Mag 30, 2019 | Nuove Generazioni
Abbiamo chiesto ad alcuni giovani dei Focolari di diversi Paesi di dirci una parola sull’ultima esortazione apostolica di Papa Francesco. Iniziamo con Noemi Sanches che ha partecipato all’incontro preparatorio del Sinodo.
Noemi ha 29 anni, è paraguaiana di origini brasiliane e sta concludendo un dottorato di ricerca in Filosofia all’Università di Perugia (Italia). Nel marzo dello scorso anno ha partecipato alla riunione pre-sinodale in cui il Papa ha chiamato a raccolta diversi giovani di tutto il mondo per ascoltarli in primise costruire con loro e per loro il successivo Sinodo sui giovani. L’esortazione apostolica “Christus Vivit” è uno dei risultati di questo percorso intergenerazionale. Tanti giovani ormai l’hanno letta e condivisa nei propri gruppi.
- In varie parti del documento il Papa insiste sull’ascolto dei giovani da parte della Chiesa. C’è stato questo ascolto?
Penso che tutto il percorso costruito per il Sinodo dell’ottobre 2018 sia un chiaro esempio del desiderio concreto della Chiesa di ascoltarci e accoglierci pienamente. Al pre-sinodo eravamo 300 da molti Paesi; eravamo liberi di dire tutto, come il Papa ci aveva chiesto; gli adulti ci ascoltavano e incoraggiavano il dialogo. L’idea ora è che questa esperienza di reciprocità tra le generazioni si realizzi nei diversi ambienti, le parrocchie e le comunità cristiane.
- Più volte nel documento il Papa fa riferimento all’inquietudine, caratteristica dell’età giovanile. Credi che in mezzo alle molte voci, alla cacofonia digitale, sia possibile ascoltare la voce di Dio?
Il Papa usa l’espressione “volare con i piedi” perché effettivamente noi giovani non stiamo mai fermi, siamo sempre alla ricerca di
qualcosa. Però ci imbattiamo anche nei nostri limiti, come la mancanza di esperienza e, di conseguenza, la paura di sbagliare nelle scelte decisive. Non basta la “velocità”, ci vuole un senso, ed è qui che la vicinanza e la spinta degli adulti è cruciale, soprattutto nel mondo di oggi, pieno di “false sirene”. Avendone fatto esperienza, credo che la voce di Dio si faccia sentire sempre grazie agli “amplificatori” dell’amore.
- Perché sono così pochi oggi i giovani che vogliono intraprendere un serio cammino di fede? Cosa manca e cosa cercano?
Sono molte le ragioni: a volte c’è una certa apatia perché mancano gli stimoli giusti; oppure tanti di noi non hanno la possibilità di crescere nella fede o ricevono una catechesi “teorica”, “moralista” o “meccanica”, poco collegata alla vita; altre volte manca una conoscenza profonda della fede, e quindi diventiamo vittime di quella società sradicata e sradicante che il Papa denuncia continuamente. Allo stesso tempo, in tutti noi, c’è il desiderio di impegnarci per cause sociali, una certa sensibilità per le cose belle, il desiderio di costruire rapporti veri e durevoli, di vivere per qualcosa di autentico che dia senso alla nostra vita, il bisogno di modelli di vita autentici. In definitiva il giovane di oggi cerca Dio, anche se non ne è pienamente cosciente.
- Qual è secondo te il vero contributo che il sinodo sui giovani e questa esortazione apostolica portano nella vita dei giovani e della Chiesa?
Questo Sinodo ha segnato, senza dubbio, un novumnella Storia della Chiesa a livello di metodologia e approccio della realtà. Mi pare sia emersa l’essenzialità e la ricchezza del dialogo intergenerazionale in modo attivo e continuo in tutte le istanze della Chiesa. L’esortazione, in particolare, è un vero tesoro per tutti i giovani, non solo quelli cattolici. Quando l’ho letta non ho sentito per niente che si trattasse di un documento del Magistero, ma la lunga lettera di un nonno, un amico più grande che, perché mi ama, riesce a parlare al cuore, a dire ciò di cui ho bisogno in questo momento della vita per non cadere, per alzarmi, per provarci ancora e continuare a credere nella bellezza, nel bene, nell’amore, nell’umanità più vera che è anche divina, nella possibilità di raggiungere la piena felicità nonostante i dolori e i problemi che fanno parte della vita e a saper affrontarli con coraggio e impegno, perché lo facciamo insieme.
a cura di Stefania Tanesini
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Mar 30, 2018 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
“Pace, amore, fiducia, equità, libertà e giustizia”. Ma anche sicurezza, ascolto, considerazione e partecipazione. È ciò che desiderano i giovani di tutto il mondo, a tutte le latitudini, di tutte le fedi e convinzioni, di qualunque condizione sociale, economica e culturale. Giovani che anche laddove “non si riconoscono più nelle religioni tradizionali e non si definirebbero come religiosi”, tuttavia “sono aperti alla spiritualità”, desiderosi di spendersi per gli altri e per il bene comune, e in cerca di guide che li aiutino a scoprire la propria vocazione e a dare senso alla propria vita. Lo hanno raccontato loro stessi in occasione dell’incontro che si è svolto a Roma dal 19 al 24 marzo, inteso come momento preparatorio al XV Sinodo ordinario dei Vescovi voluto da Papa Francesco sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” che si terrà in ottobre. Oltre 300 fisicamente presenti e altri 15mila collegati via web, hanno raccontato alla Chiesa – che per la prima volta li ha accolti per ascoltarli in un incontro del genere – dei loro sogni e delle loro sfide, e hanno detto cosa si aspettano dai ministri di Dio e cosa chiedono alla società più ampia, hanno offerto le loro testimonianze e le loro proposte perché l’annuncio del Vangelo raggiunga un numero crescente di giovani con un linguaggio adatto e un atteggiamento umile e dialogante. Seguendo l’indicazione di Papa Francesco, che ha chiesto loro di parlare liberamente, avendo la “faccia tosta” di dire anche cose scomode, i ragazzi hanno detto con forza di volere “modelli attraenti, coerenti e autentici”, “testimoni vivi, in grado di evangelizzare attraverso le loro vite”, “uomini e donne in grado di esprimere con passione la loro fede e la loro relazione con Gesù, e nello stesso tempo di incoraggiare altri ad avvicinarsi”. Alla Chiesa chiedono di essere accogliente e misericordiosa, umile e umana, inclusiva, coerente e credibile, capace “di entrare in empatia con tutti i giovani del mondo” e di esprimere “tenerezza” anche verso coloro “che non seguono quelli che crediamo essere gli standard”. E si aspettano “spiegazioni razionali e critiche a questioni complesse”, come i temi della sessualità, “le dipendenze, i matrimoni falliti, le famiglie disgregate”, e “i grandi problemi sociali, come la criminalità organizzata e la tratta di esseri umani, la violenza, la corruzione, lo sfruttamento, il femminicidio, ogni forma di persecuzione e il degrado dell’ambiente naturale”. Ammettono di non avere una visione unitaria su temi complessi come l’accoglienza dei migranti e dei rifugiati, pur riconoscendo “il dovere universale alla cura per la dignità di ogni persona umana”, e affermano che “c’è spesso grande disaccordo tra i giovani, sia nella Chiesa che nel mondo, riguardo a quegli insegnamenti che oggi sono particolarmente dibattuti”, fra cui “contraccezione, aborto, omosessualità, convivenza, matrimonio e anche come viene percepito il sacerdozio”. Nonostante questo, anche coloro che non condividono pienamente gli insegnamenti ufficiali “desiderano comunque essere parte della Chiesa”. E ancora, sono spaventati dall’“instabilità sociale, politica ed economica” e alla Chiesa chiedono che sia “solidale e protesa verso coloro che lottano nelle periferie”. Vogliono una guida sicura, perché “le risposte semplicistiche non sono sufficienti”. E si aspettano che la Chiesa riconosca i propri errori, le mancanze e le piaghe più dolorose: solo così potrà essere credibile e affidabile. I giovani chiedono di essere coinvolti maggiormente negli organismi ecclesiali, di poter partecipare anche con ruoli di responsabilità e di leadership nei contesti più ampi come nei piccoli gruppi parrocchiali, e sottolineano l’esigenza di dare più spazio alle donne, ai loro talenti e alla loro sensibilità. Vogliono essere cercati, e trovati, dalla Chiesa nei luoghi che frequentano, reali e virtuali, dai bar alle palestre, ai social network. E vogliono saperne di più sui Sacramenti e partecipare ad eventi su larga scala come le GMG ma anche a piccoli gruppi diocesani o di parrocchia. Cercano inclusione: “anche piccoli gruppi locali dove possiamo esprimere i nostri interrogativi e condividere la fraternità cristiana sono di primaria importanza nel conservare la fede”. Sono giovani in ricerca, dunque, della propria vocazione nel mondo e di un senso più profondo da dare alla vita, custodiscono e coltivano una propria spiritualità e riconoscono – quasi sempre – nella Chiesa un interlocutore importante. Adesso la parola passa proprio alla Chiesa, che nel suo annuncio, d’ora in poi, non potrà non tener conto della loro voce. L’appuntamento è per l’Assemblea sinodale di ottobre, ma intanto il Papa ha assicurato “sarete presi sul serio”. Claudia Di Lorenzi Leggi il documento finale (altro…)
Mar 23, 2018 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
“Ho visto nel Papa l’entusiasmo dell’ascolto. Ci ha chiesto di parlare con coraggio, senza filtri, liberamente e noi lo facciamo. La Chiesa è a nostra disposizione, e siamo certi che il Sinodo di ottobre porterà molti frutti”. Stella Nishimwe viene dal Burundi, è membro del Movimento dei Focolari e alla riunione pre-sinodale rappresenta il suo Paese. “Sono stata colpita da quello che ha detto ieri Papa Francesco. È un Papa in gamba, che vive con il popolo di Dio e che veramente conosce la realtà del mondo e vuole cercare con il popolo le soluzioni, a partire dalla vita. Mi aspetto, dal Sinodo, un nuovo cammino della Chiesa con i giovani dove i giovani si sentano responsabili di portare la Chiesa insieme”. Nishimwe parla poi della condizione dei giovani nel suo Paese: “Vivono nella povertà, nella incertezza del futuro, con una disoccupazione molto alta. Con questo Sinodo vedo una Chiesa che ascolta, che cammina con noi, che condivide le difficoltà che i giovani vivono in diversi Paesi, in contesti di guerra, povertà, disoccupazione. Sono situazioni che difficilmente potranno cambiare, ma almeno possiamo provarci insieme e così facendo sperimentare di essere, come Chiesa, un’unica famiglia”. Fonte: SIR
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Mar 22, 2018 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Jonathan Michelon
Jonathan, come si svolgono i lavori? «Ci sono sessioni in plenaria e di gruppo. I gruppi sono una ventina, divisi per lingua: inglese, francese, spagnolo e italiano. Ogni gruppo ha un redattore e un facilitatore. I partecipanti devono rispondere insieme alle 15 domande proposte dal documento del Sinodo. Alla fine, sarà prodotto un documento che verrà poi consegnato ai Padri Sinodali». Di cosa trattano le domande? «La prima parte è dedicata alle sfide e alle opportunità delle giovani generazioni nel mondo di oggi. Quindi, la formazione della personalità, la relazione con gli altri popoli, le sfide interreligiose, le differenze viste come opportunità, i giovani e il futuro, i loro sogni, il rapporto con la tecnologia, la ricerca del significato della vita, la relazione tra vita quotidiano e il sacro». E la seconda parte delle domande? «Si è parlato della fede, della vocazione, il senso della specifica missione del giovane nel mondo, del discernimento e dell’accompagnamento vocazionale. Poi, il loro rapporto con Gesù, come è percepita dai giovani la figura di Gesù nel terzo millennio. Un’ultima parte era dedicata alle attività formative e pastorali della Chiesa, il rapporto dei giovani con la Chiesa e le loro esperienze».
Da dove provengono i giovani del tuo gruppo? «Dall’Europa (Slovenia, Germania, Grecia, Polonia) ma anche dai continenti, addirittura dalle isole Samoa americane, nell’oceano Pacifico. Un giovane sikh ha condiviso la sua esperienza di fede e il rapporto con i sacerdoti del loro tempio, che sono sempre pronti a dare a tutti una parola di pace. C’è anche una giovane anglicana dello Zimbabwe e che studia per diventare sacerdote. C’è molta saggezza, e il confronto è arricchente». Ci sono esperienze che ti hanno colpito? «Una, in particolare, è quella di un giovane medico polacco, legato al cammino neocatecumenale che, con la moglie, ha fondato un’associazione che si occupa della cura dei moribondi. Stimolato dalla meditazione del primo giorno, sul senso profondo del dolore, basata sull’esperienza di Chiara Luce Badano, ha raccontato quello che vivono. Con gli altri dell’associazione vanno dai malati, li assistono e li invitano ad offrire il loro dolore per tutti. Così, queste persone lasciano la terra “pieni di vita” perché, come lui dice, “la morte è il più bel periodo della vita, perché ci avviciniamo a Dio, a Chi amiamo di più”». Ai giovani dei Focolari è stata affidata l’animazione della messa e le meditazioni quotidiane… «Sì, alcuni giovani della Scuola Gen di Loppiano e dei Centri Gen a Roma hanno formato un coro, il quale sta ora diventando un gruppo inclusivo: invitano chi ha i talenti a partecipare all’animazione della messa. Ieri, si è unito un violinista. Davvero una bella esperienza». Quindi, i giovani sono felici di questa esperienza? «Ci stiamo rendendo conto che stiamo vivendo un momento storico nella Chiesa cattolica. È la prima volta, in 2000 anni, che si fa un sinodo per i giovani con i giovani! Ma per loro è naturale contribuire così alla Chiesa. La Chiesa è loro. Si comportano con il Cardinale e anche con Papa Francesco come con i loro migliori amici: danno loro la mano, li abbracciano… È molto bello». E per te? «Per me è un’esperienza unica, ti rendi conto della vastità della Chiesa e della sua incidenza nel mondo. Qui, hai il mondo, l’universalità della Chiesa». Fonte: Loppiano online
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