Movimento dei Focolari
Terre di Loppiano: 200 prodotti, 1000 sapori

Terre di Loppiano: 200 prodotti, 1000 sapori

Il sito è azzeccato, la grafica è accattivante, ma è soprattutto il gusto a non tradire mai: tre ingredienti che hanno fatto la fortuna di Terre di Loppiano, un’azienda nata per promuovere e commercializzare, anche attraverso un negozio online (www.terrediloppiano.com) il lavoro di alcune imprese che operano nel settore agro alimentare. Il “paniere” è composto da circa 200 prodotti qualificati, certificati, tracciabili, garantiti e testati, e provengono da varie parti del mondo. L’imprenditore Giorgio Balduzzi è l’ideatore e tra i fondatori dell’azienda. Con lui scambiamo qualche impressione su questo progetto. Terre di Loppiano…perché questo nome? «Il brand Terre di Loppiano non esprime tanto un legame territoriale, quanto il valore intrinseco della “terra” che, se rispettata, sa dare dei frutti di altissima qualità; mentre “Loppiano” è il riferimento del nostro agire che affonda le radici nell’humus della spiritualità dell’unità di cui la cittadella è testimonianza». Le aziende che fanno parte di Terre di Loppiano aderiscono al progetto dell’Economia di Comunione (EdC)? «Contrariamente a quanto si possa pensare delle 15 aziende che ne fanno parte solo alcune aderiscono all’EdC; mentre altre sono state scelte sul mercato per caratteristiche professionali ed etiche simili alle nostre: Anche se adesso queste imprese hanno chiesto di far parte del progetto di EdC». Quale valore aggiunto ha portato al vostro lavoro il rapporto con queste aziende? «In realtà è proprio dal rapporto nato con alcune di queste aziende che non fanno parte dell’EdC,  che è nata l’idea di promuovere alcuni loro progetti mirati al sociale. È importante far conoscere queste possibilità e soprattutto metterle “in rete”, non solo per superare i possibili rapporti di concorrenza reciproca, ma soprattutto per mettere le esperienze di ciascuna impresa al servizio del bene comune». Sinergie, rapporti, fare rete, fare squadra: sembra un’unica mission la vostra… «Sì. Abbiamo sperimentato che con l’aiuto e la ricerca del bene comune fra le stesse aziende, è possibile uscire perfino dalla crisi. Nel 2010, ad esempio, Terre di Loppiano si è imbattuta in un’azienda produttrice di miele a rischio chiusura. L’incontro con noi è stato una boccata di ossigeno: noi abbiamo acquistato presso questa azienda una partita di miele annuale, grazie a questa “rete” l’abbiamo diffusa sul mercato, evitando il fallimento dell’azienda». Siete già oltre l’Italia? «Abbiamo aperto otto negozi a nostro marchio in Corea, grazie al contatto casuale con un importatore coreano che ha sposato la nostra stessa sfida; e adesso si adopera per far conoscere questo agire economico in Corea». Sono richiesti quindi grande impegno e responsabilità… «È vero, le cose vanno fatte bene, e se si fanno anche per amore di chi ci passa accanto, che magari vive una situazione difficile, i risultati non mancano. Le esperienze sono continue: un negozio agro-alimentare che rivende alcuni nostri prodotti ha affermato di aver capito lo spirito di questo tipo di aziende guardando il rapporto tra noi; alcuni nostri fornitori adesso chiedono di fare il percorso formativo di questa nuova cultura economica. Noi cerchiamo di lanciare il sasso e fare la nostra parte, poi se la semina è stata buona, il raccolto non può mancare». A cura di Paolo Balduzzi (altro…)

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Ildegarda. La potenza e la grazia

Il 7 ottobre 2012 Ildegarda viene proclamata Dottore della Chiesa. Scrittrice, musicista, cosmologa, poetessa, drammaturga, naturalista, filosofa, consigliera di pontefici e imperatori – tra i quali Federico il Barbarossa –, predicatrice, monaca benedettina e fondatrice di un monastero femminile, veggente fin dalla più tenera età, Ildegarda di Bingen (1098-1179) è, nel panorama delle donne illustri della storia, una figura affascinante per il carattere poliedrico della sua genialità. Questa Vita Hildegardis, in cui la pupilla Adelheidis raccoglie e mette per iscritto le parole della venerabile maestra, ci restituisce con la piacevolezza di un romanzo e la veridicità di una biografia storica il ritratto di una donna e santa, modello di una femminilità forte e moderna. Lucia Tancredi è nata nel 1963 a San Marco in Lamis, nel Gargano. Vive a Macerata dove insegna letteratura. Ha fondato e diretto «EV – mensile di scrittura ricreativa». Ha scritto Donne in posa (Ed. UniTre) e Racconti di viaggio – le città d’arte della marca maceratese (Ed. QuodLibet). Per Città Nuova ha pubblicato: Io, Monica, le confessioni della madre di Agostino (2007). Fonte: www.cittanuova.it (altro…)

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A 50 anni dalla prima Mariapoli in Argentina

I primi focolarini arrivati in Argentina, Lia Brunet e Vittorio Sabbione, tra la fine del 1961 e l’inizio del 1962, si proposero come prima attivitá la realizzazione di una Mariapoli. Da pochi mesi si erano stabiliti a Buenos Aires e dato che era giá nata una comunitá a Santa Maria di Catamarca – localitá impregnata della cultura Inca, al centro delle Valli Calchaquies ai piedi delle Ande – animata dal parroco d. Antonio Priori , decisero di realizzarla il quel paesino di montagna a 1.400 chilometri dalla capitale argentina. Dato che la località non aveva alberghi, tutti i partecipanti sarebbero stati alloggiati nelle case delle famiglie. Una catena di donazioni e disponibilità che coinvolse tutta la città. Fu così che, nel luglio del 1962, si svolse la prima Mariapoli latinoamericana a Santa Maria di Catamarca. A 50 anni da questo primo seme dell’Ideale di Chiara Lubich in queste terre, oltre 250 persone provenienti dalle città e dalle provincie vicine si sono date appuntamento l’1° e 2 ottobre 2012 per quella che è stata definita “La Juntada” (l’incontro). Tutto è nato molto spontaneamente, senza tanta organizzazione. C’era il desiderio di ricordare quel momento di fondazione ed esprimere un nuovo annuncio della fraternità evangelica: il risultato superò le aspettative. Ci sono stati momenti di festa, con la partecipazione di artisti locali. Particolarmente solenne la Messa domenicale, con il ricordo di Lia, Vittorio, d. Antonio Priori, di Rosita Sanchez (una delle prime focolarine argentine che conobbe il Movimento in quella prima Mariapoli), Rubio Moya (volontario, che sostenne la comunitá fino ai suoi ultimi giorni di vita). La dimostrazione che in questi 50 anni lo spirito dell’unità si è radicato a Santa Maria, è stata la visita alle opere sorte e l’incontro con le persone che le hanno fatte nascere, trasformate loro stesse dalla vita del Vangelo. La Scuola Aurora che recupera le tecniche artigianali della cultura delle Valli Calchaquies, e Tinku Kamayu (Insieme per lavorare), una cooperativa di filatura e confezione sorta da un gruppo di alunne della Scuola Aurora. Ed è rimasto nella città, come simbolo di questo momento, un murale dipinto dal giovane artista Jesús Flores che sprime l’incontro della luce portata dal carisma dell’unità e la cultura locale. Il messaggio arrivato per l’occasione da Maria Voce (Presidente dei Focolari) sottolinea il cammino percorso: “… Santa Maria è per tutti noi un luminoso esempio di quello che il nostro Ideale è chiamato a fare in queste terre: che si realizzi l’unità nella diversità (…) Spero che la comunione delle esperienze realizzate ed i progetti per il futuro possano dare a tutti la certezza che il cammino che percorriamo insieme ci fa essere quell’unica famiglia che vive per il mondo unito”. “Vedo questo come il futuro di Santa Maria, che è stata la culla dell’Opera di Maria, perché è una città ‘sintesi’, che unisce la tradizione indigena, la creola e la tradizione cristiana”, ha detto un membro del Movimento che partecipò a quella Mariapoli. “Un nuovo sentimento di speranza ha preso forza – ha commentato uno degli organizzatori dell’evento – vedendo la presenza e l’entusiasmo dei giovani che sono rimasti fino alla fine, aiutandoci a comprendere che la continuità dell’Ideale è nelle loro mani”. (altro…)

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Gen Rosso: scuola che rende forti

Chi è fortenon ha bisogno di violenza, è il motto scelto dalla scuola Werkrealschule di Isny (Allgäu-Germania),  tra i primi partner della nuova edizione del progetto educativo del complesso internazionale Gen Rosso e dell’associazione Starkmacher. Non più, quindi,  il noto “Forti senza Violenza”, ma Starkmacher Schule”, e cioè “Scuola che rende forti”.

Dall’8 al 12 ottobre, studenti e insegnanti della Werkrealschule Isny sono stati coinvolti in un progetto che li ha portati sul palco, insieme al Gen Rosso, con il musical “Streetlight”. E tutto in soli tre giorni di prove! Follia? “Forse sì – dice Tomek, uno dei componenti della band –, ma tutti ci hanno creduto e le prove sono andate avanti senza tregua”. “Un progetto che integra tutta la scuola, non capita tutti i giorni – sostiene il preside Grimm -; per questo motivo Starkmacher Schule è stato introdotto in tutte le classi”. Il progetto educativo-musicale prevede la convivenza con il Gen Rosso per rappresentare il musical dopo tre giorni di workshop in diverse discipline; e la formazione delle competenze attraverso un training sviluppato nell’Università di Heidelberg per insegnanti e studenti, che aiuta a scoprire gli strumenti e le qualità personali che si possono usare per raggiungere lo scopo. “Già nello scorso anno, alcuni insegnanti e studenti sono stati formati con questo sistema“, confida Anita Heumos, assistente sociale che si trovava l’anno scorso in veste di traduttrice ed ora organizzatrice del progetto nella sua città. “Per molti giovani non risulta scontato salire su un palco ed esibirsi davanti ai coetanei – spiega Tomek -, per questo è importante il sistema di formazione che li aiuta, proponendo loro nuove sfide e competenze. Così si garantisce la sostenibilità del progetto. È una delle novità di questa nuova edizione”. Günther Kreutzer, insegnante, aggiunge: “Uno spettacolo ha bisogno di tante persone che operano intorno ad esso. Nei  workshop, ad esempio, ci sono stati dei traduttori, perché i membri del Gen Rosso  provengono da Paesi diversi, un fattore molto coinvolgente e creativo“. “Il 9 ottobre siamo stati ricevuti dalla vice-sindaco della città di Isny, entusiasta di quanto è stato svolto nella scuola; e alcune aziende, due parrocchie (cattolica e protestante) e gente comune, hanno voluto sostenere il progetto con offerte in denaro o doni in natura”, racconta ancora Anita; e continua: “Anche il preside era molto soddisfatto dalla risposta di alcuni genitori, anche essi parte attiva del progetto”. Con l’aiuto della musica  e dei diversi laboratori creativi del Gen Rosso, i giovani hanno raggiunto un buon livello di preparazione al progetto, sia come consapevolezza della gravità della violenza di tutti i giorni che della forza interiore per poter affrontare e risolvere i problemi quotidiani. La standing ovation finale dei più di 1000 partecipanti ai due Musical nella Rotmooshalle di Isny, sembrava una ricompensa al grande lavoro svolto da tutti. Un giornale locale ha scritto: “Il Musical fa la scuola felice”. “Lo spirito di unità – conclude Tomek – ha lasciato un forte segno in ciascuno… I volti luminosi sembravano confermarlo!”.


Foto galleria Starmacher Schule Project in Isny


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Gettare le reti, oltre ogni speranza

«Carlos mi chiama una sera di agosto mentre mi trovo a riposare in un paesino dei Pirenei. La sua situazione è disperata: ha perso il lavoro da qualche mese, i debiti si sono accumulati, verrà sfrattato a breve, non ha dove andare… Ci conosciamo da anni, da quando abbiamo scelto – insieme a tanti altri allora giovani come noi – di cercare di mettere in pratica le parole di Gesù. La sua vita, però, non è stata facile: un matrimonio andato in crisi dopo 15 anni. Due figli ormai indipendenti e che rimangono il principale motivo di vita di Carlos, rimasto solo. Cosa posso fare, in pieno agosto? Ci mobilitiamo via cellulare e skype con alcuni amici e riusciamo ad ottenere l’uso di una casetta disabitata da tempo. L’attrezziamo con l’aiuto di un amico rumeno, e riusciamo a raccogliere la cifra necessaria per coprire le spese di ristrutturazione. Nel frattempo si presenta un lavoro per Carlos. Se si considera la crisi attuale e i suoi 61 anni si può ben parlare di un fatto sorprendente: rientra nelle “sorprese” a cui non ci si abitua mai, eppure sono i frutti “normali” del cercare di vivere il Vangelo nel quotidiano. Ha trovato un lavoro duro: si svolge di notte, scaricando casse per ore ed ore. Soffre di mal di schiena, ma non si può permettere di rifiutarlo. Dopo alcuni giorni, si apre una nuova possibilità come agente commerciale, il suo mestiere di sempre! Un nuovo “fatto sorprendente” che ci fa sentire vicino l’amore di Dio. A metà settembre Carlos si trasferisce nella casetta attrezzata per lui. All’improvviso mi telefona, molto scosso, per dirmi che l’indomani si dovrà presentare davanti al giudice, con l’ingiunzione di pagare i 5.000 € di affitti arretrati. Cerco di tranquillizzarlo, ma la situazione si presenta drammatica. Noi, i suoi amici, abbiamo esaurito le nostre povere risorse e non siamo in grado di raccogliere una tale cifra. Ci resta la fede nell’amore di Dio che non può abbandonare Carlos. Mentre sono in una riunione di lavoro mi arriva un sms: “Ci sono novità, è andata molto meglio del previsto!”. Dopo aver messo la sua situazione sul tappeto – ha sempre pagato i fitti, ha mantenuto un ottimo rapporto con i proprietari dell’appartamento, nel frattempo ha perso il lavoro e non è più riuscito ad onorare gli impegni mensili; si dice pronto a restituire il dovuto nei tempi e nei limiti delle sue attuali possibilità, dato che ora ha un buon lavoro – il giudice, decide di ridurre il debito a soli 1.500 € a condizione, però, che venga saldato entro il 30 ottobre, altrimenti si ricorrerà ad altra sentenza più grave. Ora basta superare l’ultimo scoglio: trovare i 1.500 €. Siamo ad ottobre. La Parola di vita ci ricorda di “gettare le reti” dove le abbiamo già gettate senza successo. Ci riproviamo con fede rinnovata e chi ci aveva detto prima di no, di fronte alla somma ridotta, accetta di anticipare la cifra! Carlos con il suo lavoro potrà ora, pian piano, restituire quest’ultimo debito». (Juan, Barcelona) (altro…)

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Una bella notizia, il Sinodo “al Campidoglio”

“Una bella notizia”. Non potevano scegliere titolo più azzeccato gli organizzatori di un convegno internazionale svoltosi stamane in Campidoglio presso la sala della Protomoteca. Roma capitale, col suo sindaco, Gianni Alemanno, offre ai suoi cittadini una giornata di confronto e dialogo sulla nuova evangelizzazione. Ospiti alcuni padri sinodali presenti in città in queste settimane per partecipare ai lavori dell’assise indetta da Benedetto XVI proprio sulla nuova evangelizzazione e alcuni laici chiamati come uditori al Sinodo stesso: Maria Voce, presidente del Movimento dei focolari, Francesco Miano, presidente nazionale dell’Azione cattolica e Chiara Amirante, fondatrice e presidente della Comunità Nuovi orizzonti. In effetti non solo di una bella notizia si è trattato, ma di tante belle notizie. Chi pensava che il cristianesimo fosse una cosa noiosa ha sentito parlare qui di gioia; chi riteneva che l’evangelizzazione fosse l’imposizione di divieti di una religione del “non si può fare”, ha visto che il Vangelo vissuto porta con sè una forza trasformante; chi credeva che la religione fosse un fatto privato ha appreso che essere laici impegnati vuol dire cambiare la vita personale, ma incidere anche nella società. E se qualcuno pensava che il Sinodo fosse un appuntamento per addetti che si svolge tra le mura del Vaticano e lì finisce, oggi ha potuto sperimentare che il Sinodo è venuto in città. (…) Il tema della città e di Roma in quanto città emerge dunque fortemente. Questa Roma, che coi suoi soli monumenti, con le sue basiliche antiche racconta le radici millenarie del cristianesimo, ne testimonia da sé la bellezza anche a chi vi giunge da posti dove il Vangelo non è ancora conosciuto; ma occorre che tutto ciò non rimanga un «museo», come suggerisce padre Lombardi, direttore della Radio Vaticana e della Sala Stampa Vaticana, che si comprenda quanto «l’evangelizzazione che dà speranza, non sia un tema estraneo ad una grande città come Roma». Un tema, questo, che torna anche nell’intervento di Maria Voce, la quale, oltre a raccontare come il Movimento dei focolari sia nato dal Vangelo e da esso tragga il senso profondo del suo operare nei più vari ambiti dell’agire umano ad ogni latitudine, ricorda che Chiara Lubich stessa, ricevendo nel gennaio del 2000 la cittadinanza onoraria di Roma, aveva dato impulso ad un’opera di evangelizzazione della città portata avanti dai membri romani dei Focolari, quella che viene chiamata Operazione Roma Amor. (Continua su Città Nuova online) Fonte: Città Nuova online 18-10-2012  (altro…)

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Salta (Argentina): inaugurata la Cattedra Libera “Società, Politica e Fraternità”

Alla fine di settembre, a Salta (nel nord dell’Argentina), si è firmato l’accordo fra l’Università Cattolica di Salta (UCASAL) ed il Movimento Politci per l’Unitá (MPPU) argentino, grazie al quale nasce la Cattedra Libera: “Società, Politica e Fraternità”.

Il rettore dell’università, José Antonio Manzaráz, ha sottolineato che, per la ubicazione di Salta nel Nordovest argentino, “è necessario pensare di più a una politica migliore”. In un’atmosfera gioiosa, c’era la convinzione di star dando un passo rilevante verso la realizzazione del fine stesso dell’Università: contribuire a formare un pensiero capace, non soltanto di interpretare ma anche di dare risposte alle problematiche locali, partecipando responsabilmente a politiche pubbliche e alla formazione di giovani con un maggiore impegno politico.

L’inaugurazione della Cattedra è iniziata con la partecipazione e l’apporto degli studenti in Arti e Musica; quindi, le parole del vice rettore Francisco Núñez circa la possibilità che offre la Cattedra Libera, grazie al sostegno  e l’esperienza del MPPU, al dialogo fra vita politica e università. Un video ha sintetizzato le origini del MPPU, la cui sorgente spirituale prende ispirazione dal pensiero di Chiara Lubich, il suo sviluppo in Argentina e gli obiettivi della Cattedra Libera.

La Dott.sa Cecilia Di Lascio, presidente del MPPU, ha poi presentato le fondamenta della proposta della fraternità nella sua dimensione universale, con il conseguente rafforzamento della vocazione politica e la trasformazione dello stile di gestione e il fine ultimo dell’esercizio del potere. Ha poi precisato che il MPPU è un laboratorio dove il pensiero e la vita politica si alimentano reciprocamente rafforzando l’impegno comune nel cercare di dare risposte alle gravi sfide di frammentazione ed esclusione delle nostre società.

Non sono mancate le testimonianze di coloro che hanno concluso la scuola di formazione sociale e politica del MPPU. Al termine, la Dott.sa Verónica López, direttrice della Cattedra Libera, ha parlato della partecipazione e del consolidamento della vita pubblica del MPPU a Salta: sia nella costruzione del dialogo e incontro fra diversi attori, sia nel dibattito sulle problematiche centrali della vita politica; la formazione dei giovani e la promozione alla partecipazione dei cittadini attraverso forum di dialogo fra politici. La Dott.sa ha poi concluso presentando le specializzazioni del 2012-2013 il cui asse ruoterà attorno lo sviluppo locale in prospettiva fraterna; gli attori principali: i docenti, i ricercatori della Rete Universitaria per lo Studio della Fraternità (RUEF), sindaci, ex-sindaci, legislatori e i funzionari pubblici del MPPU dell’Argentina, i quali grazie alla loro gestione guidata dal paradigma della fraternità, possano illuminare nuovi spazi e metodi di gestione di politiche pubbliche, insieme ai docenti dell’UCASAL.

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Vescovi: l’efficacia della testimonianza

Una serata di scambio e testimonianze, nell’arco dei lavori sinodali sulla nuova evangelizzazione, tra 27 vescovi partecipanti al Sinodo e una trentina di laici. A introdurla il presidente della conferenza episcopale della Thailandia, Arcivescovo di Bangkok Francis X. Kriengsak, moderatore dei vescovi amici del Movimento dei Focolari. “Le nostre parole vengono ascoltate se sono espressione della nostra vita”, ha esordito. Autenticità e coerenza, quindi, in “uomini e donne che hanno fatto l’esperienza di Dio, icone viventi dell’amore di Dio per la gente”. Dove? Nei luoghi abituali: lavoro, scuola, sanità, sport, famiglia, quartiere, internet. Riferendosi al suo personale percorso in una società quasi interamente buddista, mons. Kriengsak ha concluso “ma non basta la nostra testimonianza personale, seppure eroica”. Affinché il Vangelo sia efficace e convincente “occorre dare vita a piccole cellule di vita evangelica, essere noi vescovi parte viva di una comunità gioiosa e attraente”, “la Chiesa attrae quando vive in comunione”. Sui Movimenti ecclesiali come “Parole” che evangelizzano è intervenuta Anna Pelli, del Centro studi del Movimento dei Focolari e responsabile per esso del dialogo con le diverse realtà ecclesiali. Ha presentato la Chiesa nella sua ricchezza carismatica, seguendo l’inedita immagine attraverso cui Chiara Lubich descrive la Chiesa come “un magnifico giardino in cui fiorirono tutte le Parole di Dio”: vi “fiorì Gesù, Parola di Dio, in tutte le più svariate manifestazioni” (1). Da qui il rapporto “di unità e distinzione” tra le varie spiritualità, frutti esse “della creatività dello Spirito, doni suoi alla Chiesa di oggi per aprire nuove vie di comprensione e di attuazione della verità infinita di Dio”. Da qui il richiamo ad attuare “con crescente pienezza di vita” la propria specificità, per fare della Chiesa “un Vangelo vivo”, “un popolo evangelizzante”. I vescovi hanno voluto ascoltare anche la voce di laici spronati dalla spiritualità di comunione come vissuta dai Focolari, giovani e non, credenti e non, impegnati nel sociale e in ambito ecclesiale. Significativa l’espressione di uno scienziato russo non credente, riportata da Franz Kronreif, dei Focolari: “Se un giorno tu mi dicessi che non credi più in Dio, ne sarei rattristato per te e per me. Mi sentirei più povero”. Dal pomeriggio si è tratta una conclusione espressa dall’arcivescovo Francis Kriengsak: il mondo attende di vedere realizzati “spazi del Risorto”, luoghi che diano “visibilità ad un’umanità forgiata dal Vangelo, dove regna la comunione di cuori e di beni”. “È impensabile che noi vescovi da soli riusciamo a rinnovare la Chiesa. Occorre che i laici siano in prima linea”, ha commentato un presule della Corea presente. I partecipanti si sono poi trasferiti alla basilica di s. Bartolomeo, sull’isola Tiberina, accolti calorosamente dalla Comunità di sant’Egidio, per la celebrazione della preghiera ed un successivo e fraterno momento conviviale. (1) C. Lubich, Scritto cit. in “Nuova Umanità”, 3-4 (1997), p.389. A cura di Victoria Gómez (altro…)

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Una buona notizia, gente che crede gente che muove

Hanno per protagonisti giovani e ragazzi, famiglie, professionisti, operai, dirigenti, religiose, sacerdoti, che affrontano col Vangelo le situazioni del quotidiano e le sfide della società. Un popolo che crede, vive, muove, coinvolge, nel rispetto delle convinzioni e dell’esperienza altrui, consapevole che ogni persona può dare un contributo alla grande famiglia umana”. Così viene presentato il libro, edito da Città Nuova, a cura di Chiara Favotti. Pubblichiamo, come piccolo ‘assaggio’, una delle storie raccolte in “Una buona notizia, gente che crede, gente che muove”. «Sono africano e sto studiando nel Nord Italia. Qualche tempo fa avevo letto su una rivista un articolo, in cui l’autore diceva che una “notte” sta pervadendo la cultura occidentale in tutti i suoi ambiti, portando a una perdita degli autentici valori cristiani. Sinceramente non avevo capito molto il senso di questo scritto, finché non mi capitò un fatto che mi fece aprire gli occhi. Era sabato pomeriggio. Alcuni ragazzi, miei vicini di casa, mi propongono di uscire con loro e di trascorrere una serata insieme. Vogliono fare qualcosa di diverso. Siamo in sei o sette. Per iniziare, andiamo a ballare in un locale. All’inizio mi diverto, mi dicono che ho la musica nel sangue, che so ballare bene. Ben presto però mi accorgo che intorno a me alcuni ballano senza alcun rispetto né per se stessi né per gli altri. Non ballano per puro divertimento, ma per lanciare messaggi ambigui. Dentro di me avverto una voce sottile, che mi chiede di andare controcorrente e di ballare con dignità e per amore. Dopo qualche ora, i miei compagni propongono di cambiare locale. Mi fido di loro, in fin dei conti sono miei amici, e accetto. Entriamo in un altro locale. Il tempo di rendermi conto dove sono, tra musica ad altissimo volume, luci psichedeliche e un odore acre che entra forte nel naso, e rimango subito sconvolto. Questa non è una normale discoteca, qui delle ragazze si prostituiscono. Sono molto deluso e arrabbiato. Senza dire una parola mi giro ed esco dal locale. Uno dei miei amici mi insegue. Mi insulta, mi dà del ritardato. Non gli rispondo. Passano pochi minuti, ne esce un altro, questa volta non per insultarmi, ma per darmi ragione. Infine un altro amico si sfila dal locale e anche lui mi dà ragione. Rimango sorpreso, avevo creato una catena di controcorrente. Senza aver parlato né degli ideali cristiani in cui credo, né di Dio, gli altri mi avevano visto e avevano capito. Passa qualche mese. Non pensavo più da un pezzo a quell’episodio. Un giorno un ragazzo, che era stato con noi quella sera, viene da me, mi dice di essersi pentito e di non voler più frequentare quel tipo di locali. Questa esperienza mi ha aiutato a capire più radicalmente la necessità di rischiare e di dire “no” a certe proposte». (Yves, Camerun) Hai anche tu una buona notizia da segnalarci? (altro…)

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Luce: dal Brasile al mondo

Guarda la trasmissione sul sito di TV2000

Da piccola “avevo come motto della mia vita: “Il mio popolo un giorno non avrà fame e neanche sete. E fare questo sarà la mia vita”. A raccontarlo è Angela Luce Silva, focolarina originaria di Masejo, Brasile,  durante i giorni di LoppianoLab a Tv2000. Una storia, la sua, in cui il donarsi totalmente a Dio le ha svelato un popolo ancor più ampio e l’ha condotta dal Brasile all’Italia, dalla Thailandia all’Indonesia dello tsunami nel 2004, all’impegno con l’Amu (Ong del Movimento dei Focolari). Riportiamo alcuni stralci dell’intervista – Guarda qui il video integrale in italiano. Il Brasile è una grande potenza, ma in quegli anni non era facile… “Erano gli inizi degli anni ’80, e proprio mentre mi ponevo tante domande ho conosciuto i giovani del Movimento dei Focolari. Per me è stato bellissimo, un grande cambiamento perché lì, fra di loro vedevo già una società nuova, diversa e vivevano come i primi cristiani, mettevano in comune le loro necessità, i loro beni, le loro cose. Per me era vedere un Vangelo fatto vita”. Tutto è partito quando avevi 15-16 anni e ti trovavi in Brasile. C’è un luogo che mi ha colpito ascoltando il tuo racconto… “È a Recife, vicino al mare. Si chiamava l’Isola dell’Inferno perché quando veniva l’alta marea questa località si riempiva di fango”. Ma c’era anche un altro tipo di fango… “È una regione dove ci sono le favelas, i mocambos, e  le persone vivono sulle palafitte. Una vita di esclusione e di impoverimento: spaccio di droga, prostituzione. Avevo finito l’università, volevo stare con queste persone, così insieme ad altri giovani siamo andati ad abitare lì, insieme a queste persone. Con loro cercavamo di capire quale era il processo di sviluppo che potevamo fare insieme”. Oggi l’isola non si chiama più Isola dell’Inferno, ma Isola di Santa Teresinha (di Lisieux). Ora tutto è trasformato.

Angela Luce Silva lavora con
“Azione per un mondo unito”

La storia di Luce poi procede verso altre destinazioni perché nel ’90 lasci il Brasile e vieni in Italia… “Ad un certo punto non era per me sufficiente dare solo la mia conoscenza o le mie cose materiali. Sentivo che c’era un grande richiamo di Dio a vivere un’avventura con Lui, di donarmi a Lui”. Ma arriviamo ad oggi, l’Azione per il Mondo Unito, l’Amu oggi è la tua vita, il tuo impegno. Cosa significa? “Lavorare all’Amu è una sfida grandissima, una chance, l’opportunità di realizzare il sogno della fraternità universale perché all’Amu lavoriamo per i progetti di sviluppo in 56 Paesi. Mi occupo del settore dell’educazione allo sviluppo. Cerchiamo di dare anche qui in Italia il senso della speranza ai giovani, perché bisogna cambiare tanti stili di vita. Capire che al Sud tanti problemi esistono perché  al  Nord stiamo troppo bene. ‘Ma come – mi dirai – siamo in crisi!’. Ma è vero e no, perché se pensiamo a certi Paesi allora i nostri problemi si ridimensionano”. (Fonte: Tv 2000) (altro…)

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Emergenza Siria: un appello per i profughi

Un milione e mezzo di siriani sono sfollati dalle zone più “calde” del Paese

Decidere di lasciare la propria terra, la propria casa, il lavoro, gli amici, è un fatto traumatico, quando non si ha altra scelta. Non si può prevedere se e quando si potrà ritornare e se si troverà ciò che si è lasciato. Un milione e mezzo di siriani sono sfollati dalle zone più “calde” del Paese verso regioni meno pericolose, mentre 311.000 – queste le ultime stime dell’ONU – si sono rifugiati nei Paesi confinanti: Turchia, Iraq, Giordania e Libano. Non si intravvede ancora una possibile soluzione di questo conflitto che vede schierate su fronti opposti le forze governative e le forze di opposizione; anzi, si teme un’estensione della crisi a livello internazionale. Eppure, il vento della primavera araba aveva fatto sperare nella forza della resistenza non violenta e nella spinta pacifica verso una riforma del Paese in senso democratico, in un contesto in cui la convivenza fra diverse fedi religiose non aveva mai destato seri problemi. Poi, tutto è precipitato. Mentre si cercano ancora nuove soluzioni diplomatiche con la speranza che la vera anima del popolo siriano possa emergere e realizzare le sue aspirazioni alla convivenza pacifica, senza frantumare il Paese, si cerca di dare sollievo alla popolazione colpita. In Libano, il Movimento dei Focolari è in prima linea nell’aiuto ai profughi. Le comunità hanno risposto a questa emergenza con grande generosità, mettendo a disposizione quanto potevano, soldi e beni. Presso il Centro Mariapoli di Ain Aar sono alloggiate alcune famiglie siriane, mentre altre sono ospitate in varie parti del Paese. “Tutti vorrebbero rientrare in Siria – scrivono i responsabili del Movimento in Libano – ma la situazione non lo consente. Così abbiamo iscritto i bambini alle scuole libanesi e attendiamo l’evolversi degli avvenimenti. I rifugiati partecipano con quello che possono, ma il costo della vita in Libano è di 5 volte superiore a quello siriano e le risorse economiche finiscono velocemente”.

© Foto UNICEF HQ

Contemporaneamente, in Siria, la perdita progressiva del lavoro per la chiusura di molte fabbriche, il crollo del commercio e l’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, soprattutto gasolio e gas, rendono drammatica la vita per tante famiglie ed estremamente inquietante il futuro. Per questo è importante non lasciare sola la popolazione e sostenerla in ogni modo possibile. L’AMU (Associazione Azione per un Mondo Unito, Ong ispirata alla spiritualità dei Focolari) coordina la raccolta fondi e gli interventi di emergenza, insieme ai responsabili locali. Al momento i fondi raccolti sono destinati ad aiuti di prima necessità (vitto, alloggio, spese sanitarie), sia per famiglie di rifugiati che per famiglie sfollate in Siria. In Libano, inoltre, si sta provvedendo all’inserimento dei bambini profughi nelle scuole libanesi. Chi desidera esprimere alla popolazione siriana la propria vicinanza anche attraverso un contributo in denaro, può utilizzare il seguente conto corrente intestato a:


Associazione Azione per un Mondo Unito presso Banca Popolare Etica, filiale di Roma. Codice IBAN: IT16G0501803200000000120434 Codice SWIFT/BIC CCRTIT2184D Causale “Aiuti alle famiglie siriane” oppure “Scolarizzazione bambini siriani”.


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Storie fra i tralci: la vendemmia alla Fattoria di Loppiano

I trattori si accendono presto, poco prima delle otto del mattino: si aprono le cantine, si mettono in moto i vari macchinari per la raccolta dell’uva, mentre un nugolo di persone si salutano, ridono e volentieri si sistemano sui carri: non stanno partendo per una gita, ma si apprestano ad affrontare una giornata di duro lavoro in mezzo ai vigneti. C’è l’uva da tagliare; ci sono i secchi da svuotare, ci sono i carrelli pieni d’uva succosa da riportare in fattoria. Ma, soprattutto…c’è da stare insieme. Chi ha provato l’esperienza della vendemmia alla Fattoria Loppiano se la ricorda così: sì certo, fatica e impegno, alcune ore di sonno da recuperare, ma più forti sono la gioia, la voglia di fare, la voglia di ricominciare qualcosa lasciato a metà al ritorno nelle proprie città. I vendemmiatori infatti qui a Loppiano arrivano da tutte le parti d’Europa tra i mesi di Settembre e Ottobre: sono soci e amici della Fattoria di ogni età e condizione, che ogni anno offrono gratuitamente qualche giorno, al massimo due settimane, per aiutare gli operai a raccogliere l’uva. C’è chi ancora non si capacita di come sia possibile scegliere di usare una parte delle proprie ferie per dedicarsi a un’attività non sempre così piacevole: i ritmi, tra l’altro, sono quasi militari: la colazione è fissata alle 7.30, poi alle 8.00 si parte per il lavoro, alle 12.00 il pranzo, e poi via di nuovo nei campi fino all’imbrunire: arriva così il momento del riposo, del relax, per chi lo desidera c’è la Messa al Santuario Maria Theotokos, per poi continuare con la cena e una serata in compagnia  degli altri abitanti della cittadella. Eppure fra tutti c’è entusiasmo, gratitudine. Complice uno scorrere del tempo più consono alla persona e il contatto diretto e continuo con la natura e le sue bellezze, i vendemmiatori possono respirare quel clima di fraternità che anima ogni giorno dell’anno la Fattoria e la cittadella di Loppiano. E questo lavorando, scambiandosi storie ed esperienze tra un tralcio e l’altro, aiutandosi nella fatica così come nel godere di momenti di grande allegria. E quello che più colpisce è che…. sono tutti sobri! Ambrogio Panzieri, di Cornate d’Adda, in provincia di Monza e Brianza (Italia), ne è certo: «Da tantissimo tempo non conoscevo momenti così intensi sotto l’aspetto umano e spirituale. (…) Avevo la sensazione di conoscerle da sempre quelle persone, pronte a spronarmi e a darmi la forza di credere che anche a casa, al paese, avrei potuto portare quella gioia, quel donarsi l’un l’altro. In una parola sola: amare!» Antonio Sottani, da 15 anni alla Fattoria, riassume così questi giorni: «Certamente c’è una generosità dei nostri soci, socie, amici e amiche che è base per ogni esperienza straordinaria. Noi offriamo vitto, alloggio, ma soprattutto la possibilità di vivere insieme, nel lavoro, un’esperienza di reciprocità. Capita infatti che i vendemmiatori, dopo qualche giorno, sentano la necessità di dare una svolta alla loro vita, di riprendere in mano situazioni difficili nella loro città, nelle famiglie, portando amore là dove non c’è. Ma noi non facciamo niente di speciale, cerchiamo solo di volerci bene».

Carlo Isolan si occupa della parte agricola

Questo “volersi bene” attrae persone e risorse impensate: «Di esperienze ce ne sarebbero diverse» – continua Carlo Isolan, che si occupa della parte agricola – «ma una su tutte può spiegare la concretezza di questa vita: un gruppo di giovani provenienti dalla Repubblica Ceca aveva vissuto con noi qualche giorno di vendemmia; alla loro partenza ci avevano fatto presente di aver esaurito i fondi economici per poter sopperire alle spese di rientro. L’azienda come principio etico non opera “in nero”, così abbiamo preso dalla cassa ufficiale una cifra destinandola a questi amici, sapendo che era un’emergenza, ma fiduciosi che Dio ci avrebbe pensato, non per niente lo chiamiamo il “Socio nascosto”. Qualche giorno dopo, una signora che era appena arrivata per la prima volta in azienda per la vendemmia, ci ha consegnato una busta dicendoci, “l’ho in tasca da qualche giorno e sento che devo darla a voi”. All’interno c’era la stessa cifra donata qualche giorno prima». Questo come tanti altri fatterelli sarebbero da raccontare. Ma ora c’è silenzio, è sera, c’è da far piano che tutti dormono. Domani è un altro giorno, per gustare storie che si intrecciano come i tralci e si liberano come foglie al vento, raggiungendo i confini più lontani.   (fine terza puntata… continua…) A cura di Paolo Balduzzi (altro…)

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Pubblico – privato: cos’è la fede?

La fede è un fuoco che tanto più cresce a quante più anime si apprende: chi se lo chiude in sé, rischia di soffocarlo, per mancanza di quell’ossigeno che è la carità, virtù espansiva, e non egocentrica. Non si è fatto tutto quando si ha la fede per sé; allora comincia il debito di darla ad altri. La religione nella coscienza nasce; ma non ci muore. Nasce, e si espande fuori. Chiudersela dentro, come in uno scrigno, significa comprimervi l’immensità di Dio e dell’amore, cioè compiere un’operazione di deformazione e limitazione; e ne segue un culto piccolo, a nostra misura, geloso del culto altrui; un tentativo settario di sequestrare pei propri usi la divinità. Al Gesù nostro si sostituisce il Gesù mio: la cattolicità si raggrinzisce a morte; la fraternità si viviseziona. Si diventa acattolici, senza accorgersene, adottando in pratica il principio dell’ognuno per sé e io per tutti, nel quale la solidarietà del Corpo mistico si scompone. Come se nell’organismo umano, una cellula o un organo agisse solo per sé, non allegato con gli altri. Ma, – e qui sta la forza della vera personalità, – il singolo non vive per sé; anzi vive il meno possibile per sé, e il suo progredire spirituale è un continuo rinunziare a sé, perché servendo gli altri serve Dio e se medesimo. Secondo il paradosso di Cristo, chi pensa più a sé, pensa meno a sé: avaro che muore di paura e di fame; più facile salvarsi mediante gli altri; ché la salvezza è data da Dio sulla regola delle opere dell’uomo, cioè delle prestazioni al prossimo, nelle quali attua la legge d’amore, legato, com’è, a Dio non solo dalla fede, ma anche dall’amore, che si traduce in atti; da una fede collaudata dai fatti, con cui sta verso Dio, non solo a tu per tu, ma anche in compagnia dei fratelli, come ogni figlio verso il padre, col debito della solidarietà. Una spinta in altezza lo conduce a Dio; una in latitudine lo conduce all’umanità: le due spinte non sono indipendenti, ma legate, come le due assi della croce, che s’incontrano sul cuore di Cristo; e quanto più una ascende, tanto più l’altra si dilata; più si ama Dio, più si cercano gli uomini, in ciascuno dei quali l’immagine di lui risplende. Tratto da Igino Giordani, Segno di Contraddizione, 1933 (Ed. Città Nuova, 1964- pp.272-274/ p.321) www.iginogiordani.info (altro…)

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Annunciare che Dio ci ama

«Dio Amore – lo sappiamo – è una verità della nostra fede e ha tutta la sua attualità. Perché in tempi come questi, in cui Dio si sente lontano, in cui addirittura si parla della morte di Dio, che cosa può esserci di più salutare, di più atteso per questa umanità che ci circonda – compresa quella che si dice “cristiana”, ma non lo è del tutto – di aprirla con l’aiuto dello Spirito a questa rivelazione: Dio è vicino col suo amore a tutti e ama appassionatamente ciascuno? […] Di dire a questa umanità che ogni circostanza parla di questo amore? Di farle comprendere che occorre sentirsi circondati da questo amore, anche quando tutto farebbe sentire l’opposto? Annunciarle che nulla sfugge a Lui, che conta persino i capelli del nostro capo? […] Il nostro mondo ha bisogno di questo annuncio: Dio è Amore, Dio ti ama, Dio ti ama immensamente! E l’hanno fatto proprio migliaia di persone ormai, l’hanno annunciato, l’hanno detto in treno, a scuola, a casa, nelle botteghe; quando ne avevano l’occasione dicevano: “Guarda, ricordati che Dio ti ama”. E gli effetti sono stati straordinari, le persone hanno preso uno shock, proprio come quando gli apostoli annunziavano: “Cristo è risorto”. “Come? Risorto?”. Dire a queste persone: “Dio è Amore e Dio ti ama immensamente” e dirlo con la convinzione che abbiamo, provoca una rivoluzione». Chiara Lubich, “”, Ed. Città Nuova, Roma, 2011, pagg. 86-87. (altro…)

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L’amore al fratello

Questa raccolta di testi di Chiara Lubich ci fa scoprire come l’amore cristiano ai fratelli – rivolto nel corso dei secoli soprattutto ai poveri e i derelitti – si spalanca e può essere indirizzato ad ogni uomo, di qualsiasi situazione sociale. E la sua pratica viene offerta a tutti, di ogni appartenenza politica, culturale o religiosa, come via di piena realizzazione di sé e di trasformazione del mondo. Questo stile di vita, oltre ad essere una via di “nuova evangelizzazione”, sviluppa una vera cultura, con conseguenze economiche, sociali, politiche e internazionali. Testi tratti da meditazioni, scritti, lettere e discorsi sul tema. (altro…)

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Concluso l’incontro dei delegati del Movimento dei Focolari

Si è concluso sabato 6 ottobre l’incontro annuale dei delegati del Movimento dei Focolari che dal 13 settembre ha visto radunati nel centro internazionale di Rocca di Papa circa 300 partecipanti, fra incaricati centrali e delegati delle diverse aree geografiche dove il Movimento è presente. Un mese intenso di lavoro in cui si è fatto il punto sui Focolari nel mondo e si è guardato al futuro. Il programma ha alternato momenti in plenaria, incontri per ambiti (ecclesiale, giovanile, sociale) e per gruppi di zone geografiche. È stata ripercorsa la vita del Movimento,  che attraversa le culture dei diversi popoli, condividendo con loro traguardi e aspettative, spesso prove e situazioni difficili, come in Siria e nei Paesi colpiti da violenze, conflitti e catastrofi naturali. Inoltre, è stato dato uno sguardo privilegiato sulla ‘fraternità’ in atto nel mondo, attraverso il progetto United World Project, lanciato al Genfest, e spiegato nei dettagli anche all’assise dei Focolari. Annunciato il seminario di studi sul pensiero di Chiara Lubich, che si terrà il 14 marzo 2013 all’Università La Sapienza di Roma, nel 5° anniversario della sua scomparsa. Nell’era del sempre connessi, e mentre si rende noto il tema del nuovo messaggio di Benedetto XVI per la giornata delle comunicazioni sociali (“Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione”), uno spazio privilegiato viene dedicato proprio alla comunicazione: un seminario sui new media, come impatto sulla trasformazione della società, svolto dal sociologo italiano Gennaro Iorio, dalla psicologa cilena Paula Luengo e dall’economista italiano Benedetto Gui; e una panoramica sui media dei Focolari, dalle editrici Città Nuova, in Italia e all’estero, all’ufficio stampa, dal servizio informatico al notiziario interno, al sito web con i social network, avviati in un cammino di comunicazione coordinata. “Dalle notizie portate dai delegati, e da quelle che voi stessi ci avete trasmesso direttamente – ha detto la presidente Maria Voce in un saluto in diretta mondiale via web, sabato 6 ottobre, a conclusione dell’incontro -, abbiamo visto quanto Dio ha operato nell’anno che è appena finito. Siamo sicuri che Egli opererà tanto e tanto di più in quest’anno che comincia, se noi ci mettiamo al suo servizio per riconoscerlo ed amarlo in ogni fratello”. Nell’anno in cui la Chiesa cattolica si dedica in particolar modo all’approfondimento della “Nuova Evangelizzazione”, il Movimento dei Focolari si sintonizza approfondendo quest’anno un punto della spiritualità di Chiara Lubich: l’amore al fratelloL’altro da me: un altro me è il titolo della riflessione che la presidente Maria Voce propone quest’anno ai Focolari, a partire dall’invito del Vangelo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt. 22,39). Da qui, l’augurio lanciato da Maria Voce nel suo saluto via web ai membri del Movimento: “Quest’anno sia un anno di grande espansione d’amore nel mondo”. Stringere “questo patto di amore reciproco, ma non per noi, per l’umanità che ha bisogno di un’inondazione d’amore, che ha bisogno di un fiume d’amore, che ha bisogno di incontrare Gesù”. Si è aperto intanto domenica 7 ottobre, con una solenne cerimonia in Vaticano, il Sinodo dei Vescovi sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”,  appuntamento al quale anche la presidente dei Focolari partecipa come uditrice. (altro…)

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Dal calcio al mondo unito. La storia di Nacho

«Mi chiamo Nacho, sono argentino ed ho 25 anni. Ho giocato per tanti anni, a calcio, in una squadra importante dell’Argentina e la mia vita s’incamminava verso quel mondo anche dal punto di vista professionale. Ero fidanzato con una ragazza che viveva, sin da piccola, il mio stesso ideale basato sui valori evangelici. Sognavamo di sposarci e di avere tanti figli. Avevo molti piani in mente di come sarebbe stata la mia vita accanto a lei. Insomma, ero un ragazzo felice della mia vita cristiana e dell’ideale di un mondo unito per il quale avevo scelto di vivere! Ma proprio mentre ringraziavo Dio per avermi accompagnato sempre nella mia vita e per quello che stavo vivendo insieme a Lucia, ho sentito dentro di me come se Lui mi dicesse: “Nacho, tu sei disposto a seguirmi, lasciando tutto e consacrare la tua vita solo a me?” E subito mi è venuto da risponderGli: “Certo che lo sono”. Mi sono chiesto cosa volesse dire “il mio tutto” e ho capito che Dio mi chiedeva di seguirlo lasciando la mia famiglia presente, papà, mamma, fratelli ma, soprattutto, lasciando la mia possibile famiglia futura. Ne ho parlato con Lucia. Non è stato facile per nessuno dei due ma, ancora con le lacrime agli occhi, ho avuto quel giorno la conferma della decisione che stavo per prendere: quella di seguire Gesù come focolarino, nella strada tracciata da Chiara Lubich. Non è semplice spiegare quello che sperimento vivendo ciò che Gesù ci ha promesso e cioè che non c’è nessuno che abbia lasciato casa, padre, madre, figli e che non riceva cento volte tanto in questa vita. Questo lo vivo giorno dopo giorno, ad esempio nel dare un po’ del mio tempo per qualcuno che ha bisogno e sentirlo veramente come mio fratello…e soffrire oppure gioire con lui. Qualche giorno fa sono arrivato a casa stanco morto dopo il lavoro e l’unica cosa che desideravo era riposarmi un po’. Un altro focolarino stava preparando la cena e mi ha chiesto una mano perché era in ritardo. Ho cominciato ad aiutarlo, così, dimenticandomi della mia stanchezza, ho sentito la gioia di poter vivere per lui. Facendo queste piccole esperienze, riesco a scoprire me stesso ancora di più. Vedo che i miei limiti diventano una pedana di lancio e che i miei orizzonti si allargano soprattutto nei confronti delle altre culture. Nella convivenza con persone di altri paesi sento che le uniche barriere che possono esserci sono quelle dentro noi stessi. E questo mi fa anche superare la paura di andare incontro allo sconosciuto, a quello che è diverso da me, perché ho capito che la diversità non crea tanto la divisione ma serve al complemento di noi stessi. Ora sto completando la mia formazione nella Scuola dei focolarini in Svizzera. Poi ancora non so in quale focolare del mondo andrò, con chi abiterò, ma sento che Dio mi ha chiamato personalmente per contribuire a realizzare la fraternità nel mondo, abbracciando la famiglia dell’umanità intera con un cuore libero, e per questo ideale voglio dare la mia vita». Da Genfest 2012


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Fede ed evangelizzazione: a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II

Papa GIOVANNI XXIII firma l’indizione del Concilio Vaticano II 11 Ottobre 1962

L’anno 2012 porta con sé un anniversario del tutto particolare: il giorno 11 ottobre 1962 fu aperto da Giovanni XXIII il Concilio Vaticano II. La stessa data fu scelta, trent’anni più tardi, per la pubblicazione, da parte di Giovanni Paolo II, del Catechismo della Chiesa cattolica (11 ottobre 1992) . E sempre l’11 ottobre avrà inizio l’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI con la Lettera apostolica Porta fidei: «Quest’anno – spiega la Congregazione per la dottrina della fede – sarà un’occasione propizia perché tutti i fedeli comprendano più profondamente che il fondamento della fede cristiana è “l’incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. Fondata sull’incontro con Gesù Cristo risorto, la fede potrà essere riscoperta nella sua integrità e in tutto il suo splendore. “Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare”, perché il Signore “conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani”». Per la Chiesa cattolica questo tema ha un’importanza centrale, come testimonia la decisione da parte di Benedetto XVI di erigere, il 20 settembre 2010, un nuovo Dicastero: il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Si tratta di un intreccio di avvenimenti e di tematiche che si incontrano nel primo rilevante avvenimento dell’Anno della Fede, costituito dalla XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Abbiamo chiesto a tre teologi una riflessione sulla tematica del Sinodo. Piero Coda, nel suo testo Vaticano II e nuova evangelizzazione – Un unico Kairós, riporta il tema della nuova evangelizzazione alle sue radici, nelle scelte operate dal Concilio Vaticano II. La riflessione di Julie Tremblay, La qualità della nostra fede, sottolinea la condizione essenziale della nuova evangelizzazione posta a tema del Sinodo: vivere il Vangelo in modo nuovo. Il teologo anglicano Callan Slipper, nel suo intervento  La “nuova evangelizzazione” in una prospettiva anglicana, sottolinea come l’impegno intrapreso dalla Chiesa cattolica costituisca uno sguardo convincente ed utile anche alle altre Chiese, che condividono il medesimo orizzonte problematico. In questo contesto, appare molto opportuno uno “scambio dei doni” tra le Chiese. Per approfondimenti continua su: Nuova Umanità online Editoriale a cura di Antonio Maria Baggio, tratto dal trimestrale di cultura Nuova Umanità (altro…)

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Scene da un condominio

«Abitiamo da quindici anni in un condominio. Quattro scale, centoventi appartamenti. Appena sposati, desideravamo impostare rapporti di buon vicinato e magari anche trasmettere con gioia il nostro stile di vita, improntato sul Vangelo vissuto. Ma, lavorando tutto il giorno, non riuscivamo nemmeno a vederli, i nostri vicini. Dopo la nascita dei bambini, abbiamo conosciuto altri genitori con i loro figli al parco o nel cortile condominiale. È nata l’idea di invitare qualcuno di loro a cena, cui sono seguite altre occasioni di festa e scampagnate. L’atmosfera condominiale finalmente cominciava ad acquistare un certo calore. Alle volte i rapporti decollano quando, superato il naturale riserbo, non solo si cerca di dare, ma si trova anche il coraggio di chiedere. Marco un giorno stava passando dei cavi nel nostro appartamento, ma si accorge che da solo non ce l’avrebbe fatta. Con un po’ di umiltà chiede aiuto al dirimpettaio, che accorre con gentilezza inaspettata. Un sabato di agosto particolarmente torrido e afoso rientriamo a mezzanotte. I bambini addormentati sono a peso morto tra le nostre braccia. Davanti alla luce rossa dell’ascensore due coppie sono già in attesa. Non sembrano avere la minima intenzione di lasciar salire prima noi, nonostante il “carico”. Con loro c’erano state discussioni, circa l’inopportunità – a detta loro – di far giocare i bambini – i nostri – nel cortile condominiale. Entrano nell’ascensore. Mentre aspettiamo di salire a nostra volta, l’ascensore si blocca e suona l’allarme. La scala è praticamente deserta, con questo caldo sono tutti fuori città. Che fare? Chiamare i vigili del fuoco o l’assistenza, e poi portare a letto i bambini e stare tranquilli? In fondo non ci hanno trattato molto bene. Però l’aria starà diventando infuocata dentro la cabina dell’ascensore… Marco corre nel locale del motore e con molta fatica riporta l’ascensore al piano, liberando i malcapitati. Una sera siamo a cena fuori con dei nostri vicini. A un certo punto i loro genitori, pure nostri condomini, li chiamano per avvertirli che dal loro appartamento sta uscendo acqua. Ci precipitiamo tutti a casa. Lo sportello della lavatrice si era aperto e l’acqua continuava a caricare all’infinito. Risultato: due centimetri di acqua dappertutto, senza contare quella che stava defluendo giù per le scale dalla porta d’ingresso. La situazione appariva tragica pensando ai possibili danni per i vicini del piano di sotto, che avevano appena messo il parquet. Ci offriamo di far dormire da noi i bambini. Gli uomini cominciano a spingere l’acqua fuori dalbalcone, le donne a raccoglierla nei secchi con gli stracci. Il peggio è evitato, per fortuna. Una sera, mentre riordino il salone, sentiamo urla terribili provenire dal piano di sotto. Sulle prime pensiamo di non immischiarci. Ma poi Marco scende. La porta dell’appartamento è spalancata. Marco con trepidazione entra. Il figlio di 18 anni è trattenuto a terra da due condomini. Il padre barcolla, con lo sguardo perso nel vuoto. La madre si dispera e tra i singhiozzi dice che il ragazzo voleva gettarsi dal balcone. Un altro vicino si tampona la faccia perché aveva ricevuto un pugno dal ragazzo, che nel frattempo continua a sussultare e a imprecare con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca. Aiutiamo come possiamo, soprattutto consolando i genitori e aspettando insieme l’ambulanza che avrebbe portato il ragazzo all’ospedale, in overdose di cannabis. Anche questo può accadere in un condominio».  (Anna Maria e Marco, Italia) Tratto da Una buona notizia. Gente che crede gente che muoveCittà Nuova Editrice, 2012  

E nel tuo condominio come va?

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Klaus Hemmerle, pensieri

Klaus Hemmerle (1929-1994), già vescovo di Aachen (Aquisgrana, Germania) è stato un teologo e filosofo di spicco che ha dato, con la sua particolare impronta, un importante contributo per l’approfondimento dottrinale del carisma dell’unità e per la sua diffusione tra i vescovi. Scrive Mons. Hemmerle in riferimento alla frase di Gesù: Ciò che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40):

  • «Questa Parola ci dice in modo definitivo chi è l’uomo e quale è la sua realtà… Questa interpretazione dell’uomo è certamente uno scandalo, non minore di quello con cui Gesù scandalizzava gli uomini dichiarandosi Figlio di Dio. In nome della propria libertà, in nome della propria identità e peculiarità l’uomo ritiene di dover contestare il fatto che lo si identifichi con Gesù Cristo. L’uomo vuole essere amato per se stesso, per quello che è, non vuole essere degradato ad una sorta di maschera di Gesù. Teme piuttosto che quel ‘di più’ di amore che egli riceve per amore di Gesù, sia qualcosa che non tiene conto di lui, qualcosa che lo lascia fuori, qualcosa che lo deruba dell’amore che egli desidera per se stesso, e di cui ha bisogno. Ma chi ama in modo tale che per amare Gesù nell’altro trascura l’altro come persona, così facendo trascura anche Gesù. E chi considera la presenza di Gesù nell’uomo in maniera tale da sminuire la realtà dell’uomo, in realtà non ha affatto compreso la presenza di Gesù nel prossimo.
  • Gesù si fa uno con me, cioè non mi lascia solo. Egli è dalla mia parte in modo radicale, mi accetta così come sono, e ciò che riguarda me riguarda pure Lui. Io rimango me stesso, io divento pienamente me stesso, proprio perché non rimango solo.
  • Il mistero di Cristo è il mistero di ogni uomo. Che significa ciò per la persona che incontro e che significa per me e la mia vita? In riferimento all’altro significa che non ho mai a che fare con qualcuno che è semplicemente l’anello di una catena, o la rotella di un macchinario o un semplice numero nella grande quantità di materiale umano. Ogni qualvolta incontro un volto umano, incontro Dio nella sua realtà incondizionata, incontro quella voce che sopra questo volto umano pronuncia ciò che ha detto di Gesù sul monte della Trasfigurazione: “Questi è il mio figlio prediletto!” (Mc 9,7). Non ci sono eccezioni.
  • Incontriamo Cristo in particolare negli ultimi, in chi sembra essere più lontano da Lui, nelle persone in cui il volto di Cristo sembra essere oscurato. Come mai?  Sulla croce, vivendo l’abbandono di Dio, facendosi persino peccato (2 Cor 5,21), Gesù si è identificato con ciò che è più lontano da Dio, con ciò che più sembra contrapporsi a Lui. Solo scoprendo Cristo nel prossimo, in chi è più lontano dal mistero della propria persona e dal mistero di Cristo, e donando alla persona quell’amore umano che si rivolge in modo indiviso a lui e a Cristo stesso, il prossimo potrà scoprire la propria identità con Gesù, la sua vicinanza a Lui, l’essere pienamente assunto da Lui.”

Pensieri tratti da “Offene Weltformel” (altro…)

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“Fattoria Loppiano”: ogni mattina una sfida

Brulica la vita alla Fattoria Loppiano, sulle colline del Chianti toscano, in questo periodo di vendemmia. Anche nei territori circostanti storicamente caratterizzati dalla presenza di altre importanti fattorie, che hanno reso nel tempo quest’area fiorente sotto l’aspetto della produzione agricola e per lo sviluppo della comunità locale. L’arrivo dei Focolari, a metà degli anni sessanta, a Loppiano, aveva dato già un notevole impulso allo sviluppo del territorio, anche con la costituzione della Cooperativa Loppiano Prima, nel 1973, che in quasi quarant’anni di vita ha conosciuto uno sviluppo sorprendente. “La Fattoria Loppiano è invece nata alla fine del 2004, per adeguare l’assetto della ben nota Cooperativa Loppiano Prima alla nuova legislazione italiana sulle cooperative agricole”, racconta Giorgio Balduzzi, direttore generale della Fattoria. “La Cooperativa ha ceduto l’attività strettamente agricola ad una nuova azienda formata dai soci lavoratori. È nata così la Fattoria Loppiano di cui la Cooperativa è socio sostenitore di maggioranza”. Partiamo dai numeri: la Fattoria lavora 200 ettari di terreno, distribuiti tra vigneto, oliveto e terreni ad uso seminativo tutti certificati biologici. Tra i suoi prodotti annovera quelli tipici delle colline toscane: vino Chianti, vinsanto, grappa, cereali tra i quali farro, orzo e pasta di grano duro. Inoltre, ci sono 5.000 piante di olivo delle diverse varietà, che fruttano l’olio extra vergine ottenuto tramite spremitura a freddo. Negli ultimi anni alcuni appartamenti sono stati ristrutturati per l’uso agrituristico, nel più totale rispetto dei volumi e dei materiali originali toscani, rendendo gli alloggi accoglienti e armoniosi. L’agriturismo, oltre ad appartamenti arredati e indipendenti, offre vari servizi: piscina, mountain bike, lezioni private di tennis e visita in azienda con degustazione dei vari prodotti. Il pernottamento in azienda permetterà di poter svolgere attività di più giorni nella “fattoria didattica”, ospitando scolaresche di istituti primari, secondari, università, famiglie o gruppi di altre nazioni europee. Produzione, vendita, profitto, ma anche “prodromo di Economia di Comunione”, fraternità, reciprocità. Come si conciliano queste parole, in riferimento all’esperienza sia della Cooperativa che della Fattoria? “Alla base c’è la volontà di attuare una nuova conduzione aziendale basata sull’ascolto reciproco – continua Giorgio Balduzzi – accogliendo l’idea altrui anche se diversa dalla propria; nel rispetto dell’altro e accogliendo la diversità come ricchezza di pensiero, mirando cosi collegialmente ad un bene aziendale”. E questa sfida non è scontata, ci sono momenti difficili, “momenti in cui ci dobbiamo ricordare lo scopo del nostro lavorare insieme, rispettando e coordinando i vari ruoli, anche gerarchici; adottando ogni mattina come target la fraternità che è alla base della nostra scelta di vita”. Nonostante il momento attuale di crisi, la serenità per andare avanti è frutto di esperienze importanti, che puntano alla valorizzazione dei talenti, dei rapporti personali e dei beni aziendali. Grazie a questa aperta condivisione dei problemi, subentra una forza vitale e propulsiva che rende ogni lavoratore parte di un corpo solidale, capace di soluzioni innovative che guardano avanti, fedeli al Vangelo, nella concretezza di ogni giorno.  (fine seconda parte… continua). A cura di Paolo Balduzzi

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Caino e i suoi fratelli

Politica e diritto, Istituzioni e Codici scritti, ma anche relazioni tra esseri umani. Vivere governandosi attraverso leggi condivise è difficile, ma inevitabile. Lo riassume bene la figura di Caino: egli rifiutò suo fratello; ma fu poi il fondatore, nella tradizione biblica, della prima città, nella quale la convivenza fraterna era resa possibile attraverso la legge. Il libro costituisce uno dei frutti più maturi delle ricerche sulla fraternità, mettendo al centro dell’interesse la fraternità intesa come principio relazionale. I contributi affrontano le prospettive diverse e complementari del dibattito contemporaneo. Antonio Maria Baggio è professore di Filosofia politica all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, dove coordina il Dipartimento di Studi politici. Nell’ambito delle ricerche sulla fraternità in politica ha curato diversi volumi, tra i quali: Il principio dimenticato. La fraternità nella riflessione politologica contemporanea, Roma 2007; La fraternidad en perspectiva política. Exigencias, recursos, definiciones del principio olvidado, Buenos Aires 2009. Contributi di Antonio Maria Baggio – Adriana Cosseddu – Paolo Giusta – Rodrigo Mardones – Antonio Márquez Prieto La collana IDEE / POLITICA, sotto la direzione di Antonio Maria Baggio, intende offrire al pensiero politologico un contributo di riflessione ispirato alla cultura della fraternità, coinvolgendo esponenti significativi del dibattito contemporaneo. Della stessa collana:

  • Filippo Pizzolato – Il principio costituzionale di fraternità – Itinerario di ricerca a partire dalla Costituzione Italiana
  • A.Marzanati / A.Mattioni (ed.) – La fraternità come principio del diritto pubblico
  • A.M. Baggio (ed.) – Il principio dimenticato – La fraternità nella riflessione politologica contemporanea

Ordinazioni: Citta’ Nuova Editrice (altro…)

Ottobre 2012

«Sulla tua parola getterò le reti». Dopo una notte infruttuosa, Pietro, esperto nella pesca, avrebbe potuto sorridere e rifiutarsi di accettare l’invito di Gesù a gettare le reti di giorno, momento meno propizio. Invece, passando oltre il suo ragionamento, si fidò di Gesù. È questa una situazione tipica attraverso la quale anche oggi ogni credente, proprio perché credente, è chiamato a passare. La sua fede, infatti, è messa alla prova in mille modi. Seguire Cristo significa decisione, impegno e perseveranza, mentre in questo mondo in cui viviamo tutto sembra invitare al rilassamento, alla mediocrità, al “lasciar perdere”. Il compito appare troppo grande, impossibile a raggiungersi, e fallito in anticipo. Occorre allora la forza di andare avanti, di resistere all’ambiente, al contesto sociale, agli amici, ai mass-media. È una prova dura da combattere giorno per giorno, o meglio ora per ora. Ma, se la si affronta e la si accoglie, essa servirà a farci maturare come cristiani, a farci sperimentare che le straordinarie parole di Gesù sono vere, che le sue promesse si attuano, che si può intraprendere nella vita un’avventura divina mille volte più affascinante di quante altre ne possiamo immaginare, dove possiamo essere testimoni, ad esempio, che mentre nel mondo la vita è spesso così stentata, piatta ed infruttuosa, Dio ricolma di ogni bene chi lo segue: dà il centuplo in questa vita, oltre alla vita eterna. È la pesca miracolosa che si rinnova. «Sulla tua parola getterò le reti». Come mettere in pratica allora questa Parola? Facendo anche noi la scelta di Pietro: «Sulla tua ‘parola’…». Aver fiducia nella sua Parola; non mettere il dubbio su ciò che Egli chiede. Anzi: basare il nostro comportamento, la nostra attività, la nostra vita sulla sua Parola. Fonderemo così la nostra esistenza su ciò che vi è di più solido, sicuro, e contempleremo, nello stupore, che proprio là dove ogni risorsa umana viene meno, Egli interviene, e che là, dove è umanamente impossibile, nasce la vita.

Chiara Lubich


[1]  Pubblicata in Città Nuova, 1983/2, pp. 40-41.

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AMU: insieme per la fraternità

Da Rio+20 a LoppianoLab, dal progetto in corso in Bolivia alla Giornata internazionale dell’alfabetizzazione. Ecco alcuni fronti dove è attualmente impegnata l’AMU, l’ONG dei Focolari. Ripercorriamo la sua storia. Quando il Movimento dei Focolari si è diffuso dall’Europa ad altri continenti, si è trovato spesso di fronte a situazioni di estrema povertà. L’amore per i poveri e il “farsi uno” con la realtà locale si è concretizzato in azioni sociali come scuole, ambulatori, centri sociali. Man mano che queste azioni prendevano forma, si avvertiva la necessità di avere uno strumento che le sostenesse economicamente e aiutasse a cercare soluzioni in modo non assistenzialistico, ma nell’ottica dello sviluppo e della reciprocità. Così, nel 1986, si è costituita l’Associazione Azione per un mondo unito (AMU), Organizzazione Non Governativa, riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri italiano ad operare nel campo della cooperazione, della formazione e dell’educazione allo sviluppo. Ad oggi l’AMU ha realizzato 350 progetti in 56 Paesi in diversi ambiti: dall’istruzione alla formazione professionale, dal sostegno alle necessità primarie (alimentazione, casa, salute), alla costruzione di infrastrutture, dagli interventi post emergenza al micro credito e micro imprenditoria. Ma tutto questo non è sufficiente se non è accompagnato da un cambiamento culturale che riguarda tutti, nel Nord e nel Sud del mondo. Per questo, accanto ai progetti di sviluppo, l’AMU lavora per la promozione dei diritti umani. Attraverso convegni e corsi di formazione propone l’attenzione ai beni comuni, la pratica di stili di vita sobri e solidali, l’uso responsabile delle risorse, la cittadinanza attiva a livello locale e globale. Al centro di ogni suo intervento, l’AMU cerca di mettere la persona con i suoi diritti e le sue necessità. Lo fa applicando la comunione come metodologia, lavorando con le persone, per risolvere insieme i problemi e produrre cambiamenti efficaci e sostenibili nel tempo. Quando si crea tra le persone un rapporto in cui ciascuno ha la possibilità di dare e di ricevere – in una parola quando si crea reciprocità – allora il progetto ha raggiunto il suo obiettivo. Chi dà sente anche di ricevere e chi riceve sente il desiderio di dare a sua volta; si passa così dalla solidarietà alla fraternità. Molte persone, in ogni parte del mondo, sono collegate con l’AMU attraverso il sito web e la rivista AMU Notizie. Donatori e beneficiari, ognuno partecipa e collabora secondo la propria sensibilità, esigenze e possibilità. Tutti, senza distinzione, possono far parte di questa rete che è per l’AMU la ricchezza più grande. (altro…)

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Il Genfest visto dai bambini

Anche i e le gen 4 dei Focolari (bambini dai 4 agli 8 anni) hanno vissuto, in prima linea, il Genfest 2012 insieme ai giovani e agli adulti.  In tutto il mondo, hanno promosso e portato avanti varie iniziative per raccogliere fondi e così permettere a più giovani possibili delle loro città di partecipare a questo evento. Qualche flash: A Hong Kong hanno confezionato dei gustosissimi cup-cake e coni gelato, mentre in Panama dei portachiavi colorati.   In molte città, poi, rinunciando a qualche gelato o bibita, hanno messo in comune il corrispettivo in soldi. Alcuni sono partiti con mamma e papà per Budapest, partecipando di persona a questo momento così speciale. Sara e Rossella ci raccontano le loro esperienze: Sara (6 anni):«La cosa che mi è piaciuta di più è stata quando, nel posto dove abbiamo fatto la Messa, abbiamo dato le nostre cose da mangiare alla signora povera che ci aveva chiesto dei soldi. Mi è piaciuto che c’erano tanti giovani che avevano le bandiere di tutto il mondo. Così lo facciamo già, il mondo unito! Nel Flashmob sul Danubio, abbiamo scritto sulle sciarpe gli atti d’amore che vogliamo fare». Rossella (8 anni): «Con la mia famiglia ho partecipato al Genfest. E’ stato molto bello perché c’erano tanti giovani da tutto il mondo, ci siamo divertiti tutti. Abbiamo ballato, cantato e ascoltato delle esperienze. Ho capito che devo sempre ricordarmi della regola d’oro cioè voler bene tutti (anche ai miei compagni di scuola che non mi restituiscono le penne!) come voglio bene a me stessa. Il Flashmob è stato magico, meraviglioso. Vedere tutti quei ragazzi sul Ponte delle Catene e fare tutti insieme la stessa cosa, tutti si volevano bene come Gesù ci vuole bene. Sulla sciarpa usata per il Flashmob ho scritto: anche se sto male non devo essere triste ma continuare ad amare. Durante il Genfest ho fatto alcuni atti d’amore, ho mangiato il cibo che ci davano nell’arena anche se non mi piaceva tanto; ho prestato i miei pennarelli ad alcuni giovani per scrivere sulle sciarpe e ho giocato con mio fratello e Sara, anche se ero stanca».  


We thank our sponsors

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Il Patto del ’49

Il volume fa parte della nuova collana dell’editrice Città Nuova “Studi della Scuola Abbà, espressione culturale pluridisciplinare del Centro studi del Movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich per l’elaborazione della dottrina contenuta nella spiritualità dell’unità. Oggetto fondamentale di studio sono gli scritti legati alla luminosa esperienza mistica vissuta dalla Fondatrice negli anni 1949-1950, e che è all’origine del Movimento dei Focolari, alla quale i membri della Scuola Abbà, esperti nelle diverse scienze, attingono per rileggere le proprie discipline. In questo testo si approfondisce il momento iniziale di tale esperienza, avvenuto il 16 luglio 1949, con un “Patto di unità” tra lei e l’onorevole Igino Giordani. I contributi – a firma di Atzori, Rossé, Leahy, Ciardi, Morán, Henderson, Blaumeiser, Araújo, Cosseddu, Ferrara, Bruni – commentano il racconto fatto da Chiara Lubich di tale Patto secondo diverse prospettive di lettura che, spaziando dall’ambito teologico, ecclesiologico, spirituale all’ambito letterario, sociologico, giuridico, politologico, economico, ne offrono una attualizzazione ricca per la vita della Chiesa, delle comunità ecclesiali, e per la società. Ordinazioni: Città Nuova (altro…)

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In famiglia: un anno di Vangelo

«Da quando ho saputo che l’anno appena trascorso sarebbe stato dedicato a vivere la “Parola” – racconta Maria –, il mio pensiero è tornato a quando, conosciuto il Movimento dei Focolari da ragazza, Chiara Lubich ci aveva incoraggiato a riscrivere, con la nostra vita, il Vangelo. Nel mese di marzo si viveva la frase: “Signore da chi andremo?”( Gv 6,68) e nel commento Chiara afferma che le Parole di Gesù vissute cambiano il nostro modo di pensare e di agire. Erano venuti alcuni operai a fare dei lavori in garage. Una persona del condominio, non essendo al corrente del fatto, si era risentita e aveva inveito contro l’idraulico. Per caso, mi sono trovata in mezzo a questa discussione e ho cercato di riportare la pace. Così prima ho parlato con l’uno, spiegandogli il motivo di questi lavori improvvisi e poi, con l’altro, perché capisse la ragione di questo suo sfogo. La tensione è cessata ed è tornata la serenità». «Una delle nostre figlie – continua Luigi –, con il cambio d’insegnante ha manifestato alcune difficoltà in una delle materie dove era sempre riuscita bene. Il problema era esteso a buona parte della classe, tanto che molti genitori sono intervenuti prendendo posizione contro l’insegnante. Abbiamo pensato di fare qualcosa per aiutare a sciogliere la tensione. La frase del Vangelo «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49), dove Chiara ci invita ad amare ciascuno coi fatti, ci ha aiutato ad avere l’atteggiamento giusto sia con nostra figlia, sia con gli altri genitori, sia con il professore. Ci siamo impegnati inviando lettere, partecipando alle riunioni dei genitori e con la preside, parlando con il professore, ascoltando le ragioni di ognuno e cercando di orientare tutti verso un dialogo costruttivo. Apparentemente questa esperienza non ha avuto un lieto fine perché circa la metà degli alunni della classe ha avuto il debito in questa materia. Ci pare, però, sia stata un’occasione per portare uno spirito diverso nella scuola e, soprattutto, abbiamo condiviso con nostra figlia questa “sconfitta”, aiutandola a superare l’ostacolo, pronti con lei a rispettare questo professore e pregando ogni sera anche per lui». «A maggio, ad una delle nostre figlie è stato diagnosticato un grave tumore – racconta Maria –. È stata una sorpresa: perché Dio ci chiede questo? Eravamo confusi… non era facile superare questo dolore. La Parola ci è stata ancora una volta di aiuto e pian piano abbiamo cercato di aderire a quanto Dio ci chiedeva. Il rapporto con Luigi e con i figli è diventato più forte. Abbiamo sentito l’amore di tanti con i quali abbiamo condiviso questa sospensione. L’operazione è andata bene. Nella stanza di Letizia – sono potuta stare accanto a lei tutto il tempo del ricovero – c’era una signora la cui famiglia abitava lontano. Era a digiuno da parecchi giorni per vie delle cure che stava facendo. La Parola di Vita di quel mese era «Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà» (Gv 6,27). Sentivo che questo cibo potevo offrirglielo attraverso le parole e alcuni piccoli servizi. Un giorno le ho prestato il giornale “Città Nuova”, e dopo poco ho visto che stava leggendo proprio la Parola di Vita». «Con l’estate siamo tornati al nostro paese natale dove ci attendeva una situazione familiare difficile: una zia di Maria bisognosa di tante cure e suo marito malato in ospedale, entrambi anziani e senza figli. Lo zio non conosceva in pieno della gravità del suo male. Gli siamo stati accanto fino al momento della morte. Le ultime notti, poi, le abbiamo trascorse sussurrandogli all’orecchio qualche preghiera. Ci sembra si sia preparato gradualmente all’incontro con Dio». (altro…)

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Cristiani “doc”

«…Pur se immersi, come tutti, nei mali del nostro tempo, voi giovani avete spesso nei vostri cuori e nelle vostre menti delle antenne che sanno cogliere onde particolari, che altri non sanno percepire. La vostra età vi fa liberi di nutrire aspirazioni nobili, come quelle della pace, della giustizia, della libertà, dell’unità; di sognare realizzazioni che ad altri parrebbero utopiche; di prevedere, nel terzo millennio, l’alba di un mondo nuovo, più buono, più felice, più degno dell’uomo, più unito. Ringraziamo Dio che esistete! Ma qual è ora la mia parola a voi? Essa ha da essere un’eco di quella di Gesù, ricordata dal Papa ai giovani nel 1995: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi“. È l’invito a portare la luce della verità nella società di oggi; è la sfida a quella che il Papa ha chiamato: “nuova evangelizzazione”. “Nuova evangelizzazione”!! Ma perché “nuova”? E che significa: “nuova”? Questo “nuova” può avere più significati. Io posso annunciarne uno. Oggi, come sapete, non bastano più le parole. I giovani, in specie, non ascoltano tanto i maestri, quanto i testimoni; vogliono fatti. Ed ecco che l’evangelizzazione potrà essere “nuova” se coloro che l’annunciano saranno anzitutto cristiani “doc”, autentici, che vivono per primi ciò che il Vangelo insegna; gente di cui si possa dire, come dei primi cristiani: “Guarda come si amano, e l’un per l’altro è pronto a morire”. Sarà “nuova” poi se essi ameranno pure tutti gli altri uomini e donne, senza distinzione. E sarà “nuova” ancora se questi cristiani concretizzeranno il loro amore dando mano alle opere richieste dalle esigenze: cibo, vestiti, case, per chi non ha. E sarà “nuova” – state attenti adesso – infine, se parleranno, annunciando il Vangelo, solo dopo tutto questo. Cristiani che agiscono così – vi assicuro – portano nel mondo il fascino di Gesù e innamorano la gente di lui, cosicché il regno di Dio si espande oltre ogni aspettativa e la Chiesa si consolida e cresce. Cresce in modo tale che essi possono guardare lontano, come Gesù quando ha chiamato tutti alla fraternità universale pregando il Padre, dicendo così: “Che tutti siano uno“. Un sogno che può sembrare folle, ma che è possibile perché è il sogno di un Dio. Ed essi ci credono. Ci sono migliaia, anzi milioni di giovani di tutte le nazioni che stanno incamminandosi proprio verso questa meta. È a loro che Giovanni Paolo II ha detto: “Gli uomini che sanno guardare al futuro sono quelli che fanno la storia; gli altri ne sono rimorchiati…”[1]. E oggi il Papa, carissimi giovani, rivolge queste parole anche a tutti voi. Non deludetelo, non deludeteci. Io ve lo auguro con tutto il cuore». Tor Vergata (Roma), 19 agosto 2000, intervento di Chiara Lubich alla XVª Giornata Mondiale della Gioventù


[1]     Giovanni Paolo II, Omelia della Messa a conclusione del Genfest 1980, in “L’Osservatore Romano” 19-20 maggio, p.1.

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La luce di Chiara Badano nel carcere di Rebibbia

“Era da anni che ero diventato duro, chiuso, triste, oggi Chiara Luce mi ha aperto le porte”, così si rivolge un detenuto a Maria Teresa, madre della beata Chiara Luce Badano, mentre l’abbraccia tenendola per le mani. Un pomeriggio senz’altro singolare, quello del 20 settembre, nel teatro del carcere romano di Rebibbia: 250 detenuti vestiti a festa per accogliere i coniugi Ruggero e Maria Teresa Badano, genitori della beata Chiara Luce. “Sarà un momento speciale”, annuncia nella presentazione Anna Del Villano direttrice di un reparto del carcere. Ma come si è arrivati a questo momento? Alfonso Di Nicola, dei Focolari, che da anni svolge lavoro di volontariato nelle carceri di Rebibbia: “Venendo a conoscenza che i Badano erano stati a trovare i detenuti del carcere di Viterbo nel 2011 – racconta –, ho pensato che si poteva organizzare una serata così anche a Rebibbia”. Man mano che trovano posto i detenuti, impressiona come si salutano con espressioni di gioia e tanti abbracci. Appartengono a diversi reparti del carcere. “Secondo il reato commesso”, ci spiegano. Sul palco, quattro sedie: per i Badano, Chicca Coriasco – amica del cuore di Chiara Luce – e Franz, suo fratello. Rompe il ghiaccio Maria Teresa ricordando quanto la sua figlia amava gli ammalati e le persone sofferenti e invita tutti a trascorrere un momento di famiglia. Ruggero, non nasconde l’emozione. Quale il messaggio di Chiara Luce? Una ragazza normale, sportiva e vivace, che ama Sassello, la sua città natale, soprattutto quando si copre di neve. Insieme a Chicca, conoscono la spiritualità dei Focolari ancora giovanissime. Fanno proprio l’invito di Chiara Lubich a vivere il Vangelo con tutto lo slancio giovanile, nelle diverse circostanze della vita quotidiana, gioiose e dolorose; e poi condividono i frutti delle loro esperienze per incoraggiarsi a vicenda. “Come fanno i fratelli maggiori – s’inserisce Franz – mi sono tenuto lontano da loro”. Una ragazza normale dunque. E proprio questa normalità, lo attira fortemente specie quando il tumore diventa una sentenza inappellabile. Chiara Luce – continua – si era innamorata di Gesù crocefisso così come glielo aveva presentato Chiara Lubich: abbandonato, ‘perdente’, quel Dio ‘sconfitto’ che assomiglia a tutti noi… che ad un certo punto, sulla croce, urla”. Amare Lui, sarà il segreto che l’aiuterà a vivere la grave malattia – un osteosarcoma, il peggiore dei tumori – trasformando ogni dolore in amore con una serenità e una gioia contagiose. Ruggero, racconta: “Andavo a spiare dal buco della serratura della sua cameretta per vedere se lei era sempre così, oppure il sorriso era per noi. Invece, lei sorrideva sempre”. Nel Teatro c’è un ascolto non comune. La storia di Chiara Luce cattura l’attenzione di tutti e questa ragazza entra nel cuore dei presenti. E mentre scorrono alcune immagini di Chiara Luce sul grande schermo, un coro internazionale dei Focolari intona “Dio mi ama”, la canzone scritta per la beatificazione di Chiara Luce, il 25 settembre 2010. “Presto Chiara Luce sarà santa”, esclama un detenuto. Maria Teresa ribadisce: “Allora, voi non sarete più qui… passiamo tutti dei periodi difficili”. Le sue parole cadono come balsamo e vengono accolte da un caloroso applauso! Scheda Biografia breve Sito della postulazione: www.chiaralucebadano.it Sito “Life Love Light”: www.chiaraluce.org Franz Coriasco, “Dai tetti in giù”, Ed. Città Nuova, Roma 2010. http://www.cittanuova.it/contenuto.php?testoricerca=dai+tetti+in+gi%F9&v=Cerca&MM_ricerca=ricerca&TipoContenuto=articolo&idContenuto=28519&origine=ricerca&name=1 (altro…)

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LoppianoLab: intervista a Maria Voce

Nella presentazione in prima nazionale del libro-intervista: Maria Voce in dialogo con Paolo Lòriga e Michele Zanzucchi, “La scommessa di Emmaus, cosa fanno e cosa pensano i focolarini nel dopo Chiara Lubich” (Città Nuova Ed.) Maria Voce, presidente dei Focolari ha dialogato con Lucetta Scaraffia (Osservatore Romano) e Marco Politi (Il Fatto Quotidiano). Ne è risultato uno scambio intenso e appassionato sulle grandi questioni della chiesa e della società: il  ruolo della donna, l’impegno dei laici cattolici, la visibilità dei Focolari oggi, il problema ecumenico, il dialogo interreligioso e i rapporti con i “diversamente credenti”. Di fronte ad una sala gremita – 3.000 persone da tutta Italia e tantissimi collegati in streaming – Maria Voce ha invitato i membri dei Focolari ad un impegno totalitario: “E’ questo il momento di offrire il nostro modo di evangelizzare, la nostra testimonianza, la nostra vita, la nostra parola, senza temere di trovare una resistenza. Sono convinta che Dio conduce la storia, e allora di cosa abbiamo paura? Non ci teniamo a farci pubblicità, desideriamo piuttosto che le persone conoscano quel tanto di incisività positiva che riusciamo a mettere nelle realtà umane”. Leggi tutto – Comunicato Stampa 22 settembre 2012


Ulteriori informazioni: Servizio Informazione Focolari Articoli nella stampa:Il carisma non finisce con la nascita in cielo della fondatrice”  Zenit 22/09/2012 Né femminista né sinodista, ma vera Focolarina. Maria Voce mostra che “la scommessa di Emmaus” è vinta Zenit 23/09/2012 (altro…)

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Cooperativa Loppiano Prima: il coraggio di una profezia

19 Maggio 1973: è sabato e la cittadella di Loppiano è, come sempre da nove anni a questa parte, in piena attività per accogliere i visitatori che durante questo weekend verranno a conoscere la “Mariapoli”. Apparentemente è un giorno come un altro, in realtà la data è storica. Viene costituita infatti in questo giorno la Cooperativa Loppiano Prima, che nasce per offrire una testimonianza di Vangelo vissuto attraverso un’esperienza di lavoro concreto. Detta così sembra una passeggiata, ma le origini di questa particolare azienda affondano in un terreno tutto “oro” e tutto “fango”. Per il secondo nel senso letterale del termine. Loppiano era già nata da alcuni anni. Su quelle colline toscane l’entusiasmo e la gioia certamente non mancavano e i ragazzi si industriavano in ogni modo pur di realizzare il loro sogno: dare visibilità all’ideale di un “mondo unito”, grazie ai rapporti fra gli abitanti della cittadella, fatta di internazionalità, diversità, e allo stesso tempo intrisa di un’armonia difficile da trovare altrove. Certo non era facile perchè i sassolini da togliere nel cuore di ciascuno, per mentalità, etnia e cultura, erano tanti. Ma c’erano ben altri sassi, molto più visibili e altrettanto pesanti: erano quelli dei terreni abbandonati da anni che rendevano il paesaggio inospitale, i trasporti un po’ difficili, le condizioni di vita non proprio comodissime. Ci sarebbe stato bisogno di qualcuno competente per lavorare le terre, risistemare le case, fare in modo che quella tenuta agricola assumesse davvero l’aspetto di una città. Anche se in miniatura. Questo appello, lanciato a tutto il Movimento dei Focolari, venne accolto con particolare entusiasmo dai Volontari e dalle Volontarie di Dio in tutto il mondo: alcuni di loro, residenti nelle valli bergamasche (nord Italia), con generosità e ancor più fede partirono, lasciando lavoro e attività ben avviate per trasferirsi con famiglia e figli piccoli a Loppiano. Senza alcuna sicurezza di lavoro e di casa, cominciarono a ristrutturare alcuni casolari e, con sacrifici e duro lavoro, iniziarono la costruzione della cittadella e la coltivazione dei terreni circostanti. Una pazzia, vista da parenti e amici; eppure, grazie a queste prime famiglie, Loppiano spalancò le sue porte sul mondo, rendendo concreta un’avventura spirituale e umana oggi conosciuta e stimata nei cinque continenti. Si trattava d’incarnare nel lavoro concreto di ogni giorno la spiritualità del Movimento dei Focolari e di mantenere il rispetto nei confronti della natura e di conseguenza per l’uomo. Di conseguenza, in questi anni non sono mai stati usati prodotti di sintesi su tutte le coltivazioni, facendo tesoro invece dei processi fisici, conseguendo l’ottenimento della certificazione biologica su tutti i terreni. La Cooperativa conta più di 4000 soci sparsi in tutto il mondo che, anche attraverso le quote sociali e il consumo dei prodotti, contribuiscono allo sviluppo dell’azienda e, indirettamente, anche a quello di tutta la cittadella. Nel 1991, lanciando in Brasile il progetto dell’Economia di Comunione, Chiara Lubich ha indicato la Cooperativa Loppiano Prima quale prodromo dell’EdC stessa. Loppiano oggi è bella, bellissima, con i suoi prati, le case, le strade, l’acqua corrente per tutti.  Ma ci sono voluti la fede e il coraggio dei pionieri, la maggior parte ancora presenti, alcuni già in Cielo, senza i quali niente sarebbe stato possibile, nemmeno la realizzazione di quella profezia di cui ha parlato una volta Igino Giordani (Foco) in un messaggio inviato alla Cooperativa: «Voi testimoniate e gridate il Vangelo semplicemente con il lavoro e la comunione dei beni… E siete le primizie di una società da molti concepibile solo a parole eppure da tutti sognata. Per voi e grazie a voi il mondo di domani è già cominciato…».     (fine prima parte… continua)


Sito Web Terre di Loppiano: http://www.terrediloppiano.com Catalogo prodotti


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LoppianoLab 2012 in streaming

Pensiamo di fare cosa gradita, fornendo alcune informazioni utili, per chi non potrà essere fisicamente presente all’edizione di LoppianoLab 2012, ma che desidera ugualmente seguire, almeno in parte, il variegato evento. Il programma che si svolgerà nell’Auditorium della cittadella di Loppiano il pomeriggio del 22 settembre, che include il dialogo/intervista a Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, verrà trasmesso in streaming su: www.loppiano.it Inoltre, sono attivi anche i canali sociali di LoppianoLab 2012: Facebook | Twitter | Google+ Infine, ecco il programma completo  (altro…)