Movimento dei Focolari
Don Cosimino Fronzuto, un ricordo vivo

Don Cosimino Fronzuto, un ricordo vivo

«Vorrei dirvi cosa è il sacerdozio per me, cosa significa oggi per me essere sacerdote. È essere, contemporaneamente,per quanto è possibile ad una creatura umana, Gesù del cenacolo e Gesù del calvario, Gesù delle folle e Gesù del Getsemani, Gesù degli osanna e Gesù del “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, Gesù della morte e Gesù della risurrezione. È essere sempre di più, ogni giorno un pochettino di più, Gesù, cosi come l’eterno Padre desidera e dispone nella sua amorosa volontà. […] Si serva di me come vorrà. Non ho che l’attimo presente. In esso, poter fare o no, sia umanamente sia sacerdotalmente, non conta; conta solo essere quella volontà di Dio su di me». 20140705-03Così scrive don Cosimino ai suoi parrocchiani nel 25° della sua ordinazione sacerdotale, nel 1988, già provato dalla malattia che lo porterà a concludere la sua esperienza terrena il 5 luglio 1989. «Gesù è morto a trentatre anni – scrive ancora – Io perché non dovrei morire a 49 o 50? Gesù ha potuto dire: “Tutto è compiuto” mentre tutto è in rotta intorno a lui, eppure lo dice. Perché penso ai tanti progetti e progettini? Tutto resterà anche per me “Compiuto” (cioè condotto perfettamente a termine) se resterò, come, Gesù nel disegno del Padre». Don Cosimino, nasce a Gaeta il 5 settembre 1939 ed entra in seminario nel 1950. In questo periodo di formazione è stato esemplare, sia nel cammino spirituale, vissuto con grande impegno, sia nello studio. Da sempre era forte in lui un grande desiderio: capire come vivere per farsi santo. Viene ordinato sacerdote a Gaeta il 14 luglio 1963. Dopo un anno dalla sua ordinazione partecipa ad Ala di Stura (Piemonte) ad un incontro del Movimento dei Focolari. Qui, come lui stesso ha ripetutamente detto, ha trovato la risposta al suo desiderio di santità, ha trovato “l’IDEALE”, come da allora diceva. Così si è messo subito con impegno a far tesoro di quanto riceveva, cercando di non perdere neppure una parola e il suo impegno era sì nel comprendere, ma soprattutto nel vivere la spiritualità dell’unità. 20140705-04Nel 1967 è stato nominato parroco di S. Paolo, nella sua città natale. Qui, con il suo tipico stile pieno di amore e di attenzione verso tutti, in particolar modo verso gli ultimi (ragazze madri, ex carcerati, drogati, sfrattati, sbandati), ha impostato la sua comunità puntando semplicemente, ma con forza e decisione, solo a vivere il Vangelo in tutte le situazioni e nelle realtà più diverse. Non sono mancate le occasioni di prendere posizione anche nei confronti di realtà sociali sempre più lontane da una dimensione veramente umana e cristiana. Ha lavorato moltissimo per il Movimento sacerdotale e per il Movimento parrocchiale, due diramazioni del Movimento dei Focolari. In questo modo molti, anche a livello internazionale, hanno potuto conoscerlo, com’è dimostrato dalla grande partecipazione che c’è stata in tutto il periodo della malattia. 20140705-06Un aspetto rilevante per comprendere la sua vita è il rapporto di unità con gli altri sacerdoti, in un passaggio da una mentalità individualista ad una vita di comunione. Unico scopo, crescere nella carità, accantonando i discorsi su nuove tecniche di apostolato, di catechesi e su moderne e attraenti espressioni di liturgia, come era di moda allora, per far posto alla condivisione, come in famiglia: beni, stipendio, spese, amici, luci e prove, salute, vestiti, idee. Ha fatto suo con radicalità e convinzione il simbolo del movimento sacerdotale dei Focolari: la lavanda dei piedi. Scrive: «La considerazione della lavanda dei piedi è stata per me fondamentale. Perché Lui lo ha fatto, dovrò ripeterlo anch’io per gli uomini di queste generazioni. Dignità sublime! Ma Cristo nella sua dignità divina depone le vesti e lava i piedi. Io, prete, ripeterò Cristo, spogliandomi della mia onorabilità falsa cui tengo e mi avvicinerò agli uomini per portare loro la lavanda dei piedi, la redenzione. Laverò i piedi in confessionale, in ospedale, dicendo messa, curando i poveri, i vecchi. Ma dovrò spogliarmi. Questo è l’essenziale». (altro…)

Don Cosimino Fronzuto, un ricordo vivo

Il sacerdote oggi: uomo della comunione e del dialogo

Sacerdoti capaci di dar vita ad una pastorale “nuova”, sacerdoti-Cristo per l’umanità, pronti a uscire verso le “periferie esistenziali”. È questo l’augurio di Maria Voce, presidente dei Focolari che, facendo eco alle parole di Papa Francesco, illustra sfide e finalità del Centro di spiritualità per sacerdoti Vinea Mea, riaperto ufficialmente martedì 22 ottobre con il convegno “Sacerdoti, diaconi e seminaristi a scuola di comunione” svoltosi, in diretta streaming. Presenti il vescovo di Fiesole, Mons. Mario Meini, e il suo predecessore Mons. Luciano Giovannetti, i sindaci di Incisa e Figline Valdarno Fabrizio Giovannoni e Riccardo Nocentini, oltre a circa 200 ospiti provenienti da diverse regioni italiane e anche dall’estero. Molto significativa la presenza degli ultimi due francescani abitanti dell’allora convento “il Vivaio”, padre Damiano Bichi e padre Costanzo Parachini, ultimo superiore del Convento. Furono proprio loro che, 30 anni fa, ne consegnarono le chiavi. Nell’intervento introduttivo per la riapertura, Maria Voce ha evidenziato l’importanza per il Centro Vinea Mea di essere parte della cittadella dei Focolari, da cui trae vita la proposta formativa, in quanto “Loppiano si propone come una porzione di Chiesa viva e come bozzetto di società nuova, mostrando come sarebbe il mondo se alla base di ogni rapporto si mettesse l’amore evangelico”. Un luogo dove “si formano uomini nuovi, aperti al dialogo, alla comunione, uomini capaci di fare della propria vita un dono per gli altri”. E ricorda l’augurio che Chiara Lubich fece nel ’66 ai sacerdoti presenti all’allora nascente “Scuola sacerdotale” – così il Centro si chiamava all’epoca – ubicata a Grottaferrata, nei pressi di Roma: saper posporre tutto, svestirsi di ogni pretesa di potere, per assicurare la presenza di Gesù fra loro. In questo modo sarà inevitabile che Gesù faccia venire fuori una pastorale nuova e dei sacerdoti nuovi, sacerdoti pronti a dare la vita per tutti. Maria Voce infine ha auspicato che scuole come questa si moltiplichino anche in altri Paesi. Il Vescovo di Fiesole, Mario Meini, sia nel suo intervento al Convegno che nella Messa conclusiva celebrata nell’attigua Chiesa parrocchiale, recentemente restaurata, ha tratteggiato la figura del sacerdote ponendo l’accento “non tanto sull’oggi ma sul sempre”, sulle linee cioè fiorite fin dalle origini nel pensiero e nella vita della Chiesa, con spunti di riflessione sulle sfide della modernità. Sacerdoti, ha affermato, che siano “uomini credibili”, “cristiani in comunione con i fratelli”, che esercitino il loro “ministero nella comunità, come uomini di fede”, con “passione pastorale”, che siano “cittadini del mondo” e capaci di muoversi nella rete delle comunicazioni globali. “Occorre, ha concluso, una spiritualità presbiterale non legata ad una cultura o ad un ambiente, ma che sappia farsi voce del mondo intero e senta il respiro della storia oggi; occorrono sacerdoti portatori di comunione”. Prospettiva, ha concluso, che trova eco nell’esperienza che Loppiano propone. Don Lorenzo Campagnolo, già responsabile del Centro, ne ha rievocato le origini e lo sviluppo. Sono oltre 4.000 sacerdoti, diaconi e seminaristi di numerosi Paesi del mondo che vi hanno trovato un aiuto per essere costruttori di comunità nelle parrocchie, nelle diocesi e negli ambienti sociali e civili in cui operano. Don Imre Kiss, sacerdote ungherese, attuale responsabile del centro di spiritualità ha illustrato metodo e programmi. La scuola è articolata in “piccoli focolari di 6-8 persone, a misura di famiglia, per meglio poter mettere in pratica l’amore scambievole concreto e profondo e per imparare in prima persona che cosa vuol dire spiritualità di comunione”. Ai sacerdoti, attualmente provenienti da 11 Paesi e di età tra i 20 e i 75 anni, insieme all’approfondimento della spiritualità dell’unità, il centro offre anche prospettive di carattere teologico ed ecclesiologico e laboratori tematici sulla pastorale familiare, giovanile, sociale, sul dialogo con vari ambiti della cultura contemporanea e altre tematiche di attualità. La scuola promuove inoltre iniziative come settimane di convivenza per seminaristi o corsi per educatori nei seminari a servizio di una Chiesa sempre più “comunione”. Giancarlo Faletti, copresidente del Movimento, ha sottolineato il fecondo intreccio fra diversi carismi, fra Chiesa locale e universale e il rapporto col territorio, e si è augurato che il Centro possa aiutare tanti sacerdoti a svolgere il loro servizio con sempre rinnovata passione per Dio e per gli uomini. La riapertura del Centro avviene dopo due anni di lavoro di ristrutturazione e restauro dell’antico convento francescano del XVI sec., dove era ospitato da oltre 30 anni, ad opera dello Studio di architettura e progettazione Centro Ave Arte (CAA, Loppiano). L’intervento si è reso necessario per rendere gli ambienti atti allo stile di vita di comunione che costituisce il tratto specifico di questa scuola, nella quale il sacerdote è “in mezzo” al popolo, in dialogo con ogni ambito dell’umano in questi tempi di profondo cambiamento socio-culturale. Vita Zanolini ed Elena Di Taranto dello studio di architettura CAA hanno illustrato la sfida posta dal progetto: favorire le nuove esigenze, nel rispetto e continuità con la memoria storica di cui l’edificio è testimone. Continuità, quindi, non solo spirituale ma anche storico-architettonica.


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Don Cosimino Fronzuto, un ricordo vivo

Chiesa in Asia: una palestra di comunione

Contribuire a far sperimentare, per poi insegnare e diffondere nei Seminari, uno stile di vita evangelico centrato sulla comunione: ecco il nocciolo del paradigma su cui si è basato il corso per formatori che si è svolto nella capitale thailandese dal 15 aprile al 5 maggio. Il piccolo manipolo di sacerdoti europei giunti da Roma si trova di fronte una realtà ecclesiale viva, giovane e aperta al soffio dello Spirito. I seminari sono ancora pieni, come lo erano una volta quelli del vecchio continente, anche se il contesto sociale ed economico è in grande evoluzione. I 60 partecipanti al corso provengono da diverse zone dell’Asia: Pakistan, India, Malesia, Myanmar, Vietnam, Laos, Timor Este e Thailandia; sono dunque portatori essi stessi di impostazioni culturali diverse, ma la sfida a volgere in occasione di conoscenza ciò che può sembrare un ostacolo, è accettata da tutti con gioia. L’inizio dei lavori è preceduto dalla celebrazione eucaristica presieduta da mons. Francesco Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok e responsabile nella Conferenza episcopale locale per i seminari e la formazione del clero. Nel susseguirsi delle lezioni e dei giorni, molti colgono la testimonianza d’unità degli animatori del Corso, impegnati in prima persona a vivere coerentemente a quanto insegnato. Don Silvestre Marques, direttore del Corso, nota “la crescente comunione tra tutti di esperienze, di difficoltà e di tante domande in un clima di grande unità e apertura”. Per Brendan Purcell, della diocesi di Sydney (Australia), un frutto di questo clima è la condivisione profonda: “Specialmente coloro che provengono dal Myanmar e Vietnam hanno parlato di come la loro vita umana e sacerdotale sia stata marcata da esperienze tragiche – uccisioni, morte violenta dei genitori –  avvenute quando erano tanto giovani”. La seconda parte del Corso, è stata impostata sul modo di attuare la spiritualità dell’unità, presentata nelle varie aree della formazione, attraverso una dinamica di laboratorio di esperienze, identificando le sfide più urgenti e assumendo l’impegno di concretizzare quanto appreso nei propri seminari.  “Stiamo facendo un corso vitale – si esprime uno di loro –, nel senso che impariamo in questi giorni a mettere in pratica la vita di comunione, con un beneficio diretto su ciascuno di noi ma anche per le chiese locali che rappresentiamo”. Dopo tre settimane di vita vissuta insieme e di una concreta esperienza di comunione, tutti indistintamente hanno testimoniato la realtà “di famiglia” creatasi ed il desiderio di continuare a portare avanti questa sfidante avventura: la formazione e preparazione dei futuri presbiteri, sia in Asia come in qualsiasi altra parte del mondo.     (altro…)