Mag 21, 2006 | Chiesa
“Papa Benedetto XVI segue da molti anni, con passione di teologo e di pastore, il fenomeno dei movimenti e delle nuove comunità cresciuti nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II. I suoi primissimi contatti con queste realtà ecclesiali risalgono alla metà degli anni Sessanta, quando era ancora professore a Tübingen. Poi, con il passare del tempo, questi rapporti si sono intensificati e approfonditi, tramutandosi in una vera amicizia. «Per me personalmente fu un evento meraviglioso la prima volta che venni più strettamente a contatto – agli inizi degli anni Settanta – con movimenti quali il Cammino Neocatecumenale, Comunione e Liberazione, il Movimento dei Focolari, – così ricordava l’allora cardinale Ratzinger – sperimentando lo slancio e l’entusiasmo con cui essi vivevano la fede e dalla gioia di questa fede si sentivano necessitati a partecipare ad altri ciò che avevano ricevuto in dono». Erano gli anni del post-Concilio, anni difficili per la Chiesa, ma quelle nuove realtà si rivelano subito agli occhi del teologo e del pastore come un dono provvidenziale: «Ecco, all’improvviso – egli scriveva –, qualcosa che nessuno aveva progettato. Ecco che lo Spirito Santo, per così dire, aveva chiesto di nuovo la parola. E in giovani uomini e in giovani donne risbocciava la fede, senza “se” né “ma”, senza sotterfugi né scappatoie, vissuta nella sua integralità come dono, come un regalo prezioso che fa vivere». Un altro testo, di carattere totalmente diverso dal primo, al quale è però sicuramente complementare, riporta il dialogo del cardinale Ratzinger con un folto gruppo di vescovi giunti da tutti i continenti per partecipare al Seminario di studio sul tema: “Movimenti ecclesiali e nuove comunità nella sollecitudine pastorale dei vescovi”, promosso a Roma nel mese di giugno 1999 dal Pontificio Consiglio per i Laici, in collaborazione con la Congregazione per i Vescovi e la Congregazione per la Dottrina della Fede. Fra tanti pensieri, tutti stimolanti, una formulazione tocca specialmente ed è l’idea dei movimenti come “luogo” che aiuta i cristiani a “sentirsi a casa” nella Chiesa: «I movimenti, mi sembra, hanno questa specificità di aiutare a riconoscere in una grande Chiesa, che potrebbe apparire soltanto come una grande organizzazione internazionale, la casa dove si trova l’atmosfera propria della famiglia di Dio e nello stesso tempo si rimane nella grande famiglia universale dei santi di tutti i tempi». Oggi più che mai, rileggendo questo dialogo, desta impressione la serietà con cui il cardinale Ratzinger prende ogni domanda, l’ampiezza e la consistenza delle sue risposte che vanno sempre fino in fondo, non tralasciando alcuna dimensione dei quesiti posti. E desta impressione la saggezza pastorale con cui tratta questioni complesse e nodali, oltre che la carica di speranza che irradia dalla sue parole. Eletto Papa, Benedetto XVI non ha cessato di manifestare il proprio affetto e la propria attenzione pastorale nei confronti di queste nuove realtà. Basti qui ricordare, le parole rivolte ai giovani giunti a Colonia nell’agosto 2005 per celebrare la ventesima Giornata mondiale della gioventù: «Formate delle comunità sulla base della fede! Negli ultimi decenni sono nati movimenti e comunità in cui la forza del Vangelo si fa sentire con vivacità». E quelle che – sempre sul tema dei movimenti – ha detto ai vescovi tedeschi: «La Chiesa deve valorizzare queste realtà e al contempo deve guidarle con saggezza pastorale, affinché contribuiscano nel modo migliore, con i loro diversi doni, all’edificazione della comunità», aggiungendo un inciso importante: «Le Chiese locali e i movimenti non sono in contrasto fra loro, ma costituiscono la struttura viva della Chiesa». Proprio da questa profonda sollecitudine pastorale è scaturita l’iniziativa del Santo Padre di convocare a Roma, nella vigilia di Pentecoste di quest’anno, i movimenti ecclesiali e le nuove comunità di tutto il mondo, per dare ancora una volta insieme una testimonianza di unità nella diversità dei loro carismi. A distanza di otto anni dallo storico incontro del 30 maggio 1998 con papa Wojtyla – un evento che per movimenti e comunità ha segnato l’inizio di una nuova tappa verso la “maturità ecclesiale” – l’invito di Benedetto XVI è stato da essi accolto con gioia, entusiasmo e profonda gratitudine. L’incontro di Papa Ratzinger con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità si colloca in perfetta continuità con quello da essi avuto con Giovanni Paolo II”. L’introduzione si può leggere integralmente su www.laici.org (altro…)
Mag 18, 2006 | Chiara Lubich, Spiritualità
T’ho trovato in tanti luoghi, Signore! T’ho sentito palpitare nel silenzio altissimo d’una chiesetta alpina, nella penombra di un tabernacolo di una cattedrale vuota, nel respiro unanime di una folla che ti ama e riempie le arcate della tua chiesa di canti e di amore. T’ho trovato nella gioia. Ti ho parlato al di là del firmamento stellato, mentre a sera, nel silenzio, tornavo dal lavoro a casa. Ti cerco e spesso ti trovo. Ma dove sempre ti trovo è nel dolore. Un dolore, un qualsiasi dolore, è come il suono della campanella che chiama la sposa di Dio alla preghiera. Quando l’ombra della croce appare, l’anima si raccoglie nel tabernacolo del suo intimo e scordando il tintinnio della campana ti «vede» e ti parla. Sei Tu che mi vieni a visitare. Sono io che ti rispondo: «Eccomi Signore, Te voglio, Te ho voluto». E in quest’incontro l’anima mia non sente il suo dolore, ma è come inebriata dal tuo amore: soffusa di Te, impregnata di Te: io in Te, Tu in me, affinché siamo uno. E poi riapro gli occhi alla vita, alla vita meno vera, divinamente agguerrita, per condurre la tua battaglia. (da Meditazioni, Città Nuova editrice, Roma 2000) (altro…)
Mag 12, 2006 | Non categorizzato
“Per il suo impegno a favore del dialogo tra i popoli, le culture e le religioni e per la diffusione dello spirito di solidarietà e fratellanza tra gli uomini”, Chiara Lubich, sabato 13 maggio, è stata insignita della cittadinanza onoraria di La Spezia, con una cerimonia svolta nella cornice del Teatro Civico, gremito da circa 1000 spezzini e persone giunte da altri centri della Liguria e dalle regioni limitrofe.
“La fraternità nell’orizzonte della città” è stata la proposta di Chiara Lubich, rappresentata da Maria Rita Cerimele, corresponsabile del Movimento di Piemonte e Liguria. Un tema richiesto soprattutto dai vari politici che in questi mesi di preparazione hanno desiderato approfondire sempre più il pensiero di Chiara e il Movimento politico per l’unità da lei fondato. La città, rappresentata nelle sue massime istituzioni sembrava vibrare unanime alla proposta di far divenire prassi quotidiana ad ogni livello la fraternità, percorso del resto già condiviso da molti, come sta a testimoniare la recente assegnazione alla città da parte del Presidente Ciampi, della medaglia al valore civile per il sostegno e l’aiuto concreto alla comunità ebraica in fuga dai lager nazisti. Gli interventi delle autorità, il presidente del Consiglio Comunale, Franco Bravo, il sindaco, Giorgio Pagano, il Presidente della Provincia, Ricciardi, l’assessore regionale, Merlo, insieme al vescovo della città, S. E. Mons. Bassano Staffieri, avevano delineato i diversi tratti della personalità e dell’opera di Chiara. Dalla Galleria, i giovani e giovanissimi, entusiasmati dalla proiezione di un appuntamento mondiale dei giovani con Chiara, hanno seguito con grande attenzione i passaggi della sua vita raccontati da Ulrike Buechl, del Movimento dei Focolari, e la scoperta, fatta da Chiara e dalle sue prime compagne, alla loro stessa età, di Dio come Amore, pur nell’odio e distruzione della guerra.
La giornata di festa per La Spezia si è conclusa in serata con uno spettacolo, offerto da artisti spezzini. Da segnalare la presenza di due detenuti che, a nome dei compagni, hanno voluto esprimere la loro gratitudine a Chiara con una canzone, presentata da loro stessi: “…quando ci hanno fatto conoscere questa coraggiosa signora, non ci siamo sentiti più soli nella nostra condizione, sentiamo che lei ci capisce, che è dalla parte dei deboli e dei diversi come noi”. (altro…)
Mag 1, 2006 | Spiritualità
Carissimi tutti che oggi siete a Loppiano, vi mando un saluto di cuore per questo 1 Maggio 2006, festa dei giovani e nuova tappa del nostro cammino verso un mondo unito! E’ attuale ed esigente il programma che vi siete proposti, quasi una sfida: “Una città non basta”. Mi avete chiesto una parola. Carissimi giovani, voi sapete che, quando avevo la vostra età, ho avuto da Dio il dono di dargli la mia vita per far crescere sulla terra un popolo nuovo, nato dal Vangelo. E abbiamo iniziato da Trento, la nostra città. E voi, oggi? Se volete trasformare una città, cominciate a unirvi con chi ha il vostro stesso ideale. Mettete Dio prima di ogni altra cosa. Promettetevi amore reciproco fino ad essere pronti a dare la vita l’uno per l’altro e custodite questo Patto costi quello che costi: Lui presente in mezzo a voi vi suggerirà i passi da muovere, vi sosterrà nelle inevitabili difficoltà. Quindi, prendete le misure della città. Insieme cercate i più poveri, gli abbandonati, gli orfani, i carcerati, quelli che sono messi ai margini, e date, date sempre: una parola, un sorriso, il vostro tempo, i vostri beni… Il vostro dare attirerà il centuplo promesso da Gesù. Non lasciate nessuno solo. Condividete ogni cosa con i vostri amici: momenti di gioia e di vittoria, di dolore e di fallimento, perché la luce non si spenga. Pregate e perdonate, perché se andare controcorrente costa, lì è la radice profonda della riuscita. Ma “una città non basta”: Sì, con Dio, una città è troppo poco. Egli è colui che ha fatto le stelle, che guida i destini dei secoli e con Lui si può mirare più lontano, alla patria di tutti, al mondo. Ogni nostro respiro sia per questo, per questo ogni nostro gesto, per questo il riposo e il cammino. Alla fine della vita facciamo in modo di non doverci pentire di aver amato troppo poco. Coraggio! Sapete quanta fiducia ho in voi! Il mondo è nelle vostre mani e sarà così come voi oggi lo costruite. Chiara (altro…)
Mag 1, 2006 | Nuove Generazioni
Il grande meeting dei giovani di Loppiano quest’anno guarda alla città come luogo di fraternità, per costruirla e sperimentarla al di là di ogni divisione. Anche l’appuntamento alla cittadella Arco Iris in Portogallo punta alla costruzione di un mondo unito, in questo tempo caratterizzato da paura dell’altro e da conflitti. Loppiano (Italia) – La città come luogo e laboratorio di fraternità a 360°. È questo il focus del 1° maggio 2006 a Loppiano, annuale appuntamento per migliaia di giovani italiani ed europei, giunto ormai alla sua 36esima edizione.
In programma – Momento centrale del programma sarà il messaggio di Chiara Lubich dal titolo “Una città non basta”. Numerosi i testimoni dalle zone calde del pianeta o teatro delle cosiddette “guerre dimenticate”: giovani provenienti da Colombia, Iraq, Burundi, Bielorussia e Corea, chiamati a raccontare le loro storie e a portare testimonianze di pace, solidarietà e ricomposizione sociale. Uno spazio speciale sarà dedicato all’Economia di Comunione ed in particolare al dialogo con imprenditori italiani che trasferiranno parte delle loro attività presso il nuovo Polo imprenditoriale, che verrà inaugurato nell’ottobre prossimo e raccoglierà una trentina di aziende aderenti al progetto. Il meeting “raddoppia” – Quest’anno il meeting di Loppiano si articolerà in 2 giornate. Già dalle 15.00 del 30 aprile saranno attivi 7 workshop d’approfondimento: dall’economia di comunione al dialogo interreligioso e culturale, all’ecologia, allo sport, alla musica, all’architettura, alla comunicazione: sono queste le “aree d’interesse” proposte alla riflessione ma anche all’azione dei giovani che interverranno. Con la presenza di esperti, spazi di dialogo e contributi video. Arco Iris (Portogallo): ‘Link para a unidade’ è il titolo scelto dai giovani portoghesi. E’ il link che può costruire una comunicazione nuova attraverso le nuove tecnologie, che i giovani per un mondo unito del Portogallo propongono ai loro coetanei dell’intera penisola iberica. Una comunicazione improntata al dialogo per costruire un mondo di pace. E’ prevista la partecipazione di circa 1500 giovani, numero in costante aumento rispetto alla prima edizione del 2002. info: www.focolares.org.pt La cittadella di Loppiano – È la prima delle 33 cittadelle dei Focolari che sorgono nei 5 continenti. Situata sui colli toscani nei pressi di Firenze, nel comune di Incisa in Val d’Arno, con scuole, aziende, centri artistici, conta oggi circa 900 abitanti di 70 nazioni. Sono studenti e docenti, professionisti, artigiani, agricoltori, artisti, famiglie, religiosi e sacerdoti. Presenti anche cristiani di diverse chiese e seguaci di altre religioni. Per la sua caratteristica di internazionalità è un luogo privilegiato per il dialogo fra popoli e culture. La cittadella Arco-Iris – Situata ad Abrigada, a 45 km da Lisbona, è nata nel 1997. La sua costruzione si sta realizzando, progressivamente, grazie al contributo generoso di molti. Fin dall’inizio ha potuto contare sull’appoggio e l’incentivo da parte delle autorità civili e religiose, essendo stata considerata dalla “Câmara Municipal” di Alenquer, un progetto di “interesse pubblico”. Oltre ad essere uno spazio privilegiato per il dialogo con persone di altre convinzioni e culture, è anche un punto di incontro per i giovani. Comune è l’impegno a mettere in pratica l’unica legge della cittadella, l’amore evangelico per mostrare che una convivenza pacifica e fraterna tra persone delle più diverse età e condizioni sociali è possibile. info: www.focolares.org.pt (altro…)
Apr 30, 2006 | Parola di Vita
Che cuore largo il cuore di Dio. Le divisioni tra popoli e nazioni, tra lingue ed etnie per lui non esistono. Per lui siamo tutti figli suoi, d’uguale dignità. Gli stessi primi cristiani di Gerusalemme stentavano a comprendere questa mentalità aperta e universale. Provenendo tutti da un medesimo popolo, cosciente d’essere il popolo eletto, avevano difficoltà ad entrare in un rapporto di autentica fratellanza con membri di altri popoli. Ed erano rimasti scandalizzati quando avevano saputo che Pietro, a Cesarea marittima, era entrato nella casa di Cornelio, un ufficiale romano, uno straniero. Nessuna comunanza con gli stranieri! Ma per Dio nessuno è straniero. Lui “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” . Dio ama tutti, senza distinzione. È quello che Pietro aveva affermato davanti al soldato romano, superando lui stesso i pregiudizi che lo tenevano discosto da persone d’altri popoli:
“Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga”
Se Dio agisce così, anche noi, figli suoi, dovremmo agire come lui e spalancare il cuore, rompere tutti gli argini, liberarci da ogni schiavitù. Sì, perché siamo spesso schiavi delle divisioni fra poveri e ricchi, fra generazioni, fra bianchi e neri, fra culture e nazionalità. Quanti preconcetti nei confronti degli immigrati, degli stranieri. Quanti luoghi comuni su chi è diverso da noi. Da qui le insicurezze, la paura di perdere la propria identità, le intolleranze… Possono esserci barriere ancora più sottili, che passano tra la nostra famiglia e le famiglie vicine, fra persone del nostro gruppo religioso e quelle d’altro orientamento, tra quartieri di una medesima città, tra partiti, tra club sportivi… Ed ecco diffidenze, rancori sordi e profondi, inimicizie incancrenite… Con un Dio che non fa distinzione di persone come non mettersi in cuore la fratellanza universale? Figli dello stesso Padre possiamo scoprirci fratelli e sorelle di ogni uomo e donna che avviciniamo.
“Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga”
Se dunque siamo tutti fratelli e sorelle, dobbiamo amare tutti, cominciando da chi ci è accanto, senza fermarsi. Il nostro non sarà allora un amore platonico, astratto, ma concreto, fatto di servizio. Un amore capace di andare incontro all’altro. Di avviare un dialogo, di immedesimarsi nelle sue situazioni di disagio, di assumerne i pesi, le preoccupazioni. Al punto che l’altro si senta capito e accolto nella sua diversità e libero di esprimere tutta la ricchezza che porta in sé. Un amore che sostiene rapporti vivi e attivi fra le persone delle più varie convinzioni, basati sulla “regola d’oro” – “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te” – presente in tutti i libri sacri e iscritta nelle coscienze. Un amore che muove i cuori fino alla comunione dei beni, che ama la patria altrui come la propria, che costruisce strutture nuove, nella speranza che è possibile far retrocedere guerre, terrorismi, lotte, fame, e i mille mali del mondo.
“Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga”
L’hanno sperimentato insieme una delle mie prime compagne di Roma, Fiore e una giovane del Guatemala, Moira, indigena cattolica, discendente dei maya Kacjchichel, prima di 11 fratelli. Gli indigeni sono molti discriminati e questo crea un forte complesso di inferiorità nei confronti dei meticci e soprattutto dei bianchi. Ecco ciò che Moira racconta del suo incontro con Fiore, che “non aveva preferenze”, parlava al cuore della gente, facendo cadere ogni barriera: “Non dimenticherò mai l’accoglienza festosa di Fiore. Il suo amore verso di me era un riflesso dell’amore di Dio. La mia cultura indigena e l’educazione familiare mi avevano abituata ad atteggiamenti piuttosto chiusi e duri, tanto da allontanare chi stava accanto a me. Fiore mi è stata maestra, guida, modello… e mi ha aiutato a uscire da me stessa per andare con fiducia verso gli altri. Mi ha anche proposto di riprendere gli studi e mi ha sostenuta e incoraggiata, quando, per le difficoltà di cultura e di metodo, ero tentata di lasciare tutto. Ho potuto conseguire il diploma di segretaria d’azienda. Soprattutto mi ha trasmesso la consapevolezza della mia dignità umana. Mi ha fatto superare quel senso di inferiorità che, da indigena, mi portavo dentro come un marchio. Fin da ragazzina sognavo di fare una battaglia per riscattare la mia gente, ma da Fiore ho capito che dovevo cominciare da me stessa. Essere io “nuova” se volevo che nascesse un ‘popolo nuovo’.” Amando l’Ideale, con un Dio che non fa preferenze di persone, si possono avere – come Moira – sogni nuovi: “Con il mio sì a Dio avrei potuto aprire un varco per portare l’Ideale a tutta la mia gente e posso dire di vederlo già in parte realizzato nella mia famiglia”.
Chiara Lubich
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Apr 27, 2006 | Dialogo Interreligioso
“Tra buddismo e cristianesimo c’è un profondo fossato. Nonostante ciò, come buddista della tradizione Mahayana, ho potuto capire molti aspetti del significato profondo del dolore di Gesù crocefisso. C’è una convergenza sul piano esistenziale tra l’esperienza buddhista della compassione e quella cristiana dell’amore”. Così il dott. Tomonobu Shinozaki, rettore del Gakurin Seminary della Rissho Kosei-kai, nella sessione dedicata alla sofferenza, nel corso del II Simposio buddista-cristiano, ospitato ad Osaka, nel centro della Rissho Kosei-Kai, dal 24 al 27 aprile 2006. Aveva infatti suscitato profondo interesse tra i partecipanti la relazione che aveva approfondito il centro del mistero cristiano: Gesù che sulla croce giunge a gridare l’abbandono del Padre, cardine della spiritualità dei Focolari. Al secondo Simposio, dal titolo “Dharma e compassione buddista-Agape cristiana” hanno partecipato 90 persone. Erano rappresentate le antiche scuole tradizionali del buddismo giapponese e le giovani organizzazioni laicali; per il buddismo Theravada, erano presenti monaci e laici provenienti dalla Thailandia. Il Movimento dei Focolari era rappresentato, da un gruppo del Centro per il Dialogo interreligioso e del Centro Studi, insieme a membri provenienti dalla Thailandia, Corea, Filippine, Stati Uniti e Giappone. Sul monte Hiei, culla del buddis
mo giapponese – Per le conclusioni del Simposio, i partecipanti sono stati accolti dai monaci della Tendai-shu, nei luoghi dove, 1200 anni fa, ha avuto inizio la scuola Tendai: il Monte Hiei. Hanno visitato la tomba del loro fondatore, Saicho, e vi hanno appreso un suo insegnamento: “L’apice della compassione è dimenticare se stessi e servire gli altri”. Uno dei frutti emersi dal Simposio è stato il veder fiorire un dialogo infra-buddista, tra monaci del Theravada, monaci di varie scuole giapponesi e laici, come quelli della Rissho Ko-sei-kai e della Myochikai. Phramaha Boonchuay, Rettore dell’Università buddista Chulalon-korn di Chiangmai (in Thailandia) diceva: “Abbiamo fatto un nuovo passo avanti in tutti i sensi. Sono stato colpito anche dal fatto che il buddismo in Giappone ha tanti servizi concreti promossi dai templi o dai monasteri, cosa che possiamo imparare da loro”. Il Rev. Masami-chi Kamiya, Direttore del gruppo per il dialogo interreligioso della Rissho Kosei-kai, ha affermato che la RKk voleva trovare un rapporto di dialogo con i buddisti del Theravada e ha potuto realizzarlo, grazie a quest’incontro. Verso una fraternità spirituale sempre più profonda – È risaltato in modo particolare quanto l’amore vissuto fra tutti fosse il miglior terreno per sviluppare una conoscenza reciproca ed un autentico dialogo. Si è sentito un forte impulso dello Spirito ad andare avanti verso una fraternità sempre più profonda. (altro…)
Apr 24, 2006 | Nuove Generazioni
Panama – I Clubs del dare: viaggio a Cebaco Molteplici sono le attività che i Ragazzi per l’Unità portano avanti per sostenere i loro progetti. Una di queste, che, come le Fiere Primavera in Italia, ha assunto un carattere di continuità, si svolge in Panama, dove da anni ormai, esistono i “Clubs del dare”, di cui si può essere soci solo se si vive la cultura del dare, cominciando a donare un oggetto al quale si tiene molto. Nel 2005 il Ministero dell’Istruzione Panamense, venuto a conoscenza dell’iniziativa, l’ha inserita nel programma scolastico come attività da svolgere nelle ore obbligatorie di servizio sociale. Scrivono i Ragazzi per l’Unità del Panama: “Non dobbiamo più conquistarci il permesso dei presidi per presentarci nelle varie scuole: basta far riferimento alla circolare del Ministro! La cosa più bella è che anche tutti i professori partecipano”. Da vari anni, una delegazione di ragazzi accompagnati da genitori e insegnanti, si reca con una imbarcazione nell’isola di Cebaco – 8 ore di viaggio – per portare alle famiglie bisognose i generi alimentari raccolti durante l’anno. L’intera popolazione li accoglie con grandissima gioia, offrendo loro quanto hanno di meglio. “E’ bellissimo il rapporto costruito con loro in questi otto anni – sono ancora i ragazzi a parlare – e tutti abbiamo sperimentato che andando lì per dare si riceve molto: siamo tornati, infatti, felicissimi”. Jorge, uno di loro, ha detto: “Tante volte desideriamo cose di cui non abbiamo realmente bisogno. Adesso che ho conosciuto la gente di Cebaco, non posso fermarmi, dobbiamo fare molto di più! Sono felice di non dover aspettare di essere grande per poter dare!”. In Germania – guadagnati 1443 euro Siamo a Mannheim. Gli studenti dell’ottava classe devono realizzare un progetto per le materie di economia e legge. Idea: perché non lanciare la proposta di trovare un lavoro per alcune mattine, così da guadagnare i soldi per il progetto School-mates? Piace a tutti, ma c’è una prima difficoltà: trovare un posto di lavoro. Uno dei ragazzi, che è riuscito a farsi assumere dopo trenta tentativi, afferma: “Adesso so quanto è difficile cercare un lavoro”. Panettieri, elettricisti, parrucchieri, commessi in negozi alimentari, giardinaggio, impiegati nella società dei mezzi pubblici, in un’officina, nei ristoranti: alla fine tutta la classe ha il suo lavoretto. Il risultato: 1443 euro guadagnati da tutti e dati con gioia perché altri ragazzi possano andare a scuola. (altro…)
Apr 24, 2006 | Nuove Generazioni
La Fiera Primavera, giunta quest’anno alla tredicesima edizione, insieme a School-Mates (compagni di banco), è una delle tante iniziative che si svolgono ogni anno in diverse città del mondo. Sono organizzate dai Ragazzi per l’Unità, in collaborazione con scuole e associazioni locali, per intessere una rete di solidarietà con i compagni dei Paesi più svantaggiati. Appuntamenti 2006 In questo squarcio di primavera, le Fiere si sono svolte già in alcune città delle Marche, Emilia Romagna, Sicilia e Calabria, e le prossime sono in calendario il: – 7 maggio: Roma (al Pincio) – Prato di Campoli (Ciociaria, provincia di Roma) – Carpi (Modena) – Cesena (Forlì) – Arcidosso (Grosseto) – 14 maggio: Firenze – Pisa – Frascati (Castelli Romani, provincia di Roma) Al cuore dell’iniziativa – “Vogliamo proporre – spiegano i protagonisti dalle pagine del loro sito – uno stile di vita diverso ad un mondo che cerca la felicità. Una comunione dei beni mondiale sta unendo in una grande rete ragazzi poveri dei Paesi in via di sviluppo e ragazzi ricchi dei Paesi industrializzati”. I giovanissimi (9-17 anni) e improvvisati venditori vogliono contribuire a costruire un mondo di pace e di fraternità con la cultura del dare, trasmettendo, nel contesto cittadino, il loro messaggio sull’amicizia tra i popoli. Con il ricavato – € 61.482,28 – delle Fiere Primavera che si sono svolte in Italia nel 2005, sono state finanziate 423 borse di studio in 33 Paesi dei 5 continenti: dall’Albania al Burkina Faso, dalle Filippine al Messico, da Gerusalemme all’Iraq, alla Nuova Caledonia. Boomerang – Una sezione del sito di School-Mates è costituita da risposte ed esperienze dei ragazzi aiutati dai Progetti Dare; la parola stessa “Boomerang” esprime la reciprocità dell’amore che va e che torna. Scrivono Yves e Ange da Kinshasa (Congo): “Ciao a tutti, siamo molto contenti di scrivere per la prima volta un e-mail! Vi ricordate di noi? Siamo Yves e Ange, due ragazzi di Makala (Kinshasa). Siamo quelli che per quattro anni avete aiutato permettendoci di andare a scuola. Oggi abbiamo avuto la bellissima notizia che abbiamo superato gli esami di stato. Che gioia per noi e i nostri familiari! Volevamo dirvi che, anche se non possediamo dei beni materiali, cerchiamo ogni giorno di vivere la ’cultura del dare’ aiutando i compagni più piccoli a studiare. Inoltre abbiamo riempito tanti sacchi di sabbia per proteggere le case di 14 famiglie minacciate dall’erosione del fiume. Pensiamo che, con l’impegno di tutti noi ragazzi, il mondo cambierà”. Concretizzazioni dei Progetti Dare – Ad Amman in Giordania, i Ragazzi per l’Unità hanno aperto un corso di due pomeriggi a settimana per circa 100 bambini iracheni emigrati con le loro famiglie a causa della guerra. Le lezioni di arabo, inglese, matematica e scienze sono portate avanti da loro stessi, mettendo a disposizione tempo e talenti per aiutare a recuperare i corsi perduti. A Santo Domingo, grazie agli aiuti ricevuti, è stata inaugurata nel 2003 una scuola per 200 bambini e bambine. Ora è in corso la costruzione del secondo piano dell’edificio che ne accoglierà altri 200. Questi sono solo alcuni esempi, ma molti altri ancora sono i progetti realizzati o in cantiere, la cui descrizione si può trovare su www.school-mates.org (altro…)
Apr 21, 2006 | Chiesa
Gioia di aver “vissuto uno spirito di famiglia”, “condiviso anche le difficoltà”, “pregato in profonda unità” e “aver partecipato a un grande momento di Chiesa”: alcune delle impressioni a caldo raccolte tra gli oltre 1000 sacerdoti, diaconi permanenti e
seminaristi, provenienti da 52 Paesi a conclusione del Congresso “Chiesa oggi. Spiritualità di comunione e dialogo”, svolto dal 19 al 21 aprile a Castel Gandolfo (Roma), con la presenza anche di partecipanti di altre Chiese. L’incontro era iniziato con un’ampia riflessione su “La figura del sacerdote e del diacono oggi: il vissuto e le sfide”. Testimonianze di varie parti del mondo e interventi di esperti hanno evidenziato, in questa prima tappa, le sfide cui si trova a far fronte la Chiesa nel nostro tempo, e con essa i sacerdoti: crisi di credibilità e di incidenza, frammentazione sociale e culturale, individualismo e superlavoro; e ancora: povertà, conflitti e ingiustizie. Ma proprio in mezzo alle difficoltà – si è detto – si stagliano anche segnali di speranza, tra cui una diffusa “sete di Dio” alla quale bisogna imparare a rispondere, il moltiplicarsi delle piccole comunità ecclesiali e l’apporto dei nuovi carismi. L’idea-chiave del Congresso è stata messa in luce dal messaggio di Chiara Lubich: “Gesù crocifisso e abbandonato è Colui che ha aperto agli uomini la via alla fraternità universale”. È nel momento dell’abbandono che Egli ha ristabilito il rapporto fra gli uomini e Dio. Ma egli è “il vincolo d’unità anche fra gli uomini. Ecco perché si parla di Lui: Egli è il vero sacerdote!”. Da qui un preciso augurio: che “ognuno veda in Lui il suo modello, affinché la Chiesa oggi si trovi arricchita di sacerdoti-Cristo, sacerdoti-vittime per l’umanità; autentici Cristo, pronti a dare la vita per tutti”. La seconda tappa del congresso è stata dedicata alla Chiesa-comunione e all’imprescindibile bisogno di una spiritualità di comunione. Giuseppe Maria Zanghì, responsabile del Centro studi del Movimento, ha parlato del “passaggio epocale da una spiritualità e visione dell’uomo prevalentemente individuale ad una visione che allarga l’interiorità del singolo alla comunione con ogni uomo e ogni donna”. Don Silvano Cola, del Movimento sacerdotale dei Focolari, ha quindi raccontato del suo incontro con la spiritualità dell’unità, mettendo in luce tre dimensioni fondamentali per la vita cristiana e sacerdotale oggi: “scoprire Dio-Amore come ‘tutto’ dell’esperienza cristiana; saper vedere tutti come figli di Dio; centrare la propria vita in Gesù crocifisso che, anche nel momento della sua separazione dal Padre, si rimette a Lui per amore”. Quella sera, la preghiera è stata animata da sacerdoti e seminaristi ortodossi, con l’inno Akathistos, rivolto alla Madonna. Con la mattinata del 20 aprile, il convegno è giunto al suo nucleo centrale. Unità, comunione e reciprocità – si è detto – restano un’utopia se non affondano le radici in un amore che si misura sulla radicale donazione di Gesù in croce. Tra gli altri ne hanno parlato due parroci che hanno saputo suscitare numerosi frutti in ambienti assai restii alla vita ecclesiale, e un sacerdote italiano impegnato in Brasile tra i “meninos da rua”. Durante la seconda giornata la concelebrazione della Messa è stata presieduta da mons. Gian Carlo Bregantini, vescovo di Locri, in Calabria, testimone del coraggio evangelico nella lotta alla criminalità organizzata. Nel pomeriggio, mons. Aldo Giordano, Segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, ha proposto stimolanti riflessioni sul tema “Per una pastorale della comunione”.
Alcune testimonianze hanno poi offerto esempi di una pastorale missionaria. Tra queste, l’esperienza di sacerdoti e laici della parrocchia romana di San Giovanni della Croce, dove si coniugano in maniera armoniosa e feconda le energie e le metodologie dei nuovi Movimenti ecclesiali con le strutture parrocchiali. E ancora, un’azione di aiuto alla Bosnia portata avanti da un centro per i giovani in Germania che si è trasformata in un’esperienza di evangelizzazione, con riflessi in 45 Paesi. Infine, la testimonianza di un giovane sacerdote brasiliano sul crescere di oltre 2000 piccole comunità che, nella diocesi di Ponta Grossa, animano la vita della Chiesa e il tessuto sociale con l’arte evangelica d’amare. In primo piano, nella mattina del 21 aprile, l’aspetto della cultura e del dialogo, con la riflessione di don Pasquale Foresi, primo focolarino sacerdote, sul tema “Una nuova scuola di pensiero”, seguita dagli interventi di Vera Araújo e Carlos Clariá del Consiglio generale del Movimento dei Focolari, su “Anima del mondo: orizzonti nuovi della missione oggi”. Punto d’arrivo del Convegno è stato un intenso momento di preghiera, col quale i partecipanti hanno preso l’impegno – riproposto a nome di Chiara Lubich da Natalia Dallapiccola, sua prima compagna – di conformare la loro vita al modello di Gesù in croce per andare incontro ai molteplici volti del dolore nel mondo di oggi e “prosciugare le acque della tribolazione in molti cuori vicini e lontani”. Nel saluto finale, uno dei promotori del Convegno, don Silvano Cola, ha detto: “Come 2000 anni fa ai suoi apostoli, Gesù oggi sembra dirci: ‘Andate in tutto il mondo e annunziate il Vangelo vissuto’!”. Per ulteriori informazioni: chiesaoggi.focolare.org (altro…)
Apr 20, 2006 | Focolari nel Mondo
«Caro A., come vedi, nel nostro piccolo cerchiamo di aiutare quei compagni che hanno molte difficoltà… Quello che facciamo noi è poco, però ci dà la forza di andare avanti nella strada dove c’è la luce. Quando ci addormentiamo ci sentiamo liberi e con la coscienza a posto. Con i compagni cerco sempre un dialogo: a volte serve una parola buona, a volte basta essere disponibili, altre volte diciamo insieme una preghiera, affinché il Signore ci aiuti a superare questi momenti brutti». Così scrive un detenuto ad A., che tutti i giovedì mattina scende a Roma per recarsi al Nuovo Complesso di Rebibbia, dove i suoi amici detenuti lo aspettano. Da alcuni anni impiega così il suo giorno di libertà dal lavoro, facendosi carico dei problemi e delle speranze di gente che spesso ha toccato il fondo. In via eccezionale, A. ha ottenuto il permesso di incontrare i detenuti di tutti i reparti. Ne segue una cinquantina, e attraverso i più disponibili arriva ad altri ancora; li aiuta anche dando loro la Parola di vita mensile e la rivista Città nuova. Molti dei suoi amici dicono di trovare in questo un alimento, un aiuto a vedere le cose da un’altra visuale, come esprime questa poesia scritta da uno di loro: «Il silenzio della notte/ è come un accogliente letto caldo/ (…). È la voce della nostra coscienza./ (…) Possono i carcerati ravvedersi /i ciechi vedere tramonti /i barboni sognare un camino acceso./ Possono i potenti diventare umili e saggi /i malati tornare a sorridere./ Il silenzio della notte/ è il letto caldo dove tutti/ fanno i conti con la Verità». Spesso, il rapporto continua anche con chi ha finito di scontare la sua pena o viene trasferito: è il caso dell’autore della poesia, che scrive da un altro carcere: «È dal ’96 che sono in carcere. Disagi, lutti in famiglia e di nuovo carcere… Meno male che ho imparato ad amare e credere, perché oggi, se così non fosse stato, non so che fine avrei fatto. Voglio confidarti che continuo a pregare e cerco di portare questa vita di amore a chi ne ha più bisogno. Anche fuori di qui non sarà facile, ma bisogna fare i conti con il proprio passato, accettarlo, tirare fuori l’umiltà e dire: ho bisogno di aiuto. Non nego che ci sono stati momenti in cui ho provato sulla mia pelle qualcosa che ha vissuto Gesù: l’abbandono, la persecuzione, l’indifferenza di tante persone… ma poi dico a me stesso: io sono colpevole e Lui era innocente. Ha sacrificato la sua vita per redimerci, per farci capire fino a che punto dobbiamo amare. Come si può non amarlo e adorarlo?». Le esperienze finora raccolte sono una testimonianza commovente. Ecco alcuni flash. «Un ragazzo della cella di fronte alla mia era disperatissimo per aver perso l’anello che gli aveva regalato la moglie. Ho provato a smontare il sifone del lavandino e così l’abbiamo trovato. È difficile dire come era felice… Di sera ho scritto una lettera per un detenuto analfabeta… Ho regalato un pacchetto di sigarette da dieci con piacere, a costo di restare io senza». «Ho lavorato per due mesi a costruire una barca con degli stuzzicadenti. Volevo venderla e ricavare dei soldi. Un mio amico però non aveva niente per fare un regalo a sua moglie e allora ho pensato di regalargli la mia barca». Brani di vita nuova che ci fanno capire meglio come farci “prossimi”, sul modello di Gesù in croce, di quanti ci passano accanto nella vita, volendo esser pronti a “farci uno” con loro, ad assumere una disunità, a condividere un dolore, a risolvere un problema, con un amore concreto fatto servizio. (cfr. Città Nuova n. 5/2006) (altro…)
Apr 20, 2006 | Chiesa
Saranno rappresentate oltre 50 nazioni, dalla Tailandia agli USA, dall’Olanda al Burundi e al Venezuela. Un’occasione, quindi, di dialogo e di unità nella varietà delle espressioni culturali e delle esperienze ecclesiali. Interverranno pure ministri di altre Chiese cristiane. All’origine dell’incontro una constatazione: “Nella misura nella quale noi stessi siamo trasformati – ha detto papa Benedetto XVI – possiamo vedere la presenza del regno di Dio e farla vedere agli altri”. In questo senso, come ha osservato Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, “oggi i tempi esigono più che mai l’autenticità: occorrono sacerdoti-Cristo, pronti a morire per tutti”. Nell’intento di leggere insieme i “segni dei tempi”, il Convegno si confronterà con le sfide che pesano oggi sulla vita dei sacerdoti: crisi di credibilità e di incidenza, frammentazione sociale e culturale, individualismo e superlavoro. Ma metterà soprattutto in rilievo le nuove opportunità offerte dalla dimensione della comunione. Quattro le unità tematiche secondo cui si articola il programma: Figure di sacerdoti – Una spiritualità per la Chiesa-comunione – Alle prese con i volti della sofferenza – Dialogo ed evangelizzazione. Per tre giorni si avvicenderanno approfondimenti teologici, culturali e spirituali, con testimonianze, incontri per gruppi e momenti artistici. Tutto per evidenziare vie per una nuova incidenza del cristianesimo nella società di oggi. Non a caso, il Convegno attinge alla spiritualità del Movimento dei Focolari, nota come spiritualità dell’unità che favorisce il dialogo. Per informazioni: Movimento dei focolari – movimento.sacerdotale@focolare.org C.P. 21 – 00046 Grottaferrata (Roma) – Tel. 339.2173901 (altro…)
Apr 19, 2006 | Chiesa
Carissimi, Sono molto contenta di dare il benvenuto a ciascun partecipante a questo Congresso e, in particolare, saluto i nostri fratelli cristiani, ministri di altre Chiese, che sono presenti. Vi siete dati appuntamento da tanti Paesi di tutti i continenti per approfondire insieme la spiritualità di comunione e dialogo nella Chiesa oggi. Mi è stata chiesta una parola. Ho visto che nel vostro ricco programma un posto di rilievo è stato dato al tema: “L’abbandono di Gesù”. Perché? Perché i cardini principali della nostra spiritualità sono, da una parte, Gesù crocifisso che grida “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” e dall’altra l’unità. Gesù crocifisso e abbandonato è Colui che ha aperto agli uomini la via alla fraternità universale. E’ in quel momento che Egli diviene mediatore fra gli uomini e Dio. E’ lì sulla croce che si presenta al Padre come sacerdote e insieme vittima per l’intera umanità. E perché gli uomini, per Gesù crocifisso e abbandonato, hanno potuto ristabilire il rapporto con Dio, si è reso possibile il rapporto pure fra di loro: Gesù abbandonato è il vincolo d’unità anche fra gli uomini. E l’unità è il frutto del dialogo: è il dialogo consumato. Ecco perché si parla di Lui: Egli è il vero sacerdote! Il mio augurio, accompagnato dalla preghiera, è che ognuno veda in Lui il suo modello, affinché la Chiesa oggi si trovi arricchita di sacerdoti-Cristo, sacerdoti-vittime per l’umanità; autentici Cristo, pronti a dare la vita per tutti. La Pasqua, appena celebrata, ci ricorda che al dolore della Passione è seguita la grande gioia della Risurrezione. In Lui Risorto vivo tra noi, Chiara (altro…)
Apr 18, 2006 | Chiesa
PROGRAMMA Mercoledì 19 aprile Sacerdoti e diaconi oggi – il vissuto e le sfide 09.00 Benvenuto (Wolfgang Schneck e Andrea Caelli – moderatori) Saluto (Silvano Cola, Lino D’Armi, Enrico Pepe, Hubertus Blaumeiser – responsabili del Movimento sacerdotale del Movimento dei focolari) Testimonianze-flash di sacerdoti e diaconi di diversi Continenti COREOGRAFIA “DALL’INDIVIDUALISMO ALLA COMUNIONE” (SEMINARISTI DI LOPPIANO) 10.30 Sacerdoti, diaconi e seminaristi oggi: sfide e domande Intervista di Andrea Caelli a: Wilfried Hagemann (Germania), Thomas Norris (Irlanda), Enrique Cambón (Argentina), Léon Sirabahenda (Burundi) Due seminaristi presentano i risultati di un’inchiesta CONTRIBUTO ARTISTICO (MIMO PEREZ – FILIPPINE) Messaggio di Chiara Lubich 11.45 Concelebrazione Una spiritualità per la Chiesa-comunione 16.00 Spiritualità di comunione: dal “Castello interiore” al “Castello esteriore” (Giuseppe Maria Zanghì, Responsabile del Centro studi del Movimento dei focolari) Flash storico: i sacerdoti e il Movimento dei Focolari (Silvano Cola) BRANO MUSICALE Costruire la Chiesa-comunione (testimonianze di Marco Tecilla e altri) 18.00 La profezia delle cittadelle del Movimento dei focolari (Presentazione della Mariapoli permanente di Loppiano / Incisa Valdarno) Formarsi alla comunione: scuole per sacerdoti, diaconi e seminaristi (Lorenzo Campagnolo, con partecipanti al corso annuale del Centro internazionale di spiritualità per sacerdoti e seminaristi – Loppiano) CONTRIBUTO ARTISTICO (MIMMO IERVOLINO – NAPOLI) La comunione come stile di vita (Testimonianze) 19.10 Momento di preghiera animato dai partecipanti ortodossi (Istituto delle Chiese orientali – Regensburg / Germania) Giovedì 20 aprile Le nostre radici più profonde 09.00 Momento di preghiera animato da partecipanti di varie Chiese “Ti consegno questo crocifisso” (testimonianza di Dante Sementilli) BRANO DI PIANOFORTE (ALFONSO GUILLAMON – SPAGNA) “Mettersi al posto dell’altro” (testimonianza di Carlo Malavasi) 10.20 L’abbandono di Gesù – via all’unità (Natalia Dallapiccola – prima compagna di Chiara Lubich) Gesù crocifisso e abbandonato nell’esperienza del Movimento dei Focolari (videoregistrazione di Chiara Lubich) CONTRIBUTO ARTISTICO (PIERLUIGI GRISON – LOPPIANO) Gesù abbandonato – modello del sacerdote (testimonianze) 11.45 Concelebrazione Evangelizzazione e dialogo 16.00 Per una pastorale della comunione (Aldo Giordano, Segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee) Il primato della carità (stralcio video di Chiara Lubich) BRANO MUSICALE Andare verso tutti (testimonianze) 17.50 Concerto-testimonianza sul Card. Van Thuan (Carlo José Seno e sacerdoti di Milano) 19.10 Momento di preghiera: “Ho un solo Sposo sulla terra” Venerdì 21 aprile “Che tutti siano uno” 09.00 Una nuova scuola di pensiero (Pasquale Foresi – Direzione centrale del Movimento dei focolari) CONTRIBUTO ARTISTICO “Anima del mondo”: orizzonti nuovi della missione oggi (Vera Araújo e Carlos Clarià – Centro internazionale del Movimento dei Focolari) BRANO DI PIANOFORTE (CARLO JOSÉ SENO E ALFONSO GUILLAMON) Impressioni dei partecipanti Conclusione (Silvano Cola, Lino D’Armi, Enrico Pepe, Hubertus Blaumeiser) 11.00 Concelebrazione (altro…)
Mar 31, 2006 | Parola di Vita
Eloquenti più d’un trattato, queste parole di Gesù dischiudono il segreto della vita.
Non c’è gioia di Gesù senza dolore amato. Non c’è risurrezione senza morte.
Gesù qui parla di sé, spiega il significato della sua esistenza.
Mancano pochi giorni alla sua morte. Sarà dolorosa, umiliante. Perché morire, proprio Lui che s’è proclamato la Vita? Perché soffrire, Lui che è innocente? Perché essere calunniato, schiaffeggiato, deriso, inchiodato su una croce, la fine più infamante? E soprattutto perché Lui, che ha vissuto nell’unione costante con Dio, si sentirà abbandonato dal Padre suo? Anche a Lui la morte fa paura; ma essa avrà un senso: la risurrezione.
Era venuto a radunare i figli di Dio dispersi1, a rompere ogni barriera che separa popoli e persone, ad affratellare uomini tra loro divisi, a portare la pace e costruire l’unità. Ma c’è un prezzo da pagare: per attrarre tutti a sé dovrà essere innalzato da terra, sulla croce2. Ed ecco la parabola, la più bella di tutto il Vangelo:
«Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto»
È Lui quel chicco di grano.
In questo tempo di Pasqua egli ci appare dall’alto della croce, suo martirio e sua gloria, nel segno dell’amore estremo. Lì tutto ha donato: il perdono ai carnefici, il Paradiso al ladrone, a noi la madre e il suo corpo e il suo sangue, la vita sua, fino a gridare: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
Scrivevo nel 1944: “Sai che tutto ci ha donato? Che poteva darci di più un Dio che, per amore, sembra dimenticarsi di essere Dio?”
E ha dato a noi la possibilità di diventare figli di Dio: ha generato un popolo nuovo, una nuova creazione.
Il giorno di Pentecoste il chicco di grano caduto in terra e morto già fioriva in spiga feconda: tremila persone, d’ogni popolo e nazione, diventano “un cuore solo e un’anima sola”, poi cinquemila, poi…
«Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto»
Questa Parola dà senso anche alla nostra vita, al nostro soffrire, al nostro morire, un giorno.
La fraternità universale per la quale vogliamo vivere, la pace, l’unità che vogliamo costruire attorno a noi, è un vago sogno, una chimera se non siamo disposti a percorrere la stessa via tracciata dal Maestro.
Come ha fatto Lui a “portare molto frutto”?
Ha condiviso tutto di noi. Si è addossato le nostre sofferenze. Si è fatto con noi tenebra, malinconia, stanchezza, contrasto… Ha provato il tradimento, la solitudine, l’orfanezza… In una parola si è fatto “uno con noi”, facendosi carico di quanto ci era di peso.
Così noi. Innamorati di questo Dio che si fa nostro “prossimo”, abbiamo un modo per dirgli che gli siamo immensamente grati per il suo infinito amore: vivere come ha vissuto Lui. Ed eccoci a nostra volta “prossimi” di quanti ci passano accanto nella vita, volendo esser pronti a “farci uno” con loro, ad assumere una disunità, a condividere un dolore, a risolvere un problema, con un amore concreto fatto servizio.
Gesù nell’abbandono s’è tutto dato; nella spiritualità che s’incentra in Lui, Gesù risorto deve risplendere pienamente e la gioia deve darne testimonianza.
Chiara Lubich
1 Cf Gv 11,52
2 Cf Gv 12,32
Mar 29, 2006 | Cultura
Non si può negare che è in atto un grande sforzo mondiale per vincere l’analfabetismo dei popoli. Ma contemporaneamente all’orizzonte si profilano, soprattutto per le società più opulente, i rischi di un nuovo analfabetismo: quello delle coscienze. Per questo, più di tutto, serve ri-creare una cultura dell’educazione. Riportare al centro dell’interesse la relazione tra educando ed educatore, tra educatori, tra gruppi, tra teoria e pratica, è l’obiettivo di questo primo Convegno internazionale che si svolgerà al Centro Mariapoli di Castelgandolfo dal 31 marzo al 2 aprile promosso da EDU-EducazioneUnità, centro studi pedagogici del Movimento dei Focolari, che ha avuto inizio nel 2002 per iniziativa di Chiara Lubich. Verranno approfondite tematiche di particolare attualità: Alla scuola di chi? – Di fronte al crescente disorientamento educativo, il Convegno intende imprimere nuovo slancio ad una vocazione in crisi: metterà in rilievo la figura dell’educatore, del docente, del maestro, che sappia coniugare teoria e pratica, parola e testimonianza. Comunità in dialogo – Una finalità, una scommessa irrinunciabile per dar vita ad una cultura della relazione educativa e dei legami tra educatori, tra famiglie, tra gruppi associativi in cui i giovani sappiano riconoscere i segni di una riumanizzazione dei rapporti e di un nuovo senso di comunità, intessuta di reciproco interesse. Il senso del pensare – Paradossalmente, in un mondo ricco di dati e di informazioni, il rischio è quello di non sapere pensare. Diventa priorità assoluta quindi stimolare l’educazione del pensiero, della riflessione, della ricerca di senso. L’imparare: uno strumento per servire – Sempre più frenetica è la rincorsa del successo e l’apprendere spesso è finalizzato alla competizione egocentrica. Apprendere per servire capovolge quest’ottica, nella ricerca di un sapere condiviso, nell’interesse del bene comune. Ad educatori, docenti e studenti di Scienze dell’Educazione, politici impegnati in questo campo, il Convegno proporrà i primi frutti della ricerca avviata da studiosi di vari Paesi in campo pedagogico sul ricco patrimonio di spiritualità e di realizzazioni educative, attuate nei 60 anni di vita dei Focolari in varie aree del mondo. (altro…)
Mar 24, 2006 | Cultura
«Guardando alle nostre città, ciò che attrae l’uomo d’oggi nelle sue esigenze più profonde, è proprio questa “città nuova”, città della fraternità, che rende fratelli al di là di ogni divisione. La rivista Città nuova vuol essere via alla fraternità, strumento di dialogo a tutti i livelli, di comunione, di unità». Così Chiara Lubich nell’editoriale del 1° numero del 2006, 50° anno di vita della rivista dei Focolari.
E per lanciare questa nuova prospettiva alle principali città italiane, Città Nuova ha stilato un calendario di appuntamenti. Tra le prime tappe: Roma e Milano. Milano: segni visibili di fraternità Un modo nuovo di vivere la città: diventare «cittadini a pieno titolo, capaci di guardare in faccia la realtà e allo stesso tempo di modificare il corso degli eventi, cominciando a progettare partendo dall’incontro con l’altro». E’ la proposta lanciata l’11 marzo scorso, da Lucia Fronza Crepaz, presidente del Movimento Politico per l’unità, alla presenza di oltre 1600 persone che gremivano l’aula magna dell’Università Statale. Infatti «la tolleranza non è sufficiente». Come ha affermato la sociologa brasiliana Vera Araujo, si rende necessario giungere al dono di sé agli altri, alla solidarietà, fino ad arrivare alla fratellanza universale. «Dobbiamo passare da una cultura che ha privilegiato il ‘che cosa’?, la sostanza, a una cultura che ponga al centro il ‘chi’?, il singolo, l’uomo, nella sua vocazione a essere persona, in quella comunione che supera l’individualità», ha affermato il prof. Giuseppe Maria Zanghì, filosofo del Centro Studi Interdisciplinare del Movimento dei Focolari. L’invito è «uscire dal chiuso dei nostri monolocali per l’aperto infinito che è l’Amore. Dovremmo dare alle nostre città di pietra l’ariosità del giardino dell’Eden ritrovato negli spazi della vita trinitaria». Roma: continua il percorso L’edizione romana, in calendario per il 25 marzo, alle ore 16.00, all’Università di Roma Tre – con il Patrocinio del Comune di Roma – ha come tema di riferimento il tessuto cittadino e le dinamiche locali che fanno di Roma una città universale. Lo dice il titolo del Convegno: “Roma città in dialogo: tra dinamiche locali e prospettive universali”. Si tratta della continuazione di un percorso già avviato da anni nella capitale: mira ad accrescere il dialogo con la città, la presenza attiva sul territorio. Insieme ai protagonisti di esperienze concrete nel vissuto cittadino, il massmediologo Giampiero Gamaleri, il sociologo Bennie Callebaut e il giornalista Michele Zanzucchi, offriranno spunti di riflessione sull’attuale sfida multiculturale. (altro…)
Mar 20, 2006 | Chiesa
INTRODUZIONE Approfondire lo spirito della collegialità L’incoraggiamento di Paolo VI e di Giovanni Paolo II Affrettare la piena comunione visibile fra le Chiese Riflessione sulla Chiesa-comunione Dalla benedizione all’approvazione Ecclesiologia di comunione – spiritualità di comunione “Voi state riflettendo sulla comunione, realtà costitutiva della natura stessa della Chiesa”. Con queste parole Giovanni Paolo II si è rivolto il 28 febbraio 2002 a oltre 80 Vescovi provenienti da 45 nazioni di tutti i cinque Continenti. Ed ha indicato questa priorità per l’azione pastorale: “La comunione all’interno del popolo cristiano, pertanto, chiede di essere sempre più assimilata, vissuta e manifestata, anche grazie ad un deciso impegno programmatico, a livello sia di Chiesa universale che di Chiese particolari”. Ha quindi esortato a “coltivare un’autentica e profonda spiritualità di comunione”, compito di prima urgenza che, se riguarda tutti i membri della Comunità ecclesiale, “spetta però anzitutto ai Pastori”. Venticinque anni prima, Paolo VI, in occasione dell’udienza generale del 9 febbraio 1977, aveva accolto un gruppo di dodici Vescovi che – come riferì il giorno dopo L’Osservatore Romano – si erano riuniti “nel Centro Mariapoli di Rocca di Papa per partecipare a un corso di spiritualità”. Giacché in quel tempo era assai raro veder tanti Vescovi convenire all’appuntamento settimanale del Papa con i fedeli, Paolo VI, tanto sensibile alla collegialità episcopale, li volle presentare ad uno ad uno all’intera assemblea, trovando per ciascuno una parola personale. E, alla fine, impartì la benedizione apostolica assieme a loro. Fu questo l’inizio dei Convegni annuali di “Vescovi amici del Movimento dei Focolari”. Vale la pena ricordare ancora un significativo dettaglio:dopo l’udienza, i dodici Vescovi, provenienti da Cile, Colombia, Corea, Macau, Tailandia, Germania, Croazia, Portogallo e Italia, furono ricevuti a pranzo dall’allora Cardinale Segretario di Stato, Giovanni Villot, nel suo appartamento privato. Promotore dell’iniziativa fu Mons. Klaus Hemmerle, Vescovo di Aquisgrana in Germania (1975-94). Uomo di grande cultura ed eminente teologo, egli sin dalla fine degli anni ‘50 aveva conosciuto la spiritualità del Movimento dei Focolari e l’aveva vissuta da sacerdote diocesano. Diventato Vescovo pensò di non interrompere quel cammino di comunione e, nel febbraio 1976, assieme a centinaia di preti di tutta Europa, venne all’incontro annuale dei sacerdoti focolarini. “Lì – racconta – ho avuto un incontro decisivo con Chiara Lubich”. E ricorda come in quel colloquio capì che i Vescovi, legati l’uno all’altro nella collegialità e chiamati ad essere nella Chiesa custodi dell’unità, sono destinati in un modo tutto speciale a vivere tra loro l’amore reciproco . Nell’estate di quello stesso anno il Vescovo Hemmerle si ritrovò in Svizzera con altri due Vescovi che, come lui, si ispiravano nella loro vita alla spiritualità di comunione che caratterizza il Movimento dei Focolari: Mons. Josef Stimpfle, allora Vescovo di Augsburg (Germania), e Mons. Acacio Rodrigues Alves, Vescovo, oggi emerito, di Palmares (Brasile). In quell’occasione, in un incontro con Chiara Lubich, nacque l’idea di ritrovarsi nel febbraio successivo per un Convegno spirituale con altri Vescovi desiderosi di poter approfondire questa spiritualità. Approfondire lo spirito della collegialità Sin dal primo incontro, una caratteristica di questi Convegni è stata quella che i partecipanti, prima di ritornare nelle rispettive diocesi, si accordavano tra di loro – attraverso un “patto d’amore scambievole”, come lo chiamarono – di vivere anche a distanza con intensità il comandamento nuovo di Gesù, in modo da dare così un contributo vitale per rendere sempre più concreta la collegialità effettiva ed affettiva. Merita riportare almeno alcune parole di questo impegno che i Vescovi, in occasione del loro primo incontro, vollero prendere nella stessa Basilica di S. Pietro, davanti alla Pietà di Michelangelo: “Eterno Padre, uniti nel nome di Gesù, noi ti promettiamo di amarci a vicenda come Gesù ci ha amati, fino a dare la vita, per vivere in pienezza la collegialità attorno al Papa… Fa sì che siamo un’anima sola e un corpo solo, che la gioia dell’uno sia la gioia dell’altro, che la croce dell’uno sia la croce dell’altro, affinché risplenda in noi e fra noi la continua presenza di Gesù risorto, fino a penetrare tutte le nostre attività e rinnovare le nostre diocesi, affinché tutti siano uno e il mondo creda”. Sta qui, in effetti, tutta l’originalità di questi Convegni spirituali fra Vescovi. Essi – come era solito spiegare il Vescovo Hemmerle – non si prefiggono di trattare temi teologici o problemi particolari, ma di dar modo ai Vescovi di vivere un’esperienza di comunione spirituale e di unità, per approfondire, nella carità reciproca, lo spirito della collegialità col Papa e fra loro, e ravvivare così la vita di comunione nelle proprie diocesi e nei riguardi degli altri Vescovi. Un’istanza assai sentita, questa. Lo dimostra il numero crescente dei partecipanti a questi incontri che da tempo si svolgono ormai non soltanto a Roma, ma anche a livello regionale in diverse parti del mondo, dall’Estremo Oriente all’Africa, dal Brasile all’Europa centrale, ai Paesi del Medio Oriente. Con frutti profondi di comunione, come testimoniano – per citare soltanto un esempio – queste espressioni di un Vescovo dell’America Latina che, dopo aver partecipato a uno di questi Convegni, a distanza di alcuni mesi così scrisse agli altri Vescovi: “Voglio dirvi che la mia vita è stata profondamente toccata da questo incontro. Ho avuto l’impressione che noi tutti fossimo nati nello stesso quartiere, avessimo studiato nella stessa scuola e fossimo vissuti sempre assieme. Da quel momento vi sento tutti uniti a me, come se fossimo mattoni di una stessa parete, tenuti insieme col cemento. E non so più pregare isolato, ma soltanto in comunione con tutti”. L’incoraggiamento di Paolo VI e di Giovanni Paolo II Quando Paolo VI, il 25 gennaio 1978, pochi mesi prima della sua morte, incontrò per la seconda volta i Vescovi riuniti in Convegno – erano 23 quell’anno – non esitò ad affermare a chiare parole la sua gioia per quell’iniziativa: “Tutto ciò che favorisce la mutua, fraterna carità, nella prospettiva di un più generoso e fecondo servizio ecclesiale, si colloca al centro del Vangelo e del ‘comandamento nuovo’ formulato dal Signore Cristo Gesù. (…) Noi non possiamo tacere questa vostra iniziativa e la confermiamo con la nostra speciale benedizione” . Quell’anno al Convegno partecipò anche Mons. Jorge Novak, allora Vescovo di Quilmes (Argentina), che rimase profondamente impressionato da un fatto da lui stesso riferito con queste parole: “Dopo l’udienza generale con Paolo VI, noi Vescovi fummo invitati in una sala dove il Papa ci parlò nuovamente e ci disse: ‘Come capo del Collegio Apostolico vi incoraggio, vi stimolo, vi esorto a continuare in questa iniziativa’ ”. Giovanni Paolo II, eletto Papa nell’ottobre 1978, subito intuì il valore di questi incontri volti a rafforzare lo spirito di comunione all’interno del Collegio episcopale e li sostenne. Fu lui a presentare – durante l’udienza generale del 15 febbraio 1979 – i 40 partecipanti del terzo Convegno con il nome di “Vescovi amici del Movimento dei Focolari”. L’anno successivo rifletteva in questi termini sulla rilevanza di questi Convegni: la collegialità effettiva ed affettiva “è la nostra principale testimonianza (…). Io mi rallegro della spiritualità che vi aiuta oggi a realizzarla sempre di più”. Due anni dopo, ricevendo all’indomani del sesto Convegno il Vescovo Hemmerle ed altri Vescovi cattolici in udienza speciale – era il 21 febbraio 1982 -, nel suo discorso tracciò linee che suonavano assai programmatiche. “Mentre il Papa viveva un’intensa e consolante esperienza di comunione con alcune giovani Chiese nel Continente africano, celebrando con esse il mistero dell’unità che pulsa nel grande Organismo della Chiesa universale, voi celebravate questo stesso mistero nella carità di una riunione fraterna, che vi ha consentito di parteciparvi reciprocamente, sotto gli occhi di Maria, ansie, progetti, prospettive, fiduciose speranze”. Nel fare ciò – proseguì Giovanni Paolo II – “voi non vi siete nutriti soltanto di una spiritualità che vi è particolarmente cara, ma avete altresì posto in atto una dimensione caratteristica della vostra realtà ontologica di Vescovi”. Come ogni cristiano è, per sua natura, con-discepolo di Cristo – spiegò – “così ogni sacerdote è con-sacerdote ed ogni vescovo è, per definizione, con-vescovo”. Ed espresse la convinzione che una tale apertura all’intera Chiesa “non vi porterà affatto a trascurare il gregge che vi è stato affidato”, ma darà piuttosto “maggiori garanzie di essere pienamente in sintonia con Cristo”. Affrettare la piena comunione visibile fra le Chiese Nella stessa udienza, Papa Wojtyła aprì una prospettiva che si sarebbe espressa ben presto in ulteriori sviluppi. L’ansia dell’unità – disse – vi porterà “a farvi carico con sempre rinnovato slancio del problema ecumenico, spingendovi a tentare ogni utile iniziativa”. Sollecitazione che, da parte dei Vescovi, trovò un’immediata risposta. Nell’ottobre successivo si tenne infatti per la prima volta un Convegno ecumenico di Vescovi amici del Movimento dei Focolari, appuntamento che da allora si ripropone ogni anno, di volta in volta in una sede diversa. “Non facciamo qui un Congresso teologico, benché non dimentichiamo di essere teologi. E non ci ritroviamo neppure per una conferenza ecclesiale, anche se portiamo in noi le nostre Chiese. Il nostro fine è quell’unità dello spirito e dell’amore – amore che conduce alla verità – che nasce dal fatto che ci amiamo come Gesù ci ha amati e viviamo unanimiter la Parola che egli ci ha dato”. Così, al Convegno ecumenico del novembre 1990, il Vescovo Hemmerle spiegò la caratteristica di questi incontri. Ed espresse la convinzione che tale esperienza di comunione era “un fatto veramente ecclesiale, una via per preparare dal di dentro le vie dell’unità”. Con l’andare del tempo, questi Convegni ecumenici che, con la benedizione dei Capi delle rispettive Chiese, oltre che a Roma, si sono svolti a Costantinopoli (1984), Londra (1986 e 1996), Ottmaring nei pressi di Augsburg (1988 e 1998), Trento (1995), Amman-Gerusalemme (1999) e Baar, non lontano da Zurigo (2001), hanno suscitato l’interesse anche di eminenti personalità del mondo ecumenico. “Abbiamo gioito nello spirito”, ha scritto il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I nel messaggio inviato al Convegno del novembre 1997. E, dopo aver formulato parole di ammirazione e di amore per il Movimento dei Focolari, affermava: “Il vostro approfondimento dei temi della spiritualità e dell’unità sarà certamente di grande giovamento per la vostra dedizione alla causa dell’unità dei cristiani”. Da parte evangelica-luterana, fra i partecipanti ci fu, sin dal 1983, il dott. Johannes Hanselmann, per molti anni Vescovo della Baviera e personaggio di primo piano nella Federazione luterana mondiale, della quale fu vice-presidente (1977-87) e presidente (1987-1990). Alla luce della sua vasta esperienza ecumenica, Hanselmann era profondamente conscio dell’originalità di quel “patto d’amore reciproco” con cui i Vescovi in ogni incontro si promettevano solennemente “di cercare in tutto e prima di tutto l’amore scambievole”, secondo il comandamento nuovo, impegno che portò tanti e tali frutti che egli non esitò a parlare di “un soffio di eternità” che lui trovava in queste riunioni. Incontri carichi di una speciale speranza, dunque, tanto che il Vescovo inglese Hugh W. Montefiore, nota personalità nel mondo anglicano, nella giornata conclusiva del Convegno del dicembre 2001, al quale avevano partecipato 24 Vescovi ortodossi, siro-ortodossi, anglicani, evangelici-luterani e cattolici, giunse a dire di aver sperimentato, nella comunione tra loro, “un presagio di ciò in cui noi tutti speriamo”. Come un significativo seguito di quest’ultimo Incontro, il Segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, dott. Konrad Raiser, ha rivolto a Chiara Lubich un caloroso invito a visitare questo importante organismo. Per coincidenza, il Convegno ecumenico di Vescovi dell’ottobre 2002 si svolge nei pressi di Ginevra e prevede un’agenda particolarmente interessante. Rivolgendo la sua parola ai Vescovi di varie Chiese, Giovanni Paolo II ha dato più volte espressione a tutta la sua ansia per l’unità: “Che questa esperienza di preghiera e di scambio fraterno affretti il giorno in cui saremo completamente uno in Cristo!” (12 ottobre1983). “Che il vostro pellegrinaggio ecumenico, spinto dalla forza dello Spirito, sia sempre (…) un servizio alla memoria delle opere mirabili da Dio compiute nella storia di ogni comunità cristiana, un richiamo fiducioso alla conversione e alla riconciliazione” (26 novembre 1987). “Non possiamo presentarci davanti a Cristo, Signore della storia, così divisi come ci siamo purtroppo ritrovati nel corso del secondo millennio”. Da qui tutto l’apprezzamento di Papa Wojtyła per questi incontri annuali che “pur con il loro carattere informale e privato, (…) aiutano a far crescere ed a diffondere un’intensa unione spirituale nella carità e nella verità, che alimenta la speranza del completo superamento, con l’aiuto della grazia di Dio, delle barriere che purtroppo ancora dividono i cristiani” (13 novembre 1997). Anelito per l’unità che, nell’udienza del 2 dicembre 2000, ha condotto Giovanni Paolo II ad indirizzarsi ai suoi “venerati fratelli nell’episcopato” con il vibrante appello a “rileggere la complessa e a volte travagliata storia delle nostre comunità nella prospettiva dell’unica Chiesa di Cristo, dove le legittime differenze contribuiscono a rendere più splendente il volto della Sposa del gran Re”. Quello dell’unità – ha detto Giovanni Paolo II nel 1994 al Convegno di Vescovi cattolici – è un desiderio di Gesù “che ci incalza e non ci dà pace, finché non si sia realizzato”. Riflessione sulla Chiesa-comunione Dopo la prima udienza speciale nel 1982, Giovanni Paolo II, in un crescendo che non sfuggirà a chi sfoglia le pagine di questo volume, ha costantemente accompagnato, illuminandolo con la sua parola, lo sviluppo dei Convegni fra i Vescovi cattolici. Ed ha colto quelle occasioni per enucleare una serie di punti-chiave importanti per una sempre maggiore realizzazione della Chiesa-comunione. Ne evochiamo qui, molto rapidamente, solo i principali: lo spirito della collegialità episcopale come lievito d’unità ecclesiale sia a livello universale che nelle Chiese particolari; il ruolo decisivo di una spiritualità di comunione, quale presupposto anche di una testimonianza efficace; il Cristo crocifisso ed abbandonato come sorgente della comunione e come via per il dialogo; il profilo mariano della Chiesa. E’ profondamente radicata nel pensiero di Papa Wojtyła – come del resto mostra la sua costante prassi – l’idea che la collegialità effettiva ed affettiva dei Vescovi, lungi dall’essere solo realtà giuridica o sacramentale, debba tradursi quotidianamente in comunione vissuta. Da qui la simpatia con cui egli guarda e sostiene ogni iniziativa che mira a rendere operante questa istanza che è, senza dubbio, tra le linee direttrici più importanti del Concilio Vaticano II. Ma non meno urgente suona l’invito, che egli rivolge ai Vescovi, a trasmettere alle loro diocesi quello spirito di unità e comunione che essi sono chiamati a vivere tra loro. “L’esperienza di ‘koinonia’, che voi oggi vivete – ha detto nel 1983 -, possa riverberarsi positivamente nelle Chiese particolari affidate alle vostre cure, suscitando in esse un senso sempre più vivo dell’appartenenza all’unico Corpo mistico di Cristo”. Nel 1990 è stato ancora più esplicito: “Ringraziate il Signore per l’esperienza di fraternità apostolica che state vivendo durante questi giorni e portate poi il lievito di questa unità vissuta tra voi all’interno delle vostre rispettive Comunità diocesane”. E nel 1992: “Fate tesoro dell’esperienza spirituale del Movimento dei Focolari (…) per accrescere sempre più il vostro slancio apostolico e per incrementare l’animazione evangelica nelle vostre rispettive Comunità diocesane e nel mondo intero”. Nel 1995 emerge, per la prima volta in questi termini, un tema che diventerà poi uno dei cardini della lettera-programma per la vita della Chiesa nel terzo millennio che è la Novo millennio ineunte: l’urgenza che la vita e l’azione della Chiesa sia animata, a tutti i livelli, da una “robusta spiritualità di comunione”, come elemento propulsore, pure, per la grande impresa della nuova evangelizzazione. “Come allora, anche oggi – scrive il Papa nel Messaggio al Convegno del 1997 – il compito principale dell’apostolo è proclamare e testimoniare con la vita che Cristo è veramente risorto, che Egli è presente tra di noi attraverso il comandamento nuovo che ci ha lasciato”. E ne trae questa conseguenza: “Una spiritualità di comunione per dei Pastori della Chiesa significa l’impegno al dono totale di se”, ma anche, per la reciprocità dell’amore, “considerare la croce dell’uno la croce dell’altro”. E’ questo il presupposto indispensabile della stessa testimonianza. “Il nostro tempo – dice nell’udienza del 16 febbraio 1995 – esige una nuova evangelizzazione. Richiede quindi con particolare intensità ed urgenza di rispondere a questa originaria vocazione personale ed ecclesiale: formare, in Cristo, ‘un cuore solo e un’anima sola’ (At 4, 32)”. E ribadisce: “Essere uno in Cristo è, per così dire, la prima e permanente forma di evangelizzazione attuata dalla Comunità cristiana”. Negli ultimi due anni, il tema della “spiritualità di comunione” si trova intimamente unito ad un altro punto-cardine della Novo millennio ineunte che è allo stesso tempo uno dei pilastri della spiritualità dei Focolari: il volto dolente di Cristo, ed anzi: il mistero del suo abbandono in croce. “In Cristo crocifisso ed abbandonato – afferma il Messaggio del 14 febbraio 2001 – il male ed il peccato sono definitivamente sconfitti, e viene resa possibile la piena unità dell’umanità col Padre e degli uomini fra di loro”. Sta qui dunque “la via maestra non soltanto per rendere sempre più effettiva la comunione a tutti i livelli della compagine ecclesiale, ma anche per aprire un fecondo dialogo con le altre culture e religioni”. Confrontato lui stesso profondamente con la sofferenza, nell’udienza del 28 febbraio 2002 Giovanni Paolo II torna sull’argomento: “Il servizio dell’unità, su cui voi giustamente amate molto insistere, è intrinsecamente segnato dalla Croce”. Richiama al riguardo l’esempio degli Apostoli: “Il loro ministero di comunione e di evangelizzazione ha goduto della stessa fecondità di quello di Cristo: la fecondità del chicco di grano (…) che produce molto frutto se e perché muore nella terra”. Come non intravedere qui anche una personalissima esperienza? Non meno importante è il tema del profilo mariano della Chiesa, che emerge in diversi interventi di Giovanni Paolo II. Egli ne ha parlato – come si sa – con accenti programmatici nel discorso al Collegio Cardinalizio, durante l’anno mariano, il 22 dicembre 1987 . Maria – dirà poche settimane dopo ai Vescovi amici del Movimento dei Focolari – “è un eminente modello per noi Pastori di come debbono essere condotte le anime”. Da qui la speranza che i Vescovi possano rivivere, nei loro Convegni, “quasi un nuovo ‘Cenacolo’ con Maria”, affinché la loro testimonianza abbia sempre più “quel timbro ‘materno’ che essa deve avere, per riuscire veramente efficace nel mondo” (12 febbraio 1988). Dieci anni dopo, il Papa si sofferma nuovamente su questo tema: “La Chiesa possiede dunque, accanto al ‘profilo petrino’, un insostituibile ‘profilo mariano’: il primo manifesta la missione apostolica e pastorale affidatale da Cristo, il secondo esprime la sua adesione al piano divino della salvezza”. Ne nasce la sfida per i Vescovi e per le loro Comunità di “riproporre fedelmente questo duplice profilo della Chiesa” (14 febbraio 1998). Se questi sono alcuni temi salienti, di cui il lettore potrà rendersi meglio conto attraverso la lettura di questo volume, c’è però un elemento che la carta scritta non può trasmettere: la gioia e la comunione spontanea che hanno caratterizzato questi incontri di Giovanni Paolo II con i suoi fratelli nell’episcopato. Forse ne danno un’idea le foto. Attraverso di esse si potranno conoscere anche alcuni dei principali protagonisti, fra cui il Card. Miloslav Vlk che assunse la moderazione dei Convegni, dopo la morte del Vescovo Hemmerle avvenuta il 23 gennaio 1994. Dalla benedizione all’approvazione Trascorsi più di 20 anni dall’inizio dei Convegni spirituali che sono stati fonte di arricchimento per centinaia di Vescovi cattolici nelle diverse parti del mondo, questa esperienza di comunione ha trovato anche un’approvazione, con la lettera del Pontificio Consiglio per i laici del 14 febbraio 1998, che riconobbe formalmente la partecipazione dei “Vescovi amici” al Movimento dei Focolari. Non che si volessero codificare dei rapporti che erano e che rimangono di natura tutta spirituale. Ma piuttosto perché si sentì l’esigenza che la configurazione giuridica dell’Opera di Maria – nome ufficiale del Movimento dei Focolari – riflettesse quest’Opera nelle sue varie dimensioni, così come sono nate dal carisma dell’unità che ad essa è proprio. Di queste dimensioni fa parte, appunto, anche quella comunione spirituale di Vescovi che è andata crescendo lungo gli anni, con innumerevoli frutti, e che è stata calorosamente incoraggiata sin dall’inizio da Papa Paolo VI. Per l’approvazione fu decisiva la riflessione di un noto canonista sull’inalienabile diritto di associazione di cui godono tutti i battezzati, diritto che spiega il fatto nuovo ed originale della partecipazione ai Movimenti ecclesiali contemporanei non solo di cristiani laici, bensì di persone di tutti gli stati e vocazioni . Ma soprattutto è stato importante chiarire come tale partecipazione, nel caso dei Vescovi, pur avendo un riconoscimento giuridico, resti un impegno esclusivamente spirituale che né comporta legami giuridici né costituisce un’associazione di fatto . Rimane pertanto salvaguardata l’unicità del Collegio episcopale, come corpo indivisibile. Neppure si interferisce nell’esercizio degli specifici doveri e dell’uguale disponibilità verso tutti, propri del ministero del Vescovo; disponibilità ed apertura – è il caso di sottolinearlo – che devono abbracciare pure le realtà carismatiche e associative, in tutta la loro varietà. Se Giovanni Paolo II ha voluto questa approvazione e se essa è stata formalizzata dal Pontificio Consiglio per i laici, cui fanno riferimento i Movimenti ecclesiali, con l’apporto significativo della Congregazione per la dottrina della fede ed anche della Congregazione dei Vescovi, ciò si deve pure alle particolari caratteristiche della spiritualità dell’unità che anima il Movimento dei Focolari. Nella vita di un Vescovo infatti – come sottolineano gli interventi di Paolo VI e di Giovanni Paolo II riportati in questo volume – la spiritualità dell’unità è uno stimolo costante a svolgere il proprio ministero nella più perfetta unità con il Papa, a rafforzare la comunione all’interno del Collegio dei Vescovi, particolarmente nelle Conferenze episcopali nazionali e regionali, a far risplendere nella propria diocesi la realtà della Chiesa-comunione cominciando dal presbiterio diocesano e favorendo l’armoniosa collaborazione con i carismi antichi e nuovi, per aprirsi, poi, forti della testimonianza dell’unità, a quel dialogo con le altre Chiese, con il mondo delle religioni, con le culture, voluto dal Concilio Vaticano II. Ecclesiologia di comunione – spiritualità di comunione Da quanto precede emerge il significato della presenza di Cardinali e Vescovi in un Movimento ecclesiale come quello dei Focolari. Esso è da ricercare nella necessità che l’ecclesiologia di comunione del Concilio Vaticano II trovi il suo riscontro in una spiritualità corrispondente. Non può giungere, infatti, a pienezza la vita della Chiesa-comunione senza una spiritualità di comunione, la quale, per la verità, porta con sé dinamiche, metodi e strumenti della vita spirituale, in gran parte ancora da scoprire e da mettere in pratica. Se sono sempre più numerosi i Vescovi, e non solo, a sentire questa necessità, forse nessuno l’ha espressa con tanta lucidità e con tanto vigore come Giovanni Paolo II che nella Novo millennio ineunte scrive: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo”. E chiarisce: “Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione”. “Senza questo cammino spirituale – avverte il Papa – “a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che sue vie d’espressione e di crescita”. Da qui il caloroso augurio che Giovanni Paolo II sembra formulare col cuore in mano per tutta la Chiesa: “Gli spazi della comunione vanno coltivati e dilatati giorno per giorno, ad ogni livello, nel tessuto della vita di ciascuna Chiesa. La comunione deve qui rifulgere nei rapporti tra Vescovi, presbiteri e diaconi, tra Pastori e intero Popolo di Dio, tra clero e religiosi, tra associazioni e movimenti ecclesiali” (nn. 43,45). Quella dei Focolari è appunto una spiritualità della comunione. Per questo Giovanni Paolo II non cessa di sollecitare i Vescovi a “discernere, accogliere e promuovere il carisma che lo Spirito suscita nel Movimento ” (12 febbraio 1999). E li esorta: “Fedeli alla spiritualità dell’unità ed attraverso un costante scambio di esperienze, proseguite nella vostra missione di costruttori di comunione all’interno delle Conferenze episcopali, in seno al presbiterio e nelle comunità diocesane” (23 febbraio 2000). (altro…)
Mar 14, 2006 | Cultura
Editoriale
TRE MEDITAZIONI – di Giovanni Casoli – Mentre gran parte del mondo sembra attraversare, in diversi modi, gallerie di cieca oscurità, forse non è inutile riflettere su alcuni aspetti fondamentali della fede cristiana. In queste testo l’Autore si sofferma su tre realtà: il ruolo di Maria nell’economia trinitaria della creazione e della redenzione e il suo posto tra noi in quanto Madre del Verbo fatto uomo; la promessa di Gesù di “dimorare” (Gv 14,23) e “cenare” (Ap 3,20) con noi, promessa che risuona di accenti eucaristici indicando che la dimora del Dio unitrino con l’uomo è spirituale, reale, sacramentale; infine, la dimensione trinitaria del Dio cristiano con un accenno alla comunione dei santi e alla vita ultraterrena.
Nella luce dell’ideale dell’unità
I MOVIMENTI ECCLESIALI E IL PROFILO MARIANO DELLA CHIESA – di Chiara Lubich – Riportiamo il discorso pronunciato il 16 giugno 2004 al St Mary’s College dell’Università statale del Surrey, nei pressi di Londra, a conclusione di un ciclo di conferenze dedicato ai nuovi Movimenti e Comunità ecclesiali. LA STORIA COME VERITA’– di Pasquale Foresi – L’Autore approfondire il concetto di verità nel suo intrinseco legame con la storia. In senso classico, la verità viene intesa come l’adesione della mente alla realtà, e, se espressa verbalmente, come la corrispondenza tra la parola e l’essere. Questa verità filosofica poi si attua in varie forme fenomenologiche di trasmissione – i concetti, gli scritti… –, attraverso le quali giunge a noi. Ma a noi arriva, in verità, ciò che è al di là di quanto è detto e raccontato e che è, appunto, quel tanto di essere, di esistenza vera che quasi inconsciamente colgo, non per ragionamento ma come abbeverandomene. Qui è il punto in cui filosofia e storia coincidono, ove l’acquisizione della verità si identifica con il mio tendere alla luce, quale tensione esistenziale del mio stesso essere al vero. LA PAROLA COME AMORE E LA PRESENZA DI DIO SOTTO LE COSE. LETTURA TRINITARIA DI UNA ESPERIENZA – di Fabio Ciardi – È ormai nota la particolare esperienza mistica vissuta dalla fondatrice del Movimento dei Focolari nell’estate del 1949. Gli inizi di quel periodo di luce, più volte evocati nelle pagine di questa rivista, conoscono due esperienze preliminari sul Mistero trinitario, quasi a sensibilizzare le persone che ne furono protagoniste e a sintonizzarle su di esso. Chiara Lubich parla di queste due esperienze come di due “prodromi”. La prima riguarda una particolare comprensione della Parola di Dio; la seconda la percezione della presenza di Dio sotto le cose. È su queste due esperienze che l’Autore ferma la sua attenzione. Saggi e ricerche PER UN’ETICA PUBBLICA DELLA CURA: VULNERABILITÀ, DIPENDENZA E RECIPROCITÀ – di Vittorio Pelligra – In questa saggio abbiamo voluto porre in evidenza alcuni degli elementi fondativi su cui può organizzarsi un’etica pubblica della cura e i suoi nessi con i modelli di organizzazione dell’attività di fornitura di servizi alla persona ed in particolare ai disabili. Questi elementi sono la vulnerabilità e la conseguente dipendenza che ognuno di noi sperimenta in diverse fasi della propria esistenza, unitamente al valore fondamentale della persona-come-fine-in-sé; essi fondano un tipo di rapporto interumano nel quale i bisogni di cura e di dare cura sono simmetrici e possono trovare attuazione solo all’interno di una relazione tra persone. A tale relazione non si possono sostituire soggetti altri, i quali invece sono chiamati ad operare in un ruolo di doulia, cioè di «servizio al servitore». Le implicazioni economiche di tale visione attengono al modello di organizzazione che meglio può farsi carico di tale compito. Abbiamo suggerito che tale organizzazione deve operare secondo il modello dell’impresa civile multi-stakeholder, fondata sul principio di reciprocità. Solo in questo ambito, infatti, è possibile liberare la domanda dai condizionamenti dell’offerta e far si che gli utenti diventino co-produttori. LA PAROLA “FANTASMA”: POSSIBILE RUOLO DELLA FIDUCIA NEL DIRITTO – di Fabio Rossi – La recente riscoperta di elementi e valori, quali libertà, eguaglianza, solidarietà e dignità umana – per non parlare delle “nuove” scoperte come il concetto di fraternità o l’idea stessa di persona – ritenuti fondamentali da un punto di vista sociale nonché decisivi per la costruzione di un mondo realmente a misura d’uomo, sembra però aver dimenticato una componente fondamentale: la Fiducia. Situazione perlomeno paradossale, considerando l’antico lignaggio, culturale e umano, di questo valore, ravvisabile in verità in modo trasversale in ambiti molto diversi tra loro all’interno dei quali esso sembra invece poter svolgere un ruolo determinante; in economia come in politica fino a quello che sembra essere il terreno più insidioso: il diritto. PERSONA – di Gennaro Cicchese – Uno dei problemi fondamentali del mondo in cui viviamo è la frattura tra pensiero e vita. Il pensiero non illumina più la vita e la vita non nutre più il pensiero. Questo problema incrocia oggi il non facile discorso sulla “Persona”, riproponendo la sfida antropologica contemporanea sotto il seguente aspetto: coniugare pensiero e vita, le nostre conoscenze sulla persona con la vita della persona, per cercare di realizzare sempre di più quell’essere e diventare persona che costituisce la realizzazione dell’essere umano. Partendo dalle provocazioni dell’attualità abbiamo tentato di delineare una «fenomenologia della persona» a tutto campo, che riguarda la sua identità e le sue relazioni.
Spazio letterario
«Nuova Umanità» continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria. LA FORZA DELLE PAROLE – di Stefano Redaelli
Per il dialogo
L’ESSENZA DELLA IBADA NELL’ISLAM – di Amer AL-Hafi – In questa conversazione tenuta in occasione del 1° Simposio «Musulmani e Cristiani in dialogo» organizzato dal Movimento dei Focolari e tenutosi a Castel Gandolfo (Roma) dal 24 al 27 aprile 2005, l’autore tratta della Ibada che è il termine unitario che definisce tutto quello che Dio ama e approva nel comportamento dell’uomo: parole, atti manifesti e intenzioni. Essa non si limita soltanto alla preghiera, alla zakat (elemosina legale), al digiuno, al pellegrinaggio e a quanto ne deriva come preghiera, meditazione e pentimento. Tutte queste espressioni grandiose e questi pilastri essenziali nell’Islam, a seconda del posto e dell’importanza che hanno, costituiscono soltanto parte della Ibada che Dio vuole dall’uomo, senza tuttavia esaurirne il profondo significato. Poiché Dio ha creato l’uomo affinché Lo adori e lo scopo della vita di lui è la Ibada-adorazione, allora essa è un programma di vita che coinvolge tutto quanto riguarda l’uomo, tutti gli atti concernenti la sua vita.
Libri
LA LETTERA DI EDITH STEIN A PIO XI – di Piero Coda – L’esistenza di una breve lettera indirizzata da Edith Stein a papa Pio XI nell’aprile del 1933, poco dopo l’avvento al potere di Hitler in Germania, era nota da tempo ma il suo contenuto si è appreso solo all’indomani dell’apertura, il 15 febbraio 2003, degli Archivi vaticani relativi ai rapporti tra la Santa Sede e la Germania nel periodo compreso tra le due guerre. Essa, come mostra il recente volume Edith Stein e il nazismo a cura di A. Ales Bello e Ph. Chenaux (Città Nuova Editrice, 2005), riveste un singolare significato non solo perché permette di gettare luce, da una prospettiva coinvolgente e sintomatica, sull’itinerario complessivo della vita e del pensiero della Stein, ma anche perché offre una testimonianza sofferta del dramma vissuto dalla coscienza cattolica, al cuore del XX secolo, di fronte alla tragedia del popolo ebraico scatenata dalla lucida follia del nazismo. NUOVA UMANITÀ XXVIII – Marzo – Aprile – 2006/2, n.164 SOMMARIO (altro…)
Mar 14, 2006 | Chiesa
“Condividere fraternamente la ricchezza della propria spiritualità e delle esperienze, al fine di dare maggior vigore alla vita cristiana in questa parte del mondo nella quale la Chiesa ripone tante speranze”. E’ l’invito rivolto da Benedetto XV, in un messaggio a firma del cardinale Angelo Sodano, ai partecipanti al 1° Incontro Latinoamericano dei Movimenti ecclesiali e nuove comunità, incentrato sul tema: “Discepoli e Missionari di Gesù Cristo oggi” e promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici e dal CELAM (Consiglio Episcopale Latinoamericano), a Bogotà (Colombia). L’esperienza vissuta a Bogotà è stata caratterizzata proprio dalla comunione tra i vari carismi, che ha fatto ammirare la specificità dell’altro e sentire che ognuno è un dono enorme per la Chiesa e per l’umanità. La solenne Messa conclusiva è stato un ringraziamento a Dio per quanto ha operato in questi giorni. Hanno partecipato all’incontro, oltre ai responsabili e collaboratori del Pontificio Consiglio per i Laici e del CELAM, i Vescovi del Comitato preparatorio della Conferenza del CELAM, un Vescovo delegato per ognuna delle Conferenze episcopali e i responsabili dei diversi Movimenti e nuove comunità, presenti nel continente. Tra i rappresentanti del Movimento dei Focolari, Cristina Calvo (Argentina), intervenuta alla tavola rotonda “Movimenti ecclesiali e nuove comunità: la fantasia della carità”, sul tema dell’Economia di Comunione, e Sandra Ferreira (Brasile), che ha preso parte al Forum dal titolo “Movimenti ecclesiali e nuove comunità: come nascono, si formano e crescono i nuovi discepoli di Gesù Cristo”. A Bogotà, nei Movimenti ecclesiali e nuove comunità si è rafforzata la coscienza della loro missione al servizio dell’evangelizzazione della cultura e della costruzione della società. L’esperienza vissuta in questo primo incontro continentale, sarà offerta come contributo dei Movimenti e nuove comunità alla prossima Conferenza dei Vescovi, incentrata sulla stessa tematica. In Europa, nel frattempo, è in fase di preparazione il grande incontro mondiale dei Movimenti ecclesiali e nuove comunità con Papa Benedetto XVI, in Piazza San Pietro, il 3 giugno prossimo, vigilia di Pentecoste, che fa seguito al 1^ storico incontro con Papa Giovanni Paolo II, alla vigilia di Pentecoste del ’98. (altro…)
Mar 13, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
In una delle regioni più povere del Nordest brasiliano, afflitta da grande siccità, è stato dato il via ad un progetto di sviluppo che prevede la costruzione di infrastrutture, interventi di educazione alla salute, informazione su metodi di coltivazione, valorizzazione delle risorse e d’irrigazione. L’aspetto più innovativo è illustrato dal prof. Luigino Bruni, tra i responsabili del progetto: «I contadini devono scoprire le proprie risorse e i propri talenti: imparano a condividere le scoperte, le abilità, i progressi, e mettere in comune anche i benefici che questo percorso porta loro. Se la comunione non diventa cultura non c’è speranza che il problema sociale possa un giorno essere risolto». Con l’obiettivo di raggiungere 4 milioni di contadini nei 180 comuni del semi-arido, il progetto governativo Sertão vivo, inaugurato ufficialmente nel luglio scorso, è il risultato della collaborazione tra il governo del Ceará, la Comunità Shalom, e l’esperienza dell’Economia di Comunione, nata proprio in Brasile 15 anni fa, per iniziativa di Chiara Lubich. Lo Stato del Cearà, appena sotto la linea dell’equatore, ha 7 milioni di abitanti, un reddito di gran lunga inferiore a quello nazionale, ed un elevato tasso di disoccupazione, mortalità infantile, analfabetismo. Sviluppi futuri – Dopo il primo corso di Economia umana e reciprocità, e l’apertura, nel giugno 2005, di un centro di animazione culturale gestito dai tre Enti, il futuro prevede due corsi di Economia all’anno, rivolto ai formatori, e poi studi sul territorio attraverso la collaborazione delle università e l’offerta di borse di studio. La direzione scientifica del progetto è affidata a Emmir Nogueira, confondatrice di Shalom, e a Luigino Bruni, docente di economia all’università Bicocca di Milano (Italia) e responsabile della Commissione internazionale dell’Economia di Comunione. (da articolo su “Il Regno” N. 2/2006) (altro…)
Mar 11, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Ayubu ha 42 anni e vive ad Akum, in Camerun. Confeziona borse di rafia, una tipica attività artigianale nel suo villaggio: «Quando mi hanno detto che avevo l’Aids camminavo come un uomo morto. Ero due persone allo stesso tempo: una era già morta, l’altra il corpo che si muoveva. Mi hanno invitato al Club. Ero sorpreso a vedere tanta gente nelle mie stesse condizioni che rideva e parlava normalmente. Poco a poco sono tornato alla vita: non ero più due, ma uno. Sono tornato ad essere un uomo vivente. Anche le mie borse si vendono e sto imparando a lavorare la ceramica». Il “Club” al quale Ayubu si riferisce è uno dei gruppi di sostegno per i malati di Aids realizzati dal Movimento dei Focolari in Nigeria, Camerun, Kenya e Repubblica Democratica del Congo. Attraverso la rete dei “Club” in diversi distretti, si offre un approccio globale alla persona, per sostenere i pazienti, le loro famiglie, le persone a rischio. Il progetto è divenuto parte del progetto ONU, e i risultati raggiunti, cioè la costituzione in ogni comunità locale di una rete di solidarietà sociale in espansione che si autopromuove, con costi di intervento bassissimi, sono stati presentati alla XIV Conferenza mondiale sull’AIDS (Barcellona, 7-12 luglio 2002) e sono pubblicati negli Atti tra gli “Interventi e programmi di miglioramento”. Come nasce l’idea – Il progetto è iniziato nel 1992, in un ospedale di una missione in Nigeria, sotto la guida di due medici e una suora; insieme si resero conto che per controllare la diffusione del virus ed evitare l’emarginazione degli ammalati, non è sufficiente seguire il protocollo ospedaliero per il trattamento dei malati di Aids. Occorre, infatti, anche la collaborazione tra operatori sanitari, membri della famiglia, insegnanti, autorità locali, guaritori tradizionali, per costruire un senso di fraternità e una cultura di accettazione verso le persone sieropositive. La testimonianza di uno degli iniziatori, il medico spagnolo Fernando Rico Gonzàles: «Per diverse ragioni, specie per carenza di formazione e di conoscenza, le persone sieropositive spesso rifiutano di accettare la loro diagnosi. Mi sono sentito interpellato dalla sofferenza profonda e senza speranza che ho incontrato in molti. Ho cominciato allora a parlare di questo ai miei pazienti e a chieder loro se erano contenti di trovarsi insieme ad altre persone con gli stessi problemi, per aiutarsi reciprocamente». Dalla Nigeria l’esperienza si è ripetuta in altri Paesi africani. Ad esempio oggi sono circa un centinaio le persone associate ai due club di Akum e Bali, in Camerun. Una ventina di loro sono bambini. Altre persone gravemente malate vengono curate e visitate a casa. Questi “club” sono sostenuti dall’ong Azione per un Mondo Unito (AMU). Per questo progetto sono stati raccolti sinora € 16.048,24. Il preventivo di spese annuale si aggira sui 18.600 €. La causale di versamento all’AMU – Azione per un Mondo Unito è “Progetto Bamenda”. (da Amu Notizie 1/2004 – 2/2005 – 4/2005 e Living City 5/2005) (altro…)
Mar 7, 2006 | Chiesa
D. – Qual è la realtà dei Movimenti ecclesiali in America Latina? R. – La presenza dei Movimenti ecclesiali e delle nuove comunità in America Latina è molto forte. Oltre ai grandi Movimenti internazionali come il Rinnovamento nello Spirito, i Focolarini, il Cammino Neocatecumenale, ci sono delle realtà nate proprio in America Latina, come ad esempio il Movimento di vita cristiana, nato in Perù, la comunità Shalom, nata in Brasile, tutte e due ormai di carattere internazionale. E’ un segno di forte vitalità missionaria della Chiesa latino-americana. Il Congresso sarà una buona occasione per un rendimento di grazie per i frutti preziosi di santità e di slancio missionario che i Movimenti e le nuove comunità generano in quel grande continente. D. – Questi Movimenti cosa possono dare specificatamente alla Chiesa latino-americana? R. – I Movimenti e le nuove comunità, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, e oggi ci insegna Benedetto XVI, portano nella Chiesa uno slancio missionario molto forte. Hanno una incredibile fantasia e coraggio missionario. Offrono anche degli ambienti educativi di grande forza persuasiva in cui si formano veri discepoli di Cristo. Formazione e annuncio sono due grandi sfide che deve affrontare la Chiesa nei nostri giorni. D. – Un argomento delicato è come armonizzare carismi e Istituzione … R. – Papa Giovanni Paolo II ci ha insegnato che l’istituzione e il carisma non sono contrapposti, ma sono co-essenziali nella vita della Chiesa. Papa Benedetto XVI ha ribadito che il rapporto tra il carisma e l’istituzione non si risolve mediante una semplice dialettica dei principi, perché il carisma ha bisogno dell’istituzione per essere confermato, per durare nel tempo. Dall’altra parte l’istituzione ha bisogno del carisma per non perdere l’anima. Non c’è, dunque, una contrapposizione, ma una organica complementarità. Come armonizzare queste due dimensioni della Chiesa? Giovanni Paolo II ha indicato una strada maestra: che i movimenti sappiano inserirsi con umiltà, diceva il Papa, nel vivo tessuto delle Chiese locali, con spirito di servizio, di collaborazione, e che i pastori li sappiano accogliere con cordialità e accompagnarli con amore paterno. D. – In America Latina c’è purtroppo il fenomeno delle sette … R. – Infatti, il fenomeno della diffusione delle sette costituisce una delle grandi sfide della Chiesa in America Latina. La forza delle sette sta nelle piccole comunità e in un calore umano molto forte che sanno generare. Ecco, dunque, i Movimenti e le nuove comunità, che sono proprio una risposta provvidenziale ad una tale sfida. Una volta il cardinale Ratzinger, futuro Papa, ha detto che i Movimenti, grazie a quella rete di piccole comunità che creano, permettono ai fedeli di sentirsi nella Chiesa come a casa propria, senza formare però un ghetto chiuso; al contrario, coltivando un’apertura universale, fino ai confini della terra. Ecco, dunque, la risposta dei Movimenti alla sfida delle sette: le piccole comunità. (altro…)
Feb 28, 2006 | Focolari nel Mondo
Sono avvocato di un Comune. Per il trasferimento imprevisto del segretario comunale ho dovuto svolgere anche le funzioni di segretario generale dello stesso Comune. E’ stato un periodo di più intenso impegno lavorativo, anche per la diversità dei ruoli che mi trovavo a ricoprire. Durante un Consiglio comunale, a seguito di un’animata disputa tra i consiglieri, il gruppo di minoranza abbandona l’aula, facendo così venir meno il numero legale per la validità della seduta. In quel momento stava parlando un consigliere di maggioranza. Faccio notare la mancanza del numero legale, come da regolamento, al Presidente del Consiglio comunale, che, concorde con i miei rilievi, lo comunica all’assemblea, ma il capogruppo di maggioranza, adducendo argomentazioni contrarie, continua a parlare, nella speranza che arrivi qualche consigliere di maggioranza per ripristinare il numero legale; cosa che si verifica poco dopo. Il Consiglio prosegue i lavori, con i soli consiglieri di maggioranza e si conclude senza alcuna opposizione. Nei giorni successivi lavoro a lungo alla stesura del verbale. Relativamente alla delibera in cui era mancato il numero legale mi interrogo con sofferenza su cosa scrivere e come far emergere la verità senza procurare problemi maggiori al Consiglio stesso. Studio intensamente per una settimana, esaminando precedenti simili, leggendo pareri legali, consultando colleghi, lo stesso segretario trasferito che mi è stato di grande aiuto. Tutti gli studi e approfondimenti si fermano però davanti a un punto fondamentale: in verità, sia pure per pochi minuti, il numero legale dei consiglieri è venuto meno. E’ costante la mia ricerca interiore sulla strada da percorrere: attestare la verità voleva dire mettermi contro la maggioranza consiliare; non dire nulla sul punto significava non dire la verità. Fra l’altro, mentre mi chiedevo come agire, uno dei consiglieri di maggioranza, si è recato presso gli uffici della segreteria generale, “suggerendo” al responsabile del servizio le parole da scrivere nel verbale. Avvertivo perciò sempre più chiaramente di non poter far altro che dire la verità; sentivo che questo era un atto di amore e di fedeltà verso ciascun consigliere, l’intero Consiglio comunale e la città che esso rappresenta. Redigo quindi il verbale nella stesura definitiva, riportando i fatti esattamente come si erano svolti. Nei giorni successivi alla sua pubblicazione, le reazioni e i commenti non sono stati così forti e pesanti come temevo. Nel successivo consiglio comunale, durante la lettura dei verbali delle sedute precedenti, i consiglieri di minoranza hanno presentato osservazioni relativamente alla validità della seduta nella quale era venuto meno il numero legale. Mi chiedono di dare un parere sulla validità delle deliberazioni prese. E’ stato un momento difficile, anche per le accese reazioni della maggioranza prima che io parlassi. Con una calma inattesa, dopo aver ribadito la verità dei fatti esposti nel verbale da me sottoscritto, ho riferito un parere del Consiglio di Stato, secondo cui sarebbe doverosa la verifica del numero legale soltanto al momento della votazione e quindi, pur non concordando con tale orientamento giurisprudenziale, davo atto che in base a questa interpretazione la seduta sarebbe stata valida. A quel punto il capogruppo di minoranza fa una dichiarazione di voto, dicendo che “per quell’atto di verità che era contenuto nel verbale della seduta consiliare precedente, il suo gruppo, che avrebbe votato contro le deliberazioni consiliari, voterà invece a favore di tutte le deliberazioni poste all’ordine del giorno da quel momento in poi”. (P.T. – Italia) Pubblicato in La Parola e la giustizia, Gianni Caso ed., 2005 (altro…)
Feb 28, 2006 | Parola di Vita
“Operare” la verità? La verità si apprende, si dice… Per Gesù la verità si “fa”. Ci sorprende sempre Gesù.
Rimase sorpreso anche Nicodemo, un rabbino membro del Sinedrio. Andato da Gesù per interrogarlo su come entrare nel Regno di Dio, si sentì rispondere che avrebbe dovuto rinascere, ossia accogliere la vita nuova che Gesù era venuto a portare, lasciarsi trasformare interiormente fino a diventare figlio di Dio ed entrare così nel suo stesso mondo. La salvezza più che una conquista umana è un dono dall’Alto.
Nicodemo, andato da Gesù di notte, nelle tenebre, ne esce illuminato.
«Chi opera la verità viene alla luce»
Questa Parola di vita è un invito ad agire in conformità con la verità, in coerenza con il Vangelo. Essa ci domanda di essere persone che mettono in pratica la Parola di Dio e non soltanto ascoltatori 1. Come afferma un padre della Chiesa, Ilario, vescovo di Poitiers, “non vi è nulla delle parole di Dio che non si debba compiere; e tutto ciò che è detto ha in sé l’esigenza di essere messo in opera. Le parole di Dio sono decreti” 2.
Fede e comportamento morale sono in intimo rapporto.
Se in Gesù, come appare chiaramente nell’intenso discorso rivolto a Nicodemo, luce, vita e amore operante coincidono, non altrimenti potrà essere per quanti lo accolgono e diventano, in lui, figli di Dio. “Chi obbedisce al Signore e per suo mezzo segue la Scrittura – scrive Clemente Alessandrino, un altro padre della Chiesa -, viene trasformato pienamente a immagine del Maestro: egli giunge a vivere come Dio in carne” 3.
La stessa coerenza è richiesta a chi non professa un particolare credo religioso. Le più profonde convinzioni che gli sono dettate dalla coscienza domandano di essere tradotte in fatti.
«Chi opera la verità viene alla luce»
Frutto del vivere la verità è venire alla luce, “accogliere” Cristo. Lo ha promesso Gesù: “A chi mi ama (…) mi manifesterò” 4. Lui è la “luce vera” 5.
Ma frutto del fare la verità è anche la testimonianza che si irradia all’esterno, nella società nella quale siamo inseriti. Lo ha detto ancora Gesù invitandoci a far risplendere la luce “davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” 6.
La coerenza di vita è eloquente più di ogni discorso. I figli domandano coerenza ai genitori: li vogliono uniti, intenti a consolidare l’armonia familiare. I cittadini aspettano coerenza dai politici che hanno eletto: che siano fedeli al programma concordato, che si dedichino al bene comune, che siano onesti nell’amministrare le risorse finanziarie. Gli studenti chiedono coerenza agli insegnanti nel loro impegno didattico ed educativo. Onestà, trasparenza, competenza sono esigite dai commercianti, dagli operai, dai professionisti…
La società si costruisce anche attraverso la testimonianza della consonanza tra i propri ideali e le scelte concrete di ogni giorno.
«Chi opera la verità viene alla luce»
È l’esperienza di uomini come Nelson Mandela, che ha saputo mantenere fede al suo impegno per l’uguaglianza pagato con lunghi anni bui di carcere e poi venuto alla ribalta nella guida del suo Paese; come Martin Luther King, che ha pagato con la vita la sua coerenza.
È anche l’esperienza di tanti uomini e donne sconosciuti, ma non meno autentici nelle loro scelte. È stato così, ad esempio, per l’imprenditore di una azienda a cui viene richiesta la tangente in cambio di nuove forniture. Non viene meno ai suoi principi. È una decisione sofferta ma ferma la sua, nella consapevolezza che, mantenendo fede alla sua onestà, avrebbe rischiato di perdere una grossa parte del suo fatturato. In effetti il grande magazzino che ne distribuisce i prodotti ritira gli ordini, portando l’impresa sull’orlo del fallimento. Dopo qualche mese, però, il magazzino è costretto a tornare sui suoi passi: i clienti protestano perché non trovano più i prodotti di quella impresa sugli scaffali. La coerenza di vita è stata riconosciuta.
Chiara Lubich
1 Cf Gc 1,22.
2 Tract. in Psalmum, 13, 1: PL 9, 295.
3 Clemente Alessandrino, Stromatum, VII, 16, in PG 9, 539C.
4 Gv 14,21.
5 Cf Gv 1, 8-13.
6 Mt 5, 14-16.
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Feb 25, 2006 | Cultura
Domenica 26 febbraio si è svolta a Loppiano – cittadella internazionale del Movimento dei Focolari, situata nei pressi di Firenze – la cerimonia del conferimento del Premio Renata Borlone 2006. Alla sua prima edizione, il riconoscimento è andato allo scienziato Prof. Ugo Amaldi, del CERN di Ginevra, “per aver custodito e coltivato in sé, durante la sua ricca carriera scientifica nel campo della fisica delle particelle, la tensione al trascendente che caratterizza ogni autentico sapere; per aver curato sempre con grande impegno la formazione scientifica e morale delle giovani generazioni e per aver utilizzato le sue preziose conoscenze nell’ambito della fisica medica a beneficio della salute di molti uomini e donne”. La manifestazione è stata aperta dalla tavola rotonda “Scienza e fede in dialogo”, percorsi della cultura dell’unità, con l’intervento, oltre che del prof. Amaldi, del prof. Thomas Norris della Commissione Teologica Internazionale e del prof. Sergio Rondinara dell’Università Pontificia Salesiana. Il Premio è stato creato dall’Associazione culturale Renata Borlone nel febbraio 2005, quindicesimo anniversario della morte di Renata Borlone, grande appassionata della scienza, che vedeva come possibile strumento per contribuire alla realizzazione dell’unità della famiglia umana. L’istituzione del Premio, che ha coinciso con il 2005, ”Anno mondiale della fisica”- proclamato tale dall’UNESCO e dall’ONU – è stata patrocinata dai Comuni di Incisa Valdarno e Civitavecchia. Renata Borlone, tra le prime compagne di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, dopo aver portato il carisma dell’unità in varie città italiane ed estere, per più di vent’anni è stata responsabile della cittadella di Loppiano, sostenendone lo sviluppo e la formazione delle nuove generazioni del Movimento. La cittadella di Loppiano, che conta oggi circa 900 abitanti provenienti dai cinque continenti, per la sua caratteristica di internazionalità è un luogo privilegiato per il dialogo fra popoli e culture. Per gli alti valori umani e spirituali che Renata ha testimoniato con la sua vita, è in corso nella Diocesi di Fiesole il suo processo di canonizzazione. Ugo Amaldi, laureatosi in fisica, è stato chiamato al CERN nel 1973 come Dirigente di Ricerca. Ha lavorato nel campo delle particelle subatomiche, delle forze fondamentali e, in particolare, del problema della loro unificazione. Ha fondato nel 1980, dirigendola fino al 1993, la Collaborazione DELPHI, costituita da circa cinquecento fisici, che ha costruito il rivelatore omonimo per la raccolta di dati presso il collisore LEP del CERN, dal 1989 al 2000. Nel 1991 ha lanciato il Progetto Adroterapia, seguito nel 1992 dalla creazione della Fondazione TERA per diffondere in Italia e all’estero questa innovativa tecnica di radioterapia detta “adroterapia”. A Pavia è attualmente in costruzione il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica, per il trattamento dei tumori radio-resistenti. I primi pazienti verranno trattati a partire dal 2008. Per saperne di più: tel. 055/8335169 – e-mail: ass.renataborlone@loppiano.it Addetto stampa: Stefania Tanesini – 338/5658244 – 055/8334404 – sif@loppiano.it (altro…)
Feb 20, 2006 | Dialogo Interreligioso
Il seminario “Noi e l’Islam” si pone una sfida: rispondere al bisogno dei giornalisti di approfondire le conoscenze necessarie a saper “leggere” al di là delle precomprensioni e degli stereotipi, alcuni aspetti del mondo islamico, in particolare il rapporto con l’Europa, per “tradurli” più fedelmente in informazione. Una nuova grammatica dell’informazione – Di fronte ai recenti fatti riguardanti le vignette satiriche sull’Islam, le associazioni e gli enti promotori, ACLI, Legambiente, Movimento politico per l’unità, Comunità di Sant’Egidio e Comune di Montepulciano, lanceranno un appello per un’alleanza tra i media e la società civile: “Occorre una nuova consapevolezza di essere cittadini del mondo – è stato detto dagli organizzatori -. La categoria dell’interdipendenza si traduce in una nuova grammatica dell’informazione e può ispirare opportunità e strumenti ancora inediti al servizio di una convivenza più matura e fraterna tra persone e popoli della terra”. “Noi e l’Islam” è promosso nel quadro delle Giornate dell’Interdipendenza. L’iniziativa è realizzata, tra gli altri, con il Patrocinio della Fnsi (Federazione Nazione della Stampa italiana) e dell’Usigrai (Sindacato giornalisti RAI) e si svolgerà dal 23 al 25 febbraio a Montepulciano. Terrorismo, guerra, dialogo interreligioso, questione palestinese: queste le quattro sessioni tematiche di approfondimento del rapporto con il mondo islamico in cui si articola il seminario, e che si svolgeranno sotto il profilo politico, economico, culturale, religioso, con interventi di esperti e testimoni provenienti da vari Paesi. L’iniziativa culminerà con una giornata aperta su “L’Islam di casa nostra”, alla quale prenderanno parte rappresentanti delle istituzioni politiche italiane. Giornate dell’Interdipendenza – L’appuntamento di Montepulciano è, nelle intenzioni dei promotori, la prima di una serie di giornate di studio e di dibattito, in cui confrontarsi sull’idea dell’interdipendenza positiva come chiave per affrontare la grande sfida del saper vivere insieme, posta dalla società attuale: la scelta del dialogo rispetto all’egemonia, della condivisione rispetto alla concentrazione delle risorse e dei saperi in una sola area del mondo, e della costruzione di reti sociali e linguistiche che favoriscano il dialogo interculturale e religioso. Ideata dal politologo americano e professore dell’Università del Maryland, Benjamin Barber, la Giornata dell’Interdipendenza si è svolta per la prima volta il 12 settembre 2003 a Philadelphia, per contribuire nel mondo alla maturazione di una cultura della pace, del dialogo, della solidarietà e della fraternità universale. Per saperne di più: Ufficio Stampa di Legambiente – Tel: +39-06-86268399/80 (altro…)
Feb 19, 2006 | Ecumenismo
La strategia del Consiglio Mondiale delle Chiese sulla giustizia economica, l’eliminazione della povertà, l’identità cristiana e la pluralità religiosa è al centro della IX Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, in corso a Porto Alegre, dal 14 al 23 febbraio. Significativa la scelta del titolo: “Signore, nella tua grazia trasforma il mondo”. Sono presenti 4 mila persone, tra cui 1.200 delegati delle 347 Chiese del Consiglio, alle quali appartengono 550 milioni di fedeli protestanti, anglicani e ortodossi. All’Assemblea partecipa anche una delegazione della Chiesa cattolica guidata dal card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, che, in apertura, ha letto il messaggio del Papa in cui viene riaffermato l’impegno a “cooperare sempre più efficacemente nel compito di testimoniare l’amore divino di Dio”. Della delegazione fa parte anche Joan Back, (Centro Uno per il Dialogo Ecumenico dei Focolari). Pur non aderendo direttamente all’organismo, la Chiesa cattolica collabora con esso, sia attraverso le riunioni di un Gruppo misto di lavoro congiunto, sia attraverso l’impegno nella realizzazione di progetti comuni. Nella sessione “Economic Justice”, tra le varie esperienze alternative all’attuale sistema economico, promosse dalle Chiese, Vera Araujo, sociologa brasiliana, ha presentato il progetto dell’Economia di Comunione, avviato quindici anni fa dai Focolari.
I responsabili delle Chiese esprimono la loro preoccupazione di fronte alla “ineguaglianza crescente, alla concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani di pochi e alla distruzione del pianeta, il tutto aggravato dallo scandalo della povertà del Sud che si sta espandendo anche al Nord”. E’ quanto si legge nell’appello – redatto dalla Commissione “Giustizia, pace e creato” – che sottolinea il significato della scelta del luogo dell’Assemblea: “Riuniti a Porto Alegre, luogo che ha accolto il Social Forum mondiale, siamo incoraggiati dal messaggio costruttivo e positivo” lanciato da quei Movimenti che “ci dicono che altre soluzioni sono possibili”. (altro…)
Feb 18, 2006 | Focolari nel Mondo
Realizzata nell’anno scolastico 2003 – 2004, l’iniziativa ha coinvolto circa 20.000 giovani di diverse scuole superiori austriache, che hanno potuto sperimentare uno sport che non muove soltanto … palloni, ma che è via verso una società solidale e orientata alla pace. Guidati da sei semplici regole (gioca seriamente, gioca onestamente, non mollare mai, tieni gli occhi aperti agli altri, gioca per giocare, fai la differenza) stampate sulle facce di un dado, espressioni di una unica regola, la “regola d’oro”, presente in ogni religione: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”, i ragazzi coinvolti hanno fatto sport, organizzato tornei, eventi sportivi e musicali, hanno raccolto firme per la pace olimpica. Ogni evento o gesto sportivo vissuto dopo aver lanciato il dado, consentiva ai ragazzi di collezionare degli “anelli olimpici”. Ogni passo verso la pace, attraverso piccole o grandi azioni di comunione o di perdono, consentiva invece di conquistare degli “anelli d’oro”. Obiettivo finale: raggiungere i 51.000 anelli olimpici e anelli d’oro ed avvolgere così simbolicamente la superficie dei 510 chilometri quadrati della terra con una rete di pace. L’iniziativa ha avuto il patrocinio ed il sostegno dei massimi organismi sportivi e scolastici austriaci e di diversi campioni dello sport, tra i quali Ralf Schumacher, Hermann Mayer, Michael Walchhofer ed altri, che hanno accettato di fare da testimonial, trovando l’idea del dado molto originale ed efficace. Sportmeet è oggi l’espressione nel mondo dello sport di quel rinnovamento spirituale e sociale che è alla base dell’esperienza del Movimento dei Focolari. (altro…)
Feb 18, 2006 | Focolari nel Mondo
Il mondo dello sport interseca il sociale a molti livelli: quello della politica, dell’economia, della salute, della comunicazione e così via. Sportmeet non si pone solo l’obiettivo di mettere in rete i propri operatori, offrendo il modo di valorizzare il proprio impegno e creando le condizioni per conoscersi reciprocamente. Il suo impegno primario è quello di contribuire ad una cultura dello sport improntata alla fraternità universale ad ogni livello: fra persone, popoli, culture, etnie e religioni. Questa cultura dello sport si fa reale se a tutti è garantito il diritto alla pratica dell’attività fisica e sportiva. Per questo gli atleti, gli operatori ed i professionisti dello sport legati a Sportmeet si sono fatti promotori del progetto Sport, Peace & Development che vede oggi attive numerose iniziative di carattere sportivo a valenza sociale. Si tratta di progetti continuativi, piccoli e grandi, aperti in diverse parti del mondo, in particolare in paesi in via di sviluppo o nell’Est – Europa. A tali progetti Sportmeet da il proprio sostegno culturale, e anche economico e di risorse umane perché possano avere solidità e continuità. Chi intende conoscere più a fondo i progetti, collaborare o contribuire concretamente (attraverso un fondo di solidarietà, con donazioni economiche o materiali) lo può fare nelle modalità indicate per ciascuno di essi alla pagina Sport, peace and development. (altro…)
Feb 18, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Michael Walchhofer (Radstadt, Austria, 28 aprile 1975) è uno sciatore alpino austriaco. Alle Olimpiadi di Torino 2006 è argento nella discesa libera. Walchhofer, sceso con il pettorale numero 10, è rimasto a lungo in testa alla gara, ma è stato infine battuto per 72 centesimi di secondo dal francese Antoine Deneriaz, sceso per trentesimo. Walchhofer ha esordito nella Coppa del Mondo di sci alpino nel 1999. Nella stessa stagione si è aggiudicato la Coppa Europa assoluta. La sua prima vittoria in Coppa del Mondo è arrivata nella combinata di Kitzbuehel nel 2003. Ai Mondiali di sci alpino del 2003 a St. Moritz, in Svizzera, ha vinto l’oro nella discesa libera. Nell’edizione 2005 ha vinto il bronzo nella stessa disciplina, oltre all’argento nel supergigante. Si è aggiudicato la Coppa del Mondo di discesa libera nella stagione 2004-2005. Numerose sono le manifestazioni di Sports4Peace alle quali Michael Walchhofer, campione mondiale di sci, ha preso parte, mostrando chiaramente che famiglia e valori contano per lui più dei successi sportivi. Come ha raccontato lui stesso, per esempio, “la nascita della mia prima figlia è stata un’esperienza molto più commovente del maggiore successo sportivo finora raggiunto”. Col suo fare tenace, ma senza pretese, lo sciatore è non solo simpatico, ma anche un modello per molti giovani e giovanissimi. “Sport4peace” (sport per la pace), progetto giovanile e sportivo del Movimento dei Focolari, nell’ambito del più vasto progetto LifeStyle4Peace (uno stile di vita per la pace), viene portato avanti dai Ragazzi per l’Unità e da Sportmeet, la rete mondiale di sportivi e di operatori dello sport, che vivono lo sport come realtà importante e positiva nel confronto con se stessi e con gli altri, animati dal desiderio di contribuire, attraverso di esso, alla costruzione di un mondo più unito. Sono molti i volti più o meno conosciuti del mondo dello sport che, insieme a Sportmeet, intendono sostenere la crescita di tutti quei semi di una “cultura del dare” che alimentano la costruzione della fraternità universale nella società di oggi, anche attraverso lo sport. Per concretizzare quest’idea si è dato vita di recente ad un progetto di sport-pace-sviluppo nei Paesi più svantaggiati. (altro…)
Feb 17, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Viviamo nell’epoca della globalizzazione, nella quale i media hanno un ruolo fondamentale. Non a caso oggi si parla di una “società della informazione” che copre il pianeta. È un’epoca appassionante che richiama tutti, nessuno escluso, alla necessità di un nuovo dialogo tra le persone, gli stati, le culture, le religioni. Proprio in quest’epoca Dio ha mandato il carisma dell’unità per contribuire a realizzare la preghiera finale di Gesù: «Che tutti siano una cosa sola». Compie ora cinquant’anni Città nuova, organo di collegamento nato nel 1956, che è stato tra le nostre prime iniziative.
Come non pensare ai primi numeri che uscivano dal ciclostile ad alcol, nella valle di Primiero? Come non pensare alla gioia che manifestavano per quel modestissimo giornale gli abitanti della Mariapoli, la città di Maria, di cui Città nuova era espressione? Come non ricordare i suoi pionieri, a cominciare da don Pasquale Foresi, Bruna Tommasi, Vitaliano Bulletti, Gino Lubich e poi Igino Giordani, Spartaco Lucarini e Guglielmo Boselli? La rivista ha acquisito nel corso dei decenni una sua dignità, che appare evidente da qualche semplice dato: viene pubblicata in 37 edizioni, in 22 lingue, nei cinque continenti. Anche Città nuova, dunque, partecipa al processo di globalizzazione. Anzi, l’ha in qualche modo anticipato. Nessuno meglio dello Spirito Santo sa conoscere i bisogni, le istanze, gli interrogativi, i problemi, i disegni di Dio sull’umanità di questo tempo. Ora, il carisma di cui il Movimento dei Focolari è espressione, viene dallo Spirito, come la Chiesa stessa, per bocca degli ultimi cinque papi, ha ripetutamente riconosciuto. Quindi Città nuova, come espressione di quest’Opera, potrà parlare a tanti. Ma perché, allora, rimane una “piccola” rivista? Forse perché ha una sua fisionomia ben stagliata, immediatamente riconoscibile, e non si preoccupa di conformarsi alle mode che vanno e che vengono. Non è una rivista di evasione, uno dei tanti rotocalchi che si trovano nelle edicole. Città nuova vuole essere un organo d’opinione offerto a quanti ne condividono in un modo o nell’altro gli ideali di pace, di giustizia, di libertà, di verità. Ma come risponde la rivista alle esigenze dell’umanità di oggi, sia in campo civile e sociale che in campo ecclesiale? In campo religioso annuncia, aiuta, sostiene e diffonde un’opzione attuale della chiesa, indicata da Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte: realizzare la chiesa-comunione. E ciò attraverso una spiritualità di comunione. In campo civile e sociale, Città nuova cerca di dare una risposta adeguata ad una nuovissima richiesta che ora, dopo lo choc delle ultime guerre e dell’insorgere del terrorismo, emerge prepotentemente: il mondo invoca fraternità. Guardando anche alle nostre città, ciò che attrae l’uomo d’oggi nelle sue esigenze più profonde è proprio questa “città nuova”, città della fraternità, che rende fratelli al di là di ogni divisione. La rivista Città nuova vuol essere via alla fraternità, strumento di dialogo a tutti i livelli, di comunione, di unità. (da Città Nuova n. 1/06) (altro…)
Feb 14, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
M. ha 26 anni. Sta bene e per il momento riesce a lavorare. Recentemente ha raccontato la sua esperienza a 50 ragazzi di una parrocchia di Bamenda, dicendo che lo faceva perché nessuno soffrisse quanto lui. «Quando ho saputo che avevo l’Aids, ho pianto così tanto che non riuscivo più ad aprire gli occhi. Una signora si è avvicinata per consolarmi e mi ha parlato del Club. Ho pensato: non ci andrò mai. Dopo un po’, però, stavo così male che ho deciso di venire ad Akum, con la speranza di ricevere delle medicine. Ero il primo, quel giovedì mattina, ed avevo tanta paura. A poco a poco altre persone sono arrivate e mi salutavano come se mi conoscessero da sempre. Ho ricevuto medicine che mi hanno aiutato e da quel giorno – sono adesso 7 mesi – non sono mai mancato. La cosa più bella per me è aver trovato degli amici. Quando arriva il mercoledì è come quando da piccolo la mamma mi diceva che avremmo fatto un viaggio: ero felice ed emozionato. Così è ora per me ogni mercoledì: non vedo l’ora che arrivi il giovedì per poter andare al Club». B., invece, è uno dei più anziani del gruppo di Akum. «Non finisco mai di imparare. L’altro giorno avevo fame e volevo mangiare corn foufou, ma avevo solo 200 franchi (0,30 €). Mentre andavo a comprarmi il cibo, ho incontrato un bambino che mi ha chiesto aiuto. Cosa fare? Ho ricordato che qui parliamo sempre del “dare” e così gli ho dato quei 200 franchi. Faccio solo due passi e una signora mi chiama per nome. Non l’ho riconosciuta, ma lei sì. Mi ha detto che due anni fa avevo aiutato suo figlio che non stava bene. Mi ha invitato a casa sua e cosa c’era da mangiare? Corn foufou! Ero molto felice, ma dopo è venuto il figlio che mi ha salutato con tanta gioia e mi ha dato anche 5.000 franchi. Ho visto che le parole che impariamo ad Akum sono proprio vere». N. ha 30 anni e frequenta il centro da un anno e mezzo. «Quando entro da questo cancello so che sono in un altro mondo: qui tu sei amato come sei, con amore sincero. Un giorno, mentre andavo a casa, ho visto una studentessa con il vestito tutto strappato. Era stata colpita dalla folla durante una manifestazione. Le ho dato il mio pullover dicendole che, siccome era l’unico che avevo, sarei stata felice se me lo avesse restituito l’indomani. Non ero preoccupata: dopo tutto ogni giovedì ad Akum, non parliamo di amare? Quando arrivo a lavoro, il giorno dopo, gran sorpresa: un sacchetto con il mio pullover e tante cose in regalo». (altro…)
Feb 14, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Nella periferia di Bamenda, una cittadina al centro-ovest del Camerun, quasi al confine con la Nigeria, ci sono alcuni villaggi senza medico. Esistono però dei centri di salute, piccole strutture con una cinquantina di posti letto, sostenute da religiosi e gruppi di laici coordinati dalle diocesi. Il desiderio di fare qualcosa in più per i pazienti malati di Aids, e rompere in tal modo l’isolamento in cui pregiudizi e strane credenze sembrano volerli confinare, ha portato ad iniziare l’esperienza del “Social Welfare Club di Akum & Bali”. In pochi mesi, 25 persone sieropositive hanno offerto al medico la loro collaborazione per accogliere altre persone nelle stesse condizioni e, d’accordo con le religiose e i laici che gestiscono i Centri di Salute, hanno fondato due club in cui ci si può ritrovare settimanalmente. Al cuore dell’azione ci sono questi incontri periodici: momenti di condivisione, di riflessione, e, per chi può, di lavoro in comune. Ad Akum gli incontri si svolgono di giovedì. Si comincia verso le 8.30 con una colazione fatta insieme, cercando di offrire cibo che sia il più nutriente possibile – per esempio da 4 mesi si riesce a dare il latte fresco, cosa molto rara da quelle parti, con pane integrale. Si sta insieme, semplicemente, con alcuni momenti di approfondimento spirituale interreligioso (ci sono infatti musulmani, e cristiani presbiteriani e cattolici) e di sostegno morale e psicologico, in cui si condividono esperienze, speranze e necessità riguardo alle proprie condizioni di vita. Una parte del tempo è dedicata a piccole attività artigianali o a coltivare l’orto: lavori modesti, ma fondamentali perché permettono alla gente coinvolta di sentirsi parte del contesto sociale e di guadagnare qualcosa per vivere, nutrirsi e acquistare qualche medicina. Solo nel piccolo ambulatorio di Akum, in un anno sono stati diagnosticati 296 casi di Aids. Anche se il costo del trattamento medico rimane proibitivo, per la maggior parte dei pazienti, ultimamente è un po’ diminuito e questo ha incoraggiato molte persone a fare il test, perché la speranza di curarsi è più concreta. (altro…)
Feb 14, 2006 | Cultura
Educazione e solidarietà La pedagogia dell’apprendimento-servizio Progetto pedagogico: riaffermare il senso di comunità e un comportamento socialmente costruttivo Gli studi sull’educazione prosociale costituiscono un contributo importante nel riaffermare il senso di comunità, passo necessario e urgente nella società contemporanea, che vede sempre più l’affermazione di una cultura individualistica, a scapito del bisogno comunitario innato nell’essere umano. Un fenomeno in atto a livello mondiale, che ha spesso drammatiche conseguenze come l’aumento dei casi di depressione e del senso di solitudine. Con “prosocialità” si indicano quei comportamenti finalizzati ad aiutare un’altra persona o gruppo, senza alcuna forma di ricompensa esterna. Si tratta di un modo di pensare e comportarsi socialmente costruttivi, capaci di generare una reciprocità positiva. L’autrice María Nieves Tapia è fondatrice e direttrice accademica del CLAYSS (Centro Latinoamericano di Apprendimento e Servizio Solidale). Dal 1997 al 2001 ha disegnato e diretto il Programma Nazionale “Scuola e Comunità” e attualmente dirige il Programma Nazionale di Educazione, Scienze e Tecnologia della Repubblica Argentina. Nel 2001 ha ricevuto dal National Youth Leadership Conference degli Stati Uniti il prestigioso premio internazionale “Alec Dickson Servant Leader Award”. Dal 1979 al 1987 è stata Vicepresidente della Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Argentina. È autrice di numerose pubblicazioni. I tesori di Gibì e Doppiaw Educarsi alla relazione Un fumetto può essere educativo? Lo studio sulle strisce di Gibì e Doppiaw ne rivela lo straordinario valore pedagogico. Il fumetto è ormai considerato strumento espressivo a tutti gli effetti, ma le strisce che raccontano le storie e i dialoghi di Gibì e DoppiaW hanno una particolarità: propongono, con semplice essenzialità, una visione positiva della vita, sotto ogni aspetto: personale, relazionale, sociale. Parlando del rispetto di sé, dell’altro, dello stupore per le meraviglie della natura, promuovendo una cultura della solidarietà, della pace, della bellezza, Gibì e Doppiaw delineano un alfabeto di valori nel quale possiamo cogliere tutta la ricchezza di un messaggio dal profondo significato educativo. Il curatore Michele De Beni, psicoterapeuta e pedagogista, è docente del Centro studi interculturale dell’Università di Verona. È autore di numerose pubblicazioni riguardanti le «strategie del pensiero», la prosocialità e la comunicazione. Per Città Nuova ha scritto: Comunicare per amare – Il dialogo nella vita di coppia (2005). Contributi di: Michele De Beni; Lia de Pra Cavalleri, critica d’arte, gallerista e curatrice di musei, promotrice di iniziative culturali, che fa parte della redazione della rivista svizzera «Verifiche» e dal 1998 è direttore responsabile del trimestrale «Il Quaderno Montessori»; Alessandra Mantovani, illustratrice e fumettista, collaboratrice di numerose case editrici nel campo didattico e organizzatrice di laboratori, in particolare di fumetto, per scuole e associazioni giovanili; Leopoldo Verona, cantautore (oltre un centinaio le sue canzoni, presentate tra l’altro nei recital: ‘Semplicemente vivo’ e ‘Nuvole e sassi’), regista (di eventi internazionali, opere liriche…) e poeta. (altro…)
Feb 14, 2006 | Famiglie
Attualmente, attraverso 98 progetti in 46 Paesi del mondo, l’Azione per Famiglie Nuove (AFN) Onlus si sta occupando di 15.260 bambini del Sud del mondo. Questi progetti vengono finanziati con il sostegno a distanza. Ma ci sono ancora tanti bambini che aspettano di esservi inseriti. Si conta di poter raggiungere un più consistente numero di adozioni anche attraverso la trasmissione del sabato sera in 10 puntate dal titolo “Amore”, condotta da Raffaella Carrà, in onda su Raiuno dal 25 marzo, incentrata sulle adozioni a distanza. L’Azione per Famiglie Nuove Onlus è uno dei 15 enti collaboratori, selezionati dal Segretariato Sociale della Rai. Intanto si è aperta un’altra strada di solidarietà: con una firma nella dichiarazione dei redditi, si può donare all’AFN il 5 per mille (altro…)
Feb 14, 2006 | Cultura
Editoriale
VENIRE ALLA LUCE. UNA RIFLESSIONE SUL SENSO DEL NASCERE OGGI – di Piero Coda – «Venire alla luce» è una metafora che dischiude il senso di quanto accade al nascere di un’esistenza umana. Si offre qui in proposito una riflessione teologica disposta in tre brevi momenti: nel primo, ci si sofferma sul soggetto che viene alla luce – la vita, meglio questa vita; nel secondo ci s’interroga su come tale evento sia oggi percepito e sui pericoli d’oscuramento e di manipolazione cui esso va incontro nella “cultura” della tecnica e dell’economia globalizzata; nel terzo, infine, si torna sulla ricchezza di senso suggerita, per l’oggi, dalla metafora antica del «venire alla luce».
Nella luce dell’ideale dell’unità
INTERVENTO ALLA SECONDA GIORNATA DELL’INTERDIPENDENZA – di Chiara Lubich – Riportiamo il testo dell’intervento tenuto il 12 settembre 2004 a Roma in occasione della seconda “Giornata dell’interdipendenza”, promossa dal dott. Benjamin R. Barber. FILOSOFIA E STORIA DELLA FILOSOFIA – di Pasquale Foresi – Parlare del rapporto tra filosofia e storia della filosofia ci spinge a riflettere preliminarmente su una questione di fondo. Una volta intrapresa la ricerca filosofica, emerge evidente la necessità di rivolgersi a tutti quei pensatori che hanno segnato il cammino filosofico dell’umanità, e interpellarli sulle loro scoperte. In realtà, ci si accorge subito che le soluzioni che essi ci offrono non rispondono pienamente alle nostre domande. Eppure continuiamo a ritornare da loro perché andiamo non tanto a cercare risposte, quanto a cercare loro stessi. Cerchiamo ciò che loro stessi erano, l’anima profonda del loro domandare, quella intuizione, quel qualcosa di sé e della loro esistenza che hanno lasciato, come dono, all’umanità. Saggi e ricerche IL PENSIERO METAFISICO DI LÉVINAS: UN’UTOPIA E UNA SFIDA ETICA – di Tomáš Tatranský – La filosofia di Emmanuel Lévinas rappresenta uno dei tentativi più notevoli di rinnovare il pensiero “dopo Auschwitz”. L’autore, dopo aver cercato di individuare i cardini più salienti della metafisica lévinasiana basata su un radicalismo etico che, in ultima analisi, preclude la reciprocità, si propone di “rileggere” Lévinas a partire dalle critiche che gli sono state avanzate da alcuni filosofi di stampo ermeneutico e fenomenologico (in particolare G. Mura, P. Ricoeur e J.-L. Marion), per giungere ad una valorizzazione, pur critica, dell’accentuazione lévinasiana della kenosi. Da lì si dischiude la possibilità di far dialogare il pensiero di Lévinas con l’autentica cultura cristiana, espressa da una “ontologia trinitaria”, dove l’essere viene compreso come dono di sé. L’UOMO COME PRESENZA RELAZIONALE – di Sabino Palumbieri – Martin Buber, tracciando lo statuto ontologico dell’uomo, afferma che la sua struttura fondamentale è la relazionalità e il suo essere si configura metafisicamente come essere-in-relazione e cioè come apertura e dialogalità. Pertanto, l’uomo si costituisce come io attraverso il rapporto al tu e la sua presenza è percezione e attuazione dell’esigenza del costitutivo relazionale e dice essere-davanti: prae-esse, essere al cospetto. L’Autore si sofferma sulla realtà di tale presenza sottolineandone il rapporto con la corporeità, il silenzio, l’interiorità, la personalità, per poi mostrare come la persona tenda ad essere quella presenza inabitante nell’altro che suscita una risposta simmetrica che sfocia nella reciprocità nell’amore. LA MUSICA E L’ESSENZA DEL TEMPO – di Chiara Granata – Tra le questioni che la musica ha posto con maggiore insistenza ai suoi ascoltatori, vi è quella relativa al tempo. Che cos’è il tempo? Qual è il nostro modo di concepirlo? E’ una domanda assolutamente fondamentale, e la musica sembra possederne in qualche modo il segreto. Alcuni spunti posti dalla riflessione musicale vengono messi a confronto con la pratica di ogni musicista.
Spazio letterario
«Nuova Umanità» continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria. MAI DIRE MAI – di Alessandro De Carolis
Per il dialogo
Riportiamo il testo degli interventi svolti in parallelo durante il 1° Simposio «Ebrei e Cristiani in dialogo» organizzato dal Movimento dei Focolari e tenutosi a Castel Gandolfo (RM) dal 23 al 26 maggio 2005, nella sessione dedicata al tema della presenza e del silenzio di Dio nella tradizione cristiana ed ebraica. PRESENZA E SILENZIO DI DIO NELLA TRADIZIONE CRISTIANA – di Gérard Rossé – La rivelazione di Dio del tutto singolare al popolo d’Israele avviene in una storia e attraverso esperienze non di rado dolorose. Un itinerario di fede spesso travagliato, manifestato già nelle proteste di un Giobbe o nelle riflessioni disilluse del Qohelet. Incontrare il Dio tre volte Santo non può non essere che un’esperienza travolgente di luce e di notte. Israele ha fatto l’esperienza di un Dio che promette benedizione ma poi ne sperimenta il silenzio, di un Dio vicino eppure inafferrabile. Questo prezioso patrimonio che è stato consegnato alle Scritture sacre e di cui la Chiesa si nutre, per i cristiani si apre ad una ulteriore, nuovissima comprensione in modo fondamentale e unico nell’evento della morte di Gesù per crocifissione e della sua risurrezione. ALCUNI CENNI SULLA PRESENZA E SUL SILENZIO DI DIO NEL PENSIERO EBRAICO – di Jack Bemporad – Parlare della presenza e dell’assenza di Dio nel pensiero ebraico significa innanzitutto chiarire come Dio agisce. Egli è il creatore e il sostenitore dell’ordine delle cose; pertanto se anche possiamo pensare soggettivamente che Dio sia assente, questa sua assenza è conseguenza delle nostre azioni. Si pone però anche il problema della prosperità dei malvagi e soprattutto quello della sofferenza del giusto. A queste domande rispondono il libro di Giobbe e la figura del “servo sofferente” del secondo Isaia, sottolineando in maniera definitiva che non c’è un rapporto meccanico tra sofferenza e peccato e che al contrario, il vero timbro della persona religiosa è il prendere su di sé i pesi degli altri.
Libri
CON MOUNIER ED OLTRE MOUNIER, VERSO UN NUOVO UMANESIMO – di Mauro Mantovani – Tra le celebrazioni accademiche del centenario della nascita di Emmanuel Mounier, si è svolto nel gennaio 2005 presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma un importante Convegno Internazionale su Persona e umanesimo relazionale: eredità e sfide di E. Mounier, dedicato agli sviluppi del personalismo comunitario e alle sue implicazioni a livello culturale, etico e politico. Gli Atti del Convegno, contenenti ben 55 qualificati interventi, sono stati raccolti in due volumi (Las, Roma 2005) curati da M. Toso, Z. Formella e A. Danese, dal titolo Emmanuel Mounier. Persona e umanesimo relazionale. Nel Centenario della nascita (1905-2005). Nel presentarne i contenuti, ci si sofferma soprattutto sulla rilevanza del patrimonio mounieriano sulla persona, sull’alterità e sulla comunione, così come sull’incidenza del “paradigma trinitario” nell’elaborazione del suo pensiero. Caratteristiche, queste, che rendono sempre attuale e coinvolgente e il suo messaggio di vita. NUOVA UMANITÀ XXVIII – Gennaio – Febbraio – 2006/1, n.163 SOMMARIO (altro…)
Feb 9, 2006 | Dialogo Interreligioso
L’Islam che non fa paura è un viaggio nell’Islam più tollerante, con interviste a leader religiosi, opinion maker e accademici musulmani. In uno spirito di ascolto, l’autore ha voluto dar loro voce, per presentare il volto dell’Islam seguito dalla maggioranza dei suoi fedeli, un Islam che non vuole lo scontro di civiltà. Non esiste infatti solo l’Islam intollerante e fondamentalista; esiste anche un altro Islam, impropriamente definito “moderato”, costituito da correnti e tendenze più spirituali, intrise di tolleranza e misericordia, caratterizzate da un forte impegno sociale e civile.
Il libro conduce alla scoperta sul posto dei principali personaggi protagonisti di movimenti e correnti islamiche moderate. Un vero reportage del mondo islamico: le questioni più calde, i personaggi più coraggiosi, la cultura più antica, la spiritualità e la tradizione. La logica che sta alla base del libro è quella della “regola d’oro”: «Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te». L’autore ha scelto questa prospettiva come sua regola professionale. Una scelta che appare valida per le inchieste svolte nel mondo islamico, trovando negli interlocutori una sensibilità confacente a questo stile di lavoro. Lo spirito di accoglienza, uno dei capisaldi etici dell’Islam, in questo libro viene perciò continuamente in evidenza, nonostante la franchezza dei dialoghi. Il viaggio ha portato l’autore a intervistare una sessantina tra i leader musulmani tolleranti più conosciuti: tra le voci, personaggi del calibro dell’ayatollah iraniano Muhammad Khamenei, fratello della guida suprema Ali, dello sceicco Tantawi (Il Cairo), dell’ex presidente indonesiano Wahid, del principe Hassan di Giordania, dell’imam sciita Jamal al-Din (Iraq) e altri. Michele Zanzucchi è giornalista e caporedattore di Città Nuova. Per le Edizioni San Paolo ha curato, tra l’altro, “Un popolo nato dal Vangelo”, sui 60 anni di storia del Movimento dei Focolari. (altro…)
Feb 9, 2006 | Chiesa
Dall’ 11 al 17 febbraio, si incontrano a Castelgandolfo Vescovi amici del Movimento dei Focolari. A questa 30a edizione del convegno sono attesi cento partecipanti da ogni parte del globo. E’ la prima volta che i Vescovi partecipanti a questi Convegni incontreranno Papa Benedetto XVI, in occasione dell’Udienza generale di mercoledì, 15 febbraio. Punto di riferimento dell’incontro, che viene promosso dal Card. Miloslav Vlk, Arcivescovo di Praga, è l’Enciclica “Deus caritas est”, che sarà approfondita, in particolare, con un commento del Card. Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze. In linea col pensiero di Benedetto XVI, l’incontro si concentrerà su Gesù crocifisso come sorgente e modello dell’amore, focalizzando lo sguardo sul dolore dell’abbandono, tanto difficile da capire, eppure tanto vicino all’uomo moderno, come sottolinea Chiara Lubich con la spiritualità dell’unità. Altri punti di interesse saranno l’evangelizzazione tra i giovani, la collaborazione tra i nuovi movimenti ecclesiali in vista della grande convocazione fatta dal Papa per la Pentecoste di quest’anno, in Piazza S. Pietro, le opportunità dell’ecumenismo spirituale, assieme a testimonianze di vita di vescovi, sacerdoti e laici. Dimensioni portanti saranno le celebrazioni liturgiche, animate ogni giorno dai vescovi di un continente diverso, e la comunione fraterna, nell’intento di rivivere l’atmosfera del Cenacolo, dove gli apostoli erano riuniti unanimi con Maria, la madre del Signore. L’esperienza degli ultimi 30 anni è stata per i Vescovi partecipanti a questi Convegni uno stimolo a scoprire spazi sempre nuovi di comunione e a percorrere con ottimismo evangelico, assieme alle loro Comunità diocesane, le vie del dialogo, per essere, in mezzo ai molteplici conflitti, lievito di riconciliazione e di pace. L’obiettivo di questi convegni è approfondire l’esperienza di condivisione spirituale e di fraternità tra Vescovi, cominciata nel lontano 1977 su iniziativa dell’allora Vescovo di Aquisgrana, Klaus Hemmerle, e subito incoraggiata da Papa Paolo VI e poi da Papa Giovanni Paolo II. Attingendo alla spiritualità dell’unità, essi vogliono mettere in atto e promuovere quella “spiritualità di comunione” che Papa Wojtila II ha ripetutamente proposto al Popolo di Dio e in particolare ai Vescovi. (altro…)
Gen 31, 2006 | Focolari nel Mondo
Dalla preghiera attingo la forza per vivere per un mondo unito, e superare, nella vita di ogni giorno, conflitti e ingiustizie. Oggi il mondo è pieno di odio, ma in vari punti della terra la pace viene supplicata con manifestazioni, preghiera e digiuno. Se viviamo nell’amore possiamo testimoniare che la fratellanza e la convivenza fra i popoli è possibile. Ho 18 anni, sono di religione musulmana. Vengo dalla Somalia, vivo in Italia da 7 anni. Con la mia famiglia faccio parte di un gruppo di cristiani e musulmani che si incontrano per dialogare e condividere le esperienze , in un clima di fraternità. Qualche tempo fa ci hanno invitati a partecipare, a Roma, ad un grande incontro di musulmani che vogliono vivere per un mondo unito. Ricordo ancora quelle bellissime e profonde giornate con quelle persone venute da ogni parte del mondo per parlare dell’uguaglianza e del rispetto reciproco tra religioni e della convivenza nella pace. Ricordo le parole di Chiara Lubich: “Perché prevalga il bene sul male occorre uno sforzo comune per creare in tutto il pianeta quella fraternità universale in Dio, alla cui realizzazione l’umanità è chiamata. Fraternità che, sola, può essere l’anima, la molla per una più giusta condivisione dei beni fra i popoli e gli stati.” Da questo incontro, ho imparato nuovi modi per condividere la pace con tutte le persone. Ad esempio, il vicino che abita sotto di noi veniva spesso a bussare innervosito, perché siamo una famiglia numerosa e vivace. Allora abbiamo spiegato loro con serenità che ci sono due bambini piccoli e abbiamo cercato per quanto possibile di risolvere il problema facendo più piano alla sera. Per farlo felice, quando riceviamo dei viveri in più o della carne di maiale, facciamo un pacco e glielo regaliamo. Un’altra esperienza: la mia professoressa d’italiano, in una lezione parlava dell’Islam e diceva delle cose molto negative, che non corrispondevano alla verità. Io non ho reagito in modo violento, ma ho spiegato che la religione islamica ha come pilastro la parola “pace” e che il valore più grande è la libertà di seguire la legge di Dio. Alla fine lei ha detto: “Ho capito, grazie! Non conoscevo bene la tua religione”. (N.A. – Italia) (altro…)
Gen 31, 2006 | Parola di Vita
Che giornata piena aveva vissuto Gesù quel sabato nella città di Cafarnao! Aveva parlato nella sinagoga lasciando tutti stupiti del suo insegnamento. Aveva liberato un uomo posseduto da uno spirito immondo. Uscito dalla sinagoga si era recato in casa di Simone e di Andrea e lì aveva guarito la suocera di Simone. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portarono tutti i malati e gli indemoniati ed egli guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni. Dopo una giornata ed una notte così intense, al mattino, quando ancora era buio, Gesù si alzò e, uscito di casa
«…si ritirò in un luogo deserto e là pregava»
Era la nostalgia del Cielo. Da lì egli venne nel mondo a rivelarci l’amore di Dio, ad aprirci la via del Cielo, a condividere in tutto la nostra vita. Egli aveva percorso le strade della Palestina ad insegnare alle folle, a curare ogni sorta di malattie e di infermità tra il popolo, a formare i suoi discepoli. Ma la linfa vitale, che come acqua da fonte sgorgava dal suo seno, gli veniva dal rapporto costante con il Padre. Lui e il Padre si conoscono, si amano, sono l’uno nell’altro, sono una cosa sola. Il Padre è l’”Abbà”, e cioè il babbo, il papà cui rivolgersi con accenti di infinita confidenza e di sterminato amore.
«…si ritirò in un luogo deserto e là pregava»
Giacché il Figlio di Dio è venuto in terra per noi, non gli è bastato essere Lui in questa condizione privilegiata di preghiera. Morendo per noi, redimendoci, ci ha fatti figli di Dio, fratelli suoi. Così anche a noi è stata resa possibile quella sua divina invocazione: “Abbà, Padre”, con tutto ciò che essa comporta: certezza della sua protezione, sicurezza, cieco abbandono al suo amore, consolazioni divine, forza, ardore; ardore che nasce in cuore a chi è certo di essere amato… Una volta entrati nel silenzio della “cella interiore”, della nostra anima, possiamo parlare con Lui, adorarlo, dirgli il nostro amore, ringraziarlo, chiedergli perdono, confidargli le necessità nostre e dell’umanità intera così come i nostri sogni e desideri… Cosa non si può dire ad una persona che sappiamo ci ama immensamente e che è onnipotente? E possiamo parlare col Verbo, con Gesù. Soprattutto possiamo ascoltarlo, lasciare che ci ripeta le sue parole: “Coraggio, sono io, non temete!”, “Io sono con voi tutti i giorni”; i suoi inviti: “Vieni e seguimi”, “Perdona settanta volte sette”, “Fai all’altro ciò che vorresti fosse fatto a te”. Possono essere momenti prolungati, oppure attimi brevi e frequenti lungo tutta la giornata, quasi uno sguardo d’amore, un sussurrargli: “Sei tu l’unico mio bene”, “Per te questa mia azione”. Non possiamo fare a meno della preghiera. Non possiamo vivere senza respirare, e la preghiera è il respiro dell’anima, l’espressione del nostro amore a Dio. Usciremo da questo colloquio, da questo rapporto di comunione e d’amore, rinfrancati, pronti ad affrontare con nuova intensità e fiducia la vita d’ogni giorno. Ritroveremo anche il rapporto più vero con gli altri e con le cose.
«…si ritirò in un luogo deserto e là pregava»
Se non chiudiamo le imposte dell’anima col raccoglimento, tu non puoi, Signore, intrattenerti con noi come il tuo amore alle volte desidererebbe. Ma una volta staccati da tutto per raccoglierci in Te, non si tornerebbe più indietro, tanto è dolce all’anima l’unione con Te e caduco tutto il resto. Coloro che sinceramente ti amano, ti sentono spesso, Signore, nel silenzio della loro stanza, nel profondo del loro cuore, e questa sensazione commuove l’anima come toccasse ogni volta sul vivo. E ti ringraziano d’esser loro così vicino, così Tutto: Colui che dà senso al vivere e al morire. Ti ringraziano, ma spesso non sanno farlo, né dirlo: sanno solo che tu li ami ed essi ti amano e non c’è cosa così dolce, qui sulla terra, che possa almeno lontanamente somigliarle. Quello che sentono nell’anima, quando tu appari, è Cielo e “se il Cielo è così – dicono – oh, com’è bello!” Ti ringraziano, Signore, dell’intera vita, per averli portati fin qui. E se esistono ancora fuori ombre che potrebbero offuscare il loro paradiso anticipato, quando ti manifesti ogni cosa diventa remota e lontana: non è. Tu sei. Così è. Chiara Lubich (altro…)
Gen 30, 2006 | Non categorizzato
Uomini politici, amministratori, funzionari pubblici e cittadini di Verona e provincia, di vari partiti e di tutti gli schieramenti, si sono interrogati sul senso della loro esperienza politica. La serata è stata dedicata al tema: “La città: luogo di sfida e realizzazione della fraternità”, una riflessione su che cosa significa e comporta l’ideale della fraternità per la vita della città. “Esso – secondo il pensiero della fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich – non si aggiunge dall’esterno alla riflessione e alla pratica politica, ma si può considerare l’anima con la quale affrontare i problemi di oggi”. Dopo la presentazione dell’argomento e l’ascolto, in video conferenza, del discorso tenuto da Chiara Lubich al Consiglio comunale di Trento, nel giugno 2001, sono state presentate due esperienze di come sia possibile vivere la fraternità anche in politica. Gli interventi del pubblico presente hanno sottolineato la difficoltà di vivere il valore della fraternità all’interno di un mondo minato da lotte, complesso e difficile, che porta spesso a perdere la dimensione dell’originario spirito di servizio al bene
comune. Tuttavia, da un lato la testimonianza di chi già da tempo si impegna in questa direzione, dall’altro la presenza e gli interventi di tante persone, hanno fatto intravedere la possibilità che nelle città possa nascere un clima più sereno e collaborativo in chi si occupa di politica. La serata è stato un piccolo segno di come, recuperando la dimensione del dialogo e dell’ascolto reciproco, si possano creare le condizioni per un’esperienza politica che sappia promuovere la fraternità. (da un articolo di Lino Cattabianchi – da L’Arena, 6.02.2006) (altro…)
Gen 28, 2006 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Una cultura dell’unità nella diversità, per contribuire all’unità della famiglia umana. Non solo una proposta questa, ma esperienza viva per i circa 250 cristiani, ebrei, numerosi musulmani, e rappresentanti di altre religioni, presenti al Forum svoltosi al Centro di incontri «Unità», del Movimento dei Focolari, a Rotselaar, in Belgio, nei pressi di Lovanio.
La sopravvivenza passa per il dialogo – Albert Guigui, Grande Rabbino di Bruxelles, alludendo al racconto biblico di Caino e Abele, ha evidenziato che l’assenza della comunicazione molto spesso è fonte di conflitto. Ha pure evocato il tema scottante del fanatismo religioso. Il credente si mette al servizio di Dio, mentre il fanatico mette Dio al suo servizio. Opposto al fanatismo è l’atteggiamento di chi accetta l’altro così com’è e non come vorrebbe che egli fosse. «La sopravvivenza passa per il dialogo», ha affermato con forza e convinzione il Grande Rabbino. Dialogo del popolo da portare avanti con continuità – Mohammed Boulif, consulente in economia musulmana, ha sottolineato l’importanza di prediligere ciò che ci unisce per giungere ad una conoscenza approfondita e ad un mutuo arricchimento. In questa dinamica, la sincerità è di rigore. Nella sua esposizione ha ricordato che alcuni suoi amici musulmani dell’Algeria, grazie ai contatti avuti con degli amici cristiani dei Focolari, hanno riscoperto, in profondità, il senso religioso. Il sig. Boulif ha sottolineato quindi l’importanza del «dialogo del popolo» da portare avanti «in permanenza». Le chiavi del dialogo – Paul Lemarié, del Centro internazionale per il dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari, ha condiviso la sua esperienza – 25 anni vissuti in Algeria e in Medio Oriente – durante i quali i contatti con i musulmani e gli ebrei gli hanno fatto riscoprire alcuni aspetti della sua fede cattolica. Paradossalmente, dunque, il dialogo interreligioso rafforza la propria credenza pur aprendosi a quella dell’altro. Ha poi indicato nell’arte di amare evangelica, le chiavi del dialogo: si tratta di un amore che spinge a prendere l’iniziativa, a considerare l’altro come un altro se stesso, ad amare con amore gratuito e concreto. È un’arte che richiede esercizio ed impegno, un’arte che eleva il dialogo ad un livello tale che porta frutti fecondi ed apre sempre nuovi orizzonti. Educazione al dialogo per impedire ogni fondamentalismo – Ha commosso il pubblico la testimonianza di un gruppo di bambini della scuola St. Joseph di Uccle (Bruxelles): nel marzo 2005, hanno organizzato un grande incontro con 1500 bambini, ebrei, musulmani e cristiani. Comunicare-dialogare-conoscere-amare: le tappe da loro proposte a tutti per giungere al vero dialogo. La loro testimonianza è stata sottolineata durante la tavola rotonda che ne è seguita: l’educazione al dialogo impedisce qualsiasi fondamentalismo. (altro…)
Gen 25, 2006 | Spiritualità
“Dio è amore”. Quale gratitudine per Papa Benedetto XVI sin dall’annuncio del titolo della sua prima enciclica! Ha acceso in noi una speranza: che il grande annuncio “Dio è amore”, che la parola “amore”, riportata al suo “splendore originario”, dilaghino all’infinito, come quando si butta un sasso nell’acqua e si formano cerchi sempre più ampi. L’interesse dei media, ancor prima della sua presentazione e tanto più ora, lo fa prevedere. “Dio è Amore” è di certo la Parola che Gesù vuol dire oggi, in questo nuovo millennio. Sì, l’amore è iscritto nella natura stessa della Chiesa, come scrive il Papa. All’eredità della sua ricchissima storia, in questi ultimi decenni si sono aggiunti nuovi carismi suscitati dallo Spirito. Di bocca in bocca, avvalorato dalla testimonianza, l’annuncio “Dio è amore! Dio ti ama così come sei”, ha trasformato la vita di milioni di persone. Per noi è stata una luce – balenata nell’ora più buia della storia, il secondo conflitto mondiale – che ha illuminato tutto il Vangelo, facendoci scoprire che Gesù non aveva temuto di pronunciare la parola amore. Anzi capivamo che proprio l’amore è il cuore del Suo annuncio, è, sì, “la potenza creatrice primordiale che muove l’universo”, muove la nostra piccola storia personale, come la grande storia del mondo. Sono certa che l’enciclica del Papa susciterà un’eco spontanea da tutta la Chiesa e oltre: se vivere l’amore non si limita all’aiuto concreto del prossimo, ma spinge anche a “comunicare agli altri l’amore di Dio che noi stessi abbiamo ricevuto”, emergerà la ricchezza di quell’amore vissuto spesso con eroismo, nel silenzio, all’interno delle famiglie, nei Parlamenti e nelle fabbriche, nelle università e nei quartieri, nelle aree più depresse del mondo, e tra chi ha impresso sul proprio volto, il volto stesso dell’Uomo-Dio che grida l’abbandono del Padre. Si renderà così “visibile in qualche modo il Dio vivente”, la sua azione nel nostro tempo, come auspicato da Benedetto XVI. E Dio, riscoperto Amore, attirerà il mondo. (altro…)
Gen 19, 2006 | Ecumenismo
Il premio intitolato a Klaus Hemmerle viene conferito quest’anno al Vescovo luterano Christian Krause, il 20 gennaio, nel duomo imperiale di Aquisgrana. Per Christian Krause ha un significato del tutto particolare: «È un premio che prima di tutto tocca il cuore perché è innanzitutto il ricordo di una persona meravigliosa: Klaus Hemmerle». È la seconda volta che questo premio viene assegnato in commemorazione del defunto vescovo di Aquisgrana, un pioniere della vita ecumenica della Chiesa tedesca e nel contempo grande teologo che nell’ambito dei Focolari aveva trovato la sua “linfa vitale”. La prima edizione del premio era stata al professore ebreo Ernst-Ludwig Ehrlich, nel 2003; questa seconda volta il beneficiario è un esponente eminente del luteranesimo mondiale e un ecumenista di vera passione. Krause, amico di Hemmerle, è stato costruttore di ponti nelle più svariate situazioni della sua vita. Nel 1971 fu chiamato a dirigere un grande progetto in favore dei profughi dalla Federazione luterana mondiale in Tanzania. Dal 1972 al 1985 gli furono affidati i rapporti con l’estero della Chiesa evangelico-luterana in Germania. In tale funzione, e successivamente come segretario generale della “Giornata evangelica della Chiesa” (1985-1994), si è dedicato con grande impegno all’ecumenismo e alla solidarietà, a livello mondiale. Una profonda amicizia lo lega a numerosissimi cristiani in tutto il mondo, soprattutto in Africa, Asia e America latina. Frutto di questa fiducia è stato il fatto che, dopo la sua consacrazione a vescovo della Chiesa regionale del Braunschweig, durante la riunione plenaria della Federazione mondiale luterana a Hongkong nel 1997, ne venne eletto presidente. In questo ruolo ha firmato poi nel 1999 ad Augsburg la Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della giustificazione, assieme al cardinale cattolico Edward I. Cassidy. Oggi il vescovo Krause dirige il Centro luterano di Wittenberg, nella città dalla quale partì nel 1517 la riforma di Lutero. L’idea che ha dato origine a questo Centro è di conferire al sempre crescente “turismo luterano” «un respiro spirituale, ecumenico e mondiale». Per il futuro della Chiesa, auspica un nuovo rapporto tra gerarchia e movimenti spirituali e carismatici. «Ne potrebbe nascere una comprensione della Chiesa del tutto nuova», afferma Christian Krause. Il suo modello di ecumenismo è quello condiviso con lo stesso Klaus Hemmerle: «Dobbiamo imparare, a tutti i livelli, a diventare amici e a trattarci come tali». (di Joachim Schwind – Rivista Città Nuova – n. 1/06) (altro…)
Gen 9, 2006 | Focolari nel Mondo
Sposati da quasi 35 anni, con tre figlie ormai grandi e un nipotino. La moglie è cattolica, lui evangelico. Trentacinque anni fa, non era certo facile affrontare una vita matrimoniale appartenendo a Chiese diverse. E.: Sono cresciuta in un piccolo paese di soli cattolici. Mi resi conto della divisione fra le confessioni al momento di proseguire gli studi per insegnare alle elementari. Vivevo a Norimberga dove c’era un’università evangelica di pedagogia. Le scuole allora erano rigidamente divise in cattoliche ed evangeliche. Per non rischiare di non trovare mai un posto di lavoro, dovetti cercarmi un’università cattolica e trasferirmi ad Eichstätt. P.: Ho trascorso la mia fanciulezza a Ochsenfurt sul Meno. Noi evangelici vivevamo in diaspora. Non avevamo alcun contatto con la parrocchia cattolica. Alla fine degli anni ’60 frequentai a Monaco un corso di specializzazione per scuole differenziali. E.: Anch’io facevo parte dello stesso corso e lì ci siamo conosciuti e frequentati. In un primo tempo abbiamo spostato il pensiero di formare una famiglia. Allora tutte e due le nostre Chiese mettevano in guardia sui matrimoni cosiddetti “misti”. Per una coincidenza ricevetti da un’amica un invito per un viaggio a Roma. Lo lessi di sfuggita, pensando a una gita turistica e decisi di prendervi parte. Mi ritrovai in un incontro ecumenico del “Centro Uno” del Movimento dei Focolari, del quale non conoscevo nulla. All’inizio non ero per niente entusiasta, ma poi mi ha affascinata la spiegazione fatta da Chiara Lubich della parola di Gesù del Vangelo di Matteo: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). Non si diceva. “Dove sono due o più cattolici…”, e neanche “Dove due o tre evangelici…”, ma: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. All’incontro successivo ho invitato anche il mio amico. P.: Abbiamo trovato il coraggio di fondare assieme una famiglia. Mi sono riproposto di amare la Chiesa di mia moglie come la mia. Naturalmente avevo anch’io difficoltà ad accettare forme di pietà tipicamente cattoliche, come quando le nostre figlie presero parte con orgoglio nei loro vestiti bianchi alla processione del “Corpus Domini”. Ci andai anch’io, ma solo per amore della mia famiglia. E.: Per me era nuovo e inconsueto che lui leggesse ogni giorno un pezzo della Bibbia, secondo la sua tradizione evangelica. Per poco tempo l’ho lasciato da solo, poi – all’inizio solo per amore a lui – l’ho accompagnato. Ormai non potrei più farne a meno. Da quando abbiamo fatto nostra la meditazione di Chiara Lubich su Gesù in mezzo, concludiamo con la promessa comune di far di tutto perché Lui sia presente fra noi. Nonostante tutti i nostri sbagli, limiti e debolezze cerchiamo di rimanere nell’amore scambievole e di ricominciare sempre. (E. e P. – Germania) (altro…)
Gen 9, 2006 | Focolari nel Mondo
Al 16 gennaio 2006, i fondi pervenuti per l’emergenza nel Sud-Est asiatico attraverso l’Ongs AMU, (Organizzazione Non Governativa di sviluppo, che si ispira alla spiritualità dell’unità), ammontavano a circa un milione di Euro. Sono stati destinati per la maggior parte a progetti in Indonesia, in Sri Lanka, in Thailandia ed in India.
I fondi residui saranno assegnati a nuovi progetti che si stanno valutando o agli stessi progetti in corso, sulla base del loro stato di avanzamento e delle necessità. L’origine di questi fondi, raccolti in tutto il mondo, sono provenienti spesso dal poco di molti: dai bambini del Kenya, dalla Colombia, dalla Russia e da tanti altri paesi dove anche un solo euro donato è un grande atto di generosità. Riportiamo ora gli appunti di viaggio di Stefano Comazzi, rappresentante dell’AMU, ad un anno dalla catastrofe ambientale che ha colpito il Sudest asiatico: Sono stato in viaggio per visitare le diverse attività svolte dai nostri volontari e collaboratori nella regione, e ho condiviso una parte del percorso con il gruppo di giovani europei del Movimento dei Focolari, che già precedentemente si erano recati presso le popolazioni aiutate dai progetti AMU in Indonesia. Prima erano stati sull’isola di Nias, a sud di Sumatra, dove hanno effettuato un campo di lavoro, collaborando alla ricostruzione di un villaggio ed animando molte iniziative per i bambini. In seguito si sono recati nella provincia di Aceh, la più colpita dal maremoto del 26 dicembre 2004, all’estremità settentrionale dell’isola di Sumatra. L’arrivo a Banda Aceh, ed al vicino villaggio di Lampuuk, dove anche i giovani indonesiani del Movimento hanno trascorso molte settimane convivendo con la popolazione locale, è stato davvero impressionante. A tanti mesi dal maremoto molto è cambiato, ma alcuni segni restano a ricordo della forza straordinaria della natura e di quell’evento, come un’enorme barca trasportata dal mare a diversi chilometri dalla costa ed abbattutasi su un quartiere della città. Interi rioni di Banda Aceh sono diventati degli acquitrini stagnanti, totalmente rasi al suolo, e così anche molti villaggi vicini, come Lampuuk. Tra la popolazione interamente musulmana, i nostri giovani collaboratori hanno guadagnato la stima e l’amicizia che si esprime con tanti piccoli gesti ed attenzioni; la casa che è stata offerta loro gratuitamente durante questi mesi, e dove molti di noi abbiamo alloggiato, ne è un eloquente esempio. A Lampuuk con i fondi dell’AMU si è dato avvio alla costruzione di barche per pescatori. A Medan, la più estesa città dell’isola ed una delle principali dell’Indonesia, ho fatto conoscenza con molti dei giovani del luogo che nei mesi scorsi hanno collaborato al progetto sostenuto dall’AMU. Si tratta di ragazze e ragazzi appartenenti al Movimento dei Focolari; ve ne sono di cristiani, buddisti e musulmani, e già questa è una testimonianza forte. Inoltre non tutti sono indonesiani, come ad esempio J. P. W., studente malese, che ha sospeso per alcuni mesi la sua frequenza universitaria per potersi dedicare a tempo pieno alle attività del progetto. Anche altri giovani vi si sono impegnati a tempo pieno, sia nella gestione delle attività logistiche ed organizzative, sia con soggiorni prolungati nelle province di Aceh e Nias. Passato il confine tra la provincia di Medan e quella di Aceh, abbiamo incontrato alcune comunità di pescatori che vivono nella parte meridionale della provincia. Sono ormai diventati “amici” dei nostri volontari, ed al nostro arrivo ci hanno accolto con calore e con un’amicizia straordinaria, con uno striscione di benvenuto della loro neonata associazione chiamata “SILATURRAHMI” (“tutti sono benvenuti”). I giovani indonesiani che ci accompagnano li avevano già conosciuti durante i viaggi precedenti, avevano condiviso con loro i pochi beni materiali che avevano portato con sé, ma soprattutto ascoltato le storie di ciascuno, la sofferenza e lo smarrimento dei sopravvissuti. Grazie agli aiuti raccolti, sono poi stati in grado di tornare ed organizzare, insieme agli abitanti dei villaggi, azioni di ricostruzione e rinascita. A Blang Nibong ed a Padan Kasab, sempre nella provincia di Aceh, abbiamo constatato direttamente quante barche erano già costruite e quante erano in costruzione. A Blang Nibong eravamo attesi per la consegna ufficiale delle prime dieci già completate ed assegnate secondo criteri di composizione del nucleo familiare (famiglie numerose hanno ricevuto una barca, mentre gruppi più piccoli condivideranno la stessa barca), e dei danni subiti. I giovani che ci accompagnavano hanno anche partecipato al varo di una delle barche già pronte, e tutti abbiamo fatto un giro inaugurale nel caldo mare di Malacca. Questo viaggio è stato davvero costruttivo e ci ha confermato come sia importante lavorare “con” le persone, dal basso, privilegiando l’ascolto e la condivisione che diventa reciprocità. (dal periodico AMU NOTIZIE n. 4/2005) (altro…)
Dic 31, 2005 | Parola di Vita
“Emmanuele”, “Dio è con noi!”. Questa la grande straordinaria notizia con cui si apre il Vangelo di Matteo . In Gesù, l’Emmanuele, Dio è sceso in mezzo a noi.
Il Vangelo si chiude poi con una promessa ancora più grande e stupefacente: “Io sono con voi fino alla fine del mondo” .
La presenza di Dio fra noi non si è limitata ad un periodo storico, alla permanenza fisica di Gesù sulla terra. Egli rimane con noi per sempre.
Come rimane? Dove possiamo incontrarlo?
La risposta è proprio al centro del Vangelo di Matteo, là dove Gesù dà le linee di vita per la sua comunità, la Chiesa. Egli ha parlato più volte di essa: l’ha detta fondata sulla roccia di Pietro, la vede raccolta dalla sua parola e riunita attorno all’Eucaristia… Ma qui Egli ne svela l’identità più profonda: la Chiesa è Lui stesso presente tra quanti sono riuniti nel suo nome.
Possiamo averlo sempre presente tra noi, possiamo fare esperienza di Chiesa viva, vivere la realtà costitutiva della Chiesa.
«Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro»
Se è Lui, il Signore Risorto, che raduna e riunisce a sé e tra loro i credenti e fa di tutti il suo corpo, ogni divisione nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità altera il volto della Chiesa. Cristo non è diviso. Un Cristo frammentato è irriconoscibile, sfigurato.
Questo vale anche per i rapporti tra le diverse Chiese e comunità ecclesiali. Il cammino ecumenico ci ha resi consapevoli che “è più ciò che ci unisce di ciò che ci divide”. E se pure rimangono alcuni aspetti della dottrina e della prassi cristiana nei quali non c'è ancora unità nella fede, già “il fulcro di quanto ci unisce è la presenza del Cristo Risorto” .
Radunarci nel nome di Gesù per pregare insieme, per conoscere e condividere le ricchezze della fede cristiana, per reciprocamente chiedersi perdono è la premessa a superare tante divisioni. Potranno sembrare piccole iniziative, ma “nulla è insignificante di quanto fatto per amore”. Gesù fra noi “sorgente della nostra unità”, ci indicherà “la strada per divenire strumenti dell'unità voluta da Dio” .
Così scrivono la Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese e il Pontificio Consiglio per la promozione dell'Unità dei cristiani nel proporre questa “parola di vita”, il cui materiale è stato preparato da un gruppo ecumenico di Dublino. E' infatti dal 1968 che durante la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani tutti insieme viviamo una medesima “parola di vita”: un segno e una speranza per il cammino verso la piena e visibile comunione tra le Chiese.
«Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro»
Ma cosa vuol dire essere uniti nel nome di Gesù?
Significa essere uniti in Lui, nella sua volontà. E noi sappiamo che il suo più alto desiderio, il “suo” comandamento è che tra noi ci sia l'amore reciproco. Ecco allora che, dove sono due o più persone pronte ad amarsi così, capaci di posporre ogni cosa pur di meritare la Sua presenza, tutto intorno cambia. Gesù potrà entrare nelle nostre case, nei luoghi di lavoro e di studio, nei parlamenti e negli stadi e trasformarli.
La Sua presenza sarà luce per la soluzione dei problemi, sarà creatività per affrontare nuove situazioni personali e sociali, sarà coraggio per portare avanti le scelte più ardue, sarà fermento per l'esistenza umana nelle sue molteplici espressioni.
La Sua presenza spirituale, ma reale, sarà lì nelle famiglie, fra gli operai nelle fabbriche, nelle officine, nei cantieri, sarà con i contadini nei campi, lo si troverà tra i commercianti, fra gli addetti a servizi pubblici, in ogni ambiente.
Gesù che vive in mezzo a noi per l'amore reciproco continuamente rinnovato e dichiarato, si farà nuovamente presente in questo mondo e lo libererà dalle sue nuove schiavitù. E lo Spirito Santo aprirà vie nuove.
«Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro»
Per la nostra esperienza possiamo dire con gratitudine a Dio quanto è vero ciò che scrivevo molti anni fa, che se siamo uniti Gesù è fra noi. E questo vale. Vale più d’ogni altro tesoro che può possedere il nostro cuore: più della madre, del padre, dei fratelli, dei figli. Vale più della casa, del lavoro, della proprietà; più delle opere d’arte d’una grande città come Roma, più degli affari nostri, più della natura che ci circonda con i fiori e i prati, il mare e le stelle: più della nostra anima!
Che testimonianza viene data al mondo, ad esempio, dall'amore reciproco del Vangelo tra un cattolico ed un armeno, tra un metodista e un ortodosso!
E allora anche oggi viviamo la vita che Egli ci dà attimo per attimo nella carità.
È comandamento base l’amore fraterno. Per cui tutto vale ciò che è espressione di sincera fraterna carità. Nulla vale di ciò che facciamo se in esso non vi è il sentimento d’amore per i fratelli: ché Iddio è Padre e ha nel cuore sempre e solo i figli.
Viviamo per avere Gesù sempre con noi, per portarlo nel mondo ignaro della sua pace.
Chiara Lubich
Dic 29, 2005 | Focolari nel Mondo
Oggi so che l’amore di Dio è sempre più grande dei nostri errori. Ma è stata una scoperta progressiva … Dall’età di 13 anni, infatti, ho iniziato ad avere problemi con la giustizia. A 15 anni poi sono rimasto orfano e dopo alcuni mesi ero già in un carcere minorile. Uscito dal carcere non avevo più nessuno a cui rivolgermi, e ho ripreso la vita sbandata di prima. Appena qualche mese di libertà e accidentalmente causo la morte di un giovane. Torno in prigione, stavolta per 10 anni. Durante la reclusione imparo un mestiere, come falegname, ma una volta uscito nessuno voleva assumermi. Mi sono trovato senza soldi e senza altre possibilità. Ho assaltato una banca. Pensavo: se va bene, ho qualcosa per non morire di fame, finché non trovo lavoro; se non va bene, trovo comunque tetto e pane per alcuni anni. Alcune ore dopo l’assalto, ero di nuovo dentro, condannato a 15 anni. Non avevo più un motivo per vivere finché ho incontrato un religioso con cuore largo che ci ha annunciato l’esistenza e l’amore di Dio per noi. Mi ha incoraggiato anche la stima di alcuni funzionari dell’ordine giudiziario, che mi hanno dato un posto di responsabilità nella falegnameria. Prima del rilascio, mi hanno concesso 3 giorni di libertà per la ricerca di alloggio e lavoro. Ma era una libertà che non sapevo gestire; mi sentivo “perso”. Come potevo io, che dai 15 ai 42 anni avevo trascorso 26 anni in prigione, riuscire a prendere in mano la mia vita? Il religioso conosciuto in carcere mi telefona e mi invita a presentarmi presso una comunità nata per aiutare gli ex-detenuti nella delicata fase del reinserimento sociale e fondata da persone che ispirano la loro vita al Vangelo. Il giorno del mio rilascio sono venuti a prendermi dall’istituto di pena. Nella comunità andavo imparando passo a passo la vita in libertà. Avevo una stanza, un lavoro, un guadagno e prima di tutto una comunità. Mi hanno accolto tra di loro senza riserve. Dopo sei mesi ho trovato lavoro in una falegnameria e dopo due anni sono stato in grado di lasciare la comunità. Lì avevo conosciuto anche la persona che sarebbe diventata mia moglie. Sono adesso un collaboratore della comunità, diventando responsabile di una delle case dove, con gli ospiti senza lavoro, mi occupo della manutenzione. Forte della mia esperienza, cerco di incoraggiare sempre i nostri ospiti a non mollare mai, anche se hanno rovinato parte della loro vita. Adesso so che l’amore di Dio è sempre più grande della nostra colpa. (altro…)
Dic 24, 2005 | Spiritualità
E’ Natale
Le vetrine dei negozi sono addobbate a festa, palle dorate, piccoli alberelli di Natale, offerte di regali preziosi. Le strade la notte brillano di stelline cadenti o di stelle comete; gli alberi che costeggiano i marciapiedi con i rami carichi di lucette rosse o blu o bianche creano viali dall’atmosfera surreale… C’è aria d’attesa. Tutti vi sono coinvolti…
Natale non è solo un ricordo tradizionale: la nascita di quel bambino 2005 anni fa… Natale è vivo! E non solo nelle chiese con i presepi, ma tra la gente per il clima di gioia, di amicizia, di bontà che ogni anno crea. Eppure ancor oggi il mondo è sconvolto da enormi problemi: la povertà fino alla fame, il terremoto in Pakistan, decine di guerre, il terrorismo, l’odio tra etnie, ma anche fra gruppi e fra persone… Occorre l’Amore. Occorre che Gesù ritorni con potenza. Gesù Bambino è sempre l’immenso dono del Padre all’umanità, anche se non tutti lo riconoscono. Noi dobbiamo offrire anche per loro il nostro ringraziamento al Padre. Dobbiamo festeggiare il Natale e rinnovare la nostra fede nel piccolo bambino-Dio venuto a salvarci, a creare una nuova famiglia di fratelli uniti dall’amore, estesa su tutta la Terra. Guardiamoci attorno… Che quest’amore si rivolga a tutti, ma in particolare a chi soffre, ai più bisognosi, a quanti sono soli, poveri, piccoli e malati… Che la comunione con loro d’affetto e di beni faccia risplendere una famiglia di veri fratelli che festeggia insieme Natale e vada oltre. Chi potrà resistere alla potenza dell’amore? Alla luce del Natale facciamo gesti, suscitiamo azioni concrete. Saranno rimedi ai mali che sembrano piccoli, ma applicati su vasta scala potranno essere luce e soluzione ai gravi mali del mondo. Chiara Lubich (altro…)