Movimento dei Focolari

Perdono, dialogo, riconciliazione. Le parole della pace

Set 9, 2013

Papa Francesco prega con centomila persone in Piazza San Pietro e il mondo si unisce in una catena di fede e digiuno, affinché si trovi la via della pace. All’Angelus di domenica 8 settembre un nuovo appello del Papa: “preghiere e opere di pace”.

«Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre una sconfitta per l’umanità». Parole gravi e severe di papa Francesco durante la veglia in piazza San Pietro per la pace in Siria, in Medio Oriente e in tutto il mondo. Nei giorni precedenti erano arrivate, incalzanti, adesioni da ogni dove. Da Amman, in Giordania, dove si trovava, anche l’adesione di Maria Voce a nome dei Focolari. Centomila persone pregano con Francesco durante quattro ore, in un silenzio imponente. Ovunque raccoglimento e compostezza. Questa volta non ci sono distintivi, né bandiere o cartelloni per dire le diverse appartenenze. S’impone, fin dall’inizio, solo la preghiera. Il Papa accoglie e venera l’icona della Salus Populi Romani. Poi un lungo intenso rosario che sembra recitato da una sola voce. Ma di più. Si percepisce pian piano l’istaurarsi di un colloquio con Maria, una sorta di a tu per tu che abbraccia l’intera piazza e riflette fiducia in Lei, madre di tutti, regina della pace. Tra la folla almeno un migliaio di musulmani raccolti qua e là a piccoli gruppi. In una decina, al di fuori delle transenne, recitano ad alta voce versetti del Corano e si uniscono così alle Ave Maria. Si respira un’atmosfera di rara universalità in quella Piazza. Ad ascoltare tutti è l’unico Dio. La meditazione di Papa Francesco è densa, spirituale. Il suo volto è serio, concentrato. Prende spunto dalla Genesi, parla dell’armonia del creato voluta da Dio e del caos scatenato dall’uomo per la violenza e la contesa e «chiede alla coscienza dell’uomo: “Dov’è Abele tuo fratello?”». «Anche a noi è rivolta questa domanda e anche a noi farà bene chiederci: Sono forse io il custode di mio fratello? Sì, tu sei custode di tuo fratello! Essere persona umana significa essere custodi gli uni degli altri!». Invece quando si rompe l’armonia, «il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere e da sopprimere». «Questa è la verità: in ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti!», afferma con forza papa Francesco, «e anche oggi alziamo la mano contro chi è nostro fratello». «Abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci… La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! La violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte!». «Possiamo uscire da questa spirale di dolore e di morte? Possiamo imparare di nuovo a camminare e percorrere le vie della pace?», si domanda il Papa. «Sì, è possibile per tutti!». Un applauso scrosciante, seppure breve, gli dà ragione. Ed egli continua: «Questa sera vorrei che da ogni parte della terra noi gridassimo: Sì, è possibile per tutti! Anzi vorrei che ognuno di noi, dal più piccolo al più grande, fino a coloro che sono chiamati a governare le nazioni, rispondesse: Sì, lo vogliamo!». E poi, quasi a mo’ di confidenza, prosegue: «Come vorrei che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non si è risposto con violenza, alla morte non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace. Vorrei chiedere al Signore, questa sera, che noi cristiani, i fratelli delle altre religioni, ogni uomo e donna di buona volontà gridasse con forza: la violenza e la guerra non è mai la via della pace!». Papa Francesco invita ognuno dei presenti a guardare nel profondo della propria coscienza, «vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione, guarda al dolore di tuo fratello e non aggiungere altro dolore». Conclude: «Perdono, dialogo, riconciliazione sono le parole della pace: nell’amata Nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo. Diventiamo tutti, in ogni ambiente, uomini e donne di riconciliazione e di pace». La preghiera poi continua. Prolungati silenzi, litanie, preghiere, canti. Una lunga adorazione eucaristica, per molti dei presenti forse la prima esperienza. Tutti orientati verso quell’ostia nell’ostensorio, verso quel Dio che lì, sacramentalmente presente, appare come forse poche volte, il cuore del mondo. E a Lui si prega. Alle coscienze si è nuovamente appellato papa Francesco all’indomani, 8 settembre, durante l’Angelus della domenica. E’ tornato a parlare di pace «in questo momento in cui stiamo fortemente pregando» per essa, e a denunciare il male. Ha esortato a «dire “no” all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve, alla violenza in tutte le sue forme, alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale». E, a braccio, ha incalzato: «Questa guerra di là, questa di là – perché dappertutto ci sono guerre – è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale?». E’ tempo di dire “no” ai conflitti, all’odio, alle violenze verso i fratelli. Ma per pronunciare questo “no” «è necessario che ognuno di noi prenda la decisione forte e coraggiosa di rinunciare al male e alle sue seduzioni e di scegliere il bene, pronti a pagare di persona». Infine ringrazia tutti i presenti, come aveva fatto alla conclusione della veglia notturna. «Andiamo avanti con preghiere e opere di pace» perché «cessi subito la violenza e la devastazione in Siria e si lavori con rinnovato impegno per una giusta soluzione al conflitto fratricida. La ricerca della pace è lunga. Richiede pazienza e perseveranza». di Victoria Gómez

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