 maggio 1930 ad Aurelia, vicino Roma. Cresciuta in una famiglia non praticante, verso i 14 anni comincia a porsi il problema dell’esistenza di Dio e a frequentare la chiesa. Assetata di verità, si butta negli studi alla ricerca di Dio. A 19 anni viene a contatto con la vita evangelica di alcune delle prime focolarine, che si erano appena trasferite a Roma, e avverte una gioia e una pienezza mai sperimentate prima; le si fa evidente una certezza: Dio esiste, Dio è amore! Una scoperta folgorante che trasforma tutta la sua vita. Inizia così una straordinaria avventura che per 40 anni la vede protesa a edificare questa nuova Opera della Chiesa. Ben presto riveste compiti di responsabilità sia in Italia che all’estero. Dal 1967 è a Loppiano come corresponsabile della cittadella e incaricata della formazione spirituale delle focolarine. Muore il 27 febbraio 1990, lasciando a tutti l’esempio della sua vita che ci interpella ancora oggi. (altro…)

Insieme per l’Europa

Che cos’è INSIEME PER L’EUROPA

Non un mosaico di convegni, ma una manifestazione a dimensione continentale per dare Speranza all’Europa. In un momento in cui l’Europa e il mondo sono attraversati da venti di violenza e terrorismo, da Stoccarda e dalle 163 città europee collegate spireranno venti di fraternità. E così contribuire a “dare un’anima” al processo di unificazione, perché l’Europa attui il progetto dei padri fondatori: una famiglia di popoli uniti e di nazioni riconciliate, impegnata alla costruzione della pace e dell’unità dell’intera famiglia umana. Data significativa: 8 MAGGIO 2004 – Anniversario della fine del secondo conflitto mondiale da cui è nato il sogno della nuova Europa. – Vigilia della festa dell’Europa che ricorda la storica dichiarazione di Robert Schuman del – 9 maggio 1950, prodromo dell’Unione Europea. Nella settimana dell’allargamento dell’Unione Europea a 25 Paesi con l’ingresso dei primi Paesi dell’Est Europeo, e di Cipro e Malta. I protagonisti 175 MOVIMENTI E COMUNITÀ cattolici, evangelici, ortodossi e anglicani E’ un fenomeno poco conosciuto. Come in altri momenti cruciali della storia europea, anche nel nostro tempo sono sgorgate, dal Vangelo vissuto, nuove correnti spirituali, che hanno suscitato comunità e movimenti di rinnovamento spirituale e di impegno sociale. Uniti da una crescente comunione, per la prima volta nella storia, intessono una rete di rapporti fraterni tra i vari popoli e culture in tutta Europa, rendendo visibile, pur a dimensione di “bozzetto”, quell’unità già in atto, dell’Europa nella sua molteplicità, da cui potranno emergere nuovi impulsi alla vita sociale, politica e culturale. Saranno presenti osservatori ebrei, musulmani e di altre religioni. Dove: STOCCARDA, città della riconciliazione E’ in questa città che, per la prima volta, nell’ottobre 1945, rappresentanti delle Chiese evangeliche hanno riconosciuto ufficialmente la loro parte di colpa di fronte al nazismo. Per il popolo tedesco è l’inizio della revisione delle colpe. Qualche cifra 10.000 i partecipanti di “Insieme per l’Europa” al Palasport Hans Martin Schleyer di Stoccarda 100.000 le persone riunite in palasport, teatri, centri culturali, università e collegate via satellite con Stoccarda in 163 città d’Europa di 30 paesi 34 città di 15 Paesi degli altri continenti, per un’Europa aperta sul mondo 100 le personalità politiche di vari schieramenti di 14 paesi 16 satelliti trasmettono in Europa, Medio Oriente, Africa, Nord, Centro e Sud America, Australia. 8 gli audio associati (francese, inglese, italiano, neerlandese, polacco, spagnolo, tedesco e internazionale). Fra i 175 Movimenti e comunità: circa 80 cattolici di vari Paesi e oltre 80 evangelici della Germania. Rappresentata Syndesmos, che raggruppa 126 movimenti, associazioni e facoltà teologiche ortodosse di 40 Paesi e altri 4 movimenti ortodossi; Corso Alpha, nato nella Chiesa anglicana ed ora diffuso nel mondo in varie Chiese; varie comunità e associazioni ecumeniche tra cui la Comunità di Taizè e Initiatives e Changements, già Riarmo morale. Personalità Rappresentate ai massimi livelli le istituzioni europee: la Commissione Europea, con l’intervento del Presidente Romano Prodi; il Consiglio d’Europa, dal Segretario Generale Dr. W. Schwimmer. Messaggio video del Presidente di turno dell’Unione Europea, il Primo ministro irlandese Ahern. Circa 100 le personalità politiche di vari schieramenti di 14 Paesi, membri di 10 Parlamenti, e vari sindaci. Significativa l’adesione di personalità rappresentative dei capi delle diverse Chiese: cattolica, ortodossa di Costantinopoli, Mosca, Grecia, Albania, Romania, anglicana, evangeliche, e dei maggiori organismi europei (CCEE, KEK) e mondiali delle Chiese (CEC). Attesi i messaggi del Papa Giovanni Paolo II e del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Programma pensato in chiave televisiva con interventi brevi e spazi artistici Interverranno tra gli altri, fondatori e responsabili di Movimenti, Comunità e gruppi, tra cui: Chiara Lubich, Andrea Riccardi; i pastori evangelici Friedrich Aschoff, Ulrich Parzany; p. Heikki Huttunen, ortodosso I Giovani diranno come vogliono l’Europa Verrà lanciato un messaggio finale A servizio dell’informazione: www.europ2004.org L’avvenimento verrà trasmesso in internet in italiano e inglese www.europ2004.info Sul sito: programma, foto, testi in 15 lingue, musiche, cronaca, cartella stampa, forum con e-mail dagli incontri collegati Il segnale della trasmissione da Stoccarda grazie a TELESPAZIO, CRC/Canada e MEDIA SPACE Alliance viene offerto a TV e radio, gratuitamente in chiaro con audio in francese, inglese, italiano, neerlandese, polacco, spagnolo, tedesco e internazionale Per ottenere la liberatoria contattare: ianua.co@focolare.org cell. 0039.338.3948600   (altro…)

maggio 2004

Durante l’ultima cena, prima di lasciare i suoi amici e tornare al Padre, Gesù vuole legarli strettamente a sé e tra di loro con il vincolo più saldo e duraturo: l’amore. Lui ama “sino alla fine”, con l’amore “più grande”, che giunge a “dare la vita”, e, come contraccambio, domanda di essere riamato con lo stesso amore.
L’amore che Gesù chiede non è semplice sentimento, è fare la sua volontà, descritta nei suoi comandamenti: soprattutto l’amore al fratello e alla sorella, e quello reciproco. E’ una verità talmente importante per Gesù, che in questo suo ultimo discorso rivolto ai discepoli lo ripete con forza per altre tre volte: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama”; “Se uno mi ama, osserverà la mia parola”; “Chi non mi ama non osserva le mie parole”.

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti»

Perché dobbiamo osservare i suoi comandamenti?
Creati a sua “immagine e somiglianza”, noi siamo come un “tu” che sta di fronte a Dio, con la capacità di un rapporto personale, diretto con Lui: un rapporto di conoscenza, di amore, di amicizia, di comunione.
Io “sono” nella misura in cui dico il mio sì al progetto d’amore che Egli ha su di me.
Più il rapporto con Lui, essenziale alla natura umana, viene vissuto, si approfondisce e si arricchisce, più l’uomo e la donna si realizzano nella più vera personalità.

Guardiamo ad Abramo. Ogni volta che Dio gli chiede qualcosa, anche quando sembra la più assurda, come lasciare la propria terra per incamminarsi verso un destino a lui sconosciuto o sacrificargli l’unico figlio, egli aderisce prontamente fidandosi di Dio, e gli si apre davanti un futuro impensato.
Così Mosè. Il Signore sul monte Sinai gli rivela la propria volontà nel decalogo, e dall’adesione ad esso nasce il popolo di Dio.
Così Gesù. In lui il sì al Padre raggiunge tutta la sua pienezza: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta.”
Seguire Gesù vuol dire compiere la volontà del Padre nel modo migliore possibile, come Lui ce l’ha rivelata e come Lui, per primo, l’ha compiuta.
I comandamenti che Gesù ci ha lasciato sono così un aiuto per vivere secondo la nostra natura di figli e figlie di un Dio che è Amore. Essi non sono, quindi, delle imposizioni arbitrarie, una sovrastruttura artificiale e tanto meno un’alienazione. Non sono neppure comandi come un padrone dà a dei servi. Sono piuttosto l’espressione del suo amore e della sua premura per la vita di ciascuno di noi.

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti»

Come vivere allora questa Parola di vita?
Cerchiamo di ascoltare con attenzione quanto Gesù ci dice nel Vangelo – i suoi comandamenti – e lasciamo che lo Spirito Santo, lungo la giornata, ci ricordi le sue parole. Egli ci insegna, ad esempio, che non basta non uccidere, si deve evitare l’ira contro i fratelli; non si può commettere adulterio, ma neppure desiderare la donna d’altri. “Se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra”; “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”.
Ma soprattutto viviamo quello che Gesù ha chiamato il “suo” comandamento, quello che riassume tutti gli altri: l’amore reciproco. La carità è infatti pieno compimento della legge, è “la via migliore” che siamo chiamati a percorrere.

L’aveva ben capito don Dario Porta, un sacerdote di Parma (Italia), morto il giovedì santo 1996. Se nei primi anni di sacerdozio aveva vissuto in modo egregio il suo rapporto con Dio, più tardi scoprì meglio che Gesù andava visto in ogni prossimo e l’amare evangelico divenne la sua passione. Per restare fedele a questo suo impegno, egli si fece sempre più attento agli altri, posponendo programmi personali, fino a scrivere, un giorno, nel suo diario: “Ho capito che l’unica cosa che alla fine si vorrebbe aver fatto è aver amato il fratello”.
Ogni sera anche noi, come lui, possiamo domandarci: “Ho sempre amato i fratelli?”

Chiara Lubich
 

 

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L’eco sulla stampa

Vari gli echi alla presentazione a Roma, il 22 aprile 2004, della manifestazione “Insieme per l’Europa” che si svolgerà a Stoccarda (Germania) l’8 maggio prossimo, in collegamento con incontri contemporanei in 151 città di 29 Paesi.

Sono andati in onda servizi alla Radio Televisione Italiana (RAI) nei telegiornali TG1 – TG2 – TG3, Rai Uno “A sua Immagine”; alla Radio Vaticana, a Sat 2000, Telepace. Qualche titolo da agenzie e stampa: PACE PIU’ CHIARA CON L’EUROPA Panorama – 29.4.2004 L’EUROPA E’ FATTA, ORA BISOGNA FARE GLI EUROPEI. L’anima cristiana dell’Unione Europea come antidoto alla scontro tra civiltà LA STAMPA – 23.4.2004 UNIONE EUROPEA: CRISTIANI INSIEME A STOCCARDA PER COSTRUIRE LA NUOVA EUROPA L’8 maggio con Prodi in occasione dell’allargamento dell’Unione ANSA – 22.4.2004 UNIONE EUROPEA: “INSIEME PER L’EUROPA, CATTOLICI E LUTERANI A STOCCARDA. 10.000 fra Sant’Egidio, focolarini, luterani per nuovi paesi membri ADN KRONOS – 22.4.2004 PRIMO INCONTRO DELLA STORIA DEI MOVIMENTI CRISTIANI A Stoccarda, l’8 maggio, INSIEME PER L’EUROPA Agenzia Zenit – in italiano, inglese, tedesco, spagnolo, francese e portoghese ECUMENISMO: IN 10.000 A STOCCARDA PER REALIZZARE “IL SOGNO DI UN’EUROPA UNITA NELLO SPIRITO” Agenzia SIR – 22.4.2004 LA NUOVA EUROPA? “TUTTA IN MOVIMENTO” Germania – Un segnale in occasione dell’allargamento dell’Unione europea l’8 maggio Saranno collegate 151 città di 29 nazioni AVVENIRE – 23.4.2004 (altro…)

PACE PIU’ CHIARA CON L’EUROPA

Una manifestazione per la pace all’insegna del dialogo interreligioso si svolgerà a Stoccarda, in Germania, l’8 maggio.
Slogan: “Insieme per l’Europa”. Sarà promossa per la prima volta da movimenti cristiani (cattolici, evangelici, ortodossi e anglicani), saranno presenti ebrei e musulmani.

Giovanni Paolo II invierà un messaggio così come il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Fra i promotori italiani, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, e Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio.

Trasversali le adesioni dei politici all’iniziativa. Sul tema dell’unità europea è previsto anche un intervento di Romano Prodi.

I Movimenti e l’Europa dello Spirito

D. Secondo lei l’Europa è già post-cristiana?

R. – Se si guarda superficialmente, può sembrare così. Certo, parlano i fatti. Sono appena ritornata da un viaggio in Irlanda, un Paese, sino a qualche decennio fa, cattolicissimo: il 90 per cento della popolazione frequentava la Chiesa. L’arcivescovo Diarmuid Martin, coadiutore di Dublino, ritornato dopo 30 anni nella sua patria, ci diceva: “Ho costatato una secolarizzazione più forte di quanto potessi immaginare. Per la prima volta nella mia vita – ad esempio – ho celebrato una messa di Natale in una chiesa per metà vuota”. Ma se si guarda più in profondità, si coglie l’azione potente dello Spirito Santo che sempre, specie nei momenti cruciali della storia, suscita nuovi carismi, nuovi Movimenti per riportare i cristiani all’autenticità e alla radicalità del Vangelo. Sono a tutt’oggi centinaia, si sviluppano non solo nel mondo cattolico, ma anche in quello evangelico, anglicano e ortodosso, ed hanno un’incidenza nella società, a volte anche nel mondo politico, ed economico. D. Dove si potrebbero cercare le fonti del rinnovamento? R. La risposta, mi sembra, l’ha data il Papa stesso. Mi ritornano alla mente le sue parole in quel memorabile primo incontro in piazza San Pietro, con i movimenti e nuove comunità ecclesiali, nella Pentecoste ’98: “Apritevi con docilità ai doni dello Spirito!”, aveva detto rivolto “a tutti i cristiani”. E aveva aggiunto: “Accogliete con gratitudine e obbedienza i carismi che lo Spirito non cessa di elargire! Non dimenticate che ogni carisma è dato per il bene comune, cioè a beneficio di tutta la Chiesa”. Da allora è scaturita un’onda di comunione che ha coinvolto, in tutto il mondo, oltre 250 movimenti e nuove comunità, dando nuova gioia e speranza ai Vescovi. Questa comunione si sta ora estendendo anche agli antichi carismi che lungo i secoli tanto hanno contribuito al rinnovamento della Chiesa e della società come: francescani, benedettini, domenicani, le figlie di Madre Teresa di Calcutta. Già si intravede il volto della Chiesa-comunione del Terzo Millennio tanto sognata dal Papa, dove è piena la comunione tra dimensione carismatica e istituzionale, da lui definite “ ‘coessenziali’ per la stessa costituzione della Chiesa” e per “il suo rinnovamento”. D. Fino a che punto la prospettiva dell’unificazione europea costituisce una sfida alla costruzione dell’unità della Chiesa? R. I Vescovi di diverse Chiese stanno rendendosi conto del danno provocato all’Europa dalle divisioni scavate nei secoli. Mentre in passato fattori politici ci hanno allontanato – come ha detto in un’intervista il card. Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani – ora è proprio la nuova pagina che si apre nella storia, con il processo di riunificazione dei due polmoni dell’Est e dell’Ovest d’Europa, che spinge le Chiese all’unità. Mi sembra questo un altro aspetto dell’azione dello Spirito Santo che guida la storia, la storia del nostro continente. E’ quanto stiamo toccando con mano, con sempre nuova sorpresa, proprio in questo periodo in cui, insieme ad oltre 150 movimenti e comunità del mondo cattolico e evangelico, ortodosso e anglicano di tutta Europa, stiamo preparando una grande manifestazione. Si svolgerà in Germania, a Stoccarda, l’8 maggio prossimo, per offrire al difficile cammino di integrazione europea, l’apporto della nostra comunione che, come una rete, abbraccia il continente, e contribuire a quell’Europa dello Spirito auspicata dal Papa. Stiamo approfondendo la conoscenza reciproca, scopriamo vicendevolmente le ricchezze delle diverse Chiese, e si consolida la certezza che lo Spirito Santo sta preparando la grande ora dell’unità visibile della Chiesa di Cristo. (altro…)

Europa dello Spirito: speranza per l’Europa

Europa dello Spirito: speranza per l’Europa

Non è la prima volta che a Gniezno ci si interroga sul futuro dell’Europa, ma il Congresso di quest’anno ha avuto particolare rilievo, a motivo dell’ormai imminente ingresso della Polonia nell’Unione Europea. Significativa la sede: Gniezno. Qui sono nate, nell’anno 1000, la Chiesa e la stessa nazione polacca. Qui è sepolto Sant’Adalberto, martirizzato nel suo tentativo di cristianizzare i prussiani, e considerato quindi uno dei padri dell’Europa unita.

“Europa Ducha”, “Europa dello Spirito”, è il titolo di questo importante Convegno organizzato dal Forum di Sant’Adalberto, che comprende varie associazioni e movimenti polacchi. Vi hanno preso parte oltre 500 partecipanti di tutto il Vecchio Continente. 15 i Paesi rappresentati, 25 organizzazioni pubbliche, centinaia di giornalisti. Erano presenti figure di spicco: da mons. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, al card. Lehmann, Presidente della Conferenza episcopale tedesca, al primate polacco card. Jozef Glemp; fondatori di Movimenti ecclesiali, come Chiara Lubich e Andrea Riccardi. Numerosa la partecipazione di politici, autorità civili, intellettuali. Zofia Dietl, organizzatrice, spiega: “Abbiamo invitato i Movimenti perché il titolo: ’L’Europa dello Spirito’, vuole mostrare la spiritualità europea e coloro che la stanno costruendo. Ora, gli elementi più importanti della spiritualità europea sono proprio i Movimenti, le Nuove Comunità. Per questi motivi l’apertura è stata affidata a Chiara Lubich e ad Andrea Riccardi.”  

La sala circolare il 12 marzo è gremita in ogni ordine di posti. Dopo i discorsi di presentazione, la parola di Chiara Lubich, che affronta il tema “Carisma dell’unità, carisma d’Europa”. Piotr Cywinski, moderatore della mattinata, così commenta: “Questo congresso è iniziato in modo forte e convincente, grazie a questo contributo che è un vero trattato di teologia dell’unità.”

Dopo Chiara, il prof. Andrea Riccardi presenta un vasto affresco storico dell’Europa. Inizia così: “Ovunque vado mi accorgo che c’è un grande bisogno dell’Europa.” Nel dialogo con i presenti che segue, Andrea e Chiara suggeriscono le linee dell’Europa dello spirito, completandosi a vicenda, in un grande afflato di speranza in un’Europa che esiste e che funziona… Nel pomeriggio, un dibattito su “Cristiani e denaro”. Esso vede riuniti Michel Camdessus, la prof.ssa Gronkiewicz-Waltz e il focolarino sposato olandese Leo Andringa. La proposta dell’Economia di comunione fa breccia nel pubblico. Non appare un’utopia ma una realtà profetica. Hanna Gronkiewicz-Waltz, ex presidente della Banca di Polonia, attualmente presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, afferma: “L’Economia di comunione è possibile (…). Potrebbe essere la soluzione a livello nazionale, regionale e personale.” E Michel Camdessus, ex direttore generale del Fondo monetario internazionale, commenta: “Economia e comunione possono essere coniugate insieme, sì. Un principio che evidentemente abbiamo tutti dimenticato è il principio della fraternità; il mondo deve essere costruito in primo luogo su queste basi. Noi cristiani, poi, facciamo un passo supplementare passando dalla fraternità alla comunione. Noi dobbiamo far questo, e suggerirlo agli altri, perché siamo tutti fratelli.” Il Congresso di Gniezno si chiude con l’intervento di autorevoli personaggi della politica europea. In particolare il presidente della Polonia Aleksander Kwaśniewski, che inizia il suo discorso con un caloroso riconoscimento dell’importanza dei Movimenti cristiani nella vita europea. Segue un dibattito interessante sul ruolo dei politici nell’attuale momento storico, con l’on. Rocco Buttiglione e l’ex primo ministro polacco Tadeusz Mazowiecki. Che Gniezno sia stata una tappa importante per l’Europa sulla via verso Stoccarda, lo dice il card. Lehmann, presidente della Conferenza Episcopale Tedesca e arcivescovo di Magonza: “In maggio ci vedremo a Stoccarda e sarà una buona continuazione di questo convegno. Credo che siano necessari tanti sforzi, tante tendenze, tante associazioni… Ma i Movimenti hanno uno spirito forte, un movimento continuo, e questo mi pare molto importante. Non basta l’entusiasmo del momento, una certa spontanea esplosione; bisogna lavorare con continuità, cosa che i Movimenti fanno.” (altro…)

A Gniezno, hanno detto

Danuta Huebner, ministro polacco degli Affari europei

“I movimenti e le comunità cristiane hanno un proprio ruolo da svolgere: sono più vicini alla gente e perciò la loro responsabilità nel processo di integrazione consiste proprio nel dialogare con i semplici cittadini. Debbono far passare la discussione da un livello alto, filosofico, al livello della vita quotidiana. Così i valori umani e cristiani che legano l’Europa diventeranno argomento di dialogo e riflessione, e potremo entrare nell’Unione più consapevoli di quello che facciamo”. Rocco Buttiglione, ministro italiano degli Affari europei “Lo Spirito di Dio suscita la novità. Dove la Vecchia Europa sembrava ormai aver abdicato alla sua eredità cristiana, lo Spirito di Dio ha parlato di nuovo, con i movimenti. Non è la prima volta: era successo già con Francesco, Domenico, Ignazio, Benedetto… i nuovi movimenti sono una testimonianza di vitalità delle radici dell’Europa, cristiane ma non solo, prodotte da gente che ha contribuito a creare l’Europa, con una ricerca sincera della verità, di Dio”. Tadeusz Mazowiecki, ex primo ministro polacco, il primo dopo la caduta del regime comunista Se l’Europa deve essere una comunità politica, deve anche essere radicata nella cultura di quella che noi chiamiamo “Europa dello Spirito”. Svilupparla necessita di nuove idee, di uomini che possiedano nuove idee. Credo che tanti movimenti presenti ora qui siano nati proprio dal bisogno di nuove idee, e hanno proprio quel ruolo. La Chiesa è sempre antica e sempre si rinnova, oggi, grazie proprio ai nuovi movimenti. Credo che tutto ciò serva non solo alla Chiesa, ma anche all’Europa. Il bisogno di valori più profondi non è avvertito solo da chi vive il cristianesimo, ma anche da persone lontane dalla fede. C’è bisogno di autorità morali. La gente ha un profondo bisogno di solidi principi, e questo si vede. E questa è la grande chance che i movimenti possono offrire. Michel Camdessus, ex direttore generale del Fondo Monetario Internazionale “Penso che assistiamo ad un evento magnifico che mostra la vitalità del cattolicesimo polacco, ma anche dei legami ecumenici, e della serietà con la quale la Polonia si impegna nell’avventura europea. E’ certo che i movimenti spirituali hanno qualcosa da dire all’Europa, come tutti i cristiani. In particolare noi portiamo all’Europa il pensiero sociale cristiano, un tesoro che diamo al mondo intero. Credo che non esista sistema di pensiero che porti tante risposte alle inquietudini dell’uomo contemporaneo come il cristianesimo”. Adam Schulz, gesuita, incaricato della Consulta polacca dei movimenti “L’Europa di domani ha bisogno soprattutto di santità, ed è questo il contributo più importante che possono portare i movimenti. Una santità espressa in modi diversi; è diversa per il politico o per un uomo di cultura, per uno studente… Veramente oggi l’Europa ha bisogno di persone che vivano il Vangelo in modo radicale. I movimenti sono uno dei pochi ambienti dove si può crescere in questo tipo di santità, e io guardando all’Europa vedo questi testimoni. (altro…)

Chiara Lubich interviene all’università di Poznan

Chiara Lubich interviene all’università di Poznan

Poznan è una delle più antiche città polacche, situata a 50 chilometri da Gniezno, dove si è svolto il Congresso “Europa dello Spirito”. Pur avendo una tradizione plurisecolare, è una città dall’anima giovane per la presenza sul suo territorio di ben 19 università che ne fanno uno dei più vivaci centri accademici polacchi.

Mons. Stanisław Gadecki, arcivescovo di Poznan, afferma: “Quando ho sentito che Chiara Lubich veniva a Gniezno, ho subito chiesto ai Focolari se c’era la possibilità di un incontro a Poznan, in particolare per gli studenti. Non credevo che sarebbe stato possibile, ma alla fine ci siamo riusciti. E, come abbiamo visto oggi, l’atmosfera è stata così speciale che quelli che hanno partecipato sono stati presi dalla spiritualità dell’unità, dalla spiritualità dei focolarini.” Il 13 marzo, Chiara è stata dunque invitata a parlare nell’Auditorium dell’università Adam Mickiewicz. Prima del suo intervento, sul palco dinanzi al monumentale organo, si presenta il piccolo “popolo polacco” del Movimento dei Focolari, formatosi prima degli anni ’90, quando non si poteva far altro che vivere il Vangelo. C’è grande commozione allorché si proietta una sintesi filmata degli incontri del “Papa polacco” con il Focolare. Poi l’intervento di Chiara propone all’assemblea la radicalità evangelica dell’amore, che appare la sola soluzione per risollevare la temperatura della vita della comunità cristiana. È l’antidoto al consumismo, alla tiepidezza; è gioia e fervore. In conclusione, l’arcivescovo Stanisław Gadecki consegna a Chiara un riconoscimento della diocesi per la sua visita. Il card. Józef Glemp, arcivescovo di Varsavia, così si esprime: “Nell’aula dell’università di Poznan non abbiamo solo ascoltato un discorso di Chiara Lubich – la conosco molto bene -, ma abbiamo assistito al crearsi di quello che chiamerei l’ambiente della fede. I giovani hanno potuto sperimentare, non solo dal discorso e dalla razionalità degli argomenti, questo ambiente che permette di rivolgersi direttamente alle persone, dandogli del tu. Penso che in questo consista il grande carisma di Chiara.”   (altro…)

UE: Cristiani insieme a Stoccarda per costruire Nuova Europa

(ANSA) – ROMA, 22 APR – Concorrere a dare un’anima alla costruzione della nuova Europa ’’unita nella diversità’’, per un continente che attui la sua vocazione universale di pace e unità tra i popoli. E’ l’obiettivo di ’Insieme per l’Europa’, una manifestazione organizzata da oltre 150 movimenti di varie chiese cristiane, in programma a Stoccarda l’8 maggio, in occasione dell’allargamento dell’Unione, e che vedrà anche la partecipazione del presidente della Commissione europea, Romano Prodi.

L’iniziativa è stata presentata oggi a Roma in una conferenza stampa da alcuni dei movimenti organizzatori, in particolare, la Comunità di Sant’Egidio, i Focolarini e gli evangelici tedeschi. ’’Sentiamo un’Europa che non si deve chiudere in se stessa – ha detto Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio – le sue frontiere non devono diventare muri, il continente invece deve continuare a costruire ponti, come quello sul Bosforo, tra Europa e Asia’’ un esempio. Secondo Riccardi, ’’c’è un grande bisogno di Europa, di cultura europea, e non solo di politica europea, nel mondo”. Altro tema che sarà al centro dell’incontro, le radici culturali dell’Europa, ’’che non sono una memoria del passato, ma rappresentano il futuro’’. Secondo gli organizzatori, l’incontro di Stoccarda sarà una ’’polifonia’’ di voci, per un continente che vive le ’’tante diversità nella pluralità: insieme si vive bene, questo è il messaggio’’. A nome dei Focolarini, Gabriella Fallacara, ha detto che l’incontro non sarà ’’un punto di arrivo, ma il primo di una serie di eventi. L’Europa unita è mercato, realtà geografica, attende un contributo spirituale. Finora i movimenti cristiani hanno dato un contributo individuale, ora vogliamo darlo insieme’’. Di riconciliazione e di pace hanno parlato anche i rappresentanti tedeschi: Thomas Roemer ha detto che i due giorni prima dell’8 maggio saranno dedicati ad un congresso per 2.000 responsabili di movimenti e comunità, per ’’scoprire insieme la ricchezza della diversità’’. La giornata dell’8 maggio, che prevede anche momenti di spettacolo e di musica, sarà trasmessa in collegamento satellitare in 151 città (compresa Roma dal Campidoglio): gli organizzatori prevedono che saranno 10.000 i partecipanti a Stoccarda, e almeno 100 mila quelli collegati via satellite. Oltre a Prodi, è prevista la partecipazione del card. Walter Kasper, presidente del pontificio consiglio per l’Unità dei cristiani, del vescovo della chiesa evangelico luterana della Baviera, Johannes Friedrich, con altri 25 vescovi cattolici, 15 evangelici, 8 ortodossi, 2 anglicani e con personalità politiche di tutti i paesi europei. Per l’Italia, il governo sarà rappresentato dal ministro per gli Affari Regionali, Enrico La Loggia. Sono previste anche delegazioni di rappresentanti dell’ebraismo e dell’Islam. Numerosi i movimenti e le comunità che hanno aderito spontaneamente a quello che, è stato ribadito, ’’non è un cartello, ma solo un libero insieme di esperienze’’. Daranno la loro testimonianza, tra gli altri, la Comunità di Sant’ Egidio, le Equipe Notre Dame, la comunità luterana Confraternità di Cristo, la Libera Comunità cristiana giovanile di Ludenscheid, il movimento dei Focolari, il movimento di Schoenstatt, il Teen Challenge, l’associazione Ymca in Germania. (altro…)

Ecumenismo: In 10 mila a Stoccarda per realizzare “Il sogno di un’Europa unita nello spirito”

In 10 mila, cattolici, ortodossi, evangelici e anglicani si sono dati appuntamento a Stoccarda per realizzare “il sogno di un’Europa unita nello spirito”. È stata presentata così oggi a Roma la manifestazione internazionale “Insieme per l’Europa” che si terrà a Stoccarda (Germania) sabato 8 maggio per iniziativa – “per la prima volta nella storia” – di oltre 150 movimenti, comunità e gruppi cristiani. L’evento sarà ritrasmesso via satellite in 151 città europee, da Lisbona a Mosca, per una partecipazione complessiva – secondo le previsioni – di 150 mila persone. La manifestazione ha ricevuto l’appoggio di numerose autorità civili e religiose, tra cui il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, il primo ministro irlandese Bertie Ahern, il presidente della Germania Rau. A Stoccarda saranno presenti 25 vescovi cattolici (tra cui il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani), 14 vescovi luterani, 8 vescovi ortodossi, 2 vescovi anglicani e circa 30 parlamentari europei. Stoccarda – ha detto questa mattina in conferenza stampa Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio – “non è un cartello di associazioni e movimenti”. E’ piuttosto un “mosaico” di presenze, una “polifonia” di identità. “Chi vuole – ha aggiunto Riccardi – ci sta. Chi ha voluto è stato coinvolto. Per dire cosa? Per dire che noi sentiamo l’Europa, che le frontiere sono finite e che Europa vuole dire pace. La pace dell’Europa è un’offerta che vogliamo fare al mondo”.

La manifestazione di Stoccarda – ha spiegato Gabriella Fallacara del Movimento dei Focolari – “non sarà un evento isolato, ma il primo di altri eventi”. La presenza così varia e attiva di Chiese e comunità cristiane per l’Europa vuole indicare che “nella situazione attuale, dove si possono enumerare tanti mali, esistono e si possono intravedere alcuni segni dei tempi che spingono verso la fraternità e l’unità”. Tra questi impulsi, vi è anche il processo di integrazione dell’Unione Europea e il suo allargamento. Quella che si sta costituendo però – ha detto Fallacara – “è un’Europa del mercato. Un’Europa geografica. Oggi l’Europa attende forse un contributo spirituale”. E’ questa “passione” che ha spinto i movimenti cristiani europei ad unirsi per “dare insieme un contributo alla realizzazione di un’Europa dello spirito”. “Un’Europa dove i popoli delle nazioni vivono nella fraternità, dove ci si stringe per essere forti nel servizio a chi è più debole, dove ci si unisce per fare proprio ed eliminare il dolore dell’altro. Un’Europa dove il Vangelo è vivo”. La preparazione alla manifestazione di Stoccarda ha rappresentato un’ esperienza ecumenica importante. Ne ha dato una testimonianza Thomas Roemer, pastore luterano e rappresentante dell’Ymca (associazione giovani cristiani). “La diversità – ha detto – che prima avvertivamo come una minaccia, è in realtà un dono. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Molti non hanno difficoltà a sottolineare ciò che ci divide. Noi vogliamo sottolineare ciò che ci unisce. E questo è importante che lo facciano non solo i cristiani ma anche i popoli europei”. (altro…)

I Poli imprenditoriali: laboratorio di una nuova economia

Secondo simposio indù-cristiano

Al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, dal 17 al 21 aprile si sono ritrovati per il secondo simposio indù-cristiano, i professori di Mumbai e di Goa, i dirigenti gandhiani dal Sud dell’India (che avevano partecipato al primo appuntamento di due anni fa) e per la prima volta altri professori indù da Nuova Delhi e dagli USA, e gandhiani da Madurai, con i responsabili di zona, i membri del Centro del dialogo interreligioso e della Scuola Abbà. L’argomento, scelto insieme, era: “Cammini spirituali nell’induismo e nel cristianesimo”. Chiara ha svolto il tema: “Dell’unione con Dio nel cristianesimo, e in particolare dell’unione con Dio in quei cristiani che seguono il carisma dell’unità.” “E’ il tema che quest’anno il nostro popolo vive”, ha aggiunto. E ha spiegato come si può raggiungere e percepire l’unione con Dio. Padre Jesús Castellano ha presentato il “castello interiore”, il cammino di perfezione descritto da santa Teresa di Gesù. E Il prof. Giuseppe Zanghì, ha proseguito con il castello esteriore, una via originale e evangelica aperta da Chiara, “via che non rinnega la precedente anzi la presuppone, ma la conduce al pieno compimento.” Da parte indù il dott. Somaiya ha fatto conoscere “la gloriosa tradizione dei santi in India, una storia di persone di Dio che hanno portato il messaggio di adorare l’Eterno e di aiutare la gente comune di tutte le caste a bruciarsi al sole del Divino Splendore.” La dott.ssa Kala Acharya ha parlato del “Namajapa”, recita dei nomi di divinità. “Nell’induismo è usanza popolare sedere in un tempio o in casa, tenendo nella mano destra un rosario con 108 grani e ripetere nomi sacri, quali Rama, Krishna e appellativi vari di divinità femminili. Questa pratica è nota con il nome di ‘Japa’ ed è un modo per meditare.” Vari interventi hanno poi presentato alcune vie spirituali nell’induismo e le loro applicazioni nei Movimenti gandhiani: lo Shanti Ashram rappresentato dalla sig.ra Minoti Aram, il Movimento Sarvodaya, ecc. Non è mancato un momento artistico: un concerto di pianoforte, molto apprezzato, di Enrico Pompili, di Milano. Chiara Lubich ha comunicato ai partecipanti anche alcuni dei doni di luce ricevuti da Dio sin dall’inizio del Movimento e nell’ultimo giorno ha risposto a varie domande. In un clima di profonda comunione, il simposio si è concluso con il proposito di continuare ad incontrarsi in altri simposi e portare al largo il messaggio della fratellanza di cui il mondo oggi ha urgente bisogno. Il prof. Ashok Vohra (professore di Filosofia all’università di Delhi) diceva: “Tutte le religioni in teoria – insisto in questo – parlano della fratellanza universale, di amare il prossimo, di amare l’umanità, ma il fatto che siano capaci di metterlo in pratica è un’altra cosa. Per questo penso che le leadership come quella di Chiara (…) ci vogliono, per mettere realmente in pratica quel precetto. Ho viaggiato il mondo intero (…) ma il tipo di amore, il tipo di interesse, il tipo di sentimento che ho trovato qui non l’ho mai trovato da nessuna parte.” Commentava il prof. Anantanand Rambachan degli USA: “Descrivendo la sua esperienza della natura, Chiara ci richiama anche a scoprire Dio nella creazione ed a sviluppare un rapporto di riverenza e di amore non soltanto verso gli altri esseri umani, che è certamente di profonda importanza, ma un amore che abbraccia anche l’intero creato.” I partecipanti al simposio hanno fatto una visita al Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, dove sono stati accolti dall’arcivescovo Michael Fitzgerald, presidente, e da mons. Felix Machado, sotto-segretario. Poi l’udienza col Papa e una foto con lui: molti erano commossi. (altro…)