Set 16, 2018 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Focolari ambulanti per il mondo” li aveva definiti Chiara Lubich. Sono formati da giovani, adulti, o famiglie, religiosi, adolescenti. Un progetto che si ripete, grazie alle esperienze positive e ai frutti che questa originale modalità di incontro e scambio sta portando in varie parti del mondo. Una di queste si è svolta a Maputo, la capitale e maggiore città del Mozambico, nonché il principale porto sulla baia di Delagoa, che si affaccia sull’Oceano indiano. Nella città sudafricana, piena di affollati e colorati mercati, molto animata soprattutto nelle ore serali, con una stazione ferroviaria progettata da Gustave Eiffel, dal 1 al 30 agosto si è “stabilito” il focolare “temporaneo” composto da Antonietta, Giovanni e Perga (di Loppiano), Padre Rogelio (Religioso di Maputo), D. Stefan (della Svizzera) e Fatima (del focolare di Johannesbourg). «All’arrivo a Maputo abbiamo subito stretto tra noi un patto d’unità. Nei vari incontri che abbiamo avuto nei giorni successivi con le persone del posto, giovani, famiglie riunite nelle case insieme con i loro colleghi di lavoro e amici, religiosi e religiose, abbiamo visto che la luce del carisma di Chiara Lubich entrava nei loro cuori, affascinati dal Vangelo che diventa vita. Altri bei momenti di famiglia sono stati quelli con l’arcivescovo D. Francisco Chimoio, che ci ha raccomandato “di non perdere la nostra gioia e di portarla nel mondo”, e con il Nunzio Edgar Pĕna, che ha sottolineato l’importanza del “seminare”».
Un “tour”, non certo turistico, nello Zimbabwe, per due settimane nel mese di agosto, è stata l’esperienza vissuta da tre focolarine. «Una esperienza – scrive Cielito del Portogallo – che consiglierei a tanti, perché apre il cuore, la mente e l’anima ai bisogni dell’umanità. Due settimane che mi sono sembrate mesi, tale è stata l’intensità di ogni giornata». Dopo un breve giro di Johannesburg (Repubblica del Sudafrica), «primo approccio alla povertà di questo continente, ma ancora ben diverso da quello che abbiamo avuto dopo», il piccolo gruppo si è trasferito a Bulawayo, ospiti di una signora in un quartiere della periferia, condividendo in tutto le sue condizioni di vita e la povertà. «Lo Zimbabwe – spiega – è un paese per lo più cristiano e la vita delle persone ruota attorno alla vita delle parrocchie, con un forte senso di appartenenza. I nostri amici del Movimento avevano preparato per noi, come programma, un “tour” delle varie parrocchie della città. Sono più di mille le persone che abbiamo incontrato in quei giorni, molte delle quali bambini e giovani, a cui ci siamo presentate raccontando le nostre esperienze basate sul Vangelo. Partivamo ogni mattina affidandoci a Maria, senza sapere chi avremmo incontrato. Mettevamo quello che ci poteva essere utile negli zaini e via, confidando unicamente nello Spirito Santo. Lasciando a Dio la “regia” della giornata, assistevamo con stupore a quello che Lui operava. Abbiamo trovato generosità, prontezza e impegno, pur nella povertà dei mezzi, e questa è stata per noi una grande testimonianza». «Nella seconda settimana – conclude – ci siamo trasferite all’interno del Paese, in una missione (un “college” fondato dai Gesuiti 130 anni fa), e da lì per due giorni in uno sperduto villaggio rurale, per visitare un gruppo di persone che da anni vive la Parola di vita. Gente poverissima, ma capace di un’accoglienza squisita. La loro generosità, la loro fede semplice e profonda e la purezza del loro cuore ci hanno conquistato. In questo luogo sperduto, in mezzo al nulla, abbiamo visto con i nostri occhi che il carisma dell’unità è davvero universale». Chiara Favotti (altro…)
Ago 20, 2018 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
«Quest’anno abbiamo tenuto il nostro Youth Camp a Mafikeng, in Sudafrica, proprio in contemporanea con il Genfest nelle Filippine, con partecipanti dello Zimbabwe, del Malawi, dello Zambia, del Lesotho e del Sud Africa. La presenza di giovani provenienti dai vari Paesi era già di per sé un segno visibile del nostro desiderio di superare i confini personali e culturali». Mafikeng (fino al 1980 Mafeking) è la capitale, nonché centro commerciale, della provincia del Nord-Ovest, fondata nel 1885 come avamposto militare britannico. Attualmente è una tappa importante sulla linea ferroviaria da Città del Capo a Zimbabwe. «È stato molto interessante e anche divertente scoprire quanto siano diverse le nostre culture e come sia possibile amarsi reciprocamente nelle nostre diversità. Ho imparato molte cose – scrive Teddy, dello Zambia – che non voglio tenere solo per me, ma voglio condividerle con i miei fratelli. Lo Youth Camp – è Nkosiphile dello Zimbabwe a dirlo – mi ha aperto gli occhi. Non vedo l’ora di mettere in pratica tutto ciò che ho imparato».
In contemporanea con la manifestazione delle Filippine anche quella svoltasi in Albania, con circa 120 partecipanti, cristiani, musulmani e non credenti, provenienti da varie parti e città dell’Albania, insieme a giovani di Skopije (Macedonia) e una giovane tedesca di Stoccarda. «Come un intreccio, passando dal locale al globale, abbiamo realizzato quattro workshop nell’ambito dell’economia civile, della cultura della legalità, oltre che su temi come i pregiudizi, i rapporti interpersonali e i social network, alla presenza di esperti italiani e albanesi. Abbiamo visitato delle case per persone disabili e per senza tetto, e conosciuto alcune realtà ecumeniche e interreligiose della capitale Tirana. La visita nella Cattedrale, accompagnati dal vescovo della Chiesa ortodossa di Albania, nella Moschea e presso il Centro Nazionale delle Chiese evangeliche sono stati seguiti da un “flash mob” realizzato da tutti i giovani al Parku Rinja, nel centro della città. Il Genfest è stato accompagnato da momenti di festa e di preghiera, in un clima di gioia. È servito a mettere in rete giovani del nord e del sud del Paese, a far sperimentare loro l’internazionalità delle nuove generazioni, di per sé portate a superare i confini. Una sua nota caratteristica è stata quella di lavorare insieme alla Chiesa in Albania nel percorso verso il Sinodo sui giovani, oltre che una tappa importante per riprendere molti rapporti con cristiani di altre chiese e con musulmani che ora vogliono proseguire in questo cammino di dialogo».
Bragança, nella parte nord orientale del Brasile, è la città dove si è svolto il Genfest per 300 giovani provenienti da diverse città dello Stato di Parà, che ospita una grande fetta del Parco nazionale dell’Amazzonia. «Molti di loro – scrivono – erano al primo contatto con la comunità dei Focolari. Nel programma, oltre a tanta musica, abbiamo incluso molte testimonianze, la visita e la partecipazione ad alcuni progetti sociali della città, come la Fazenda de la Esperança, un ospedale, un gruppo ecumenico, e altre attività che ci hanno aiutato a entrare nello spirito vero di questa manifestazione. Quindi abbiamo illustrato il “Mundo Unido Project” e la proposta di Manila, “Percorsi per l’unità”». Sulla sponda opposta dell’estuario del Rio delle Amazzoni, a Macapà, un altro Genfest ha accolto 140 giovani. «Un’esperienza unica, che abbiamo potuto realizzare grazie al supporto di tutti i membri dei Focolari, che ci hanno sostenuto fin dall’inizio. Nonostante le difficoltà, riteniamo che il nostro obiettivo sia stato raggiunto: “oltre ogni confine”». (altro…)
Mag 17, 2016 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Foto: © Verônica Farias – CSC Audiovisivi
4 giorni dedicati alla esemplificazione e studio delle tradizioni, sia scritte che orali, secondo l’argomento scelto, così come è compreso e vissuto nei vari gruppi etnici del continente. Un confronto con la Sacra Scrittura, col Magistero della Chiesa e con le esperienze e le riflessioni frutto della spiritualità dell’unità. Questa, in sintesi, la metodologia della Scuola per l’Inculturazione, che ha alla base una dinamica relazionale imprescindibile: «Non si può entrare nell’animo di un fratello per comprenderlo, per capirlo… se il nostro è ricco di un’apprensione, di un giudizio...», scriveva Chiara Lubich . «”Farsi uno” significa mettersi di fronte a tutti in posizione di imparare, perché si ha da imparare realmente». Ma da dove ha origine questa esperienza? «Senz’altro è stata un’idea geniale di Chiara Lubich», spiega Maria Magnolfi, 20 anni in Africa, tra Kenya e Sud Africa, dottorato in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico, e che ha accompagnato fin dagli inizi il percorso della Scuola. «Risale a quando Chiara andò a Nairobi, nel maggio 1992, e incontrò il Nunzio e ascoltò le preoccupazioni della Chiesa che si preparava al primo sinodo africano, e quindi ad affrontare anche questo interrogativo sull’inculturazione che tanto fremeva. Fu allora che fondò la Scuola per l’Inculturazione, ispirata alla spiritualità dell’unità, in cui dar spazio allo studio di qualità e pregi delle culture africane, e al frutto dell’incontro tra questi e la vita pura del Vangelo. Non sempre nei contesti ecclesiali è stato facile trovare vie di successo per l’inculturazione. La lettera ricevuta di recente dal card. Arinze ci è sembrata molto significativa. In essa il cardinale esprime la sua gioia per il lavoro fatto in questi anni e dà pieno incoraggiamento a proseguire questo percorso».
Proprietà e lavoro e senso del sacro, la sofferenza e la morte, fino ai processi sociali di riconciliazione, ai percorsi dell’educazione e della comunicazione: sono tra gli argomenti toccati in questi anni, ciascuno con i relativi Atti pubblicati in più lingue. Nel 2013, nell’edizione precedente a quella odierna, si è poi voluto dare spazio a scoprire chi è la persona in Africa. Adesso si intende passare dalla dimensione della persona all’intreccio delle relazioni familiari, consci che in Africa non si può mai prescindere dalla famiglia. Quali le caratteristiche dell’11ª edizione? «Su questo vasto argomento della famiglia – investigando su che cos’è il matrimonio nella cultura Tswana, Zulu, Kikuyo, e ancora in quelle del Burkina Faso, Costa d’Avorio, Congo, Angola, Nigeria, Uganda, Burundi, Camerun, Madagascar… – si sono individuate due direttrici prioritarie di approfondimento» – spiega ancora Maria Magnolfi – «il ruolo uomo-donna e l’istituzione del matrimonio come alleanza e poi la trasmissione dei valori nella famiglia, una tematica che a conclusione della scuola sulla persona era già venuta in grande rilievo. Quali valori? La condivisione, l’accoglienza, la partecipazione, il rispetto per gli anziani quali “depositari di sapienza”, la prontezza a condividere subito secondo le necessità, anche rischiando». Quale il significato della scuola per l’inculturazione? La sua importanza per l’incontro tra le culture africane, e tra queste e le culture extra-africane? Raphael Takougang, focolarino camerunense, avvocato, così lo spiega: «Chiara Lubich nel fondare la Scuola per l’Inculturazione durante il suo viaggio in Kenya nel maggio 1992 ha toccato l’anima del popolo africano. Ha dimostrato di capire l’Africa più di quello che si può pensare. Il suo non è stato solo un atto formale, ma frutto di un amore profondo per un popolo e le sue culture che la storia non sempre ha valorizzato. Da più di vent’anni ormai, “periti” africani, esperti di Sacra Scrittura e del Carisma dell’Unità lavorano per mettere in luce quei Semi del Verbo contenuti nelle varie culture del continente, prima per metterli in luce agli stessi africani, che imparano così a conoscersi ed apprezzarsi di più. In effetti, la diversità e la ricchezza di quelle culture vengono più in rilievo. Poi è un contributo per rendere meglio noto il popolo africano finora poco conosciuto oltre le guerre e le carestie. Il patrimonio culturale che si è via via costituito narra della presenza di Dio nel vissuto quotidiano di quei popoli e può essere un contributo notevole nel dialogo tra i popoli in questo mondo che sempre più sta diventando un “villaggio planetario”». (altro…)