Giu 7, 2015 | Centro internazionale, Spiritualità
«Le conversazioni di Chiara Lubich sull’Eucaristia sono state per me come una rivelazione. Mi hanno fatto conoscere in una maniera più vasta, più precisa, più profonda l’effetto che l’Eucaristia ha sulla società, oltre che sull’individuo. Ho visto che il progresso della coscienza cristiana, sia nell’individuo che nella società, dipende dal progresso della coscienza dell’Eucaristia nei cristiani. In altri termini: se noi sappiamo che cos’è l’Eucaristia e la viviamo come essa è, allora tiriamo fuori dal cristianesimo il più profondo valore sia per la nostra anima che per la società. L’Eucaristia, infatti, fa l’unione dell’uomo con Dio; essa rappresenta il mistero dell’amore di Cristo verso l’umanità. È la comunione con Cristo e con i fratelli, è l’unità con entrambi. Se si vuole un progresso delle aspirazioni comunitarie, unitarie della società d’oggi, che sono le aspirazioni più belle contro i particolarismi, i razzismi, le tirannidi, ecc., bisogna realizzare un progresso di questa coscienza eucaristica, bisogna vivere con profondità questa realtà. Si può dire che la relazione con Dio e con l’uomo stesso è un mistero eucaristico, quello in cui Dio si fa uomo perché l’uomo si faccia Dio. Niente di meno. Chiara, con le sue spiegazioni, ci vuole inserire coscientemente non solo nel pensiero di Cristo, ma nella persona di Cristo, nella sua umanità e nella sua divinità. Ci vuole mettere a convivere, mediante la comunione sacramentale, con la divinità e con l’umanità di Gesù, tutte e due. È una rivoluzione che deifica l’uomo e lo mette contro e sopra il processo di degradazione in corso nella società. Dall’Eucaristia comincia la rivolta contro la morte. Chiara così impone un carattere di eroismo, di santità, alla nostra vita. Non serve ad essi la mediocrità per stare nella convivenza umana; viene a mente la domanda dell’angelo alle anime che entravano nel purgatorio dantesco:“0 gente umana per volar su nata,- perché a poco vento così cadi?”. Cioè, o uomo, perché tu, che sei nato per volare a Dio, ti lasci cadere nel peccato così facilmente e perdi questo volo? La santità è eroismo, ma un eroismo facilitato immensamente dal nutrimento quotidiano del pane eucaristico. Esso comporta una devozione quotidiana, assidua, di giorno in giorno più alta, sopra la mediocrità di cui vive tanta parte dell’umanità oggi. Una mediocrità fatta di menzogne, di lussuria, di furti, di violenza che non è un vivere, ma un organizzare stoltamente la nostra agonia. Con l’Eucaristia si vola!». Igino Giordani, Con l’Eucaristia si vola, «GEN» novembre 2004, pp.10-11 www.iginogiordani.info (altro…)
Mag 13, 2015 | Centro internazionale, Spiritualità
«Quando arriva a Maria, la Chiesa universale canta. In mezzo al grigiore e alla noia, spunta il suo nome, e l’atmosfera si rischiara, luci senza fine si accendono. Ella è il sole in cui Dio pose la sua stanza». Così scrive Igino Giordani (in Maria modello perfetto, Città Nuova, Roma, 2012) e con la Chiesa canta anch’egli, ponendosi fra i tanti artisti, teologi, santi che a gara hanno illustrato le virtù della Madre di Dio, la sua bellezza, la grandezza della sua funzione nell’economia della redenzione. Nel libro citato si conclude un cammino: l’avanzare compiuto da Giordani nella comprensione del mistero di Maria, nel suo atteggiamento di vita verso di lei. Di lei, egli aveva già scritto spesso in articoli e in tante pagine dei suoi libri. Le aveva già dedicato un volume: Maria di Nazareth, del 1944. Ma fin lì, il tema era sempre stato contemplare, lodare, invocare Maria. In Maria modello perfetto risulta una differenza, che risuona tutto il salto di maturazione compiuto: ora il tema è, sì, contemplare, ma soprattutto imitare Maria. Il rapporto intellettuale e di vita di Giordani con la Madre di Gesù inizia una dimensione più profonda in seguito al suo incontro del 1948 con Chiara Lubich e con il movimento da lei originato, conosciuto come Movimento dei Focolari, ma il cui nome vero è Opera di Maria. L’esperienza di Chiara e delle persone entrate in comunione con lei, centrata sulla Parola e in particolare sulla preghiera di Gesù per l’unità, ha avuto fin dall’inizio un «timbro mariano». Questo si chiarisce e sviluppa per tappe successive. Tali sono, fra le altre: la totale disponibilità a far germinare la presenza di Maria nella vita spirituale personale e comunitaria; l’impegno a ripetere per quanto possibile la vita di lei, ripercorrendo il suo cammino — la Via Mariae — cosi com’esso risulta dai Vangeli; una particolarissima scelta di lei come madre. Di queste realtà è sostanziato il discorso di Giordani. Lo svolge con arricchimenti della sua cultura teologica e letteraria e con quell’ardore caratteristico che ne fa testimone singolare di amore entusiastico alla Madre di Dio. «Maria incarna la forza, perché incarna l’amore: e l’amore è più forte della morte. E solo in esso si scioglie in nuova vita la disperazione del mondo, da questo calvario dove la colpa universale tutti ci aduna. (…) Poesia, scienza, sapienza, amore, si condensano in Maria, che è il rifugio nella desolazione, è la stella nella tempesta, è la bellezza nell’orrore; segna lei la via per andare al Figlio, cosi come per lei egli più amorosamente viene a noi. Non siamo soli perché c’è la madre: basta accendere il suo nome nella notte del deserto. (…) Ogni santo, ogni cristiano avveduto, sta sulla croce, come Cristo, ma avendo accanto la Madre: nel momento più orrendo scorge gli occhi imploranti di lei, sente l’unità di lei, e allora rimette, fidente, lo spirito nelle mani del Padre». «L’imitazione di Maria» è indicata quale mèta valida per donne e uomini, per vergini, sacerdoti e laici con applicazioni tanto spirituali che sociali. «È l’ora di Maria», scrive Giordani, questa in cui lei vuol rivivere in anime che, «fatte misticamente lei», riescano a generare di nuovo Gesù in mezzo agli uomini d’oggi, sempre più bisognosi di lui. E la vede, specialmente nella profondità abissale della sua desolazione, farsi madre dei redenti, divenire anima di chi sa ospitarla, porsi via praticabile per la santificazione di ognuno di noi. Tommaso Sorgi www.iginogiordani.info (altro…)
Apr 26, 2015 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Spiritualità
«La cosa cominciò, come la cose di Dio, da umile germe. Silvia Lubich era figlia di un commerciante di vino, ridotto dalla crisi economica della seconda guerra mondiale a modesto impiegato del Comune, e di una massaia di Trento che da giovane aveva lavorato alla tipografia di Cesare Battisti. Due cristiani di tipo trentino: semplici, diritti, senza tante storie. Essi avevano messo al mondo quattro figli, un maschio, il primogenito, e tre ragazze, di cui Silvia, nata il 22 gennaio 1920, era la maggiore; a tutti avevano impartito un’educazione cristiana, la quale forgiò Silvia a una pietà lineare sin dall’infanzia. Lineare, perché non consentiva compromessi: non consentiva che si dividesse il desiderio tra Dio e il mondo, che si pensasse al bene e al male, che si mostrasse una cosa e se ne celasse un’altra. C’era Dio: Dio era tutto: e dunque bisognava essere tutti di Dio: fare la volontà di Lui, sempre come un raggio di sole spiccato dal cielo per posare in terra». È l’incipit di Storia di Light, cioè la storia di Chiara Lubich scritta da uno dei protagonisti delle vicende descritte: Igino Giordani, personalità insigne della cultura e della politica italiana, cofondatore del Movimento dei Focolari. «Essere un capolavoro non è mai facile per nessuna opera», scrive Alberto Lo Presti, direttore del Centro Igino Giordani, nell’introduzione alla prima puntata. «Figurarsi per un libro che deve contendersi questo primato con un altro centinaio, tanti quanti ne scrisse Giordani. Storia di Light, invece, non ha mai visto la luce. Non solo: è rimasto pressoché sconosciuto anche a coloro che – in questi anni – lo hanno custodito. Fu lo stesso Giordani a chiedere di attendere, quando – in realtà – qualsiasi autore vorrebbe perfettamente il contrario, cioè essere conosciuto soprattutto per i propri migliori lavori». «Storia di Light non è una ricerca condotta con le regole e il metodo della storiografia. Potremmo definirlo il racconto del prodigioso intervento suscitato dallo Spirito Santo – e visibile nella figura e nell’azione di Chiara Lubich – nella storia del Ventesimo secolo. In altre parole, è costituito da una serie di quadri narrativi in cui il disegno biografico di Chiara è intrecciato al disegno di Dio su un’umanità afflitta idealmente e sconvolta socialmente dalle divisioni e dalle guerre mondiali. Ecco perché, nella trama sottile della Storia di Light, riconosciamo alcuni elementi di base della complessa personalità di Giordani. Egli visse, da protagonista, tutti i principali drammi del Ventesimo secolo, ricevendone le ferite di guerra, subendo le persecuzioni ideologiche, accettando l’emarginazione civile. Fu uomo di fede, operante nella Chiesa e nella cultura, consapevole che il male radicale sarà sconfitto da un nuovo spirito cristiano, di cui si mise alla tenace ricerca. Incontrò Chiara Lubich, nel settembre del 1948, e colse in lei la luce (light) che era andato cercando. La seguì mettendo a disposizione della fondatrice del Movimento dei Focolari tutta la propria intelligenza e l’intera volontà. Non ebbe mai dubbi sulla forza e sulla preminenza della figura di Chiara per la Chiesa, per la società, per la storia contemporanea e in avvenire. Giordani, perciò, non poteva, neanche volendolo, scrivere una storia compiuta e distaccata, metodologicamente inappuntabile, di Chiara Lubich. Il suo coinvolgimento umano e spirituale non glielo poteva concedere». «L’Autore aveva scritto numerosi volumi sulle più grandi figure spirituali: Caterina da Siena, Ignazio di Loyola, Maddalena di Canossa, Contardo Ferrini, Francesco di Paola, Vincenzo de’ Paoli, Francesco di Sales, Francesco d’Assisi, solo per citare alcuni lavori monografici. Si tratta di una galleria di personalità straordinarie, di epoche e contesti differenti. Il posto d’onore, in questa ricca sequela, è assegnato a Chiara Lubich, della cui storia egli fece il suo “capolavoro”. Quando, a 54 anni, la storia lo chiamò all’appuntamento con Chiara, non si recò spiritualmente disarmato. Sapeva misurare la grandezza religiosa di un ideale, così come aveva gli strumenti per saggiare la magnitudine di un’intuizione mistica. Per tale ragione […] è verosimile che Giordani avvertì una sorta di supremo dovere affinché egli rendesse testimonianza della verità su chi fosse realmente Chiara. D’altronde, questo ruolo fu da lui assunto fin dai primi istanti della sua frequentazione con Chiara e il primo nucleo di focolarine. Con la sua erudizione, era in grado di svelare l’importanza e la novità della figura di Chiara alle giovani che la seguivano». «Giordani visse i momenti difficili in cui Chiara Lubich e i Focolari erano sotto la lente d’ingrandimento della Congregazione del Sant’Uffizio. Da tale periodo – siamo negli anni Cinquanta – e ancora per molti anni a venire, si produsse un diffuso atteggiamento prudenziale che induceva alla massima discrezione attorno alla figura di Chiara. Se era necessario contenere i sentimenti di affetto e di stima per Chiara, per Giordani non v’erano tuttavia dubbi che la verità su di lei andava scritta e tramandata. Di qui, Storia di Light, il suo “capolavoro”. Introduzione a Storia di Light (testo integrale) – pubblicato su Nuova Umanità, gennaio-marzo 2015 (altro…)
Apr 18, 2015 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Non si può dire qui chi è stato Igino Giordani per il Movimento dei Focolari. Basti pensare che egli è un cofondatore del Movimento stesso. Ora essere fondatori o anche cofondatori di un’Opera che la Chiesa riconosce sua, comporta un’azione così molteplice e complessa della grazia di Dio, impulsi così vari e validi dello Spirito Santo, comportamenti, da parte del soggetto, così decisivi per l’Opera ed il più delle volte imprevisti perché suggeriti dall’Alto, richiesta di sofferenze spesso penetranti e prolungate nel tempo, elargizioni di grazie di luce e di amore, non ordinarie, che è meglio affidare alla storia della Chiesa e dei Movimenti spirituali che l’abbelliscono di secolo in secolo, la rivelazione di questa figura. Si può dire qualcosa, anche se non è facile, di Igino Giordani focolarino. Il focolarino fa ogni cosa, prega, lavora, soffre, per arrivare a questo traguardo: esser perfetto nell’amore. Ebbene ci sembra proprio di dover affermare che Giordani ha raggiunto questa mèta. Per quanto noi possiamo giudicare, egli è stato perfetto nell’amore. Ha impersonato quindi il nome di battaglia col quale era chiamato nel Movimento: Foco, fuoco, e cioè quel amore verso Dio e il prossimo, soprannaturale e naturale, che sta alla base ed al vertice della vita cristiana, contribuendo in maniera unica a mantener viva in mezzo a tutti noi la realtà della “parola di vita” che gli era stata indicata al suo ingresso nel Movimento: “Amatevi a vicenda come io ho amato voi”. Quelli che hanno conosciuto a fondo Igino Giordani, sono concordi nel costatare e nell’affermare che egli ha vissuto le beatitudini. “Puro di cuore” in maniera eccezionale, ha aperto a persone coniugate di ambo i sessi, di varie parti del mondo, la possibilità d’una originale consacrazione a Dio, pur nello stato matrimoniale, mediante una verginità spirituale, effetto della più ardente carità. Questa purezza di cuore gli affinò i sentimenti più sacri e li potenziò. Aveva un tenerissimo amore per la sua sposa. Ed alla fine della vita commuoveva ed impressionava l’intensità dell’affetto verso i suoi quattro figlioli. Così per i suoi nipoti. Era un padre perfetto, un nonno perfetto e un uomo tutto di Dio. E’ stato “povero in spirito” con un distacco completo non solo da tutto ciò che possedeva, ma soprattutto da tutto ciò che era. Era carico di misericordia. Vicino a lui anche il più misero peccatore si sentiva perdonato ed il più povero si sentiva re. Una delle caratteristiche più spiccate, come documenta anche la sua storia di uomo politico, è stata quella di “operatore di pace”. Ed era arrivato a possedere tale mitezza da far capire come il Vangelo dica che chi ha questa virtù possiede la terra: egli con la più nobile gentilezza, con quel modo di trattare, con quelle parole tutte sue che aveva per ognuno, conquistava tutti quelli che avvicinava. Chiunque si sentiva a suo agio, considerato con dignità, anche i giovani riuscivano a stabilire con lui un rapporto da pari a pari. E si costatava come, soprattutto negli ultimi anni, irradiasse, parlando, qualcosa di soprannaturale. “Aveva fame e sete della giustizia” per la quale ha combattuto tutta la vita. Ed ha subìto persecuzioni per il nome di Dio, per cui oggi lo crediamo in possesso del Suo Regno. Ma molte altre parole del Vangelo fanno ricordare la sua figura. Da lui si comprende cosa significhi quella conversione che Gesù chiede, per cui occorre farsi bambini. Cristiano di prim’ordine, dotto, apologeta, apostolo, quando gli è parso d’incontrare una polla d’acqua genuina, che sgorgava dalla Chiesa, ha saputo “vendere tutto” per seguire Gesù che lo chiamava a dissetarsi di quell’acqua. Avendo molto sofferto per quell’emarginazione spirituale in cui gli sembrava di scorgere ai suoi tempi il laicato, ambiva con tutto il suo grande cuore ad abbattere pareti divisorie fra persone che stavano nello stato di perfezione ed altri – aggiungeva scherzando – in quello di imperfezione. In pratica, egli era sensibilissimo ai segni dei tempi, anzi era lui stesso un segno dei tempi, di questi tempi in cui lo Spirito Santo chiama tutto il popolo di Dio alla santità. Quando Igino Giordani aveva incontrato il Movimento era formato soltanto da persone vergini. È stato lui a spalancarlo ai coniugati, che al suo seguito hanno avvertito la fame di santità e di consacrazione, mandando ad effetto quel progetto, prima soltanto intravisto, d’una convivenza di vergini e coniugati, per quanto è a questi consentito, sull’immagine della famiglia di Nazareth. Giordani è stato uno dei più grandi doni che il cielo abbia fatto al Movimento dei Focolari». (tratto da: Chiara Lubich, Igino Giordani focolarino, «Città Nuova» n. 9-10 maggio 1980) (altro…)
Apr 1, 2015 | Centro internazionale, Chiesa, Spiritualità
«Nella liturgia pasquale, si ringrazia Dio per aver fatto splendere, «in piena luce, Cristo, il quale, dopo aver salvato gli uomini col suo mistero pasquale, riempì la chiesa di Spirito Santo e l’arricchì mirabilmente di doni celesti», tra questi il sacerdozio regale conferito a tutti i fedeli. La chiesa dunque è santa, perché piena di Spirito Santo; è il corpo di Cristo che è la santità totale. Cristo l’ha istituita per continuare con lei a redimere e ne ha fatto lo strumento di liberazione dal male e di attrazione al bene. Il Vangelo realizzato, l’umanità recuperata, la convivenza con Dio in unità perenne, la grazia comunicata ininterrottamente: questa é la chiesa. E la chiesa siamo noi, compaginati, coi sacramenti e la dottrina, attorno al papa e ai vescovi, componendo un corpo sociale, le cui arterie portano il sangue di Cristo, la cui anima è lo Spirito Santo, principio di santificazione. Così, la chiesa è la degna stanza della Trinità divina in terra. Manzoni la chiama «madre dei santi, immagine della città superna». Suo compito è la nostra santificazione. E il mistero pasquale riassume lo scopo per cui siamo su questo pianeta e lo scopo per cui sul pianeta è disceso, a essere crocifisso, lo stesso Figlio di Dio». Giordani continua sottolineando come l’uomo ha sete di santità e di verità e rifiuta di trascinare un’esistenza insulsa e senza colore: vuole vivere, non languire. È per questo che sbagliamo se proponiamo un cristianesimo illanguidito, ambiguo, illudendoci di attirare così le persone. «Quel dire e non dire genera una “no man’s land”, una zona desertica. Non é un servizio al Signore, la cui parola fu sempre esplicita; non serve a Dio e provoca il disgusto di quelli stessi, a cui si pensa di rendere più appetibile l’idea religiosa. Chi ha ammorbidito la verità, chi ha camuffato la croce a decorazione, ha sottratto al popolo la bellezza e la potenza del comandamento divino, che invita a dare a Dio il corpo, l’anima, tutto, prendendo posizione per Cristo, sino a farsi Lui. Sì, sì, no, no, insegna il Vangelo ed esige la chiesa. Il ni sfiacca la fede e nullifica la chiesa. Santificali nella verità; la tua parola è verità! Chiese Gesù al Padre mentre stava per consumare il sacrificio supremo dell’amore. Nella verità, non nella neutralità o nella mediocrità o nella banalità… Se si accoglie Cristo intero, allora tutta la giornata, qualunque lavoro si faccia, viene spesa a professare la fede. La vita allora diventa un’operazione meravigliosa, quasi una liturgia ininterrotta, dove ricchi o poveri, malati o sani, uomini o donne, vecchi o giovani, tutti si ha da fare; tutti si può edificare. Edificare un destino eterno con materiali del tempo. Questa è la santificazione. La quale non è una diserzione dalla vita. È un viverla, la vita, intera e sana, eliminando le tossine. Cristo chiede a tutti, anche a te e a me, di seguirlo rompendo i ponti col passato, con ciò che è morto, ritrovandoci in una giovinezza perenne. Questa è la libertà. Cosi riguardata, la chiesa, con la quale il Salvatore seguita a donare la salute, appare un divino ministero della sanità: sacramento che risolve la morte in resurrezione». Da Igino Giordani, Il mistero pasquale, Città Nuova, Roma, n.6 del 25.3.1977, pp.24-25. (altro…)