11 Set 2012 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
“Se ciascuno di noi s’impegnasse a comunicare almeno a cinque giovani quanto abbiamo vissuto in questi giorni qui a Budapest, allora forse potremmo davvero cambiare il mondo”. Lo ha detto con coraggio e con determinazione un giovane musulmano palestinese di Gerusalemme, che ha concluso: “Non dimenticate di pregare per la situazione in Palestina”. Gli ha fatto eco un algerino, anche lui musulmano: “Se è stato possibile vivere in questi giorni con giovani di etnie, culture, lingue e religioni diverse allora lo può essere anche negli ambienti da dove veniamo”. Sono alcune delle voci a caldo, a conclusione dell’ultima mattinata del Genfest dedicata al mondo del dialogo interreligioso. Tra i protagonisti dell’evento Genfest svoltosi allo SportArena, vi sono stati infatti giovani musulmani, buddisti ed indù che si sono impegnati, in prima persona, nello svolgimento della manifestazione. La domenica mattina, mentre i giovani cattolici partecipavano alla S.Messa cattolica in piazza Santo Stefano, i più di duecento giovani di varie Chiese hanno avuto modo di pregare nelle celebrazioni liturgiche secondo la propria appartenenza ecclesiale: Ortodossi – di 8 Patriarcati e Chiese – Copti-ortodossi, Anglicani, Metodisti, Battisti, Pentecostali. La Santa Cena che Luterani e Riformati hanno desiderato celebrare insieme era presieduta dal Segretario Generale del Sinodo della Chiesa riformata ungherese, pastore Zoltan Tarr. Per i fedeli di altre religioni si è offerto un programma alternativo che permettesse loro d’incontrarsi per scambiarsi esperienze di vita vissuta e di impegno nel dialogo.
Un incontro interreligioso che ha preso il cuore e la mente di tutti i presenti. Un momento speciale che ha rafforzato i ponti tra le diversità di religione e di cultura. Era moderato da un musulmano algerino, da un buddista giapponese e da una giordana cristiana. La sala ha offerto un vero caleidoscopio: i partecipanti, provenivano da USA, Uruguay, Giappone, Thailandia, India, Algeria, Libano, Israele e Territori palestinesi, Macedonia, Bosnia, Bulgaria, Francia, Italia e altri Paesi ancora. Fra loro ebrei, musulmani, buddisti mahayana e theravada, indù, una giainista, e rappresentanti della Tenri-kyo, una delle religioni nate nel Giappone del XIX secolo. Presenti anche alcuni giovani cattolici hanno voluto condividere questo momento con i loro amici. Il lavoro per i diritti umani di organizzazioni giovanili ebraiche nel laico Uruguay, l’impegno di giovani musulmani algerini e macedoni nel vivere la fratellanza nel quotidiano sui posti di lavoro e nelle università; azioni sociali con le organizzazioni gandhiane nel sud India: i rappresentanti delle diverse tradizioni religiose si raccontano quanto già fanno per costruire la pace e la fratellanza universale. Ci sono i giovani della Tenri-kyo, che spiegano come cercano di portare la gioia nel mondo; i Buddisti della Myochikai, con una proposta per l’educazione etica dei ragazzi attraverso una rete interreligiosa; e quelli della Rissho Kosei-kai, con le loro attività per la pace, fra cui la campagna “dona un pasto”.
Quasi due ore concluse con un minuto di profondo silenzio in cui ciascuno ha pregato in fondo al cuore con le parole e la sensibilità della sua fede per la pace nel mondo e l’impegno alla fratellanza, per essere davvero costruttore di ponti. Uscendo, due giovani ebrei dell’Uruguay hanno commentato: “Un’esperienza incredibile! Dobbiamo lavorare insieme per portare questo spirito dove ci troviamo”. Due giovani indù: “Non ci sono parole per dire cosa abbiamo vissuto in questi giorni”. Una buddista giapponese: “Ho trovato la forza di affrontare le situazioni difficili con amore” e grida insieme agli altri: “Let’s bridge!”
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6 Set 2012 | Chiesa, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Da lunedì 3 settembre, al Cairo in Egitto, è in corso l’annuale incontro dei vescovi di varie Chiese, animato dalla spiritualità di comunione del Movimento dei focolari. L’incontro, giunto quest’anno alla trentunesima edizione, ha raccolto nella megalopoli egiziana vescovi provenienti da 22 Chiese cristiane e da tutti i continenti. La scelta della sede del Cairo assume, in questo momento di trasformazione sofferta e dall’esito a volte incerto, un significato particolare. I vescovi, infatti, hanno desiderato testimoniare la loro solidarietà e vicinanza ai fratelli cristiani in tutto il Medio Oriente e particolarmente alla Chiesa copta in Egitto, dando, con la loro presenza, un segno che, di fronte alle difficoltà esterne, stringersi in una maggiore unità è una necessità inderogabile. Il programma è scandito da momenti di riflessione sul “rapporto fraterno tra diversi” richiesto dal Vangelo con l’amore del prossimo, da momenti di condivisione ecclesiale e personale e da celebrazioni liturgiche con le varie comunità cristiane. Nella giornata di giovedì hanno presenziato ai lavori Maria Voce, presidente del Movimento dei focolari, e Giancarlo Faletti, copresidente. Proprio la presidente dei Focolari ha svolto una riflessione sul tema del convegno – “Incontrare il prossimo con amore” – rispondendo, poi, alle domande dei presenti. Motivante e di profondo significato ecclesiale e di comunione con la Chiesa copta ortodossa è stata la giornata di visite agli antichi monasteri nel deserto del Wadi Natrun. Qui i vescovi hanno sostato anche sulla tomba di papa Shenouda III recentemente scomparso. Ma già nella giornata iniziale del convegno il piccolo gruppo di vescovi animatori dell’iniziativa si era recato in visita al patriarcato copto ortodosso, dove aveva incontrato Anba Bakhomios, attuale amministratore della Chiesa copta, in attesa dell’elezione del successore del papa Shenouda III. L’incontro, presso la cattedrale di San Marco, era stato caloroso. Anba Bakhomios aveva, infatti, parlato dell’importanza dell’unità e della centralità della croce nella vita cristiana, particolarmente di quella della comunità copta. Sebbene spesso taciuta, infatti, la vita della comunità cristiana in Egitto è stata, lungo i secoli, oggetto di varie forme di discriminazione e persecuzione. Oggi si coglie una pressione sociale a volte sottile, ma insopportabile per le ingiustizie che porta a commettere e dalle uccisioni di cristiani in diversi casi di violenza, verificatisi in varie parti del Paese.
I vescovi della varie Chiese avevano colto l’occasione per ringraziare la Chiesa copta ortodossa per la sua fedeltà alla tradizione che risale a Marco evangelista e per l’impegno ed il coraggio nel mantenere l’integrità della fede. Era un abbraccio fra Chiese d’Oriente e d’Occidente, nella preghiera e nell’amore: da una parte, la stima e la riconoscenza per una fede difesa nei millenni di fronte a errori dottrinali e persecuzioni e, dall’altra, la gratitudine per la preghiera, il supporto e la vicinanza nel momento della prova e della sofferenza. Con questa esperienza di comunione interecclesiale, nella giornata di martedì, i vescovi hanno visitato due monasteri a circa tre ore dal Cairo. Era come se fossero stati inviati a scoprire il patrimonio del monachesimo copto, che risale al terzo secolo, quando Antonio, Paolo e Pacomio dettero vita ad esperienze di monachesimo – eremitico i primi due e comunitario il terzo -. Esse avrebbero aperto vie nuove nella storia del cristianesimo, arricchendo la Chiesa ancora giovane con i carismi che l’avrebbero accompagnata per due millenni con ricchezze e valori spirituali incalcolabili. Proprio dallo stile di vita monastica, così tipico della chiesa copta, proveniva il papa Shenouda III, che, sebbene si sia rivelato una guida sicura per tutta la chiesa copta fra il 1971 ed il 2012 – è infatti scomparso pochi mesi fa -, non mancava di tornare settimanalmente ad Alessandria e a momenti di vita monastica. Shenouda III è stato amato dalla sua gente: si sente come se ne parla, quanto vivo sia il suo ricordo, quale la stima e l’affetto che le persone nutrono ancora per lui. L’invito a ritornare tutti alla cattedrale di San Marco è arrivato quasi inatteso, ma molto apprezzato dai vescovi delle diverse cristiane. La serata del 4 settembre è stata caratterizzata da un “calore agapico” che andava ben oltre la cena offerta per l’occasione. L’accoglienza, la ricca presentazione delle origini e dei tratti salienti del carisma monastico, proposto ai presenti da Anba Bakhomios, le parole di stima e gratitudine reciproca hanno fatto parlare i presenti di una vera novità. Anba Thomas, stretto collaboratore dell’amministratore della Chiesa, sottolineava come:«L’intera esperienza di questi giorni fra i vescovi sia stata quella di una solidarietà in atto. I cristiani di Egitto hanno sentito l’unità dei cristiani del mondo. È lo Spirito che si muove fra noi e, sta dimostrando che, se ci impegniamo ed abbiamo fiducia gli uni negli altri, l’unità fra le Chiese è davvero possibile». È
venuta in evidenza l’esperienza dell’unità come di una realtà spirituale prima ancora che istituzionale e teologica. L’aspetto spirituale, infatti, resta quello essenziale senza il quale niente è possibile. Anba Bakhomios ha espresso parole di particolare calore nei confronti di Maria Voce: «La nostra Chiesa ha grande stima e dà grande importanza alla donna. È ad una donna, Maria Maddalena, che Gesù Risorto è apparso per la prima volta». Uscendo dal grande complesso della cattedrale di San Marco e del patriarcato copto, dopo aver sostato davanti alle reliquie del santo evangelista che Paolo VI volle restituire all’allora patriarca Kyrillios VI, non si può non pensare al proverbio arabo: «Chi beve l’acqua del Nilo, tornerà in Egitto». È quello che ha voluto esprimere Anba Bhakomios nell’accommiatarsi da Giancarlo Faletti che gli assicurava la preghiera dei Focolari per l’elezione del nuovo papa copto: «Vi inviteremo, vi inviteremo», ha risposto, confermando che il legame nato è veramente quello di fratelli e sorelle, parte dell’unica Chiesa di Cristo. di Roberto Catalano (altro…)
6 Set 2012 | Ecumenismo, Focolari nel Mondo
In anni recenti, Hurgada, sul Mar Rosso, e Luxor e nei pressi di Alessandria hanno ospitato le Mariapoli del Movimento dei Focolari in Egitto. Sono luoghi ricchi di bellezze artistiche e naturali, simbolo del popolo egiziano profondamente religioso, aperto, gioioso, ospitale, dotato di un equilibrio fondato su una grande capacità di soffrire e sopportare le avversità. Lo hanno dimostrato al mondo con quanto accaduto a partire dal dicembre 2011. La storia della spiritualità dell’unità in Egitto risale alla fine degli anni ‘50 quando Marco Tecilla, il primo focolarino, sbarca ad Alessandria per incontrare uno dei primi francescani che aveva conosciuto il Movimento, Padre Nazareno Beghetto. Alla fine degli anni ’60 dall’Algeria i focolarini arrivano in Egitto solo per alcuni giorni; mentre nel ‘75, Aletta Salizzoni, una delle prime focolarine, si reca nella terra dei faraoni, accompagnata dai coniugi Matta del Libano, invitati dalle religiose del Buon Pastore che, dopo aver partecipato ad una Mariapoli in quel paese, avevano dato inizio ad una comunità focolarina. Verso la fine degli anni ‘70 si diffondono i “gruppi della Parola di Vita”. È proprio per questa vita che, nel 1980, un gruppo di gen partecipa ad un congresso internazionale a Roma. Rientrando in patria chiedono l’apertura di un focolare. Il loro sogno diventa realtà nel 26 gennaio 1981: Aletta arriva al Cairo insieme a due focolarine e trova casa a Shoubra. Il 13 ottobre 1983 si apre anche il focolare maschile. Padre Morcos Hakim viene eletto, nell’82, vescovo di Sohag (Alto Egitto). Qui, darà vita ad una fiorente comunità di giovani e adulti della città e dei villaggi circostanti: gente semplice, a volte analfabeta, che accoglie e vive la Parola di Vita con totalitarietà. Intanto, si moltiplicano i viaggi delle focolarine e dei focolarini in diverse parti del Paese. Si tengono Mariapoli sia al Cairo che a Sohag. Alcuni studenti fanno conoscere l’ideale dell’unità anche a Assiut. Notando questa inattesa fioritura di vita, Mons. Morcos chiede che venga aperto un focolare anche al sud. Nel 1995 tre focolarine, tra cui la prima egiziana, si trasferiscono a Sohag. Da lì, attraverso viaggi regolari, trasmettono a tanti la spiritualità del Movimento, a Minia, Luxor ed Assuan. Con gli anni ’80, anche ad Alessandria si forma una piccola comunità intorno a suor Cecilia, salesiana; un gruppo che prosegue anche dopo la partenza della religiosa, incontrandosi attorno alla Parola e scambiandosi le esperienze.
Sebbene, nel frattempo, si sviluppino tutte le espressioni dei Focolari – molti, per esempio, i sacerdoti e i seminaristi che aderiscono alla spiritualità dell’unità – sono le famiglie ad avere un impatto sul territorio ed una visibilità apprezzata. Attorno ad una coppia italo-libanese, si forma un gruppo di coppie, la cui esperienza porterà alla creazione di un centro di formazione di fidanzati e giovani coppie alla vita matrimoniale e alla maternità e paternità responsabili, oltre che all’accoglienza del dono della vita. Questo centro, incoraggiato dalla Conferenza episcopale e dal Patriarca Stephanos II, viene ospitato all’interno della sede del Patriarcato. I Focolari in Egitto, oggi, hanno una chiara fisionomia ecumenica: una comunità composta da appartenenti alla Chiesa cattolica di vari riti orientali e da quella copto-ortodossa. Molti riscoprono la bellezza della propria Chiesa e s’impegnano in prima linea a lavorare per renderla sempre più conforme al piano di Dio. Il carattere ecumenico dimostra come il dialogo della vita permetta di superare pregiudizi, spesso esistenti da secoli. Si instaurano rapporti nuovi non solo fra cristiani (circa il 10% della popolazione) ma anche con musulmani e ciò incoraggia, infonde speranza e dà la certezza di poter costruire un mondo unito al di là di qualsiasi differenza. Dall’inviato Roberto Catalano (altro…)
4 Lug 2012 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Spiritualità
Il Movimento dei focolari ricorda il Patriarca di Costantinopoli Athenagoras I con speciale gratitudine, per il rapporto privilegiato con Chiara Lubich che ha incontrato 25 volte. A quaranta anni dalla sua scomparsa, il Movimento ha promosso momenti di commemorazione ad Istanbul – dove Sua Santità il Patriarca Bartolomeo I ha accolto una folta delegazione –, e a Padova, dove il metropolita d’Italia e di Malta, Gennadios, ha salutato i partecipanti con un messaggio. Chiara Lubich scrisse su Avvenire del 13 gennaio 1972: «Athenagoras può dirsi il prototipo della Chiesa d’Oriente; ma, ravvisando in lui una delle più eccelse personalità cristiane attuali, vi si può scorgere un simbolo della Cristianità intera, sofferente per le secolari divisioni che l’hanno trafitta e anelante alla perfetta unificazione. È una delle figure dell’epoca presente che appartengono ormai alla storia e alla Chiesa (…). È stato questo interesse comune che l’ha spinto un giorno a chiamarmi a Istanbul, avendo saputo che lavoravo con il Movimento dei focolari per l’ecumenismo. Era il 13 giugno 1967. Mi ha accolto come se mi avesse sempre conosciuta. “L’aspettavo!”, ha esclamato e ha voluto che gli narrassi i contatti del Movimento con luterani e anglicani. “È una gran cosa conoscersi – ha commentato – siamo vissuti isolati, senza avere fratelli, senza aver sorelle, per molti secoli, come orfani! I primi dieci secoli del cristianesimo sono stati per i dogmi e per l’organizzazione della Chiesa. Nei dieci secoli seguenti abbiamo avuto gli scismi, la divisione. La terza epoca, questa, è quella dell’amore”. « Mi ha chiesto di mantenere il contatto. Ricordo che non tanto le parole dettemi in quella prima udienza mi avevano impressionato, quanto la sua figura, l’atmosfera sopranaturale che l’avvolgeva e che in genere notano tutti coloro che l’avvicinano. E soprattutto, il suo cuore: un cuore così grande, così profondamente umano da suscitare in me la domanda quanti altri nella vita ne avessi conosciuti così. (…) «In un’altra occasione mi ha mostrato un suo messaggio indirizzato anche in particolare al Movimento dei focolari. Tra l’altro vi si legge: “I tre incontri con Paolo VI a Gerusalemme il 5 gennaio 1964, qui a Istanbul il 25 giugno 1967 e a Roma il 26 ottobre 1967, che costituiscono il segno sorprendente e glorioso del trionfo dell’amore di Cristo e dalla grandezza del Papa, ci hanno definitivamente messo, con fermezza di fede e di speranza, nella via benedetta per la realizzazione della volontà di Cristo, cioè l’incontro di nuovo nello stesso calice del suo sangue e del suo corpo”».
Qualche tempo dopo, parlando di lui, Chiara ha confidato: «C’era un profondissimo rapporto col Patriarca anche perché conoscevo molto bene Paolo VI. Poiché era possibile per me avere un contatto personale col Santo Padre, mi sono trovata ad essere involontariamente un mezzo attraverso cui il Patriarca poteva comunicare ufficiosamente con il Papa.»[1] Due giorni dopo la sua dipartita, Chiara ha scritto una lettera alle giovani generazioni del Movimento dei focolari: «Abbiamo in Cielo un grandissimo protettore del nostro Movimento. L’ultima relazione che mostrai a Lui, due mesi fa, fu quella sulle giornate gen con le impressioni dei partecipanti. Mi disse: “Sai chi sono i gen?” e continuò: “Amo”, alludendo alla canzone “Ama e capirai”. Vorrei che questo fosse il testamento che Egli lascia al nostro Movimento, il continuo appello che Egli ci rivolge ora dal Cielo. Da quando ho saputo che è partito, una domanda mi risuona nell’anima: “Perché cercate tra i morti colui che vive?” (Lc 24,5) Sì, vive e noi lo sentiamo. Parto per essere accanto al suo corpo mortale fino all’ultimo. Lo saluterò per tutti voi. Gli dirò la vostra gratitudine per averci amato così tanto, per aver creduto e operato – fino all’impossibile – per l’unità. Lo pregherò di starci vicino sempre e suggerirci: Ama!»
[1] Da Chiara Lubich; L’avventura dell’unità, Intervista di Franca Zambonini, Torino 1991, p.127
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19 Giu 2012 | Centro internazionale, Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“La forte esperienza che l’Irlanda ha vissuto con questo Congresso Eucaristico è una grazia straordinaria che può far cominciare alla chiesa in Irlanda una storia nuova, e in questo siamo tutti protagonisti”, sono le battute finali di Maria Voce all’incontro aperto nella Royal Dublin Society del 16 giugno a Dublino. Poco prima, con Giancarlo Faletti, si erano incontrati con i ragazzi che concludevano nel Congresso Eucaristico il percorso di Run4Unity, portato avanti in particolare nelle scuole. “Qual è il vostro ‘segno matematico’ preferito?” – hanno chiesto i ragazzi. “L’uguale”, ha risposto Maria Voce, “perché in una famiglia, sorelle e fratelli sono tutti uguali”. Giancarlo Faletti ha preferito invece il segno ‘più’: “Ogni persona è un dono di Dio, su ognuno di voi c’è un piano di Dio, e questa è una cosa preziosissima”. Il programma continua con il pomeriggio aperto che vede riunite 300 persone – capienza massima della sala, e gli altri fuori – di cui oltre la metà sono volti sconosciuti ai focolarini irlandesi. Si presentano applicazioni concrete della spiritualità di comunione vissuta nel campo della famiglia, della scuola, della chiesa. Tutto inframmezzato da brani musicali. Ad ogni capitolo segue un momento di dialogo con Maria Voce e Giancarlo Faletti, su come mettere il Vangelo in pratica e rispondere alle molte sfide. “È più facile o più difficile amare il nemico quando si diventa grandi?” domanda una bambina. “Penso più facile – le risponde Maria Voce – perché Dio ha messo una fiammella nel nostro cuore, e la fiammella diventa più grande ogni volta che amiamo. I grandi sono molto aiutati quando vedono un bambino che ama”. Quando la parola va alle famiglie, il discorso tocca la crisi economica: “Come fare a vivere da cristiani di fronte alle difficoltà economiche di molti?”. Maria Voce ricorda l’esperienza di Chiara Lubich all’inizio dei Focolari, a Trento, nella miseria del dopoguerra. Mettendo in moto la forza dell’amore tra le persone, si arrivava a condividere anche i propri beni, o le proprie necessità. Vivendo la frase del Vangelo ‘chiedete e vi sarà dato’, chiedevano e ricevevano. Il problema di uno era il problema di tutti. Nell’amore Dio interveniva. “E questo fa sì che il lavoro e il benessere materiale non diventino un mito, ma un mezzo per amare di più e per far crescere la comunione fra tutti”. L’ultimo round è quello sulla Chiesa e il rapporto con l’autorità. Alla domanda su come vivere l’unità con la gerarchia ecclesiastica, anche di fronte agli scandali degli abusi e alle accuse di copertura, è Giancarlo Faletti a rispondere, ricordando che è l’autorità di Gesù a dover crescere in ogni cristiano. “È stato importante in questo ultimo periodo incontrarmi con molte persone segnate da questa difficile situazione nella chiesa. Ho sentito persone che si sentivano derubate del sacro, che avevano investito tutta la loro vita in un’esperienza di chiesa, e adesso si sentivano traditi. È come aver investito tutto il tuo capitale in una banca, e questa banca fallisce”. “Per me è un appello a vivere in modo più forte il Vangelo – continua –; questo ci consente un dialogo, un clima di amore, che permette anche a chi ha il ministero episcopale di servizio alla Chiesa, di esprimere ulteriormente le sue parole e di guidarne il cammino. L’autorità morale di Gesù vissuta nella Sua parola è di tutti”. Faletti indica l’esempio Santa Caterina da Siena: vissuta in tempi difficili della Chiesa, ha avuto un rapporto diretto col papa, spingendolo a decisioni forti. Ma lo ha potuto fare solo perché la santa ha lasciato “spazio a Dio nella sua vita”. Dall’inviata Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
16 Giu 2012 | Centro internazionale, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Un luogo di frontiera, Belfast, con il ricordo vivo di una divisione vissuta per anni: i reticolati, i muri, sulle vie principali teatro dei troubles, i disordini degli anni ’70/’90. Proprio sullo scenario di questa storia, dove la lotta politica si è mescolata alla lotta di religione, ha un grande impatto quanto vissuto in questo 14 giugno. Nella Cattedrale di Sant’Anna, cuore della Chiesa d’Irlanda (denominazione ufficiale della chiesa anglicana locale), sono circa 300 le persone che hanno risposto all’invito del reverendo John Mann, Decano della Cattedrale. È stato lui a proporre a Maria Voce di venire a Belfast, estendendo così i confini del Congresso Eucaristico. Erano presenti i leader delle 4 denominazioni cristiane maggiormente rappresentate nell’Irlanda del nord: il presidente Metodista, Rev. Lindsay; il vescovo anglicano di Connor (la diocesi in cui si trova Belfast), Rev. Abernethy; il già moderatore presbiteriano, Rev. Dr Dunlop – che tanto ha operato per la pace nell’Irlanda del Nord; il vescovo cattolico di Down & Connor, Mons. Treanor. Vederli insieme parlava da sé. Importante il patto solenne che hanno sottoscritto con l’impegno ad amarsi reciprocamente come Gesù stesso ci ha amato. Hanno chiesto la grazia dell’unità, di essere capaci di considerare i dolori degli altri come i propri e di condividere le gioie.
Questo “Patto dell’amore reciproco” è stato ripetuto da tutti i presenti. Parla di “sacramento dell’incontro” Ruth Patterson, ministro nella chiesa presbiteriana in Irlanda, per descrivere questo momento: “Mi è sembrato che quanto dicevano stava già succedendo. È un passo avanti verso la riconciliazione”.
Nel suo discorso, Maria Voce ha proposto di vivere una cultura della fiducia, come base per costruire rapporti di fraternità: “In questi giorni ho ascoltato tante storie, conosciuto molte persone. Tanti con le lacrime agli occhi sono venuti a dirmi il desiderio di ripartire da questa fiducia verso l’altro”. Per spiegare come promuovere questa cultura Maria Voce si sofferma su tre elementi, propri della spiritualità dell’unità – l’arte d’amare che si può scoprire nel Vangelo; l’amore reciproco che sboccia in un patto; e Gesù Crocefisso e Abbandonato, modello e chiave dell’amore – costellandoli di testimonianze sia dell’Irlanda che di varie parti del mondo
E come suona tra i presenti la ‘provocazione’ a convertirsi ad una cultura della fiducia? “È il modo per progredire oltre le barriere che ci siamo imposti e che troppo spesso ci circondano” – ha dichiarato il reverendo Mann. Conleth, 14 anni: “Noi giovani non siamo così condizionati dal passato, perciò possiamo vivere per primi la cultura della fiducia verso tutti e su questo costruire una società migliore. Come una fenice che rinasce dalle sue ceneri, vedo in questo una speranza per Belfast e per l’Irlanda del Nord”. “Parto di qui con una grande immensa gratitudine per chi per anni ha vissuto per questa speranza, per chi ha costruito ponti di carità, di rapporto – dichiara il copresidente dei Focolari Giancarlo Faletti. Certamente questa non è un’opera ancora conclusa, ma è un’opera profetica; questo è un luogo simbolo per l’Europa, per l’umanità”. Una di queste persone che ha già vissuto la cultura della fiducia è Gerry Burns. Con la moglie Mary, ad Armoy, un paesino nell’estremo nord dell’Irlanda, a partire dagli anni ’90 ha costituito un’associazione per unire le persone al di là della religione e della politica. Non si sono arresi di fronte alle difficoltà, né quando nel 2000 la loro sede è stata bruciata, né quando venivano visti come traditori dalla loro stessa comunità. Adesso il loro centro è ancora più grande, e le persone convivono pacificamente. Sono molti i progetti in corso. “Dalla spiritualità del focolare – racconta Gerry – abbiamo imparato non solo a superare le differenze, ma che possiamo beneficiare delle diversità”. Dall’inviata Maria Chiara De Lorenzo (altro…)