Apr 1, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Spiritualità
«Nella liturgia pasquale, si ringrazia Dio per aver fatto splendere, «in piena luce, Cristo, il quale, dopo aver salvato gli uomini col suo mistero pasquale, riempì la chiesa di Spirito Santo e l’arricchì mirabilmente di doni celesti», tra questi il sacerdozio regale conferito a tutti i fedeli. La chiesa dunque è santa, perché piena di Spirito Santo; è il corpo di Cristo che è la santità totale. Cristo l’ha istituita per continuare con lei a redimere e ne ha fatto lo strumento di liberazione dal male e di attrazione al bene. Il Vangelo realizzato, l’umanità recuperata, la convivenza con Dio in unità perenne, la grazia comunicata ininterrottamente: questa é la chiesa. E la chiesa siamo noi, compaginati, coi sacramenti e la dottrina, attorno al papa e ai vescovi, componendo un corpo sociale, le cui arterie portano il sangue di Cristo, la cui anima è lo Spirito Santo, principio di santificazione. Così, la chiesa è la degna stanza della Trinità divina in terra. Manzoni la chiama «madre dei santi, immagine della città superna». Suo compito è la nostra santificazione. E il mistero pasquale riassume lo scopo per cui siamo su questo pianeta e lo scopo per cui sul pianeta è disceso, a essere crocifisso, lo stesso Figlio di Dio». Giordani continua sottolineando come l’uomo ha sete di santità e di verità e rifiuta di trascinare un’esistenza insulsa e senza colore: vuole vivere, non languire. È per questo che sbagliamo se proponiamo un cristianesimo illanguidito, ambiguo, illudendoci di attirare così le persone. «Quel dire e non dire genera una “no man’s land”, una zona desertica. Non é un servizio al Signore, la cui parola fu sempre esplicita; non serve a Dio e provoca il disgusto di quelli stessi, a cui si pensa di rendere più appetibile l’idea religiosa. Chi ha ammorbidito la verità, chi ha camuffato la croce a decorazione, ha sottratto al popolo la bellezza e la potenza del comandamento divino, che invita a dare a Dio il corpo, l’anima, tutto, prendendo posizione per Cristo, sino a farsi Lui. Sì, sì, no, no, insegna il Vangelo ed esige la chiesa. Il ni sfiacca la fede e nullifica la chiesa. Santificali nella verità; la tua parola è verità! Chiese Gesù al Padre mentre stava per consumare il sacrificio supremo dell’amore. Nella verità, non nella neutralità o nella mediocrità o nella banalità… Se si accoglie Cristo intero, allora tutta la giornata, qualunque lavoro si faccia, viene spesa a professare la fede. La vita allora diventa un’operazione meravigliosa, quasi una liturgia ininterrotta, dove ricchi o poveri, malati o sani, uomini o donne, vecchi o giovani, tutti si ha da fare; tutti si può edificare. Edificare un destino eterno con materiali del tempo. Questa è la santificazione. La quale non è una diserzione dalla vita. È un viverla, la vita, intera e sana, eliminando le tossine. Cristo chiede a tutti, anche a te e a me, di seguirlo rompendo i ponti col passato, con ciò che è morto, ritrovandoci in una giovinezza perenne. Questa è la libertà. Cosi riguardata, la chiesa, con la quale il Salvatore seguita a donare la salute, appare un divino ministero della sanità: sacramento che risolve la morte in resurrezione». Da Igino Giordani, Il mistero pasquale, Città Nuova, Roma, n.6 del 25.3.1977, pp.24-25. (altro…)
Mar 31, 2015 | Focolari nel Mondo
La strada che unisce la capitale e il porto al resto dell’isola di Tarawa, la più grande dell’arcipelago delle Kiribati, in Oceania, è distrutta. Gli argini che difendevano le spiagge dalle maree sono crollati e molte abitazioni tradizionali sono state spazzate via. Il ciclone Pam, uno dei più violenti registrati nel Pacifico meridionale, ha colpito in particolare gli arcipelaghi di Vanuatu, Salomone e Kiribati, con onde altissime rafforzate da un vento che ha raggiunto i 250/300 chilometri orari. La Croce Rossa locale segnala che mancano rifugi d’emergenza, cibo e acqua potabile per molti dei 253.000 abitanti, e la popolazione sta evacuando le aree più colpite. «Abbiamo avuto notizie dalla locale comunità del Movimento dei Focolari – scrive Mary Cass, referente del progetto AMU, da Perth, Australia -. Tutti stanno bene e sono impegnati nel lavoro di ricostruzione e di approvvigionamento di cibo e acqua per le famiglie del villaggio di Buota (dove è in corso il progetto ), che al momento è tagliato fuori: la strada e il ponte che lo collegano al resto di Tarawa, infatti, sono distrutti. Hanno in mente la Parola di Vita del mese che sollecita a “prendere la propria croce” e sperano di potersi incontrare presto per rafforzare il loro spirito di unità in questo momento così difficile». «Il tempo sta tornando alla normalità – scrive uno di loro – le onde sono tornate a sorridere. Siamo felici che tutti stiano bene». M
a se lo spirito e la dignità degli abitanti di Tarawa sono ammirevoli, la situazione è comunque molto grave: l’acqua potabile scarseggia perché con l’inondazione molti pozzi e serbatoi sono stati contaminati dall’acqua marina, scarseggia anche il cibo a causa della distruzione dei raccolti e dell’interruzione delle vie di comunicazione; manca il carburante, l’80% delle case tradizionali è stato distrutto… La Repubblica di Kiribati, inoltre, ha un grosso problema di fondo: il progressivo innalzamento del livello del mare sta sottraendo terre all’agricoltura, con effetti negativi sulle attività lavorative e sulla qualità dell’alimentazione. Solo il 10% della popolazione ha un lavoro regolare, mentre tutti gli altri vivono di espedienti. Non potendo arrestare l’avanzata del mare, dovuta al surriscaldamento globale, il governo punta a fornire agli abitanti una collocazione all’estero o in altre parti del Paese. Si prevede che fra alcuni decenni tutto l’arcipelago sarà sommerso.
Il progetto dell’AMU (Azione per un Mondo Unito onlus), Ong ispirata ai principi del Movimento dei Focolari, ha l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della comunità di Buota, uno dei villaggi più poveri dell’isola di Tarawa, attraverso iniziative mirate per le donne e i bambini. Inoltre è previsto un supporto per sviluppare piccole attività produttive. «La prima – continua Mary Cass – consiste nella produzione e vendita di ghiaccio, grazie ad un congelatore; la seconda riguarda invece la vendita di oggetti di artigianato all’aeroporto di Tarawa. Con i contributi AMU con i quali abbiamo acquistato anche una macchina da cucire. Va bene anche la produzione di pane che viene venduto a tre negozi presenti nel villaggio e nell’area circostante. Il ricavato di queste attività – oltre a retribuire il lavoro delle donne coinvolte – va a beneficio della nostra scuola materna “Love and Unity” e permette di provvedere ad alcune necessità alimentari dei bambini e delle loro famiglie».
Come si vive in una terra senza futuro? «La vita della locale comunità dei Focolari a Buota va avanti: i gruppi della Parola di Vita – raccontano – uniscono le persone nei villaggi sparsi in tutta la stretta striscia di terra. Il Vescovo di Tarawa, con l’aiuto dei sacerdoti, traduce ogni mese il testo della Parola di Vita nella lingua locale, il gilbertese. Le famiglie si aiutano, ricostruendo le case distrutte dalle calamità naturali, e ricominciano a trovarsi per condividere le esperienze appena riescono a mettere un tetto sulla testa. La comunità ha nominato il proprio centro (dove c’è una piccola scuola) “Loppiano, Centre of Unity and Love” – ricordando il nome della prima cittadella dei Focolari – col desiderio di essere un esempio di amore e unità per tutti». Vedi anche: Scheda progetto AMU Notizie n. 1/2015. Video su Facebook (altro…)
Mar 30, 2015 | Cultura
Quando una coppia si forma un uomo e una donna tentano un cammino che pare fatto di latte e miele. È anche la storia di Carlo e Anna. Nel tempo però le fragilità possono trasformare il piacere di stare insieme in uno stillicidio di incomprensioni e rivalse. Sono momenti difficili, a volte disperati, e possono portare alla separazione. Nello stesso tempo la crisi può essere occasione di rinascita e l’emozionante racconto contenuto in questo libro ci fa immergere in modo profondo nella vita di una coppia nei dieci giorni più simbolici della loro crisi. Sono giorni nei quali entrambi i coniugi possono operare scelte capaci di trasformare il loro amore. Oggi in Italia un matrimonio su tre culmina con una separazione e il saggio che segue svela le dinamiche psicologiche di ogni famiglia fornendoci utili consigli, indicazioni e strategie per affrontare la crisi della coppia. L’Autore: Fernando Muraca è regista, sceneggiatore, attore. Per il cinema ha diretto La terra dei santi (2014) con Valeria Solarino e Duns Scoto (2010). Per la televisione Il commissario Rex, Don Matteo, Un passo dal cielo per Raiuno. È stato responsabile dell’Ufficio selezione sceneggiature per la Lux Vide Spa. L’Esperto: Rino Ventriglia è neurologo, psicoterapeuta, analista transazionale didatta e supervisore, da sempre appassionato all’uomo. Nel 2004 ha fondato il Centro Logos, Centro casertano di analisi transazionale. È direttore della Scuola di psicoterapia a indirizzo analitico‒transazionale psicodinamico di Casapulla (CE). La Collana: Passaparola affronta attraverso racconti autobiografici temi scottanti e dolorosi della quotidianità: adolescenza, crisi di coppia, malattia, dipendenze, lutto, anoressia, trauma. Drammi, ferite e problemi attuali nei quali il lettore può ritrovarsi. Storie scritte con uno stile agile, piacevole e avvincente. Nella seconda parte del volume un esperto rilegge il racconto e fornisce chiavi di lettura utili, indicazioni pratiche, e prospettive concrete.
Mar 30, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«L’Economia di Comunione vuole crescere in Africa per amarla, per apprendere dalla sua cultura della vita, per praticare la comunione e la reciprocità», ha affermato Luigino Bruni, coordinatore internazionale del progetto EdC, in vista dell’appuntamento internazionale di maggio. A Nairobi, infatti, in Kenya, si sono dati appuntamento tutti i soggetti coinvolti a livello mondiale nel sogno dell’Economia di Comunione per fare il punto su creatività e generatività, innovazione e produzione, ma anche lavoro, microcredito, disuguaglianze e povertà. Le aziende africane che da quest’anno hanno iniziato a versare utili per sostenere i poveri del mondo sono salite a 10 mentre altre 12 si sono avvicinate al progetto, e questo sviluppo è possibile grazie alla diffusione di una cultura dell’Economia di Comunione, che in Africa trova terreno fertile. Lo dimostra la recente conferenza internazionale (9-13 febbraio) promossa da un’università camerunense, la CUIB (Catholic University Institute of Buea), su richiesta del rettore dell’Università stessa, Fr. George Nkeze, e del vescovo, Mons. Emmanuel Bushu. Fra i relatori Benedetto Gui, attualmente docente presso l’Istituto Universitario Sophia (Firenze, Italia), e Brice Kemguem, Direttore nazionale per il Centrafrica dell’ONG internazionale AHA (African Humanitarian Agency). Ad accompagnarli Steve William Azeumo, commissione EdC della zona dell’Africa Centrale, Winnifred Nwafor, commissione EdC di Fontem (Camerun), Isabel Awungnjia Atem e Mabih Nji, entrambi laureati all’Istituto Universitario Sophia nella veste di facilitatori locali alla CUIB. I
l programma ha spaziato dalle tematiche economiche dell’oggi care alla Dottrina sociale della Chiesa che ritroviamo nei valori e nei principi EdC, ai grandi problemi socio economici del nostro tempo, dalla carenza di acqua potabile, alle epidemie, ai conflitti con armi di distruzione di massa. In video conferenza due imprenditori EdC hanno condiviso la loro esperienza: Alberto Ferrucci, Amministratore delegato di una azienda che produce software per raffinerie, sottolineava gli aspetti caratterizzanti di una economia di condivisione. Teresa Ganzon, Amministratrice della Banca rurale filippina Bangko Kabayan, che ha fatto crescere le attività nell’ambito della microfinanza rurale. Dal Camerun le esperienze del chief Fobella Morfaw e di sua moglie, fondatori nel 2003 di una scuola nella città di Dschang che oggi si compone di Scuola materna, primaria e secondaria; dello Studio di Ingegneria Civile BSE (Bridge Structure Engineering Consulting) che grazie alla grande esperienza di un socio «senior» è arrivato oggi a farsi strada in mezzo ad una concorrenza molto agguerrita.
Parte importante del programma sono stati i workshop, rivolti a discutere con gli studenti casi di impresa ed a preparare progetti di micro-imprese: molto partecipati e che hanno stupito per la qualità degli elaborati presentati in plenaria; nelle conclusioni è stato premiato il miglior progetto di impresa EdC. Una settimana fruttuosa, grazie al lavoro di preparazione svolto dall’Università e grazie all’atteggiamento positivo dei ragazzi, che hanno preso l’impegno di partecipare, incoraggiati da un riconoscimento di crediti didattici. Una nota simpatica, l’atmosfera allegra: l’intervallo spesso era costituito da una animazione, da una piccola danza o un po’ di musica. Le impressioni dei partecipanti sono state molto favorevoli: tanti hanno rilevato che, oltre a proporre uno stile di gestione di impresa, l’EdC è una «proposta di vita» che si può mettere in pratica da subito, ed hanno dichiarato di volerla seguire. In sintesi: molta positività, voglia di fare e di impegnarsi per un mondo migliore. Leggi anche. edc-online. Immagini su video: https://www.youtube.com/watch?v=RxwKXsEvmn0 (altro…)
Mar 29, 2015 | Parola di Vita
Nella prima lettera alla comunità di Corinto, da cui è tratta la parola di vita di questo mese, Paolo deve difendersi dalla scarsa considerazione che alcuni cristiani mostrano nei suoi confronti. Essi mettevano in dubbio o negavano la sua identità di apostolo. Dopo averne rivendicato a pieno titolo questa qualifica per aver “veduto Gesù Cristo” (cf 9, 1), Paolo spiega il perché del suo comportamento umile e dimesso, al punto da rinunciare ad ogni tipo di compenso per il suo lavoro. Pur potendo far valere l’autorità e i diritti dell’apostolo, preferisce farsi “servo di tutti”. È questa la sua strategia evangelica. Si fa solidale con ogni categoria di persona, fino a diventare uno di loro, con lo scopo di portarvi la novità del Vangelo. Per cinque volte ripete “mi sono fatto” uno con l’altro: con i Giudei, per amore loro, si sottopone alla legge mosaica, pur ritenendosi non più vincolato da essa; con i non Giudei, che non seguono la legge di Mosè, anche lui vive come fosse senza la legge mosaica, mentre invece ha una legge esigente, Gesù stesso; con quelli che venivano definiti “deboli” – probabilmente cristiani scrupolosi, che si ponevano il problema se mangiare o meno le carni immolate agli idoli –, si fa anche lui debole, pur essendo “forte” e provando una grande libertà. In una parola, si fa “tutto a tutti”. Ogni volta ripete che agisce così per “guadagnare” ognuno a Cristo, per “salvare” ad ogni costo almeno qualcuno. Non si illude, non ha aspettative trionfaliste, sa bene che soltanto alcuni risponderanno al suo amore, nondimeno egli ama tutti e si mette al servizio di tutti secondo l’esempio del Signore, venuto «per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20, 28). Chi più di Gesù Cristo si è fatto uno con noi? Egli che era Dio, «annientò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2, 7). “Mi sono fatto tutto a tutti” Chiara Lubich ha fatto di questa parola uno dei capisaldi della sua “arte di amare”, sintetizzata nell’espressione “farsi uno”. Vi ha visto un’espressione della “diplomazia” della carità. «Quando uno piange – ha lasciato scritto –, dobbiamo piangere con lui. E se ride, godere con lui. E così è divisa la croce e portata da molte spalle, e moltiplicata la gioia e partecipata da molti cuori. […] Farsi uno col prossimo per amor di Gesù, coll’amore di Gesù, finché il prossimo, dolcemente ferito dall’amore di Dio in noi, vorrà farsi uno con noi, in un reciproco scambio di aiuti, di ideali, di progetti, di affetti. […] Questa è la diplomazia della carità, che ha della diplomazia ordinaria molte espressioni e manifestazioni, per cui dice non tutto quello che potrebbe dire, perché al fratello non piacerebbe e non sarebbe gradito a Dio; sa attendere, sa parlare, arrivare allo scopo. Divina diplomazia del Verbo che si fa carne per divinizzarci» . Con fine pedagogia Chiara individua anche gli ostacoli quotidiani che si frappongono al “farsi uno”: «A volte sono le distrazioni, altre volte il cattivo desiderio di dire precipitosamente la nostra idea, di dare inopportunamente il nostro consiglio. In altre occasioni siamo poco disposti a farci uno col prossimo perché riteniamo che non comprenda il nostro amore, o siamo frenati da altri giudizi al suo riguardo. In certi casi siamo impediti da un recondito interesse di conquistarlo alla nostra causa». Per questo «è proprio necessario tagliare o posporre tutto quanto riempie la nostra mente e il nostro cuore per farci uno con gli altri» . È dunque un amore continuo e infaticabile, perseverante e disinteressato, che si affida a sua volta all’amore più grande e potente di Dio. Sono indicazioni preziose, che potranno aiutarci a vivere la parola di vita in questo mese, a mettersi in sincero ascolto dell’altro, a capirlo dal di dentro, immedesimandosi in ciò che vive e che prova, condividendone preoccupazioni e gioie: “Mi sono fatto tutto a tutti” Non possiamo interpretare questo invito evangelico come una richiesta a rinunciare alle proprie convinzioni, quasi approvassimo in maniera acritica qualunque modo di agire dell’altro o non avessimo una nostra proposta di vita o un nostro pensiero. Se si è amato fino al punto da diventare l’altro, e se quanto si condivide è stato un dono d’amore ed ha creato un rapporto sincero, si può e si deve esprimere la propria idea, anche se forse potrà far male, rimanendo però sempre in atteggiamento di più profondo amore. Farsi uno non è segno di debolezza, non è ricerca di una convivenza tranquilla e pacifica, ma espressione di una persona libera che si pone a servizio; richiede coraggio e determinazione. È importante anche avere presente lo scopo del farsi uno. La frase di Paolo che vivremo questo mese continua, come abbiamo precedentemente accennato, con l’espressione: «… per salvare ad ogni costo qualcuno». Paolo giustifica il suo farsi tutto con il desiderio di portare alla salvezza. È una via per entrare nell’altro, per farvi emergere in pienezza il bene e la verità che già vi abitano, per bruciare eventuali errori e per deporvi il germe del Vangelo. È un compito che per l’Apostolo non conosce né limiti né scuse, al quale egli non può venir meno perché glielo ha affidato Dio stesso, e deve compierlo “ad ogni costo”, con quella inventiva di cui soltanto l’amore è capace. È questa intenzionalità a dare la motivazione ultima al nostro “farsi uno”. Anche la politica e il commercio sono interessati a farsi vicini alle persone, ad entrare nel loro pensiero, a coglierne le esigenze e i bisogni, ma vi è sempre la ricerca di un tornaconto. Invece «la diplomazia divina – direbbe ancora Chiara – ha questo di grande e di suo, forse di solo suo: che è mossa dal bene dell’altro ed è priva quindi d’ogni ombra d’egoismo» . “Farsi uno” dunque, per aiutare tutti nella crescita dell’amore e così contribuire a realizzare la fraternità universale, il sogno di Dio sull’umanità, il motivo per il quale Gesù ha dato la vita. Fabio Ciardi (altro…)
Mar 28, 2015 | Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Spiritualità

Palmira con Chiara Lubich
«Portare l’amore di Dio dappertutto, secondo il comandamento di Gesù di amarsi l’un l’altro». Era questo l’ideale di Chiara Lubich che ancora attira centinaia di persone in tutto il mondo. Oggi, nel settimo anniversario della morte della fondatrice del Movimento dei Focolari celebrato in tutto il mondo e a pochi giorni dall’apertura del suo processo di Beatificazione e Canonizzazione, a ricordarla è Palmira Frizzera, che la conobbe nel 1945 e colpita dall’ideale della “fraternità universale”, decise di seguirla. La sua testimonianza: «Il concetto della fratellanza universale è proprio quello che io ho trovato quando sono entrata nel primo focolare, quasi 70 anni fa: noi eravamo sorelle con Chiara, ma con un “Maestro”, una guida, che era Gesù in mezzo a noi, Gesù che vive dove due o più sono uniti nel Suo nome». Con quale obiettivo siete andate avanti insieme per tanti anni? «Siamo andate avanti non pensando in realtà a niente… avevamo scelto Dio come ideale della nostra vita, Lo volevamo amare, coscienti che potevamo anche morire da un giorno all’altro sotto i bombardamenti. Quindi abbiamo cercato di realizzare il Testamento di Gesù, l’amore scambievole, fino all’unità tra di noi. Quello che io ho sentito nel mio incontro con Chiara – ed è generale per tutte le sue prime compagne – è che aveva una luce e una novità… – allora non la chiamavamo “il carisma” – con la quale ci ha generate ad una vita totalmente nuova!». È stato quindi l’amore evangelico vissuto tra voi, incarnato e comunicato agli altri, a generare poi tutto il Movimento? «Ma Chiara non ha mai pensato di fondare nulla! Adesso si dice che Chiara è la fondatrice del Movimento dei Focolari arrivato in tutto il mondo. Però, io non l’ho mai sentita come una persona che fondava qualcosa, ma come una persona che dava la vita a qualcosa di nuovo. Chiara ci diceva: “Ma noi non vogliamo fondare niente. Noi vogliamo fondare Dio nelle anime, con l’amore; portare l’amore dappertutto”. Ecco, proprio quel messaggio che Gesù ci ha lasciato: “Vi do un comandamento nuovo che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”. Questo ha portato alla fratellanza universale». Da gennaio di quest’anno, Chiara è stata dichiarata Serva di Dio ed è iniziato un processo di Beatificazione e di Canonizzazione. Che effetto le fa? «Sento che Chiara non è solo della Chiesa cattolica: Chiara è anche delle altre Chiese, delle altre religioni e, per via dei dialoghi aperti sin dai primissimi tempi, anche con persone che non hanno nessun credo religioso. Sotto questo aspetto, non mi piace restringerla solo alla Chiesa cattolica, però capisco che questa Beatificazione è un grande dono per la Chiesa e per tutti noi». Le nuove generazioni che lei incontra e che forma, perché dopo tanto tempo, anche non avendola conosciuta, sono attratte da Chiara e dalla sua spiritualità? «Chiara è partita, ma la sua luce è rimasta, il suo carisma è rimasto. E a questo corrono dietro i giovani, non alle persone». Questo settimo anniversario è improntato sulla tematica politica e su come la spiritualità di Chiara può essere vissuta in politica. In questo ambito cosa ci può insegnare? «Ci può insegnare l’arte di amare, di capire, di ascoltare… E questo è un trait d’union con tutti: se non si fa così, come alternativa ci sono solo la violenza e la guerra». Fonte: Radio Vaticana (altro…)
Mar 27, 2015 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Spiritualità
Istanbul: il Patriarca Bartolomeo fa gli onori di casa nella chiesa ortodossa di Aya Strati Taksiarhi per l’appuntamento che coinvolge oltre un centinaio di rappresentanti del mondo ortodosso e cattolico, in occasione del 7° anniversario della fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich. Ci sono i metropoliti Ireneos, Apostolos ed Elpidoforos; due archimandriti, Patera Vangeli, che ha tradotto in simultanea dal greco al turco e il Grande Archimandrita Vissarion. Presenti anche l’arcivescovo degli Armeno Cattolici, Levon Zekiyan e il vescovo cattolico, Louis Palâtre, oltre a religiose e religiosi. Da Roma, per addentrarsi nella presentazione dei volumi di Chiara tradotti in greco, la linguista Maria Caterina Atzori, del Centro studi dei Focolari. A moderare gli interventi, da Atene, il giornalista Nikos Papachristou. «Nel corso dei secoli, la divina epifania del Signore si è manifestata in tanti modi, per far comprendere all’umanità le cose di Dio», ha esordito il Patriarca, dopo aver aperto l’incontro con una preghiera per Chiara, intonando l’inno allo Spirito Santo. «Egli non si è stancato di far sorgere tra noi santi uomini e sante donne, che con il loro esempio, con il loro amore poggiato sulla filantropia divina e con la parola ispirata dallo Spirito Santo, continuamente sollecitano una “metanoia”, una conversione del cuore per tutta l’umanità sofferente».

Video “Atenagora, Paolo VI e Chiara Lubich”
Nel suo discorso, letto aggiungendo a braccio commenti spontanei, ha tracciato la figura spirituale di Chiara, da testimone diretto della sua storia, in particolare degli incontri tra lei e il Patriarca Athenagoras: «Come non cogliere la Sapienza di Dio nell’opera benedetta che la nostra sorella sempre ricordata Chiara, ha offerto alle nostre Chiese, alle nostre Società e a tutti gli uomini di buona volontà. Colei che il nostro amato Predecessore, di venerata memoria, il Patriarca Athenagoras, chiamava amabilmente Tecla, la discepola di Paolo, colei che è uguale agli apostoli e protomartire». E ha ripercorso i tratti salienti del cammino di spiritualità da lei aperto nella chiesa e oltre: «La mite Chiara ha risposto alla chiamata di Dio, facendosi in tutto simile al suo Maestro, ma soprattutto lasciandosi rendere vaso che offre vie di salvezza, al fine di portare tutti a Cristo. La sua vita si è spesa a trovare vie di incontro e di dialogo con tutti, contraddistinta dal profondo rispetto per ogni cultura nella quale sapeva condurre il cammino dell’incontro, della conoscenza reciproca e della collaborazione reciproca».
«Chiara Lubich inizia il suo percorso di vita, dedicata al Signore, nelle sofferenze della guerra. In questa sofferenza vive il Cristo crocifisso e abbandonato e comprende che non c’è Resurrezione senza passare attraverso la caduta. E la sofferenza di Cristo diviene la sua personale sofferenza, mai però disperazione». «La sua vita è contraddistinta da una passione per la Santa Scrittura, la Parola di Dio che in lei diviene Parola fondante, viva, esaltante. Ha vissuto fino in fondo il comandamento del Signore. “(…) come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv. 13,34) E questo comandamento si è personificato in lei fino a contagiare un numero sempre maggiore di persone, diverse tra loro, anche di diversa fede, ma unite in un ideale concreto di comunione. Chiara è sempre stata anche figlia fedele della sua Chiesa, condividendo e vivendo in se stessa la via della sua Chiesa. E in questa convinta partecipazione, ha sentito il dramma della divisione, il dramma della impossibilità di partecipare allo stesso Calice. In lei fanno eco le parole ancora del nostro venerabile Predecessore, inviatele nel 1969: “Dov’è il Cristo Salvatore? Divisi gli uni dagli altri, noi l’abbiamo cacciato. È Da qui che provengono le nostre disgrazie”. E che fanno le Chiese? Stanno mercanteggiando su Colui che non ha presso e da qui il loro triste frazionamento” (Messaggio del 21 febbraio 1969). Percependo il grido di dolore per la lacerazione, offre tutta se stessa per il carisma dell’unità, facendosi strumento nelle mani di Dio per incontrare i capi delle Chiese, come i semplici fedeli. Ma non si ferma a questo: sollecita, sprona, invita, propone di trovare vie di comunione nuove». «Chiara ha anche un amore tutto particolare per la Santa e Divina Eucarestia del Signore. In essa percepisce il dono d’amore di Colui che si è offerto una volta e per sempre, per attrarre a sé l’uomo. Potremmo affermare che in lei si forma una coscienza eucaristica dell’unità». «Ancora un altro aspetto possiamo scorgere nell’opera di Chiara: l’unità dalla Trinità, attraverso l’Eucarestia, passa sulla famiglia. (…) Il luogo dove può splendere l’amore scambievole che lega naturalmente i suoi membri. (…) È in questo contesto che l’unità della famiglia umana si intravede in tutti i suoi aspetti, nella società, nella politica, nell’economia, nel rispetto dell’opera di Dio per ciascuno di noi singolarmente e in tutta la sua meravigliosa creazione. Il messaggio e l’opera di Chiara pertanto risultano essere sempre più attuali, soprattutto nel contesto mondiale in cui stiamo vivendo». Risulta così particolarmente apprezzato «il dono che il Movimento dei Focolari offre oggi nel presentare la traduzione in Lingua Greca dell’opera di Chiara Lubich. La accogliamo come un dono tra fratelli, dono che sicuramente farà apprezzare anche al pubblico greco, al fedele greco-ortodosso, questo meraviglioso messaggio di unità e d’amore». E prima di impartire la sua benedizione, si rivolge a Chiara perché interceda «perché l’alba di un nuovo giorno per questa umanità ferita e divisa possa sorgere presto e che i sentimenti per i quali Ella ha speso tutta la sua vita, diano abbondanti frutti, lì dove oggi non scorgiamo altro se non tenebre e martirio di sangue». (altro…)
Mar 26, 2015 | Chiara Lubich, Cultura, Nuove Generazioni, Sociale
Son adolescentes, forman parte del mismo grupo Gen 3. Comparten sus experiencias, anhelos, sueños como todo joven de esa edad. Una de ellas comenta: “Voy a empezar a militar en política, en una organización juvenil”. Continúa la conversación y cada vez se pone más caliente. Quien está a favor de esa organización juvenil y quienes están en contra. Un reflejo de la Argentina de hoy: dos posiciones enfrentadas e irreconciliables. Pero no se quedan en el “de eso mejor no hablar porque nos divide”. Deciden hacer un taller para entender más lo que es la fraternidad en política.
Son 40 adolescentes los que se dieron cita para reflexionar sobre la fraternidad, la política y el diálogo. En primer lugar compartieron qué era la política para ellos: gobierno, presidente, propaganda, mentiras, corrupción, decisiones y, por medio de un juego de roles, respondieron a la siguiente pregunta: ¿Qué harían si se encuentran perdidos en una isla? A través de la puesta en común se observó como cada grupo se organizó en forma diversa, lo que a su vez podía compararse con las distintas formas de organización social. En un segundo momento trabajaron sobre los distintos conflictos, desde los suyos más cotidianos hasta reflexionar sobre como hacen los políticos para tomar decisiones. Al terminar este momento sonaban fuerte palabras como respeto, escucha, tolerancia, apertura, diálogo. Al terminar la actividad volvieron a reflexionar sobre la palabra política y encontraron que no les decía lo mismo que antes y que existe otro horizonte que muchas veces no se logra vislumbrar, fruto de las dísputas que escuchamos a diario en los medios de comunicación. Pero también pudieron conocer que
existe otra cara de la medalla, la de muchos políticos, funcionarios y ciudadanos en distintos ángulos del planeta que deciden jugarse por la fraternidad y el bien común por sobre todas las cosas. Casi un juego, pero en cada uno se fortalece una visión distinta de la política, descubriendo valores como la tolerancia, la participación, el compromiso social, el escuchar al otro, como decía uno de ellos: “pudimos darnos cuenta que la política no es algo para mirar de lejos, ni para tenerle miedo, sino que tiene que ser otra herramienta para llegar a la fraternidad”. “¡Ahora a ponerlo en práctica!”, decía a modo de conclusión una chica.
Mar 26, 2015 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
«Abito a Erbil, nel nord dell’Iraq, dove, nel 2010, ho iniziato una scuola per i bambini kurdi – racconta Malu Villafane, nata nelle Filippine –. In questi anni, ho lavorato nel santuario locale, organizzando varie attività. Nell’agosto scorso, il santuario è diventato un campo profughi. Le città di Sinjar e Mosul con i villaggi adiacenti, come Qaraqosh, Qaramlesh, Bartalla e altri, sono stati invasi dall’ISIS. Gli abitanti sono scappati lasciando tutto e si sono rifugiati in Kurdistan, da noi. Nel campo c’era un’aria pesantissima, di grande pessimismo, i bambini erano smarriti… Insieme ai responsabili del centro abbiamo iniziato alcune attività per i ragazzi, coinvolgendo anche alcuni colleghi della mia scuola». In questi anni com’è stata la convivenza tra i cristiani, musulmani, gli Yazidi e le altre etnie come kurdi, turkmeni, ecc.? «C’era rispetto tra loro, facevano le cose insieme. Lavoro con i kurdi, con i turkmeni, arabi e altri stranieri. Quando c’è stata la crisi, tanti kurdi hanno dato la loro disponibilità per ospitare i profughi in casa loro. Il popolo del Kurdistan non condivide questo massacro». Quando è iniziata la crisi dei profughi a Erbil? Dove si sono sistemati? Quali prospettive possono avere per i prossimi mesi? «La crisi che ha causato queste forzate migrazioni è iniziata già da giugno del 2014 e si è aggravata agli inizi di agosto. La gente ha perso tutto: casa, lavoro, scuola ; tanti di loro si sono rifugiati inizialmente nei palazzi vuoti, nelle chiese, lungo la strada e quando hanno potuto, presso i parenti a Erbil. Molte ONG, insieme alla Chiesa, hanno dovuto affrontare l’emergenza senza nessuna preparazione. Avevano bisogno di tutto! Insieme abbiamo raccolto tante cose di prima necessità. In quel periodo la temperatura di giorno saliva quasi a 50°C, un inferno, e ora durante l’inverno fa tanto freddo. Le tende non bastano per accudire migliaia di famiglie. Ci sono campi che non hanno acqua e cibo per alcuni periodi di tempo. Eppure, dopo un po’ di mesi, i bambini hanno iniziato a sorridere, a giocare, a provare altre esperienze fuori dal campo, come andare in piscina o nel parco pubblico. I genitori, vedendo la gioia dei loro figli, hanno ritrovato la speranza. Hanno iniziato a pulire il campo, a cucinare e a darci una mano. Dopo aver vissuto con loro questa drammatica situazione, la mia vita si è capovolta. Il mio soggiorno qui in Iraq ha trovato un senso profondo: ho vissuto per la fratellanza universale». Ma ha senso lavorare per la fraternità? Cosa ti spinge a continuare a lavorare nel campo? «Se guardo alle circostanze dal punto di vista umano, mi scoraggio e scapperei via. Invece, se guardo tutto quello che accade attraverso l’occhio di una speranza fondata sulla fede, riesco ad andare al di là delle sofferenze che vedo. Ho pensato alla frase del Vangelo: “Quando ho avuto fame, mi hai dato da mangiare; quando ero triste mi hai consolato…”. Queste parole mi danno la forza di affrontare le difficoltà quotidiane che incontro nel campo. È difficile spiegare o descrivere il dolore che c’è. Tanti di loro hanno perso la speranza perché hanno perso tutto. Questa esperienza mi ha spalancato il cuore per accogliere l’altro come un fratello, come una sorella. Mi ha dato la possibilità di uscire dal mio mondo “comodo” per mettermi a servizio degli altri. Voglio vivere per la fratellanza universale non perché posso risolvere i problemi ma perché, con piccoli passi, si può lasciare un seme. La pace cresce soprattutto dalle piccole cose che facciamo tutti i giorni per gli altri». Cosa possiamo fare noi da qui per aiutarvi e per essere vicini a queste persone? «Credo che bisogna affrontare il tema della “disinformazione”. Nonostante l’emergenza sia tuttora in corso, quasi non se ne parla. Diffondere una cultura che accoglie, che ascolta, soprattutto fra popoli e religioni diverse nelle vostre città; promuovere iniziative e progetti che abbattono le barriere. Vi ringrazio per il vostro aiuto e continuiamo a credere che la Pace è possibile». Fonte: Umanità Nuova online (altro…)
Mar 25, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Lavorare qui «Medici qui nelle Filippine, dove la povertà è dilagante, mio marito ed io abbiamo ricavato un modesto ambulatorio privato nella nostra già piccola abitazione. Certo, non è facile: pensando a nostri colleghi che hanno fatto carriera in Occidente, ci chiediamo talvolta se abbiamo fatto bene a restare. Ma ci trattiene il pensiero dei tanti bisogni della nostra gente: bambini da far crescere sani, coppie da formare, anziani e malati terminali da assistere… Dal Vangelo ci viene la spinta a dare anche noi un contributo per rendere migliore la società, cominciando nel nostro Paese». L. R. – Filippine Mosé della strada «Una famiglia numerosa: sei figli e uno in arrivo, che muore prima di nascere. La mamma si è salvata, ma per diversi giorni ha lottato tra la vita e la morte. Proprio in quel periodo dei militari avevano portato nell’ospedale dov’era ricoverata, un neonato, che era stato abbandonato per strada. Dopo le cure s’era ripreso, ma ora gli occorreva una famiglia. Subito l’ha trovata nell’altra, prendendo il posto del bambino morto. Dai nuovi genitori è stato chiamato Giuseppe-Mosé: Giuseppe perché l’ospedale era intitolato a san Giuseppe, Mosé perché abbandonato e poi ritrovato». H. E. – Congo Volevo vendicarmi «Solo otto giorni dopo il mio matrimonio ho perso mia madre, investita da un’auto. Deciso a vendicarmi, ho preso un pullman per raggiungere il paese di residenza dell’investitore. Lungo il tragitto però mi sono tornate in mente certe parole sull’amore di Dio e del prossimo, e pian piano il rancore si è sciolto. Quando l’altro ha saputo chi ero l’ho visto impallidire, ma l’ho tranquillizzato: ero lì solo per capire la dinamica dell’incidente. Dopo aver ascoltato il suo racconto, fatto tra le lacrime, ho cercato di dargli pace. La gioia promessa dal Vangelo mi ha accompagnato nel ritorno». F.A. – Roma Fonte: Il Vangelo del giorno – marzo 2015 – Città Nuova editrice (altro…)