Movimento dei Focolari
Dio è Amore anche nella malattia?

Dio è Amore anche nella malattia?

Mi chiamo Magued e sono cresciuto in una famiglia cristiana. Quando avevo tre anni, a mia mamma è stata diagnosticata la Sclerosi Multipla. Questa malattia, continuando ad evolversi, l’ha resa paralizzata e non vedente. Insieme al babbo, a mio fratello e a mia sorella, ho imparato ad aiutarla. Sognavo, però, che fosse sana come le mamme dei miei amici, che potesse venire a prendermi all’uscita della scuola, o mi preparasse la colazione… ma col tempo ho capito che il mio era un sogno irrealizzabile. Insieme ai miei fratelli, ho imparato ad accettare questa situazione vedendo in essa la volontà di Dio, e a credere che tutto concorre al bene per chi ama Dio. E siamo diventati più uniti tra di noi, sentivamo che la Sua grazia ci accompagnava sempre. Sei anni fa, abbiamo scoperto che mia sorella aveva un tumore. In quel momento, sono andato in crisi, non riuscivo ad accettare che anche mia sorella fosse malata, così ho chiesto a Dio di prendere me al suo posto, perché pensavo che avrei sopportato di più questo dolore. Col tempo, ho accettato anche la malattia di mia sorella che, malgrado le cure, non guariva. Quattro anni fa, mia mamma è andata in Paradiso e in quel momento ho sentito, insieme al grande dolore, un grande vuoto. Era come se un pezzo del mio cuore si fosse staccato e fosse partito con lei. Poi, due anni fa, facendo degli accertamenti, per un disturbo ad un occhio, ho scoperto di avere, anch’io, la sua stessa malattia. All’improvviso, tutto è crollato! Avevo appena finito l’università e pensavo di avere un futuro aperto davanti a me…. Mi angosciava pensare che un giorno mi sarei svegliato paralizzato o che avrei perso la vista, come la mamma. Ho sentito la spinta a buttarmi a fare tutto, anche ciò che è male, perche, poi, non avrei più potuto fare più niente…  Ma presto ho capito che ciò che mi rendeva veramente felice era cercare di vivere ogni giorno come fosse l’ultimo, con un rapporto profondo con Dio. Così, ho cominciato un nuovo lavoro, e ho conosciuto una ragazza, un angelo, pronta a portare con me tutte le difficoltà che potrò incontrare in futuro. Tanti dei miei amici mi dicono che pregano per me, perché io guarisca  ma io rispondo che anch’io prego per loro, perché ognuno di noi è malato in qualche cosa. Una sera di qualche mese fa, mia sorella mi ha chiamato – ero fuori casa con gli amici –  e mi ha chiesto di tornare perché si sentiva male. Sono arrivato e mi sono seduto accanto a lei. Abbiamo cominciato a pregare insieme anche se non eravamo abituati a farlo. Era come se una voce mi dicesse: “Prega con lei, Magued”. Dopo poco si è sentita ancora più male, ha appoggiato la testa su di me ed è spirata. In questi ultimi mesi, ogni tanto ho avuto delle ricadute. Non riuscivo a tenere in mano una penna, o perdevo la sensibilità al braccio e per un periodo non ci vedevo bene, cosa che mi ha creato problemi al lavoro. In questi momenti,  mi ricordo di mia mamma e di mia sorella  che, malgrado il dolore, avevano occhi pieni di gioia e  di pace. È come se mi dicessero: “Non aver paura, ma continua a credere nell’Amore di Dio e a testimoniarlo con la tua vita”.

(M.G. Egitto)

We thank our sponsors

(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Terremoto Emilia: il Gen Rosso in concerto

Il pubblico poggese

«Seduti in una tenda della comunità di Poggio Renatico ascoltiamo l’avventura della gente che ha vissuto il sisma e non ha perso la speranza, gli sforzi e i progetti futuri del loro instancabile prodigarsi». Scrive Tomek Mikusinski, del Gen Rosso, alla vigilia dello spettacolo. Il gruppo viene accolto nel tendone antistante la chiesa ancora inagibile – le immagini dell’esplosione controllata del campanile di Poggio Renatico hanno fatto il giro del web. «Ma Chiesa sono anche loro», continua Tomek. «Ci danno la possibilità di raccontare la nostra vita, la traiettoria che ci ha portati fin qui, a scegliere Dio e seguirlo, le esperienze passate e le aspettative che guidano il nostro cammino…». Una di loro ci confida: «Ringrazio tutto il gruppo per la testimonianza di vita e di amore che avete portato tra noi. Gli ultimi eventi ci hanno un po’ scoraggiato, ne avevamo davvero bisogno! È una gioia per noi aver potuto realizzare questo grande sogno». E il 14 settembre, il giorno prima, si registra una nuova, lieve, scossa sismica. Tra le località più vicine all’epicentro, c’è anche Poggio Renatico. Ma lo spettacolo non si ferma, come non si è fermato il progetto, già ideato prima del sisma di maggio. E la sera del 15 erano un migliaio gli spettatori al campo sportivo. Considerando il numero di abitanti, una famiglia su tre era presente! Predisposta anche un’area gratuita dove pernottare con tende da campeggio. «Condivisione, ammirazione, speranza, gratitudine, amore, unità, amicizia, sono solo alcuni aggettivi che spontaneamente vorrebbero esprimere ciò che abbiamo vissuto in questo ultimo fine settimana», è ancora Tomek a scrivere, a nome del gruppo. «Crollano, i monti, le sue città, l’amore non crolla mai, l’amore non crolla mai; e c’è tanta gente che aiuta e che dà, speranza e serenità…. Il testo di questa nostra canzone ha risuonato molto in profondità. Nella comunità di Poggio Renatico è sopratutto una tangibile realtà. Abbiamo vissuto giorni di vera fratellanza! Poiché dove l’amore e la speranza sono fondate sul dolore, lì passa Dio e rinasce la Vita! Tanta vita!». «Mi sono caricata alla grande per riprendere il mio cammino personale, spesso pieno di ostacoli e difficoltà che mettono alla prova», commenta una ragazza al momento di ripartire; «Grazie per aver dimostrato che insieme si può camminare lontano». L’evento è stato promosso dalla Parrocchia di Poggio Renatico, con il patrocinio della regione Emilia Romagna, della provincia di Ferrara e del Comune di Poggio Renatico, in collaborazione con la Pro Loco di Poggio Renatico, L’ACD Polisportiva Poggese, con l’importante sostegno dell’ ADO Hospice di Ferrara, e la “parthership” di associazioni come “ASD ELVIVE“, gli “Amici di Campagna“, i ragazzi di “Tra terra e cielo” e “sponsor“. Era la prima volta in Emilia Romagna, per il nuovo concerto del Gen Rosso “Dimensione indelebile”. “In nome delle ricostruzione anche un gruppo storico della musica internazionale”. Si legge su Ferrara24ore. “Il gruppo, definito “international performing arts group”, è attivo dal 1966 con una profonda attenzione al sociale e per questo motivo ha accolto con entusiasmo l’invito ad esibirsi nel nostro territorio per risollevare l’animo della popolazione turbata dal terremoto ed è diventato un collaboratore nell’organizzazione viste le difficoltà del momento”. “Il gruppo lotta per la costruzione di un mondo vivibile più giusto, pacifico e solidale. Non c’è concetto migliore per far ripartire Poggio Renatico”. (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Gocce d’acqua viva. La storia di Riad

«All’età di dieci anni un evento ha portato ad una svolta decisiva la vita della mia famiglia e quella mia personale: mio padre fu sottoposto ad un’operazione molto seria al fegato. Ricordo alcune mattine d’estate, in cui lo accompagnavo, con mia madre, al lungomare di Siracusa (Italia) per una passeggiata. Dopo un breve periodo in cui sembrava riprendersi, come un temporale improvviso, sopravvenne la crisi. E una notte si addormentò per sempre. Quando vidi quel corpo immobile, dal volto più pallido del solito, non  riuscii a piangere.  Ero come impietrito.  Neanche un “perché?” passava per la mia testa di ragazzo di 10 anni, né ero capace di pregare.  Negli anni successivi mi resi conto che tutti i miei compagni avevano un papà che li proteggeva ed io no e quella situazione di orfanezza mi pesava molto. Cinque anni più tardi, attraverso un mio amico, conobbi persone che avevano fatto del Vangelo il loro codice di vita. Nel loro appartamento – il Focolare – una sera incontrai Marco, il primo giovane che  aveva seguito Chiara Lubich, che mi parlò nell’avventura dell’unità. Le sue parole piene di vita, di Vangelo vissuto nel quotidiano, mi colpirono, mi dissetarono. Non mi sentivo più orfano, anch’io ora avevo un Padre che si prendeva cura di me, anzi – me ne accorsi negli anni seguenti – avevo trovato cento padri, cento madri, cento fratelli (cfr. Mt 19,29). Compresi subito che dovevo mettere in pratica il Vangelo, così cominciai a scuola, ad ascoltare per amore quel professore un po’ noioso, a prestare i miei appunti ai compagni che ne avevano bisogno…. Alcuni anni più tardi, spinto da questa meravigliosa scoperta dell’amore personale di Dio, maturò in me il desiderio di donarmi a Lui e cominciò per me l’esperienza del focolare. Ho vissuto 26 anni nel focolare di Vienna e da lì brevi ma continui viaggi  in Cecoslovacchia e in Ungheria per incontrare i nostri amici. Erano gli anni in cui un muro ci separava, ma ci univa il Vangelo, perché di questo avevano sete, ancor più che della libertà. Non sono mancate le avventure in tutti quei viaggi. Una volta nella zona di confine, aprendo il bagagliaio della macchina per i consueti controlli, mi accorsi con spavento che per errore avevamo caricato una grossa valigia piena di filmati, scritti, diapositive della vita delle nostre comunità.  Tutto materiale ‘vietatissimo’. Stranamente la polizia diede un’occhiata superficiale (non notò la mia faccia terrorizzata) e ci disse che potevamo procedere. Tutto si risolse con grande gioia degli amici di Budapest per quelle apparecchiature necessarie per conoscere la diffusione del Vangelo in tutto il mondo. In questa e in tante altre situazioni, ho toccato con mano l’amore di Dio, che mi segue passo passo e sistema sempre quanto non si è fatto bene. A inizio settembre si è celebrato il Genfest proprio a Budapest. È stata per me una grande gioia. Ricordo gli incontri da ‘catacombe’ con diversi giovani, in casa di qualche famiglia: era ufficialmente proibito per più di 5 persone. Con alcune famiglie, giovani, sacerdoti, durante qualche fine settimana, in un casolare di campagna o al lago Balaton, lì, in mezzo a tanti turisti, avevamo modo di parlare della spiritualità dell’unità e delle esperienze di vita del Vangelo. Ebbene, tanti di loro ragazze e ragazzi, famiglie e sacerdoti si sono impegnati in questa nuova vita. Gesù con la sua forza e la sua luce entra sempre, anche a porte chiuse, allora come oggi». (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

I Delegati del Movimento dei Focolari radunati a Roma

Con il saluto introduttivo della presidente Maria Voce, il 13 settembre ha preso il via l’incontro annuale dei Delegati del Movimento dei Focolari, che vede radunati circa 300 partecipanti, fra responsabili centrali e provenienti delle diverse aree geografiche dove il Movimento è presente. Il convegno si protrarrà fino al 6 ottobre e prevede tre giorni di “ritiro spirituale”, incentrato su uno dei punti della spiritualità dell’unità: l’amore al fratello. Il tema verrà approfondito attingendo ai testi e discorsi di Chiara Lubich, con una riflessione di Maria Voce e testimonianze dei partecipanti. Questi ultimi offriranno esperienze di vita del Vangelo, argomento approfondito nell’anno appena concluso. Prevista anche una riflessione sull’Anno della Fede – indetto da Benedetto XVI dall’ottobre prossimo – da parte del teologo irlandese d. Brendan Leahy e della dott.ssa Lida Ceccarelli, focolarina. La prima fase del raduno si concluderà con un collegamento via internet che sarà seguito dalle numerose comunità sparse in tanti paesi. Lunedì 17 settembre partiranno i lavori incentrati su diversi argomenti e in particolare: i New Media e la trasformazione della società, l’identità del “focolarino” e il suo contributo specifico – alla luce del carisma dell’unità – alla Chiesa e alla società, la presentazione dello sviluppo del Movimento in alcuni paesi (Canada, USA, America Latina…). Non mancherà un bilancio sul Genfest 2012 appena conclusosi in Ungheria, protagonisti i giovani. Un segnale dell’importanza con la quale i Focolari guardano alle nuove generazioni come un futuro che è già presente e di sprone per tutto il Movimento. La celebrazione della messa del 26 settembre sarà presieduta dal vescovo di Frascati, Mons. Raffaello Martinelli. In concomitanza con questo raduno, esce, edito da Città Nuova, il libro “La scommessa di Emmaus, cosa fanno e cosa pensano i focolarini nel dopo Chiara”. In questi giorni ne avremo un assaggio. (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Esce il libro-intervista alla presidente dei Focolari

Un libro intervista per conoscere il pensiero della Presidente del Movimento dei Focolari: deriva delle democrazie occidentali, Europa, cristianofobia e fondamentalismo; e ancora, incontri per i divorziati e l’appartenenza al Movimento di vescovi e cardinali; la Chiesa in un futuro non lontano; sono scomparsi i focolarini dopo la morte di Chiara? Sono solo alcuni degli argomenti affrontati nel libro e su cui Maria Voce ha risposto e sarà chiamata a rispondere. A partire dalle domande del libro intervista La scommessa di Emmaus (Città Nuova Editrice) Marco Politi, scrittore e editorialista de “Il Fatto Quotidiano” e Lucetta Scaraffia, docente di storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma e editorialista dell’“Osservatore Romano”, dialogheranno con Maria Voce, sull’attualità dei Focolari, uno dei movimenti cattolici più diffusi nel mondo e che al suo interno conta membri di altre Chiese, di diverse religioni e di convinzioni laiche. Il 22 settembre, presso l’Auditorium di Loppiano, all’interno del multievento LoppianoLab. “Emmaus”: così Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari, chiamava Maria Voce, dal nome del luogo in Palestina dove i due discepoli hanno incontrato e riconosciuto Gesù dopo la Resurrezione. Quel nome era l’invito a vivere attraverso l’amore scambievole la presenza di Gesù tra i suoi. E così, semplicemente, è chiamata all’interno del movimento. Dopo la morte della fondatrice avvenuta nel 2008, Maria Voce viene eletta presidente. Calabrese, prima donna avvocato nella regione, focolarina dal 1959, poi responsabile del movimento in Turchia per sei anni, Maria Voce si è trovata ad assumere un compito oneroso: raccogliere l’eredità della fondatrice e traghettare il movimento dalla fase degli inizi “carismatici” a quella immediatamente successiva, in cui un movimento guarda all’oggi della storia rispondendo attraverso il suo carisma alle sfide e alle domande che la società vive, senza perdere la propria identità, ma senza rimanere ancorato al passato. (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

La scommessa di Emmaus

Un libro intervista per conoscere il pensiero della Presidente del Movimento dei Focolari. “Emmaus”: così Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari, chiamava Maria Voce, dal nome del luogo in Palestina dove i due discepoli hanno incontrato e riconosciuto Gesù dopo la Resurrezione. Quel nome era l’invito a vivere attraverso l’amore scambievole la presenza di Gesù tra i suoi. E così, semplicemente, è chiamata all’interno del movimento. Città Nuova online pubblica una rubrica a puntate dedicata al nuovo libro, che verrà presentato in anteprima il 22 settembre, durante il LoppianoLab, presente Maria Voce. Riportiamo alcuni stralci della prima puntata. Dopo la morte della fondatrice avvenuta nel 2008, Maria Voce viene eletta presidente. Calabrese, prima donna avvocato nella regione, focolarina dal 1959, poi responsabile del movimento in Turchia per sei anni, Maria Voce si è trovata ad assumere un compito oneroso: raccogliere l’eredità della fondatrice e traghettare il movimento dalla fase degli inizi “carismatici” a quella immediatamente successiva, in cui un movimento guarda all’oggi della storia rispondendo attraverso il suo carisma alle sfide e alle domande che la società vive, senza perdere la propria identità, ma senza rimanere ancorato al passato. Nell’intervista con Paolo Lòriga e Michele Zanzucchi, Maria Voce esprime senza reticenze il suo pensiero su fatti e vicende della società contemporanea, delineando così quel che pensano e fanno i focolarini dopo la morte della loro carismatica fondatrice. Continua su Città Nuova online (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Egitto: un incontro pieno di storia / 2

‘Avete illuminato l’Egitto’, una frase che qui si rivolge come benvenuto all’ospite in visita. Poche parole dettate dalla sapienza di una cultura millenaria che vede nell’ospite la presenza di Dio e, dunque, lo considera un dono. Sono parole che sintetizzano i vari momenti di dialogo che Maria Voce e Giancarlo Faletti hanno avuto con diversi gruppi del Movimento dei Focolari in Egitto. Era, infatti, desiderio di molti poter stabilire un contatto personale, soprattutto alla luce delle sfide che il Paese si trova ad affrontare oggi ma anche nella prospettiva di problematiche legate al rapporto fra le Chiese, oltre che ad aspetti che si vivono in Egitto, come in altre parti del mondo, perché legati al fenomeno della globalizzazione. Cosa significa in questo contesto vivere il Vangelo oggi? Come essere aperti a tutti in una società dove esistono discriminazioni? Come capire le scelte di vita per il proprio futuro se si è giovani o quella per la propria famiglia? È possibile vivere uno spirito come quello di comunione in una società complessa ed in rapida evoluzione ma anche con un futuro nebuloso? Tutte domande scottanti, soprattutto, nell’Egitto del 2012, a due anni dalla rivoluzione di Piazza Tahrir, con una popolazione giovane e dove i cristiani guardano al futuro con apprensione: una comunità che discende dalla Chiesa apostolica, fondata da Marco evangelista, ma che vive in minoranza, sebbene profondamente radicata e parte della società e della storia socio-culturale del Paese. Le occasioni per un dialogo con la presidente ed il copresidente sono state varie: l’incontro dei 350 membri ed aderenti più vicini ai Focolari, il momento trascorso con i focolarini e le focolarine che vivono nelle comunità del Cairo e di Sohag, la serata con un centinaio di giovani – ‘Dagli occhi che brillavano di intelligenza dell’amore’,  ha notato Maria Voce –  che animano le diverse attività giovanili nello spirito dei Focolari. Maria Voce e Giancarlo Faletti hanno, prima di tutto, ascoltato e maturato risposte mai scontate e spesso provocanti per la radicalità che hanno proposto, richiamandosi sempre al Vangelo come prospettiva per una lettura sia del presente che del futuro. Ma, soprattutto, hanno espresso gratitudine a tutti quelli che hanno incontrato per il loro impegno nel vivere il messaggio dell’amore evangelico nel segno dell’unità per cui ha pregato Gesù prima di morire. “A chi ha perso la speranza io direi ‘grazie!’ per quanto avete creduto e sperato”, ha detto Giancarlo Faletti ad una maestra che raccontava come, con altri impegnati a vivere la spiritualità di comunione, dopo aver sentito la necessità di essere positivi, non nascondevano la paura per il futuro, confessando di “Non voler perdere la speranza e la fede”. “La vostra vita risente di grande provvisorietà”, ha riconosciuto il copresidente. “È in atto un cambiamento storico che presenta imprevisti. Condividiamo con voi questa insicurezza. Vi guardiamo come fratelli prediletti. Non siete soli. Viaggiando abbiamo trovato Paesi in situazioni come la vostra, ma anche peggiore, dove le sicurezze erano minime. Sento una grande gratitudine per la vostra vita”. Ricordando, poi, l’esperienza di Chiara Lubich, nei primi giorni del Movimento nel corso della seconda guerra mondiale, ha concluso: “Dopo aver accompagnato i genitori fuori Trento, Chiara ha attraversato il ponte per tornare in città. Su quel ponte Chiara ha giocato la vita sua e quella di tutti noi. È tornata nella sua città priva di sicurezze e certezze. Dio la chiamava in quella città. Penso che Chiara vi sia grata, ma vi è grata tutta l’Opera. Fin dove vi è possibile restare nella città dove Dio vi ha posto, voi contribuite al cammino di Dio nell’umanità”. Le sfide d’altra parte sono proprio nella quotidianità. Ad un giovane padre di famiglia, che notava la difficoltà a vivere in una società basata sull’occhio per occhio… e che chiedeva: “Come insegnare ai figli ad affrontare la società in modo evangelico senza essere deboli?”, Maria Voce ha ricordato che era proprio questa la società in cui Gesù ha vissuto, portando una legge nuova, quella dell’amore al fratello e del perdono. Non è una debolezza, ma un segno di forza. “Aiutate i vostri figli – ha suggerito la presidente – a scoprire che la vera forza è quella di coloro che riescono a dominare se stessi. Gli uomini hanno ricevuto da Gesù una nuova legge e, se la vivono, diventano personalità vere ed autentiche. I bambini vedono gli altri e tendono a imitarli. Dovremmo aiutarli a vedere che non reagire con la violenza significa essere più forti”. In tutti è vivo il ricordo dei giorni di piazza Tahrir, e della rivoluzione che ha fatto sognare milioni di egiziani. Ma, a due anni di distanza, molti riconoscono che si vive un momento di sofferenza nel mondo arabo. “Come essere vera rivoluzione per essere luce che fa vedere?”, ha chiesto un giovane. Approfittando di questa domanda, che ha definito: ‘Bellissima perché tu vuoi essere questo”, Maria Voce ha lanciato una sfida: “L’unica risposta è la vita di Gesù. La rivoluzione nella vita di un giovane che vuole vivere la spiritualità dei Focolari, è vivere Gesù, che ha detto: “Io sono la luce del mondo” [Gv. 8,12]. Questa è la vera rivoluzione: chiedersi cosa farebbe Gesù qui, oggi. ‘Voi farete cose più grandi di me’[Gv. 14,12], Lui lo ha detto e noi possiamo farlo. Essere i rivoluzionari per eccellenza”. Dall’inviato Roberto Catalano (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Egitto: un incontro pieno di storia /1

«Faraoni, greci, beduini, nubiani, cristiani, musulmani …. L’Egitto di oggi è la sintesi di queste culture che hanno portato all’unicità del carattere egiziano, con le sue bellezze, le sue originalità e, anche, le sue contraddizioni». Sally, una giovane del Cairo, ha accompagnato Maria Voce, Giancarlo Faletti e tutti i presenti in un excursus sulla storia religiosa e culturale di questo Paese affascinante. È venerdì pomeriggio, giorno festivo per l’Egitto, paese di maggioranza musulmana. Siamo nel grande College dei Gesuiti nei pressi della stazione ferroviaria centrale e non lontano da Piazza Tahrir. La Presidente ed il Copresidente entrano nella sala al buio: sembra di penetrare nel cuore delle antiche piramidi fra mistero e presenza del divino. I 350 presenti  trattengono a stento il desiderio di accoglierli con l’entusiasmo che scatenano non appena si accendono le luci: appare una vera fantasmagoria di colori e di suoni, per esprimere la gioia da subito incontenibile. Poco prima, a Maria Voce, un gruppo di bambini aveva consegnato la chiave di Ankh, il simbolo che, nella tradizione dell’antico Egitto, rappresenta l’immortalità. Ed è proprio con la chiave di Ankh e con l’aiuto di Sally che si trascorre un’ora attraversando millenni di storia di questo popolo: dalla civiltà sorta lungo lo scorrere del Nilo fino alla rivoluzione di Piazza Teharir simbolo di quella primavera araba, che rappresenta la realtà in cui il Paese ed i suoi abitanti si trovano oggi a confrontarsi. In questa storia millenaria, s’inserisce anche la piccola storia del Movimento dei Focolari, iniziata con l’arrivo di Aletta Salizzoni, Mariba Zimmermann e Marise  Atallah, il 26 gennaio 1981. Si tratta di un momento che avrebbe cambiato la vita di tanti all’interno della comunità cristiana, producendo, anche in questa terra, la nascita di un gruppo di persone che vivono per costruire delle comunità dove, per l’amore reciproco, possa essere presente Cristo. Oggi, la spiritualità dell’unità si è diffusa a Sohag, Luxor, Aswan, Alessandria, Ismailia ed altre città, fino a piccoli villaggi. Non mancano rappresentanti del Sudan, dell’Eritrea, dell’Etiopia, della Siria e dell’Irak. Ci sono gruppi provenienti da queste ed altre località convenuti al Cairo per salutare Maria Voce e Giancarlo Faletti e per raccontare le ultime pagine della storia del loro Paese, quelle scritte a partire dalla ‘rivoluzione’, come tutti la chiamano qui. In quelle settimane, ricorda ancora Sally, «era difficile uscire di casa, non c’era sicurezza e ci siamo radicati nell’attimo presente. Abbiamo pregato di più e cercato di aiutare gli altri. Il risultato di questa vita sono stati rapporti coi nostri vicini di casa e fra cristiani e musulmani. La paura si è trasformata in amore reciproco e comunione gioiosa. Abbiamo sentito l’unità di tutta la nostra grande famiglia». Infine, alcuni saggi di folklore, musica coinvolgente, colori vivi, come i volti che si avvicendano sul palco. L’atmosfera si scalda in attesa di un dialogo con Maria Voce e Giancarlo Faletti, ma di questo parleremo domani, perché in questi giorni i dialoghi con bambini, giovani, famiglie si sono susseguiti, tutti interessanti, stimolanti e sinceri e diretti.  Leggi tutto Dall’inviato Roberto Catalano (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Benedetto XVI: l’abbraccio dei 1.700 giovani del Genfest

Trasmissione di Telepace – Saluto in INGLESE

Erano 1.700 i giovani di 41 Paesi del mondo all’udienza del mercoledì in rappresentanza dei 12 mila che, dal 31 agosto al 2 settembre, hanno partecipato al Genfest, manifestazione promossa a Budapest dal Movimento dei Focolari dal titolo “Let’s Bridge”, cioè “costruiamo ponti”. Nei saluti in lingua inglese, facendo riferimento al titolo del Genfest, il Papa ha rivolto ai giovani l’appello a “promuovere l’unità nella famiglia umana, costruendo ponti con coraggio”. “Possano – ha aggiunto il Santo Padre – la gioia semplice, l’amore puro e la pace profonda che provengono dall’incontro con Gesù, farvi testimoni radiosi della Buona Notizia ai giovani dei vostri Paesi”. Alle parole del Papa – che durante il Genfest aveva già inviato loro un messaggio – i “giovani di Budapest” hanno risposto sventolando le stesse sciarpe e striscioni che avevano fatto sfilare sabato scorso per le strade della capitale ungherese con un flashmob sul ponte delle Catene. Poi, al termine dell’udienza, una piccola delegazione di 4 giovani – del Messico, Iraq e Pakistan – ha potuto personalmente salutare il Santo Padre a nome dei 12 mila giovani del Genfest. A Benedetto XVI hanno regalato il Cd del Genfest con le canzoni del loro complesso internazionale. I giovani dei Focolari proseguono con una scuola di formazione nel centro Mariapoli di Castel Gandolfo e a Sassone che terminerà domenica 9 settembre. Il programma sta approfondendo i temi della “fraternità” che hanno fatto da sfondo alla manifestazione di Budapest. In particolare stanno discutendo su come portare avanti il progetto “United World Project” che prevede la costituzione di un Osservatorio internazionale permanente per prendere in esame azioni e iniziative che di fatto sono state in grado di generare un “incremento di fraternità”. L’Osservatorio dovrà inoltre promuovere “la categoria della fraternità” attraverso iniziative culturali specifiche. Si sta poi vagliando anche la richiesta all’Onu di riconoscere l’interesse internazionale della Settimana mondo unito, confermando e allargando ancora di più l’appuntamento annuale che da più di quindici anni vede i giovani dei Focolari – assieme a tanti altri – impegnati a “dare voce alla fraternità universale”.  (Fonte Sir). Per aderire al progetto si può firmare la petizione online su http://www.unitedworldproject.it/2/i_commit_myself_329906.html. Guarda il video dell’udienza (stralcio dalla diretta TV di Telepace).


We thank our sponsors

(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Genfest on the road

«4 settembre ore 14: dopo 20 ore di pullman siamo rientrati alla base, Castelli Romani, diversi da come siamo partiti. Quanti eravamo? 96 in autobus, 20 in aereo e poi… chi ritroviamo a Budapest? Quei 4 venuti in macchina per risparmiare, gli altri col camper, gli amici che stavano nel sotterraneo dello Sport Arena per i vari servizi dietro le quinte: la regista, il coordinatore della diretta internet, i ragazzi delle reti sociali e molti altri. Qualche centinaio, da questa piccola parte di mondo. Il gruppo è assortito, cartina al tornasole delle provenienze del Genfest: vario per età (c’è chi non ha ancora compiuto 14 anni, la mascotte del gruppo, a chi pur over 30 non vuole perdere questa occasione unica, punte estreme nella fascia media di universitari e liceali), vario per credo (molti cattolici, anche praticanti, tanti curiosi di un’esperienza nuova, e poi agnostici e non credenti, e fra noi anche una suora e un sacerdote). La cronaca del Genfest la possiamo leggere su vari supporti (vedi la folta rassegna stampa, il boom dei social network, il replay della diretta), ma come raccogliere cosa questo evento – che non si ripeteva da 12 lunghi anni – è stato per ciascuno dei partecipanti? Solo il tempo lo dirà, ma un assaggio lo abbiamo avuto. A Budapest, prima di ripartire, di fronte alla “Chiesa del centro”, pochi metri dal Ponte delle Catene, teatro del più grande flashmob della storia mai realizzato su un ponte (che tremava sotto il peso ‘esultante’ dei 12mila!), questo gruppo caciarone e molto italiano, si è seduto sul prato sotto i 35° del pomeriggio ungherese, e ha fermato il tempo. Non si sentiva più il rumore del traffico, né le voci dei passanti, né il caldo né la sete, ma solo il fiume di vita condivisa da chi, superando la timidezza, si alzava per dire a voce alta, cosa era successo dentro di lui o di lei. “Avere il coraggio di ‘lasciarmi ferire’ dal dolore dell’altro, senza passare oltre” – ricorda Tiziana, 22 anni, studentessa di economia; e Francesco, 18 anni non ancora compiuti: “Sono venuto decidendomi all’ultimo, per fare qualcosa di interessante a fine estate. Non mi sarei mai aspettato un cambiamento così. È cominciato quando ho raccolto una mela che mi è rotolata sui piedi, e l’ho data alla ragazza che mi stava di fronte con un sorriso. In questi giorni ho cercato solo di amare chi era accanto, e non mi sono mai sentito così vivo come adesso”. Anna invece ha 14 anni, e confida: “Quest’anno ero un po’ triste, pensando alle tante amiche a cui avevo cercato di comunicare questo grande ideale, e che piano piano sono andate via. Per questo, quando ho saputo del Genfest ho fatto di tutto per poter venire; e con la carica di questi giorni, vedendo quanti siamo, a credere che il mondo unito è possibile, voglio ritornare a casa gridando a tutti questo grande sogno”. Freddy, 18 anni: “Nel gruppo che frequento siamo tutti agnostici, atei, non credenti. Ma per noi l’accoglienza dell’altro è fondamentale. In questi giorni abbiamo fatto insieme questa esperienza, di sentirci tutti fratelli nonostante le differenze”. Adesso sì, possiamo partire, e la scommessa del Genfest è stata vinta. Un anno fa, quando si è progettato il viaggio, i giovani leader del gruppo avevano detto: abbiamo bisogno di una settimana, perché per noi la cosa fondamentale è costruire rapporti, legami forti con i nostri amici. E così ha preso forma questo viaggio, che ci ha visto passare da Vienna, per una prima tappa, e rimanere a Budapest ancora un giorno e mezzo per scoprire le meraviglie di questa città. Cuore di tutto sono stati i due giorni tra lo Sport Arena, il Ponte delle Catene, e la Piazza di fronte alla Cattedrale di Santo Stefano. “Appena messo piede nello Sport Arena, è successo qualcosa”, dice Paolo; il concerto la sera del 31 agosto, il linguaggio della musica che unisce i giovani di tutto il mondo, il bisogno di saltare, di abbracciarsi, trasmettere le emozioni. Ma l’emozione poi si trasforma in vita (le esperienze raccontate lo hanno dimostrato), in scelte, in coraggio. Il coraggio di tornare a casa e di essere “Let’s Bridge”, un ponte vivente verso chiunque incontriamo». I Giovani per un Mondo Unito dei Castelli Romani e Lazio 


We thank our sponsors

(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

L’alluvione ci ha uniti tutti

Mi chiamo Sam e vengo dalla Thailandia. Sono buddista ed ho conosciuto i “Giovani per un mondo unito” attraverso un amico, anche lui buddista. Vivendo insieme a loro, ho visto che possiamo essere veramente fratelli, anche se seguiamo religioni diverse. Nell’ottobre dello scorso anno, il mio Paese è stato colpito da un’alluvione. Le distruzioni sono state enormi ed incalcolabili. Richiederà tanto tempo per recuperare quanto è stato perso: case, fabbriche, interi villaggi e città sono state sommerse per alcuni mesi. Nello stesso tempo, questa terribile calamità ha provocato grande solidarietà in tutto il popolo thailandese. È stato un fenomeno inaspettato. Il paese veniva da un lungo periodo di lotte politiche, anche violente, durante il periodo delle elezioni. Forse ricorderete le sparatorie con i militari ed i morti sulle strade. Invece, l’alluvione ci ha riuniti tutti. L’alluvione mi ha toccato in prima persona.  L’acqua ha inondato di notte il quartiere dove abito. Vivo in un appartamento in condivisione e non avevo molte cose da perdere. Tanti, invece, hanno perso la vita colpiti anche da scosse elettriche e c’è stato un fuggi fuggi generale per potersi salvare. Anch’io sono scappato e sono andato in un centro di accoglienza, dove mi sono messo a disposizione. Ho trovato moltissime persone, sia anziani che bambini; alcuni avevano abbandonato la loro casa con i soli vestiti che avevano addosso, non potendo portar via nulla; alcuni erano in preda a shock, altri seriamente ammalati: una scena tremenda! Insieme ai “Giovani per un mondo unito” che sono venuti a trovarmi nel campo, abbiamo cercato di dare un aiuto materiale ed anche di infondere coraggio alle persone che erano demoralizzate. Così abbiamo aiutato a distribuire del cibo e dei giocattoli ai bambini e ci siamo messi a giocare con loro. Insomma, è stato condividere con tanti la disperazione! Ma la cosa più urgente in quel momento era salvare la capitale Bangkok dall’inondazione. Gli studenti e tanti altri si sono mobilitati per rinforzare gli argini dei canali e dei fiumi e costruire alcune barriere per deviare l’acqua che stava arrivando. Anche noi siamo andati a riempire i sacchi con la sabbia che veniva portata con  grossi camion e abbiamo lavorato giorno e notte nel fango, senza fermarci. La sabbia era sporca e puzzava molto. Il lavoro era estenuante ed abbiamo dovuto anche saltare alcuni pasti ed ore di sonno. È stata una vera lotta contro il tempo. Ho conosciuto, però, tanti amici e ci siamo aiutati tra tutti. Ad un certo punto ero privo di forza, ma l’ideale di un mondo unito e i miei amici che mi erano vicini, mi hanno sostenuto. Siamo riusciti così a costruire e riparare gli argini dei canali evitando che le acque arrivassero a Bangkok. Alla fine l’alluvione è passata, ma è rimasta la gioia d’essersi donati per costruire un mondo più solidale e di avere intessuto tanti rapporti di amicizia e di fraternità. (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Genfest, dove il mondo unito è già realtà

«Alcuni decenni fa le grandi manifestazioni giovanili avevano un significato particolare. Ora il mondo è cambiato. Con la crescente mobilità i giovani possono fare tante valide esperienze internazionali. Attraverso i social network  sembra loro di potersi incontrare facilmente anche nel nome di ideali comuni. Ormai sono numerosi i meeting e le conferenze internazionali con dei documenti finali, ma con poco impatto concreto sul mondo. In questo contesto come vede Lei il ruolo e il significato del Genfest? La situazione cambiata quale riflessione chiede al Movimento?» «Dopo 12 anni dall’ultima edizione, questo Genfest era attesissimo da tutti nel Movimento. E i giovani si sono dati un anno di Genfest, dal 1° maggio 2012 al 1° maggio 2013, proprio a significare che l’uno e l’altro aspetto ne fanno parte, quello della grande manifestazione internazionale e quello della continuità nella vita quotidiana, che loro vivono anche nel web. Nel messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali del 2011, il Papa ha fatto un’importante riflessione sulla “vasta trasformazione culturale” che le nuove tecnologie producono, cambiando non solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa. Il Papa fa una lucida analisi delle potenzialità e dei limiti dei social network, in cui i giovani vivono, e invita i cristiani ad esservi presenti con creatività, “perché questa rete è parte integrante della vita umana”. “II web – dice il Papa – sta contribuendo allo sviluppo di nuove e più complesse forme di coscienza intellettuale e spirituale, di consapevolezza condivisa”. D’altra parte, sottolinea che, “il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita”. Ne siamo convinti anche noi e l’entusiasmo e l’impegno, gli sforzi fatti da tanti per essere a Budapest ce lo conferma: i giovani hanno sete di rapporti autentici, “globalizzanti” direi, che coinvolgano l’intera persona. E’innegabile che solo nel contatto diretto si può sperimentare appieno la gioia dell’incontro con l’altro, la sfida e la ricchezza della diversità, la forza di un ideale condiviso per cui spendersi insieme… Il Genfest è un momento in cui vedere realizzata già quell’unità e fraternità in cui questi giovani credono e per le quali si impegnano. Il Movimento comunque si pone davanti a questa sfida con la consapevolezza che il dono che Dio gli ha dato, il carisma dell’unità, è più che mai consono alla chiamata dell’umanità a vedersi e a vivere come una sola famiglia, in un’interdipendenza e solidarietà che questa nuova situazione culturale accelera e sottolinea. Poi le forme, i metodi, vanno cercati, elaborati. Naturalmente questa riflessione è già iniziata e viene portata avanti nel Movimento, sia a livello globale che anche nelle sue manifestazioni concrete locali. Credo che questo Genfest, non solo come manifestazione, ma come fenomeno di condivisione che i giovani hanno cominciato nella preparazione e prosegue con progetti concreti, è un importantissimo passo, un’esperienza che ci darà spunti notevoli. Ed è interessante soprattutto portare avanti questa riflessione insieme, giovani e adulti.» Leggi tutto: http://www.magyarkurir.hu/node/41764


We thank our sponsors

(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Da Budapest al mondo

Ma come si è svolto il programma del “Day 2”? Com’è stata chiamata la seconda giornata del Genfest allo Sport Arena di Budapest. Gli interventi, le musiche, le coreografie, in una varietà di suoni, colori e movimenti, hanno percorso la metafora della costruzione di un ponte. Quel “Let’s bridge”, tante volte scambiato come saluto, ha acquistato una profondità diversa. Fa i tuoi calcoli è il primo passo. Ci sono i conflitti, come racconta Bassem dell’Egitto sull’esperienza fatta in seguito agli eventi di Piazza Tahrir. C’è l’esclusione sociale, messa in rilievo dall’esperienza vissuta da Plinio, in Brasile. C’è contesto di violenza che chiama vendetta… o possibili scelte per decidersi ad un impegno che porta ad affrontare le situazioni problematiche dell’ oggi. Sporcarsi le mani, scavare nel fango il passo successivo. Lo possono dire letteralmente i giovani della Thailandia quando raccontano l’esperienza fatta nell’aiutare gli alluvionati del proprio Paese. L’impegno è  nell’andare incontro, in prima persona, alle situazioni di necessità. Lo raccontano anche, in modo diverso, Ricardo (Cile) e  i giovani dell’Indonesia e della Svezia. Piantare i pilastri. A questo punto si parla delle fondamenta. È il momento di rivivere l’esperienza di Chiara Lubich attraverso un monologo teatrale e la sintesi di un suo intervento all’ONU. Il messaggio è chiaro: la scelta di Dio che è Amore e che porta ad amare. La Regola d’oro espressa dalle Scritture cristiane dice: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt. 7,12). Ma, con sfumature diverse, lo dicono anche i testi sacri delle altre grandi Religioni. Lo confermano le esperienze fatte dai giovani dell’India, cristiani ma anche indù, da due giovani sposi della Svizzera e non ultima la storia di Nacho, giovane argentino che decide di lasciare una promettente carriera come calciatore per scegliere di vivere a tempo pieno per gli altri. Scelte coraggiose, spesso controcorrente, sempre portatici di pienezza di vita. La realizzazione del ponte è la tappa successiva. Immagine dell’unità che  passa attraverso azioni concrete in tutti gli ambiti del quotidiano. Senza dimenticare qual è la chiave di volta che permette all’arco del ponte di non crollare: amare anche quando c’è il dolore. Lo illustrano alcuni giovani italiani impegnati in un centro di accoglienza per immigrati clandestini, portando con sé le immagini e la voce dei loro amici. Anche Adhelard e Ariane, che dal Burundi fanno tutti partecipi della loro vita in un campo di ex rifugiati alla periferia di Bujumbura. E Kaye che, dalle Filippine, porta la sua dura esperienza di separazione familiare. Sono storie che finora non hanno avuto un finale felice ma che, vissute nell’amore, permettono di sperimentare la pienezza della vita anche in queste situazioni dolorose. Si creano così basi solide che permettono di attraversare il ponte, ultima tappa di questo percorso figurato. Il ponte permette l’apertura verso molte strade. Lo sanno Issa, cristiano di Nazaret e Noura, musulmana di Gerusalemme. Si incontrano regolarmente, assieme ad altri giovani cristiani, musulmani ed ebrei per approfondire la conoscenza reciproca e pregare per la pace. Dell’intervento della presidente dei Focolari, Maria Voce, e del lancio dell’ United Word Project ne abbiamo già parlato. Certo è grande la gioia dei 12.000 quando in serata lasciano lo Sport Arena, tutti in marcia verso il simbolico Ponte delle Catene. Trenta secondi di silenzio danno il via al flashmob più internazionale della storia. Al grido di “Go!” i giovani si scambiano delle sciarpe colorate su cui ciascuno ha scritto una frase, il proprio nome, una consegna. Gioia, festa, confusione accolgono il nuovo Stop che fa distendere le stoffe e scoprire: “Il dono che Dio ha voluto farmi”, così si esprime una giovane laziale in lacrime dopo aver letto il suo messaggio: “Dio ti ama immensamente”. “Oggi si comincia a vivere per la pace”, si legge su un altro. Let’s bridge è ricopiato in tutte le lingue. “Il bracciale, segno del patto, l’ho messo non per conformismo ma perché mi impegno”, dice un altro. A guardare questi volti, c’è da crederci sul serio. Budapest forse potrà scrivere, nella sua storia, questa insolita e non violenta rivoluzione che da qui è rinata. 20120902-11Mattina conclusiva del 2 settembre a Piazza Santo Stefano, in pieno centro città, con la celebrazione della S. Messa per i ragazzi cattolici, presieduta dal cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Budapest. I giovani appartenenti ad altre Chiese celebrano le proprie liturgie nei rispettivi luoghi di culto, mentre per i 160 tra musulmani, buddhisti e hindu è pronto uno spazio proprio. Infine, s’incontrano tutti insieme per un momento di silenzio e di raccoglimento per la pace: il Time out. Il prossimo appuntamento è a Rio de Janeiro. Dal palco due brasiliani invitano alla Giornata Mondiale della Gioventù del 2013. Si parte con l’impegno a costruire relazioni di fraternità, tra singoli e gruppi, nei 104 Paesi di provenienza. Da Budapest al mondo!


We thank our sponsors

(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Discorso ai giovani del Genfest 2012: “Guardate in alto!”

Carissime e carissimi, (…) Viaggiando per il mondo ho conosciuto i giovani di ieri e di oggi; ho visto trasformarsi le condizioni sociali in cui si vive; ho visto il frantumarsi di tante sicurezze; ho visto le sofferenze di non trovare lavoro, di non riuscire ad avere più momenti e luoghi di aggregazione se non il vuoto chiasso delle discoteche o il rumore delle folli corse in moto… E tutto in rapida evoluzione, in continuo cambiamento, cosicché sembra impossibile aggrapparsi ad un appiglio che non ceda, o salire uno scalino che non tremi. Ho sentito crescere una generazione che ha paura. Paura di illudersi e di essere delusa, paura di dare qualcosa di sé e di restare a mani vuote; paura di ritrovarsi soli pur in mezzo ad una folla. Ho però incontrato anche molti giovani, tra cui tanti di voi, che, nonostante tutto ciò, sanno che per la costruzione di un mondo più unito, occorrono cambiamenti innanzitutto personali, e quindi scelte radicali. E le fanno. (…) Leggi tutto: Maria Voce - Genfest 2012 Discorso di Maria Voce ai giovani presenti al Genfest


(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Genfest 2012: “Guardate in alto!”

L’intensa giornata di ieri, 31 agosto, è iniziata al Parlamento ungherese dove è stata accolta una delegazione internazionale dei giovani presenti al Genfest, e seguita nel pomeriggio con una grande festa nella spianata dello Sports Arena, l’apertura di una “Expo dell’Est Europa”, performance e attività sportive e interviste trasmesse in diretta audio. Alla sera, il festoso concerto serale con giovani artisti provenienti dai cinque continenti, preceduto dai saluti del sindaco di Budapest Tarlós István e dal Presidente della Conferenza Generale dell’Unesco M.me Katalin Bogyay. Benedetto XVI ha inviato un messaggio con “Calorosi saluti a tutti i giovani”. E, in riferimento al moto del Genfest “Let’s bridge” e ai ponti sul Danubio distrutti nella Seconda Guerra Mondiale, afferma che: “Dalle ceneri di quel terribile conflitto è nata la determinazione di costruire la pace su fondamenti duraturi, una determinazione che sarebbe stata l’inspirazione alla base della fondazione del Movimento dei Focolari. E auspica che “questa bellissima città sia un segno di speranza per ispirare tutti i giovani presenti a offrire la mano dell’amicizia a quelli che provengono da altri contesti e culture, ‘così da dare forma alla città terrena nell’unità e nella pace, rendendola in qualche misura un’anticipazione e una prefigurazione della città indivisa di Dio’ (Caritas in Veritate,7)”. Oggi, 1° settembre, la presentazione delle varie delegazioni nazionali e la prima parte di “Let’s brigde”, metafora della costruzione di un ponte nelle sue varie fasi. Si sono alternate riflessioni e testimonianze di giovani da varie parti del mondo impegnati a realizzare la fraternità universale. Un momento solenne: il via ufficiale dell’United World Project e l’adesione personale e collettiva dei giovani che vogliono fare sul serio. Il progetto ha lo scopo di mettere in evidenza e promuovere la fraternità messa in atto da singoli, gruppi, nazioni, dando vita ad un Osservatorio internazionale permanente riconosciuto dall’ONU. A questi giovani Maria Voce, si rivolge lanciando una sfida:Guardate in alto. Guardate lontano, è lì che troverete l’appiglio sicuro. Guardate all’amore che è Dio. Lui è l’unico che non vi delude… Mettetevi dalla sua parte, cercando di vedere le cose e il mondo con i suoi occhi, e sarete pilastri fermi di ponti nuovi sui quali camminerete sicuri, felici, e tanti altri vi seguiranno”. L’intenso ascolto dei giovani sembra approvare ogni sua parola. Maria Voce“E poi non abbiate paura! – continua la presidente –. Siate voi stessi ed entrate personalmente nella società, mettendo a disposizione di grandi e piccoli la vostra personalità, la vostra competenza e i vostri talenti. Il vostro contributo è unico, irripetibile, diverso da quello degli adulti… Siete chiamati ora a spendervi per qualcosa di immenso, lasciando dietro di voi qualcosa di immortale”. A questo punto Maria Voce incalza: “Occorre per questo passare subito all’azione… Cominciate quindi ad amare concretamente. Il primo passo non è quello delle azioni grandi, ma quello dei piccoli atti d’amore che fanno grande la vita e hanno il potere di cambiare il mondo e di incidere sulla società… E non lasciate che i ponti costruiti oggi vengano meno. Il primo ponte è stato costruito proprio fra tutti voi… Avete edificato insieme un pezzo di mondo unito e ognuno porta ora in sé la forza di questa esperienza… Così può partire da questo SportArena un unico fiume d’amore”. Conclude ricordando una frase della fondatrice, Chiara Lubich “occorre nel mondo un supplemento d’anima, un supplemento di amore. E questo dobbiamo portare!”. E augura loro:“Coraggio, allora! Tutti uniti in questa bellissima avventura!”. Alla sera, un grande e simbolico “Flashmob” realizzato dai 12.000 giovani presenti, in diretta streaming – e moltiplicato in tante parti del mondo –, nel Ponte delle Catene sullo storico Danubio, per mostrare l’impegno dei “Giovani per un mondo unito” a costruire ponti tra uomini, paesi, religioni e culture.


Maria Voce - Genfest 2012 Discorso di Maria Voce ai giovani presenti al Genfest   Messaggio del Santo Padre, Benedetto XVI


We thank our sponsors

(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Carlo Maria Martini: con gratitudine

Anche il Movimento dei Focolari si sofferma a ricordare con gratitudine il cardinale Carlo Maria Martini, ringraziando Dio per aver dato alla Chiesa e all’umanità nella sua persona un grande testimone. Del suo straordinario amore per la Parola di Dio e della sua capacità ed esercizio di dialogo con la cultura contemporanea vogliamo farne tesoro. Due perle che vogliamo possano essere raccolte anche dalle nuove generazioni, mentre ci apprestiamo a dare inizio al Genfest, insieme ai 12.000 giovani arrivati a Budapest dai cinque continenti. (altro…)

Settembre 2012

«Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». Le parole di Gesù sono rivolte a tutti noi, assetati di questo mondo: a quelli che sono coscienti della loro aridità spirituale e sentono ancora i morsi della sete e a quelli che non avvertono più neanche il bisogno di abbeverarsi alla fonte della vera vita, e dei grandi valori dell’umanità. Ma, in fondo, è a tutti gli uomini e alle donne di oggi che Gesù rivolge un invito, svelando dove possiamo trovare la risposta ai nostri perché, e la piena soddisfazione dei nostri desideri. A noi tutti, dunque, attingere alle sue parole, lasciarsi imbevere del suo messaggio. Come? Rievangelizzando la nostra vita, confrontandola con le sue parole, cercando di pensare con la mente di Gesù e di amare con il suo cuore. Ogni attimo in cui cerchiamo di vivere il Vangelo è una goccia di quell’acqua viva che beviamo. Ogni gesto d’amore per il nostro prossimo è un sorso di quell’acqua. Sì, perché quell’acqua così viva e preziosa ha questo di speciale, che zampilla nel nostro cuore ogniqualvolta l’apriamo all’amore verso tutti. E’ una sorgente – quella di Dio – che dona acqua nella misura in cui la sua vena profonda serve a dissetare gli altri, con piccoli o grandi atti di amore. «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». Dunque abbiamo capito che, per non soffrire la sete, dobbiamo donare l’acqua viva che attingiamo da lui in noi stessi. Basterà una parola, talvolta, un sorriso, un semplice cenno di solidarietà, per darci di nuovo un sentimento di pienezza, di soddisfazione profonda, uno zampillo di gioia. E se continuiamo a dare, questa fontana di pace e di vita darà acqua sempre più abbondante, senza mai prosciugarsi. E c’è anche un altro segreto che Gesù ci ha rivelato, una specie di pozzo senza fondo a cui attingere. Quando due o tre si uniscono nel suo nome, amandosi dello stesso suo amore, Lui è in mezzo a loro[2]. Ed è allora che ci sentiamo liberi, uno, pieni di luce e torrenti di acqua viva sgorgano dal nostro seno[3]. E’ la promessa di Gesù che si avvera perché è da lui stesso, presente in mezzo a noi, che zampilla acqua che disseta per l’eternità.

                                                                                                Chiara Lubich


[1]     Pubblicata in Città Nuova, 2002/4, p.7.
[2]     Cf Mt 18,20.
[3]     Cf Gv 7,38.

Dio è Amore anche nella malattia?

A countdown finito, parte il Genfest 2012!

Dopo un anno di preparativi e grande attesa è stato dato il via al Genfest 2012 a Budapest! L’aria per le strade della capitale ungherese è di festa, di amici che si ritrovano finalmente dal vivo e non più solo in rete. La mattina del 31 agosto, con la presidente Maria Voce, una delegazione internazionale di giovani del Movimento dei Focolari è stata accolta al Parlamento ungherese. Il ministro degli Affari Esteri, Martonyi Jànos, ha rivolto un messaggio di benvenuto, nel quale ha sottolineato che: “Le sfide sono globali e le risposte sono universali, legate ai valori universali”. Aggiungendo che: “Alla cultura del dell’odio bisogna rispondere con la cultura dell’amore”. Ed ha ringraziato i Giovani per un mondo unito “che hanno portato qui questa straordinaria iniziativa. Attraverso il loro amore, riscopriamo il nostro”. Nel pomeriggio di ieri si è svolta l’inaugurazione dell’ Angolo della fraternità, in un giardino pubblico della capitale che i giovani hanno voluto e realizzato con la collaborazione del Comune di Budapest. “Vogliamo dare speranza alla nostra città” ha detto Rita, ungherese di 25 anni , davanti alle autorità e ad una colorata folla di diverse centinaia di giovani presenti all’inaugurazione. Gen Rosso Streetlight MusicalGergő Jedlicsita è architetto. Ha quasi trent’anni ed è lui che ha progettato questo spazio nel cuore della movida giovane di Budapest. Si tratta di cinque blocchi di marmo avorio, rettangolari, di varie misure, installati su una piattaforma in un angolo del parco. Rappresentano i cinque continenti. Sulle facce è scolpita la regola d’oro – fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi – nelle principali lingue del pianeta, con il braille in aggiunta. Un segno tangibile che vuole ricordare il messaggio che, dal Genfest 2012, partirà per il mondo. Il musical “Streetlight” del gruppo internazionale Gen Rosso, con la presenza di oltre 4.000 persone, ha concluso la giornata. Sul palco, con gli artisti, si sono esibiti 120 teen agers ungheresi che hanno realizzato con loro un workshop di due giorni. Sono 104 le nazioni rappresentate dei cinque continenti, tra cui spicca il gruppo di 250 giovani dal Medio Oriente. Numerosi i cristiani di diverse Chiese, un centinaio circa appartengono ad altre religioni e consistente è la presenza di giovani di convinzioni non religiose.


We thank our sponsors

(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Come seguire il Genfest in diretta

Programma del Genfest 2012


A poche ore dall’inizio dell’atteso evento, ci arrivano da tutto il mondo richieste per seguire il Genfest in diretta. Ecco alcune indicazioni utili: Internet streaming: http://www.genfest.org/live Su internet sarà possibile seguire in diretta il programma allo Sport Arena su otto canali (internazionale, ungherese, inglese, francese, spagnolo, portoghese, arabo e italiano), con i seguenti orari: * venerdì 31 agosto dalle 19:30 alle 22:00; * sabato 1º settembre dalle 10:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 17:00; il “flashmob” al Ponte delle Catene tra le 21:00 e le 22:00. Social Media È previsto l’uso, da parte dei 12.000 partecipanti, dei canali ufficiali del Genfest 2012: Trasmissioni nel mondo Le trasmissioni saranno in audio internazionale, cioè, nelle diverse lingue utilizzate durante l’evento (italiano, ungherese e inglese). 1/9/2012 – 10:00 Differita “Apertura Genfest 2012” (sintesi del giorno precedente); – 10:30 Diretta dalla Sport Arena; – 15:30 Diretta dalla Sport Arena; – 17:30 Differita “Concerto Genfest 2012” (programma del giorno precedente). Parametri di recezione Per conoscere i parametri di recezione delle diverse aree geografiche del mondo: http://dunaworld.hu/eng/reception.html Per l’Italia, Telepace trasmetterà la maggior parte del programma. E anche TV2000, venerdì 31 agosto, nel programma “Nel cuore dei giorni”, dalle 17:00 alle 18:00, dedicherà uno spazio al Genfest. L’appuntamento, allora, a fra poche ore, tutti allo Sport Arena di Budapest!


The Genfest 2012 project has been funded with support from the European Commission.
This communication reflects the views only of the author, and the Commission cannot be held responsible for any use which may be made of the information contained therein.

(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Mondo unito: ideale che si fa storia

Video di Chiara Lubich al Genfest 1990

«(…) Quale funzione avete voi, Giovani per un mondo unito? Voi volete condividere con i vostri coetanei le aspirazioni e le lotte perché prevalgano i grandi valori che propugnano: la libertà, i diritti umani, la democrazia, l’uguaglianza… Voi poi, siete fortemente decisi a dare il vostro contributo concreto ai problemi, (…) sostenendo o dando origine a nuove opere, a micro realizzazioni che dimostrino agli adulti che cosa si potrebbe fare, anche su vasta scala, qualora si possedessero gli strumenti, la competenza, l’esperienza, la maturità. Potete dare ciò che è più importante: potete offrire un’anima a quanti lavorano in quest’immenso cantiere, che è oggi il nostro pianeta (…), saziare la fame di sacro e di santo, dello spirituale che ogni cuore porta con sé. Ma come? Sappiamo che Dio, spiritualissimo, è Amore. È, dunque, l’amore l’elemento spirituale più atteso: quell’amore che Dio, fattosi uomo, ha portato sulla terra. Immaginiamo che ripassino davanti ai nostri occhi alcune scene sintomatiche del mondo d’oggi. Osserviamo nell’Est, in nazioni che hanno visto i recenti cambiamenti, gente che esulta di gioia per le ritrovate libertà; insieme persone impaurite e deluse, depresse per il crollo dei loro ideali. Leggiamo sui volti minacce di rivalse, di vendette, anche di odio. E pensiamo: che cosa direbbe Gesù se apparisse in mezzo a loro? Ne siamo certi: parlerebbe oggi, come allora, ancora di amore. “Amatevi – direbbe – come io ho amato voi” (Gv 15,12). È soltanto insieme, nella concordia, nel perdono, che si può costruire un solido futuro. Trasferiamoci, come per susseguenti immaginarie dissolvenze, in altri luoghi, su un paese dell’America latina, ad esempio: di là grattacieli, spesso moderne cattedrali erette al dio-consumo, e di qua baracche, favelas e miseria, fisica e morale, e malattie d’ogni genere. Che cosa direbbe Gesù a questa vista desolante? “Ve l’avevo detto di amarvi. Non l’avete fatto ed ecco le conseguenze”. E se altri quadri ci offrissero, come in un collage, squarci di città, conosciute come le più ricche del mondo, e altre con tecniche le più avanzate, e panorami di ambienti desertici con uomini, donne e bimbi che muoiono di fame. Che direbbe Gesù se apparisse nel bel mezzo? “Amatevi”. O se vedessimo immagini di lotte razziali con stragi e violazione di diritti umani… O interminabili conflitti come quelli che avvengono in Medio Oriente, col crollo di case, feriti, morti ed il continuo micidiale cadere di bombe o di altri ordigni mortali?… Domandiamoci ancora: che direbbe Gesù di fronte a tanti drammi? “Ve l’avevo detto di volervi bene. Amatevi come io vi ho amato”. Sì, così direbbe di fronte a questi ed alle più gravi situazioni del mondo attuale. Ma la sua parola non è solo un rimpianto di ciò che non è stato fatto. Egli la ripete oggi per davvero. Perché Egli è morto, ma è risorto e – come ha promesso – è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo. E ciò che dice è di un’importanza immensa. Perché questo “Amatevi a vicenda come io vi ho amati” è la chiave principale per la soluzione d’ogni problema, è la risposta fondamentale ad ogni male dell’uomo. (…) È esigentissimo e forte ed ha però il potere di cambiare il mondo. (…) E un amore pronto a dare la vita è ciò che Egli chiede anche a noi verso i fratelli. Non è sufficiente per Lui l’amicizia o la benevolenza verso gli altri; non gli basta la filantropia, né la sola solidarietà. L’amore che chiede non si esaurisce nella non-violenza. È qualcosa d’attivo, d’attivissimo. Domanda di non vivere più per sé stessi, ma per gli altri. E ciò richiede sacrificio, fatica. Domanda a tutti di trasformarsi da uomini pusillanimi ed egoisti, concentrati sui propri interessi, sulle proprie cose, in piccoli eroi quotidiani che, giorno dopo giorno, sono al servizio dei fratelli, pronti a donare persino la vita in loro favore. (…) Andate, dunque, avanti senza esitazione. La giovinezza, che possedete, non fa calcoli, è generosa: sfruttatela. Andate avanti voi cristiani che credete in Cristo. Andate avanti voi di altre religioni, sostenuti dai nobilissimi principi su cui poggiate. Andate avanti voi di altre culture, che magari non conoscete Dio, ma sentite nel cuore l’esigenza di porre tutti i vostri sforzi per l’ideale d’un mondo unito. Tutti, mano nella mano, state certi:la vittoria sarà vostra». Chiara Lubich (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Eli Folonari ricorda Padre Novo

l mio primo contatto con Padre Andrea Balbo ed un altro frate francescano dell’Ordine dei Frati Minori, è stato sui gradini di S. Giovanni in Laterano a Roma, nel 1953: un incontro spontaneo, ideale, con l’invito all’incontro estivo del Movimento dei Focolari. Non so quanto lui si sia potuto fermare lassù sulle Dolomiti, ma al ritorno, con molti di noi, era sullo stesso treno per Roma. E’ andando nel suo scompartimento che Chiara Lubich gli ha dato il nome diPadre Novo‘. Ricordo poi, nel 1954, come le sue parole siano state decisive per la partecipazione di Chiara, sotto prove spirituali e fisiche, all’ordinazione sacerdotale di don Pasquale Foresi a Trento. Più tardi i superiori dell’Ordine lo inviarono in Terra Santa e fu proprio per  amore di p. Novo, che nel 1956, Chiara andò lì. Eravamo una piccola comitiva: mons. Pavel Hniliča (p. Maria), p. Angelo Beghetto (Nazareno), don Pasquale Foresi, Guido Mirti (Cengia), Aletta Salizzoni ed io. La Terra Santa era allora, per la maggior parte, territorio palestinese. Con grande competenza il padre ci ha accompagnato sui luoghi di Gesù: Gerusalemme, Betania, Betlemme, Emmaus, Gerico, sul Mar Morto… Dopo una settimana, alla partenza da Beirut – dove il padre ci aveva accompagnato – vedendolo con le lacrime agli occhi, Chiara si rivolge a me dicendomi :“Vuoi rimanere?” E sono rimasta in Terra Santa ancora alcuni mesi, donando l’Ideale a padri francescani e loro conoscenze. In quegli anni, essendo il Movimento ancora sotto studio della Chiesa, il vescovo Gawlina, p. Maria, p. Nazareno e p. Novo, hanno dato vita alla Lega Mystici Corporis, sotto la cui veste il Movimento ha potuto continuare a svolgere le proprie attività. Sono seguiti ancora anni duri particolarmente per i nostri sacerdoti e religiosi. Ricordo ancora che, dopo il Concilio Vaticano II, p. Novo ha lavorato come archivista per 13 anni con il Card. König al ‘Segretariato per i non credenti‘ appena istituito da Paolo VI (ora Pontificio Consiglio per la Cultura). Nel 1962 c’è stata una prima approvazione, ma solo in seguito ai colloqui tra Chiara e Paolo VI e poi Giovanni Paolo II, il Movimento dei Focolari o Opera di Maria ha potuto acquistare la sua vera fisionomia. Nel 1990 Chiara ha dichiarato che l’Opera di Maria era compiuta e Maria “contiene” tutte le vocazioni. E’ il carisma dell’unità, tutto evangelico, a cui sentono di aderire anche persone che seguono carismi antichi e attuali. L’Opera di Maria vuol essere “altra Maria” che mette in luce Gesù e in Lui ogni espressione particolare che i Santi hanno messo in rilievo, sottolineando le diverse bellezze della Chiesa, corpo di Cristo. Nel tempo erano nate le diverse branche del Movimento: focolarine/i, volontarie/i, sacerdoti e religiose/, i legati ad esso in diversi modi, ma tutti portatori del carisma dell’unità. Nel 1980, lasciato libero dai suoi superiori per dedicarsi ai religiosi del Movimento, p. Novo ne poté seguire più concretamente gli sviluppi, con una scuola di formazione al carisma dell’unità per religiosi nella cittadella di Loppiano, la promozione di incontri estivi, la costituzione di segreterie zonali, dove i religiosi erano presenti nelle varie zone del Movimento nel mondo. Grande era l’amicizia con don Silvano Cola, responsabile dei sacerdoti diocesani del Movimento. Quando è nata la Scuola Abbà, con il vescovo Klaus Hemmerle, Chiara invitò anche vari religiosi a farne parte portando la ricchezza dei loro carismi: p. Jesus Castellano carmelitano, p. Fabio Ciardi dell’OMI e per primo p. Novo, francescano. P. Novo è rimasto al Centro dei religiosi, fedele all’Ideale, fino a quando la salute gliel’ha permesso. Aveva un rapporto personale con Chiara anche come suo confessore. Nei momenti difficili di lunghe prove, l’ha seguita con eccezionale disponibilità. E’ stato lui a darle l’unzione degli infermi al Policlinico Gemelli. Ora in cielo l’immaginiamo accolto, oltre che dalla Trinità, da Maria, come costruttore della Sua Opera e da Chiara, Foco, p. Maria, p. Nazareno, p. Massimei, p. Savastano, p. Cik e p. Leonardi componenti del primo Centro dei religiosi, ma anche da tanti focolarini e focolarine ed altri ancora che hanno beneficiato dei suoi consigli. Ringraziamo p. Novo, per la sua fedeltà all’Opera. Anche ultimamente desiderava ritornare al Centro ed ora è sepolto a Rocca di Papa, nella tomba comune con la scritta “Noi abbiamo creduto all’Amore”. (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Al Genfest per costruire ponti

“L’incontro di migliaia di giovani provenienti da tutte le latitudini, di diverse etnie, culture e religioni, mossi da un’idea che è già esperienza di vita e azione sociale: costruire un mondo unito e solidale”. È la presentazione che la testata ufficiale della Chiesa cattolica fa della grande manifestazione organizzata dai giovani dei Focolari, ormai al via nella capitale ungherese. Il giornale Vaticano sottolinea la costruzione di lacci d’unità a tutto campo e, in particolare, “fra gruppi e movimenti, fra cristiani di varie denominazioni e tra fedeli di diverse religioni”. L’articolista ricorda come soleva definire il Genfest Chiara Lubich: “Una cascata di Dio”, la cui sorgente – continua il giornale – “è la stessa scintilla ispiratrice del movimento (dei Focolari), la scoperta di Dio Amore”. Leggi tutto l’articolo Sito ufficiale del Genfest Area Stampa (Servizio Informazione Focolare) (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

“Let’s bridge”: tutti protagonisti!

A poche ore dall’inizio del  Genfest, l’attesa è grande. Quest’anno sarà la decima edizione della manifestazione nata da una intuizione profetica di Chiara Lubich (1920 – 2008) del 1973, a Loppiano (Italia). Alle nuove generazioni, presenti fin dagli inizi nei Focolari, Chiara ha consegnato senza riserve il suo ‘sogno’ di un mondo unito: ‘Ho sempre avuto una grande fiducia nei giovani – diceva – sono il futuro del mondo! Sono fatti per i grandi ideali e sanno seguirli con radicalità. La scoperta di un Vangelo che si fa vita e che attua ciò che promette, è ciò che più li attira. É l’ideale di un mondo unito che li affascina’. I giovani dei Focolari stanno lavorando da più di un anno, insieme agli adulti del Movimento, in una comunione di idee ed esperienze professionali. Sono 3.000 i volontari coinvolti e 600 tra attori, tecnici e staff, provenienti da tutto il mondo. Ve ne facciamo conoscere alcuni. Ark dalle Filippine: “Sono infermiere e non ho l’esperienza di un professionista che organizza grandi eventi, ma il cercare di vivere il Vangelo, mi aiuta  a vedere ogni momento (sia positivo che negativo) come un’opportunità per amare e costruire rapporti di fraternità con chi ho accanto”. Lavoro nella commissione che si occupa della produzione generale. – dice Luca, italiano, con studi in optometria – Sapersi perdonare quando necessario e riuscire a mantenere l’ago della nostra bussola puntato sempre in Alto è straordinario”. Zsolt, ungherese di professione economista, che sarà responsabile di uno degli alloggi dove verranno ospitati i giovani, non frena il suo entusiasmo:”Non vedo l’ora di dare una mano nel funzionamento del buffet, durante il periodo delle prove generali!”. E poi c’è Lisa che viene dall’Austria e canterà una delle 21 canzoni, composte dai giovani dei Focolari in diversi Paesi del mondo, vincitrici del concorso del Genfest; Andrea, italiano e giornalista, che sarà uno dei 3 conduttori del Genfest; Rafael, 27 anni, pubblicista, che da più di un anno ha lasciato il Brasile e il suo lavoro per  dedicarsi completamente alla preparazione di questo evento di cui è corresponsabile del settore della ‘comunicazione’. Maru, argentina, ci confida: “Facendo questo lavoro – si occupa della pagina del Genfest su Facebook in spagnolo – ho scoperto che il mondo unito, non solo, sarà possibile realizzarlo a Budapest, ma che si comincia a viverlo, nella preparazione, con la squadra di lavoro”. E, ancora, Adélard burundese, che suonerà con altri 16 ragazzi e Pelusa argentino, uno dei 4 componenti della band “Anima Uno”. E non si finirebbe più… Fabricio, peruviano e ingegnere civile esprime l’esperienza di tutti: “Abbiamo forte in cuore che la fraternità universale non è un’utopia, è uno stile di vita al quale abbiamo aderito e che vogliamo portare avanti dai piccoli atti concreti fino alle grandi manifestazioni. Siamo coscienti che siamo giovani e non abbiamo tante risorse individualmente, ma noi ce la stiamo mettendo tutta. Il cammino è già iniziato!”. Sono numerosi i fan (tra i 18 e i 24 anni) che seguono i canali ufficiali dell’evento, sulle reti sociali, in varie lingue. Le persone raggiunte sono circa 76.000 ogni settimana. Per seguire l’evento su Twitter l’hashtag  è: #genfest.


The Genfest 2012 project has been funded with support from the European Commission.
This communication reflects the views only of the author, and the Commission cannot be held responsible for any use which may be made of the information contained therein.

(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Il silenzio e la parola. La luce

Un percorso di riflessione verso una “nuova comunicazione”, dell’uomo e per l’uomo. Viviamo in un’epoca dominata dalla comunicazione. Si comunica sempre. Comunque e dovunque. Una babele di parole, immagini, suoni. Un frastuono che spesso perde di vista la persona umana come centro del processo comunicativo. È questo il filo conduttore dello studio di Zanzucchi che, partendo dall’analisi del contesto massmediologico attuale, traccia un percorso di riflessione sul binomio “silenzio e parola”, e giunge alla proposta di una “nuova comunicazione”, dell’uomo e per l’uomo. Sul valore del silenzio e dell’ascolto nella comunicazione, riflette anche Benedetto XVI nell’ultimo messaggio sulle comunicazioni sociali, nel 2012, dal titolo: Silenzio e Parola, un cammino di evangelizzazione. Il volume, edito da Città Nuova, è a firma di Michele Zanzucchi. (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

A Fatima i Focolari in festa

Fatima, 19 agosto. Siamo al momento culmine della visita di Maria Voce e Giancarlo Faletti in Portogallo: l’incontro con i membri dei Focolari provenienti da tutti i punti del Paese lusitano, comprese le isole anche più lontane. Una giornata rimandata di 8 mesi, perciò tanto attesa. Una vera festa nell’atmosfera di “esultanza” che ha accompagnato ogni intenso giorno di questa visita.Sono venuta a Fatima ad affidare il Movimento dei Focolari a Maria, insieme a tutti voi” – confida la presidente. Pochi sanno che il Movimento dei Focolari è stato riconosciuto dalla Chiesa cattolica anche con il nome di “Opera di Maria” per la sua natura laica e “mariana”. Il legame con la madre di Gesù è perciò molto forte, come lo è per questo popolo e per ogni portoghese. Un legame che fa l’identità stessa dei lusitani, e che va oltre le convinzioni religiose o laiche; che impregna la musica, la cultura, l’arte, l’architettura, il loro modo di esprimersi, di essere. Gente che fa sul serio, con discrezione, sobrietà e armonia. Impressiona il rapporto ancestrale del popolo portoghese con la “Nossa Senhora”. Già nel 1646, il Re Dom João IV offrì la sua corona alla Vergine Immacolata, affidandole il suo popolo e proclamandola “Rainha de Portugal”. Da allora, più nessun re volle indossare la corona che continua a portare solo Lei. In mattinata, dopo un festoso saluto-dialogo con 140 gen3 impegnati con gli adulti a vivere per un mondo più unito, Maria Voce e Giancarlo Faletti vengono accolti, nell’Auditorio “Paulo VI”, dal canto di un coro intergenerazionale e da 1.800 membri del Movimento, animatori di circa 22.000 persone che si sentono, in qualche modo, parte della grande famiglia dei Focolari in questa terra. In un clima crescente di gioia, si presentano le varie comunità sparse in tutto il territorio e raccontano testimonianze e iniziative messe in atto per aiutare, in questo momento di crisi, tanti che si trovano nel bisogno. Una vera lezione di Vangelo vissuto. Maria Voce esclama: “Mi sembra di vedere tante luci, tanti fuochi accesi sparsi dappertutto, che illuminano e riscaldano chi vi sta vicino”. Segue un momento solenne: sul grande schermo scorrono i volti di tanti membri del Movimento (adulti, sacerdoti, religiose, ragazzi) che hanno già concluso il viaggio terreno e che continuano a  testimoniare con la loro vita che la Spiritualità dell’unità è una nuova via di santità. Arriva, poi, il momento del dialogo. Miguel (9 anni), chiede a Maria Voce cosa ha pensato quando è diventata presidente. “Mi pareva – lei risponde con semplicità– che Gesù mi chiedesse: mi vuoi bene? Mi vuoi aiutare a portare avanti l’Opera di Chiara? Se tu mi aiuti Io ti aiuto! Tu, al mio posto, cosa avresti risposto? Ma la portiamo avanti insieme!”. I e le Gen4, come risposta, le consegnano i loro risparmi destinati ai bambini più bisognosi del mondo. Seguono le domande dei giovani e degli adulti: sul significato del dolore, sul contributo da dare nelle comunità parrocchiali, su come armonizzare i vari impegni di lavoro, nel Movimento e nella famiglia. Forte il desiderio di imitare Maria, di condurre una vita più sobria, di scoprire la propria vocazione. Si parla anche dell’inculturazione e del ruolo del Portogallo nel contesto europeo e, in particolare, su quale può essere il contributo specifico del Movimento. La folta presenza e il protagonismo dei giovani, fa dire a Maria Voce: “Il Portogallo può dire che i giovani ci sono! E poi, qui si sente una presenza particolare di Maria che voi potete testimoniare come nessuno”. Nel pomeriggio, uno spettacolare “Musical” interpretato da grandi e piccoli. La trama apre uno squarcio sulla storia del Portogallo e sull’arrivo – negli anni ’60 – del Movimento. Ci sono gli elementi principali della cultura lusitana: la sacralità del fado, i cori dell’Aletejo (regione al centro sud), le colorite danze popolari delle diverse regioni e delle  isole, moderne coreografie, canzoni dei giovani. Le immagini sullo schermo gigante accompagnano l’ accattivante racconto. L’intensa giornata è volata via in un fiato. Si parte da Fatima col desiderio di portare dappertutto “l’esultanza” sperimentata, il fuoco dell’amore evangelico che brucia nel cuore di ciascuno. Dall’inviato Gustavo Clariá (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Voglia di rivoluzione

Una miscela esplosiva: 150 gen di tutto il Portogallo (comprese le isole di Madeira e le lontane Azzorre) con i motori accesi da circa un anno, in preparazione dell’imminente Genfest che vedrà 200 di loro riuniti a Budapest insieme ad altri 12.000 giovani di tutto il mondo.  Se a loro aggiungiamo un luogo unico come la cittadella Arco-Iris e sommiamo la presenza speciale di Maria Voce e di Giancarlo Faletti, ecco fatta la miscela esplosiva di gioia e di “voglia di rivoluzione” sperimentata il 18 agosto 2012. Cominciano loro, i giovani dei Focolari, offrendo alla presidente e al copresidente del Movimento le tante iniziative per raccogliere i fondi necessari per non mancare all’appuntamento mondiale di Budapest: un caffè concerto a Porto (a nord del Paese) con 300 amici coi quali condividere il  sogno di un mondo più unito; un “festival del gelato” a Faro (nel sud), una giornata aperta con oltre 700 partecipanti; e poi: bancarelle, lavaggio di macchine, giardinaggio, servizio di babysitter… tutto serve per lo scopo, anche se ci tengono a dire che in realtà: “Tutto è stata un’occasione per allacciare rapporti più veri con i nostri amici e con tanti ragazzi e ragazze che ora conoscono e vogliono condividere con noi l’ ideale di un mondo unito”. Un’interruzione musicale: il complesso “Contrasto” interpreta, in prima esclusiva, la canzone che suonerà a Budapest, insieme ad altre 21 canzoni vincitrici del concorso indetto appositamente per i complessi gen di tutto il mondo. Subito dopo partono a raffica le domande che svelano i loro sogni e spaziano dalla crisi economica e sociale, alla disoccupazione, dalla mancanza d’impegno, all’individualismo… Vogliono capire il senso profondo di quanto sta accadendo nel mondo in cui vivono e quale contributo possono dare. Dio è Amore sempre! – risponde Maria VoceQuando Chiara Lubich ha fatto, insieme alle sue giovani amiche, questa scoperta, c’era la guerra, ma questa certezza era così forte che si andava oltre le difficoltà… E oggi, proprio questa nostra certezza, può diventare speranza per gli altri. Ecco il vostro contributo: testimoniarla con la vita, evidenziando i valori della solidarietà, dell’unità”. E Giancarlo Faletti: “Mettiamo in moto la fantasia. La fede in Dio Amore ci aiuterà a trovare nuove soluzioni”. “In questo tempo stiamo comunicando l’Ideale dell’unità a tanti giovani – dicono i gen di Porto -, ma siamo pochi… hai qualche consiglio da darci?”. Maria Voce non ha dubbi: “Mai lasciarsi fermare dall’idea che non ce la facciamo, perché è Dio che porta avanti le cose.  Senza paura, comunicate l’Ideale dell’unità a piene mani!”. “L’ateismo e l’agnosticismo sono molto presenti fra i giovani – dicono i gen di Faro – pur volendo fondare la propria vita su valori veri. Come riuscire a dialogare, a incontrarci?  “Il nostro ideale evangelico è universale – evidenzia la presidente –. Dialogare con i fatti, con la nostra coerenza e anche con un linguaggio adatto. Dobbiamo saper dare le ragioni della nostra fede; ma lo si fa vivendo prima il Vangelo, e poi trovando le parole adatte”. “Qual è la cosa più importante che dobbiamo fare, oggi, come Movimento Gen?   “Essere tutti votati a questa meravigliosa causa, il mondo unito – risponde Maria Voce . I nuovi mezzi di comunicazione aiutano alla comunione, ma attenti a non mollare il radicalismo dell’amore che è personale, che esige tutte le nostre energie”. Giancarlo Faletti aggiunge, andando alle origini del Movimento Gen:Chiara, quando ha fondato la seconda generazione, voi gen, ha parlato di ‘rivoluzione evangelica’! Aiutiamoci a vivere essendo sempre questa rivoluzione viva. Dall’inviato Gustavo Clariá (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Maria Baxiu

La biografia di una donna che ha dedicato la sua vita alla promozione del dialogo tra Ebrei e Cattolici. La vita di Maria Baxiu (1924-1982) è stata interamente consacrata alla promozione del dialogo cristiano-ebraico. Con coraggio e determinazione si dedica alla conoscenza di Israele dal punto di vista biblico, storico e teologico, alla decostruzione degli stereotipi e, infine, alla costruzione di una teologia che, invece della negazione e della contrapposizione, abbia il sapore del riconoscimento e reciproco arricchimento. Un obiettivo che persegue soprattutto intrecciando relazioni con ebrei e con cristiani nella consapevolezza che solo incontrandosi si possono abbattere i pregiudizi. Una vita che Sgarbossa, esperto biografo, racconta con dovizia di particolari e talento narrativo. Città Nuova Editrice  (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

I giovani vogliono eroismo

Dove è l’ardimento, vi accorrono i gio­vani, che, se non sono infiacchiti da tare morali, amano la bellezza suprema che è Dio, affrontano la battaglia più ardita, che è della fede, amano i rischi più ingrati della purezza, della rinunzia, della dedi­zione. Se esitano di fronte a Cristo è perché forse ne conoscono una figura defor­mata, essendo stata forse presentata la religione sotto parvenze fiacche mondanizzate, mediocrizzate: rivestite di com­promessi e compresse negli adattamenti, come un’attività secondaria o marginale o addirittura semiclandestina: qualcosa di senile e di noioso, che ansima per stare al pas­so delle generazioni. E invece i giovani, se scoprono il vero volto di Cristo, se colgono la vera essenza della Chiesa, sono rapiti proprio dal rischio dell’Evangelo. «Ri­schio pericoloso è disertare a Dio» dice­vano i primi Padri, nell’adolescenza della Chiesa. E i giovani vogliono correre l’avventura pericolosa e bramano di gettarsi allo sbaraglio dell’amore di Dio in mezzo al mondo. Essi non sanno che farsene di un cri­stianesimo rimpicciolito, ridotto alla misura dell’uomo del giorno, come una moda di stagione: vogliono un cristianesimo grande. Lo vogliono immenso. E così non amano una chiesuola: vogliono una chiesa, grande, sterminata, in cui entri regolar­mente tutta l’umanità, popolo di Dio. Se le vocazioni difettano è anche perché ai giovani non basta neppure la somma di difficoltà e di ardimenti esterni che talora si offre loro: essi vogliono la ca­stità, in un mondo incestuoso, vogliono la povertà, nell’orgia del Mammona, vogliono l’amore, in una società vivisezionata dagli odi. Si annoiano in comunità in cui si evi­ta, o si esita a parlare di unione con Dio,di meriti di Maria Vergine, di preghiera e di penitenza; dove non vive costantemente la vita del Corpo mistico, come comunione soprannaturale coi fratelli e con Dio, come concittadinanza con Dio svolta tra i cit­tadini del mondo, per incarnare nell’epi­sodio dell’esistenza umana le grazie della vita divina. Per essere Cristo fra i fra­telli, per i fratelli. Non basta quindi loro una religione ridotta a sola cultura, a organizzazione, a tecnica d’apostolato, a disquisizioni e elucubrazioni estetiche o metafisiche o letterarie. Cercano, i giovani, timidamente maga­ri, sotto un aspetto di cruccio e di rivol­ta. Cercano Cristo, come lo cercarono, prima dell’Incarnazione, i popoli pagani; e lo cercano, perché sono avidi di amore: ma amore, non nel senso, o almeno, non solo nel senso naturale, ma carità sopran­naturale che, nel pratico, li accomuni alla massa ignuda e sofferente, e per essa alla Potenza sovrumana e alla Paternità divi­na, a cui l’anima loro, naturaliter christiana, istintivamente anela: un amore che l’immetta nel circuito della vita di Dio.

Foto © Centro Igino Giordani

I giovani amano le missioni più ardite, accorrono appena li chiama un Don Orione, una Canossa, una Cabrini, chiun­que sia in grado di offrire loro un’avven­tura di sacrificio e di purezza, di servizio e di dedizione: che, in fondo, essi amano l’eroismo della croce, la pazzia della croce. Cambiano quando, sotto la spinta del vizio, intimamente invecchiano. Ma que­sta è la lezione divina di questa crisi umana, su cui versiamo fiumi di lacrime, d’inchiostro e di coca-cola: non si vive senza un assoluto. Gesù passa, e i giovani lo seguono se lo vedono: se la vista di lui non è impe­dita dall’insorgenza  di creature  umane, superbe, cioè messesi super, più su degli altri, per denaro o potere politico o enfia­gione di vanità. E se appena ne scorgono il viso giovanile, puro e divino, essi la­sciano padre e madre, fidanzamenti  e lucri, agi e lusinghe, e lo seguono, prima sulle vie dell’apostolato e poi su quella del calvario. Essi vogliono Cristo, e Cristo crocifisso. E Gesù passa: e se lo seguiamo, senza voltarci, senza chieder licenza per andare a ferrare cavalli o a comprare buoi, a fare salamelecchi a tizio e proposte a caio, di­ventiamo ipso facto giovani: ragazzi, per i quali è fatto il regno dei cieli. Convertirsi allora, lo vediamo, è trovare la via, e scoprire che s’è perso tempo a coltivare illusioni e tirar su baracche. Splende in fondo al nuovo panorama una croce: ma è il segno della vittoria sulla morte. Abbiamo in Lui scoperto l’eterna vita.

Igino Giordani, in «Fides», Agosto 1955, pp.242-245. (altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Al Polo “Giosi Guella” si sogna!

16.08.2012 Polo Industriale Siamo al Polo imprenditoriale della cittadella portoghese dei Focolari, inaugurato solo due anni fa. Una delle parole più ricorrenti è sonho: non solo il sogno del Polo, diventato realtà grazie alla tenacia di un gruppo di imprenditori che aderiscono ai principi dell’Economia di Comunione (EdC), ma anche i sogni, diventati realtà, delle esperienze scambiate in seguito. Mário Massa – coordinatore della commissione nazionale EdC – fa gli onori di casa, e racconta il suo impegno come imprenditore di un’azienda che ha fatto propri i principi dell’Economia di Comunione. Anche i fratelli Faria Lopes raccontano quando, nell’87, hanno dovuto assumersi la responsabilità dell’azienda familiare. La proposta dell’EdC, nata nel ’91, ha rafforzato in loro la convinzione di gestire l’attività secondo i valori della comunione e della condivisione. Oggi, sono tre le loro unità industriali, dove lavorano più di 60 persone. “Qualche giorno fa – racconta uno di loro -, davanti al silenzio delle macchine ferme per la sosta estiva, quel posto di lavoro mi è sembrato sacro. Lì, ogni giorno, si lavora dando il meglio di sé, sia nella produzione che nel rapporto tra i colleghi e con tutti quelli a cui si serve”. Maria Voce, presidente dei Focolari, dopo aver ascoltato con attenzione la carrellata di testimonianze degli imprenditori, esclama: “Le vostre esperienze sembrano un canto!”, aggiungendo che in esse si avverte “l’operare di Dio”. E mette l’accento sulla libertà, come “il dono più grande che Dio ha dato all’uomo”, perché, rifacendosi al nome completo del progetto EdC, afferma che l’”Economia di comunione” si può realizzare solo nella libertà. “Cerchiamo di far crescere l’amore, in noi e in tutti, – continua la presidente – e l’amore stesso spingerà verso la comunione, contagiando tanti altri” a vivere la propria attività economica in modo solidale. E Giancarlo Faletti, copresidente del Movimento, aggiunge: “Non aver paura dei momenti di difficoltà, ma prenderli come occasione per approfondire la comunione”. 16.08.2012 Polo Industriale Nel contesto della crisi attuale, come fare per aiutare i giovani a portare avanti i loro progetti, i loro sogni, quando si trovano forse laureati ma disoccupati? “E’ un problema mondiale – risponde Maria Voce -. Le aziende di EdC possono fare qualcosa, ma soprattutto possono avere fiducia nei talenti dei giovani. La collaborazione con loro, forse non nell’immediato, porterà a generare nuovi posti di lavoro”. L’attenzione verso i giovani sembra proprio una priorità degli imprenditori portoghesi legati al Polo ‘Giosi Guella’. Per loro è nata l’idea di svolgere delle Summer School” internazionali che approfondiscano i principi dell’EdC . Il sogno diventerà realtà dall’11 al 15 settembre prossimi. “Towards a Bridging Economy: Verso una economia che costruisce ponti “, questo il titolo – in continuità con il Genfest – della scuola che si svolgerà in collaborazione con l’Università Cattolica Portoghese. Essa vuole diventare una possibilità per i giovani partecipanti di impegnarsi ancor di più nella costruzione di un mondo unito. Sono già 80 i giovani iscritti, la maggior parte studenti e imprenditori, provenienti da 22 paesi di 4 continenti. Ci saranno personalità del mondo accademico e imprenditoriale e il coordinatore centrale dell’Economia di Comunione, Prof. Luigino Bruni dell’Istituto Universitario Sophia e dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca (Italia). Attualmente il Polo accoglie tre aziende;  altre dieci imprese portoghesi aderiscono all’EdC e sono collegate con il Polo imprenditoriale di Abrigada. “Vorremmo che il Polo Giosi Guella – concludono gli organizzatori – diventi sempre più uno spazio di formazione e di incontro/dialogo tra i diversi operatori che già lavorano per una nuova economia”. Dall’inviato Gustavo Clariá

(altro…)

Dio è Amore anche nella malattia?

Cittadella Arco-Íris

L’arrivo alla cittadella portoghese della presidente dei Focolari, accompagnata dal copresidente, il 15 Agosto, coincide con la festa dell’Assunzione di Maria. La liturgia parla dell’esultanza del bimbo nel grembo di Elisabetta. Un segno che fa dire alla presidente: “Sarà il viaggio dell’esultanza!”. L’accoglienza all’aeroporto e poi alla cittadella sembra confermarlo. C’è un folto gruppo ad accoglierli, con una coreografia degna della “creatività dell’amore”: un portico ricoperto di fiori sgargianti, due campinos (contadini a cavallo con colorati costumi tradizionali), la musica, le famiglie, i bambini… Il 16 agosto è dedicato alla visita della cittadella Arco-Íris (Arcobaleno), che compie 15 anni di vita. Infatti, nel ‘96 venne acquistato il terreno ad Abrigada, località situata a circa 50 km da Lisbona, con il contributo di tutte le comunità lusitane. Si parte dal camposanto per visitare le “vere pietre vive” della cittadella. Sono ormai 8, quasi ad indicare che la Spiritualità dell’unità in Portogallo ha messo profonde radici. Ci si sofferma davanti al volto raggiante di Eduardo Guedes, focolarino e primo gen portoghese. Maria Voce – come aveva fatto pochi giorni prima che Eduardo ci lasciasse – gli affida i giovani ed in particolare, l’imminente Genfest. Si continua nella sede dell’Editrice e giornale Cidade Nova: 12 persone impegnate, più collaboratori esterni; 3.000 abbonamenti al giornale; una buona produzioni di libri. “Gli uffici sono belli, sobri, essenziali”, commenta la presidente, sottolineando l’importanza dell’unità tra tutti che dà vita e diffonde un messaggio valido e credibile. Arriva il turno dei gen: un’esplosione di gioia tra la trentina dei presenti riuniti per l’occasione. Maria Voce e Giancarlo Faletti incontrano nelle due casette, punti di riferimento per tutti, dove alcuni abitano per un certo periodo, i e le gen portoghesi. Studiano o lavorano a Lisbona, o nelle vicinanze. Monica fa la fisioterapista in un ambulatorio che funziona nella cittadella: “Per me è un grande dono essere qui. La presenza di Gesù fra noi, nella casetta, con gli abitanti della cittadella, nel lavoro… mi spinge a vivere l’ideale dell’unità, anche quando mi rapporto con altre persone”. Tiago, 24 anni, prossimo alla laurea in medicina: “Il mio impegno è quello di cercare di vivere sempre nella volontà di Dio. Così sento che ‘insieme, siamo Gesù’ che costruisce la cittadella e la vita di ognuno di noi”. Maria Voce li sprona a donare la vita del Vangelo vissuto a tutti, “che esploda” dappertutto. Da ricordare che ogni 1° maggio, circa un migliaio di giovani si dà appuntamento nella cittadella. Prossima tappa, le famiglie! Sono cinque, di cui due nella cittadella e  altre nei dintorni. “Siamo qui da 10 anni, abbiamo visto nascere la cittadella” – dicono José e Conceição Maia, prima famiglia a trasferirvisi con i loro sei figli. “Siamo qui da tre anni – raccontano Tonì e Idalina Nogueira,  con cinque figli –. Siamo felici! Facciamo un’esperienza nuova, sia come famiglia che come comunità. Ogni giorno alcuni di noi partiamo insieme per Lisbona, chi per lavoro chi per studio, e torniamo insieme, concludendo la giornata con la Messa nella cittadella”. Maria Voce sottolinea l’importanza delle famiglie, non solo per la cittadella, ma anche per la Chiesa e l’umanità e afferma: “Ciò che conta è la novità, mai scontata, della vita evangelica; perciò, ricominciare sempre, ogni giorno, senza preoccuparsi”. E Giancarlo Faletti: “Sono bellissime le case, ma ancor più importante è il cammino che avete fatto come famiglia, superando le varie difficoltà”. Nel pomeriggio il Polo “Giosi Guella”, inaugurato nel 2010, con tre aziende di Economia di Comunione in funzione e una decina sparse nel Paese e ad esso collegate. Quindi, la visita all’armonioso Centro Mariapoli, che possiede una sala per 200 persone, 60 posti letto e accoglie una media di 5.000 ospiti l’anno. Si prospettano prossimi sviluppi, espressione della crescita del Movimento in Portogallo: la visita al terreno dove sorgerà la casa delle “volontarie di Dio”, con la posa della medaglietta della Madonna, in un clima di gioia e commozione; e i progetti (realizzati da due giovani architette) di una serie di casette. L’intensa giornata si conclude con la Messa, animata dai canti interpretati nello stile del Fado, anima del popolo portoghese, come dirà Maria Voce nel saluto finale: “Abbiamo vissuto il primo giorno in Portogallo con una gioia sempre crescente”; e riferendosi alle canzoni evidenzia il valore dell’interpretazione. Ricordando poi, che Chiara Lubich invitava a interpretare in terra la parte di Gesù, si augura che emerga da questo popolo il “Gesù portoghese”, dono per tutti gli altri popoli. Aggiunge Giancarlo Faletti: “Una giornata piena di Dio… Abbiamo motivi per esultare!”. E la presidente ancora: “Ora viviamo la gioia. Ora la Madonna canta ancora il Magnificat”. Dall’inviato Gustavo Clariá Servizio fotografico © M. Conceicao / M. Freitas


Video presentazione della Cittadella Arco-Íris (altro…)