Ott 11, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Domenica 22 ottobre 2006 -ore 15,30
“Porte aperte al Polo Lionello”
Dedicato a tutti coloro che vorranno visitarci e, in modo particolare, agli abitanti di Incisa, del Burchio e del territorio circostante Lunedì 23 ottobre 2006
Incontro con le istituzioni regionali ed il mondo economico del territorio per promuovere conoscenze e sinergie
(ad invito) Mercoledì e giovedì 25/26 ottobre 2006
Seminari multidisciplinari di formazione per amministrazione pubblica e imprese private
(gratuiti, su prenotazione) Per dettaglio corsi: www.pololionello-formazione.it Venerdì 27 ottobre 2006 – ore 10 Salone San Benedetto – Cittadella Internazionale di Loppiano – Incisa in Val d’Arno
Convegno: “Segni di fraternità in economia”
Il convegno intende approfondire l’Economia di Comunione e il suo progetto nei vari ambiti. Relatori: Dott.ssa Vera Araujo sociologa Centro Studi Movimento dei Focolari Prof.ssa Adriana Cosseddu docente di diritto penale commerciale, Università di Sassari Prof. Luigino Bruni docente di Economia Politica, Università Milano Bicocca ore 15 Tavola rotonda di approfondimento e conoscenza con esponenti di diverse realtà del mondo economico, cooperativo, sociale italiano ore 21 Intrattenimento musicale Sabato 28 ottobre 2006 – ore 15.30
Momento inaugurale al Polo Lionello, località Burchio
(su invito) e al Salone San Benedetto di Loppiano in collegamento audio/video (accesso libero) Saluto dei rappresentanti della Cittadella di Loppiano e del Consiglio di Amministrazione dell’E. di C. spa Videopresentazione delle aziende insediate al Polo Intervento del Prof. Stefano Zamagni ordinario di Economia Politica, Università di Bologna Saluto delle istituzioni nazionali e regionali Messaggio della fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich Scopertura della targa inaugurale (altro…)
Ott 9, 2006 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Testimoniare il Risorto è vocazione della Chiesa nel suo insieme. Ma nelle sfide complesse di oggi emerge il ruolo dei laici cristiani e la loro peculiare esperienza. Cosa si augura emerga dal convegno? «Mi auguro che emerga la figura di un laico cristiano, mi permetta la provocazione, che abbia la spina dorsale di mettere in pratica il titolo stesso del convegno, capace cioè di essere testimone credibile del Risorto mediante una vita rinnovata e capace di rinnovare il mondo. La speranza è un dono ricevuto che deve essere coltivato, fatto crescere e portato coraggiosamente in ogni settore del vivere civile, sociale e culturale, cioè nello spazio di azione proprio in cui vive e opera il laico cristiano Il convegno sarà intessuto di relazioni, lavoro nei gruppi di studio,visita e parola del papa. Ma da quello che lei ha intuito, quali note potranno caratterizzarlo? «Al centro di tutto c’è un protagonismo ecclesiale senza precedenti, grazie anche all’ulteriore slancio missionario che la Chiesa in Italia ha avuto negli ultimi dieci anni a partire dal convegno di Palermo nel ’95, attraverso la capillarità del Progetto culturale e le indicazioni degli Orientamenti pastorali dei vescovi Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. La Chiesa italiana di oggi è una Chiesa che vuole spendersi dentro la storia. Essa deve mostrarsi come luogo di illuminazione dell’esistenza e di apertura verso orizzonti nuovi di speranza; nonché come realtà istituzionale nella quale tale speranza diventa progetto ed esperienza. La verità cristiana, che si invera storicamente nell’esperienza di comunione dei credenti, è infatti capace di dare orientamento nuovo e autorevole – al di là delle “opinioni” diffuse – alla vita e all’ethos individuale e collettivo. Su queste convinzioni si inserisce con luminosità e forza il magistero del Santo Padre Benedetto XVI, che ci chiama a vivere la fede nella gioia e a testimoniarla a tutti nella sua ragionevolezza. Siamo certi che la sua parola a Verona darà ulteriore alimento a questa consapevolezza». Il convegno è un’occasione privilegiata di partecipazione e corresponsabilità. In quale senso potrà essere vissuto come il camminare dell’intero popolo di Dio all’insegna della comunione? «Il convegno di Verona non si può ridurre alle sole relazioni o ai confronti comunitari. Il cammino della comunità ecclesiale in Italia verso Verona si colloca all’interno di questa dinamica e, in particolare, all’interno di una coscienza di Chiesa che esige di impegnarsi sul fronte di una più chiara identità della fede e su quello di un più coraggioso slancio missionario. Al convegno ecclesiale di Palermo, si chiese un salto di qualità congiungendo una più intensa spiritualità e una più coraggiosa presenza di Chiesa nelle vicende della storia: contemplazione e missione, appunto. «Si tratta di fare passi avanti in questa direzione, con maggiore attenzione da una parte alla fonte della identità e della testimonianza, che è la persona di Cristo, e dall’altra alla condizione culturale di cambiamento in cui ci troviamo a rendere testimonianza. Questa prospettiva missionaria e testimoniale costituisce il terreno più solido per edificare la comunione tra le varie componenti ecclesiali». Testimoniare il Risorto è vocazione della Chiesa nel suo insieme. Ma nelle sfide complesse di oggi emerge il ruolo dei laici cristiani e la loro peculiare esperienza. Cosa si augura emerga dal convegno? «Mi auguro che emerga la figura di un laico cristiano, mi permetta la provocazione, che abbia la spina dorsale di mettere in pratica il titolo stesso del convegno, capace cioè di essere testimone credibile del Risorto mediante una vita rinnovata e capace di rinnovare il mondo. La speranza è un dono ricevuto che deve essere coltivato, fatto crescere e portato coraggiosamente in ogni settore del vivere civile, sociale e culturale, cioè nello spazio di azione proprio in cui vive e opera il laico cristiano.Modelli di laici cristiani capaci di vivere l’anelito alla santità non ne mancano: basta scorrere i testimoni del Novecento indicati dalle regioni ecclesiastiche. Laici del calibro di Giovanni Palatucci, Rosario Livatino, Annalena Tonelli, Vittorio Trancanelli e altri. Testimoni di santità laicale che con la loro vita, il loro stile e le loro azioni hanno riscritto pagine moderne e affascinanti di Vangelo». Il termine speranza, presente nel titolo, rimanda soprattutto ai giovani. Che ruolo giocheranno le nuove generazioni a Verona? «I giovani per la Chiesa italiana, e mi creda che non è una frase fatta, sono e saranno sempre il prezioso germe del futuro della comunità cristiana che è in Italia.Non mi riferisco solamente al popolo delle Giornate mondiali della gioventù. Quella è solo la punta di un iceberg. Penso ai ragazzi impegnati in parrocchia, nell’associazionismo, nei movimenti ecclesiali, e in tutti i contesti del vivere civile e sociale. Essi stessi nella Chiesa italiana sono “generatori” di speranza perché dimostrano una spiccata sensibilità e disponibilità ad intraprendere, alla sequela di Cristo, cammini di fede esigenti e impegnativi. Questa energia positiva però non è infinita e ogni tanto bisogna ricaricare le batterie per ripartire con slancio. «Per i giovani italiani il convegno di Verona servirà a questo, anche perché si colloca, provvidenzialmente, all’inizio di un percorso triennale pensato dai vescovi per loro.Un percorso formativo articolato, segnato anche da appuntamenti a livello nazionale e internazionale: nel 2007 il grande incontro nazionale a Loreto, nel 2008 la Gmg di Sydney e nel 2009 un evento significativo realizzato però nelle realtà locali». Dal convegno di Palermo ad oggi sono cresciuti la presenza e l’apportodei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. Quali prospettive possono aprirsi per loro con l’assise veronese? «Negli ultimi anni abbiamo vissuto una nuova stagione di convergenza tra le diverse aggregazioni che compongono il mondo laicale cristiano. Le tensioni, che in passato avevano a volte pesato sul cammino ecclesiale, hanno lasciato il passo, più che a uno stile di pacifica convivenza, a un nuovo rapporto di stima e di collaborazione tra le associazioni e i movimenti stessi e tra aggregazioni ecclesiali e realtà parrocchiali e diocesane nel pieno rispetto dei carismi di tutti. «Da Verona si possono aprire prospettive nuove di fraternità, di unità e di forte convergenza, come avvenuto di recente in occasione del referendum sulla legge 40, per rendere il contributo dei cattolici al bene comune sempre più forte e incisivo. Questo convergere convinto e fecondo delle aggregazioni sul piano della presenza dei cattolici nel Paese è una verifica importante di come la comunione ecclesiale si vada radicando nel comune servizio al Vangelo, pur nel rispetto dei carismi e anzi valorizzandoli per la comune edificazione». a cura di Paolo Loriga – Città Nuova N. 19/2006 (altro…)
Ott 8, 2006 | Dialogo Interreligioso
“Facciamo di ogni ostacolo una pedana di lancio per una fraternità più profonda”. E’ l’invito che Chiara Lubich rivolge alle sorelle e ai fratelli musulmani, amici del Movimento, attraverso una lettera della Segreteria del dialogo interreligioso dei Focolari. Mentre si esprimono gli auguri per l’inizio del mese di Ramadan, periodo di digiuno e di preghiera per tutto il mondo islamico, in questa lettera viene lanciata una proposta: “Unirsi, cristiani e musulmani, che in vario modo condividono la spiritualità dei Focolari, in una giornata di preghiera e di digiuno per la pace. Questa giornata potrebbe essere l’ultimo venerdì di Ramadan, che quest’anno cade il 20 ottobre, come lo propongono già altre organizzazioni, al fine di promuovere una giornata di dialogo islamo-cristiano”. La preghiera e il digiuno saranno fatti da ciascuno secondo la propria religione, mentre tutti si ritroveranno uniti nell’intenzione di questa giornata e, quando è possibile, nella gioia di incontrarsi per momenti di scambio e di amicizia. Questa proposta si ispira all’iniziativa promossa per la prima volta da Papa Giovanni Paolo II, dopo i tragici attentati dell’11 settembre 2001. L’augurio è che, anche con questa iniziativa, “quest’anno, più che mai, il mese di Ramadan sia occasione di incontro nello spirito di fraternità, anche con cristiani, persone di altre religioni, o di altre convinzioni”. (altro…)
Ott 3, 2006 | Focolari nel Mondo
Arriva una richiesta di aiuto non prevista dai grandi progetti di una banca internazionale di sviluppo del Sud America: in risposta nasce il “ Piano Speranza”, progetto sociale che assumerà vaste dimensioni. Dieci anni fa ho cominciato a lavorare in una Banca internazionale di sviluppo, che ha un raggio di azione in tutto il Sud America, compreso il Brasile. All’inizio la Banca era specializzata in credito per infrastrutture: costruzione di strade, di centrali idroelettriche e altri grandi progetti. Con i fondi provenienti dagli utili si concedevano crediti non rimborsabili per studi macroeconomici e per la valutazione di impatto ambientale. Dopo un anno di lavoro, ho ricevuto la visita di alcune persone molto umili, sfinite, dopo un lungo viaggio. Ho letto il loro progetto con la richiesta di finanziamento, ma subito mi sono resa conto che non corrispondeva al tipo di progetti previsti dalla banca. Semplicemente avevano bisogno di un aiuto per sopravvivere. Vivevano in una zona vicina alla frontiera con il Perù. A causa della guerra nessuno prestava loro attenzione. Guardandomi con gli occhi pieni di speranza, mi hanno detto: “Sappiamo che lei può aiutarci”. Mi è nata dentro una preghiera: “Dio mio, aiutami ad aiutarti in questi fratelli”. Non sapevo da che parte incominciare. L’unica persona che avrebbe potuto fare qualcosa era il Presidente Esecutivo. Veniva spesso in Ecuador. Alla sua prima visita gli ho mostrato, come sempre, i grandi progetti realizzati e alla fine gli ho detto: “Ho qualcosa di specialissimo da proporti”. Gli ho mostrato le due pagine e gli ho parlato del progetto. Alle sue obiezioni gli ho lanciato una proposta: “Facciamo un’eccezione. Fammi lavorare su questo progetto. E’ un progetto sociale, ma piccolo, piccolo”. “Ma questo vuol dire che devo assumere persone che lo seguano e questo non posso farlo” ha replicato. “Me ne occupo io” – ero decisa – “Dammi solo il permesso per l’eccezione e al resto ci penso io”. “Va bene” – ha concluso – “che sia un’eccezione”. Molto contenta, sono partita verso la frontiera e abbiamo cominciato a lavorare sul progetto. Poi sono andata a parlare con il Presidente della Conferenza Episcopale e con tutti i Vescovi. Hanno accettato immediatamente. Ho proposto loro: “A questo punto dobbiamo parlare con il Presidente della Repubblica”. Ci siamo messi d’accordo, abbiamo chiesto un appuntamento e siamo andati a presentargli la proposta del progetto sociale. E’ rimasto un po’ sorpreso, ma ha approvato. Grazie ai fondi ricevuti, abbiamo potuto realizzare ospedali psichiatrici, un altro ospedale per persone con malattie incurabili, abbiamo lavorato molto con gli indigeni per procurar loro l’acqua, siamo intervenuti nelle scuole su tutto il territorio nazionale. E’ nato così il “Piano Speranza”. A breve è seguito il “Piano Speranza 2”. Ultimamente, l’esperienza vissuta è andata oltre, e un governo europeo ha affidato alla nostra istituzione il fondo per la conversione del debito estero per sviluppare progetti nell’area educativa e sociale. Nel 2000 le Nazioni Unite hanno proposto come obiettivi da realizzare per l’infanzia nei prossimi dieci anni l’alfabetizzazione e l’educazione dei bambini tra gli 0 e i 15 anni in tutti i Paesi sottosviluppati. Stiamo continuando a lavorare perché questa meta si raggiunga davvero. (C. C. – Ecuador) (altro…)
Ott 3, 2006 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Nel cammino di preparazione al 4° Convegno Ecclesiale nazionale di Verona c’è stato il pieno coinvolgimento delle Chiese locali e dei diversi organismi e soggetti ecclesiali. Il loro contribuito si è concretizzato con l’invio di relazioni di sintesi che mettono in luce il volto di una Chiesa che si interroga sulla dimensione culturale della fede e alle sfide che riguardano da vicino l’uomo che vive e lavora in una società sempre più complessa. Di seguito il documento elaborato dal Movimento dei Focolari.
Introduzione
“Testimoni di Gesù Risorto speranza del mondo” è l’attraente identità che la Chiesa cattolica in Italia pone innanzi ai suoi membri in occasione del suo IV Convegno Ecclesiale Nazionale. La scelta di un tale traguardo trae motivo senz’altro dall’intima convinzione che il Risorto è “la” speranza che Dio offre al mondo, ma anche dalla consapevolezza che i cristiani devono trovare vie nuove per farlo conoscere ed amare dalla nostra società sempre più secolarizzata e pur assetata di divino. Riteniamo che la presenza di “Gesù in mezzo ai suoi”, come viene intesa e vissuta nella spiritualità dell’unità caratteristica del nostro Movimento, può contribuire al cammino della Chiesa in Italia nell’attuale momento storico. Dove Cristo si rende presente nella reciprocità dell’amore non soltanto si dinamicizza la vita ecclesiale, ma si fa pure strada una realtà antropologica qualitativamente nuova che intercetta le aspirazioni più profonde di ogni persona umana ed è, allo stesso tempo, intimamente legata a Cristo. Vengono superate – come avvenne nelle prime comunità cristiane (cf. At 4,32; Gal. 3,28) – barriere sociali, culturali, razziali. Si fa l’esperienza di essere uno nella distinzione e distinti nell’unità, liberi ma non soli, in comunione con gli altri ma pienamente se stessi, ad immagine delle Persone della S.S. Trinità la cui vita da sempre è iscritta come anelito in ogni cuore umano, ma che senza il dono della Grazia, fuori del raggio d’azione del Risorto, non riusciamo a realizzare.
Il nostro contributo si articola in tre parti: 1. Partecipazione del Movimento dei Focolari al cammino di preparazione al Convegno 2. Riflessione teologica 3. Indicazioni sugli ambiti di testimonianza
1. Partecipazione del Movimento dei Focolari al cammino di preparazione al Convegno
Nell’anno 2005-2006 i membri del Movimento dei Focolari hanno particolarmente approfondito un punto centrale della spiritualità dell’unità: “Gesù crocifisso e abbandonato”. Nella prospettiva del Convegno di Verona esso è apparso di particolare attinenza e importanza per l’imprescindibile legame fra la morte e l’abbandono di Cristo in croce e la presenza del Risorto nella Chiesa. Siamo chiamati a dare testimonianza del Crocifisso/Risorto. Alcune specifiche iniziative a livello nazionale e locale sono state: 1. In ottobre 2005 riunione con i delegati zonali italiani del Movimento dei Focolari (ogni zona comprende una o più regioni italiane) per informarli del cammino di preparazione in corso, delle sue tappe, sottolineando fra l’altro l’importanza del coinvolgimento a livello diocesano, seguendo le indicazioni degli Ordinari diocesani. Vari membri del Movimento sono in effetti delegati delle Regioni Ecclesiastiche e Diocesi. 2. Presentazione del Convegno Ecclesiale nelle Mariapoli e altri incontri del Movimento per una opportuna sensibilizzazione dei membri. 3. Preparazione e pubblicazione del libro “Egli è vivo! La presenza del Risorto nella comunità cristiana”, a cura dell’Editrice Città Nuova, quale contributo a carattere teologico-spirituale per il Convegno. 4. Collaborazione nella organizzazione dell’evento preparatorio di Rimini su “Lavoro e festa”. Un nostro delegato il dott. Giuseppe Sbardella ha fatto parte del comitato organizzativo nazionale presso l’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro. Il prof. Bruni e il dott. Frassineti sono intervenuti come relatori in una della tavole rotonde dell’evento. E’ stato allestito uno stand sull’economia di comunione. Il complesso musicale Gen Verde ha partecipato a una delle serate artistiche. 5. Due convegni promossi dal Movimento dei Religiosi dell’Opera di Maria (Mov.dei Focolari) d’intesa con il Consiglio CISM Triveneto, sui temi: “Dall’individuo alla reciprocità” Verona 26 marzo 2006; “Testimoni del Risorto” Cadine (TN), 21-26 agosto 2006. top
2. Riflessione teologica
«Egli è Vivo!» (cf. Mc 16, 11; Lc 24, 5.23; At 1, 3). È l’annuncio inaudito che al mattino di Pasqua le donne, piene di stupore, corrono a portare agli apostoli ancora increduli. «Gesù è Risorto!». È il grido gioioso che irrompe con forza travolgente dal cuore delle comunità cristiane nascenti e che presto riecheggia ovunque. «Gesù è Risorto! Egli è Vivo!». Come rimanere indifferenti a un tale annuncio, spesso sigillato dai primi cristiani a prezzo del loro sangue? «Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto» (1 Gv 4, 16). «Così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita» (Benedetto XVI, Deus caritas est, 1). Egli crede perché lui pure ha “visto”, ha avvertito la straordinaria presenza del Risorto sempre vivo nella sua Chiesa e vi ha riconosciuto l’amore infinito di Dio per lui e per tutti noi. «E noi abbiamo creduto all’amore». In piena seconda guerra mondiale, a Trento, Chiara Lubich e le sue prime compagne avevano scelto questo versetto della prima lettera di Giovanni come scritta per l’unica tomba in cui venire sepolte nel caso fossero morte sotto i bombardamenti. Folgorate dalle parole rivolte a Chiara da un giovane sacerdote: «Dio ti ama immensamente», esse avevano trovato in questo centro della fede cristiana la ragione della loro vita e più ancora la loro vera e nuova personalità. Ma come ricambiare nel migliore dei modi – dato che presto avrebbero potuto morire per via della guerra – l’immenso amore di Dio da cui, per una grazia singolare, si sentivano avvolte? Il Vangelo rispose a questo loro ardente desiderio indicando il comandamento nuovo di Gesù: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 13, 34; 15, 12). L’attuarono senza mezzi termini ed ecco una nuova meraviglia: quel Dio che avevano scelto e che pensavano al di là delle stelle, lo percepivano ora, con i sensi dell’anima, presente nel loro piccolo gruppo. Era lui, Gesù, il Risorto che si faceva sentire adempiendo la sua promessa: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20). E la gioia fioriva spontanea e con essa la luce e la pace e la forza. Come un tempo ai discepoli di Emmaus, il Risorto spiegava ora ad esse le Scritture, accendeva nei cuori una fiamma e le spingeva a nutrirsi di lui, anche quotidianamente, nel pane eucaristico. Nasceva in questo modo la spiritualità dell’unità così vicina alla spiritualità di comunione che, a conclusione dell’anno giubilare, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha voluto dare a tutta la Chiesa quale impegno programmatico per il nuovo millennio (NMI 42-45). Essa può contribuire all’attuazione di quella “ecclesiologia di comunione” che è “l’idea centrale e fondamentale nei documenti del Concilio” . La comunione “incarna e manifesta l’essenza stessa del mistero della Chiesa. Essa è il frutto e la manifestazione di quell’amore che, sgorgando dal cuore dell’eterno Padre, si riversa in noi attraverso lo Spirito che Gesù ci dona (cf Rm 5,5), per fare di tutti noi « un cuore solo e un’anima sola » (At 4,32)” (NMI 42). Sin dalle prime righe della Lumen Gentium la Chiesa viene definita per la presenza di Cristo in essa come “il sacramento” ossia “il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (n.1). Cristo l’ha fondata ed è oggettivamente presente in essa tramite la Parola e i Sacramenti, nonostante le nostre infedeltà. Se tuttavia noi cristiani sapremo vivere uniti nell’amore come Lui vuole, allora la luce che emana dalla sua presenza brillerà con maggiore splendore sui nostri volti ed essa potrà essere vista da tanti, da tutti. Gesù lo attesta nel Vangelo di Giovanni: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35) e “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). La nostra comunione fraterna in Dio è la condizione sine qua non perché Cristo possa essere riconosciuto e creduto. Di qui il monito di Giovanni Paolo II: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo” (NMI 43). Esso riecheggia quello del Concilio sulle “presenti condizioni del mondo che rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente congiunti da vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire la piena unità in Cristo” (LG 1). Moltiplicare l’esperienza della presenza del Risorto, là dove due o più sono riuniti nell’amore vicendevole, è una via particolarmente efficace per rispondere a tali attese. Il carisma che Dio ha dato a Chiara Lubich è incentrato su questa presenza e getta luce sullo stile di vita ad essa confacente. Esso ha già risposto alle esigenze più profonde di decine di migliaia di cristiani, per lo più laici, alcuni dei quali sono ora passati all’altra vita in concetto di santità. Si tratta di vivere concretamente il primato della carità, secondo l’invito di san Pietro: “Soprattutto conservate tra voi una grande carità” (1 Pt 4, 8), soprattutto e cioè prima di tutto (“ante omnia mutuam et continuam caritatem habentes” – Vulg). Se alla base delle opere caritative, dell’apostolato, della catechesi, della liturgia ponessimo sempre il vicendevole amore, in cui si riceve la Parola di Dio e che è il frutto primo dell’Eucarestia, non saremmo più noi ad agire, testimoniare, insegnare, pregare, celebrare, ma sempre Gesù in noi. Ove è la carità ivi è Cristo nel cristiano e ove la mutua carità ivi è Cristo tra i cristiani. E la sua presenza, specie se tra due o più, è luce. Essa darebbe una singolare efficacia a tutte le nostre attività. Si tratta di non conoscere altro se non Cristo e questi crocifisso (cf 1 Cor 2,2) , di avere in sé i suoi medesimi sentimenti (cf Fil 2,5) e di conseguenza di stabilire dei rapporti di amore scambievole che siano in terra un riflesso della vita del Cielo, una partecipazione alla vita trinitaria: “che siano uno come io e te” (cf Gv 17,21). Nella sua lettera apostolica Novo Millennio Ineunte Giovanni Paolo II ci ha invitati tutti a “ripartire da Cristo” (NMI 29), a contemplare il suo volto, dolente e insieme risorto, per poi lasciarci ispirare nel nostro cammino ecclesiale e nelle programmazioni pastorali dal suo comandamento nuovo (cf NMI 42). Fedeli alla spiritualità dell’unità cerchiamo di offrire alla Chiesa in Italia il nostro contributo per rispondere tutti insieme a un tale invito. Questo proposito è stato ulteriormente incoraggiato dalla prima enciclica di Benedetto XVI nella quale egli ha desiderato parlare dell’amore, di Dio amore e dell’amore nostro come risposta al suo. “In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto” (Deus caritas est 1). Ne siamo profondamente convinti. All’indomani del Concilio, Karl Rahner sosteneva che la riscoperta della centralità dell’amore del prossimo nella vita cristiana o, meglio ancora, la sintesi dell’insieme del mistero cristiano dal punto di vista della carità poteva essere la via privilegiata all’esperienza di Dio nel nostro tempo . Riprendendo e ampliando questa intuizione, Walter Kasper auspicava l’avvento di una nuova spiritualità che avrebbe congiunto nell’unità dell’amore di Dio e del prossimo la più grande fermezza possibile della fede alla più grande apertura sul mondo. Egli vedeva in una tale spiritualità del futuro la vera risposta al travaglio della Chiesa postconciliare “tesa tra una apertura che la disintegra in un umanesimo vago e generico ed una fermezza sclerotizzata che sopravvive senza possibilità di comunicazione accanto ai problemi dell’umanità attuale” . Dal 1989 è operante presso il Centro del Movimento dei Focolari la “Scuola Abbà”, laboratorio interdisciplinare di pensiero consacrato allo studio della ricchezza dottrinale del carisma dell’unità e delle sue molteplici implicazioni per la comprensione e l’esercizio delle diverse discipline scientifiche. Negli ultimi anni si stanno inoltre delineando, in seno al Movimento e in dialogo con esponenti qualificati del mondo della cultura, luoghi di elaborazione e linee di approfondimento in distinti campi disciplinari (teologia, filosofia, economia, politologia, psicologia, diritto, pedagogia, ecc.). Tali linee contribuiscono a rafforzare il nostro impegno di cristiani laici, con cui cerchiamo di informare dello spirito di comunione i vari ambiti della società. Molti vi hanno trovato una via per rispondere alla chiamata alla santità, “trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (LG 31). Non si tratta solo di un impegno individuale, perché si cerca di creare delle cosiddette “cellule d’ambiente” per stabilire la presenza di Gesù in mezzo e portare Cristo in mezzo alla società. Ci sembra una via importante anche per il dialogo con la o le culture contemporanee. Infatti molti non credenti o indifferenti, che rimarrebbero del tutto ermetici ad un discorso prettamente religioso, rimangono invece affascinati dalla novità – anche culturale – che uno stile di vita, fraterno e trinitario, può portare nei vari ambiti della società e in diverse discipline. top
3. Indicazioni sugli ambiti di testimonianza
Per ognuno degli ambiti individuati dalla Traccia di riflessione proponiamo alcuni spunti di riflessione e indicazioni. Vita affettiva Lavoro e festa Fragilità umana Tradizione Cittadinanza
Vita affettiva
Ci soffermiamo in particolare sulla famiglia. La grazia del sacramento del matrimonio aiuta l’attuazione del comandamento dell’amore reciproco che, se vissuto con radicalità evangelica, attira la presenza di Gesù anche tra gli sposi. Questo fa della famiglia una cellula viva della società e una piccola chiesa, capace di fecondità non solo biologica, ma spirituale e sociale; testimone autorevole e credibile della presenza del Risorto oggi, nel quotidiano di ogni persona, in tutte le culture, in tutti gli ambiti di attività che le competono: l’educazione, il lavoro, la cura dei piccoli e dei deboli, la solidarietà, l’esercizio dei diritti civili. E’ questa l’ esperienza di “Famiglie Nuove”, diramazione del Movimento dei Focolari. Organizzate in gruppi locali seguiti da una coppia matura e preparata, le “Famiglie Nuove” svolgono una formazione spirituale che si ispira alla “spiritualità di comunione”. L’impegno principale è di vivere la Parola di Dio nel proprio contesto e lo scambio delle conseguenti esperienze di crescita a tutti i livelli. La partecipazione in coppia è sempre sostenuta dall’impegno personale richiesto a ciascun coniuge, per essere pronti ad amare per primi negli inevitabili momenti di difficoltà. Organizzano attività di solidarietà e praticano tra loro una libera comunione di beni. Partecipano periodicamente a momenti di incontro a livello nazionale o internazionale, in cui approfondire la spiritualità del Movimento e sperimentare l’ampiezza del respiro della Chiesa. Vengono svolti corsi per fidanzati, scuole per famiglie, week-end per adolescenti, approfondimenti sulla comunicazione di coppia, sull’educazione dei figli, sulla sessualità, sul sacramento del matrimonio. Questi incontri offrono il contributo scientifico di esperti e uno spazio riservato alla condivisione del vissuto delle famiglie, in un equilibrio tra prospettive culturali e dimensione esperienziale sempre molto apprezzato dai partecipanti. Tali iniziative risultano occasioni di contatto anche con persone in ricerca o anche non credenti, interessate agli argomenti trattati, che spesso restano in contatto per un maggiore approfondimento. I frutti sia sul piano ecclesiale sia sul piano civile sono copiosi: ne è stata prova il Familyfest 2005, multi-congresso che si è svolto in contemporanea in 24 città italiane (vi hanno partecipato complessivamente 38.000 persone). In esso sono state proposte riflessioni su temi centrali per la vita cristiana, comunicati percorsi per una crescita nella fede, presentati progetti di iniziative di promozione comunitaria e sociale. top
Lavoro e festa
Il lavoro e la festa hanno in comune un elemento fondamentale: per essere attività pienamente umane hanno bisogno di gratuità. Il lavoro diventa fioritura umana e non alienazione quando l’attività lavorativa è vissuta come espressione profonda di sé, come dono agli altri, per e con gli altri. La festa da svago alienante diventa momento fondativo e costruttivo della comunità quando da sfogo egoistico e narcisistico (come spesso oggi la società dei consumi la concepisce), diventa momento rinsaldante del legame sociale e comunitario. La festa, come il lavoro, hanno poi un altro elemento in comune: sono attività umane che hanno in loro stesse la loro ricompensa. Anche in questo senso hanno bisogno di gratuità. Un lavoro che fosse solo un mezzo per guadagnarsi da vivere e non anche un momento in sé costruttore di identità individuale e sociale, sarebbe solo una maledizione per l’uomo. Invece, nella visione cristiana, il lavoro è un momento alto dell’umano perché mentre si lavora si partecipa all’attività creatrice di Dio. La festa è proprio l’archetipo delle motivazioni intrinseche. La festa non ha un valore strumentale, non è mezzo per altro, ma il fare festa insieme esprime l’esser parte di un destino comune, l’essere famiglia, l’essere comunità. Non c’è quindi festa senza gratuità: senza ci può essere solo svago o divertimento, ma la festa è qualcosa di più e di diverso. Per questa ragione, i due concetti – lavoro e festa – hanno bisogno l’uno dell’altro, si richiamano e danno senso a vicenda. Non c’è autentica festa senza aver prima o dopo lavorato. E’ il tempo del lavoro che dà senso, ritmo e bellezza alla festa – ecco perché non è mai festa piena quando in una famiglia non c’è lavoro ma disoccupazione. E, d’altra parte, senza la festa il lavoro diventa schiavitù dell’efficienza e del dio profitto. Infine, sia il lavoro che la festa sono attività sociali e relazionali: non si festeggia da soli, né si lavora mai da soli. Sia il lavoro che la festa oggi sono sottoposte a sfide radicali e profonde. In realtà la storia dell’umanità ha vissuto il rapporto festa-lavoro in modo complesso e spesso doloroso. Dove non c’è rispetto per l’uomo e la donna che lavora non c’è festa; dove non c’è spazio che per il lavoro – fosse anche un lavoro iper qualificato e stra-pagato – non c’è festa. La domenica, allora, non è solo il momento del non-lavoro, ma diventa il momento della gratuità, della socialità, della coltivazione e della creazione dei beni relazionali. E anche per questa ragione va protetta dal lavoro per servire il lavoro. Nella prassi sociale del Movimento dei Focolari il lavoro è stato sempre vissuto come dono, come espressione di gratuità. In particolare l’esperienza dell’Economia di comunione, nata quindici anni fa, è a questo riguardo una testimonianza concreta su come conciliare armoniosamente lavoro e festa. Se l’economia si apre alla comunione, all’interno e all’esterno della comunità aziendale, allora i beni relazionali non si oppongono ai beni economici, ma gli uni integrano e rafforzano gli altri. top
Fragilità umana
Parlare di fragilità è parlare della verità più profonda dell’uomo: riconoscere, nell’esperienza della propria limitatezza, di non bastare a sé stessi; questo è il punto di partenza per aprirsi al dialogo, al rapporto con l’Altro, che accoglie e riempie il nostro limite, e con l’altro uomo che condivide pienamente questa condizione di limite. Tale riconoscimento della comune umanità è la chance per una esperienza di fraternità. Con questa consapevolezza, parlare della malattia, della disabilità fisica e psichica, della cronicità, della anzianità è riflettere su realtà prima di tutto eminentemente umane; realtà che anche comportando inevitabilmente dolore e sofferenza non gettano la persona nel non senso, ma la aprono alla possibilità di un’esperienza di solidarietà. La società edonista e utilitarista, nella quale ci troviamo a vivere, rifiuta come tabù le situazioni in cui l’uomo sperimenta la fragilità, la sofferenza, la morte; essa cerca di isolare chi è colpito e in taluni casi rifiuta accoglienza a chi, non ancora nato, mostra già i segni della malattia o a chi inesorabilmente si avvia, forse con grandi sofferenze, verso una morte che a volte tarda ad arrivare. Il non senso appare oscurando questa esperienza di dolore: l’uomo rimane solo. Instaurare un dialogo profondo con la cultura contemporanea è difficile perché questa mentalità dell’utile che misura e quantifica la qualità di vita sostituendola alla percezione della sua sacralità, è pervasiva e sembra essere la risposta più efficace, la soluzione meno onerosa per il singolo, per le famiglie, ma soprattutto per la società monadizzata, ammutolita di fronte al dolore e incapace di dare risposte di solidarietà e di giustizia. Accogliere la fragilità come espressione della propria e della altrui umanità si può, se ad essa si restituisce il senso; un senso che scaturisce in modo misterioso e prorompente dall’esperienza di Gesù Crocifisso e Abbandonato, che proprio nell’attimo del suo Grido è pienamente uomo, perché pienamente Dio: unico capace di spiegare l’incomprensibile. Testimoniare il Risorto in questo particolare ambito dell’esistenza umana è la sfida che vede protagonista chi riconosce Gesù presente nella propria esistenza e nella società; chi accoglie profondamente, prima di tutto la propria fragilità, senza distogliere lo sguardo da chi soffre, ma accompagnandolo nel dolore quotidiano sapendo che “qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me”; inserire colui che soffre in dinamiche vitali per farlo sentire parte della famiglia umana, protagonista all’interno di una dinamica di amore che allevia il dolore. L’esperienza del Movimento dei Focolari nell’accoglienza della malattia e della morte è costellata dalla testimonianza di tanti che, a qualunque età, hanno vissuto e vivono questi momenti fondamentali della propria vita nella confidenza totale nella provvidenza di Dio, tanto da cogliere il disegno d’Amore di Dio per la loro esistenza. Anche la professione medica e di tutti gli operatori sanitari diventa un momento di testimonianza di fraternità: tra colleghi, vincendo la tentazione dell’antagonismo arrivista, collaborando al progetto di umanizzazione della medicina in ottica olistica e personalista; e con i pazienti accolti, prima di tutto, come fratelli da amare e quindi come persone da soccorrere e curare mettendo in campo il massimo della propria professionalità e competenza. In questa ottica la società può e deve farsi carico della fragilità umana attraverso gli strumenti che le sono propri: una politica sanitaria fortemente attenta ai bisogni dei più fragili; il sostegno a realtà che nascono dalla società civile (associazioni di malati, associazioni di famiglie) che vivendo in prima persona le situazioni di disagio sanno portare le istanze di chi vive il bisogno, indirizzando le scelte politiche in modo più efficace; sostenendo una ricerca che dia serie garanzie di essere al servizio del vero bene dell’uomo; promovendo campagne di formazione e informazione che aiutino e mettano in atto vere politiche di prevenzione. La persona è in tal modo vera unità di misura dell’agire dei professionisti, dei politici, di tutti gli operatori e può cogliere, anche di fronte alla estrema dimostrazione del proprio limite e della propria fragilità, la possibilità di fare una esperienza veramente umana, da non maledire, ma da vivere fino in fondo, non nella solitudine, ma all’interno di spazi accoglienti di fraternità. top
Tradizione Per questo ambito offriamo alcune indicazioni riguardanti i mezzi di comunicazione sociale. Dalle tante e diverse esperienze nei vari mezzi di comunicazione che il Movimento dei Focolari vive da anni, sta nascendo una proposta per il rinnovamento della cultura mediale. Si tratta di una necessità ineludibile, in una società dove la globalizzazione crea una cultura che condiziona i processi educativi, i costumi sociali, lo sviluppo. Questa proposta si è incarnata in NetOne, una libera associazione di comunicatori di tutti i settori dei media, e si può riassumere in alcune “coppie di valori”. Empatia e positività – E’ essenziale vivere l’interazione comunicativa partendo dall’ascolto profondo dell’altro, dal condividere la realtà di ogni essere umano. Questi valori dimostrano che esiste un tipo di coinvolgimento disinteressato che non obbedisce a compromessi; una capacità di ascolto che permette di entrare nella notizia nella sua massima ampiezza senza piegarla a interessi di parte. Completezza e trasparenza – Perché l’offerta comunicativa sia davvero un servizio offerto a tutti, deve partire da un patto tacito di sincerità e lealtà con la società stessa; patto che esige completezza di tematiche senza restrizioni ideologiche; trasparenza di prospettive senza ricerche sensazionaliste e, in definitiva, completezza e trasparenza degli elementi necessari per il rispetto scrupoloso della realtà. Solidarietà e pluralismo – Valori che costituiscono la base per lo sviluppo corretto della società dell’Informazione. Lo sviluppo delle nuove tecnologie, invece di rappresentare un impulso alla diffusione generale dell’educazione e formazione professionale, sta divenendo in realtà un fattore di continua separazione tra i popoli. La giusta distribuzione delle risorse e il rispetto della diversità culturale, possono frenare sia il “colonialismo culturale” che la “frontiera digitale”, arrestando il processo di globalizzazione mediatica. La “mission” di NetOne si può in sintesi identificare nella risposta di un orizzonte di “cultura dell’unità” alla domanda di prospettive dell’attuale mondo dei media. Questo sta avvenendo da parte di molti comunicatori connessi al progetto. Essi cercano di iniettare senso, contenuti, etica professionale nel lavoro e nei rapporti, avviando un programma di formazione ed educazione di comunicatori e recettori. Un esempio può essere l’esperienza cinquantennale dell’Editrice Città Nuova, nata in Italia ma diffusa in tutto il mondo, un esempio significativo di identità editoriale non chiusa in se stessa, ma parte essenziale di una vocazione di servizio al dialogo sociale, culturale, politico e religioso. top
Cittadinanza E’ necessario imparare a guardare ognuna delle nostre città e comunità locali, a conoscerle, non come una semplice somma di tanti individui, non come l’intrecciarsi caotico di percorsi casuali, ma come composizione e ricomposizione di una comunità. E’ possibile allora intravedere un disegno, una vocazione che ha una storia, con radici profonde nel passato, che deve prendere vigore nel presente, ma che chiede soprattutto di poter esprimere le sue potenzialità. Ogni comunità evidenzia così la sua diversità e, più se ne approfondiscono gli elementi specifici, con questo sguardo d’amore, più si rivelerà per quello che è: un tassello necessario ed insostituibile alla composizione dell’unità della famiglia umana. Di fronte alla astrattezza e alla frammentazione di tanti progetti politici, la nostra azione politica, fondata su questo sguardo, si legittima pienamente sviluppando questo essenziale compito: operare affinché la nostra città, la nostra regione, la comunità nazionale o internazionale per cui lavoriamo, riscopra le proprie caratteristiche bellezze, gli obiettivi che insieme si possono realizzare per il bene comune, le risorse che si possono mettere a disposizione di altre comunità e popoli. Diventare cittadini a pieno titolo, capaci di guardare in faccia la realtà e allo stesso tempo di modificare il corso degli eventi, significa cominciare a progettare a partire da una scelta decisa per l’incontro con l’altro. Tutto questo valorizza e fa crescere la città in ciascuno degli attori sociali che la compongono: può nascere così un soggetto politico comunitario, protagonista, un “popolo” abituato a pensare in termini di “noi”, chiave che a volte può diventare il punto da cui sollevare situazioni senza uscita. Questa relazionalità non sarà escludente, ma aperta, se partirà dalla consapevolezza che ogni uomo è mio fratello e i rapporti in qualsiasi nostra comunità sono espressione della fraternità universale, che rende ogni relazione aperta e contagiosa, e più rafforza i legami e più si apre. Chi è cristiano, la fonda sulla esperienza della paternità di Dio e quindi della fraternità tra tutti gli uomini; chi non ha riferimenti religiosi, la trova inscritta nella dignità propria di ogni uomo. Alla luce della fraternità universale, si delineano processi politici che hanno caratteristiche specifiche. La fraternità universale produce una forte scelta contro ogni tipo di elité escludente, che riconosce che ogni cittadino è titolare del medesimo status democratico. La fraternità chiede di spostare l’enfasi dal rappresentante al processo relazionale tra il cittadino e il suo rappresentante, processo che fonda l’autorità di colui che riceve il mandato politico. Legata alla caratteristica di cui sopra, c’è un’altra dimensione costitutiva, quella della politica intesa come vocazione per tutti. Cittadini, studenti e studiosi, politici di ogni livello, funzionari e diplomatici sono ugualmente soggetti politici , ognuno con la sua specificità e responsabilità, ma necessari tutti, e che in relazione l’uno con l’altro, costruiscono scelte politiche realmente democratiche. Pur ai primi passi, la categoria della fraternità ha già aperto varie sperimentazioni. In questi anni, ad esempio, si è sviluppato il “Patto politico-partecipativo”, un’esperienza – flessibile nella metodologia – che rilegge alla luce della fraternità il rapporto politico fondamentale, quello tra i cittadini detentori della sovranità, e i loro rappresentanti. Questo rapporto è diventato un vero e proprio patto, vissuto per tutta la durata del mandato tra l’eletto e i cittadini del suo territorio, che collaborano a definire le priorità dell’agenda politica uscendo dai confini ristretti del proprio bisogno individuale. Con varie conseguenze. Nel costante dialogo tra eletti ed elettori che il Patto rende possibile, si arricchiscono i contenuti del dibattito politico e le proposte di regolazione che ne derivano, contenuti e proposte che in genere risultano “schermati”, allontanati cioè dal contributo dei soggetti più deboli da un punto di vista economico o culturale. Al Patto partecipano infatti cittadini di diversa competenza professionale, culturale e di differente stato sociale. Viceversa, ciò che accade abitualmente, il fatto di privilegiare il confronto tra specialisti o professionisti della politica che condividono un determinato status economico e sociale, non fa che rendere sempre più difficile la partecipazione a quanti ne sono esclusi, ostacolando o rallentando le politiche a loro più vicine. In questo modo, dato che chi ha titolo per partecipare al dialogo è il cittadino in quanto tale, a prescindere dal voto espresso e da altri specifici legami di appartenenza, il Patto apre nuovi spazi alla rappresentatività dei mondi sociali all’interno delle istituzioni, favorendo il contributo del maggior numero di soggetti sociali che hanno diritto di esprimersi sia riguardo a problematiche di tipo settoriale che generale. Ridare soggettività politica a tutti i membri della comunità ci sembra un elemento strutturale indispensabile per rimettere in moto le dinamiche bloccate delle nostre stanche democrazie. (altro…)
Ott 1, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Viviamo a Gela, sulla costa meridionale della Sicilia, originariamente una delle più importanti e belle città della Magna Grecia, ma intorno agli anni ’70, vittima di una crescita urbanistica disordinata e a dismisura come conseguenza dell’insediamento di un grosso impianto industriale per la raffinazione del petrolio e della produzione chimica. Qualche anno fa cercavamo una casa più grande per la nostra famiglia, cresciuta con l’arrivo dei tre figli, e abbiamo scelto di risiedere in uno dei quartieri di nuova formazione. Era chiamato “Fondo lozza” e mancava di tutto: la strada non era asfaltata e con la pioggia spesso si riempiva di fango; non c’era illuminazione pubblica; non esistevano la rete idrica, quella fognaria e alcun sistema di depurazione, con notevoli problemi igienici e sanitari; di servizi sociali e di trasporto pubblico neanche a parlarne. Pian piano abbiamo dato vita a un comitato spontaneo che ha coinvolto i circa tre mila abitanti del quartiere. Si è instaurato un rapporto nuovo con le istituzioni locali: tra le prime iniziative abbiamo inviato più di quattromila cartoline al sindaco con la richiesta di realizzare le primarie opere di urbanizzazione. Da lì è nato un colloquio che si è sostituito alla contrapposizione, fatta spesso di blocchi ferroviari violenti e di insulti, ma fondata sui diritti riconosciuti dalla costituzione e dalle leggi. Abbiamo instaurato innumerevoli rapporti con le famiglie, le assemblee e le riunioni di quartiere. La cosa non è passata inosservata: l’amministrazione regionale ha stanziato 5 miliardi di vecchie lire per il risanamento del quartiere. Successivamente l’amministrazione comunale ha approvato il piano di recupero urbanistico del quartiere e si sono potuti realizzare l’illuminazione pubblica, la rete idrica, l’impianto di depurazione e la pavimentazione delle strade. Il nostro comitato verificava quasi ogni giorno l’attività delle istituzioni locali: dalle deliberazioni iniziali, all’affidamento degli appalti delle opere, alla loro esecuzione. Infatti la costruzione della rete idrica e fognaria è stata ultimata grazie alla tenacia e alla tempestività con cui cittadini e amministratori hanno affrontato il problema della sostituzione dell’impresa costruttrice che nel frattempo aveva abbandonato i lavori per motivi di natura aziendale. Il sindaco di Gela, parlando agli abitanti del quartiere e riferendosi all’esperienza vissuta con loro, così si esprimeva: “Convivono due realtà che lavorano insieme per far crescere la funzione sociale nel quartiere; in questo modo si è potuto giungere a un risultato comune, che da un lato vi ha portato benefici, dall’altro ha dato la consapevolezza a chi amministra di avere fatto un po’ del proprio dovere per rendere più a misura d’uomo questa città.” E’ avvenuta una svolta nel quartiere: a livello culturale, sociale e metodologico. La società deve poter andare alla ricerca di ciò che unisce pensando che il problema “tuo” è in realtà di tutti. E adesso la nostra zona si chiama “Quartiere nuovo” anche per il rapporto realizzato tra due realtà spesso contrapposte tra di loro: i cittadini e l’amministrazione pubblica. (R. e C. G. – Sicilia) (altro…)
Ott 1, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Un ingegnere ungherese che ha ricevuto dal Ministero dell’Ambiente un riconoscimento per aver contribuito, con il suo lavoro, alla realizzazione della fraternità nella famiglia europea Lavoro al Ministero dell’ambiente ungherese ed una parte della mia attività ha riguardato la partecipazione alle trattative relative all’adesione del nostro Paese all’Unione Europea, in particolare per quanto si riferiva al problema dell’inquinamento acustico. Nella prima fase del processo di adesione dei nuovi 10 Paesi, si dovevano confrontare i propri standard di rilevamento acustico con quelli dell’Unione Europea, esponendo la situazione del proprio Paese. Fino al 2002 infatti non esisteva una legislazione comune, in ambito europeo, sull’inquinamento acustico. I vari Stati dell’Unione Europea, quindi, stabilivano con procedimenti diversi il grado di inquinamento e i modi per proteggersene. Alle volte però era possibile che venissero forniti dati non sempre corrispondenti alla realtà. Nel corso dei lavori ho notato che era ormai abitudine basare i rapporti sulla reciproca diffidenza. Continuavo a ripetermi: ”Se si vuole costruire l’Europa unita, non ci si deve fondare sulla sfiducia, ma sulla sincera accoglienza e sul reciproco scambio, perché l’Unione Europea – lo dice il nome stesso – vuole essere una comunità e non un consorzio di interessi.” Era l’idea originaria dei Padri fondatori, com’è indicato nello Statuto. Poi questi valori si sono persi nell’attuazione pratica o magari spesso non venivano affatto messi in atto. Mi sono chiesto: ”Ma io, adesso, cosa posso fare?” Prima di tutto ho manifestato queste perplessità ai colleghi ungheresi: “Io non aspiro certo a una famiglia europea che lavora in modo scorretto e mette in difficoltà i nuovi membri. E neanche intendo, come nuovo Paese dell’Unione Europea, imbrogliare gli altri Paesi sulla nostra situazione, magari nel modo più elegante possibile….” Nella fase successiva, durante le trattative tecniche con gli esperti dell’Unione Europea, ho cercato di evidenziare con sincerità anche i problemi che ancora persistevano. Come capo della delegazione ungherese, ho scelto di confrontarmi continuamente con i miei colleghi nel corso della riunione, per poter rispondere insieme alle domande. Questo nuovo stile è stato apprezzato da tutti e i colleghi dell’Unione Europea, già durante la pausa che seguiva alla nostra relazione, ci hanno proposto di tenere le riunioni successive in Ungheria. Ci siamo preparati ad accoglierli e a farli sentire parte di un’unica famiglia europea: il programma infatti, oltre alle informazioni tecniche, prevedeva visite di Budapest nei luoghi che meglio esprimono la nostra cultura. Anche grazie a questa ospitalità, le trattative si sono svolte nella comprensione reciproca durante le fasi successive. In particolare, abbiamo collaborato a una nuova regolamentazione dell’Unione Europea per l’inquinamento acustico ed è nata una soluzione che rispecchiava veramente il pensiero e le aspirazioni di tutti. Ho cercato di partecipare attivamente al processo legislativo, sfruttando tutte le occasioni e avendo sempre presente l’idea della fraternità. Il risultato finale ha messo in evidenza che gli Stati membri pongono al primo posto la reciproca responsabilità gli uni verso gli altri. La nuova regolamentazione infatti – tenendo conto delle caratteristiche di ogni Paese e lasciando piena libertà a ciascuno Stato – prescrive una forma unitaria per la misurazione, la raccolta dei dati e la presentazione dei risultati. In questo modo in Europa è possibile portare a termine verifiche e valutazioni a tutto campo sullo stato dell’inquinamento acustico. Sulla base della valutazione dei dati raccolti a livello europeo ci sono le premesse perché l’intera comunità cerchi insieme le soluzioni per territori sempre più inquinati. E’ un nuovo importante passo per costruire una vera comunità solidale. (M. B. – Ungheria) (altro…)
Set 30, 2006 | Parola di Vita
Lungo tutto il Vangelo Gesù invita a dare: dare ai poveri, a chi domanda, a chi desidera un prestito ; dare da mangiare a chi ha fame , il mantello a chi chiede la tunica ; dare gratuitamente …
Lui stesso ha dato per primo: la salute agli ammalati, il perdono ai peccatori, la vita a tutti noi.
All’istinto egoista di accaparrare oppone la generosità; all’accentramento sui propri bisogni, l’attenzione all’altro; alla cultura del possesso quella del dare.
Non conta se possiamo dare molto o poco. L’importante è il “come” doniamo, quanto amore mettiamo anche in un piccolo gesto di attenzione verso l’altro. A volte basta offrirgli un bicchiere d’acqua, un bicchiere d’acqua “fresca” , come precisa il Vangelo di Matteo, un’offerta particolarmente gradita e necessaria in un paese caldo e riarso come la Palestina.
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome (…), vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa»
Un bicchiere d’acqua, appunto, gesto semplice e grande agli occhi di Dio se compiuto nel Suo nome, ossia per amore.
E l’amore ha tutte le sfumature e sa trovare i modi più adatti per esprimersi.
È attento l’amore, perché dimentico di sé.
È premuroso l’amore, perché, scorta nell’altro una necessità, si fa in quattro per venirgli incontro.
È essenziale l’amore, perché sa accostare il prossimo anche solo con un atteggiamento di ascolto, di servizio, di disponibilità.
Quante volte, quando ci troviamo vicino a una persona, specie se sofferente, crediamo di renderle un gran servizio magari con i nostri consigli non sempre opportuni o con qualche chiacchiera di troppo…, che la può annoiare e appesantire.
Quanto importante invece è cercare di “essere” l’amore accanto a ciascuno! Troveremo la via diritta per entrare nel suo cuore e sollevarlo.
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome (…), vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa»
La Parola di vita di questo mese potrà aiutarci a riscoprire il valore di ogni nostra azione: dai lavori di casa o dei campi e dell’officina, al disbrigo delle pratiche d’ufficio, ai compiti di scuola, come alle responsabilità in campo civile, politico e religioso. Tutto può trasformarsi in servizio attento e premuroso.
L’amore ci darà occhi nuovi per intuire ciò di cui gli altri hanno bisogno e per venire loro incontro con creatività e generosità.
Il frutto? I doni circoleranno, perché l’amore chiama amore. La gioia si moltiplicherà perché “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome (…), vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa»
Ricordo che, durante la seconda guerra mondiale, nella nostra città di Trento, in alcune località vivevano famiglie molto povere. Siamo andate a dividere con loro quanto avevamo di nostro; volevamo alzare il loro livello di vita in modo tale da arrivare tutti ad una certa uguaglianza.
Un ragionamento semplice che però ha dato frutti impensati: viveri, vestiario, medicinali hanno incominciato a circolare con insolita abbondanza… Nacque in noi la convinzione che nel Vangelo vissuto vi è la risposta ad ogni problema individuale e sociale.
Non era una utopia. Oggi centinaia di aziende sono coinvolte nel progetto di “economia di comunione”: improntare tutta la vita aziendale alla cultura del dare, e mettere in comune gli utili per scopi sociali, tra cui aiutare le persone in difficoltà, creando nuovi posti di lavoro e sovvenendo ai bisogni di prima necessità.
Ma le persone bisognose sono tante e i profitti di queste aziende non possono rispondere ad ogni necessità. Ecco allora che tanti di noi, dal 1994, versiamo una piccola somma ogni mese per i poveri.
Ne aiutiamo attualmente 7.000 in 55 Paesi.
Innumerevoli le testimonianze dei “bicchieri d’acqua” ricevuti e donati in una gara di generosità. Una tra tante, dalle Filippine: “Il nostro negozietto di carne a causa di una epidemia tra gli animali è fallito. Abbiamo dovuto fare debiti e non sapevamo più come andare avanti. Attraverso il vostro aiuto regolare siamo riusciti ad avere da mangiare ogni giorno. Presto ho capito che anch’io dovevo aiutare chi aveva più bisogno di me. Una vicina di casa aveva una malattia, soffriva tanto e aveva bisogno di aiuto anche materiale. L’ho aiutata fino a che lei è partita per il cielo, ed ho preso a sostenere economicamente il suo quinto figlio, perché il padre non poteva, essendo molto più povero di noi”.
Chiara Lubich
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Set 28, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Ero uno dei quattro direttori di vertice del porto di Genova, nel nord Italia, uno tra i più importanti del Mediterraneo. Ho dovuto lasciare il mio lavoro per ridimensionamento dell’incarico. Dopo lo smarrimento iniziale, con alcune persone, con le quali condivido la spiritualità dell’unità, abbiamo pensato di metterci al servizio dei cittadini della nostra città per costruire una società per l’uomo. Nella mia città era in funzione un’industria che produceva gas di scarico molto inquinanti, gli effetti di questo grave inquinamento nel quartiere erano evidenti. Negli ultimi dieci anni erano morte 700 persone per tumore al polmone, dovevamo dunque lavorare al progetto che portasse alla chiusura degli impianti senza far perdere lavoro a quelle 600 persone occupate nell’industria. In Olanda mi era rimasto impresso come venivano assemblate le bambole di porcellana cinese. Il corpo di porcellana proveniente dalla Cina era rivestito dell’abito che veniva dall’India e poi venivano montati gli occhi prodotti in Italia. Alla fine, il prodotto veniva confezionato in scatole e spedito al negozio. Anche l’area del porto di Genova, mi sembrava si prestasse alla realizzazione di una piattaforma portuale nella quale trasformare le merci più varie in prodotti finiti e confezionati. L’idea ha subito interessato le istituzioni della città. Si è così passati alla sua realizzazione. Il progetto avrebbe garantito 4.000 nuovi posti di lavoro, ben oltre i 600 dell’industria da chiudere e 12.000 posti di lavoro indiretti. Immediati i consensi. Lo stesso proprietario dell’industria riconosceva la validità del progetto per le prospettive di sviluppo. Tuttavia le difficoltà non sono mancate, ma i miei colleghi non cristiani mi dicevano: “Il progetto può anche morire, ma risorgerà ancora più bello”. Ed è stato così. A dicembre 2005 il proprietario dell’industria ha firmato un accordo per la chiusura degli impianti e la riconversione dell’area secondo il nostro progetto, nel quale sono ora occupati i 600 lavoratori in esubero. L’Unione Europea ha recentemente inserito il corridoio Genova – Rotterdam fra quelli di interesse europeo. La Banca Europea degli Investimenti ha dichiarato l’immediata finanziabilità. Il governo italiano ci ha proposto di prendere parte in futuro ai progetti di cooperazione tra sistemi portuali trasnazionali a beneficio dell’intera Unione Europea nell’ottica dell’alleanza tra i porti. E non è finita qui! Il porto di Rotterdam era per Genova un concorrente da combattere, mentre oggi è stato sviluppato un progetto di alleanza tra i due porti per una nuova rotta mondiale di collegamento fra l’Estremo Oriente e gli Stati Uniti. Questa idea è stata presentata alla Conferenza Mondiale dei Porti di Seoul ed è stata definita un’opportunità concreta per il miglioramento delle economie marittime mondiali. (R. Z. – Italia) (altro…)
Set 28, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Sono nata a Santa Maria, in una regione ai piedi delle Ande, ricca di cultura aborigena ma molto povera. Sono una discendente degli aborigeni “calchaquies”, sposata e madre di 7 figli. Per 12 anni mi sono formata alla Scuola Aurora. Lì, oltre a leggere, a scrivere e alla tessitura, ho imparato a vivere la spiritualità dell’unità. Nel 2003, di fronte alla disoccupazione dilagante, ho avviato una filanda per rifornire il laboratorio di tessitura della scuola. Non è stato facile convincere le donne della mia terra, da sempre discriminate, a riprendere il lavoro di filatura, dato che per arrivare alla filanda occorreva attraversare fiumi e fare ogni giorno molti chilometri. Non avevamo mezzi. A poco a poco ognuna ha messo a disposizione ciò che aveva: un fuso, dei chili di lana o la propria abilità in questa arte tradizionale. Rimaneva il problema dei costosi macchinari. Un giorno sono costretta a chiedere un passaggio e confido al conducente la mia preoccupazione. Egli mi dice che lui sapeva fare macchine per filare. “Ce le puoi fare?” gli domando. E lui: “Sì, mi pagherai quando potrai”. Non mancano altri ostacoli: perdiamo il locale in cui lavoriamo e la più esperta si licenzia. “Con tutto quel che ci succede non sarà che ci dobbiamo arrendere?” si domanda una ragazza, che esprime il dubbio di noi tutte. Durante il trasloco troviamo una immagine della Madonna. Mi sembra molto significativo e propongo alle altre di fare un patto: lavorare ogni giorno nell’amore le une verso le altre. Poco dopo riceviamo una donazione con la quale possiamo acquistare un immobile e delle attrezzature. Così è nato l’atelier “Tinku Kamayu” che significa “ Riunite per lavorare”. All’inizio eravamo 8 e oggi, dopo due anni, l’organico dell’azienda è salito a 18 artigiane con una produzione crescente. Oggi sento di essere parte di un grande progetto che mi coinvolge con tante altre persone calchaquies. Abbiamo ritrovato la nostra identità e, con quella, la speranza, la crescita culturale, la possibilità di lavoro per noi e per altri, e tutta la ricchezza delle origini del nostro popolo. Ora ci sentiamo persone utili non più umiliate, ma valorizzate e capaci di esprimere il proprio pensiero. (altro…)
Set 28, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Mary: «Gerry e io ci siamo sposati nel 1992 e siamo andati a vivere nell’Irlanda del Nord, un paese profondamente diviso per motivazioni religiose e politiche. Per anni i conflitti sono stati violenti, con molti morti e tante ferite ancora aperte. Sono un medico e prima del matrimonio avevo vissuto due anni a Fontem, la cittadella internazionale del Movimento in Camerun. Lì la spiritualità dell’unità con persone di diverse fedi, tribù e razze è diventata una realtà e questa esperienza mi è stata di grande aiuto in Irlanda del Nord. Nel quartiere dove abitavamo, infatti, era netto il confine tra la comunità cattolica e quella protestante: una strada divideva il piccolo paese di 160 case in due parti». Gerry: «Da anni non c’era alcun contatto tra cattolici e protestanti: pub separati (uno cattolico e uno protestante), scuole distinte e poi le chiese, le sale per il Vangelo e i centri sportivi erano rigorosamente divisi tra le due parti. Il problema politico irlandese era così radicato nella mente e nei cuori delle persone, che le rendeva incapaci di andare avanti, rassegnati al fatto che niente potesse cambiare. Molte iniziative politiche erano state tentate, ma erano fallite. Due anni dopo il nostro arrivo, siamo stati invitati a un incontro della comunità locale del Movimento dei Focolari, aperto sia ai cattolici sia ai protestanti, per proporre attività per i giovani del paese. L’incontro avveniva mentre le opposte fazioni politiche nord-irlandesi si apprestavano a cessare il fuoco. C’era grande speranza e, in certo modo, anche il nostro incontro poteva dirsi storico. I partecipanti erano tutte persone del posto, che però non si conoscevano. C’erano due sole persone che venivano da fuori: un inglese, protestante, che lavorava nella zona e Mary, cattolica, della Repubblica irlandese. Quella sera nacque un’associazione: l’inglese fu eletto presidente e Mary segretaria. Ancora oggi, dopo 12 anni, Mary ricopre questo incarico. Negli anni abbiamo realizzato tante iniziative per i bambini, per la comunità e per gli anziani. Con uno sforzo immenso si è costruita una comunità unita, ma a volte ciò è stato difficilissimo». Mary: «La forza che ci veniva dal vivere il Vangelo ci ha aiutato a superare le difficoltà e a costruire giorno per giorno la pace. Siamo stati anche sostenuti da enti governativi che hanno finanziato molti progetti. Un giorno due politici di partiti opposti mi hanno proposto l’idea di costruire un centro comune che potesse essere usato sia dai protestanti, sia dai cattolici. C’era un edificio abbandonato, in una meravigliosa posizione, che poteva essere ristrutturato. Abbiamo lavorato quattro anni per realizzare questo progetto. Poco prima del completamento, però, c’è stato un attentato alla scuola elementare cattolica, dove andavano i nostri quattro figli. Il clima è tornato a irrigidirsi e la situazione era così delicata che il nostro ufficio di comunità fu incendiato. Due importanti edifici della nostra piccola comunità sono andati distrutti. Abbiamo avuto paura, non lo nego, ma il Vangelo ci ha dato la libertà di ricominciare a lottare, rinnovando l’impegno di dare la vita, per arrivare alla pace e alla fratellanza. Il lavoro del nuovo centro è ripreso, ma proprio quando eravamo pronti a fissare una data per la sua apertura, è sopraggiunto un altro problema. I lampioni per l’illuminazione stradale erano stati addobbati con bandiere di un gruppo politico. Nessuno voleva togliere le bandiere, temendo reazioni. Gerry ha incontrato uno dei capi di quel gruppo, con cui avevamo già costruito un rapporto. Quella persona era sconvolta perché, proprio pochi giorni prima, aveva ricevuto una minaccia di morte. Ho sentito che dovevo accantonare le mie richieste per ascoltarlo e lasciargli esprimere la sua preoccupazione per questa situazione inaspettata. Poi mi ha chiesto perché ero andato lì. Alla mia richiesta, lui mi ha assicurato che avrebbe fatto il possibile per risolvere il problema. Dopo alcuni giorni, infatti, il nuovo centro è stato aperto e la minaccia non è stata attuata. In questa occasione abbiamo sentito di non essere soli: Qualcuno lassù, Dio Padre, ci seguiva col Suo amore». (M. e G. B. – Irlanda) (altro…)
Set 28, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dieci anni fa alcuni membri del Movimento dei Focolari di Città del Messico sono venuti a trovare la nostra comunità indigena del monte Huasteca di Santa Cruz, formata da circa 3000 persone. Sono 32 le comunità indigene di quella zona, immersa tra colline verdi e boschi, ma senza vie di accesso per le auto. Le uniche strade che portano alle comunità si raggiungono a piedi. A causa di questo isolamento, spesso ci siamo trovati di fronte a numerose difficoltà, soprattutto di carattere sanitario, ecco perché sono nate le “brigate sanitarie”, formate da medici, infermieri e membri del Movimento dei Focolari che partono da Città del Messico e arrivano, fin dove la strada lo permette, in pullman o in camion. Da lì proseguono a piedi o a cavallo per portare medicine, cibo e vestiti. In questi anni a Santa Cruz è sorta una bella comunità dei Focolari, con profondi rapporti di fraternità tra noi indigeni, bianchi e meticci. Anche Marcelino fa parte della comunità indigena ed è, come me, un volontario. La spiritualità dell’unità ha cambiato la nostra vita radicalmente, rinnovandoci come uomini. L’amore di Dio, arrivato come un vento fresco, ci ha spinti a concepire la vita come dono per gli altri. Marcelino, per un anno è stato eletto responsabile della comunità di Santa Cruz. Era sorpreso e indeciso: sua moglie non voleva che accettasse, perché il responsabile della comunità non riceve alcuno stipendio per tale servizio, il che significava una grande perdita economica per la loro famiglia. Sentiva, però, che Dio gli chiedeva una nuova scelta di Lui, più radicale, e come volontario non poteva tirarsi indietro. Ne ha parlato con sua moglie e insieme hanno deciso che avrebbe accettato l’incarico e che avrebbero lavorato il doppio per mantenere la loro famiglia. Per questo incarico si sarebbe occupato dello sviluppo economico, religioso, culturale, di questioni legali e dei rapporti della nostra comunità con una cittadina vicina. Ha cercato la collaborazione tra tutti e ha scelto me come consigliere di fiducia, per portare avanti queste attività con Gesù in mezzo a noi. La nostra avventura insieme è iniziata proponendo al sindaco della cittadina di visitare la comunità. E’ rimasto talmente colpito dall’accoglienza cordiale, che ci ha assicurato la pavimentazione in cemento di alcune strade e di 152 piccole case. Immaginate la nostra gioia, dal momento che le strade sono di terra e diventano inaccessibili quando piove. Dopo alcuni mesi, però, le opere non erano ancora avviate. Ci sentivamo delusi, traditi, ma siamo andati avanti. Abbiamo deciso di incontrare il sindaco per avere chiarimenti, ma sembrava che avesse sempre impegni e non ci riceveva. Eravamo decisi a non mollare, perché sostenuti da Qualcuno lassù, certi che ci avrebbe accompagnato in ogni passo. Ci siamo messi davanti alla sede del municipio, senza fare confusione, ma non ci siamo mossi dal portone finché non gli abbiamo parlato. Finalmente, per la nostra insistenza, il sindaco ha dato il via ai lavori. Sì, molti. Il primo frutto è stato constatare quanto fosse maturata la nostra comunità. Questo è stato riconosciuto in occasione di un fatto che ha scosso tanto l’opinione pubblica: l’assassinio di un politico della nostra Regione in seguito a forti tensioni tra opposizione e maggioranza. Successivamente, in una riunione con i rappresentati politici locali e delle altre comunità indigene, la nostra comunità è stata portata come esempio di convivenza civile e democratica, per come aveva operato in quei difficili momenti. (A. L. – Messico) (altro…)
Set 28, 2006 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Sono stata Procuratore generale, specializzata in antinarcotici, in Colombia, per circa 11 anni. Ho dovuto seguire numerosi casi contro il crimine organizzato, per il 98% con risultati positivi. Sempre sono stata consapevole che ogni reato riguardava la vita di un uomo e di una famiglia, che esigono rispetto, amore, considerazione, malgrado la gravità, penalmente rilevante, degli atti commessi. Mi sentivo felice in un compito che mi dava la possibilità di fare una esperienza continua di Dio. Nello stesso tempo ero realizzata personalmente e professionalmente, oltre ad avere una sicurezza economica. Contavo poi su un’eccellente squadra di lavoro, esperti investigatori con grandi valori umani e professionali. La corruzione, però, cercava d’infiltrarsi più che mai in tutte le istituzioni pubbliche, soprattutto tra gli operatori della giustizia. Il mio agire radicale e retto coinvolgeva tutto il gruppo di lavoro, per questo le investigazioni avvenivano nel pieno rispetto della legge. Un giorno abbiamo “toccato” qualcuno che si considerava intoccabile. L’offerta non si è fatta attendere: vari milioni, che potevano assicurare tanta serenità a livello economico. Non potevo, né volevo cedere né potevo far finta di niente. Da quel momento le cose sono cambiate per me, sul lavoro, in famiglia e nella vita quotidiana. Di fronte al rifiuto sono arrivate minacce, pressioni da parte dei superiori e infine il licenziamento, insieme a uno dei miei migliori investigatori che, come me, non aveva ceduto alla corruzione. Nel cuore ho provato tanta amarezza, sfiducia e delusione. Vivevo da sola con i miei figli perché, mio marito anni prima mi aveva abbandonato. Guardando i miei due figli, indifesi, ho pensato che tutto è permesso da Dio per la nostra santificazione. Sentivo che stavo pagando il prezzo per rimanere nella retta strada. D’accordo con i figli ci siamo proposti di ridurre tutte le spese. Eravamo sereni perché sicuri dell’immenso amore di Dio. Ho chiesto a Dio la forza necessaria per perdonare quelli che mi costringevano a cambiare il tenore di vita che avevo condotto fino a quel momento. Sforzandomi di vivere “un’amnistia completa nel cuore”, ho trovato la vera libertà e la forza di ricominciare. Con il denaro che mi restava dalla liquidazione e qualche risparmio ho acquistato un pulmino scolastico. La mia giornata, come autista, iniziava alle 4.45 per trasportare i bambini delle scuole. Mi costava attraversare i luoghi dove sapevo di poter incontrare i miei precedenti colleghi o i superiori. Rapidamente era circolata la notizia che “il Procuratore, chiamato ‘la dama di ferro’, faceva l’autista”. Alcune risate e commenti spiacevoli sono arrivati anche alle mie orecchie. Dopo circa un anno un professionista, che conoscevo, mi ha chiesto di collaborare per la preparazione di un lavoro per l’Ufficio dell’ONU contro la droga. Ciò mi ha permesso di rientrare nuovamente nel campo della mia specializzazione seppure con un compenso minimo, collaborando con operatori di tutta l’America Latina e dei Caraibi. L’Organismo internazionale ha apprezzato la mia professionalità e serietà e mi ha assunto con uno stipendio mensile dignitoso. Sto ora dando lavoro anche ai miei colleghi della Procura. All’inizio avevo timore di affrontarli, conoscendo il loro modo scorretto di agire e gli apprezzamenti su di me. Ho supplicato la Madonna di colmarmi dell’umiltà necessaria per dimenticare il passato e non giudicare. Non è stato facile ma sento molto forte l’amore di Dio per me e per la mia famiglia. (D. L. – Colombia) (altro…)
Set 28, 2006 | Focolari nel Mondo
Quando anni fa ho iniziato a lavorare in un centro di riabilitazione, ero da sola e cercavo di vivere il Vangelo cercando di vedere Gesù nel fratello, sia nel paziente sia nel collega. Nel giro di qualche mese ho approfondito la conoscenza di una collega, che stava vivendo un momento difficile, perché aveva deciso di separarsi dal marito. Ho cercato di volerle bene, così, a poco a poco, ha voluto sapere perché mi fermavo fuori dell’orario di lavoro per stare ad ascoltarla. Con mio marito abbiamo cercato di coinvolgere anche suo marito. Condivide ora con me l’impegno di volontaria. Eravamo finalmente in due: ogni mattina offrivamo a Gesù tutte le difficoltà, cercavamo di vedere le cose insieme. A noi poi, si sono aggiunte altre persone. Questo spirito stava trasformando anche il nostro operato nell’ambiente di lavoro: sentivamo che dovevamo porre al centro della nostra attività di riabilitazione il paziente. Un giorno il primario, che aveva notato il nuovo stile di lavoro, mi ha chiesto se ero disposta a trasferirmi con lui per costituire un nuovo Polo riabilitativo in un paese dell’Italia del Nord, esprimendo il desiderio che venissero anche altri della nostro gruppo. Ci siamo confrontati insieme e abbiamo capito che poteva essere un’occasione per realizzare quel sogno che avevamo nel cassetto: la persona disabile, insieme alla sua famiglia e alla comunità circostante, protagonista del processo riabilitativo. Così abbiamo aderito alla proposta, anche se per noi significava andare a lavorare più lontano. Dopo un periodo in cui le difficoltà per allestire il nuovo centro non sono mancate, le cose vanno bene. Gli echi sono più che positivi, anche sui mass media. Sono responsabile dell’area riabilitativa, coordino più di un centinaio di operatori tra fisioterapisti, logopedisti, terapisti occupazionali e terapisti dell’età evolutiva e, con il contributo degli altri membri della cellula, che nel frattempo è arrivata a trenta persone, cerco di trasmettere alcune linee fondanti, come il fatto che il progetto riabilitativo deve tener conto, per ogni paziente, dei suoi bisogni e delle sue preferenze, perché è importante privilegiare il rapporto con lui. (M. D. – Italia) (altro…)
Set 28, 2006 | Focolari nel Mondo
Sono medico, specialista in malattie infettive, e sono in contatto con i pazienti sieropositivi e malati di AIDS da 23 anni. Sono il referente per questa patologia nell’ospedale dove lavoro a Kinshasa, la capitale del Congo. Ho imparato molto presto nella vita a partecipare alla trasformazione della società nella quale vivo. Creare una società nuova e giusta, nella quale l’uomo è al centro delle preoccupazioni di tutti i membri della comunità, è stato così uno degli obiettivi della mia vita. Ho dunque deciso di fare il medico per mettermi al servizio dei miei fratelli. Terminati gli studi di medicina, mi sono trovato ad affrontare una grande sfida: le condizioni di lavoro erano sempre più degradanti, gli stipendi insignificanti. Le condizioni materiali del medico non portavano a una coscienza professionale e all’onestà. Per sopravvivere bene bisognava lavorare in organismi internazionali o in cliniche private . Molti miei colleghi medici sono emigrati in Europa o negli Stati Uniti. Ad un certo punto sono stato tentato anch’io di emigrare. Dopo aver riflettuto con mia moglie, abbiamo deciso di restare nel Paese, accettando la situazione: malati poveri, condizioni difficili di lavoro, mancanza di materiale e a volte tentativi di corruzione. Ciò che mi dava coraggio era lavorare insieme a medici del Movimento e ad altri che, come me, sentivano di mettere il malato al primo posto. All’inizio eravamo spaventati dalla possibilità di essere contagiati dal virus: le scarse condizioni igieniche e le strutture sanitarie carenti non ci davano alcuna garanzia. In quel periodo il nostro Paese era in piena crisi socio-economica e politica. Non ricevevamo più aiuti dalla cooperazione internazionale. Poi è scoppiata la guerra con il carico di drammi che ogni conflitto porta con sé. Avevamo grandi difficoltà a curare i malati di AIDS, ma abbiamo continuato ed è stata davvero l’occasione di vivere concretamente l’amore. La nostra azione si è concretizzata in alcune attività dirette alla cura dell’AIDS e alla prevenzione. Per la cura dei malati, con l’aiuto dell’Associazione Mondo Unito è stato possibile costruire una struttura sanitaria completa di laboratorio di analisi. Inoltre è stato avviato un programma di cura a base di farmaci specifici, finalmente disponibili anche in Africa e garantiti a tutti, anche ai più poveri. Tutto ciò è stato il frutto di recenti scelte da parte dell’ONU nelle strategie di lotta contro l’AIDS. Per la prevenzione è stata avviata in maniera sistematica la formazione di educatori e divulgatori con il compito di intervenire sul piano psicologico, sociologico e morale presso i giovani e le famiglie, al fine di operare nella popolazione un cambiamento di comportamenti. Il contenuto principale dei corsi consiste nel dare informazioni complete e corrette sulla trasmissione e prevenzione della malattia. Alcuni pensano infatti che il virus provenga da manipolazioni di laboratorio, altri ne vedono l’origine in Dio a causa del peccato, quasi una sorta di punizione. Queste concezioni, spesso legate alla cultura africana, sono molto difficili da sradicare. Per questo si cerca di approfondire l’origine della malattia, gli effetti del virus sul sistema immunitario e i mezzi di prevenzione dell’AIDS. Oltre allo sviluppo di attività produttive per migliorare l’alimentazione di base, si è cercato anche di garantire un sostegno psico-sociale ai malati e alle loro famiglie. (M. M. – Congo) (altro…)
Set 21, 2006 | Ecumenismo
Di fronte a un mondo lacerato da molteplici conflitti politici, etnici e religiosi oggi in corso, 45 Vescovi di varie Chiese, amici del Movimento dei Focolari, provenienti da 20 Paesi, dall’Etiopia alla Finlandia, dall’Australia all’India, dal Sud e dal Nord-America, stanno testimoniando in questi giorni col loro incontro che la comunione, nel rispetto della diversità delle varie tradizioni, è possibile, anzi, è per i cristiani, oggi più che mai, un dovere. Questo 25° Convegno ecumenico di Vescovi, tra i quali un vescovo del Libano appena uscito dalla guerra, si svolge dal 20 al 27 settembre al Centro Mariapoli di Castelgandolfo nell’intento di approfondire – come proposto dal tema – l’amore per Cristo crocifisso e abbandonato quale via indispensabile per avanzare verso la piena comunione visibile fra i cristiani, e per promuovere nel mondo la fratellanza universale. I vescovi quest’anno hanno voluto ritrovarsi vicino a Roma, per poter avere un contatto diretto con S.S. il Papa Benedetto XVI. Negli anni scorsi si erano radunati in luoghi altamente significativi, come a Istanbul dove i Vescovi avevano potuto incontrare il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, ed a Bucarest nel Patriarcato Rumeno ortodosso dove erano stati accolti dal Patriarca Teoctist. L’attuale gruppo di Vescovi, appartiene a 22 Chiese e Comunità ecclesiali dell’Oriente e dell’Occidente. Il Papa li aspetta domenica a mezzogiorno per la preghiera dell’Angelus e per un saluto personale. Il Card. Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei Cristiani, appena reduce dalla prima sessione plenaria della Commissione internazionale con cui in questi giorni è stato riavviato a Belgrado il dialogo internazionale tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, martedì prossimo parlerà ai Vescovi su: “Cambiamenti nella scena ecumenica con particolare riferimento all’ortodossia”. Un contributo molto atteso verrà da una riflessione di Chiara Lubich, fondatrice e presidente del Movimento dei Focolari, che affronta il passaggio dalla “notte collettiva e culturale”, che si è abbattuta oggi su vaste aree della società, ad una rinnovata presenza di Cristo in mezzo a uomini e donne, capace di suscitare fra singoli e popoli un’onda d’amore, di condivisione e di partecipazione. La visita alle Catacombe, simbolo delle comuni radici della Cristianità indivisa, e l’incontro con le varie Comunità presenti a Roma – cattolica, ortodossa, anglicana, evangelico luterana – saranno ulteriori stimoli per proseguire nel cammino verso una più profonda comunione ed una testimonianza coerente e convincente di fronte al mondo. L’intero Convegno sarà permeato dalla “spiritualità dell’unità”, tipica del Movimento dei Focolari, accolta dai fedeli delle diverse Chiese come spiritualità ecumenica, che contribuisce a istaurare un “Dialogo della vita” fra singoli, comunità, gruppi e Movimenti. Questi Convegni, sostenuti sin dall’inizio dalla benedizione dei rispettivi capi di Chiese – sulla base dell’impegno a mettere in pratica il Vangelo e, primo fra tutti, il Comandamento nuovo di Gesù (cf Gv 13, 34) – promuovono fra Responsabili di varie Chiese uno spirito di comunione che, specialmente negli ultimi anni, si ripercuote sempre più nella Cristianità. (altro…)
Set 17, 2006 | Sociale
Con una consegna impegnativa, proiettata al futuro, al 2009, si è conclusa la grande manifestazione di Budapest: “Adesso la sfida passa ad ognuno di noi: i nostri paesi, le nostre città ci aspettano!”. Valeria Ronchetti e Giuseppe Di Giacomo, tra i più stretti collaboratori della fondatrice dei Focolari annunciano: “Chiara Lubich ha avuto un’idea: perché non collegare tra tre anni, in un preciso giorno del 2009, tutte le nostre città in una rete che mostri i tanti frammenti di fraternità realizzata?”. Già la manifestazione ha un titolo: “Tante città unite verso il mondo unito”. Una proposta accolta con grande entusiasmo. Si apre dunque un nuovo scenario, dopo aver mostrato, nel corso della manifestazione di Budapest, quale possa essere l’impatto innovativo della fraternità nel mondo economico (presentato nella mattinata) e i tentativi di risposta alle sfide poste dalla comunicazione, alla piaga diffusa della illegalità e corruzione, alla crisi della politica (nella seconda parte della giornata). La fraternità, come antidoto alla diffusa pratica dell’illegalità e della corruzione è stata al centro della tavola rotonda dedicata al diritto. Simone Borg, docente di diritto internazionale all’Università di Lovanio in Belgio aveva parlato della giustizia non come sola repressione. Il senso della fraternità – aveva detto – sollecita a farsi carico delle situazioni di sofferenza sociale, adoperarsi per eliminarne le cause, non tacere davanti alle ingiustizie. Vie non facili, ma percorribili. Come ha dimostrato Marisa Gentiletti, argentina, laureata, madre di due figli, che ha visto scomparire il nipotino di 8 anni. In un Paese dove è in atto un vuoto legale che non garantisce l’immediato intervento della polizia, Marisa ha messo in moto una vasta campagna di coscientizzazione ed iniziative concrete in difesa dei minori che ha investito opinione pubblica, istituzioni e polizia. Comunicazione. Fraternità, in questo campo cruciale, significa un modello di comunicazione che ha come obiettivo il mondo unito. Il presupposto è il valore della dignità umana; il metodo è il dialogo, la regola è l’amore che può trasformare radicalmente la comunicazione. Questi alcuni tratti delineati da Manuel Bru, docente presso l’Università San Pablo – CEU di Madrid, Spagna. Tra le applicazioni sul campo: Geert Vanoverschelde, belga, tra i responsabili di un’importante azienda di produzione televisiva, ha mostrato come è possibile coniugare qualità, programmi positivi e successo di audience.
La fraternità apre un nuovo orizzonte anche al mondo della politica. E’ questa l’esperienza del Movimento politico per l’unità (Mppu), oggi presente in 15 Paesi, definito “un laboratorio internazionale di lavoro politico comune, tra cittadini, funzionari, studiosi, politici impegnati a vari livelli, di ispirazioni e partiti diversi, che mettono la fraternità a base della loro vita”. E’ Lucia Fronza Crepaz, già deputato al parlamento italiano e presidente del Mppu, che ne illustra scopi e concretizzazioni. Tra le varie testimonianze, di particolare rilievo quella di Cesar Romero, consulente dei programmi di sviluppo per i contadini del Paraguay, impegnato a sanare le forti disparità sociali. Attraverso il Movimento politico per l’unità è giunto a far mettere in atto un protocollo d’intesa e di gemellaggio per sostenere e promuovere uno scambio di politiche di sviluppo locale, a cui hanno aderito 22 città. Significativa la coreografia finale, dal titolo “L’alba sulla città”. Da questa città di Budapest, che nel ’56 aveva vissuto ore drammatiche segnate dalla violenza, a distanza di 50 anni, parte un nuovo impulso di rinnovamento, di fraternità, di speranza che si irradierà nelle moltissime città dei 92 Paesi dei 5 continenti qui rappresentate. (altro…)
Set 15, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
“Nel mondo segnato oggi da drammatiche tensioni, il Movimento dei Focolari intende proporre, anche con questa iniziativa, la fraternità come possibile via da percorrere per giungere alla pace”. E’ con un messaggio di Papa Benedetto XVI letto dal Card. Petér Erdõ, arcivescovo di Budapest e Primate d’Ungheria che, nello SportArena di Budapest gremito da oltre 11.000 persone provenienti da 92 Paesi, si apre la grande manifestazione che con idee, esperienze ed iniziative concrete, propone la fraternità in risposta alle molte sfide di oggi. Il Papa incoraggia “a proseguire l’opera fin qui svolta con tanto frutto, incarnando nella realtà di ogni giorno il Vangelo dell’amore”. Nel modernissimo palazzetto ungherese sono presenti, tra i seguaci di altre religioni, un folto gruppo di musulmani provenienti dall’Algeria, cristiani di diverse denominazioni, e membri di 13 altri movimenti e nuove comunità cattoliche, personalità civili e religiose, come il vicepresidente del Parlamento ungherese, Péter Harrach. Questo evento fa seguito alla “due giorni” che aveva visto riuniti nella capitale magiara oltre 9000 “volontari di Dio”, diramazione dei Focolari impegnati al rinnovamento della società, in occasione del 50° della loro nascita, in risposta ai tragici “fatti di Budapest”. A distanza di 50 anni da quegli eventi, la fondatrice dei Focolari dà una lettura dell’attuale situazione mondiale: vi coglie i segni di un’umanità avvolta da una “notte oscura culturale collettiva”. Nel messaggio letto da una delle sue prime compagne, Valeria Ronchetti, Chiara Lubich parla di “una notte calata sempre più sull’umanità, specie sull’Occidente”, dove predomina il relativismo e l’etica non è più in grado di governare il ritmo vertiginoso delle scoperte scientifiche e tecnologiche. Un Occidente alla ricerca di “idee forti, di un ideale che apra una via per dare una risposta alle numerose domande angosciose, che mostri una luce da seguire”. Facendo eco a Giovanni Paolo II, Chiara indica la via nel “dramma di un Dio che grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. “E’ la sua passione interiore, è la sua notte più nera, è il culmine dei suoi dolori”. Un dramma che apre prospettive di luce: “Se riusciamo ad incontrare Lui in ogni dolore, se Lo amiamo, rivolgendoci al Padre come Gesù sulla croce: ‘Nelle tue mani, Signore, consegno il mio spirito’ (Lc 23,46), allora con Lui la notte sarà un passato, la luce ci illuminerà”. “Il Movimento – ha aggiunto – porta con sé una ricchissima esperienza”, che in questi ultimi anni ha avuto nuovi sviluppi.
Chiara parla di “‘inondazioni’ di luce” – per usare un termine di Giovanni Crisostomo, grande Padre della Chiesa – che illuminano la cultura di oggi nei suoi vari aspetti”, frutto del “dialogo che il Movimento dei Focolari sta, da qualche tempo, intavolando fra la sapienza, che offre il carisma dell’unità, e i diversi ambiti del sapere e del vivere umano”: dalla politica all’ecologia, dalla comunicazione alla salute, diritto ed economia. Sviluppo suscitato dall’azione dello Spirito che “proprio in questo tempo, è stato generoso, irrompendo nella famiglia umana con vari carismi da cui sono nati movimenti, correnti spirituali, nuove comunità, nuove opere.” Non è una novità che “esperienze civili ed economiche siano originate da correnti spirituali nate da carismi. La storia dell’umanità ne è costellata”. Così Luigino Bruni, docente di economia politica all’Università degli Studi di Milano Bicocca (Italia), introduce la prima delle quattro tavole rotonde, che affronteranno le sfide poste da economia, giustizia, comunicazione e politica. E’ davanti allo “scandalo di un mondo fatto di lussuosi grattacieli e baracche disumane”, durante un viaggio di Chiara Lubich a San Paolo in Brasile nel ’91, che “si accende la scintilla ispiratrice di quella che subito viene chiamata Economia di Comunione”. Ne diventano protagoniste centinaia di “imprese moderne efficienti, che operano all’interno dell’economia di mercato”, dando vita anche a poli imprenditoriali. La novità: destinano gli utili per la crescita dell’impresa e quindi la creazione di posti di lavoro, per formare uomini nuovi atti a questa nuova cultura; per sovvenire chi è in situazioni di bisogno immediato. Non solo. L’intero “stile di agire economico e di gestione aziendale è ispirato alla comunione”. Scopo: arrivare a che nessuno sia nel bisogno. “Una novità di vita, ma anche di pensiero, novità dottrinale”. Ne parla Kelen Leite del Brasile, giovane ricercatrice, una dei circa 200 giovani che hanno pubblicato tesi di dottorato sull’Economia di Comunione. “Ed ora – afferma – alcune università insegnano questa materia accanto ai nuovi modelli di economia sociale e civile”. Alla prova dei fatti: anche durante la grave crisi economica che nel ’97 ha scosso tutta l’Asia, una banca rurale filippina, nata a sostegno dei contadini, gestita secondo i criteri dell’Edc, non solo è sopravvissuta, ma ha avuto l’ardire di attuare un progetto di micro-finanza o prestito ai poveri senza garanzia. Ne è nata una nuova Agenzia di Credito tuttora fiorente. E’ quanto testimoniano Tess e Francis Ganzon, del Consiglio di Amministrazione del Bangko Kabayan. Il progetto “Fraternità con l’Africa” – Una possibilità aperta a tutti per contribuire ad una nuova economia. Il progetto, presentato a fine mattinata, ha lo scopo di far crescere risorse umane e professionali in Africa, affinché siano gli africani stessi a contribuire allo sviluppo sociale e culturale del proprio Paese. Saranno assegnate a giovani e adulti africani, privi di mezzi, borse di studio a livello universitario o per corsi di specializzazione professionale: coloro che usufruiranno di tali contributi si impegneranno, a studi terminati, a lavorare, almeno per un periodo, nel proprio Paese. Nel pomeriggio verranno affrontate le altre tre sfide poste dai mondi della giustizia, comunicazione, politica. (altro…)
Set 14, 2006 | Sociale
A Budapest, sabato 16 settembre, si mostrerà la novità di vita e di pensiero che sta emergendo nel mondo dell’economia, del diritto, della comunicazione e della politica.
Una novità che ha radice nel primato di Dio, nella radicalità del Vangelo, vissuto nel quotidiano da migliaia di persone nei diversi contesti culturali, suscitata dal carisma dell’unità dei Focolari. In prima fila “i volontari di Dio”, (diramazione dei Focolari) impegnati nel rinnovamento della società. In un clima di festa è iniziata la due giorni (14-15 settembre), titolata “50 anni al servizio dell’umanità”, che li ha riuniti, in 9000 da tutto il mondo nel modernissimo palazzetto “SportArena” della capitale magiara, per un ritorno alle radici della loro storia e un rilancio del loro impegno di rinnovamento della società. Budapest 1956 – Le loro radici affondano in un momento storico drammatico rivissuto con emozione in apertura dell’incontro: l’invasione delle truppe russe che nel novembre 1956 soffocano l’anelito di libertà del popolo ungherese. Allo Sportarena è risuonata la voce di Pio XII che in un radiomessaggio aveva lanciato l’appello di riportare ‘nei Parlamenti, nelle case e nelle officine, Dio, fonte di ogni diritto, giustizia e libertà’. Sono state ricordate le parole di Chiara Lubich, nel dare inizio all’avventura dei volontari e delle volontarie: “C’è stata una società capace di togliere il nome di Dio (…) dal cuore degli uomini. Ci deve essere una società capace di rimetterlo al suo posto. Occorrono discepoli di Gesù autentici, un esercito di volontari, perché l’amore è libero”. Budapest 2006 – Chiara Lubich, in un messaggio, ricordando queste radici, ha tracciato l’identikit del volontario oggi, mostrando una singolare sintonia con Papa Benedetto XVI, con il suo richiamo di questi giorni, a Monaco, a rispondere alle sfide dell’attuale momento storico che più che mai ha bisogno di Dio, e a fare di lui “la forza determinante per la nostra vita e il nostro agire”, “perché la giustizia e l’amore diventino forze decisive nell’ordine del mondo”. Chiara ha ricordato la meta da lei proposta 50 anni or sono: “fare un blocco di uomini di tutte le età, razze, condizioni, legati dal vincolo più forte che esiste: l’amore reciproco, amore che fonde i Cristiani in un’unità divina”. Meta che definisce attuale “in società sconvolte come sono le nostre, eppure piene di aneliti e di potenzialità”. Dei volontari, che – in quanto laici – vivono “nelle ordinarie condizioni della vita familiare, lavorativa e sociale”, Chiara sottolinea la vocazione “così totalitaria, così libera, così essenziale” che li chiama, oggi, “nel XXI secolo, ad emulare i primi cristiani”, ad “edificare, come il fermento nella pasta, ‘cieli nuovi e terre nuove’ “, rinnovate dalla luce del Vangelo. Sono state poi ripercorse le tappe salienti della storia dei volontari, del cammino che ha precisato la loro specifica vocazione. Ne sono stati ricordati i prodromi che risalgono agli anni ’40, agli inizi dei Focolari, quando Chiara Lubich aveva iniziato la sua avventura spirituale insieme alle sue prime compagne proprio tra i più poveri, con la mira di risolvere il problema sociale di Trento, e con la certezza che “la rivoluzione evangelica è la più potente rivoluzione sociale”. Sono poi state presentate le figure dei pionieri dei “volontari di Dio”, testimoni di un grande amore per l’umanità e della capacità di costruire, nell’ambiente dove ciascuno ha vissuto, brani autentici di “fraternità nel sociale”. Seguiranno in questi giorni le testimonianze che apriranno spaccati di vita dai quali emergerà l’impatto nel sociale del Vangelo vissuto nel quotidiano, nei più diversi contesti culturali. Dati relativi alla manifestazione: – 11.700 i partecipanti da 92 Paesi di 5 continenti. Oltre 3800 dall’Italia, circa 600 dall’Asia, 170 dal Medio Oriente, più di 1300 dalle Americhe, 130 dall’Africa, 40 dall’Australia. Rappresentanza di: – 13 movimenti ecclesiali e nuove comunità, – cristiani di diverse Chiese – seguaci dell’Islam e di altre religioni Tra le personalità civili e religiose attese per il 16: Il Primate d’Ungheria, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Presidente della Conferenza Episcopale, Card. Péter Erdõ Il Vicepresidente del Parlamento, Péter Harrach L’Ambasciatore d’Italia in Ungheria, Paolo Guido Spinelli Il Segretario generale della Chiesa Riformata di Ungheria, Zoltán Tarr Il Presidente della Chiesa evangelica di Ungheria, vescovo János Ittzés (altro…)
Set 7, 2006 | Sociale
A Budapest saranno presentate molte testimonianze di laici, “i volontari” dei Focolari, che mostreranno l’incidenza nel sociale del Vangelo vissuto con radicalità nel quotidiano, lì dove ciascuno vive: nella propria città, famiglia, nel proprio ambiente di lavoro. Molte volte l’attenzione verso i bisogni della singola persona può far nascere opere sociali a beneficio di molti. E’ quanto è avvenuto a Milano, sul fronte degli immigrati. Venti anni fa nasce il “mondialito”, torneo di calcio che in soli 6 anni riunirà circa 500 persone tra studenti e lavoratori, di 24 nazioni europee ed extraeuropee. Attorno a loro sono migliaia i parenti e amici che imparano a frequentarsi e a fare amicizia. La storia dell’Associazione Arcobaleno inizia così, per iniziativa di alcuni giovani milanesi del Movimento dei Focolari. Negli anni ’90 i forti flussi migratori pongono una serie di nuovi problemi che richiedono risposte adeguate. Giovani volontari si sentono interpellati dalle parole del Vangelo: “Ero forestiero e mi avete ospitato”. Così, aprendo il loro cuore, mettono tutte le forze per allargare l’iniziativa. Dallo sport, all’aiuto concreto: numerose famiglie dei Focolari aprono le proprie case e offrono ospitalità a persone straniere. Nel 1991 nove ragazzi fuggiti dalle carceri albanesi e rifugiatisi in Italia, sono stati seguiti per un lungo periodo, perché si inserissero nel mondo del lavoro e riacquistassero la loro dignità. La vigilia di Natale 1992 suonano alla porta di alcuni amici dei Focolari due signore albanesi: una violinista e l’altra casalinga in cerca di fortuna. La violinista verrà assunta nell’orchestra de “la Scala” e la casalinga troverà un lavoro e chiederà il ricongiungimento con le figlie e il marito. Nel 1993 arriva la famiglia M.: padre, madre e tre figli, il più grande di 8 anni, fuggiti dalla guerra in Bosnia. Per sei mesi condividono la vita dell’Associazione. Si cerca di farli sentire in famiglia sino a quando, con tutte le pratiche in regola, possono raggiungere i parenti in America. … H., marocchino, trovato a dormire davanti ad una chiesa viene aiutato ad integrarsi. L’Arcobaleno cresce piano piano: arrivano i collaboratori, gli obiettori di coscienza e i primi inviti, da parte delle istituzioni pubbliche di Milano, a promuovere la cultura dell’accoglienza, soprattutto nelle scuole, dalla materna alle superiori. Si entra nelle aule scolastiche con gli amici di varie etnie, che parlano della loro vita, delle loro esperienze, presentano le loro danze, i loro strumenti musicali e poi si mettono a disposizione per il dialogo con gli studenti. Si sviluppano numerosi servizi e iniziative che facilitano l’inserimento degli extracomunitari nella realtà sociale, culturale e lavorativa della città: si apre un Centro di ascolto, un servizio di guardaroba e di distribuzione di viveri e generi di prima necessità. Alcuni giovani volontari si specializzano nell’insegnamento della lingua italiana. Oggi sono circa 800 gli iscritti ai corsi. Gli insegnanti provengono da percorsi diversi, ma sono felici di fare questo cammino insieme. Con alcuni di loro è stato possibile redigere una grammatica italiana, ad uso interno, che ha ottenuto anche riconoscimenti da parte di insegnanti che operano in altre scuole. L’Associazione è stata anche per alcuni anni il collegamento con l’Ambasciata dello Sri Lanka a Roma, non essendo presente a Milano il consolato cingalese. L’Ambasciatore aveva autorizzato l’Arcobaleno a fare da tramite per permettere ai suoi concittadini di sbrigare le pratiche burocratiche anche a Milano. “L’ Arcobaleno è la mia casa”… “La vostra amicizia e questa casa mi aiutano a non perdere la mia identità”. Sono le espressioni di questi amici, libanesi, egiziani, mauriziani, cingalesi, eritrei, filippini, latino americani, slavi, pakistani, che esprimono gratitudine e speranza. Sempre più vero appare quello che Chiara Lubich ha detto nel 1992: “aprirsi alle ricchezze dei popoli diversi dal proprio non è forse creare uno spazio d’amore perché esse si manifestino liberamente e sempre più pienamente?.” Per le volontarie e i volontari, è riscoprire ogni volta l’amore di Dio che è Padre di tutti e spesso ci si accorge di avere molto da “imparare” dalle altre culture. E’ una gioia immensa scoprire che crescono la fraternità e la reciproca accoglienza al servizio dell’uomo. (altro…)
Set 7, 2006 | Focolari nel Mondo, Sociale
COMUNICATO STAMPA N. 1 – 21 luglio 2006 50 anni di servizio all’umanità Budapest – Palasport Arena – 14-15 settembre 2006 In 9000 dai 5 continenti per il 50° anniversario dei “Volontari di Dio” nati in risposta ai tragici “fatti di Ungheria” del 1956 Tante sfide, una proposta: la fraternità Budapest – Palasport Arena – 16 settembre Giornata aperta a tutti Attese altre 2000 persone provenienti soprattutto dall’Europa Centro-Orientale L’innovazione della fraternità nel diritto, economia, ecologia, comunicazione Un unico evento per: – un bilancio sull’incidenza di 50 anni impegnati nel rinnovamento della società – una proposta di speranza: la fraternità possibile nei vari ambiti – lancio di un progetto per l’Africa – concorso artistico sulla fraternità e premiazione I fatti di Ungheria A seguito del processo di destalinizzazione avviato da Nikita Kruscev in Russia, in Ungheria nel 1956 sorsero forti speranze di libertà. A Budapest in autunno ci furono manifestazioni popolari antigovernative, trasformate in insurrezione poi soffocata nel sangue dall’intervento delle truppe sovietiche. L’intervento del Papa Pio XII fece un intervento accorato alla radio per rispondere alla tragedia di quel popolo: “Dio! Risuoni questo ineffabile nome, fonte di ogni diritto, di ogni giustizia, di ogni libertà, nei parlamenti, sulle piazze, nelle abitazioni, nelle officine…” Chiara Lubich raccoglie l’appello “C’è stata una società capace di togliere il nome di Dio, ci deve essere una società capace di rimetterlo al suo posto. Occorrono discepoli di Gesù autentici nel mondo, un esercito di ‘volontari’, perché l’amore è libero”. Le sue parole suscitarono un’eco profonda nel cuore di molti. La nascita dei “Volontari di Dio” La risposta a questo appello è immediata: nascono i “Volontari di Dio” che formeranno una diramazione del Movimento dei Focolari impegnata nella trasformazione della società. Oggi sono circa 20.000, presenti in oltre 80 Paesi del mondo. Sono laici che avvertono la propria responsabilità di credenti per vivere nel quotidiano la spiritualità dell’unità, propria del Movimento dei Focolari, nei luoghi di lavoro, in famiglia, nei vari ambiti della società. 14-15 settembre a Budapest: 50 anni di servizio all’umanità – Volontarifest Significativa dunque la scelta di Budapest per il grande meeting che celebrerà il cinquantesimo della nascita dei “volontari”: in più di 9000 si riuniranno nel modernissimo Palasport “Arena” della capitale ungherese per tracciare un bilancio sull’incidenza della loro vita nel nord e sud del mondo, in risposta alla domanda di pace, di unità, di valori e di idealità così fortemente avvertite oggi in un mondo spesso lacerato da conflitti e paura del futuro. Sono giunte prenotazioni da 65 Paesi del mondo. Vi saranno traduzioni in 26 lingue. 16 settembre: Giornata della fraternità universale Una proposta in risposta alle tante sfide Sempre all’Arena altre 2.000 persone, provenienti soprattutto dai Paesi dell’Europa dell’Est, si uniranno a questo evento per una giornata aperta a coloro che desiderano conoscere quali risposte l’ideale dell’unità può dare alle sfide del mondo di oggi proponendo la fraternità universale. Si approfondiranno tematiche specifiche riguardanti il diritto, l’economia, l’ecologia, la comunicazione, corredate da testimonianze, alternate da performance artistiche. Un Concorso internazionale di arti visive dal titolo: Fraternità L’iniziativa, lanciata nel 2005, avrà a Budapest il suo momento di premiazione. Sarà occasione per gli artisti di presentare le loro opere nell’intento di esprimere fraternità e bellezza quali “segni di Dio”. Il progetto “Fraternità con l’Africa” Tale progetto ha lo scopo di far crescere risorse umane e professionali in Africa, affinché siano gli africani stessi a contribuire allo sviluppo sociale e culturale del proprio Paese. Saranno assegnate a giovani e adulti africani, privi di mezzi, borse di studio a livello universitario o per corsi di specializzazione professionale: coloro che usufruiranno di tali contributi si impegneranno, a studi terminati, a lavorare nel proprio Paese. Per maggiori informazioni: Ufficio Stampa: Alma Pizzi: 335-8092813 Anna Lisa Innocenti: 338-3944209 e-mail: press_budapest2006@yahoo.it (altro…)
Set 7, 2006 | Sociale
Diffusione via-satellite e internet. Gli squilibri prodotti dall’economia di mercato globalizzata, il diffuso deficit di legalità, la domanda di una politica a servizio del bene comune, di una comunicazione non asservita ai poteri economici e politici, sono tra le tante sfide che si presentano all’umanità in questo inizio del nuovo secolo. Da Budapest, quale risposta a queste sfide, verrà lanciata una proposta: la fraternità. Sarà presentata con fatti concreti, vissuti nei più diversi contesti culturali, dall’Europa dell’Est e Ovest, dall’America Latina, Asia e Africa e in vari ambiti della società: economia: verrà presentato il progetto “Economia di comunione” applicato alle imprese di produzione e servizio, e la visione culturale che la ispira; diritto: emergerà l’impatto della fraternità sulla questione cruciale della legalità; comunicazione: si evidenzieranno le potenzialità dei media nel comporre in unità, nella diversità, la famiglia umana; politica: si mostrerà l’impatto della fraternità sull’agire politico, quale fondamento e principio di libertà e uguaglianza. Azione Fraternità con l’Africa – Verrà lanciato a Budapest un progetto a favore dello sviluppo sociale e culturale del continente africano, attraverso borse di studio. Radici spirituali – Atteso il messaggio di Chiara Lubich, presidente e fondatrice dei Focolari, dal titolo: “La nostra risposta alla notte culturale e collettiva di oggi”. Lo spessore di vita e pensiero, che verrà presentato a Budapest, nasce dal contributo di migliaia di persone. In prima fila “i volontari di Dio”, laici impegnati con radicalità a vivere la rivoluzione del Vangelo sotto le diverse latitudini e nei più diversi ambienti. Nati su iniziativa di Chiara Lubich, 50 anni fa, in risposta al grido che saliva dal popolo ungherese al momento dell’invasione del loro Paese da parte delle truppe sovietiche, nel novembre 1956. Si riuniranno in 9000, nei due giorni precedenti la “giornata della fraternità”, per un ritorno alle radici della loro storia e un rilancio del loro impegno a favore della società. Per seguire in diretta l’avvenimento, che sarà diffuso in italiano, inglese, spagnolo e portoghese: http://budapest2006.focolare.org (altro…)
Set 4, 2006 | Focolari nel Mondo
Sono portatrice di handicap uditivi e visivi, risultato di una malattia che mia madre ha contratto durante la gravidanza. Man mano che crescevo, mi rendevo conto che ero diversa dagli altri. Mi sentivo emarginata e soffrivo molto. Volevo partecipare, aiutare, ma le persone attorno a me spesso mi mettevano da parte, dicevano che non ero capace e che non sarei mai riuscita. Ho incominciato a impegnarmi molto negli studi, pensando di essere accettata. Mancava ancora qualcosa e molte volte, piangendo, mi sono chiesta: “Perché è avvenuto tutto questo? Perché Dio ha voluto questo per me?” A 25 anni sono stata invitata a partecipare ad un incontro tenuto da un sacerdote per persone con difficoltà uditiva come me. Lui aveva in mano una pagina del Vangelo che cercava di spiegare con molta difficoltà perché non conosceva il linguaggio dei segni. Mi sono offerta di aiutarlo e ho illustrato le parole di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Quando l’incontro si è concluso, ho riflettuto su quelle parole: dovevo incominciare ad amare come Gesù, a perdonare come Gesù. Ho conosciuto alcune persone del Movimento dei Focolari e ho iniziato a partecipare agli incontri, insieme ai giovani, cercando di mettere in pratica il Vangelo. La domanda che mi ero posta tante volte – “Perché, mio Dio?” – ha trovato finalmente la risposta: “Per meglio amare Dio, sarò un Suo strumento d’amore nel mondo”. Ho capito quanto fosse importante vedere e ascoltare con il cuore. A scuola Ora sono insegnante e, da quando ho cominciato questo lavoro, ho sentito l’esigenza di impostare la mia attività in maniera nuova. Lavoravo in una scuola per persone con deficit uditivi, collaboravo per introdurre un metodo centrato sulla cultura della persona sorda, utilizzando il linguaggio dei segni con l’appoggio della lingua portoghese. Parallelamente, cercavo di adottare un altro metodo, basato sull’ “arte d’amare”, che mi diceva di amare tutti, amare per prima, “farmi uno” con ciascuno, cosicché ogni allievo si sentisse una persona speciale. Una volta la direttrice ha convocato tutti i professori, chiedendomi di illustrare il mio metodo. Ho parlato di come cercavo di immedesimarmi nella vita degli studenti, fino a diventare una cosa sola con ciascuno. I colleghi erano così colpiti che molti di loro subito dopo hanno voluto cambiare metodo. Al catechismo Anni fa ho partecipato a una messa dove diversi ragazzi non udenti ricevevano il sacramento dell’Eucarestia. Mi sono accorta che non capivano bene ciò che stavano facendo perché non erano stati preparati adeguatamente. Dopo un tirocinio in Italia, in un Istituto per persone sorde, ho deciso di occuparmi della catechesi dei non udenti nella mia parrocchia. I risultati sono stati immediati: ho utilizzato il linguaggio brasiliano dei segni, focalizzando le lezioni sul testo della Messa domenicale. Subito dopo sono stata invitata a coordinare tutte le attività di questo tipo nella provincia del Paraná (Brasile), che coinvolge 16 diocesi e ho incominciato a incontrare periodicamente i catechisti. Mi sento realizzata, felice, perché mi rendo conto che la spiritualità dell’unità mi ha aperto la strada per contribuire alla costruzione di un’umanità rinnovata dall’amore. R. A. (Brasile) (altro…)
Set 4, 2006 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«Siamo stati a Vienna. Abbiamo avvicinato gruppi di profughi. Il mondo ha veramente sentito la tragedia di quel popolo ed è corso in suo aiuto. I profughi infatti hanno potuto avere tante cose: cibi, dolci, vestiario, rifugio, cortesia, soprattutto respiro di libertà. Uno di noi ha avvicinato un ragazzo di sedici anni. Teneva ancora la sua pistola. Era stato ferito in un combattimento e si mostrava orgoglioso d’averne uccisi sedici. Ma quando ci si interessò di lui più profondamente, cominciò a piangere e manifestò il desiderio di tornare a vedere la mamma. Gli fu chiesto se conoscesse Dio. Rispose decisamente di no. Poi proseguì dicendo d’averlo sentito bestemmiare da madre e padre e, perché educato cosi, d’essere rimasto sorpreso che la madre lo avesse invocato all’inizio dei disordini in Ungheria. Comunque per lui Dio era niente. Così per lui. Così per molti, molti altri che abbiamo avvicinato. Fu di fronte a questo annientamento del nome di Dio in quelle anime, che abbiamo compreso in modo nuovo e più profondo perché il Santo Padre avesse gridato: “Dio, Dio, Dio!”. “Dio vi aiuterà, Dio sarà la vostra forza. Dio! Dio! Dio! Risuoni questo ineffabile nome, fonte di ogni diritto, giustizia e libertà, nei Parlamenti, nelle piazze, nelle case e nelle officine…” (Radiomessaggio di Sua Santità Pio XII del 10.11.1956). C’è stata dunque una società capace di togliere il nome di Dio, la realtà di Dio, la provvidenza di Dio, l’amore di Dio dal cuore degli uomini. Ci deve essere una società capace di rimetterlo al Suo posto. Dio c’è, c’è, c’è. Non solo perché lo crediamo, ma perché, vorrei dire, Lo vediamo: ma chi ha fatto questa bellissima terra, ma chi ha fissato le stelle in cielo, ma chi ci ha dato un’anima che sente e distingue il bene dal male, ma chi ci ha creati? Dio vuole che si salvi Lui nell’umanità e l’umanità per Lui! Occorre gente che segua Gesù come vuole essere seguito: rinunciando a se stessi e prendendo la sua croce. Che crede quest’arma: la croce, più potente delle più potenti bombe atomiche perché la croce è un varco nelle anime, mediante la quale Dio entra nei cuori dei Suoi figli e li fa Suoi atleti. Occorre fare un blocco di uomini di tutte le età, razze, condizioni, legati dal vincolo più forte che esiste: l’amore reciproco lasciatoci dal Dio umanato morente, come testamento, ideale supremo e insuperabile forza. Amore reciproco che fonde i Cristiani in un’unità divina, inscalfibile agli attacchi dell’umano e del male, che sola può opporsi all’unità provocata dall’interesse, da motivi di questa terra, dall’odio. Amore reciproco che significa: fatti concreti, proiezione di tutto il nostro amore verso i fratelli per amore di Dio. Insomma occorrono discepoli di Gesù, autentici, nel mondo, non solo nei conventi. Discepoli che volontariamente Lo seguano, spinti solo da un illuminato amore verso di Lui. Gente che sia pronta a tutto. Un esercito di volontari, perché l’amore è libero. Occorre edificare una società nuova, rinnovata dalla Buona Novella sempre antica e sempre nuova, dove splendano, con l’amore, la giustizia e la verità. Una società che superi in bellezza e in concretezza ogni altra società, fatta sognare dagli uomini agli uomini, che sia donata da Dio ai Suoi figli che Lo riconoscono e Lo adorano: Padre! Una società che testimoni un nome solo: Dio. Perché, come per quel profugo ungherese non bastava la libertà, non bastava il pane, ma occorreva la mamma (e questo è il ritorno a ciò che di più puro dà la natura, primo scalino verso il Creatore), così per quanti sono disseminati nel mondo e credono al trionfo di idee apparentemente belle, ma minate alla base dall’ateismo, è necessario il dono di Dio. Dio solo può riempire il vuoto scavato in tanti anni».
Chiara Lubich
Dall’articolo pubblicato su Città Nuova del 15/1/1957 (altro…)
Ago 31, 2006 | Chiara Lubich, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Hiroshima, 21-25 agosto 2006 Carissimi e carissime partecipanti all’Assemblea dei giovani delle Religioni per la Pace, vi so convenuti a Hiroshima da tutti i continenti del mondo a manifestare e a lavorare a favore della pace. A tutti il mio più caloroso saluto e l’augurio che questa assemblea sia ricca di propositi e di frutti concreti. Non occorre dilungarsi sull’importanza di quanto state facendo in questi giorni. La tragica situazione di un mondo che agogna la pace, ma che non la sa trovare, è davanti agli occhi di tutti. Ogni gesto, quindi, in questa direzione è significativo; ogni sforzo, ogni impegno un contributo. Ma voi che siete giovani credenti, giovani di religione, avete – direi – un compito e un ruolo del tutto particolare in quest’immenso cantiere che è il nostro pianeta. Sì, perché voi, da qualsiasi religione provenite, siete convinti che il prossimo, ogni prossimo, va amato e rispettato. Infatti la “Regola d’oro” – così come viene chiamato questo precetto – è presente nei Libri Sacri di tutte le grandi religioni. Essa dice in pratica: fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te; desidera per gli altri ciò che derideresti per te; non fare o desiderare per gli altri ciò che sarebbe causa di dolore se fosse fatto a te. L’amore verso il prossimo, inteso così, è il contributo più atteso ed efficace; è la chiave principale per la soluzione di ogni problema, la risposta fondamentale ad ogni male. Bisogna specificare però che il tipo di amore che siamo chiamati a portare al mondo – noi che abbiamo ricevuto il dono di una fede religiosa – è un amore speciale, forte come la morte. Non è sufficiente la tolleranza o la non-violenza, non basta l’amicizia o la benevolenza verso gli altri. E’ un amore che va verso tutti indistintamente: piccoli e grandi, poveri e ricchi, della propria patria o di un’altra, amici e nemici. Esige misericordia e perdono. Dobbiamo amare poi per primi, prendendo l’iniziativa, senza aspettare d’essere amati. E amare non solo a parole, ma concretamente, a fatti, dimenticando noi stessi per metterci a servizio degli altri. E ciò comporta sacrificio e fatica. La pace vera e l’unità giungono quando questo modo di vivere è praticato non solo da singole persone, ma insieme, nella reciprocità. In questi giorni potete sperimentare quanto ciò è vero, amandovi fra voi. Nella liturgia cristiana si canta che: “dove è la carità e l’amore lì è Dio”. Dio fra voi, reso presente dal vostro reciproco amore, vi illuminerà sul da farsi, vi guiderà, sarà la vostra forza, il vostro ardore, la vostra gioia. Vi unirà come in una rete invisibile, ma potente anche quando sarete lontani gli uni dagli altri. Amore, dunque, fra voi ed amore seminato in molti angoli della terra fra i singoli, fra i gruppi, fra nazioni, con tutti i mezzi, perché il mondo sia invaso d’amore, anche per il vostro contributo. Coraggio, carissimi giovani! Andate avanti senza esitazione. La giovinezza, che possedete, non fa calcoli, è generosa. Se così faremo tutti, l’umanità diverrà sempre più una famiglia, e potrà risplendere sul mondo l’arcobaleno della pace! Sono con voi. Chiara Lubich (altro…)
Ago 31, 2006 | Parola di Vita
Una Parola che dà la vita, quella del Vangelo, e, nello stesso tempo, una Parola che domanda di essere vissuta. Se un Dio parla a noi, come non accogliere la sua Parola? La Bibbia ripete per ben 1153 volte l’invito ad ascoltarlo. Lo stesso invito è rivolto dal Padre ai discepoli quando la Parola, il Figlio suo, viene a vivere in mezzo a noi: “Ascoltatelo”. Ma l’ascolto di cui parla la Bibbia è fatto più col cuore che con le orecchie. È aderire interamente, obbedire, adeguarsi a quanto Dio dice, con la fiducia di un bambino che si abbandona alle braccia della mamma e si lascia portare da lei. È quanto ricorda l’apostolo Giacomo nella sua lettera:
«Siate quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto».
Si sente qui l’eco dell’insegnamento di Gesù che dichiara beato chi, avendo ascoltato la Parola di Dio, la osserva, e che riconosce come madre e fratelli suoi coloro che la ascoltano e la mettono in pratica. Riprendendo un’immagine di Gesù, Giacomo la paragona ad un seme depositato nel nostro cuore. Essa va accolta “con docilità”; ma non basta l’accoglienza, l’ascolto. Come il seme è destinato a portare frutto, così la Parola di Dio deve tradursi in vita. Lo aveva spiegato Gesù nella parabola dei due figli. “Sì”, aveva risposto il primo figlio al padre che gli chiedeva di andare a lavorare nei campi, ma non vi andò. “Non ne ho voglia”, aveva risposto l’altro figlio, che poi invece obbedì al padre, mostrando con i fatti cosa vuol dire ascoltare veramente la Parola. Il buon ascoltatore della Parola, afferma ancora Gesù al termine del “discorso della montagna”, è colui che la mette in pratica, dando consistenza alla sua vita come ad una casa fondata sulla roccia.
«Siate quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto».
In ogni sua Parola Gesù esprime tutto il suo amore per noi. Incarniamola, facciamola nostra, sperimentiamo quale potenza di vita sprigiona, se vissuta, in noi e attorno a noi. Innamoriamoci del Vangelo fino al punto da lasciarci trasformare in esso e traboccarlo sugli altri. Questo è il nostro modo di riamare Gesù. Non saremo più noi a vivere, Cristo si formerà in noi. Toccheremo con mano la libertà da noi stessi, dai nostri limiti, dalle nostre schiavitù, non solo, ma vedremo esplodere la rivoluzione d’amore che Gesù, libero di vivere in noi, provocherà nel tessuto sociale in cui siamo immersi.
«Siate quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto».
L’abbiamo sperimentato fin dagli inizi del Movimento, durante la seconda guerra mondiale quando, a Trento, a motivo dei frequenti bombardamenti, correvamo nei rifugi portando con noi solo il piccolo libro del Vangelo. Lo aprivamo, lo leggevamo e, penso, per una particolare grazia di Dio, quelle Parole, sentite ripetere tante volte, si illuminavano di una luce nuovissima. Erano Parole di vita, da potersi tradurre in vita. “Ama il prossimo tuo come te stesso”, e pur nel grigiore e nella tragedia della guerra, le persone così amate ritrovavano il sorriso, la serenità, il senso della vita. “Date e vi sarà dato”, e chili di provvidenza ci ricoprivano, dopo un nostro magari piccolo gesto di generosità, beni che distribuivamo a larghe mani ai bisognosi della città. Abbiamo visto nascere attorno a noi una comunità viva, fatta, dopo soli pochi mesi, di 500 persone. Tutto era frutto della comunione con la Parola, che era costante, era una dinamica di minuto per minuto. Eravamo inebriati della Parola, possiamo dire che la Parola ci viveva. Bastava dirci: “Vivi la Parola?”, “Sei la Parola viva?”, per aumentare in noi l’accelerazione a viverla. Dobbiamo tornare a quei tempi. Il Vangelo è sempre attuale. Sta a noi crederci e sperimentarlo.
Chiara Lubich
Ago 30, 2006 | Dialogo Interreligioso
“In un tempo in cui la religione è manipolata dagli estremisti, i leader religiosi riuniti a Kyoto dimostrano a tutto il mondo la capacità delle comunità religiose di illuminare il sentiero della pace quando lavorano insieme”, ha affermato il dott. Vendley, Segretario Generale della Conferenza mondiale delle Religioni per la Pace (WCRP), a conclusione della loro VIII Assemblea mondiale, cui hanno partecipato oltre duemila persone. Gli 800 delegati, provenienti da oltre 100 Paesi, erano esponenti Buddisti, Cristiani, Indù, Musulmani, Ebrei, Giainisti, Sikh, Shintoisti, Zoroastriani e Indigeni. Tra i musulmani figuravano personalità di spicco come l’ex presidente iraniano Khatami e il principe di Giordania, Hassan Talal. A capo della delegazione ebraica, il rabbino David Rosen, presidente della Commissione internazionale ebraica. A guidare la rappresentanza cattolica, i cardinali Stephen Fumio Hamao, giapponese, insieme al boliviano Julio Terrazas Sandoval. I leader religiosi di Iraq, Sud Corea, Sri Lanka e Sudan hanno mostrato la singolare capacità dell’Assemblea di mettere insieme delegati provenienti da zone di conflitto. I leader religiosi sciiti, sunniti e curdi, dell’Iraq, in conflitto nel loro Paese, in una dichiarazione congiunta affermano: “Abbiamo parlato con audacia, coraggio, e con fiducia. Adesso camminiamo su questo sentiero di dialogo. Se Dio vuole, raggiungeremo una linea verde di pace per tutto l’Iraq”. I rappresentanti indù e buddisti, provenienti dallo Sri-Lanka, pubblicamente si sono stretti a lungo la mano, ed hanno sollecitato il cessate-il-fuoco e la ripresa dei colloqui di pace. A conclusione dell’Assemblea, i delegati hanno adottato le venti raccomandazioni di una Dichiarazione che “pone le comunità religiose al centro degli sforzi per fronteggiare localmente la violenza in tutte le sue forme”. Il documento è rivolto non solo ai leader religiosi, ma anche ai governi, alle organizzazioni internazionali, per portare avanti la sicurezza condivisa attraverso l’appoggio, l’educazione, la collaborazione con e tra comunità religiose. Le radici spirituali del dialogo tra le religioni e il loro impegno per la pace sono state al centro del messaggio di Chiara Lubich, una dei presidenti onorari della WCRP, rappresentata da una delegazione internazionale del Movimento dei Focolari. La presidente dei Focolari ha posto l’accento sull’ “amore che unisce”, “quello che ciascuno di noi, iniziando da se stesso, può innestare in tutti i suoi rapporti”. Sino a “far risplendere, insieme, per l’amore scambievole, la presenza di Qualcuno che ci trascende e che è infinitamente più grande di noi”. “Una presenza nuova di Dio che porta tolleranza, comprensione, perdono, pace, gioia, e accende quella fiamma d’amore che fonde gli uomini in comunione, illumina il cammino dell’esistenza e non può non fare breccia nel cuore di tutti”. Due sessioni dell’Assemblea mondiale hanno dato voce alle donne e ai giovani delle diverse fedi. Oltre 400 partecipanti, da 65 Paesi, hanno concluso l’Assemblea delle donne delle Religioni per la Pace, il 25 agosto, con una Dichiarazione nella quale si afferma che “le donne di fede danno forza e speranza quando tutto sembra senza speranza”. L’Assemblea dei giovani, riuniti ad Hiroshima dal 21 al 25 Agosto, in una propria Dichiarazione, proclamano di scegliere “la speranza perché è la sola via per progredire”. La WCRP, Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace, è il più grande organismo mondiale che raduna leader e organizzazioni delle diverse religioni. E’ stata istituita nel 1970, ed è fondata sul principio del profondo rispetto delle diversità religiose. Promuove la cooperazione per sanare i conflitti, costruire la pace e lo sviluppo. Questi grandi incontri periodici favoriscono innanzitutto la conoscenza reciproca e il dialogo. (altro…)
Ago 29, 2006 | Sociale
Il significato della manifestazione del 16 settembre, che vuol proporre la fraternità in risposta alle sfide dell’oggi, è stato presentato in una conferenza stampa, il 13 settembre a Budapest. I responsabili internazionali dei volontari, Maria Ghislandi e Augusto Landucci, hanno messo a fuoco questa vocazione, che è una specifica chiamata di Dio, sottolineando che “la nostra forza è l’unità, il nostro scopo è creare frammenti di fraternità” e che “tutto questo si è concretizzato in più di 1000 opere sociali in tutto il mondo”. I responsabili del Movimento dei Focolari in Ungheria, Ilona Toth e Csaba Ferentzi, hanno presentato l’evento come “un onore per Budapest”, mentre Lucia Fronza Crepaz, presidente a livello internazionale del Movimento politico dell’unità, già deputato al parlamento italiano, ha affermato: “La fratellanza universale è qualcosa che ci mette dentro la storia dell’umanità, ci chiama ad una sfida perenne dentro le piaghe della società. Abbiamo scelto le quattro sfide: economia, diritto, comunicazione, politica, i settori dove più profonda è la crisi”. Facendo cenno al percorso che ha portato a dare le risposte concrete presentate il 16 settembre, Lucia Fronza, ha evidenziato come “l’amore interpersonale verso l’uomo è diventato amore sociale, l’impegno a cercare il rapporto personale con chi ci vive accanto è coniugato con l’impegno a trasformare le strutture perché sempre più siano al servizio dell’uomo”. Di qui l’urgenza di “dar vita ad una cultura nuova per rinnovare le strutture. Cultura che non nasce a tavolino, ma dal dialogo. Ed ha fatto due esempi: nelle strutture c’è bisogno di una nuova cultura politica, di motivazioni che ispirino una politica al servizio dell’uomo. Nel campo economico: presenteremo l’esperienza di aziende che sono dentro il mercato, ma ispirate dal desiderio di fare comunione dei beni, degli utili”. (altro…)
Ago 20, 2006 | Ecumenismo
“L’amore che Cristo ha chiesto a Pietro, non è circoscritto ad un gruppo, nemmeno alla Chiesa cattolica: tutti sono sue pecorelle. E per questo, l’amore è rivolto a tutti i cristiani, e questo amore chiede prima di tutto l’unità, perché è una grande sofferenza quando una famiglia è divisa. In questo spirito io ho inteso il mio nuovo compito e l’ho svolto con tutto il cuore e con tutte le forze – spirituali e materiali – che Dio mi ha dato; il Signore mi ha benedetto e Gli sono profondamente riconoscente per essersi servito così a lungo della mia opera per la Sua Chiesa”. Questa la testimonianza diretta del card. Johannes Willebrands, in un’intervista rilasciata alla Radio Vaticana nel 1989, all’età di 80 anni, nel momento in cui terminava per motivi di età, dopo 20 anni, l’incarico di Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Benedetto XVI: “Un pastore infaticabile al servizio del Popolo di Dio e dell’unità della Chiesa” che ha dato “un nuovo slancio al dialogo ecumenico”. Così il Papa, alla sua dipartita, il 2 agosto scorso, nel telegramma di cordoglio, ringrazia il Signore per la vita del card. Willebrands. Aveva 97 anni. Il suo impegno a servizio della causa ecumenica era iniziato sin dal 1951, 10 anni prima del Concilio Vaticano II. Viva è la gratitudine del Movimento dei Focolari: il card. Willebrands ha accompagnato e incoraggiato, con la sua sapiente lungimiranza, gli sviluppi ecumenici del Movimento sin dagli anni Sessanta.
Qualche nota biografica
Il cardinale Johannes Willebrands è nato nel 1909 a Bovenkarspel, nel Paesi Bassi. Docente di Filosofia e poi rettore del Seminario Maggiore di Warmond, in Olanda, mostra subito un vivo interesse per la causa dell’unione dei cristiani, organizzando nel 1951 la Conferenza cattolica per la questioni ecumeniche. Nel 1958 l’episcopato olandese lo designa delegato per le attività ecumeniche e due anni più tardi Giovanni XXIII lo nomina segretario dell’appena costituito Segretariato per l’Unione dei Cristiani, che durante i lavori del Concilio Vaticano II s’occupò – sotto la guida del cardinale Bea – della preparazione dei documenti relativi all’ecumenismo, alla libertà religiosa e ai rapporti con le religioni non cristiane. Consacrato vescovo nel 1964, promuove un gran numero di iniziative per rendere più intenso il dialogo tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese cristiane, contattando in particolare ortodossi, anglicani e luterani. Nel 1969, succede al card. Bea: Paolo VI lo nomina presidente del Segretariato per l’Unione dei Cristiani (poi denominato Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani), creandolo poco dopo cardinale.
La testimonianza dei fratelli delle varie Chiese
Tra le numerose testimonianze dei nostri fratelli e sorelle di varie Chiese, ricordiamo un episodio significativo di cui è testimone il pastore evangelico tedesco Dieter Fürst. Nel 1986, ricordando un incontro del card.Willebrands con un gruppo di evangelici al Centro Uno, Centro ecumenico dei Focolari, a Roma, il pastore Fürst riferisce che, prima di incontrare il cardinale, avevano il “timore che la grande, potente Chiesa cattolica volesse schiacciare la piccola, debole Chiesa evangelica”. Il pastore aveva aggiunto che tra i partecipanti a questo incontro vi erano anche rappresentanti delle Chiese libere, i quali nutrono quel timore in modo particolare. Ma la parola del card. Willebrands è stata così paterna, così ripiena di Spirito Santo che ha suscitato entusiasmo in questi fratelli: “il cardinale ha mostrato la Chiesa e la cristianità in una dimensione assai più ampia di quanto l’avessimo prima.” (altro…)
Ago 7, 2006 | Centro internazionale, Spiritualità
“La guerra è un omicidio in grande”. “Come la peste serve ad appestare, la fame ad affamare, così la guerra serve ad ammazzare”. “Se vuoi la pace, prepara la pace” . “Solo i matti e gl’incurabili desiderano la morte. E morte è la guerra”. “Non credo che ci sia mai capo di Stato, il quale abbia ammesso di far la guerra a scopo di rapina; ha sempre dichiarato di farla per fini uno più nobile, uno più altruista, più ideale dell’altro. E – puerilità dell’odio – sempre la rapacità è assegnata al nemico e l’idealità all’amico”. “I nemici si amano: questa è la posizione del cristianesimo. Se si iniziasse una politica della carità, si scoprirebbe che questa coincide con la più illuminata razionalità, e si palesa, anche economicamente e socialmente, un affare”. “Per meritarsi il nome di figli di Dio i cristiani devono lavorare per la pace”. “Noi dobbiamo organizzare la pace così come altri hanno organizzato la guerra”. “L’opera pacificatrice comincia da me e da te…” (altro…)
Ago 6, 2006 | Non categorizzato
In arrivo alla cittadella di Loppiano (Incisa Valdarno – Firenze), del Movimento dei Focolari, 5.000 scout da tutta Europa, per il loro appuntamento triennale, il “Rowerway 2006”. L’incontro, incentrato sul tema “Ricostruiamo il nostro tempo partendo dall’uomo”, si svilupperà in 5 itinerari tematici: ambiente, storia, arte, politica e scienze. L’appuntamento è stato preceduto da oltre un anno di intensa e fruttuosa collaborazione tra Focolari e Scout, a sottolineare lo spirito di scambio e sinergia tra movimenti diversi, accomunati dalla speranza nell’uomo, come recita anche una nota della manifestazione. Info: www.roverway.it – www.loppiano.it (altro…)
Ago 2, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Biacout, come tutti i villaggi libanesi che non sono stati ancora sottoposti a bombardamenti, è gremito di famiglie sfollate dalle regioni meridionali di Beirut, cristiane e musulmane, senza distinzione. Si tratta di un piccolo quartiere pilota, nato durante la guerra negli anni ’80 per opera di volontarie dei Focolari, allo scopo di essere un’oasi di pace e di convivialità. Oggi vive un nuovo volto della sua « vocazione ». Al Centro Medico Sociale, incontriamo Acia che, 20 anni fa, avevamo conosciuto quando con la sua famiglia e altre centinaia di persone, era fuggita dal suo villaggio del sud del Libano. L’avevamo incontrata su una spiaggia, senza tetto, senza viveri, completamente sprovveduta. Le eravamo stati vicini e da allora il rapporto si è approfondito. Oggi la storia ricomincia da capo. Acia accoglie a casa sua tre famiglie provenienti dal suo villaggio, oltre a due vecchietti. La sua situazione precaria non le impedisce di condividere tutto con gli altri. “Ci arrangiamo come è possibile” ci dice. “Meno male che siamo in estate. Gli uomini dormono sulla terrazza. Ma abbiamo bisogno di materassi e soprattutto di medicine per i bambini, per mia mamma e mia suocera, ma anche per mio marito”. Difatti da un anno circa a suo marito è stata diagnosticata una sclerosi muscolare ed è sempre sotto trattamento. Poi continua: “Oggi altre famiglie sono state accolte dalla mia vicina. Sono in condizioni pessime. Hanno bisogno di tutto”. Condividiamo quanto abbiamo e continuiamo il nostro giro. Arriviamo alla Casa Notre Dame, che era stata costruita in piena guerra per essere un luogo di pace, di ascolto, di condivisione. Sawsan, la maestra d’asilo, ha dato ospitalità ad 8 famiglie musulmane. Ringraziano “Allah” di essere qui e sperano di poter ritrovare sani e salvi i famigliari che abitano vicino alla frontiera. “Speriamo che “Allah” bruci tutti quelli che ci uccidono”, dice con rabbia una di loro. Ma subito: “E’ più forte di me, mi scaldo, mi arrabbio davanti a quanto sta succedendo, a quello che ci è accaduto, ma so anche che gli altri dall’altra parte soffrono come noi dalla furia di questa guerra”. Fatmé ribadisce: “Siamo tutti figli di Dio. Che Allah, l’onnipotente, calmi i cuori e gli spiriti e ci faccia ritrovare la pace”. Intanto arriva Wardé, una giovane cristiana fuggita dal sud durante l’ultima guerra con il marito e i figli, e rifugiatasi a Biacout. Ultimamente era ritornata nel sud. “Ecco, siamo di ritorno a Biacout. Ringraziamo Dio! Nessuno è rimasto ferito o colpito. Abitiamo insieme, 3 famiglie. Non abbiamo niente ed abbiamo paura di quanto sta succedendo e di quanto forse ci attende ancora”. Mentre conversiamo, vedo tra le mani di alcune delle donne sciite lunghi rosari. Invocano “Allah” il Grande, lodandolo, e rendendogli grazie. Ed è su questa nota spirituale bellissima che ci siamo lasciate. Wardé ci accompagna, e noi cerchiamo di condividere la sua angoscia. Torniamo alla macchina: nel cuore c’è la dolcezza di questi momenti trascorsi insieme alla Casa Notre Dame e l’amaro del grido di dolore che riecheggia ovunque. (altro…)
Lug 31, 2006 | Parola di Vita
Concreto ed essenziale questo programma di vita. Basterebbe da solo a creare una società diversa, più fraterna, più solidale. Esso è tratto da un ampio progetto proposto ai cristiani dell'Asia Minore.
In quelle comunità si è raggiunta la “pace” tra Giudei e Gentili, i due popoli rappresentanti dell'umanità fino ad allora divisi.
L'unità, donata da Cristo, va sempre ravvivata e tradotta in concreti comportamenti sociali interamente ispirati dall'amore reciproco. Da qui le indicazioni su come impostare i nostri rapporti:
«Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo»
Benevolenza: volere il bene dell'altro. È “farsi uno” con lui, accostarlo essendo vuoti completamente di noi stessi, dei nostri interessi, delle nostre idee, dei tanti preconcetti che ci annebbiano lo sguardo, per addossarci i suoi pesi, le sue necessità, le sue sofferenze, per condividere le sue gioie.
È entrare nel cuore di quanti accostiamo per capire la loro mentalità, la loro cultura, le loro tradizioni e farle, in certo modo, nostre; per capire veramente quello di cui hanno bisogno e saper cogliere quei valori che Dio ha disseminato nel cuore di ogni persona. In una parola: vivere per chi ci sta accanto.
Misericordia: accogliere l'altro così come è, non come vorremmo che fosse, con un carattere diverso, con le nostre stesse idee politiche, le nostre convinzioni religiose, e senza quei difetti o quei modi di fare che tanto ci urtano. No, occorre dilatare il cuore e renderlo capace di accogliere tutti nella loro diversità, nei loro limiti e miserie.
Perdono: vedere l'altro sempre nuovo. Anche nelle convivenze più belle e serene, in famiglia, a scuola, sul lavoro, non mancano mai momenti di attrito, divergenze, scontri. Si arriva a togliersi la parola, ad evitare di incontrarsi, per non parlare di quando si radica in cuore l'odio vero e proprio verso chi non la pensa come noi. L'impegno forte ed esigente è cercare di vedere ogni giorno il fratello e la sorella come fossero nuovi, nuovissimi, non ricordandoci affatto delle offese ricevute, ma tutto coprendo con l'amore, con un'amnistia completa del nostro cuore, ad imitazione di Dio che perdona e dimentica.
La pace vera poi e l'unità giungono quando benevolenza, misericordia e perdono vengono vissuti non solo da singole persone, ma insieme, nella reciprocità.
E come in un caminetto acceso occorre di tanto in tanto scuotere la brace perché la cenere non la copra, così è necessario, di tempo in tempo, ravvivare di proposito l'amore reciproco, ravvivare i rapporti con tutti, perché non siano ricoperti dalla cenere dell'indifferenza, dell'apatia, dell'egoismo.
«Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo»
Questi atteggiamenti domandano di essere tradotti in fatti, in azioni concrete.
Gesù stesso ha dimostrato cos'è l'amore quando ha sanato gli ammalati, quando ha sfamato le folle, quando ha risuscitato i morti, quando ha lavato i piedi ai discepoli. Fatti, fatti: questo è amare.
Ricordo una madre di famiglia africana: aveva dovuto subire la perdita d'un occhio della propria bambina Rosangela, vittima di un ragazzino aggressivo che l'aveva ferita con una canna e continuava a farsi burla di lei. Nessuno dei genitori del ragazzo aveva chiesto scusa. Silenzio, mancanza di rapporto con quella famiglia la amareggiavano. “Consolati – diceva Rosangela che aveva perdonato – sono fortunata, posso vedere con l'altro occhio!”
“Una mattina – la madre di Rosangela racconta – la mamma di quel ragazzino mi manda a chiamare perché si sente male. La mia prima reazione è: 'Guarda, ora viene a chiedere aiuto a me, con tanti altri vicini di casa, proprio a me dopo quello che suo figlio ci ha fatto!'
Ma subito ricordo che l'amore non ha barriere. Corro a casa sua. Lei mi apre la porta e mi sviene tra le braccia. L'accompagno in ospedale e le sto vicino fino a quando i medici non se ne prendono cura. Dopo una settimana, uscita dall'ospedale, viene a casa mia per ringraziarmi. L'accolgo con tutto il cuore. Sono riuscita a perdonarla. Ora il rapporto è tornato, anzi è iniziato tutto nuovo”.
Anche la nostra giornata può riempirsi di servizi concreti, umili e intelligenti, espressione del nostro amore. Vedremo crescere attorno a noi la fraternità e la pace.
Chiara Lubich
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Lug 23, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dal Libano scrivono i responsabili del Movimento: «Per l’ennesima volta qui, in Libano, si sperimenta che solo Dio resta. Appena tante infrastrutture erano state risistemate dopo l’ultima guerra, ecco che sono sparite in poche ore. Già 500.000 persone dal Sud del Libano e dall’Est (su 4 milioni circa di abitanti) sono sfollate in meno di una settimana. Bombardamenti, morti, feriti, quanto vedete alla TV è tutto vero. Ma più vera ancora è l’esperienza straordinaria che stiamo facendo: sì, tutto crolla, ma l’Amore vince. Dopo i primi momenti di sgomento, paura, di tanti “perché?”, ecco che l’amore circola, più forte dell’odio». Cristiani e musulmani – «Anche noi abbiamo aperto le porte dei nostri Centri a tanti dei nostri amici musulmani con le loro famiglie, che abbiamo conosciuto negli ultimi 3 anni e con i quali si era cominciata a costruire una vera fraternità. Con noi sono attori nel vivere l’amore concreto: aiuto reciproco in cucina, nelle pulizie, nel far giocare i bambini, nell’andare ad aiutare altri sfollati». Un disegno di Dio – «Ecco che il Libano, per quanto possano fare le grandi potenze per far credere il contrario, si trova nel suo vero disegno di Dio: cristiani e musulmani, davvero fratelli. C’è proprio da ringraziare Dio che dal Male sta ricavando un Bene immenso. Anche questi nostri amici sentono che anche se il mondo intero ci abbandonasse, Dio non lo farà mai». La solidarietà non si ferma – «Prodotti alimentari di tutti i generi, soldi, persone che abitano vicino e assicurano una presenza per ogni necessità: in mezzo ai dolori, c’è la gioia di sentirsi veri fratelli, l’esperienza straordinaria di essere una ‘famiglia’ ci fa sperimentare che l’amore ricostruisce i rapporti, risana le ferite, diminuisce la paura, ridona speranza, porta pace». Ci è giunta anche l’esperienza diretta dei giovani, impegnati in prima linea nelle azioni di solidarietà in cui si sta attivando il Movimento. Scrive J.: La sfida più difficile – «Vorrei raccontarvi l’esperienza di questa guerra da un altro punto di vista: è vero che è una situazione “allarmante”, che si sta andando indietro e che avrà conseguenze terribili per il Libano; è anche vero che non sappiamo cosa succederà nel futuro, e che se continua così, questo conflitto potrebbe trasformarsi in una guerra del Medio Oriente… e la nostra mente potrebbe andare avanti senza fermarsi…PERO’, nel momento presente, la sfida più difficile è superare la tentazione d’impotenza che ci brucia pian pianino». Uscire da sé per andare verso l’altro – «L’esperienza che abbiamo fatto con la comunità del Movimento dei Focolari all’incontro di sabato scorso, e con i giovani nel nostro congresso sabato e domenica è stata quella di uscire da sé, e saltare dall’osservazione all’azione; e andare verso gli altri, aiutando, amando…magari soltanto nelle piccole cose, ascoltare gli altri, giocare con i bambini. Con alcuni giovani siamo andati a Beirut dove in due scuole c’erano circa 600 rifugiati arrivati dal sud bombardato; abbiamo portato loro dei materassi e altre cose di cui avevano bisogno». «E’ vero che tutto crolla, ma è sempre più vero che sotto tutto il caos, Dio c’è e lavora, bisogna solo essere attenti. Continuiamo le preghiere e sopratutto la vita “in tutti i sensi” nel momento presente» J. (altro…)
Lug 22, 2006 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Abbiamo ricevuto dalla comunità del Movimento in Libano una nuova testimonianza: uno squarcio del dramma che vive la popolazione cristiana e musulmana di quel piccolo Paese, e dell’impegno di pace e solidarietà che vince timore, odio e violenza.
Chi desidera contribuire con aiuti in denaro, può subito inviarli all’AMU (Vedi fondo pagina)
La testimonianza
Mi trovo in auto. La circolazione è molto lenta. Dappertutto c’è una concentrazione attorno ai supermercati, ai grandi magazzini. La gente ha negli occhi uno sguardo spento o di rivolta. Sola nella mia auto, rivedo ciò che credevo dimenticato. Attaccata alla radio che avverte dei pericoli che possono sorgere da un secondo all’altro, ecco che ascolto di nuovo la musica di Flash Information Radio Liban, quella che ascoltavamo nei momenti più difficili e più gravi della lunga guerra, quella che le nostre orecchie hanno registrato per sempre, quella che continua a farci venire la pelle d’oca: « Qui la redazione: i villaggi del Sud Kleya, Debl, Marjehyoun e tante altre località sono in una situazione molto critica. La gente è ammassata nelle chiese, nelle hall dei municipi in una situazione di estrema precarietà. Fanno appello per essere aiutati ad evacuare malati, handicappati, anziani, feriti… Sono senza viveri né medicine, senza acqua né corrente elettrica. E’ emergenza umanitaria, la situazione non può durare…. ». Dopo qualche secondo ancora, la stessa musica, la stessa voce grave: «La periferia di Zahlé ha subìto un intenso bombardamento, la centrale elettrica è stata danneggiata…. Facciamo appello a tutte le persone: non circolate se non in caso di estrema necessità » . Il telefonino suona: è una amica che abita ad Achrafieh, Beirut. Mi chiede di trovare un angolo sicuro per sua madre…. Sì, la guerra questa volta presenta un nuovo pericolo: quello di annientare un Paese, un popolo … La battaglia si combatte distruggendo i ponti, le strade, tutte le infrastrutture pubbliche e private. Tutte le regioni sono prese di mira. Nessuna è risparmiata: il sud, la Békaa, il nord, la costa, Beirut. Il pericolo è dappertutto. La gente è estenuata. E ci vien fatto intendere che la fine non è domani….
Ma ……
… in questo inferno e in questo stato di desolazione generale, c’è sempre un barlume di luce, per dare speranza, per motivare e incoraggiare… Come succede all’IRAP (scuola di riabilitazione per sordomuti): la gente affolla il grande salone, i corridoi, le classi si trasformano in camere di fortuna. Si cerca di stabilire contatti per coordinare gli aiuti con le istituzioni sociali. Rotoli di carta igienica, coperte, stock di viveri, medicine per i piccoli in preda a violenti diarree, sono in partenza verso un centro di accoglienza a Bourg Hammoud. Materassi, vestiti arrivano dagli stessi libanesi per sostenere le famiglie con i bambini piccoli. Tentiamo di contattare i nostri amici del sud, isolati senza alcun soccorso. Ma molte linee telefoniche sono state distrutte. La volontà di vivere e di far vivere non si spegne. Anche se le possibilità sono limitate. Cristiani, Musulmani Sciiti e Sunniti, tutti subiscono la stessa sorte, e sono uniti a causa della violenza che indistintamente si scatena su di loro; sono uniti, perché sono libanesi, perché amano la loro terra, perché sono fedeli alle loro radici. E’ questo spirito di solidarietà che teniamo vivo. La pace, per la quale siamo mobilitati, sostenuti dalla preghiera, dobbiamo costruirla in noi in ogni momento e ricominciare, ricominciare. Per vincere i sentimenti di paura, odio e violenza che vorrebbero abbatterci. Un gruppo di giovani ha lasciato il nostro Centro per aiutare altri. Una di loro diceva: «Qui abbiamo vissuto ‘momenti di cielo’». Le ho risposto: « Che ciascuno di voi porti il cielo là dove va ». E’ questo il bene più grande che cerchiamo di donare a chi sta attorno a noi. Abbiamo bisogno di qualsiasi cosa. Molti hanno perduto tutto. Ma abbiamo bisogno soprattutto di amicizia, di solidarietà, di preghiera. Il ‘Paese dei cedri’ ancora una volta rinascerà, vivrà! La speranza di Claudel e la fede dei grandi santi è viva in noi. Nostra Signora di Harissa veglia su questo piccolo Paese, giardino di Dio « pezzo di cielo sulla terra », che ciascuno vorrebbe possedere, come ripete un cantore del Libano. Noi lanciamo un appello a tutti i nostri amici, agli organismi che hanno già collaborato con noi: mettete in moto una catena di preghiera, una catena di aiuti. Mobilitate l’opinione pubblica in favore della sovranità del Libano. Ogni gesto di solidarietà sarà benvenuto ! Dall’équipe dell’IRAP: Janine e Mona
Come aiutare
Associazione “Azione per un Mondo Unito” Ong – Via Frascati, 342 – 00040 Rocca di Papa (Roma) – Italia c/c bancario n. 640053 presso Sanpaolo IMI, Ag. di Grottaferrata (Roma) ABI 01025 CAB 39140 CIN M Coord. Bancaria internazionale per i versamenti dall’estero: IBAN IT16 M010 2539 1401 0000 0640 053 BIC IBSPITTM – Causale: « Emergenza Libano » Per l’Italia si può utilizzare anche il conto corrente postale 81065005, sempre intestato all’AMU, indicando l’indirizzo dell’ong e la causale. L’Associazione “Azione per un Mondo Unito” (AMU) è un’ organizzazione non governativa (ONG) che si ispira alla spiritualità dell’unità del Movimento dei Focolari e si propone di favorire la fraternità tra i popoli, promuovendo progetti di cooperazione allo sviluppo, nel rispetto delle realtà sociali, culturali ed economiche delle popolazioni. (altro…)
Lug 21, 2006 | Non categorizzato
Dalla dichiarazione della Sala Stampa vaticana
1. «Il Santo Padre segue con grande preoccupazione le sorti di tutte le popolazioni interessate ed indice per domenica prossima, 23 luglio, una speciale giornata di preghiera e di penitenza, invitando i Pastori ed i fedeli di tutte le Chiese particolari come tutti i credenti del mondo ad implorare da Dio il dono prezioso della pace. 2. In particolare, il Sommo Pontefice auspica che la preghiera si elevi al Signore, perché cessi immediatamente il fuoco tra le Parti, si instaurino subito corridoi umanitari per poter portare aiuto alle popolazioni sofferenti e si inizino poi negoziati ragionevoli e responsabili, per porre fine ad oggettive situazioni di ingiustizia esistenti in quella regione. 3. In realtà, i Libanesi hanno diritto di vedere rispettata l’integrità e la sovranità del loro Paese, gli Israeliani hanno diritto a vivere in pace nel loro Stato ed i Palestinesi hanno diritto ad avere una loro Patria libera e sovrana. 4. In questo doloroso momento, Sua Santità rivolge pure un appello alle organizzazioni caritative, perché aiutino tutte le popolazioni colpite da questo spietato conflitto». Un appello alla preghiera c’era giunto già nei giorni scorsi da alcuni giovani del Libano – «Abbiamo bisogno di tutte le vostre preghiere». «Con la situazione del paese che degenera in ogni attimo, ci sarebbe il pericolo di perdere la speranza… Ma, nonostante tutto, noi vogliamo continuare a credere nell’amore di Dio e lanciarci ancora di più nell’amore concreto. Contiamo sulle vostre preghiere ed il vostro pensiero e vi assicuriamo i nostri». Una preghiera planetaria – Già hanno preso il via iniziative di preghiera in vari punti del mondo e anche nei diversi paesi del Medio Oriente si prega per la pace, con una catena di preghiere che copre l’intero arco della giornata con la recita del Rosario. Spontaneo riprende il “Time-Out”, un minuto di preghiera o riflessione (alle 12 ora italiana) per implorare il dono della pace; si moltiplicano le veglie di preghiera, piccole o grandi. (altro…)
Lug 21, 2006 | Sociale
L’evento
“50 anni al servizio dell’umanità” – Il titolo del grande appuntamento che vedrà riuniti a Budapest, nel modernissimo Palasport Arena, persone di ogni età e categoria sociale provenienti dai 5 continenti in occasione del 50° anniversario dei “Volontari di Dio”. Saranno in 9000 il 14 e 15 settembre 2006, provenienti da 65 Paesi del mondo. Previste traduzioni in 26 lingue.
“Tante sfide, una proposta: la fraternità”, sarà il programma della giornata conclusiva del 16 settembre, aperta a tutti. Attese altre 2000 persone soprattutto dai Paesi dell’Europa Centro orientale, di cui 1000 dall’Ungheria. Verranno presentati approfondimenti culturali ed esperienze sull’innovazione che la fraternità porta negli ambiti del diritto, dell’economia, dell’ecologia, nel mondo della comunicazione.
Un unico evento per:
tracciare un bilancio sull’incidenza di 50 anni impegnati nel rinnovamento della società del nord e sud del mondo;
lanciare una proposta di speranza: la fraternità possibile in risposta alla domanda di pace, di unità, di valori e di idealità così fortemente avvertite oggi in un mondo spesso lacerato da conflitti e paura del futuro;
promuovere un progetto a favore dello sviluppo sociale e culturale dell’Africa, attraverso borse di studio;
esporre e premiare le opere di artisti che hanno partecipato ad un concorso di arti visive sulla fraternità.
Budapest 1956-2006
I fatti di Ungheria – A seguito del processo di destalinizzazione avviato da Nikita Kruscev in Russia, in Ungheria nel 1956 nascono forti speranze di libertà. A Budapest in autunno si moltiplicano manifestazioni popolari antigovernative che ben presto si trasformano in insurrezione, soffocata dall’intervento delle truppe sovietiche.
L’intervento del Papa – Pio XII lancia un accorato appello via radio: “Dio! Risuoni questo ineffabile nome, fonte di ogni diritto, di ogni giustizia, di ogni libertà, nei parlamenti, sulle piazze, nelle abitazioni, nelle officine…”
La risposta dei volontari di Dio – In risposta a questo appello, su ispirazione di Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, sorge il desiderio di dare inizio ad un’altra invasione con una determinazione analoga ma di segno contrario: quello di portare una rivoluzione d’amore nella vita di ogni giorno, nella famiglia, nei luoghi di lavoro e di impegno culturale, sociale e politico. Da allora, tanti uomini e donne di tutte le età, nazionalità e condizioni sociali scelgono liberamente di seguire Dio per costruire una nuova umanità fondata sulla fraternità. Sono appunto i “Volontari di Dio”, del Movimento dei Focolari, oggi in circa 24 mila, in 80 Paesi.
Lug 16, 2006 | Nuove Generazioni
Il nostro agire quotidiano può influenzare gli equilibri internazionali?
Inquinamento, povertà, malattie, solidarietà internazionale, disuguaglianze, sono tutti fenomeni globali che hanno radici nei comportamenti locali di ogni singolo cittadino.
La parola-chiave è “cittadinanza attiva”, o “cittadinanza globale” e un tentativo di risposta sulle relazioni che legano il cittadino alle dinamiche globali verrà dalla “Scuola di cittadinanza globale” in programma a Pianezza (To) dal 23 al 30 luglio prossimi, rivolta a giovani fra i 18 e i 30 anni provenienti da tutta Italia.
Obiettivo: approfondire il proprio ruolo di cittadini attivi, attraverso seminari, approfondimenti teorici, ma anche sperimentazione su campo con momenti di laboratorio e visite a realtà esistenti – ad un parco ambientale, una fattoria bioecologica, un emporio equosolidale. Fra gli approfondimenti: fraternità e sobrietà: scelta e stile di vita; consumo responsabile; sostenibilità ambientale: impronta ecologica; energie pulite e risorse naturali; informazione critica; cooperazione internazionale.
Metodo: la Scuola si svolgerà in maniera autogestita; i partcipanti saranno costruttori attivi partecipando concretamente alle scelte dei prodotti da acquistare, alla loro preparazione, alla pulizia, all’elaborazione dell’informazione per tutti. La sera, cineforum, pub, festa multiculturale.
La Scuola di cittadinanza globale, organizzata dall’Amu (Associazione Onlus Azione per un Mondo Unito) e dai Giovani per un Mondo Unito del Piemonte, è inserita nel progetto “ABC… l’alfabeto della solidarietà, per educare alla pace e allo sviluppo nella nuova Europa unita”, un percorso triennale finalizzato a rafforzare la capacità di giovani, amministratori locali e associazioni di operare insieme sul fronte della solidarietà.
Ambiti esplorati: scelte responsabili di consumo, stili di vita, fonti energetiche, lettura critica dell’informazione, cooperazione internazionale, comportamenti sostenibili, a partire dalla prospettiva, quella della fraternità universale, che ci spinge a fare agli altri ciò che vorrremmo fosse fatto a noi.
Scarica l’invito e il programma:
http://www.cooperiamo.it/contents/attivita/Invito_Scuola_Cittadinanza_Globale.pdf
Segreteria organizzativa:
tel. + 39-347-6679469
email: info@cooperiamo.it
Associazione Azione per un Mondo Unito Onlus:
tel. + 39-0694792170
email: eas.amu@focolare.org
Giovani per un Mondo Unito – Piemonte:
Tel. + 39-328-1110055
Lug 4, 2006 | Famiglie
Un multi-evento che culmina con l'incontro con il Papa l'8 e il 9 luglio. Il contributo di movimenti e associazioni
Obiettivo del V incontro mondiale delle famiglie – L'appuntamento di Valencia su «La trasmissione della fede nella famiglia», si presenta come un'occasione per vivere la complessità, il valore e la ricchezza della famiglia come luogo fondativo della società e della Chiesa.
Incontro con il Papa – Attese centinaia di migliaia di famiglie – circa un milione di persone – provenienti dai 5 continenti, per i momenti culmine dell’ evento: la veglia con le testimonianze di alcune famiglie che avrà luogo l’8 luglio, e la grande celebrazione eucaristica conclusiva, del giorno seguente.
Congresso Teologico Pastorale – E’ uno degli eventi centrali. Il congresso affronta il tema chiave – come trasmettere la fede nell'ambito familiare – col contributo di vescovi e cardinali, teologi, rappresentanti dei diversi movimenti ecclesiali, esperti in educazione, pastorale familiare e mezzi di comunicazione. Approfondimenti: famiglia e aspetti giuridici, famiglia, dottrina sociale e questioni sociali, famiglia e bioetica, famiglia e economia, famiglia e ecumenismo.
Tra gli interventi di fondatori e responsabili di Movimenti: Graziella di Luca, a nome di Chiara Lubich del Movimento dei Focolari, Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio, Salvatore Martínez del Rinnovamento nello Spirito, Kiko Argüello del Cammino Neocatecumenale, Julian Carron di Comunione e Liberazione, i coniugi De Roberty delle Equipes Notre Dame, i coniugi Padilla delle Couples for Christ, José Gabaldon Lopez del Forum Spagnol per la Famiglia, Luis Fernando Figari, fondatore del Solidatium Christianae Vitae.
Fiera internazionale della famiglia – Inizio dell’evento, il 1 luglio. Sino al 7, si alterneranno movimenti, associazioni e ONG che lavorano a favore della famiglia in tutto il mondo. Il Movimento dei Focolari è presente con due stand, uno come Editrice “Ciudad Nueva”, e un altro come Famiglie Nuove. Appuntamenti presso gli stand:
– presentazione del libro in spagnolo Un solo cuore – Luigi e Maria Beltrame, un matrimonio verso la santità, con l’intervento del Sr. Card. Alfonso López Trujillo, autore del prologo del libro;
– presentazione del libro in spagnolo Il linguaggio dell’amore – Sessualità e vita di coppia, con l’intervento di Mons. Juan Antonio Reig, vescovo di Cartagena (Spagna) e della psicologa Dra. Lourdes Illán Ortega;
– Famiglie Nuove, sostegno a distanza, adozioni, Familyfest, con l’intervento di famiglie del Movimento, sia del posto e che di altri continenti.
Convegni per i giovani e gli anziani – Un particolare convegno è previsto per i 'figli', giovani con età compresa fra i 16 ed i 25 anni. E un secondo: “Nonni, Adulti e Famiglia” per appoggiare gli anziani nel compito così importante e insostituibile che svolgono in seno alla famiglia.
Il Movimento dei Focolari, insieme ad altri movimenti e associazioni, si è attivato fin dall'inizio per la preparazione di questo evento ecclesiale promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia in collaborazione con l'Arcidiocesi di Valencia. Un appuntamento triennale che, dopo Roma '94, Rio de Janeiro '97, ancora Roma nel 2000 con il grande Giubileo e Manila 2003, tocca quest’anno la città spagnola.
Giu 30, 2006 | Parola di Vita
È universale l’abbraccio di Dio. Avvolge l’universo ed è attento alla più piccola delle sue creature. Il poema (il Salmo) da cui è tratta la Parola di vita è tutto un inno a Lui, “grande nell’amore”, piegato verso ogni essere vivente, attratto dalle sue necessità.
Ogni creatura è ritratta in un gesto d’invocazione: ha bisogno del cibo, e con esso del necessario per la sua esistenza, e Dio apre la sua mano con generosità. Lui ha cura di ognuno, sostiene chi è debole e rischia di cadere , riconduce sulla strada dritta chi s’è smarrito.
«Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero»
Non è un Dio assente, lontano, indifferente alle sorti dell’umanità, come alle sorti di ciascuno di noi. Tante volte lo sperimentiamo. Ma è pur vero che in altri momenti ne proviamo tutta la lontananza e ci sentiamo soli, insicuri, smarriti di fronte a situazioni che sembrano sorpassarci.
Ecco allora la ribellione o sentimenti di antipatia se non di odio verso un nostro fratello o una nostra sorella. Ecco pesarci in animo situazioni che da anni si protraggono in famiglia, nella comunità di lavoro: piccole o grandi diffidenze, gelosie, invidie, tirannie. O ci vediamo soffocati da un mondo che può apparirci incallito da passioni, carrierismi e svilito di ideali, di giustizia e di speranza.
“Signore, dove sei?” sembra gridare il nostro cuore. “Mi ama veramente? Ci ami veramente? Ma allora, perché tutto questo?”
Ed ecco la Parola di vita che ravviva una certezza: non siamo mai soli nella nostra avventura umana.
«Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero»
È un invito a ravvivare la fede: Dio c’è e mi ama. Posso e devo riaffermarlo in ogni azione, davanti ad ogni avvenimento: Dio mi ama. Incontro una persona? Devo credere che attraverso di lei Dio ha qualcosa da dirmi. Mi dedico a un lavoro? In quel momento continuo ad aver fede nel Suo amore. Arriva un dolore: credo che Dio mi ama. Arriva una gioia? Dio mi ama.
Egli è qui con me, è sempre con me, sa tutto di me e condivide ogni mio pensiero, ogni gioia, ogni desiderio, porta assieme a me ogni preoccupazione, ogni prova della mia vita.
«Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero»
Come ravvivare questa certezza? Ecco alcuni suggerimenti.
Lo dice Lui stesso: invocandolo! Il Signore era già sulla barca di Pietro quando scoppiò la tempesta, ma i discepoli si sentivano soli e indifesi, perché lui dormiva. Lo chiamarono: “Salvaci, Signore, siamo perduti!” ed egli calmò il vento e le acque.
Gesù stesso, sulla croce, non sentì più la vicinanza del Padre. Lo invocò con la più straziante preghiera: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Credette così nel suo amore, si riabbandonò al Padre, ed Egli lo risuscitò dalla morte.
Come ancora ravvivare la fede nella sua presenza?
Cercandolo in mezzo a noi. Lui ha promesso di essere lì dove due o più sono uniti nel suo nome . Incontriamoci allora nell'amore scambievole del Vangelo con quanti vivono la Parola di vita, condividiamo le esperienze e sperimenteremo i frutti di questa sua presenza: gioia, pace, luce, coraggio.
Lui rimarrà con ciascuno di noi e continueremo a sentirlo vicino e operante nella nostra vita d’ogni giorno.
Chiara Lubich
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Giu 21, 2006 | Chiesa
Un vero e proprio villaggio aperto tutto il giorno, in grado di accogliere tutti: residenti, turisti e lavoratori, con stands, aree di gioco, di sport, luoghi di incontro. Così si è presentato il convegno “Il lavoro e la festa”, promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana e svoltosi a Rimini dal 22 al 25 giugno scorsi.
Lavoro e festa: due termini che sembrano antitetici. Ma non è così. Di fronte alle profonde trasformazioni in atto nella società post-industriale, al convegno emerge l’idea che la festa rigenera l’uomo e dà senso al lavoro.
Del lavoro vengono approfondite problematiche di grande attualità: “La famiglia tra tempi di lavoro e di festa”; “I giovani tra lavoro precario, desiderio di consumo e progettualità; i “Nuovi lavori e nuova imprenditorialità”, con la presentazione di numerose esperienze.
A Rimini, tanti anche i momenti culturali e di festa: sul tema del lavoro si sono alternate recitazioni (con Nando Gazzolo e Claudia Koll), musica (Orchestra Mediterranea e Tosca), comicità (Gigi Cotichella), il musical del Gen Verde “Prime Pagine” e il 1° gala del cortometraggio promosso dalle Acli.
Molte le associazioni e i movimenti che hanno offerto il loro contributo: da Rinnovamento nello Spirito a Comunione e Liberazione, dall'Associazione Papa Giovanni XXIII, all’Azione Cattolica, agli scout. Il Movimento dei Focolari, nella sessione di sabato 24, dedicata a “Nuovi lavori e nuova imprenditorialità”, ha presentato l’esperienza dell’Economia di Comunione, con il prof. Luigino Bruni e Alberto Frassineti, del polo imprenditoriale “Lionello Bonfanti” – nei pressi della cittadella internazionale di Loppiano (Firenze).
L’appuntamento di Verona: “Testimoni di Gesù Risorto speranza del mondo”, sarà un grande evento, al quale diocesi e movimenti stanno lavorando da mesi. Il tema del convegno intende rispondere ad alcuni interrogativi di fondo: che cosa il Vangelo comunica alla vita dei cristiani? Come Gesù Cristo può rigenerare questo vissuto, soprattutto nella sua dimensione quotidiana? Come può essere plasmata una nuova prospettiva antropologica nell'epoca della complessità? Quali forme e modalità possono caratterizzare la presenza dei cristiani in questo momento storico nel nostro Paese?
Giu 21, 2006 | Chiesa
Come tappe di avvicinamento all’appuntamento veronese, il Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei ha programmato cinque iniziative articolate sul territorio nazionale, in approfondimento dei diversi ambiti di riflessione che verranno proposti al convegno di ottobre.
Prima de “Il lavoro e la festa” (Rimini, 22-25 giugno 2006), si sono svolti, infatti, altri quattro appuntamenti:
Nell’ambito della “cittadinanza”
Il grido della città: persona, relazioni sociali, ad Arezzo, dove da qualche anno vengono programmate iniziative sui temi dell’educazione alle relazioni tra i popoli e alla pace. http://www.rondine.info/versoverona
Nell’ambito della “fragilità umana”
Una fragilità salvata: all’interno del “Progetto Passio” proposto nella Diocesi di Novara durante la Quaresima, si è svolta una serie di appuntamenti con cui aiutare a prendere coscienza dell’esperienza del limite nella vita dell’uomo. http://www.passionovara.it/
Nell’ambito della “vita affettiva”
L'Amore si fa Storia: a Terni viene lanciato un messaggio forte sul valore degli affetti nel cammino di crescita delle persone e nelle relazioni tra le generazioni.
http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=3078
Nell’ambito della “tradizione”, intesa come esercizio del trasmettere
Ricorda, Racconta, Cammina: tre giorni di confronto sul percorso compiuto dalla Chiesa in Italia nella ricerca di una comunicazione della fede, attenta alle dinamiche culturali del nostro tempo.
http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=3077
Giu 11, 2006 | Cultura
Come far diventare più “abitabili” le nostre città?
Questo l’interrogativo al centro del seminario sul tema “Abitare la città”, a cui hanno partecipato oltre 120 tra architetti, ingegneri, grafici, professori e studenti, provenienti da diversi Paesi.
L’iniziativa, promossa da impegnati nel settore dell’architettura del Movimento dei Focolari, si è svolta presso la cittadella internazionale di Loppiano, dal 9 all’11 giugno scorso. Una scelta non casuale: Loppiano è stata anche oggetto di studio, quale “laboratorio” di una città nuova. “Sin dall’inizio si sognò una città che avesse per legge il comandamento nuovo, l’amore reciproco”, dove “Gesù fosse sempre presente e illuminasse ogni realtà della cittadella”. Così Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, nel messaggio letto in apertura della tre giorni, esprimendo inoltre la certezza “che ogni casa, ogni edificio, ogni realizzazione, se illuminata dalla presenza di Gesù, potrà comporre, tassello accanto tassello, come in un mosaico, le città nuove”.
Risveglio nelle discipline urbanistiche
L’interesse per il tema dell’abitare, negli ultimi anni, si è risvegliato nelle discipline urbanistiche. E l’attenzione si è spostata dalla dimensione privata dell’alloggio, centrata intorno all’individuo ed al suo nucleo familiare, all’abitare nella sua dimensione estroversa e relazionale. A partire da questa prospettiva, numerosi gli interventi di architetti, ricercatori e docenti che si sono cimentati nel dare una risposta agli interrogativi su che cosa rende “abitabile” lo spazio nel quale viviamo e come far diventare più “abitabili” le nostre città.
Info
Architettura – Movimento dei Focolari Via Frascati, 306 – 00040 Rocca di Papa (Roma) – IT Tel.: +39-06-945407
+39-06-945407 e mail: segr.architettura @ focolare.org
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Giu 6, 2006 | Chiesa
Dall’Osservatore Romano – 6 giugno 2006
30 maggio 1998 – 4 giugno 2006. Piazza San Pietro, otto anni dopo, nella solennità di Pentecoste. Da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI continua a soffiare il vento dello Spirito nella Chiesa di Cristo. Erano almeno 400.000 i partecipanti all’incontro dei Movimenti ecclesiali e delle nuove Comunità. Da Castel Sant’Angelo, per via della Conciliazione sino a Piazza San Pietro, il popolo dei Movimenti offriva l’immagine della Chiesa aperta al futuro: un fiume di adulti e di giovani che pregavano e cantavano. Benedetto XVI, prima di raggiungere il sagrato, ha percorso via della Conciliazione e Piazza San Pietro per dare a tutti il suo benvenuto, il suo grazie, la sua benedizione. Stralci dall’editoriale dell’Osservatore Romano – 6 giugno 2006 Il magistero di Benedetto XVI ha raggiunto, nella veglia di Pentecoste, uno dei momenti più alti. Molte sono le parole chiave che possono sintetizzare il senso di questo inno alla bellezza vivificante dello Spirito. Una è certamente l’espressione che il Papa ha usato riferendosi alla “festa della creazione” scaturita dalla Pentecoste: il “giardino di Dio”. Nella varietà dei suoi colori, delle sue forme, dei suoi echi, anche la straordinaria celebrazione di sabato sera era, in qualche modo, un’immagine del “giardino di Dio”. Vita, libertà, unità, corresponsabilità: le quattro parole che ci sembrano particolarmente espressive di altrettanti passaggi nodali della riflessione di Benedetto XVI. E’ proprio dallo Spirito, “fonte creativa della vita”, che sgorga il fiume impetuoso dei Movimenti e delle Comunità. Alla Sua scuola, essi imparano ogni giorno la “libertà vera”.
Al Suo soffio possente, sperimentano quell’«unità» che orienta i singoli carismi all’edificazione dell’unico corpo che è la Chiesa. Solo uomini e donne vivi, liberi, uniti, possono sentirsi autenticamente «corresponsabili»: coinvolti, cioè, “nella stessa responsabilità di Dio per il mondo, per l’umanità intera”. Missione sublime e impegnativa. Missione di “figli” e non di “schiavi”. Missione di anime incendiate dal fuoco della Pentecoste. Dalla Radio Vaticana – 6.6.2006 Due ore prima dell’arrivo di Benedetto XVI, canti e testimonianze. Particolarmente toccanti e ancora vive le parole di Giovanni Paolo II, che una registrazione dello storico incontro con i Movimenti, del 30 maggio 1998, ha fatto risuonare ancora una volta nel “cenacolo a cielo aperto” radunato in Piazza San Pietro: “A tutti voi voglio gridare: ‘Apritevi con docilità ai doni dello Spirito! Accogliete con gratitudine ed obbedienza i carismi!’”. Tanti i carismi per una Chiesa Di apostolato, in un mondo dimentico di Dio, ha parlato Maria Luigia Corona, della Comunità Missionaria di Villaregia: “Non c’è niente di più orribile che usare il nome di Dio, che è amore, per commettere violenza. Siamo pronti a portare la luce di Cristo in tutti gli ambienti!”. La gioia è stata al centro delle parole di Salvatore Martinez, coordinatore nazionale del Rinnovamento nello Spirito: “Non si dica che la nostra gioia è allegria esteriore! La gioia cristiana è olio di letizia sulle ferite del mondo!”. Impegno all’unità nella diversità, quello dei Focolari, nel messaggio di Chiara Lubich, letto da Graziella De Luca, rivolto al Papa: “A lei, Santità, vogliamo assicurare che la collaborazione e la comunione tra i Movimenti continuerà affinché, nella piena comunione ed obbedienza con lei, si lavori per l’attuazione degli stessi scopi voluti da Gesù: prima di tutto, l’unità”. Nell’esperienza della comunità di Sant’Egidio, raccontata da Andrea Riccardi, l’aiuto della preghiera per la debolezza dell’uomo e l’attenzione di Dio alle situazioni umane più disperate: “Le vite umane non scorrono dimenticate! Penso in questo momento all’Africa, ma ho anche in mente i poveri, la cui casa è spesso un mondezzaio. Dio non è indifferente! Lo abbiamo visto!”. A perseverare nel combattimento spirituale della fede ha esortato Kiko Argüello, fondatore del Movimento neocatecumenale: “Nell’Apocalisse si dice che l’Agnello sgozzato vince la bestia. Perché i cristiani diventino questo Agnello, hanno bisogno dei carismi”. Quando lo Spirito soffia, trasforma la vita e l’umanità non resta indifferente. Don Julian Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione: “Soltanto una cosa potrà destare in coloro che incontreremo nella vita il desiderio di venire con noi: il vedere realizzarsi in noi la promessa di Cristo!”. Ha dato voce alle 400 mila persone in piazza mons. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici che, rivolto al Papa, ha detto: “Questa Piazza mette oggi sotto gli occhi di tutti una meravigliosa epifania della molteplicità dei doni con i quali lo Spirito di Dio continua ad arricchire e adornare la Chiesa. Diversissimi tra loro, essi sono profondamente uniti nel mistero della comunione ecclesiale e unanimamente protesi verso la missione”.
Mag 31, 2006 | Parola di Vita
“Siete stati chiamati a libertà” (Cf. Gal 5,13). È l’annuncio che Paolo di Tarso rivolge ai cristiani delle diverse comunità della Galazia. Un annuncio che fa eco alle parole di Gesù quando aveva detto che ci avrebbe resi “liberi davvero” (Cf. Gv 8,36). Liberi da cosa? I cristiani della Galazia erano stati resi liberi dalle prescrizioni legali della legge mosaica, libertà poi estesa a tutti i cristiani. Più ancora, siamo stati liberati dal peccato e dalle sue conseguenze: le nostre paure, la sfrenata ricerca dei nostri interessi, i condizionamenti culturali, le convenzioni sociali… Per questo siamo liberi quando osserviamo le norme di condotta sociale e religiosa del cristianesimo, non le sentiamo come obblighi imposti dall’esterno. Per noi c’è una legge nuova, la “legge di Cristo” (Cf. Gal 6,2), come la chiama Paolo, iscritta nel nostro stesso cuore, che fiorisce dal di dentro, dalla persona fatta nuova dall’amore di Cristo: una “legge di libertà” (Cf. Gc 2,12). Una legge che insieme dona la forza per essere attuata. Siamo liberi perché guidati dallo Spirito di Gesù che vive in noi. Da qui l’invito:
«Camminate secondo lo Spirito (…). Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge».
In questo periodo di Pentecoste riviviamo l’evento della discesa dello Spirito su Maria e i discepoli raccolti nel Cenacolo. Con le sue lingue di fuoco egli riversa nei cuori l’amore di Dio (Cf. Rm 5,5). È questa la “legge nuova”: l’amore. Lo Spirito Santo è l’Amore di Dio che venendo in noi trasforma il nostro cuore, vi infonde il suo stesso amore e insegna ad agire nell’amore e per amore. È l’amore che ci muove, che ci suggerisce come rispondere alle situazioni e alle scelte che siamo chiamati a compiere. È l’amore che ci insegna a distinguere: questo è bene, lo faccio; questo è male, non lo faccio. È l’amore che ci spinge ad agire cercando il bene dell’altro. Non siamo guidati dal di fuori, ma da quel principio di vita nuova che lo Spirito ha posto dentro di noi. Forze, cuore, mente, tutte le nostre capacità possono “camminare secondo lo Spirito” perché unificate dall’amore e poste a completa disposizione del progetto di Dio su di noi e sulla società. Siamo liberi d’amare.
«Camminate secondo lo Spirito (…). Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge».
“Se vi lasciate guidare…”. C'è sempre il pericolo che qualcosa impedisca allo Spirito di prendere pieno possesso della nostra mente, del nostro cuore. Si può resistere alla sua voce e alla sua guida fino a “contristarlo” (Cf. Ef 4,30), perfino ad “estinguere” la sua presenza in noi (Cf. 1Ts 5,19). Tante volte preferiamo seguire i nostri desideri piuttosto che i suoi, il nostro volere piuttosto che il suo. Come dunque lasciarsi guidare da quella voce che dentro ci parla? Dove essa ci porta? Ce lo ricorda lo stesso Paolo pochi versetti prima: tutta la legge nuova di libertà si sintetizza in un solo precetto: l’amore del prossimo. In concreto, suggerisce Paolo, essere liberi significa farsi schiavi dell’altro, mettersi a servizio gli uni degli altri (Cf. Gal 5, 13-14). Quella voce dentro (= l’amore) ci spinge ad essere attenti a chi ci è accanto, ad ascoltare, a donare. Può sembrare strano, ma ogni Parola di vita, alla fine, porta ad amare. Non è una forzatura, è la logica evangelica. Solo se siamo nell’amore siamo cristiani autentici.
«Camminate secondo lo Spirito (…). Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge».
Lasciamo allo Spirito la libertà di condurci sulla via dell’amore. Possiamo pregarlo così:
Tu sei la luce, la gioia, la bellezza. Tu trascini le anime, tu infiammi i cuori e fai concepire pensieri profondi e decisi di santità con impegni individuali inattesi. Tu santifichi. Soprattutto, Spirito Santo, tu che sei così discreto anche se impetuoso e travolgente ma soffi come lieve venticello che pochi sanno ascoltare e sentire, guarda alla rozzezza della nostra grossolanità e rendici tuoi devoti. Che non passi giorno senza invocarti, senza ringraziarti, senza adorarti, senza amarti, senza vivere come tuoi discepoli assidui. Questa grazia ti domandiamo.
Chiara Lubich
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Mag 30, 2006 | Chiesa
Con queste incoraggianti parole di Benedetto XVI, lette da Mons. Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, si è aperto il 31 maggio scorso il congresso che ha radunato oltre 300 responsabili di Movimenti e nuove Comunità ecclesiali in preparazione all’incontro col Santo Padre la vigilia di Pentecoste. «Cari fratelli e sorelle, in attesa dell’incontro previsto per sabato 3 giugno in Piazza San Pietro con gli aderenti a più di 100 Movimenti ecclesiali e nuove Comunità, sono lieto di porgere a voi, rappresentanti di tutte queste realtà ecclesiali, riuniti a Rocca di Papa in Congresso Mondiale, un caloroso saluto con le parole dell’Apostolo: «Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rm 15,13). É ancora vivo, nella mia memoria e nel mio cuore, il ricordo del precedente Congresso Mondiale dei Movimenti ecclesiali, svoltosi a Roma dal 26 al 29 maggio 1998, al quale fui invitato a portare il mio contributo, allora in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, con una conferenza concernente la collocazione teologica dei Movimenti. Quel Congresso ebbe il suo coronamento nel memorabile incontro con l’amato Papa Giovanni Paolo II del 30 maggio 1998 in Piazza San Pietro, durante il quale il mio Predecessore confermò il suo apprezzamento per i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità, che definì “segni di speranza” per il bene della Chiesa e degli uomini».
La bellezza di essere cristiani e la gioia di comunicarlo
«Oggi, consapevole del cammino percorso da allora sul sentiero tracciato dalla sollecitudine pastorale, dall’ affetto e dagli insegnamenti di Giovanni Paolo Il, vorrei congratularmi con il Pontificio Consiglio per i Laici, nelle persone del suo Presidente Mons. Stanislaw Rylko, del Segretario Mons. Joseph Clemens e dei loro collaboratori, per l’importante e valida iniziativa di questo Congresso Mondiale, il cui tema – “La bellezza di essere cristiani e la gioia di comunicarlo” – prende spunto da una mia affermazione nell’omelia di inizio del ministero petrino. E’ un tema che invita a riflettere su ciò che caratterizza essenzialmente l’avvenimento cristiano: in esso infatti ci viene incontro Colui che in carne e sangue, visibilmente, storicamente, ha portato lo splendore della gloria di Dio sulla terra. A Lui si applicano le parole del Salmo 44: «Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo». E a Lui, paradossalmente, fanno riferimento anche le parole del profeta: «Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere» (Is 53,2). In Cristo s’incontrano la bellezza della verità e la bellezza dell’amore; ma l’amore, si sa, implica anche la disponibilità a soffrire, una disponibilità che può giungere fino al dono della vita per coloro che si amano (cfr Gv 15,13)! Cristo, che è “la bellezza di ogni bellezza”, come soleva dire san Bonaventura (Serrnones dominicales 1,7), si rende presente nel cuore dell’uomo e lo attrae verso la sua vocazione che è l’amore. E grazie a questa straordinaria forza di attrazione che la ragione è sottratta al suo torpore ed aperta al Mistero. Si rivela così la bellezza suprema dell’amore misericordioso di Dio e, allo stesso tempo, la bellezza dell’uomo che, creato ad immagine di Dio, è rigenerato dalla grazia e destinato alla gloria eterna».
Testimonianza d’amore, di unità e di gioia
«Nel corso dei secoli, il cristianesimo è stato comunicato e si è diffuso grazie alla novità di vita di persone e di comunità capaci di rendere una testimonianza incisiva di amore, di unità e di gioia. Proprio questa forza ha messo tante persone in “movimento” nel succedersi delle generazioni. Non è stata, forse, la bellezza che la fede ha generato sul volto dei santi a spingere tanti uomini e donne a seguirne le orme? In fondo, questo vale anche per voi: attraverso i fondatori e gli iniziatori dei vostri Movimenti e Comunità avete intravisto con singolare luminosità il volto di Cristo e vi siete messi in cammino. Anche oggi Cristo continua a far echeggiare nel cuore di tanti quel “vieni e seguimi” che può decidere del loro destino. Ciò avviene normalmente attraverso la testimonianza di chi ha fatto una personale esperienza della presenza di Cristo. Sul volto e nella parola di queste “creature nuove” diventa visibile la sua luce e udibile il suo invito».
I Movimenti: scuole di comunione
«Dico pertanto a voi, cari amici dei Movimenti: fate in modo che essi siano sempre scuole di comunione, compagnie in cammino in cui si impara a vivere nella verità e nell’amore che Cristo ci ha rivelato e comunicato per mezzo della testimonianza degli Apostoli, in seno alla grande famiglia dei suoi discepoli. Risuoni sempre nel vostro animo l’esortazione di Gesù: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16). Portate la luce di Cristo in tutti gli ambienti sociali e culturali in cui vivete. Lo slancio missionario è verifica della radicalità di un’esperienza di fedeltà sempre rinnovata al proprio carisma, che porta oltre qualsiasi ripiego stanco ed egoistico su di sé. Illuminate l’oscurità di un mondo frastornato dai messaggi contraddittori delle ideologie!»
Passione per la vita e per il destino degli altri
«Non c’è bellezza che valga se non c’è una verità da riconoscere e da seguire, se l’amore scade a sentimento passeggero, se la felicità diventa miraggio inafferrabile, se la libertà degenera in istintività. Quanto male è capace di produrre nella vita dell’uomo e delle nazioni la smania del potere, del possesso, del piacere! Portate in questo mondo turbato la testimonianza della libertà con cui Cristo ci ha liberati (cfr Gal 5,1). La straordinaria fusione tra l’amore di Dio e l’amore del prossimo rende bella la vita e fa rifiorire il deserto in cui spesso ci ritroviamo a vivere. Dove la carità si manifesta come passione per la vita e per il destino degli altri, irradiandosi negli affetti e nel lavoro e diventando forza di costruzione di un ordine sociale più giusto, lì si costruisce la civiltà capace di fronteggiare l’avanzata della barbarie. Diventate costruttori di un mondo migliore secondo l’ordo amoris in cui si manifesta la bellezza della vita umana».
Edificare il corpo di Cristo in mezzo agli uomini
«I Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità sono oggi segno luminoso della bellezza di Cristo e della Chiesa, sua Sposa. Voi appartenete alla struttura viva della Chiesa. Essa vi ringrazia per il vostro impegno missionario, per l’azione formativa che sviluppate in modo crescente sulle famiglie cristiane, per la promozione delle vocazioni al sacerdozio ministeriale e alla vita consacrata che sviluppate al vostro interno. Vi ringrazia anche per la disponibilità che dimostrate ad accogliere le indicazioni operative non solo del Successore di Pietro, ma anche dei Vescovi delle diverse Chiese locali, che sono, insieme al Papa, custodi della verità e della carità nell’unità. Confido nella vostra pronta obbedienza. Al di là dell’affermazione del diritto alla propria esistenza, deve sempre prevalere, con indiscutibile priorità, l’edificazione del Corpo di Cristo in mezzo agli uomini. Ogni problema deve essere affrontato dai Movimenti con sentimenti di profonda comunione, in spirito di adesione ai legittimi Pastori. Vi sostenga la partecipazione alla preghiera della Chiesa, la cui liturgia è la più alta espressione della bellezza della gloria di Dio, e costituisce in qualche modo un affacciarsi del Cielo sulla terra». «Vi affido all’intercessione di Colei che invochiamo come la Tota pulchra, la “Tutta bella”, un ideale di bellezza che gli artisti hanno cercato sempre di riprodurre nelle loro opere, la «Donna vestita di sole» (Ap 12,1) in cui la bellezza umana si incontra con la bellezza di Dio. Con questi sentimenti a tutti invio, quale pegno di costante affetto, una speciale Benedizione Apostolica». Dal Vaticano, 22 Maggio 2006 Benedetto XVI (altro…)
Mag 26, 2006 | Focolari nel Mondo
Lavoro per le Nazioni Unite in un’agenzia che ha il suo quartier generale a Roma e uffici in più di 80 Paesi. Siamo la più grande agenzia di aiuti alimentari al mondo. Operiamo sia verso i Paesi in via di sviluppo che verso quei luoghi dove ci sono o ci sono state calamità di origine naturale o crisi generate dall’uomo, come le guerre. Il luogo dove trascorro la mia giornata lavorativa è un ambiente multietnico, multirazziale, multilingue, multireligioso. Nel mio quotidiano cerco di mantenere un atteggiamento di accoglienza verso gli altri, ricordandomi che per Dio nessuno è straniero, e questo mi fa essere attento ai bisogni di chi magari si trova nel nostro Paese come ospite, o di chi, più in generale, è nel bisogno. All’inizio dell’inverno circolava in posta elettronica una richiesta per una stufa a kerosene per una famiglia non lontana da dove abito io, che aveva delle difficoltà economiche e viveva in una casa piccola e senza riscaldamento. Non rimango indifferente a certi tipi di appelli: ho l’impressione che mi riguardino direttamente, soprattutto quando mi rendo conto che posso davvero fare qualcosa. Leggo quindi l’annuncio e lo memorizzo. La sorpresa arriva il giorno seguente: apro il computer e trovo su una rubrica di annunci di compravendita privati del personale dell’organizzazione dove lavoro, un annuncio nel quale un collega francese metteva in vendita una stufa a kerosene per 130 Euro. Un oggetto abbastanza inusuale da trovare su questa rubrica! Mi sembra una risposta alla richiesta del giorno prima… Penso subito che quell’annuncio messo per tutto il personale (siamo più di mille) sia in realtà diretto a me. Mi viene spontaneo proporre ai colleghi un piccolo contributo, spiegando la finalità… ben presto si sentono coinvolti in questa azione che diventa di tutti. In mezza giornata avevo messo insieme 85 Euro. Siccome Dio non finisce mai di stupirci, il giorno dopo quando chiamo il collega e gli espongo la cosa, mi dice che in questo caso mi avrebbe ceduto la stufa non per 130 ma per soli 50 Euro. Avendo poi in cuore l’attenzione di rendere un pieno servizio a chi era in attesa, quando si tratta di comprare una latta di combustibile, mi viene detto che costa proprio 35 Euro! Un’esperienza differente ma significativa l’ho fatta con K., un collega della Nigeria, di religione musulmana. Arriva da me in ufficio qualche anno fa. Da subito si instaura un buon rapporto tra di noi e nei momenti di pausa non poche volte ci ritroviamo a parlare della nostra esperienza spirituale, con alla base il profondo rispetto della cultura altrui. L’altro si sente “capito e accolto nella sua diversità e libero di esprimere tutta la ricchezza che porta in sé”. Due anni fa K. è stato trasferito in Sudan, Paese al 97% Musulmano, e da lì continua il nostro rapporto via e-mail. Lo scorso anno, alle 6 di mattina del giorno di Pasqua, squilla il telefono: “Hello my dear friend! Happy Easter to you and your family!”. Erano i suoi auguri di Pasqua per me e la mia famiglia. Mutui e reciproci auguri sono stati anche i miei, augurandogli il buon inizio e fine dei suoi Ramadam. Di recente K. è stato trasferito in Uganda. Io puntuale gli scrivo rallegrandomi con lui per questa sua nuova esperienza lavorativa. Il mese scorso ho modo di parlargli per telefono e dopo le varie comunicazioni tecniche di lavoro, concludo chiedengogli come si trovava nel nuovo contesto e se avesse trovato nelle vicinanze una moschea dove pregare. Mi ringrazia per questa mia puntuale attenzione e sente di confidarsi circa il momento che sta vivendo nell’ambientazione in questo nuovo Paese a maggioranza cristiana. A distanza ci lega il comune desiderio di vivere la “regola d’oro” del “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te” che ci fa capaci di continuare ad andare incontro all’altro, a qualunque popolo appartenga. (T.T. – Italia) 22-05-2006 (altro…)
Mag 22, 2006 | Chiesa
Questa nuova pubblicazione, che esce in occasione dell’incontro dei movimenti ecclesiali e nuove comunità con Benedetto XVI della Pentecoste 2006, raccoglie due importanti interventi dell’allora card. Joseph Ratzinger:
“I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica” – al 1° Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e nuove comunità – Città del Vaticano, 27-29 maggio 1998.
Dialogo con il card. Joseph Ratzinger – al Seminario su “I movimenti ecclesiali nella sollecitudine pastorale dei Vescovi”, a cui hanno partecipato vescovi dei 5 continenti per iniziativa del Pontificio Consiglio per i Laici, in collaborazione con le Congregazioni per la dottrina della fede e per i Vescovi – giugno 1999. Dall’Introduzione dell’arcivescovo Stanislao Rylko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici: “Eletto Papa, Benedetto XVI non ha cessato di manifestare il proprio affetto e la propria attenzione pastorale nei confronti di queste nuove realtà. Basti qui ricordare, le parole rivolte ai giovani giunti a Colonia nell’agosto 2005 per celebrare la ventesima Giornata mondiale della gioventù: «Formate delle comunità sulla base della fede! Negli ultimi decenni sono nati movimenti e comunità in cui la forza del Vangelo si fa sentire con vivacità». E quelle che – sempre sul tema dei movimenti – ha detto ai vescovi tedeschi: «La Chiesa deve valorizzare queste realtà e al contempo deve guidarle con saggezza pastorale, affinché contribuiscano nel modo migliore, con i loro diversi doni, all’edificazione della comunità», aggiungendo un inciso importante: «Le Chiese locali e i movimenti non sono in contrasto fra loro, ma costituiscono la struttura viva della Chiesa». Proprio da questa profonda sollecitudine pastorale è scaturita l’iniziativa del Santo Padre di convocare a Roma i movimenti ecclesiali e le nuove comunità di tutto il mondo, alla Pentecoste 2006: per dare ancora una volta insieme una testimonianza di unità nella diversità dei loro carismi. A distanza di otto anni dallo storico incontro del 30 maggio 1998 con papa Wojtyla – un evento che per movimenti e comunità ha segnato l’inizio di una nuova tappa verso la “maturità ecclesiale” – l’invito di Benedetto XVI è stato da essi accolto con gioia, entusiasmo e profonda gratitudine. L’incontro di Papa Ratzinger con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità si colloca in perfetta continuità con quello da essi avuto con Giovanni Paolo II”. (altro…)
Mag 22, 2006 | Chiesa
L’incontro con il Papa – Viva attesa per l’incontro dei movimenti ecclesiali e le nuove comunità del mondo con Papa Benedetto XVI in Piazza San Pietro, alla vigilia di Pentecoste del 2006. Fa seguito all’indimenticabile esperienza del maggio 1998, quando centinaia di migliaia di aderenti a queste nuove realtà ecclesiali si sono incontrati per la prima volta con Papa Giovanni Paolo II. Il magistero di Benedetto XVI si sviluppa così in continuità con quello del suo predecessore. Sin dagli inizi della grande fioritura di movimenti e comunità legata all’avvenimento conciliare, l’allora cardinale Joseph Ratzinger riconobbe l’azione dello Spirito, che, attraverso queste nuove forme di aggregazione laicale, ha permesso a tanti fedeli di rivivere la gioia della giovinezza della Chiesa. Un Congresso mondiale – Questo evento sarà preceduto, come già avvenne nel ’98, da un Congresso Mondiale dei Movimenti ecclesiali e delle nuove Comunità, promosso dal Pontificio Consiglio per i laici, con lo stesso titolo dell’incontro con il Papa: “La bellezza di essere cristiani e la gioia di comunicarlo”. Si svolgerà a Rocca di Papa (Roma) dal 31 maggio al 2 giugno. Riunirà oltre 300 invitati. Veglie di preghiera – Si svolgeranno il 2 giugno in preparazione all’incontro con Papa Benedetto XVI. L’iniziativa ha la finalità di rendere in qualche modo “visibile” la bellezza della fede. Permetterà ai diversi carismi di esprimere la propria originalità in spirito di comunione fraterna. Le veglie saranno aperte non solo agli aderenti ai movimenti e alle comunità che le hanno organizzate, ma anche a tutti i fedeli della città e ai pellegrini che vogliano partecipare. Fra queste, anche quella del Movimento dei Focolari, che si terrà nella Chiesa del Sacro Cuore Immacolato di Maria, ai Parioli, alle ore 20.30. Un cammino di comunione – Gli anni trascorsi da quella Vigilia di Pentecoste ’98 sono stati caratterizzati da un significativo incremento di relazioni in spirito di comunione, portando a una più approfondita conoscenza reciproca e a una maggiore consapevolezza del ruolo che queste diverse realtà della Chiesa hanno nell’opera della nuova evangelizzazione. La preparazione di Pentecoste 2006 – Dalla convocazione del Papa, ha avuto inizio una intensa collaborazione tra Responsabili di circa 100 movimenti e comunità e il Pontificio Consiglio per i Laici per la realizzazione di questo importante evento ecclesiale. Già annunciati grandi pellegrinaggi – con decine di migliaia di partecipanti provenienti dall’Italia e dall’estero – delle Comunità Neocatecumenali, di Comunione e Liberazione, del Movimento dei Focolari, delle varie realtà del Rinnovamento Carismatico Cattolico. Hanno prontamente aderito, e saranno anche presenti con i rispettivi pellegrinaggi, anche Regnum Christi, i Cursillos de Cristiandad, la Comunità di Sant’Egidio, il Movimento di Schönstatt, il Movimento di Vita Cristiana, la Comunità de l’Emmanuel, la Comunità Papa Giovanni XXIII, il SERMIG, l’Arche, Fede e Luce, la Comunità Missionaria di Villaregia, le Comunità Laiche Marianiste, l’Équipes Notre Dame, il FASTA, il movimento Vivere In, l’Opera di Nazareth, i Talleres de Oración y Vida, la Comunità ADSIS e molti altri ancora. (altro…)
Mag 22, 2006 | Chiesa
Venerdì 2 giugno 2006 – ore 20.30 presso la basilica del S. Cuore Immacolato di Maria ai Parioli via del S. Cuore di Maria, 5 (Piazza Euclide) – Roma
La veglia inizia con una processione di 7 giovani dei vari continenti, nei loro costumi, che portano all’altare 7 lampade, simbolo dei sette doni dello Spirito Santo. Seguono:
Un momento di testimonianza
Da Pentecoste 1998 a Pentecoste 2006
Lo Spirito Santo e i Carismi nella Chiesa
La proposta del Movimento dei Focolari
Testimonianze di una famiglia e di giovani
Un momento di preghiera
Celebrazione della Parola
Riflessioni di S.E. Mons. Enzo Dieci, Vescovo ausiliare della diocesi di Roma
Esposizione e Benedizione Eucaristica
Adorazione, Invocazioni, Benedizione Come arrivare: Metro Linea A – fermata Flaminio, all’uscita prendere la Linea Viterbo (Sacrofano), scendere alla prima fermata (a 100 mt. Piazza Euclide); da TERMINI: Bus linea 910, scendere a Piazza Euclide