Movimento dei Focolari
SI È CONCLUSO A CASTEL GANDOLFO IL 31° CONVEGNO DI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

SI È CONCLUSO A CASTEL GANDOLFO IL 31° CONVEGNO DI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

Dalla comunione tra Vescovi e Movimenti nuovo impulso all’annuncio e alla testimonianza del Vangelo in ogni angolo del mondo. Così il Papa ai vescovi amici del Movimento dei Focolari e ai vescovi amici della Comunità di Sant’Egidio ricevuti in udienza ieri mattina Dalla comunione tra Vescovi e Movimenti può scaturire un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità in ogni angolo del mondo”. E’ uno dei passaggi salienti del discorso rivolto da Benedetto XVI ai vescovi, quasi 200, ricevuti da lui in udienza giovedì mattina 8 febbraio: vescovi amici del Movimento dei Focolari riuniti in questi giorni a Castel Gandolfo e vescovi amici della Comunità di Sant’Egidio convenuti a Roma per l’anniversario della fondazione. Nel suo discorso ricco di indicazioni, Benedetto XVI ha espresso la sua convinzione, già evidenziata da Giovanni Paolo II nel 1998, che i Movimenti e le nuove Comunità “sono un dono provvidenziale dello Spirito Santo alla Chiesa per rispondere in maniera efficace alle sfide” e ha parlato della comunione tra i carismi come “un tipico segno dei tempi” incoraggiante e importante. Sottolineando la multiformità e l’unità dei carismi e ministeri al servizio dell’unica Chiesa, ha invitato i vescovi a adoperarsi per questo, in comunione col Successore di Pietro. “I rapporti scambievoli tra vescovi – ha ricordato – vanno ben oltre i loro incontri istituzionali”. Ed ha osservato: “in convegni come i vostri si sperimenta non solo collegialità, ma una fraternità episcopale che trae dalla condivisione degli ideali promossi dai Movimenti uno stimolo a rendere più intensa la comunione dei cuori, più forte il reciproco sostegno e più condiviso l’impegno a mostrare la Chiesa come luogo di preghiera e di carità, come casa di misericordia e di pace”. Parlando della Comunità di S. Egidio e del Movimento dei Focolari, ha messo in rilievo la loro “forte dimensione missionaria”. Nel ricco mondo occidentale dove non manca “un diffuso desiderio di spiritualità – ha detto – i vostri Movimenti testimoniano la gioia della fede e la bellezza dell’essere cristiani in grande apertura ecumenica. Nelle vaste aree depresse della terra essi comunicano il messaggio della solidarietà e si fanno prossimi ai poveri e ai deboli”. Soffermandosi sulle caratteristiche di ciascuno dei due, ha detto del Movimento dei Focolari: “proprio a partire dal cuore della sua spiritualità e cioè da Gesù crocifisso e abbandonato, sottolinea il carisma e il servizio dell’unità, che si realizza nei vari ambiti sociali e culturali come, ad esempio, quello economico con l’ ‘economia della comunione’, e attraverso le vie dell’ecumenismo e del dialogo inter-religioso”. L’incontro con il Papa era iniziato con il suo “augurio e benedizione per Chiara Lubich”, estesa a tutti i membri del Movimento dei Focolari, insieme ai saluti per Mons. Vincenzo Paglia, il Prof. Andrea Riccardi e l’intera Comunità di Sant’Egidio. Subito dopo l’udienza, i vescovi amici dei Focolari hanno avuto un incontro con 30 giornalisti di testate nazionali e internazionali su aspetti della “notte culturale” in diverse parti del globo e sull’apporto della spiritualità dell’unità per promuovere una cultura della fraternità. Sono intervenuti i cardinali Vlk (Praga), Antonelli (Firenze) e Toppo (India) e i vescovi Pérez González (Madrid) e Ntagwarara (Burundi). Tra gli argomenti affrontati: il crollo dei valori e l’individualismo nel mondo occidentale, la fame e l’ingiustizia in vaste zone del pianeta, il fondamentalismo religioso e la pena di morte. Su questo sfondo – hanno sottolineato i vescovi interlocutori – assume particolare significato una spiritualità della comunione e del dialogo come quella dei Focolari che ha notevoli riflessi sociali e che trova nel Cristo crocifisso e abbandonato – come hanno illustrato con la loro personale testimonianza – la chiave per accogliere le sfide e far crescere fra gli uomini l’unità e la fraternità. Servizio Informazione Focolari – Via Frascati 306, I – 00040 Rocca di Papa (Roma) Tel. +39. 06 94 79 89  – Fax 06. 94 74 93 20  –   sif@focolare.orgwww.focolare.org  

SI È CONCLUSO A CASTEL GANDOLFO IL 31° CONVEGNO DI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

«Dalla comunione tra Vescovi e Movimenti nuovo impulso alla testimonianza del Vangelo nel mondo»

“Dalla comunione tra Vescovi e Movimenti può scaturire un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità in ogni angolo del mondo”. E’ uno dei passaggi salienti del discorso rivolto da Benedetto XVI ai vescovi, quasi 200, ricevuti da lui in udienza giovedì mattina 8 febbraio: vescovi amici del Movimento dei Focolari riuniti in questi giorni a Castel Gandolfo e vescovi amici della Comunità di Sant’Egidio convenuti a Roma per l’anniversario della fondazione. Di seguito il discorso integrale del Santo Padre: «Venerati Fratelli nell’Episcopato! Sono lieto di accogliervi in questa speciale Udienza e saluto cordialmente tutti voi, che venite da vari Paesi del mondo. Rivolgo anche un particolare pensiero a coloro che sono qui con noi ed appartengono ad altre Chiese cristiane. Alcuni di voi partecipano all’annuale appuntamento dei Vescovi amici del Movimento dei Focolari, che ha per tema: “Il Cristo crocifisso e abbandonato, luce nella notte culturale”. Colgo volentieri questa occasione per inviare a Chiara Lubich il mio augurio e la mia benedizione, che estendo a tutti i membri del Movimento da lei fondato. Altri prendono parte al IX Convegno di Vescovi amici della Comunità di Sant’Egidio, che affronta un argomento quanto mai attuale: “La globalizzazione dell’amore”. Saluto Mons. Vincenzo Paglia, e con lui il professor Andrea Riccardi e l’intera Comunità, che, nell’anniversario della sua fondazione, questa sera si radunerà nella Basilica di San Giovanni in Laterano per una solenne Celebrazione eucaristica. Cari Fratelli nell’Episcopato, vorrei dirvi anzitutto che la vostra vicinanza ai due Movimenti, mentre sottolinea la vitalità di queste nuove aggregazioni di fedeli, manifesta altresì quella comunione tra i carismi che costituisce un tipico “segno dei tempi”. L’Esortazione post-sinodale Pastores gregis ricorda che “i rapporti scambievoli tra Vescovi… vanno ben oltre i loro incontri istituzionali” (n. 59). E’ quello che avviene anche in convegni come i vostri, nei quali si sperimenta una fraternità episcopale che trae dalla condivisione degli ideali promossi dai Movimenti uno stimolo a rendere più intensa la comunione dei cuori, più forte il reciproco sostegno e più condiviso l’impegno a mostrare la Chiesa come luogo di preghiera e di carità, come casa di misericordia e di pace. Il mio venerato Predecessore, Giovanni Paolo II, ha presentato i Movimenti e le Nuove Comunità sorte in questi anni come un dono provvidenziale dello Spirito Santo alla Chiesa per rispondere in maniera efficace alle sfide del nostro tempo. Ed anche io, altre volte, ho avuto modo di sottolineare il valore della loro dimensione carismatica. Come dimenticare, ad esempio, la straordinaria Veglia di Pentecoste dello scorso anno, che ha visto la corale partecipazione di molti Movimenti ed Associazioni ecclesiali? E’ ancora viva in me la commozione provata nel partecipare in Piazza San Pietro ad una così intensa esperienza spirituale. Ripeto a voi quanto allora ebbi a dire ai fedeli giunti da ogni parte del mondo, e cioè che la multiformità e l’unità dei carismi e ministeri sono inseparabili nella vita della Chiesa. Lo Spirito Santo vuole la multiformità dei Movimenti al servizio dell’unico Corpo che è appunto la Chiesa. E questo lo realizza attraverso il ministero di coloro che Egli ha posto a reggere la Chiesa di Dio: i Vescovi in comunione col Successore di Pietro. Questa unità e molteplicità, che è nel Popolo di Dio, si rende in qualche modo manifesta anche quest’oggi, essendo qui riuniti con il Papa parecchi Vescovi, vicini a due diversi Movimenti ecclesiali, caratterizzati da una forte dimensione missionaria. Nel ricco mondo occidentale dove, anche se è presente una cultura relativista, non manca però al tempo stesso un diffuso desiderio di spiritualità, i vostri Movimenti testimoniano la gioia della fede e la bellezza dell’essere cristiani. Nelle vaste aree depresse della terra essi comunicano il messaggio della solidarietà e si fanno prossimi ai poveri e ai deboli con quell’amore, umano e divino, che ho voluto riproporre all’attenzione di tutti nell’Enciclica Deus caritas est. Dalla comunione tra Vescovi e Movimenti può scaturire pertanto un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità in ogni angolo del mondo. Il Movimento dei Focolari, proprio a partire dal cuore della sua spiritualità e cioè da Gesù crocifisso e abbandonato, sottolinea il carisma e il servizio dell’unità, che si realizza nei vari ambiti sociali e culturali come, ad esempio, quello economico con l’“economia della comunione”, e attraverso le vie dell’ecumenismo e del dialogo inter-religioso. La Comunità di Sant’Egidio, mettendo al centro della propria esistenza la preghiera e la liturgia, vuole farsi prossima di coloro che sperimentano situazioni di disagio e di emarginazione sociale. Per il cristiano l’uomo, anche se lontano, non è mai un estraneo. Insieme è possibile affrontare con più forte slancio le sfide che ci interpellano in maniera pressante in questo inizio del terzo millennio: penso in primo luogo alla ricerca della giustizia e della pace e all’urgenza di costruire un mondo più fraterno e solidale, a partire proprio dai Paesi dai quali alcuni di voi provengono, e che sono provati da sanguinosi conflitti. Mi riferisco specialmente all’Africa, continente che porto nel cuore e che spero possa finalmente conoscere un tempo di stabile pace e di vero sviluppo. Il prossimo Sinodo dei Vescovi africani sarà sicuramente un momento propizio per mostrare il grande amore che Dio riserva alle amate popolazioni africane. Cari amici, l’originale fraternità che esiste tra voi e i Movimenti di cui siete amici vi spinge a portare insieme “i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2), come raccomanda l’Apostolo, soprattutto per quanto concerne l’evangelizzazione, l’amore per i poveri e la causa della pace. Il Signore renda sempre più proficue le vostre iniziative spirituali ed apostoliche. Io vi accompagno con la preghiera e volentieri imparto l’Apostolica Benedizione a voi qui presenti, al Movimento dei Focolari e alla Comunità di Sant’Egidio, ed ai fedeli affidati alle vostre cure pastorali». Benedetto XVI Giovedì 8 febbraio 2007, Sala Clementina (altro…)

Come rispondere alla “notte” dell’umanità

Dal Libano sull’orlo di una nuova guerra e dal Sudan dell’apocalisse del Darfur, dal Pakistan crocevia del terrorismo: alcune delle provenienze degli 85 Vescovi dei cinque continenti che parteciperanno dal 3 al 9 febbraio prossimo al 31° Convegno di Vescovi amici del Movimento dei Focolari. Benedetto XVI riceverà i Vescovi in udienza speciale giovedì mattina 8 febbraio. Nella stessa mattinata, incontro dei vescovi con i giornalisti sul loro impegno e quello delle loro Chiese locali in alcuni tra i contesti più travagliati nell’attuale panorama mondiale (ore 13, nella sala dell’Augustinianum, Via Paolo VI, 25). Titolo dell’incontro: “Il Cristo crocifisso e abbandonato, luce nella notte culturale”. “La vita dell’umanità e il cammino della Chiesa – spiega il moderatore del Convegno, il Card. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga – sono oggi alle prese con particolari sfide che Giovanni Paolo II non ha esitato a caratterizzare come ‘notte oscura’ epocale. Tale situazione non comporta solo rischi ma anche – come sottolinea Benedetto XVI – l’opportunità di un nuovo inizio, di un nuovo ed efficace annuncio di Dio come Amore, che porti ad una visione della vita umana incentrata nel dono di sé e nella condivisione”. Un contributo centrale su questa tematica è stato preparato da Chiara Lubich. Altro tema di rilievo: la collaborazione di Movimenti e Comunità laicali di varie Chiese per una testimonianza comune, che si esprimerà il 12 maggio prossimo, nella II Giornata “Insieme per l’Europa” a Stoccarda e, in parallelo, in molte altre città d’Europa. (altro…)

Febbraio 2007

È il modo più intelligente di vivere: porre la propria vita nelle mani di Colui che ce l’ha donata. Qualunque cosa accada, di Lui possiamo fidarci ciecamente: è Amore e vuole il nostro bene.
Il profeta Geremia, proclamando questa “benedizione”, richiama un’immagine cara alla tradizione biblica: un albero piantato sulla sponda di un ruscello ricco di acqua. Non teme la stagione calda: le sue radici sono bene alimentate, le foglie rimangono sempre verdi ed è fecondo di frutti.
Al contrario, chi pone la propria speranza fuori di Dio – può essere nel potere, nella ricchezza, nelle amicizie influenti – viene paragonato ad un arbusto in terreno arido, salmastro, che stenta a crescere e non porta frutto.

«Benedetto l'uomo che confida nel Signore»

Ci si rivolge al Signore quando si è in situazioni estreme, disperate: una malattia inguaribile, un debito insolvibile, un imminente pericolo di vita… Non può non essere così. Sappiamo che ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio. Ma se a Lui tutto è possibile , perché non ricorrere a Lui in ogni momento della vita?
La Parola di vita ci invita ad una comunione costante con il Signore, ben al di là delle richieste che pure dobbiamo rivolgergli, perché sempre siamo bisognosi del suo aiuto. È “benedetto”, ossia ha trovato la gioia e la pienezza della vita, chi instaura con Lui un rapporto di fiducia e di confidenza che scaturisce dalla fede nel suo amore.
Egli, il Dio vicino, più intimo a noi di noi stessi, cammina con noi e conosce ogni palpito del nostro cuore. Con Lui possiamo condividere gioie, dolori, preoccupazioni, progetti… Non siamo soli, neppure nei momenti più bui e difficili. In Lui possiamo confidare pienamente. Non ci deluderà mai.

«Benedetto l'uomo che confida nel Signore»

Dice Chiara Lubich che un modo particolare per esprimere questa confidenza può essere “lavorare a due”.
A volte ci assalgono pensieri così assillanti, per circostanze o persone cui noi non possiamo direttamente dedicarci, che ci è difficile compiere bene quello che la volontà di Dio ci chiede in quel momento. Vorremmo essere vicini a quella persona cara che soffre, che vive nella prova, che è ammalata. Vorremmo poter risolvere quella situazione intricata, andare in aiuto a popolazioni in guerra, a profughi, ad affamati…
Ci sentiamo impotenti! Ecco il momento della confidenza in Dio che a volte può raggiungere l’eroismo. Chiara cita qualche esempio: “Io non posso far nulla in quel caso (…). Ebbene io farò ciò che Tu vuoi da me in questo attimo: studiare bene, spazzare bene, pregare bene, accudire bene i miei bambini… E Dio penserà a sbrogliare quella matassa, a confortare chi soffre, a risolvere quell'imprevisto”.
Il pensiero di Chiara conclude: “È un lavoro a due in perfetta comunione, che richiede a noi grande fede nell’amore di Dio per i suoi figli e mette Dio stesso, per il nostro agire, nella possibilità d’aver fiducia in noi.
Questa reciproca confidenza opera miracoli.
Si vedrà che, dove noi non siamo arrivati, è veramente arrivato un Altro, che ha fatto immensamente meglio di noi.
L’atto eroico di confidenza sarà premiato; la nostra vita, limitata ad un solo campo, acquisterà una nuova dimensione; ci sentiremo al contatto con l’Infinito (…). Balzerà più evidente, anche perché sperimentata, la realtà che siamo veramente figli di un Dio Padre che tutto può.”

«Benedetto l'uomo che confida nel Signore»

“Suona il telefono – racconta Rina, che gli anni hanno ormai costretto a vivere ritirata in casa -. È una signora anziana come me, a cui da tempo invio la Parola di vita. Il fratello è morente e lei non sa come fare. Siamo nel periodo delle vacanze ed è difficile trovare chi lo possa seguire, tanto più che negli ultimi anni si è ridotto a fare il barbone… Sento mio il dolore della mia amica e insieme mi sento impotente, come lei. Cosa posso fare, io che abito tanto lontano, immobilizzata su questa sedia? Vorrei almeno dirle parole di conforto, ma stentano a venire, neppure di questo sono capace. Non mi rimane che assicurarle il ricordo. Ma ancor più la preghiera.
A sera, quando le mie compagne tornano dal lavoro, insieme affidiamo a Dio questa situazione e mettiamo nel suo cuore i timori e le incertezze.
La notte mi sveglio e mi rivedo quel barbone solo, morente. Mi riaddormento e ancora mi sveglio. Ora ogni volta mi rivolgo al Padre: 'È un tuo figlio, non puoi abbandonarlo. Pensaci tu'. 
Pochi giorni dopo una telefonata della mia amica mi dice che, dopo aver parlato con me quel giorno, ha sentito una grande pace. 'Sai che lo abbiamo potuto portare all’ospedale? Lo hanno aiutato, alleviando i dolori. E' stato purificato dalla sofferenza, era pronto. Si è spento serenamente, avendo ricevuto l'Eucaristia'.
Nel mio cuore un senso di gratitudine, e di maggiore confidenza nel Signore.”

a cura di P. Fabio Ciardi e Gabriella Fallacara

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40° del Movimento Gen: “Sempre in via”

“Il Movimento gen è nato per far risperare il mondo in Qualcuno che non inganna mai”. Con queste parole Chiara Lubich ha ricordato, in un messaggio lanciato in diretta mondiale, il compito del Movimento “Gen”, – ‘generazione nuova’ dei Focolari – nato 40 anni fa, in piena contestazione giovanile. Il 2007, anno del 40°, per i gen non è una semplice  ricorrenza, ma  segna una nuova tappa, con la consegna di Chiara: “Siete in cammino. ‘Sempre in Via’. Ma la Via è Gesù. Che questo 40° impegni ancor più il Movimento Gen a vivere con Gesù compagno di viaggio”, “Darete così dal vostro angolo di mondo quell’avvio indispensabile e decisivo alla svolta che va operata nell’umanità”. Un evento vissuto a livello planetario ha legato in un’unica rete i giovani che vivono la spiritualità dell’unità: Terra Santa, Filippine, Brasile, Sud Africa, Corea, Stati Uniti, Egitto, Uganda, Tanzania, e molti altri ancora – in tutto 44 – erano i Paesi presenti all’appuntamento attraverso un collegamento satellitare; 23 i congressi contemporanei e oltre 2000 i giovani riuniti a Roma, provenienti da tutta Europa e con rappresentanza degli altri continenti. E alla sfida di diventare “atleti di Dio, eroi del Vangelo, testimoni della verità, dimostrazione che Dio è pienezza, felicità, pace, bellezza, ricchezza, abbondanza, amore, misericordia, fiducia”, i gen, da tutto il pianeta, hanno risposto con entusiasmo e generosità. Alcuni flash – Dal Cairo: “E’ la prima volta che assisto a un avvenimento storico come questo!”; dal Venezuela: “Il mio cuore cresceva vedendo il mondo in collegamento, non solo satellitare ma soprattutto spirituale”; da Hong Kong: “Voglio dire il mio Sì a Gesù, anche se umanamente è difficile, voglio dirGli sì  sempre, subito, con gioia”; dall’Italia: “Lui riempie ogni vuoto. Ma richiede tutto il cuore, tutta l’anima: che Ideale questo!”. Un momento di grandissima gioia è stato poi il saluto del Santo Padre Benedetto XVI ad un gruppo di gen che ha partecipato all’udienza di mercoledì 10 gennaio 2007, a conclusione del loro congresso. Il Movimento Gen nasce nel 1967, proponendo ai giovani di tutto il mondo una rivoluzione pacifica, che cambi i cuori, e da lì incida sul sociale, rinnovando le strutture, portando ovunque la vita del Vangelo: «Questa è la rivoluzione che noi vogliamo fare: né occidente ci piace, né oriente ci piace, né il capitalismo ci piace, né il comunismo ci piace, il cristianesimo ci piace, il capitale di Dio ci piace» è stato uno dei motti fondanti del Movimento Gen. Non solo cristiani – Nel tempo, con la crescita del Movimento dei Focolari, fra i gen sono arrivati anche cristiani di altre chiese e giovani seguaci di altre religioni. Li ritroviamo anche nelle zone di conflitto, come in Terra Santa, in Iraq, in Colombia, pronti a testimoniare con la vita una cultura della pace. Oggi sono 18.000 in tutto il mondo. Animatori del movimento Giovani per un Mondo Unito, insieme a loro e a molti altri giovani, si impegnano a costruire ovunque “frammenti di fraternità”, danno vita ad azioni che incidono sull’opinione pubblica, e si adoperano per dare una risposta alle disuguaglianze sociali in atto nei propri paesi. (altro…)

“I Giusti, gli eroi sconosciuti dell’Olocausto”

«Come dice il Concilio Vaticano II, la Chiesa per la sua stessa natura è realmente e intimamente solidale con il genere umano e la sua storia: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (Gaudium et spes, n.1). Ma la storia della Chiesa cattolica nel Novecento si è intrecciata con una tragedia senza precedenti come lo sterminio pianificato di sei milioni di ebrei. Indagare sugli eventi e dibattere sul loro concatenarsi è compito degli storici che si confrontano ormai da decenni sulle fonti, ricercandone sempre di nuove e arricchendo il patrimonio delle nostre conoscenze. La tragedia bellica e la Shoah hanno segnato profondamente la nostra civiltà. Il patrimonio di tolleranza e di democrazia è stato messo a dura prova, ma è stata anche messa a repentaglio l’Europa con i suo valori religiosi. A questo patrimonio a questi valori, gli uomini di buona volontà si sono sempre aggrappati quando tutto sembrava ormai perduto. “Tu mio Signore, hai fatto di tutto perché io non credessi in Te. Ma io muoio così come sono vissuto: con una fede incrollabile in Te”. L’ebreo Yossi Rakover, di cui narra Kolitz, si rivolge all’Onnipotente con queste parole, prima di soccombere ai nazisti nell’insurrezione del Ghetto di Varsavia. In queste parole sembra di leggere anche la storia dei Giusti, così analiticamente descritta nel libro di Sir Martin Gilbert che oggi presentiamo. E’ una storia del bene, anzi di una corrente di bene, che attraversa l’umanità prescindendo dalle differenze religiose. I cristiani, tra cui moltissimi cattolici, ma anche i musulmani, accettarono (a costo della loro stessa vita) di salvare gli ebrei dalla Shoah. Agirono a volte senza aspettare di avere paura, a volte percorsi dal terrore di un tragico destino, a volte dubbiosi, a volte indecisi. Ma agirono e lo fecero conducendo una guerra pacifica e silenziosa per la salvezza dei tanti ebrei che rischiavano di finire nei Lager. Fu questa una guerra fatta senza proclami, senza manifesti, senza teorie, senza retorica e questi “Giusti” la combatterono a volte contro le convenzioni e contro i pregiudizi del loro stesso ambiente. In questa guerra la Chiesa cattolica, intesa come istituzione, ebbe una sua parte. Specifica e rilevante, sotto Pio XII e seguendone le direttive, essa cercò di coordinare gli sforzi in favore delle vittime di guerra e soprattutto trasmettere un esempio ai fedeli. Non si trattava soltanto di organizzare burocraticamente la ricerca dei dispersi e l’assistenza ai prigionieri. Fu invece un’attitudine precisa nei confronti degli ebrei perseguitati. Essi andavano aiutati, in ogni modo possibile. E’ questo il presupposto su cui si fondò l’azione del Papa e dei suoi collaboratori, come si evince dalla documentazione esistente. Ho ricevuto recentemente Suor Margherita Marchione che mi ha presentato l’Opera “Crociata della carità: l’impegno di Pio XII per i prigionieri della seconda guerra mondiale”. E’ una documentazione impressionante. La storia dei Giusti cattolici s’intreccia quindi con l’azione di Pio XII. Essa è innanzitutto una storia di comprensione e di dialogo nella carità, così come registrata nelle numerose testimonianze riportate da Gilbert. E’ una storia che vide impegnati cattolici ed ebrei insieme (si pensi al ruolo di monsignor Roncalli a Istanbul), intrisa di impegno, di speranze e di gratitudine degli israeliti per la Chiesa e per il Papa. Ma è soprattutto una storia che toglie ogni ragion d’essere alle ricorrenti accuse di “collaborazionismo” papale e di antisemitismo cattolico. Perché indipendentemente dai deprecabili pregiudizi di alcuni nuclei di cristiani, rimane il fatto che l’antisemitismo era stato già da tempo condannato dal Vaticano. Ormai è chiaro che quello di Papa Pacelli non fu un silenzio ma un parlare intelligente e strategico, come dimostra il radiomessaggio natalizio del 1942 che fece andare Hitler su tutte le furie. Le prove sono negli Archivi vaticani, dove è presente ad esempio la dichiarazione di condanna dell’antisemitismo del 1928 dell’ex Sant’Uffizio, molto netta e molto chiara. Un documento che viene assolutamente dimenticato come se la condanna dell’antisemitismo fosse solo quella del Vaticano II. E’ questo il tessuto su cui si dipana la trama dei “Giusti”, resa ancora più preziosa per il fatto di provenire da un celebrato e autorevole studioso ebreo, la cui opera è pubblicata in Italia da una casa editrice cattolica: ma la storia che si legge in questo volume di Martin Gilbert meritava di essere conosciuta anche per un altro motivo: perché essa non è solo la storia di quei “Giusti” proclamati tali davanti al mondo, ma è anche la storia di quei tanti “Giusti impliciti”, che non poterono essere onorati perché se n’era persa la memoria storica. Recuperare questa memoria è stato il compito dell’Autore, che è riuscito brillantemente nel suo intento, offrendoci un patrimonio di conoscenze da trasmettere soprattutto alle giovani generazioni: affinché esse imparino a non dimenticare la Shoah e il valore della memoria del bene che ad essa ci lega. Desidero citare qui i giusti di un paese molto martoriato per contrastanti ragioni, e cioè della Polonia. Secondo lo storico polacco Jan Zaryn, membro dell’Istituto della Memoria Nazionale, nelle varie forme dell’aiuto agli ebrei erano coinvolti circa un milione di polacchi. Un milione di polacchi che in ogni momento rischiavano la morte immediata per mano degli occupanti tedeschi (tale rischio si estendeva spesso su tutta la famiglia della persona che offriva aiuto). Spesso ci si scorda che la Polonia era l’unico paese dove vigeva la pena di morte per l’aiuto agli ebrei. Un attivista ebreo Adolf Barman ricordò questo importantissimo fatto nel corso della conferenza riguardante l’aiuto degli ebrei durante la Guerra mondiale, che si è svolta a Gerusalemme nel 1974 (vedi Rescue Attempts during the Holocaust, Yad Vashem, Jerusalem 1977, p.453). perciò furono migliaia i polacchi morti per aiutare i loro connazionali ebrei. Alcuni di loro hanno ricevuto la medaglia dei “Giusti tra le nazioni del Mondo”, altri sono visti come esempi di virtù cristiane, soprattutto della carità. In agosto del 2003 nella diocesi di Przemsyl è cominciato il processo diocesano di un’intera famiglia: Giuseppe Ulma, sua moglie Vittoria, sei figli ed un altro figlio non nato (Vittoria era negli ultimi mesi di gravidanza) trucidati il 24 marzo 1944 per mano dei gendarmi tedeschi nel villaggio Markowa, per aver nascosto a casa loro otto ebrei. Termino citando il discorso fatto da Benedetto XVI, in occasione degli auguri natalizi alla Curia Romana, durante il quale ha sintetizzato le emozioni provate nel corso dei suoi viaggi apostolici, fra cui quello in Polonia: “Nei miei spostamenti in Polonia – ha detto – non poteva mancare la vista ad Auschwitz-Birkenau nel luogo della barbarie più crudele – del tentativo di cancellare il popolo di Israele, di vanificare così anche l’elezione da parte di Dio, di bandire Dio stesso dalla storia. Fu per me motivo di grande conforto veder comparire nel cielo in quel momento l’arcobaleno, mentre io, davanti all’orrore di quel luogo, nell’atteggiamento di Giobbe gridavo verso Dio, scosso dallo spavento della sua apparente assenza e, al contempo, sorretto dalla certezza che Egli anche nel suo silenzio non cessa di essere e di rimanere con noi. L’arcobaleno era come una risposta: Sì, Io ci sono, e le parole della promessa, dell’Alleanza, che ho pronunciato dopo il diluvio, sono valide anche oggi (cfr Gn 9,12-17)”». Cardinale Tarcisio Bertone, 24 gennaio 2007 (altro…)

“Una cosa piccola come un sorriso”

Oltre la semplice tolleranza – Vivo a Londra e faccio parte di un’unità gen (generazione nuova). L’unità gen è per noi una palestra di… unità! Ci esercitiamo a viverla innanzitutto tra noi, in piccoli gruppi. Siamo ragazze appartenenti alla Chiesa cattolica, alla Chiesa ortodossa e io, che appartengo alla Chiesa d’Inghilterra. La nostra esperienza insieme è quella di costruire un rapporto che vada oltre la semplice tolleranza, che si basi sull’amore reciproco. Ciò richiede l’allenamento ad andare sempre verso l’altra con cuore aperto, per conoscere la cultura e la Chiesa dell’altra ed amarla come la propria. Ed è dalla forza dell’unità che attingiamo quell’amore che suscita semi di fraternità, lì dove viviamo. Aprire gli occhi – Quando Chiara Lubich è stata a Londra due anni fa, ha lanciato un progetto chiamato “Bridging London”. E’ fantastico, perché i londinesi per lungo tempo sono andati fieri di essere multi-religiosi e multi-culturali, ma Chiara ci ha detto che questo non era abbastanza: c’è bisogno del dialogo fra fedi e culture, c’è bisogno dell’amore. Questo mi ha veramente aperto gli occhi. Oltre la separazione – La maggior parte delle mie esperienze è sul posto di lavoro: un Museo di Londra. Lì regna una grande differenza nella composizione dello staff. Molti dei curatori, scienziati, e personale della Mostra sono europei bianchi. Molti dello staff delle pulizie vengono dall’Asia o dall’Europa dell’Est, e africani o afro-americani, per la maggior parte hanno contratti a breve termine. La separazione è evidente e spaventosa. Nello sforzo di ‘gettare ponti a Londra’ ho fatto la scelta di cercare di conoscere e amare il personale attorno a me, in modo particolare chi è di un’altra etnia. Dallo staff della sicurezza… – Il posto più semplice da cui iniziare è stato l’entrata del Museo, dove lo staff della sicurezza ha il compito di controllare le borse. Cerco di sorridere e di aprire la mia borsa velocemente. Un giorno una delle guardie mi ha detto: “E’ la gente come te che rende il nostro lavoro più leggero!”. Ero sorpresa che una cosa piccola come un sorriso avesse fatto una tale differenza. Da allora in poi ci fermiamo a parlare ogni volta che entro. … a tutta Londra – Con gli altri gen siamo impegnati nell’operazione “Bridging London” in molti modi. A volte organizziamo dei “Caffè Internazionali” che riuniscono giovani di diverse fedi e culture. Per esempio, recentemente abbiamo organizzato una grande serata latino-americana con 200 giovani. Prima di cominciare, ci siamo trovati fra noi per pregare insieme, anglicani e cattolici, ed assicurarci la presenza di Gesù tra noi, come da lui promesso quando “due o tre sono riuniti nel suo nome”. E’ stata una serata molto speciale, con un’atmosfera bellissima, molto diversa da quella che respiri nei club e pub al centro di Londra, e molte persone ci hanno chiesto della nostra vita e del nostro impegno per il mondo unito. (A. G. – Londra) (altro…)

Intonare la fraternità

Il dono dell’armonia del canto e della musica può concorrere, nella celebrazione della fede e oltre, a unire i cuori, a intonare la fraternità. Da questo desiderio, in un’epoca travagliata da tensioni di ogni tipo, nasce la composizione della “Messa della concordia”, una raccolta di 12 brani, per un’opera che dichiara già dal titolo il suo obiettivo. Un anno di lavoro svolto con la collaborazione del teologo e compositore Pierangelo Sequeri, che, oltre alla consulenza musicale, teologica e liturgica, ha scritto i testi di 3 brani; il CD è uscito in concomitanza con la ricorrenza del 40° del Gen Verde – nato la vigilia di Natale del 1966 – ed è pubblicato da Città Nuova Editrice. I brani sono interpretati dalle voci di Gen Verde e Gen Rosso; quest’ultimo, per il 40° festeggiato nello stesso anno, aveva pubblicato il cd “Zenit”, 10 brani scelti fra le canzoni più importanti, riarrangiate, e un pezzo inedito. Dal 20 gennaio il Gen Verde è ripartito in tournée con “La coperta del mondo”: Piemonte e Liguria le prossime tappe, per proseguire in Portogallo e Spagna; il Gen Rosso, invece, riprende fiato dopo i 31 spettacoli realizzati nel 2006 in Brasile, dove ha incontrato circa 110.000 persone. (altro…)

Comunicazione e relazionalità in medicina: nuove prospettive per l’agire medico

VENERDÌ 16 FEBBRAIO

I sessione – “Medicina Dialogo Comunione”: le radici, gli sviluppi, gli obiettivi

– La “persona” in relazione: quale modello di riferimento? – Comunicazione e relazionalità in medicina: lo stato dell’arte

II sessione – LA RELAZIONE MEDICO-PAZIENTE

– Nella formulazione della diagnosi – Nella definizione del programma terapeutico – Come contributo alla qualità di vita del paziente – Nella prospettiva del medico: Curare chi cura – Spazio per la discussione

III sessione – LA COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI

– Tavola rotonda interdisciplinare: il punto di vista dell’internista, del neurologo, dello psichiatra, del pediatra, del palliativista, del ginecologo, del medico universitario – Spazio per la discussione

IV sessione – L’INTER-RELAZIONE TRA OPERATORI IN MEDICINA: PRESUPPOSTI, METODI, EFFETTI

Presentazione di alcuni modelli applicativi: – Il lavoro d’équipe in un dipartimento di terapia intensiva –  L’inter-relazionalità nel distretto sanitario – Risultati di una collaborazione in campo epidemiologico in Algeria – Multiprofessionalità e qualità dell’assistenza in ospedale – Inter-relazione in oncologia – Interdisciplinarietà in geriatria: un’ipotesi formativa

SABATO  17 FEBBRAIO

V sessione – LA PROFESSIONALITÀ IN MEDICINA

– Le componenti della professionalità nella società che cambia – Interpretando la professionalità – Tavola rotonda Intervengono: un docente universitario, uno studente, un medico di famiglia, un anestesista, un infermiere, un medico riabilitatore, un ricercatore – Spazio per la discussione

VI sessione – DALLA INTER-RELAZIONALITÀ ALLA RECIPROCITÀ

Progetti internazionali: realizzazioni, risultati preliminari, nuove prospettive: – Collaborazione multicentrica: risultati del gruppo europeo “IOTA” (International Ovarian Tumor Analysis) – Un nuovo modello culturale nel trattamento dell’ HIV/AIDS. Un progetto in Africa   nell’ambito dell’UNAIDS – “Bukas Palad”: medicina di comunità alla periferia di Manila – Management del cancro della cervice: sviluppo di un modello di partnership secondo l’approccio etnografico tra Paesi a diverso standard assistenziale Conclusioni (altro…)

L’arte del relazionarsi nel mondo della medicina

L’arte del relazionarsi nel mondo della medicina

L’universo della medicina oggi richiede inter-relazioni sempre più intense: sofferenza, malattia e morte pongono sfide che mettono in discussione il significato stesso della vita ed esigono risposte non facilmente acquisibili; l’iperspecializzazione medica esige confronto e collaborazione interdisciplinare; lo sviluppo informatico consente condivisione e diffusione del sapere specifico. Sempre più cruciale è saper esercitare l’arte del ‘relazionarsi’. Queste le tematiche al centro del Congresso internazionale che prevede la partecipazione di 600 medici e operatori sanitari dei Paesi europei, e di rappresentanti degli altri continenti. L’evento, in programma a Roma, presso il Policlinico Gemelli, il 16 e 17 febbraio prossimi, si svolgerà in collegamento satellitare con oltre 20 capitali del mondo. Titolo: Comunicazione e relazionalità in medicina: nuove prospettive per l’agire medico. L’obiettivo: individuare strategie ed elaborare linee culturali che promuovano una formazione alla relazionalità nella prospettiva della fraternità. Al Congresso verranno presentati i risultati di progetti internazionali condotti in diversi ambiti della medicina: epidemiologia e prevenzione, trattamento Hiv/Aids, patologia oncologica. L’evento è organizzato dall’associazione MDC – Medicina Dialogo Comunione – nata con lo scopo di contribuire all’elaborazione di un’antropologia medica ispirata ai principi contenuti nella spiritualità dell’unità. Il Congresso si svolgerà in collaborazione con il dipartimento di Scienze Gerontologiche, Geriatrie e Fisiatriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Per informazioni: Segreteria scientifica Associazione “Medicina – Dialogo – Comunione” (M.D.C.) Via di Frascati, 306 – 00040 Rocca di Papa (Roma) e-mail: mdc@flars.net (altro…)

Giovani: una rete internazionale di scuole di formazione politica

Giovani: una rete internazionale di scuole di formazione politica

«Di fronte alla grande crisi argentina del dicembre 2001, come tanti giovani anch’io mi sono sentita derubata del futuro», racconta G. D. L., di Buenos Aires,  una dei 395 studenti che si sono iscritti ai corsi di formazione politica del Mov. politico per l’unità che, nei mesi successivi, hanno preso avvio nel suo Paese. Mentre in quelle circostanze tanti suoi amici chiudevano con la politica, G. ha avvertito che, aderendo a questo progetto, si apriva per lei una soluzione diversa. Come sono organizzate le ‘scuole’? Si tratta di un percorso di due anni di studio, in cui si approfondisce il sistema politico, culturale ed economico del proprio Paese, in una prospettiva ampia che guarda all’intera famiglia umana come comunità politica fondamentale. Ciò dà significato anche all’esercizio della cittadinanza nel territorio locale, con le sue regole. Attualmente le “comunità di formazione” sono presenti, oltre che in Argentina e in Italia (dove operano già da alcuni anni), anche in Uruguay e Paraguay; sono in fase di avvio in Brasile. Cardine della proposta formativa è il patrimonio culturale del MppU, che si ispira alla spiritualità e all’esperienza di Chiara Lubich, offerto ai giovani con l’elaborazione di strumenti conoscitivi adeguati ad approfondire la storia, i sistemi culturali e gli ordinamenti dei propri Paesi, ed agire di conseguenza, nel rispetto della diversità e della pari dignità di persone e popoli. Il progetto si presta a forme di partecipazione e “sostegno a distanza”, attraverso contributi una tantum oppure finalizzati a coprire i costi delle attività formative, optando tra le diverse sedi in Argentina (18 sedi), Uruguay (2), Paraguay (1), Brasile (13). Per saperne di più: Movimento Politico per l’Unità Via Frascati, 306 00040 Rocca di Papa (Roma) IT tel. +39-06-945407210 fax +39-06-9412080 email: mppu@focolare.org Sito web: www.mppu.org (altro…)

Chiara Lubich è stata dimessa dal Policlinico Gemelli

Chiara Lubich è stata dimessa dal Policlinico Gemelli

Chiara Lubich stessa ha annunciato con una lettera ai membri del Movimento il suo “ritorno a casa”.

Era stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva il 2 novembre scorso per una  insufficienza respiratoria causata da un episodio infettivo polmonare. Il prof. Salvatore Valente, ordinario di pneumologia, che ha seguito Chiara Lubich nel reparto dove è stata trasferita a fine novembre, nel dimetterla, ha dichiarato: “Si è ottenuta una risoluzione completa della polmonite. La situazione respiratoria è più che soddisfacente. Si registra una normalizzazione di tutti i parametri clinici”.

Viva è la gratitudine di Chiara e di tutto il Movimento per le cure prestate con il massimo impegno, professionalità e grande umanità da parte di tutti i medici, i fisioterapisti, gli infermieri e gli altri operatori sanitari che hanno permesso un recupero sorprendente.

Nella lettera inviata al Movimento, Chiara ha ringraziato anche per le preghiere. In questi due mesi, infatti, incessanti sono state le espressioni di solidarietà e le preghiere per il suo ristabilimento.

Mons. Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, ha voluto farle di persona gli auguri di Natale. L’ha ringraziata soprattutto per i frutti del suo impegno per la comunione tra i movimenti ecclesiali e nuove comunità, dopo il grande incontro dei Movimenti con Giovanni Paolo II, alla vigilia di Pentecoste ’98. Diceva di aver costatato – nelle varie parti del mondo in cui si è recato, e recentemente in Brasile – il reciproco apprezzamento e sostegno fra Movimenti.  

Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, prof. Andrea Riccardi, le aveva fatto visita di ritorno da Istanbul, appena terminato il viaggio del Papa in Turchia. Alcuni giorni fa, Chiara Lubich ha ricevuto Walter Veltroni, sindaco di Roma, di cui è cittadina onoraria.

Un ringraziamento particolare, oltre al prof. Valente, va al Reparto di Rianimazione diretto dal Prof. Massimo Antonelli, al Dipartimento di Scienze Gerontologiche, Geriatriche e Fisiatriche diretto dal Prof. Roberto Bernabei, al Reparto di Osservazione Breve, diretto dal Prof. Nicolò Gentiloni, al Reparto di Medicina Riabilitativa coordinato dalla Prof.ssa Diana Barbara Piazzini. Si coglie anche l’occasione per ringraziare il Direttore Sanitario, nella persona del Prof. Cesare Catananti, che ha messo a disposizione con la massima tempestività ed efficienza i diversi servizi e strutture del Policlinico.

 

Sudan: “Salvare il salvabile”

Sudan: “Salvare il salvabile”

Il Sudan non è solo Darfur. Attorno alla capitale Khartoum, sfollati che giungono a più riprese dal Sud, a causa della lunghissima guerra civile, vivono in bidonville, con l’inevitabile seguito di povertà e di fame. Qui non esistono infrastrutture: né acqua, né ospedali, né scuole, né elettricità e i bisogni, in campo alimentare, sanitario, educativo sono immensi. La Chiesa è loro vicina, ma è necessario il sostegno di tutti perché possa proseguire nelle sue attività. Per questo il Movimento ha accolto la proposta di sostenere il progetto “Salvare il salvabile”, di cui hanno scritto i responsabili locali dei Focolari. «Nel maggio 2006, durante un viaggio in Sudan abbiamo costatato di persona la situazione molto difficile in cui vive gran parte della popolazione. Siamo stati toccati dall’amore e dalla testimonianza eroica di persone che si impegnano con perseveranza al servizio della popolazione più bisognosa. Tante le persone incontrate nelle bidonville, dove si vive in modo precario in capanne di paglia o di terra. Ci hanno colpito la dignità profonda, l’accoglienza ricevuta, la vitalità e la loro fede. C’è stato chi, alla domanda “Come stai?”, con un grande sorriso ha risposto: “Benissimo, non siamo mai soli: Dio è con noi…”. I momenti più belli sono stati nel partecipare alle loro Messe con le danze e gli splendidi canti al ritmo dei tamburi». Col progetto “Salvare il salvabile”, finora sono state realizzate scuole, aule – alcune sono solo tettoie – per i circa 52.000 bambini che abitano le baraccopoli. Il progetto mira ad assicurare la scolarità fino alle superiori ed un pasto al giorno agli studenti, sottonutriti. Una buona istruzione per questi giovani, educati con valori e testimonianze positive, consente una vita dignitosa ed evita loro di cadere nella spirale della violenza. Come contribuire – E’ necessario provvedere alla costruzione di aule dove mancano; alla riparazione dei servizi igienici; alla sostituzione di infrastrutture che stanno crollando; acquisto di materiale didattico; stipendi per 950 insegnanti; formazione del personale docente. Del progetto è direttamente responsabile la Diocesi di Karthoum, a cui andranno i fondi raccolti anche attraverso l’Azione Mondo Unito (AMU). (Confronta Amu Notizie n. 4/2006 .pdf) Per informazioni: amu@azionemondounito.org www.azionemondounito.org (altro…)

Tema della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani – Gennaio 2007

Umlazi: uno dei tanti sobborghi delle grandi città del Sud Africa sorti negli anni '50 per la popolazione di colore. Vi abitano circa 750.000 persone. Penuria di scuole, di ospedali, di alloggi dignitosi. Neppure un campo per giocare a calcio. La disoccupazione supera il 40%. La povertà genera violenze, abusi e diffusissimo il contagio dell'AIDS. Tanti si sentono isolati, hanno paura di parlare delle loro sofferenze, dei loro mille problemi.
Cosa fare? si sono chiesti i responsabili delle varie comunità cristiane di Umlazi. Occorre “rompere il silenzio”, si sono detti, e aprire un dialogo con ciascuno fatto di ascolto e di comunione di vita, per portare insieme le difficoltà. Hanno iniziato con i giovani, intavolando con loro un dialogo costruttivo e costruendo rapporti sempre più profondi.
Forti di questa esperienza i cristiani di Umlazi hanno proposto, per la “Settimana di preghiera per l'unità” dei cristiani, che si attua in questo mese in molte parti del mondo, il brano del Vangelo di Marco da cui è tratta la Parola di vita. Sia la ricerca dell'unità tra i cristiani  che la risposta cristiana alla sofferenza umana sono entrambe intenzioni presenti nella “Settimana” – secondo il commento della Guida alla “Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani” 2007. Mentre Gesù è in viaggio, gli viene condotto un sordomuto e Lui lo guarisce pronunciando la parola “Effatà”, ossia “Apriti”. La gente, al vedere ciò, esprime meraviglia e gioia ed esclama:

«Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!»

I miracoli di Gesù sono l'espressione del suo amore per quanti incontra sul proprio cammino. Sono anche “segni” del mondo nuovo che egli è venuto ad instaurare. La guarigione del sordomuto è il segno che Gesù è venuto a donarci una capacità nuova di intendere e di parlare.
“Effatà” è stata la parola pronunciata anche su di noi, al momento del nostro battesimo.
“Effatà”: e Lui ci apre all'ascolto della Parola di Dio, perché la lasciamo penetrare in noi.
“Effatà” è il suo invito ad aprirci all'ascolto di tutti quelli nei quali si è identificato: ogni persona, soprattutto i piccoli, i poveri, i bisognosi, e ad instaurare con tutti un dialogo d'amore che arriva a condividere la propria esperienza evangelica.
 
Riconoscenti a Gesù per quanto continua ad operare in noi, proclamiamo, come la folla a suo tempo:

«Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!»

Come vivere questa Parola di vita?
Infrangendo la nostra “sordità” e facendo tacere i rumori che, dentro e attorno a noi, ci impediscono di ascoltare la voce di Dio, della nostra coscienza, dei nostri fratelli e sorelle.
Da tante parti ci giunge, spesso tacita, una richiesta di aiuto: un bambino che domanda attenzione, una coppia di sposi in difficoltà, un ammalato, un anziano, un carcerato che hanno bisogno di assistenza. Ci giunge il grido di cittadini che invocano una città più vivibile, di lavoratori che domandano maggiore giustizia, di popoli interi a cui è negata l'esistenza… Distratti da mille interessi e attrattive, spesso l'orecchio del nostro cuore non è attento a quanti ci sono attorno. Oppure, ripiegati sui nostri bisogni, ci può capitare di far finta di non sentire.
La Parola di vita ci domanda di “ascoltare” per portare insieme agli altri le preoccupazioni e le difficoltà, così come di condividere le gioie e le attese, in una ritrovata solidarietà. Ci invita a non essere “muti”, ma a trovare il coraggio di parlare: per partecipare le esperienze e le convinzioni più profonde; per intervenire a difendere chi non ha voce; per fare opera di riconciliazione; per proporre idee, soluzioni, strategie nuove…
E quando l'impressione di non essere all'altezza delle situazioni ci farà sentire impari, ci sosterrà una certezza: Gesù, che ci ha aperto orecchi e bocca:

«Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!»

E' l'esperienza di Lucy Shara, del Sud Africa, che, trasferitasi con la famiglia a Durban, si era trovata ad affrontare la vita di una grande città e con essa ad incominciare un nuovo lavoro, di responsabilità. Erano gli anni dell'appartheid ed era inusuale che una donna africana rivestisse posti di dirigenza.
Un giorno si rende conto che tra gli operai si sta diffondendo una forma asmatica acuta, causata dalle cattive condizioni di vita sul lavoro. Molti di essi improvvisamente sparivano oppure si assentavano dal lavoro per lunghi mesi. Ne parla con il vicedirettore proponendo una soluzione: installare un efficiente macchinario per la depurazione dell'ambiente. E' una forte spesa e l'azienda rifiuta.
Lucy, che da tempo cerca di vivere la Parola di vita, trova in essa la sua forza e la sua luce. Avverte dentro di sé come un fuoco che le infonde coraggio, che la mantiene calma in tutte le trattative e la pone in sincero ascolto delle opinioni espresse dalla direzione. “Ad un certo punto – racconta – mi sono fiorite sulla bocca le parole giuste per difendere coloro che erano senza voce. Sono riuscita a far capire come il rilevante costo iniziale si sarebbe ammortizzato per le migliorate condizioni di salute degli operai, non più costretti ad assentarsi per malattia”.
Le sue sono parole convincenti. Il depuratore viene installato, l'asma scende dal 12% al 2% e di  pari passo cala l'assenteismo. La direzione la ringrazia, le dà perfino un extra bonus nello stipendio. Tra gli operai si diffonde la gioia e nella fabbrica si respira una nuova “atmosfera”, in tutti i sensi!

Chiara Lubich

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Non più “Isola dell’inferno”

«Il messaggio del Vangelo, vissuto da persone che hanno condiviso tutto con noi e insieme hanno cercato per noi i mezzi di sostentamento, è diventato qualcosa che ci ha liberati dentro, e ci ha aperto un nuovo orizzonte, che ci ha portato a fare della nostra vita un “santo viaggio”, e  ci ha resi “soggetti” della trasformazione del nostro ambiente sociale». Sono nato e abito nell’isola che ora è denominata S. Terezinha, alla periferia della città di Recife nel Nord-est del Brasile. Oltre trenta anni fa il suo nome era “Isola dell’Inferno”, per il grave degrado in cui viveva. Da allora il Movimento dei Focolari svolge in questa comunità un’azione di promozione sociale e allo stesso tempo spirituale e culturale. Per questa esperienza vissuta insieme è sorta l’Associazione degli abitanti dell’isola S. Terezinha, della quale sono stato presidente per cinque mandati consecutivi, con l’obiettivo di far vivere agli abitanti un’esperienza comunitaria, diventando così protagonisti del proprio sviluppo. Abbiamo scelto come motto la frase del Vangelo: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia…”. Ponendo in Dio la nostra forza, il Vangelo è diventato come una bussola nella nostra vita perché, a quell’epoca, vivendo in un paese a sistema capitalista e ancora sotto il regime militare, quasi tutte le comunità erano orientate a partiti che avevano scelto la lotta come unica proposta per il superamento delle disuguaglianze sociali. Noi invece eravamo sempre aperti a dialogare con gli amministratori pubblici, indipendentemente dalle correnti partitiche, manifestando chiaramente le nostre posizioni come comunità. Ne sono seguiti avanzamenti e conquiste: la bonifica di un’area che prima era sempre allagata a causa delle piogge o dell’alta marea; la costruzione di case anche con il sostegno dello Stato, per risolvere il problema della mancanza di abitazioni; l’istituzione di una scuola elementare, che conta più di 600 alunni, per combattere l’analfabetismo. Per arrestare il problema della mortalità infantile abbiamo aperto un ambulatorio in collaborazione con il Comune di Recife e con l’appoggio di organizzazioni tedesche. Abbiamo aperto anche un centro per il recupero dell’infanzia denutrita. Per combattere la disoccupazione, abbiamo creato un’impresa di materiale da costruzione in cemento, che dà lavoro a 7 padri di famiglia. Attraverso l’iniziativa delle adozioni a distanza è sorta anche un’associazione di sostegno all’infanzia e agli adolescenti che svolge un’opera preventiva, occupando i bambini e gli adolescenti nel tempo libero dall’orario scolastico con una formazione umana ed educazione civica. Il rispetto e il riconoscimento delle autorità competenti non hanno tardato ad arrivare: non conoscevano l’esperienza evangelica che vivevamo “dietro le quinte”, ma ci vedevano come una comunità organizzata e un popolo che sa lottare. L’amore che ci spinge invita a crescere, a migliorare. Non possiamo accontentarci di come abbiamo vissuto ieri. Con l’apertura democratica sono sorti nuovi sistemi di partecipazione come il “Bilancio Preventivo-Partecipativo” secondo il quale le comunità eleggono i propri rappresentanti per poter discutere col Comune e trattare l’impiego di parte delle risorse finanziarie che sono decise dal Sindaco e dalla giunta. La città è divisa in 6 aree, chiamate “Regioni Politico-Amministrative” e vengono eletti i rappresentanti come delegati di questo bilancio di partecipazione: in tutto 470. Nel corso di un’assemblea sono stato eletto delegato della mia regione, per rappresentare nei negoziati non solo la mia comunità, ma anche vari villaggi della zona. Anche nell’esercizio di questo mandato, ho avuto l’opportunità di sforzarmi di vedere Gesù nell’altro, secondo le parole del Vangelo: “Qualunque cosa hai fatto al minimo l’hai fatta a me!”. Facile, quando si tratta di qualcuno che appartiene alla mia stessa comunità, ma più difficile quando si tratta di qualcuno che non sempre agisce in accordo con le aspirazioni dei meno avvantaggiati.  Dovevo lavorare per la mia comunità, ma allo stesso tempo mantenere il rapporto con loro, non solo per diplomazia. Un giorno in una riunione discutevamo l’allocazione dei finanziamenti. I delegati presenti volevano includere solamente le località dei delegati che partecipavano alla riunione. Ricordando che dobbiamo “amare la patria altrui come la nostra” e, in questo caso, amare la comunità dell’altro come la nostra, dissi che non era giusto sacrificare una comunità soltanto perché i suoi rappresentanti non erano presenti, e che non avremmo dovuto guardare solo alle nostre necessità, ma anche a quelle degli altri. Accolsero la mia proposta. In un’altra occasione, in cui non avevo potuto essere presente a causa del mio lavoro, si era constatato che i fondi destinati ad una piazza dell’Isola Santa Terezinha non erano sufficienti. Anche senza la mia presenza, gli altri delegati stanziarono una parte delle loro risorse per la nostra piazza. Sono vari i frutti di questo lavoro congiunto: siamo riusciti ad asfaltare le strade principali dell’Isola, oltre alla costruzione della piazza; abbiamo ottenuto attrezzature per il nostro centro sanitario e patrocini per le manifestazioni culturali. Poi, in altri villaggi e comunità della zona di Recife, siamo riusciti ad avviare varie opere di costruzione, insieme ad altri delegati del bilancio partecipato. (J. – Recife) (altro…)

SI È CONCLUSO A CASTEL GANDOLFO IL 31° CONVEGNO DI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

Brasile: la fraternità nell’azione politica per progettare il futuro

La celebrazione, che si è svolta alla Camera dei Deputati, presso il Parlamento di Brasilia lo scorso 7 dicembre, ha visto la partecipazione di oltre 200 deputati federali, a poche settimane dal recente insediamento dei nuovi organi legislativi e di governo. Il Presidente dell’assemblea parlamentare, on. Aldo Rebelo, ha inviato un messaggio. La notizia della sessione solenne in onore del Movimento politico per l’unità (Mppu) figurava anche sul sito istituzionale della Camera, all’interno del calendario ufficiale dei lavori. “Nel particolare momento storico che vive il Brasile, al crocevia di scelte politiche cruciali, sia sul piano nazionale che internazionale per il suo popolo come per numerosi paesi emergenti, ci siamo trovati a vivere una giornata davvero importante” – così l’on. Lucia Crepaz, Presidente del Mppu  internazionale, al rientro dal suo viaggio. “Nel corso della sessione ho ascoltato deputati di partiti diversi interrogarsi e prendere posizione sulla fraternità universale, principio ispiratore del Mppu. E devo dire che, se negli ambienti della politica a volte la si considera una categoria fragile, inadatta alla faticosa composizione degli interessi, lì al contrario è emersa ancora una volta la sua capacità di progetto, di farsi contenuto e metodo politico, guida delle azioni personali  quotidiane come di grandi trasformazioni politiche”. La piccola storia del Mppu è stata tratteggiata dall’On. Luiza Erundina, che ha ricordato anzitutto il messaggio di Chiara Lubich consegnato ai parlamentari nel 1998 da Ginetta Calliari – una delle prime compagne della Lubich, confondatrice dei Focolari in Brasile. In seguito, nel 2001, la fondazione del Movimento politico per l’unità, a cui è seguita l’espansione nei diversi Stati del Brasile, con una serie di iniziative politiche in tutto il territorio e nelle sedi politiche istituzionali, che non hanno mancato di coinvolgere anche il Parlamento a Brasilia. Nelle due giornate successive, la Convention del Mppu ha accolto altre decine di politici e amministratori, funzionari, cittadini interessati e studiosi, provenienti da 25 Stati del Brasile, per tracciare i prossimi percorsi di azione, a partire da quanto realizzato dal 2001 ad oggi. Per l’occasione, messaggi di partecipazione sono giunti anche dai centri nazionali Mppu di Argentina, Uruguay e Paraguay, dove questa esperienza procede similmente già da qualche anno. Il Movimento Politico per l’Unità – Nato per iniziativa di Chiara Lubich nel 1996, può essere definito un laboratorio internazionale di dialogo politico che riunisce politici appartenenti a schieramenti diversi e operanti nei più vari contesti sociali e politici, che trovano nel Carisma dell’unità una fonte di ispirazione e di motivazioni universali per operare congiuntamente a favore del bene comune. (altro…)

Natale 2006 – La contestazione dei più piccoli: “Hanno sloggiato Gesù”

Natale 2006 – La contestazione dei più piccoli: “Hanno sloggiato Gesù”

«…Questo mondo ricco si è “accalappiato” il Natale e tutto il suo contorno, e ha sloggiato Gesù! Ama del Natale la poesia, l’ambiente, l’amicizia che suscita, i regali che suggerisce, le luci, le stelle, i canti. Punta sul Natale per il guadagno migliore dell’anno. Ma a Gesù non pensa». Da queste parole di Chiara Lubich, nella meditazione “Hanno sloggiato Gesù”, è nata una singolare iniziativa, promossa dai più piccoli del Movimento dei Focolari: i e le gen 4. Ogni Natale, dal 1996, sfidando il freddo dell’inverno e del consumismo sfrenato, offrono Gesù bambino sulle piazze principali, nei centri commerciali delle grandi città. Quest’anno per la loro azione “Hanno sloggiato Gesù”, sono andati alla conquista del Central Park di New York, sono a Roma a Piazza del Popolo, nella centralissima Via Po a Torino… Dal Centro Gen 4 mondiale sono partiti più di 8.000 piccoli cestini, destinati a fare da culla al piccolo Gesù che troverà casa dalla Spagna al Giappone, dall’Africa alla Svezia. Ecco alcuni flash da varie parti del mondo: Torino – Portare tanti Gesù bambino Avendo sentito al telegiornale la notizia che alcune catene di supermercati hanno abolito dalle loro vendite i presepi in quanto “poco commerciabili”, Margherita, una bambina di Torino, ha esclamato: «Quest’anno dobbiamo portare tanti, tanti Gesù bambino!». Germania – E ritorna con due buste I e le gen 4 della Germania hanno la loro bancarella in un mercatino di Natale. Un uomo si avvicina, prende in mano una statuetta di Gesù bambino, lo guarda, lo riguarda … ma poi si allontana senza prendere niente. Le gen 4 decidono di regalarglielo. Lo raggiungono in fretta: “Ti vogliamo regalare questo!”. I suoi occhi si illuminano. Racconta che ha perso il lavoro e per questo non ha i soldi per prendere una statuetta, poi li saluta e va a casa. Dopo un po’ ritorna con due buste. Anche lui vuole regalare qualcosa ai gen 4. Nella prima busta trovano una preghiera che ha copiato per loro, e nella seconda, una lettera che dice: “Ciao carissimi bambini! Voglio ringraziarvi per il più grande dono che esiste. Non lo dimenticherò mai. Mi avete fatto una grande sorpresa! Auguro a tutti un buon Natale e bei regali”. Dallas (Texas) – Neanche il tempo di fermarsi Davanti ad un alto grattacielo pieno di uffici, i e le gen 4 di Dallas  sono riusciti per la prima volta ad avere il permesso di offrire Gesù Bambino. Ma non è facile: le persone passano frettolose, mormorando: “No, thank you!” o domandano: “Cosa sono? Biscotti?”. “Come mai tutte queste persone non hanno neanche il tempo di fermarsi per portare Gesù a casa?” si chiedono sgomenti i gen 4. E chiedono a Gesù di aiutarli a far arrivare a tutti il suo amore: non importa se non arrivano i soldi per i poveri, sanno di essere lì per portare Lui nel mondo. Non si danno per vinti: preparano dei cartelloni colorati che mostrano alle persone, offrendo Gesù Bambino come regalo di Natale e cantando canzoni natalizie. Ora le persone si fermano e prendono Gesù Bambino. Una signora che voleva prendere una statuetta si è resa conto di aver dimenticato a casa il portafoglio. Senza indugio, i gen 4 subito glielo regalano, e lei se ne va commossa e felicissima. Anche i gen 4 sono felici: ancora una volta Gesù ha trovato casa. Al momento di contare i soldi, si ricordano di dover dare il 10% alla ditta davanti alla quale hanno offerto Gesù Bambino. Tutti insieme vanno nell’ufficio del direttore che, toccato, dice di non volere niente: vuole dare anche lui il suo contributo perché attraverso i gen 4 i soldi arrivino a chi ne ha bisogno. Trento – Siete invitati tutti a casa mia Silvia e Monica si trovano per fabbricare i Gesù Bambino di gesso: perché non invitare anche i loro amichetti? Silvia prepara dei bigliettini: “Sabato pomeriggio siete invitati tutti a casa mia per fare Gesù Bambino” e il giorno dopo li distribuisce a tutti i suoi compagni di classe. Il sabato sono in dieci all’opera! Prima di cominciare, Silvia e Monica fanno vedere a tutti un video dove i gen 4 spiegano come è nata l’azione “Hanno sloggiato Gesù”. Nessuno vorrebbe più tornare a casa e si lasciano con la promessa di ritrovarsi presto. Pisa – Un atto d’amore lo posso fare anch’io! Un distinto signore, trovandosi davanti Lorenzo che gli offre  il piccolo Gesù, ha risposto: «Non mi interessa, io sono ateo» e Lorenzo: «Io sono un gen 4. Cosa vuol dire ateo?».  «E cosa vuol dire gen 4?» ribatte il signore. «I gen 4 sono quelli che fanno gli atti d’amore». «Anche se non credo, un atto d’amore lo posso fare anch’io!» conclude il signore, e prende un Gesù bambino lasciando una generosa offerta. (Altri episodi sono raccolti nel libro “Hanno sloggiato Gesù”, Città Nuova 2005) (altro…)

SI È CONCLUSO A CASTEL GANDOLFO IL 31° CONVEGNO DI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

Buon Natale e felice Anno nuovo!

 Natale. L’Invisibile si è reso visibile. Il Verbo si è fatto carne. La luce ha brillato tra le tenebre. Se Dio è disceso in terra per noi, non c’è dubbio che ci ama! Se Dio ci ama tutto è più leggibile: dietro i tratti oscuri dell’esistenza si può scoprire la mano amorosa di Lui, un perché spesso a noi ignoto ma un perché d’amore. Chiara Lubich (altro…)

Amicizia islamo-cristiana. Un seme di speranza

Nel deserto fiorisce la fraternità. E’ il titolo del libro appena pubblicato da Città Nuova editrice. Matilde Cocchiaro, l’Autrice, attraverso la testimonianza di quanti, cristiani e musulmani, lo hanno conosciuto, ripercorre la vita e l’esperienza di Ulisse Caglioni, seme di speranza per il futuro di questa terra. IL VOLUME – «…È stata la fedeltà di Ulisse all’amore evangelico del prossimo che ha permesso di scoprire e di vivere profonde amicizie islamo-cristiane, ponendo su questo cammino un segno di Dio»: sono le parole dell’arcivescovo di Algeri, Mons. Henry Teissier, alla notizia della morte di Ulisse Caglioni (1943-2003). Di umili origini bergamasche, Ulisse all’età di 20 anni incontra e aderisce alla spiritualità dell’unità del Movimento dei Focolari. Nel 1966, dopo essersi consacrato a Dio all’età di 23 anni, gli viene proposto di andare in Algeria. Inizia così un’avventura che durerà più di 30 anni segnata da un fecondo “dialogo della vita” con il mondo musulmano. Un dialogo fatto di poche parole, ma intessuto di piccoli gesti d’amore, di attenzione all’altro, di rispetto, di ascolto. Un dialogo che frutta rapporti profondi e induce chiunque egli avvicina a fare altrettanto.

Parola di Vita – Dicembre 2006

Il poeta che compone il canto da cui è tratta la Parola di vita è stato in pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme. Avrebbe voluto rimanervi, come le rondini che vi hanno fatto il nido, ma è dovuto tornare alla sua terra. Pensa con nostalgia alle “amabili dimore” del Signore dove ha sperimentato la presenza di Dio. Decide allora di tornare e si rimette in viaggio per salire a Gerusalemme. Sarà un “santo viaggio” che lo porterà nuovamente “davanti a Dio”. Come in tutte le culture e le religioni il viaggio diventa una parabola della vita.
Il “santo viaggio” è il simbolo del nostro itinerario verso Dio. Siamo infatti diretti verso una mèta che non dovremmo chiamare “morte”, ma “incontro”, perché inizio di una nuova Vita nell’incontro con Dio. Tutti vi siamo destinati, chiamati da Lui.
Perché, allora, non impostare la nostra esistenza in relazione al traguardo che ci aspetta? Perché non fare dell’unica vita che abbiamo, un viaggio, un viaggio santo, perché Santo è Colui che ci attende?
Sì, tutti siamo chiamati a divenire santi secondo il cuore di Dio ; quel Dio che ci ama uno per uno di amore immenso e ha sognato e disegnato per noi un doveroso cammino da seguire, e un traguardo preciso da raggiungere.

«Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio»

Certo, siamo figli del nostro tempo che ama l’attivismo, a volte sfrenato, l’efficienza, che valorizza alcune professioni e ne sottovaluta altre, che copre di silenzio certi momenti della vita per paura, nell’illusione di cancellarli…
Forse, anche a noi, influenzati o abbagliati da simili tendenze, può succedere di sprecare inutilmente energie. E può accadere che si vedano inutili i giorni di riposo, superflui i momenti di preghiera, o si considerino le malattie e le varie difficoltà, che Dio permette per un suo fine d’amore, intralci alla propria vita.
Come incamminarci o riincamminarci seriamente nel santo viaggio? Non è difficile scoprirlo: fare non la nostra volontà, ma la volontà di Dio; seguirla nel momento presente della vita, consapevoli che – e questo è un grande dono – per ogni azione che compiamo in questa maniera c’è una grazia speciale che la accompagna, la “grazia attuale”, che illumina l’intelligenza e inclina al bene la nostra sensibilità e la nostra volontà.
Anche chi non ha un preciso credo religioso può fare della sua vita un capolavoro, intraprendendo con rettitudine un cammino di sincero impegno morale.

«Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio»

Se la vita è un “santo viaggio” lungo il tracciato della volontà di Dio, il nostro cammino domanda di progredire ogni giorno. L’amore che ci spinge invita a crescere, a migliorare. Non possiamo accontentarci di come abbiamo vissuto ieri. “Oggi, meglio di ieri”, possiamo ripeterci ogni tanto…
E quando ci fermiamo? Quando retrocediamo, ricadendo negli errori o anche solo nella pigrizia? Dobbiamo abbandonare l’impresa, scoraggiati dai nostri sbagli? No, in questi momenti la parola d’ordine è “ricominciare”.
Ricominciare, mettendo nella misericordia di Dio questo nostro passato con i suoi sbagli, i suoi peccati.
Ricominciare, ponendo tutta la fiducia nella grazia di Dio più che nelle nostre capacità. Non dice la Parola di vita che troviamo in Lui la nostra forza? Ogni giorno ripartiamo come fosse il primo.
E soprattutto camminiamo insieme, uniti nell’amore, aiutandoci gli uni gli altri. Il Santo sarà in mezzo a noi e Lui si farà nostra “Via”. Lui ci farà capire più chiaramente la volontà di Dio e ci darà il desiderio e la capacità di attuarla. Uniti tutto sarà più facile ed avremo la beatitudine promessa a chi intraprende il “santo viaggio”.

«Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio»

Mi viene qui in mente una persona amica.
Enzo Fondi ha 22 anni quando a Roma, nel 1951, decide di impegnarsi interamente per Dio nel nascente Movimento dei Focolari. Dopo la laurea in medicina e chirurgia lo troviamo a lavorare come medico in un ospedale di Lipsia, e testimoniare, anche al di là della “cortina di ferro”, l’amore evangelico. E' ordinato sacerdote. Passa negli Stati Uniti per portare lo stesso messaggio.
Negli ultimi anni l’impegno nel dialogo interreligioso, che il Movimento attua, lo porta in luoghi e ad impegni diversi, ma sempre unico il progetto: seguire Dio nella sua volontà. Completa il “santo viaggio”  la sera dell'ultimo dell'anno 2001; viene trovato davanti al computer, al lavoro, col capo poggiato sul tavolo, il volto sereno senz'ombra di dolore. Più che morto sembra passato dolcemente da una “stanza” all'altra.
Quindici giorni prima della morte aveva scritto: “Le ultime volontà, il testamento. Per me, è l'ultima volontà di Dio quella che Lui vuole da me adesso. Non ce n'è un'altra. Lasciare fatta in perfezione l'ultima volontà di Dio, qualunque essa sia, quella è la mia ultima volontà. Non so quale sarà poi veramente l'ultima volontà di Dio che farò nella vita. Una cosa però so: che, come per quella di questo attimo, avrò la grazia attuale che mi aiuta a farla tanto in quanto mi sarò esercitato nello sfruttare questa grazia vivendo bene il presente.”
       

Chiara Lubich

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Migliorano le condizioni di salute di Chiara Lubich

Le condizioni di salute di Chiara Lubich sono in progressivo miglioramento. Ricoverata al Policlinico Agostino Gemelli di Roma il 2 novembre scorso per insufficienza respiratoria causata da un episodio infettivo polmonare, Chiara Lubich è stata dimessa dal reparto di terapia intensiva. Il Direttore del reparto, prof. Massimo Antonelli, ha dichiarato che “la risposta positiva alle terapie ha consentito il raggiungimento di un quadro clinico stabile e soddisfacente”. Viva è la gratitudine del Movimento per le cure prestate, per la disponibilità e la competenza del Direttore e dei suoi collaboratori. Il 21 novembre, aveva fatto visita a Chiara il cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dopo aver presieduto la S. Messa per l’inaugurazione dell’Anno accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Insieme ad una nuova benedizione del Papa, le ha consegnato a suo nome un rosario. Il giorno successivo Chiara Lubich ha ricevuto la visita del prof. Lorenzo Ornaghi, Rettore dell’Università Cattolica. Tra i messaggi che giungono ogni giorno: Il Capo del Governo italiano,  Romano Prodi, auspica che “il suo ‘soggiorno’ in ospedale sia molto breve”, perché – aggiunge – “c’è troppo bisogno di lei…”. Hanno scritto anche la Presidente dell’Irlanda, Mary McAleese, parlamentari europei, italiani e brasiliani di diversi schieramenti, vari sindaci, tra cui il sindaco di Roma, Walter Veltroni e Alberto Pacher, sindaco di Trento, città natale di Chiara, che esprime la vicinanza della città per la sua salute. Il Segretario Generale del Consiglio mondiale delle Chiese, il pastore metodista Samuel Kobia, auspica che Chiara possa “riprendere le sue attività al servizio della Chiesa e del mondo”. E così il rev.do Ishmael Noko, Segretario generale della Federazione Luterana mondiale. Frère Alois, successore di Frère Roger Schutz, fondatore della Comunità ecumenica di Taizé, in una lettera ricorda la profonda comunione tra il priore e Chiara Lubich. Espressioni di augurio e assicurazione di preghiere sono giunte dal Segretario Generale della Conferenza mondiale delle religioni per la pace (WCRP), dr. William Vendley, da amici ebrei, tra cui rabbini e personalità di Israele, Argentina e Stati Uniti. Il rabbino-capo di Roma, Riccardo Di Segni, augura “che il suo corpo sia forte come il suo spirito e possa superare questa crisi”. Amici musulmani, indù e buddisti, in vari Paesi, pregano per Chiara, tra cui leader di movimenti e organizzazioni, come molti afro-americani, insieme al loro leader, l’Imam W.D. Mohammed e all’Imam Pasha della Moschea di Harlem (New York); dall’India, Didi Athawale, Presidente del movimento Swadhyaya Family, assicura “preghiere speciali”. Tra i buddisti, Nichiko Niwano, Presidente del Movimento giapponese Rissho Kosei-kai, invoca “la benedizione di Dio e di Buddha”, perché – scrive – “la tua leadership continui ad essere faro di speranza per milioni di uomini nel mondo”. (altro…)

SI È CONCLUSO A CASTEL GANDOLFO IL 31° CONVEGNO DI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

Per combattere insieme una delle malattie più diffuse in Camerun

L’assistenza sanitaria, in Camerun, pur avendo fatto negli ultimi anni passi da gigante nella cura della malattia del sonno e nel far nettamente abbassare il tasso di mortalità infantile, manca degli strumenti adeguati per la prevenzione e la cura di altre patologie, come il tumore ginecologico – fra le principali cause di mortalità per le donne. I mezzi però esistono: si tratta solo di condividerli. Per questo l’Amu (Azione per un Mondo Unito) ha lanciato un progetto di cooperazione internazionale sanitaria, con l’obiettivo di creare all’interno dell’ospedale di Fontem e nel dispensario di Fonjumetaw, in Camerun, un Centro Oncologico di riferimento regionale e dare il via ad un programma di prevenzione e trattamento per il tumore ginecologico. Il progetto, accolto dalla Regione Toscana, che ha messo a disposizione l’esperienza delle proprie strutture sanitarie e un cospicuo finanziamento, prevede l’educazione sanitaria della popolazione, la formazione professionale del personale sanitario locale, l’installazione di attrezzatura medica, ed ha alla base una cultura sanitaria fondata su un nuovo agire medico, che metta al centro il senso della vita, la dignità e il valore della persona, il rapporto  salute-malattia sia  nella dimensione personale che sociale. Patrocinato dal Ministero della Salute, e con la collaborazione di Azienda ospedaliera di Firenze-Careggi, Asl 4 di Prato, Università di Firenze, Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, Associazione Culturale “Medicina Dialogo Comunione”, l’iniziativa è stata presentata lo scorso 25 novembre presso la sede Rai di Firenze, nel corso di un convegno scientifico che ha visto la partecipazione di 150 persone, fra specialisti, rappresentanti delle istituzioni e medici camerunensi. Presenti anche la dott.ssa Laura Bazzini, medico dell’ospedale di Fontem, toscana e da oltre 10 anni in Camerun, e il dott. John Ivo Robert Leke, Presidente Società Camerunese di Ginecologia e Ostetricia, dell’Università di Yaoundè.   L’ospedale di Fontem – Nato negli anni ’60 per iniziativa del Movimento dei Focolari, dispone oggi di 115 posti letto e cura ogni anno circa 30 mila persone, per le patologie più comuni nella zona. Ultimamente è stato aperto un reparto per la cura dell’Aids. Il dispensario di Fonjumetaw, che dista da Fontem 20 kilometri ed è collegato all’ospedale, ha 13 posti letto e dispone di un reparto maternità e di un ambulatorio per pazienti esterni. Tuttavia, nonostante il prezioso livello dell’assistenza offerto, nei due presidi manca ancora uno spazio specifico per le patologie tumorali e spesso queste patologie vengono scoperte soltanto quando lo stadio è avanzato, se non addirittura terminale. Per ulteriori informazioni email: laurafalchi@tiscali.it www.azionemondounito.org

Le speranze di una rinascita del Venezuela e dell’umanità

In questo tempo si attende la rinascita di una umanità che sostituisca al grido della solitudine, dell’orfanezza e dell’angoscia, il grido della gioia, della bellezza e della speranza. Chiara Lubich e i focolarini sono impegnati proprio in questo rinnovamento”. Così il prof. Lombardi, rettore dell’Università Cattolica “Cecilio Acosta” di Maracaibo (Venezuela), presentando le motivazioni del riconoscimento conferito a Chiara Lubich: la laurea Honoris causa in Arte.

Nel 2003 l’Ateneo aveva assegnato a Chiara la laurea h.c. in Arte. Non essendo possibile consegnargliela personalmente, il prof. Angelo Lombardi e la sua signora sono venuti a Rocca di Papa. La consegna si è svolta, con molta semplicità e profondità insieme, al Centro internazionale dei Focolari a Rocca di Papa, sabato 18 novembre 2006, alla presenza dei membri del Consiglio generale del Movimento.

Il prof. Lombardi ha spiegato con toccanti parole la motivazione del conferimento a Chiara Lubich di una laurea in Arte: “La bellezza – ha detto, tra altre cose – è il culmine, il pieno compimento, la realizzazione della persona. E’ questo che abbiamo colto in Chiara”. Poi ha aggiunto: “Mentre generalmente una laurea h.c. è un onore per chi la riceve, in questo caso si verifica il contrario: è un onore per l’Università che la conferisce”. A nome di Chiara Lubich, don Oreste Basso ha ricevuto la pergamena del riconoscimento, mentre la poetessa Lilia Boscán de Lombardi, moglie del rettore, con espressioni commosse, ha consegnato a Gisella Calliari, tra le prime compagne della fondatrice, un mazzo di orchidee bianche per Chiara, degente in questi giorni al Policlinico Gemelli di Roma.

L’Università Cecilio Acosta di Maracaibo è stata fondata nel 1982 dalla Chiesa cattolica locale. Ha indirizzo umanistico, con facoltà di filosofia, teologia, arte, musica, educazione, comunicazione e numerose specializzazioni. E’ in progetto l’ampliamento con altre facoltà.  Una sua caratteristica è l’educazione culturale a distanza in cui le tecnologie della comunicazione giocano un ruolo importante. Infatti, il 70 per cento dei 9.000 studenti sono sparsi in tutto il Paese e seguono questo tipo di insegnamento.

Rivista Nuova Umanità N. 6/2006

SOMMARIO

Editoriale

ESSERE CHIESA OGGI – di Piero Coda – L’obiettivo di questo editoriale è limitato: esso si propone di offrire qualche spunto per una riflessione più corale e approfondita sulla situazione della Chiesa cattolica oggi, guardando ad alcune sfide che la interpellano. Per sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda di quanto vive e patisce la Chiesa, ci si colloca in quel cammino impegnativo, e per molti versi inesplorato, da essa intrapreso col Concilio Vaticano II. Certo è che, con questo grande evento dello Spirito Santo, la Chiesa cattolica, senza nulla perdere della sua identità, si è anche impegnata a mostrare alla storia un volto nuovo. Un volto che solo poco per volta andiamo scoprendo e i cui tratti vengono in rilievo dall’esperienza di tutto il Popolo di Dio, dagli impulsi dello Spirito (i carismi) donati alla Chiesa prima e dopo il Concilio, dal rapporto della Chiesa con l’avventura di vita vissuta dagli uomini e dalle donne del nostro tempo. Un volto che, come intuisce il Concilio e come viene esplicitato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, riflette in sé il volto di Maria, immagine e centro vivo della Chiesa di Gesù. Per semplificare il discorso, si sviluppa in questa luce l’indicazione che, per suggerimento di Paolo VI, ha fatto da criterio architettonico dei lavori e dei documenti del Concilio: il “chi è?” della Chiesa (e cioè la sua identità) e la Chiesa nel mondo di oggi (e cioè la sua missione).

Nella luce dell’ideale dell’unità

EQUILIBRIO DIVINO – di Chiara Lubich – In questo testo, datato anni Cinquanta,  di commento al brano di Luca 21,19, viene ripresa la versione della Volgata che, tradotta letteralmente, significa: «Con la vostra pazienza possederete le vostre anime» invece dell’attuale traduzione della CEI che suona: «Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime». LA COMPIUTA VERITA’ – di Pasquale Foresi – La conoscenza ha un significato esistenziale. Non ci può essere una vera conoscenza che non attinga pienamente l’io profondo di chi pensa. Così è stato infatti per ogni contributo veramente decisivo nella storia del pensiero umano e questa è anche una delle grandezze del cristianesimo, ma con una novità assoluta. Se infatti prima del suo avvento, una concezione filosofica implicava una scelta dell’esistenza, con il cristianesimo le filosofie vengono superate. Cristo presenta l’esistere ed il pensare in una sintesi completamente nuova, che è la sintesi rivelata. Inoltre il cristianesimo non propone una dottrina astratta, ma una Persona. La sintesi assoluta, la verità del cristianesimo, si trova nel Cristo, il Verbo di Dio che s’incarna nell’umanità, la Verità in una persona. Per questo lui è il Maestro, cioè non solo il portatore di una religiosità, ma anche la nuova “scuola” alla quale bisogna andare. Saggi e ricerche MUSICA, VERITÀ, DIO. RIFLESSIONI SU ALCUNE SIGNIFICATIVE TESTIMONIANZE – di Mauro Mantovani – Questo contributo intende proporre alcune brevi riflessioni a partire dalle significative testimonianze di itinerari esistenziali che, anche per mezzo dell’esperienza musicale (se non proprio attraverso di essa), sono approdati ad aprirsi al mistero e alla trascendenza. Se davvero la musica ha aiutato – e lo ha fatto meglio di altre esperienze – uomini e donne, pur nella sovrabbondante diversità delle loro storie e vicende individuali, ad indirizzarsi verso l’Assoluto e la verità che in esso abita, non è fuori luogo chiedersi quale sia, se c’è, il suo “segreto”. Facendo riferimento a figure assai variegate come Nietzsche, Claudel, Marcel, García Morente e Cioran, si può trovare una conferma su come l’esperienza musicale sia davvero in grado di suscitare momenti preziosi di verità, a partire dalla verità con se stessi, e di rapporto con la Verità.  È colpo del dardo, urto del cuore e marcatura a fuoco nell’intimo. LAS MENINAS DI DIEGO VELÁZQUEZ – di Peter Seifert – Il saggio propone una nuova lettura del celebre quadro Las Meninas di Diego Velázquez e mette in evidenza come le variazioni  pittoriche all’interno di questa grande tela siano un modo di giocare con le nostre percezioni. Viene anche sottolineato come certe tendenze atte a sconcertare lo spettatore siano profondamente radicate nell’opera dell’artista. Se non è sorprendente che un quadro dell’epoca barocca inviti ad un sorta di “memento mori”, in quest’opera è la struttura stessa della composizione ed il modo di dipingere che guidano alla  scoperta della transitorietà della nostra esistenza e non solo qualche simbolismo esteriore. Infine l’Autore allarga lo sguardo su una recente opera cinematografica in cui le opere d’arte vengono considerate come qualcosa di vivo e presente, piuttosto che soltanto come qualcosa di sepolto dalla storia. ESSERE FAMIGLIA. ESSERE GENITORI. TRA INDIVIDUALISMO E BISOGNO DI RELAZIONALITA’ – di Michele De Beni – Di fronte all’attuale crisi che attraversa la famiglia, non si può negare la necessità di una nuova centralità e presa di coscienza della suo tipico contesto costitutivo: la dimensione relazionale, consapevoli che questo nuovo scenario richiede di creare anche nuovi contesti formativi e di promozione della cultura della famiglia. Tra le più naturali risorse a disposizione va certamente individuato l’aiuto informale che le famiglie stesse e i vari gruppi che compongono le singole comunità possono offrire alla vita di coppia e familiare. Così, porsi in ascolto e in aiuto della famiglia non ha sempre e necessariamente come obiettivo la cura delle sue patologie. Molto spesso si tratta di valorizzarne piuttosto gli elementi positivi, la loro integrazione con nuove e più approfondite competenze, lo sviluppo di risorse che possono esser riattivate e potenziate. Si tratta di uno straordinario lavoro di rete, di mutuo aiuto tra famiglie, tra gruppi e tra gruppi e istituzioni, orientato a stimolare nuove strategie centrate su una cultura della reciprocità. E’ POSSIBILE LA FRATERNITA’ NELLO SPORT? – di Paolo Crepaz e Alois Hechenberger – I concetti di dialogo, amicizia, pace, sono da sempre presenti nella cultura dello sport, auspicati quale frutto della pratica sportiva stessa. A livello sportivo istituzionale la pace è spesso addirittura rivendicata come conquista possibile solo attraverso lo sport, lì dove, si afferma, avrebbero fallito finora religione e politica. Allo sport viene attribuita la capacità di sviluppare le relazioni sociali, di essere fattore di comprensione internazionale e strumento di pace, di essere «componente essenziale della nostra società», capace di trasmettere «tutte le regole fondamentali della vita sociale» e portatore di valori educativi fondamentali quali «tolleranza, spirito di squadra, lealtà». Lo sport, con forza, reclama abbinata a sé anche l’immagine di strumento di incontro e di fratellanza. Ma con quale effettiva convinzione, con quale reale spessore? Fair play e fratellanza sono davvero sinonimi? E’ possibile la fraternità universale nello sport? A queste domande ha cercato di dare risposte il seminario su Sport e fraternità, promosso da Sportmeet a Roma il 3 settembre 2006.

Spazio letterario  

«Nuova Umanità» continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria. ECO – di  Claudio Guerrieri

In dialogo

Riportiamo il testo degli interventi svolti in parallelo durante il 1° Simposio «Ebrei e Cristiani in dialogo» organizzato dal Movimento dei Focolari e tenutosi a Castel Gandolfo (RM) dal 23 al 26 maggio 2005, nella sessione dedicata al tema della relazione tra Dio e l’uomo nella tradizione cristiana ed ebraica. DIO E L’UOMO NELLA TRADIZIONE CRISTIANA   – di Jesus Castellano Cervera – L’Autore – scomparso prematuramente nel giugno scorso e che vogliamo qui ricordare con affetto per tutti gli anni di collaborazione con la rivista –, presenta alcuni pensieri che sono propri della tradizione cristiana rappresentata soprattutto da  alcuni mistici i quali manifestano un profondo senso di Dio e della sua trascendenza ed immanenza, e fedeli alla tradizione della Scrittura del primo Testamento e all’insegnamento di Gesù, sotto l’azione dello Spirito Santo di Dio, continuamente ci riportano a questo profondo senso religioso,  proprio delle Scritture Sacre della tradizione ebraica e cristiana. Le loro parole sono parole di esperienza, di intuizione spirituale, di forte senso del divino, come le parole dei profeti d’Israele, autentici testimoni del Dio vivente, che vivono alla sua presenza e percepiscono la sua rivelazione nel mormorio soave della contemplazione. LA RELAZIONE TRA DIO E L’UMANITÀ NELLA TRADIZIONE EBRAICA – di Irene Kajon – Maimonide e Hermann Cohen, due tra i filosofi più importanti dell’ebraismo, pongono nello spirito di giustizia e di carità, che si esprime nelle opere, ciò che unisce l’uomo a Dio: di qui lo stretto legame tra l’amore dell’uomo verso Dio, che si identifica con il conoscere e assumere come norme i Suoi attributi, e l’amore dell’uomo per l’altro uomo, il vicino e il lontano.

Libri

Todeschini affronta il ruolo che ha avuto il carisma francescano nella nascita dell’economia di mercato. Ne risulta un quadro sorprendente e  affascinante, che mostra come la povertà scelta volontariamente dai francescani creò le premesse culturali e poi anche teoriche per la comprensione della nascente economia di mercato. Todeschini mostra che l’etica economica moderna è stata il prodotto di un processo interno alla cristianità, nel quale il carisma di Francesco ha svolto un ruolo decisivo. INDICI «NUOVA UMANITA’» 2006 –  a cura di Antonio Coccoluto NUOVA UMANITÀ XXVIII –  Novembre-Dicembre  – 2006/6, n.168

Città nuova, un progetto chiamato fraternità

Città nuova, rivista del Movimento dei focolari, ha celebrato i suoi 50 anni con un Convegno nazionale a Roma, presso la Sala Umberto, lunedì 13 novembre 2006. L’evento dal titolo: “Città nuova, un progetto chiamato fraternità“ ha concluso così una serie di appuntamenti nelle principali città italiane. “Gratitudine e sostegno” ha espresso alla rivista il sindaco di Roma Walter Veltroni, definendo Città nuova “un ponte, una voce che ha cercato di dire parole importanti, promotrice dell’idea del dialogo, dell’amore, della fratellanza”. Una rivista che ha portato avanti “l’idea della città come luogo di convivenza e coesistenza tra esseri umani diversi”, ha continuato il primo cittadino, che non ha mancato di ricordare la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, ricoverata al Gemelli: “Chiara è sempre vicina alla città ed anche a me personalmente. Le siamo molto vicini con amicizia e immensa ammirazione. Città nuova è una delle sue grandi invenzioni”. Caloroso anche il saluto di mons. Claudio Giuliodori, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei: al riconoscimento a Chiara Lubich che ne ha dato l’avvio, e della “fecondità di un’esperienza umana e cristiana, quella dei Focolari”, ha fatto seguito l’augurio che “la semina abbondante fatta con passione e intelligenza in questi 50 anni possa continuare a produrre frutti per una città sempre più a misura d’uomo”. La manifestazione si è aperta con la sintesi storica di Giuseppe Garagnani, direttore del periodico, e, per l’editrice Città Nuova, di Giannino Dadda, amministratore delegato del complesso editoriale. Un video di Chiara Lubich sulla figura di Maria, trasparenza di Dio, estratto da un suo discorso del 2003, ha indicato un possibile modello a cui ispirarsi per i comunicatori. Il programma si è articolato attorno a tre tavole rotonde moderate da Pietro Cocco, giornalista della Radio Vaticana, e dai caporedattori di Città nuova Paolo Lòriga e Michele Zanzucchi. La prima, incentrata sul tema della fraternità, ha visto la presenza di membri del Centro studi dei Focolari (Vera Araujo, Luigino Bruni, Alberto Lo Presti e mons. Piero Coda, della Lateranense). Su “Dialogo: tattica o arte” si sono confrontati Mario Marazziti, portavoce di Sant’Egidio, Shahrzad Houshmand, teologa musulmana, Lisa Palmieri Billig, membro dell’American Jewish Committee, ed Eugenio Cappuccio, regista. L’ultima tavola rotonda, sul ruolo di Città nuova nei media ha visto gli interventi dei giornalisti Luigi Accattoli (Corriere della Sera) ed Ignazio Ingrao (Panorama), del Prof. Gianpiero Gamaleri (Università Roma Tre) e Vincenzo Santarcangelo (San Paolo Editrice). Tra gli altri, il prof. Gamaleri ha paragonato Città nuova a un albero che dà ombra e frutti a molti, un segno di speranza che ha davanti a sé un grande futuro.

La benedizione del Papa per Chiara Lubich ricoverata al Gemelli

Papa Benedetto XVI, informato personalmente dal Cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dello stato di salute di Chiara Lubich, ieri ha voluto farle pervenire la sua benedizione e l’assicurazione della sua preghiera e vicinanza “umana e spirituale”. Le condizioni cliniche di Chiara si stanno progressivamente stabilizzando. Era stata ricoverata giovedì 2 novembre nel reparto di rianimazione del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” per un’insufficienza respiratoria causata da un episodio infettivo polmonare. Prosegue il trattamento medico. Alla preghiera dei membri del Movimento nel mondo, si uniscono anche fondatori e responsabili di vari movimenti e comunità cattolici e di varie Chiese.  

«Una risposta alle ingiustizie sociali»

Sono banchiere di professione, avvocato come specializzazione professionale, e contadino  per hobby. Da studente sono stato un leader dei giovani del Partito Comunista delle Filippine. Crescendo ho sperimentato la forte tensione tra i proprietari terrieri che godevano di una ricchezza esagerata e i contadini che soffrivano una estrema povertà. I proprietari terrieri avevano più di quanto potevano spendere, mentre i contadini guadagnavano meno di $ 1 al giorno. Anche con moglie e figli lavorando la terra, erano eternamente nei debiti. Mio padre lavorava in una raffineria di zucchero e per la sua integrità è diventato un leader tra i lavoratori. Un giorno un lavoratore mi disse: “Io rispetto tuo padre perché non permette mai di essere comprato”.  Ispirato dal suo esempio ho giurato a me stesso di vivere per la giustizia sociale a tutti i costi, anche con la rivoluzione violenta se fosse stato necessario. Far parte del settore della gioventù del Partito Comunista mi ha permesso di parlare dei diritti dei contadini in diverse manifestazioni. Durante una marcia mi sono trovato faccia a faccia con la morte, quando la polizia ha puntato la pistola verso di me. Durante il periodo della legge marziale nelle Filippine, molti dei miei amici sono stati presi dai militari e messi in prigione.  Altri si sono rifugiati sulle montagne per continuare la rivoluzione con la guerriglia. Io ho evitato la sorte dei miei amici perché uno zio ricco mi ha fatto andare a Manila per studiare legge all’Università sostenendo le spese. Un amico di università un giorno mi ha invitato ad un concerto organizzato dal Movimento dei Focolari. In quell’occasione ho conosciuto Tess che è poi diventata mia moglie. Dall’inizio Tess mi ha detto apertamente che non si sarebbe mai innamorata di un ateo. Comunque, abbiamo scoperto che condividevamo gli stessi interessi: la giustizia sociale. Ambedue volevamo la rivoluzione. Ma mentre io volevo cambiare gli altri, lei voleva cambiare se stessa. Pian piano ho cominciato a capire la sapienza della sua visione e sono arrivato al punto di condividerla in pieno. Il padre di Tess era un industriale che aveva dato inizio ad alcune compagnie, tra cui una fattoria e una banca rurale che erano sull’orlo del fallimento. Il padre ha chiesto a Tess se eravamo interessati a dare una mano e noi vi abbiamo visto un’occasione per vivere i nostri ideali. Abbiamo iniziato a trattare giustamente i lavoratori, a dar loro salari giusti, a condividere il profitto con loro. Abbiamo organizzato una cooperativa per le mogli per minimizzare i costi e aumentare i risparmi. La banca rurale era in grave difficoltà per anni di abbandono. Abbiamo incoraggiato gli impiegati ad aver confidenza nel nostro servizio e a riacquistare la fiducia del pubblico nella banca. Abbiamo condiviso con loro i nostri valori cristiani e vedere nei clienti non solo una fonte di guadagno ma un prossimo da servire. Lentamente il business ha cominciato a crescere. Nel 1991 Chiara Lubich ha lanciato l’Economia di Comunione. Abbiamo subito risposto alla sfida aprendo 8 nuove succursali nella provincia. Nel 1997 una forte crisi finanziaria ha scosso tutta l’Asia. Tante ditte hanno chiuso. La banca accanto a noi ha chiuso perché i clienti, presi dal panico, hanno prelevato tutti i soldi. Anche la nostra banca ha tremato per il prelievo di parecchi soldi, ma la Provvidenza di Dio ci ha sempre assistito. In un’ occasione un cliente è venuto dopo l’orario di chiusura a depositare una somma superiore a  quanto era stato prelevato. È stato durante questo periodo che siamo venuti a conoscenza del progetto micro-finanza o prestito ai poveri senza garanzia. Sembrava assurdo in quel momento che la banca potesse rischiare tanto.  Ci sono stati momenti di perplessità se potevamo avventurarci in un simile progetto di implicazioni radicali. Ma, non volendo escludere i poveri dall’aver accesso al credito, abbiamo deciso di fare il passo nel buio, ed è così che è nata l’Agenzia di Credito Bangko Kabayan. È passato tanto tempo da quando, come studente, avevo giurato di vivere per portare la giustizia sociale a tutti i costi.  Attraverso l’esperienza di questi anni ho sperimentato che il Vangelo vissuto è la più potente rivoluzione sociale mai esistita. (F. G. – Filippine) (altro…)

«Alerta niño»

Un momento molto importante nella mia vita è stato il 2 Marzo 1997, giorno nel quale  mio nipote, Bruno Alberto, di 8 anni, è scomparso improvvisamente, mentre si trovava in vacanza con la sua famiglia. Il dolore dei genitori, come pure il mio, era enorme, tremendo. Subito, la Comunità dei Focolari, della quale faccio parte si è impegnata in un’intensa ricerca del bambino. Gli Organi di Giustizia  e le istituzioni pubbliche di sicurezza invece erano abbastanza assenti. In Argentina infatti non c’è una legislazione che garantisca l’immediata ricerca di un minorenne quando questo viene rapito. Questo vuoto legale, che allontanava sempre più la possibilità di ritrovare il bambino, accresceva il senso d’impotenza, aggiungendosi al dolore della scomparsa. Intanto i casi di rapimento di bambini si facevano sempre più frequenti. Cercando di andar al di là di questo dolore, che ci ha richiamato sempre Gesù crocefisso che grida l’abbandono, e col desiderio di fare qualcosa affinché altri non sperimentassero la stessa impotenza, è nata la campagna “Alerta Niño” (attenzione  bambino), con l’obiettivo di richiamare l’attenzione del potere pubblico su questa grave situazione. Alla campagna, promossa dalla Comunità dei Focolari in tutta l’Argentina, hanno subito aderito moltissime altre persone di buona volontà. Si è costituita una Commissione con avvocati ed esperti, che hanno appoggiato dei progetti di legge alla Camera della Nazione Argentina, progetti che puntavano alla nascita di un “Istituto di prevenzione e ricerca del minorenne sparito”. L’iniziativa ha avuto l’appoggio di numerosi vescovi ed istituzioni della Chiesa cattolica, di moltissimi enti pubblici e privati e di deputati e senatori di tutto il Paese. Purtroppo, nonostante l’impegno, il percorso legislativo del progetto si è fermato, ottenendo solo l’approvazione di un “Registro Nazionale di Bambini e Adolescenti Scomparsi”, senza prendere in considerazione la necessità di una ricerca immediata dei minorenni. Aderendo alla proposta, sono state presentate alle Camere, più di 85.000 firme da tutta l’Argentina, ed in più numerose lettere da diversi rappresentanti della popolazione. I mezzi di comunicazione locali e nazionali hanno diffuso l’iniziativa e coscientizzato la società su questa problematica e sulla necessità di trovare strumenti di prevenzione e di ricerca per la scomparsa di un minorenne. Tutto questo lavoro è stato finanziato dalla comunione dei beni delle persone del Movimento dei Focolari e con lo sforzo disinteressato di chi ha lavorato nella campagna durante questi 9 anni. Nell’attesa di ottenere l’esito positivo sul piano legislativo nazionale, si sono presentate delle proposte a livello municipale e regionale. La prima attuazione è avvenuta nel Municipio di Rosario, dove il Consiglio Deliberante, il 12 settembre 2002, ha approvato all’unanimità il nostro progetto ed ha sancito una legge comunale, che ha istituito un  “Registro Municipale di Bambini Scomparsi”. E’ nata una linea verde per le denunce e per raccogliere informazioni che, oltre ad orientare e sostenere la famiglia, coordina  azioni con le Forze dell’Ordine, e prevede la diffusione della foto del bimbo nelle pagine web del Municipio e sui mezzi di comunicazione. Nel 2004 si è collaborato nella ricerca di quindici bambini scomparsi, con un esito positivo in tutti i casi, secondo i dati della Difesa Civile. L’esperienza della città di Rosario si è poi diffusa ad altri Comuni ed oggi sono già più di venti quelli che hanno approvato una legge al riguardo, o sono sul punto di attuarla, non soltanto in Argentina ma anche in paesi vicini come Uruguay e Paraguay. Un giorno una mamma disperata ci ha telefonato alle 11 di notte dalla città di  ‘Las Rosas’ (a 120 Km da Rosario), dicendoci che Mariela, la figlia di 14 anni, era improvvisamente scomparsa. Era uscita al mattino per andare a scuola, ma non vi era mai arrivata. Alcuni l’avevano vista alla stazione degli autobus e si pensava che fosse andata a casa di sua sorella che abitava a Rosario. Per questo le autorità non avevano incominciato la ricerca. Le abbiamo suggerito di telefonare alla Difesa Civile. Gli operatori della Difesa Civile si sono messi immediatamente in azione: hanno chiesto delle foto, hanno cercato negli ospedali, nelle questure, in tutta la tutta la città. Proprio per la tempestività con cui si è intervenuti, la ragazza è stata ritrovata durante la mattinata, nel centro della città, in salute anche se un po’ confusa. Di recente è stato approvato da parte della legislatura Regionale un “Registro di Bambini e Adolescenti Scomparsi”, organismo col quale abbiamo collaborato fin dall’inizio. In seguito a questo traguardo raggiunto, con il quale sono stati creati strumenti legali e si è ottenuta la coscientizzazione della popolazione, anche le forze di sicurezza ora si muovono più celermente. Sentiamo che la realtà è cambiata. Ora sono diversi gli enti pubblici pronti ad intervenire in caso di rapimento di un bambino e ci sono più possibilità di poterlo trovare subito. Anche se mio nipote Bruno ancora non è stato trovato, sentiamo una grande e profonda gioia per questi altri bambini ritrovati. (M. G. – Argentina)

Parola di Vita di Novembre 2006

Nel linguaggio comune la parola “giustizia” richiama il rispetto dei diritti umani, l'esigenza di uguaglianza, l'equa distribuzione delle risorse umane, gli organismi chiamati a fare rispettare le leggi.
E' questa la giustizia di cui parla Gesù nel “discorso della montagna”, da cui è tratta la beatitudine? Anche, ma essa viene come conseguenza di una giustizia più ampia che implica l'armonia dei rapporti, la concordia, la pace.
La fame e la sete richiamano i bisogni elementari di ogni individuo, simbolo di un anelito profondo del cuore umano mai pienamente appagato. Secondo il Vangelo di Luca, Gesù avrebbe detto semplicemente: “Beati gli affamati” . Matteo spiega che la fame dell'uomo è fame di Dio, il solo che può saziarlo pienamente, come ha ben capito sant'Agostino che, all'inizio delle Confessioni, scrive la famosa frase: “Ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te” .
Gesù stesso ha detto: “Chi ha sete venga a me e beva” . Lui, a sua volta, si è cibato della volontà di Dio .
Giustizia, nel senso biblico, significa dunque vivere in conformità al progetto di Dio sull'umanità: l'ha pensata e voluta come una famiglia unita nell'amore.

«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»

Il desiderio e la ricerca della giustizia sono da sempre inscritti nella coscienza dell'uomo, glieli ha messi in cuore Dio stesso. Ma nonostante le conquiste e i progressi compiuti lungo la storia, quanto è ancora lontana la piena realizzazione del progetto di Dio. Le guerre che anche oggi si combattono, così come il terrorismo e i conflitti etnici, sono il segno delle disuguaglianze sociali ed economiche, delle ingiustizie, degli odi. 
Gli ostacoli all'armonia umana non sono soltanto di ordine giuridico, ossia per la mancanza di leggi che regolano la convivenza; essi dipendono da atteggiamenti più profondi, morali, spirituali, dal valore che diamo alla persona umana, da come consideriamo l'altro.
Lo stesso nell'ordine economico: il crescente sottosviluppo e divario tra ricchi e poveri, con l'iniqua distribuzione dei beni, non sono frutto soltanto di certi sistemi produttivi, ma anche e soprattutto di scelte culturali e politiche: sono un fatto umano.
Quando Gesù invita a dare anche il mantello a chi chiede la tunica, o a fare due miglia a chi chiede di farne una con lui , indica un “di più”, una “giustizia più grande”, che supera quella della pratica legale, una giustizia che è espressione dell'amore.
Senza amore, rispetto per la persona, attenzione alle sue esigenze, i rapporti personali possono essere corretti, ma possono anche diventare burocratici, incapaci di dare risposte risolutive alle esigenze umane. Senza l'amore non ci sarà mai giustizia vera, condivisione di beni tra ricchi e poveri, attenzione alla singolarità di ogni uomo e donna e alla concreta situazione in cui essi si trovano. I beni non camminano da soli; sono i cuori che devono muoversi e far muovere i beni.

«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»

Come vivere questa Parola di vita?
Guardando il prossimo per quello che realmente è: non soltanto un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale uguaglianza davanti a tutti, ma come la viva immagine di Gesù.
Amarlo, anche se nemico, con lo stesso amore con cui lo ama il Padre, e per lui essere disposti al sacrificio, anche supremo: “Dare la vita per i propri fratelli” .
Vivendo con lui nella reciprocità del dono, nella condivisione di beni spirituali e materiali, così da diventare tutti una sola famiglia.
Allora il nostro anelito ad un mondo fraterno e giusto, così come Dio lo ha pensato, diventerà realtà. Lui stesso verrà a vivere in mezzo a noi e ci sazierà della sua presenza.

«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»

 Ecco come un lavoratore raccontò la sue dimissioni: “La ditta dove lavoro si è da poco unita con un'altra ditta della stesso settore. Dopo questa fusione, mi hanno chiesto di rivedere l'elenco degli impiegati, perché nella nuova sistemazione del lavoro tre di loro dovevano essere licenziati.
 Tale disposizione, però, non mi è sembrata fondata, ma al contrario piuttosto affrettata, sbrigativa, presa senza alcuna considerazione delle conseguenze di ordine umano che essa avrebbe comportato per gli interessati e le loro famiglie. Cosa fare? Mi sono ricordato della Parola di vita. L'unico modo era fare come Gesù: amare per primo. Ho presentato le mie dimissioni e ho detto che non avrei firmato i tre licenziamenti.
 Le dimissioni non le hanno accettate, e anzi mi hanno chiesto in che modo pensavo di inserire gli impiegati nella nuova organizzazione. Io avevo già pronto il nuovo piano del personale, che rendeva agile e molto utile l'inserimento di tutti nei vari settori. Hanno accettato, e siamo rimasti tutti a lavorare.”

Chiara Lubich

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Il Polo Lionello Bonfanti

PoloLionelloBonfantiIl card. Antonelli: “L’economia di comunione, niente affatto utopistica” L’arcivescovo di Firenze, cardinale Ennio Antonelli, è intervenuto all’inaugurazione del primo Polo europeo delle aziende di Economia di comunione, che sorge nei pressi della cittadella internazionale dei Focolari, a Loppiano, sui colli toscani, vicino Firenze. Aveva esordito citando il Papa: “Benedetto XVI ha detto più volte che la storia è guidata da minoranze creative. Stasera partecipiamo ad un evento importante di una minoranza creativa”. Ne ha evidenziato le radici: l’amore evangelico, un amore che “non riguarda solo persone singole, elemosina e volontariato, ma riguarda la cultura, le strutture e i dinamismi della società. E’ il criterio di trasformazione del mondo” come afferma il Concilio. “Mi pare – ha aggiunto – che stasera comprendiamo meglio che cosa tutto questo significa”. Ed ha definito l’idea dell’Economia di comunione “niente affatto utopistica”, ma che “certo richiede grandi energie spirituali, grandi motivazioni, ma è così affascinante che può contagiare tante altre imprese”. Il Presidente Prodi: “Quanto si sta inaugurando ha un ruolo esemplare nella società” “In ogni società, per andare avanti abbiamo bisogno di esempi”. Così il Presidente del Consiglio italiano intervenuto a sorpresa alla cerimonia inaugurale. Il Presidente Prodi si è detto grato per questa realizzazione, per l’impegno di “trasparenza nei bilanci, rispetto delle leggi, e libera condivisione degli utili per attivare una rete di solidarietà”. Ed ha ribadito: “Ogni società ha bisogno di esempi, perché altrimenti si inaridisce, e tutto diventa standard ripetitivo. Qui c’è un esempio. Qui c’è un di più a cui non tutti sono chiamati, ma è il  segno di un progresso nella convivenza umana”. Il Polo rende visibile una via economica tesa a sanare il divario tra ricchi e poveri Arrivando al Polo si è subito colpiti dalla originale costruzione che si estende su 9600 metri quadri, ma non appare come un capannone industriale. 5621 gli azionisti. Anche pensionati, casalinghe, studenti sono coinvolti: attraverso l’azionariato diffuso che costituisce la E.di C. spa, si sentono protagonisti di un progetto che ha respiro mondiale. Un’impresa non facile, quella di trasferire la propria azienda o di creare nuove filiali, come è emerso dai flash delle esperienze di questi imprenditori. Ma affascina – è stato detto – venire al Polo per essere una comunità di aziende che si apre al territorio, che si rende visibile per dare il proprio contributo di etica al mondo dell’economia, al sogno di colmare il divario tra ricchi e poveri. Il prof. Zamagni: “Per far rifiorire l’impresa, bisogna ricentrare tutto sulla persona” “La finalità di queste aziende – ha detto Cecilia Manzo, presidente della E.di C. spa, che gestisce e promuove il Polo – suscita la compartecipazione dei dipendenti nella gestione dell’azienda”. E’ proprio quest’ultimo aspetto che è stato sottolineato dal prof. Zamagni, docente di Economia Politica all’università di Bologna. “Oggi, in quest’epoca post-industriale – ha detto – il fattore strategico non è più la macchina, né il capitale, ma la persona umana. Se vogliamo che l’impresa torni a fiorire, bisogna ricentrare tutto sulla persona. Più degli incentivi è importante agire sulle motivazioni di chi lavora”. E’ quanto avviene nelle imprese di Economia di comunione: gli stessi dipendenti condividono il fine per cui l’impresa è nata. “Un’idea geniale, che ha giocato di anticipo”. Chiara Lubich – La consegna di un motto: “Dio opera sempre” La fondatrice dei Focolari, a cui si deve, quindici anni fa, il lancio dell’Economia di Comunione, in un messaggio ha auspicato che il Polo sia “una risposta concreta ai problemi economici di oggi”. Ed ha dato al Polo un motto: “Dio opera sempre”, iscritto su una targa in cotto realizzata dallo scultore Benedetto Pietrogrande, scoperta oggi. “E questo per ricordarci del valore che Dio dà al lavoro, all’ingegno creativo proprio dell’uomo”. Ha poi precisato un altro aspetto di questo progetto: l’essere “parte costitutiva” delle cittadelle del Movimento, chiamate ad essere “un bozzetto di una società nuova basata sul Vangelo”. (altro…)

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PER UNA SOCIETA’ SENZA POVERI – CONVEGNO “SEGNI DI FRATERNITA’ IN ECONOMIA”

COMUNICATO STAMPA N. 3

Incisa in Val d’Arno, 28 ottobre 2006 Per una società senza più poveri – E’ questo il sogno che anima il progetto dell’Economia di comunione lanciato da Chiara Lubich quindici anni fa nel corso di un viaggio in Brasile di fronte allo scandalo del divario crescente tra ricchi e poveri. Un progetto che coinvolge a tutt’oggi oltre 700 imprese che stanno sul mercato, in vari Paesi. Un’esperienza che si rende visibile nei poli imprenditoriali che stanno nascendo in alcune cittadelle dei Focolari. Si inaugura il primo polo europeo, con 15 aziende, la costruzione che sviluppa 9600 metri quadri, sorto presso la cittadella internazionale di Loppiano nei pressi di Firenze. Un convegno, svoltosi ieri, venerdì 27 ottobre, nella cittadella e che ha visto una folta partecipazione internazionale, ha approfondito questa esperienza innovativa. Titolo: “Semi di fraternità in economia”. E’ possibile la fraternità in ambito economico? E’ l’interrogativo da cui trae spunto la sociologa brasiliana Vera Araujo. Evidente è l’urgenza di rifondare i punti nodali dell’economia sul principio di fraternità, in un mondo dove il mercato è diventato “una sorta di potere che impone i suoi criteri di giudizio, cultura, valori, metodi a popolazioni, stati, istituzioni”. Risultato: continua crescita delle disuguaglianze.  L’attuazione in questi 15 anni del progetto dell’economia di comunione dimostra che è possibile basare l’economia sulla fraternità. Non solo: si può imprimere  una svolta, anche se ancora a livello germinale. Ne  ha parlato l’economista Luigino Bruni. La prima idea lanciata da Chiara Lubich è la tripartizione degli utili delle imprese: una parte per i più poveri, una  per il suo  sviluppo e la creazione di nuovi posti di lavoro; una terza parte per la formazione alla nuova cultura del dare in antidoto alla cultura consumista dell’avere. Elementi innovativi che contribuiscono ad un mondo senza più indigenti. “Certo le aziende dell’economia di comunione saranno sempre poche rispetto al numero delle imprese sui mercati, ma – ha osservato il prof. Bruni – i grandi cambiamenti epocali sono spesso il risultato di minoranze carismatiche che hanno dato vita a modelli e a comunità visibili capaci di generare uno spirito emulativo”.  L’urgenza di una svolta  è invocata anche dalla Banca europea. Uno studio sottolinea “che le crisi si fronteggiano oggi ricostruendo società e valori, nella necessità di un nuovo obiettivo che, nelle imprese non sia solo profitto, e nella persona faccia emergere la capacità di ‘solidarietà sociale’”. Lo ha evidenziato la docente di diritto, Adriana Cosseddu. Significativa l’esperienza di un imprenditore nell’ambito farmaceutico, Armando Tortelli, brasiliano. Dirige la Prodiet: 180 dipendenti, 35 milioni di dollari di fatturato. Fa parte del primo polo imprenditoriale, sorto in Brasile nei pressi di San Paolo. Un’impresa che proprio per aver condiviso gli utili, in questi anni ha registrato una crescita anche nei rapporti con i dipendenti, i concorrenti, senza cedimenti alla corruzione ed evasione fiscale. Nel pomeriggio la testimonianza dei poveri. Toccante il racconto di Letty Mumar di Manila. Povertà, morte del primo marito e abbandono poi del secondo marito. Due figli di cui uno down. Poi l’impatto con il centro sociale dei Focolari. L’esperienza dell’amore dei fratelli la porta alla riscoperta di Dio. Gli aiuti dell’economia di comunione. Non è puro assistenzialismo, ma un aiuto che nasce dalla prossimità e immette voglia di crescere in tutte le dimensioni. Il primo figlio arriva all’università, il secondo, down, può frequentare una scuola pur costosa. Si impegna nello sport. Alle para-olimpiadi delle Filippine riceve 8 medaglie, arriva primo alla corsa veloce. Seguono poi brani di lettere giunte da tutto il mondo: rivelano altri squarci di vita che riacquista dignità, spirito di iniziativa, e che mette a sua volta in moto la solidarietà verso altri ancora più poveri. Altri “segni di fraternità in economia” sono emersi dal dialogo che si è aperto in una tavola rotonda con vari protagonisti dell’economia sociale con cui in questi anni i Focolari hanno intavolato un confronto fertile e arricchente:  Acli, Unicoop di Firenze, Compagnia delle Opere, Banca etica, CGM Consorzio.  Sono emerse radici diverse, ma valori comuni, coniugati nei modi e con le opere più varie. Acli – Nascono nel 1945. 900.000 soci. Sono luoghi dove si concretizza la vocazione sociale della persona, specie del lavoratore e si trasforma in cittadinanza, in impegno civile e politico, pre-condizioni della democrazia. “In questi anni – ha detto il Presidente Andrea Olivero – abbiamo cercato di reinterpretare il nostro impegno cercando le vie per umanizzare l’economia. L’impegno attuale: la riscoperta di quanto sancito sin dalla fine degli anni 50: mettere al centro la fraternità. Non sono parole, ma atti, regole concrete, non solo nella comprensione del singolo ma anche nell’’ordinamento politico, economico, civile. Banca Popolare Etica – Nasce nel 1994 dall’associazione di 22 organizzazioni del no profit. “Ma – afferma il dirigente Mario Cavagna,  ha radici molto profonde. Risalgono ad uno dei primi testi sulla finanza etica, sull’onda lunga del ’68. Si incrocia con il nascere del commercio equo e solidale”. E’ una banca di credito cooperativo e promuove il messaggio culturale legato alla finanza etica. Sostiene il mondo no profit e l’economia solidale. Finanzia la cooperazione sociale, la cooperazione internazionale, la tutela dell’ambiente, la società civile. In questi anni diventa socio anche della Edic spa a sostegno della nascita del Polo, per il comune obiettivo di salvaguardare nell’economia la centralità dell’uomo. Unicoop di Firenze – Ha origini nel 1891, quando nasce la prima cooperativa di consumo. Oggi opera nelle 7 province toscane. Un milione di soci, 7500 dipendenti. 2 miliardi di fatturato annuo. Solidarietà, cultura, consumo consapevole.  “L’ultimo versante – ha detto il presidente Turiddu Campaini – è quello dell’attività solidaristica a favore dei Paesi del terzo mondo che si sviluppa in modo più accentuato. In questi anni difficili per l’economia abbiamo cercato di ridurre le voci di costo. Una voce non ha subito flessioni: la voce “solidarietà”. Si riesce a mobilitare 2 milioni di euro, per la realizzazione di progetti con la  collaborazione di varie realtà di volontariato, rilevante quella dei Focolari”. Compagnia delle Opere – Nasce nel 1986 per una intuizione di mons. Luigi Giussani. E’ una associazione di rilevanza nazionale, 41 sedi in Italia. 11 sedi all’estero. Un arcipelago di realizzazioni. Quale il segreto? “Condividendo i bisogni degli altri – ha detto il dott. Antonio Mandelli, presidente della Federazione imprese sociali, tra le opere della Compagnia –  ci apriamo a un dinamismo che ci stimola a fare tutto il possibile e al meglio per rispondere con sistematicità e con creatività a questi bisogni”. CGM Consorzio – Nasce nel 1987. E’ formata da 3 società di scopo e 83 consorzi locali, ci sono associate circa 1300 cooperative di servizi sociali, sanitari, educativi e di inserimento lavorativo per categorie svantaggiate. Entro la rete CGM operano 35.000 lavoratori di cui circa 9000 persone svantaggiate e volontari. Il traguardo: “Migliorare i luoghi dove viviamo,  ha detto Claudia Fiaschi, tra i dirigenti del Consorzio. Ci accomuna l’amore per l’uomo e le comunità operando sul territorio”. In un giro di battute finali, Antonio Mandelli ha espresso una speranza ed un impegno comune: “Come al tempo delle invasioni barbariche, che avevano devastato l’intero territorio italiano, i benedettini hanno contribuito alla ricostruzione della società, così oggi, da questi piccoli luoghi, quali sono queste opere, può partire la rigenerazione della società. Luoghi che hanno un aspetto impegnativo: richiedono tutta la nostra vita”. Claudia Fiaschi ha evocato il concetto della rete “per rendere visibili e dare voce a queste opere che scomodano la cultura prevalente. Farsi cioè carico di comunicare in modo efficace questa esperienza perché si trasformi in prassi, in cultura”. L’impressione comune è che questo confronto abbia segnato l’inizio di un nuovo cammino. Ufficio di Segreteria e Relazioni Esterne via Castagneto, 21 50064 Incisa in Val d’Arno (FI) tel. 055/8334427 info@edicspa.com www.edicspa.com Per informazioni: Stefania Tanesini Addetta stampa cell. 338-5658244

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PRODURRE PER CONDIVIDERE: APRE IL POLO LIONELLO BONFANTI

Comunicato stampa n. 2

sabato 28 ottobre 2006 Burchio – Incisa Valdarno (Firenze) Diretta TV su Telepace dalle ore 15.30 La cerimonia di inaugurazione avverrà alla presenza delle autorità civili e religiose, del mondo imprenditoriale e di azionisti. Saranno presenti i soci fondatori della E. di C. spa, e dirigenti del Movimento dei Focolari, delegati da Chiara Lubich. Sul tema “Il Polo Lionello nell’oggi dell’economia”, interverrà il prof. Stefano Zamagni, ordinario di Economia presso l’Università di Bologna. Venerdì 27 ottobre 2006 – Convegno “Segni di fraternità in Economia” Prospettive attuali dell’economia di Comunione – ore 10-17,30 Salone S. Benedetto – Cittadella di Loppiano (Incisa Valdarno – Firenze) Oltre agli interventi degli esperti, tra cui la sociologa brasiliana Vera Araujo e il docente di economia Luigino Bruni: dalle Filippine l’esperienza del Banco Kabayan e la testimonianza di chi è stato sostenuto dall’economia di comunione dal Brasile imprenditori del primo polo dell’EdC, il Polo Spartaco. Tavola rotonda con i protagonisti dell’economia sociale: esponenti di Banca Etica, Acli, Unicoop Toscana, CGM Consorzio, Compagnia delle Opere. Attese oltre 700 persone dalle varie regioni italiane e imprenditori dalla Germania e Francia. “In tempi come questi l’apertura di un polo di imprese che creerà nuovi posti di lavoro è già di per sé una cosa positiva e tutt’altro che banale. Ma soprattutto le caratteristiche e l’idealità che animano il polo Lionello Bonfanti sono per noi la prova concreta che è possibile coniugare insieme dinamismo e competitività con i valori etici e la solidarietà”. Così il Presidente della Regione, Claudio Martini, intervenendo alla tavola rotonda su “Toscana etica e sviluppo: il progetto di Economia di Comunione” che lunedì 23 ha aperto la settimana di eventi in preparazione alla inaugurazione del Polo Lionello Bonfanti. Vi hanno partecipato in 200 tra imprenditori e rappresentanti del mondo politico bancario ed di associazioni di categoria. Conferenza stampa – Alcuni dati – Il Polo Lionello Bonfanti si estende su un’area di 9600 metri quadri, conta su 5.621 azionisti, ospita già 15 aziende che a pieno regime saliranno a 30. Questi i dati forniti dai dirigenti della E. di C. spa che gestisce il Polo, alla conferenza stampa, seguita alla tavola rotonda, convocata dallo stesso presidente della regione Toscana, ClaudioMartini, presso la sede del polo Lionello Bonfanti. “Imprese ‘for profit’ che destinano una parte non trascurabile degli utili al ‘non profit’, cioè ai più indigenti – ha spiegato Giuseppe Manzo, vicepresidente dell’E.di C. spa – destinando il 30 per cento degli utili ad uno specifico fondo di solidarietà. Un progetto – ha ricordato – lanciato da Chiara Lubich 15 anni fa dal Brasile, per lottare contro la povertà e l’ingiustizia del divario tra ricchi e poveri. Appello a cui hanno risposto oltre 700 aziende di tutto il mondo, più di 200 in Italia”. Dal sito www.edicspa.com sono scaricabili comunicati stampa, programma, schede di approfondimento, modulo di accredito. Foto: si possono richiedere all’addetta stampa. Per l’evento del 27 ottobre è gradito l’accredito. Per motivi organizzativi, il 28 ottobre, l’accredito è obbligatorio. Per informazioni: Stefania Tanesini Addetta stampa cell. 338-5658244 Ufficio di Segreteria e Relazioni Esterne via Castagneto, 21 50064 Incisa in Val d’Arno (FI) tel. 055/8334427 info@edicspa.com www.edicspa.com

Scheda EdC

Che cos’è l’Economia di comunione

Come nasce l’idea – È davanti allo “scandalo di un mondo fatto di lussuosi grattacieli e di baracche disumane”, durante un viaggio di Chiara Lubich a San Paolo in Brasile nel ’91, che “si accende la scintilla ispiratrice di quella che subito viene chiamata Economia di Comunione”.

L’obiettivo: un futuro senza più indigenti

Il progetto – La fondatrice dei Focolari si rivolge in modo specifico al mondo imprenditoriale, all’impresa. Propone un agire economico che coniughi economia e comunione, ispirato ad una nuova cultura, “la cultura del dare” antidoto alla “cultura consumista dell’avere”. La novità: suscitare aziende che “producano per condividere” destinando una parte degli utili ai più poveri, una parte alla promozione della cultura di condivisione ed un’altra parte per sostenerne lo sviluppo dell’azienda stessa. Questa idea rimbalza in tutto il mondo ed oggi sono oltre 700 le aziende produttive e di servizi che hanno raccolto questa sfida, alcune costituendosi appositamente, altre orientando all’economia di comunione il proprio operare. Infatti l’intero stile di agire economico, di gestione aziendale e di aiuti agli indigenti è ispirato alla comunione, alla reciprocità. L’economia di comunione, novità dottrinale. Fin dall’inizio la riflessione culturale – tesi di laurea, articoli, monografie, convegni accademici – ha accompagnato l’esperienza concreta, e la dimensione vitale ha ispirato gli studi, dando luogo ad una reciprocità tra teoria e prassi che costituisce uno degli aspetti più tipici dell’EdC.

Il Polo delle imprese di Economia di Comunione italiane e l’ E. di C. s.p.a.

I Poli imprenditoriali. Sono espressione tipica dell’economia di comunione. Sede di alcune aziende, sono il punto di riferimento per tutte le altre aderenti od orientate al progetto. Ad essi si rapportano, in maniera costante, studiosi ed economisti che vi trovano originali “laboratori” di una economia rinnovata. Far nascere anche in Italia un Polo imprenditoriale, “faro di credibilità” per l’economia di comunione, a cui potranno collegarsi le aziende italiane gestite secondo questo progetto: è la sfida che Chiara Lubich lancia il 5 aprile 2001 a Castelgandolfo (Roma), alla scuola internazionale per operatori dell’Economia di Comunione. Il 13 ottobre 2001 si costituisce la E. di C. s.p.a., con sede in Loppiano, Incisa in Val d’Arno (Firenze). E’ una società ad “azionariato diffuso” che con i 5621 soci attuali, testimonia l’impegno di quanti, pur non imprenditori, desiderano essere protagonisti dell’Economia di Comunione. Ha come fine la realizzazione e la gestione del Polo imprenditoriale italiano, come pure la progettazione di iniziative connesse al suo sviluppo. Fortemente qualificante l’articolo 36 dello statuto: il 30% degli utili è devoluto ad un fondo speciale di solidarietà per far fronte alle necessità degli indigenti.

Struttura architettonica del Polo

La struttura del Polo esprime un forte valore simbolico, oltre che funzionale. La quinta muraria in mattoni vuole significare il radicamento nel territorio e la sua forma, concava, ricorda due braccia che accolgono. Attraversando la hall, punto di snodo delle diverse zone, si arriva nella galleria sulla quale si affacciano i laboratori e il corpo uffici: è la “piazza” di questa piccola comunità, luogo di incontro degli “abitanti” del Polo e spazio destinato ad eventi pubblici. L’interno è concepito in maniera modulare e flessibile: l’edificio sviluppa un totale di 9600 mq destinati ad usi produttivi, artigianali, spazi commerciali e uffici.

Il Polo e la cittadella internazionale di Loppiano

Una peculiarità dei Poli di Economia di Comunione è quella di sorgere nei pressi delle cittadelle del Movimento dei Focolari. Il Polo Lionello Bonfanti sorge in località Burchio, (Incisa Valdarno), a pochi chilometri dalla cittadella internazionale di Loppiano. Ne costituisce un importante completamento. Sin dal 1962 Chiara Lubich, ad Einsiedeln in Svizzera, guardando dall’alto di una collina il complesso di una delle abbazie che nei secoli erano state centri propulsori di civiltà, aveva intuito la possibilità che, dal Movimento potessero sorgere piccole città moderne composte di scuole, case, industrie -città/pilota -per un mondo nuovo, la cui legge fosse quella del Vangelo, l’amore reciproco. Loppiano, nata due anni dopo, nel 1964, è la prima delle oltre 30 cittadelle sorte nel mondo, e la più sviluppata. L’internazionalità è la sua caratteristica: oltre 800 i suoi abitanti provenienti da 70 Paesi dei 5 continenti. Negli anni, via via assume l’aspetto di una città, anche se in miniatura. E’ formata da case, scuole, centri d’arte, attività artigianali e agricole. Ogni anno sono più di 40.000 i visitatori. Per lo stile di convivenza che testimonia, Loppiano è di luce anche per le grandi città multiculturali e multietniche di oggi.

Il Polo ‘Bonfanti’, dove l’impresa fa profitti e solidarietà

Il Polo ‘Bonfanti’, dove l’impresa fa profitti e solidarietà

Dopo le “Porte aperte al Polo Lionello Bonfanti” – un momento di festa che domenica 22 ottobre ha visto la partecipazione di oltre 2000 abitanti di Incisa e del Valdarno – il Polo si è confrontato con le istituzioni regionali. Riportiamo ampi stralci di quanto pubblicato da ‘Prima Pagina’ sulla tavola rotonda svoltasi  lunedì 23 ottobre, presso la sede del Polo a Burchio, Incisa Valdarno, dal titolo: “Toscana, etica e sviluppo: il progetto di economia di comunione”. Era questo il secondo dei quattro appuntamenti che precedono l’inaugurazione del Polo, sabato 28 ottobre. Conta su 5.621 azionisti, ospita già 15 aziende che  saliranno presto a 30. E’ il Polo italiano delle aziende di Economia di comunione ‘Lionello Bonfanti’ che ha sede in Toscana, vicino alla città internazionale di Loppiano, sede storica del Movimento dei Focolari. Al convegno ‘Toscana, etica e sviluppo: il progetto di economia di comunione’ tenuto nella sala del nuovo polo produttivo, hanno partecipato, tra gli altri, l’assessore regionale alla cooperazione internazionale, perdono e riconciliazione fra i popoli, Massimo Toschi, e il Presidente della Regione Toscana Claudio Martini, che ha preso parte, insieme al sindaco di Incisa, Fabrizio Giovannoni, alla conferenza stampa organizzata a conclusione della mattinata, per illustrare le finalità dell’iniziativa da parte dei responsabili di E.di.c. spa, la società che fa riferimento al Movimento dei Focolari, che ha realizzato  e gestisce il polo. “Il polo Bonfanti – ha detto Martini – rappresenta per la Regione Toscana una  buona notizia, soprattutto per le caratteristiche e l’idealità che lo animano. Sono per noi la prova concreta che è possibile coniugare insieme dinamismo e competitività con i valori etici e la solidarietà”. Martini ha concluso esprimendo la sua ammirazione  per l’iniziativa e assicurando la collaborazione della Regione Toscana. Fra le ipotesi allo studio il Presidente Martini ha annunciato quella di una riduzione dell’imposizione fiscale per questa tipologia di imprese, sul modello di quanto già avviene per le zone di montagna, per le imprese giovanili e per le onlus. Sono di diversi tipi le imprese che costituiscono il nuovo polo imprenditoriale intitolato alla memoria di  ‘Lionello Bonfanti’, magistrato, che fu uno dei fondatori, negli anni ’60 della città internazionale del Movimento dei Focolari, a Loppiano. Si va dalle imprese manifatturiere a quelle di servizi, comprese le società di consulenza e di assicurazione e presto anche un attrezzato poliambulatorio medico. C’è anche chi ha pensato di mettere insieme la pausa caffè con l’acquisto di un libro,  ma anche con l’acquisto di un capo di maglieria. E’ questa l’idea innovativa che lega PhiloCafè dell’imprenditore bresciano Bertagna, con la libreria Arcobaleno e la pasticceria Dulcis in Fundo: un modello importato dagli Usa per l’aspetto imprenditoriale, declinato in modo originale grazie alla destinazione sociale di una quota degli utili pari al 30%. Sono questi tre esempi delle 15 “imprese ‘for profit’ che destinano una parte non trascurabile degli utili al ‘non profit’” che oggi fanno parte del polo ‘Bonfanti’, come ha detto Giuseppe Manzo, vicepresidente di E.di C. nell’illustrare la filosofia che li ha portati a costituire una società di capitali, con uno statuto che all’articolo 36 prescrive a ciascun aderente che il 30% degli utili sia destinato ad uno specifico fondo di solidarietà. Il Polo Bonfanti è il primo di questa tipologia in Italia e in Europa, il settimo nel mondo. In totale, le aziende di Economia di Comunione sono oggi, nel mondo, quasi 800. Oltre 200 operano in Italia e di queste una trentina in Toscana. (da ‘Prima Pagina’ Quotidiano Telematico della Regione Toscana- 23/10/06)

Apre i battenti il Polo italiano delle aziende di Economia di Comunione, “laboratorio di una nuova economia”

Apre i battenti il Polo italiano delle aziende di Economia di Comunione, “laboratorio di una nuova economia”

Il Polo Lionello Bonfanti, che verrà inaugurato sabato 28 ottobre prossimo, alle ore 15,30, alla presenza di numerosi imprenditori, di autorità civili e religiose, è tra le espressioni tipiche dell’Economia di Comunione, progetto che conta 15 anni di vita. Lanciato in Brasile nel 1991 da Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari, ha come obiettivo contribuire a sanare il crescente divario tra ricchi e poveri. L’inaugurazione sarà preceduta da una settimana di eventi: • 22.10 – Porte aperte al Polo Lionello • 23.10 – Incontro regionale con le istituzioni e il mondo economico • 25-26.10 – Seminari multidisciplinari di formazione per imprese pubbliche e private • 27.10 – Convegno: “Segni di fraternità in economia” Il Polo italiano delle Aziende di Economia di Comunione sorge in località Burchio, Incisa in Val d’Arno (FI), nei pressi di Loppiano, la cittadella internazionale dei Focolari. Inizialmente ospiterà 15 aziende italiane di svariati settori: tessile, artigianale, impiantistico e alimentare, oltre che studi professionali di consulenza fiscale e amministrativa, servizi assicurativi, informatici, di consulenza e formazione aziendale. Sarà punto di convergenza, luogo di scambio di idee e progetti, offerta di servizi per le oltre 200 aziende italiane aderenti al progetto dell’Economia di Comunione. Sinora sono 7 i poli imprenditoriali nel mondo, in varie fasi di realizzazione: il primo e più sviluppato sorge in Brasile, nei pressi della cittadella dei Focolari di Vargem Paulista (San Paolo). Una peculiarità di questi poli è quella di sorgere nei pressi delle cittadelle del Movimento dei Focolari, a completamento di quello che mira ad essere un bozzetto di una società rinnovata, improntata alla fraternità. Anche per questo il Polo italiano porta il nome di “Lionello Bonfanti”, magistrato, che fu tra i primi artefici della cittadella di Loppiano.

La salute integrale della persona

Io nella proposta dell’Economia di comunione ho intuito una potenzialità nuova, perché riguarda l’uomo nella sua integralità. Tutta l’attività economica e produttiva deve essere orientata al “dare”, un dare che coinvolge i rapporti con le persone. Volli subito partecipare a questo progetto e aderii di slancio all’idea di far nascere una clinica nella città di Vargem Grande con altri professionisti dell’ambito sanitario. Sentivo che il progetto mi riguardava e così ne parlai con mio marito. Anche lui desiderava dare la vita per fare di questo progetto una realtà. Sei mesi dopo ci siamo trasferiti con i nostri cinque figli a Vargem Grande, a circa 140 km dalla città dove abitavamo, per iniziare l’attività dell’impresa: la Policlinica Ágape. Abbiamo lasciato alle spalle tutto: il nostro lavoro, la casa, gli amici. Non è stato facile e le difficoltà sono state tante, ad esempio l’adattamento dei ragazzi nella nuova scuola. All’inizio l’azienda è partita con un laboratorio d’analisi cliniche, perché questa era la  necessità più urgente della comunità locale. Poi, per rispondere al crescere dei bisogni della città, è stata creata una clinica, con tutte le specialità mediche. Oggi la “Policlinica Agape” offre 17 specialità mediche, oltre al laboratorio di analisi cliniche, con diagnostica d’immagine, e ambulatori di psicologia, fonologia, fisioterapia. Vi sono occupate 54 persone. La principale caratteristica della nostra azienda è riassunta nel suo nome: agape, amore fraterno. Vorremmo che tutti i pazienti vi trovassero non soltanto la soluzione di un problema sanitario ma qualcosa in più. Per offrire questa accoglienza ai nostri pazienti, c’è bisogno di formarsi continuamente all’idea di salute integrale, che ha come suo fondamento il rapporto interpersonale, ed è questo il nostro primo impegno. Tra di noi, non tutti hanno una fede religiosa, però tutti credono nell’uomo e nei suoi valori e cerchiamo sempre di vivere la “Regola d’oro” – “fai agli altri quel che vorresti fosse fatto a te” – a cominciare dai rapporti di équipe e poi con tutti i pazienti. Questa azienda non ha ancora un modello ben definito, ma lo stiamo costruendo, nuovo, giorno per giorno secondo i principi dell’Economia di Comunione, che non significa, però, soltanto dare gli utili. Sarebbe un’incoerenza fare la comunione degli utili e non trattare bene i dipendenti o i clienti, considerandoli solo un mezzo per il profitto. Fedeli a questo stile, dedichiamo tempo sia ai collaboratori sia ai pazienti, perché questo serve a costruire rapporti veri e autentici. Un medico che aveva lavorato con noi e poi si era dimesso per fare la specializzazione, quando ha finito il corso è ritornato a chiederci di assumerlo, perché, diceva: “Ho lavorato in tanti posti diversi e ho sentito la mancanza del rispetto, dell’onestà e della gioia che c’è qui”. C’è stato il caso di un collega medico che si mostrava molto chiuso e scostante con le persone e allora mi sono chiesta se l’avevamo amato veramente fino in fondo. Ho proposto agli altri dell’équipe una citazione che sentivo adatta al caso nostro: “Ogni essere umano ha almeno dieci qualità e quando non si riesce a riconoscerle, il problema non è lui, siamo noi”. Ci siamo allora sfidati a trovargli queste qualità. Mesi dopo, questo medico è venuto a dirmi: “Ero una bestia e voi state facendo di me un uomo”.  Da allora ha cominciato ad aprirsi con noi e con i pazienti. La nostra cafeteria  si è trasformata in un luogo d’incontro che abbiamo chiamato: “Spazio culturale Agape”. E’ un luogo aperto alla città e, recentemente, ad un gruppo di artisti che ne fanno lo spazio espositivo per le loro opere, con beneficio per i nostri pazienti. La clinica ha ospitato persino  il primo concerto di musica lirica di Vargem Grande, alla presenza delle personalità pubbliche più importanti. Un’esperienza importante che stiamo portando avanti in collegamento con un progetto del Governo dello Stato di São Paulo, riguarda l’inserimento lavorativo di alcuni giovani. Si é cercato sempre di tenere un rapporto corretto e coerente con il potere costituito (Comune, Camera comunale e Segreteria della sanità) e quindi anche con i politici di tutti gli schieramenti. Abbiamo partecipato attivamente all’elaborazione del Piano Direttivo per la città, nel quale si prevede la sua attuazione nei prossimi dieci anni. Con ciò percepiamo che la Policlinica Agape sta diventando un’azienda di riferimento nella città. (D. B. – Brasile)

Studi dedicati all’Economia di Comunione

Finita l’Università, volevo iniziare un Dottorato di Ricerca in Scienze Sociali. Sin da piccola, infatti, cercavo una risposta alla sofferenza e all’ingiustizia sociale. Mi sono ricordata che Chiara, proprio nel 1991, aveva consegnato ai giovani il compito di studiare l’Economia di Comunione. Ho deciso di prendere sul serio la proposta di Chiara. Si trattava veramente di una sfida, perché il mondo accademico è sempre molto diffidente verso ciò che non conosce e sentivo che mi sarei trovata di fronte questo ostacolo. Non mi sbagliavo: il mio professore non credeva per niente al mio progetto di studio. Lavoravo con lui da 7 anni, lo stimavo molto come docente e come studioso. Ha reagito fortemente e mi ha detto: “Cosa ti hanno fatto questi, ti hanno svuotato la testa? Ti sei dimenticata di tutto quello che hai imparato e studiato finora?”. È stato un duro colpo: davo molto peso alla sua valutazione e mi accorgevo che non sarebbe stata un’impresa facile portare avanti questa idea: stavo rischiando molto, perché si sarebbero potute chiudere tante porte nell’ambiente accademico. Ancora oggi, come avevo temuto, la mia carriera risente di questa scelta. Eppure, allora come oggi, continuo a notare che l’adesione a questo progetto alimenta con luce sempre nuova la mia professione e mi sostiene. Ho concluso il dottorato e assisto, come tanti, ai progressi del progetto di Economia di Comunione. Ora vedo concretamente la possibilità di contribuire alla formazione culturale delle persone, a vari livelli, per portare una visione del mondo che ha come punto di partenza e d’arrivo l’unità. La mia esperienza non è isolata: sono numerose le tesi di laurea e di dottorato dedicate all’Economia di Comunione. Addirittura in alcune università del mondo si insegna questa materia accanto ai nuovi modelli di economia sociale e civile per le numerose novità culturali che introduce. Tra queste: la reciprocità come metodo di sviluppo fraterno; la comunione, non la filantropia; il profitto come mezzo per un mondo più giusto e più umano, non come scopo dell’attività d’impresa, e la fraternità come proposta di gestione aziendale. L’economia torna a essere amica dell’uomo e della società, il mercato si umanizza, la ricchezza condivisa diventa una strada di felicità e di fioritura umana. (K. L. – Brasile)

Una grande idea: il mondo unito. Un luogo dove concretizzarla: la città

Una grande idea: il mondo unito. Un luogo dove concretizzarla: la città

Settimana Mondo Unito 2006 – Numerose le attività in cantiere. Solo qualche esempio: in primo piano l’impegno per la ricostruzione nel sud del Libano; ad Augsburg, in Germania, un’originale iniziativa per favorire l’integrazione e l’accoglienza degli stranieri: verrà allestita, al centro della città, una lunga tavolata, con lo slogan “tutti a un solo tavolo”. Tra le iniziative sportive, a Perugia, il tradizionale “Pallavolando”; un torneo a Rieti, dal titolo “SportiAMO”, con raccolta di materiale scolastico per una scuola della Croazia; un “Happy Day” a Viterbo, giornata di sport, musica, teatro rivolta ai ragazzi, per un progetto di aiuto in favore dell’Argentina. E ancora iniziative sociali, marce per la pace, dialogo tra universitari, veglie di preghiera…. A conclusione, collegamento telefonico two-ways fra 100 città dei 5 continenti, sabato 21 ottobre, ore 12 e domenica 22 ottobre, ore 18.  Focus sul dialogo interreligioso: carrellata di esperienze di giovani cristiani, musulmani, indù e buddisti, da Spagna, Nigeria, India, Tailandia, sud del Libano, Mindanao (Filippine), Belgio, Tangeri, Chicago, Sarajevo. La risonanza da parte delle istituzioni pubbliche è cresciuta di anno in anno. Ne sono prova piazze e strade dedicate al “Mondo Unito”, collegamenti telefonici trasmessi nei municipi delle città, Patrocini di Comuni e di Stati. Infatti nella SMU si trovano due elementi essenziali per attirare l’attenzione: una grande idea, il mondo unito, la fraternità universale; un luogo dove concretizzarla, la città. Come nasce l’idea: è a conclusione del Genfest 1995 a Roma che viene lanciata “Una proposta, a tutti noi, ai giovani del mondo intero, alle istituzioni nazionali e internazionali, pubbliche e private, a tutti. Anzi un appuntamento: alla Settimana Mondo Unito. Lo scopo? Evidenziare e valorizzare le iniziative che promuovono l’unità… ad ogni livello”. Per saperne di più: www.mondounito.net

SI È CONCLUSO A CASTEL GANDOLFO IL 31° CONVEGNO DI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

«Testimoni della Chiesa italiana»

Dalla presentazione del Segretario Generale della Cei, S.E. Giuseppe Betori Una celebre frase di sant’Agostino, ripresa dalla Lumen gentium (n. 8), dice: «La Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio». Tra le consolazioni, cui faceva riferimento sant’Agostino, vi sono – nell’antichità come ai nostri giorni – i testimoni. Su questo vuole riflettere il quarto convegno ecclesiale nazionale di Verona (16-20 ottobre) che ha per titolo Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo. http://www.convegnoverona.it All’inizio del nuovo millennio, la Chiesa vuole guardare soprattutto al futuro, ma essa lo può fare solo sulla scia del proprio Maestro e delle numerose donne e uomini che gli hanno reso testimonianza in tempi lontani e vicini. Il volume che qui viene presentato, propone un itinerario attraverso le regioni italiane. Emerge così il mosaico di una Chiesa ricca, variegata, bella, ma anche radicalmente presente in ogni angolo della nazione. 97 i modelli di testimonianza evangelica raccolti nel volume, tra cui 6 testimoni del Movimento dei Focolari: Igino Giordani, padre di 4 figli, uomo di cultura di rilievo del Novecento italiano, deputato, scrittore, giornalista, pioniere dell’ecumenismo. Ha contribuito, tra l’altro, all’incarnazione nel sociale della spiritualità dell’unità e agli sviluppi ecumenici del Movimento. Maria Elena Holzhauser e Enzo Maria Fondi, tra i primi compagni di Chiara Lubich. I giovani: Chiara Luce Badano; , servi di Dio. (altro…)

La fraternità come categoria politica

Il Movimento politico per l’unità è stato fondato da Chiara Lubich 10 anni fa. Era il due maggio ‘96, a Napoli; ricordo ancora come fosse oggi, l’emozione di quella fondazione! Eravamo politici di vari partiti, cittadini semplici, funzionari e, insieme, avevamo posto a Chiara Lubich le nostre perplessità: è possibile realizzare nella nostra vita politica frutti ispirati ai grandi valori della pace, della giustizia, del rispetto della vita di ogni persona, in qualsiasi condizione; è possibile costruire davvero una politica al servizio dell’unità della famiglia umana? Domande che, mi sembra, anche oggi potremmo riproporre alla stessa maniera, guardando la situazione politica dei nostri paesi e forse, ancor più guardando la situazione dell’umanità su tutto il globo. Lei ci sfidò: è possibile, ma a due condizioni: – porre i grandi valori dell’umanità – la pace, la giustizia, l’amore per la persona, per la comunità – prima delle personali legittime diversità partitiche; – prendere come categoria ispiratrice della politica quel legame che unisce tutti gli uomini e le donne tra loro: la fraternità universale, l’unica categoria che può reggere l’impatto della realtà politica attuale che chiede contemporaneamente risposte locali e mondiali, nella  città e insieme nel mondo intero. Concluse dicendo: ”Cominciate a vivere così tra voi, amandovi a vicenda, rispettando le vostre diversità, apprezzandole come ricchezze, cercando l’unità di intenti tra voi e poi con tutti, a favore di tutti!” L’adesione fu piena! E nacque il Movimento politico per l’unità. In questi dieci anni l’espansione del Movimento è stata a dire il vero un po’ straordinaria. E’ stato definito “un laboratorio internazionale di lavoro politico comune, tra cittadini, funzionari, studiosi, politici impegnati a vari livelli, di ispirazioni e partiti diversi, che mettono la fraternità a base della loro vita”1.  Attualmente è presente in 15 Paesi. Quali le caratteristiche principali che contraddistinguono questa politica di comunione? 1. La prima caratteristica è quella di puntare a colmare la distanza tra cittadini e istituzioni, per realizzare un rapporto vero tra chi sta nel palazzo e chi ne rimane fuori. Tutti diventano i soggetti: cittadini, funzionari, studiosi e studenti di politica, politici e militanti dei partiti, ognuno cosciente del proprio ruolo diverso, ma legati da un rapporto di reciprocità. La dimensione collettiva è uno dei punti di forza della nostra sperimentazione, che ha come metodo il dialogo. In questo orizzonte l’espressione “vocazione politica” non riguarda più pochi eletti, ma acquista il significato di una chiamata universale all’amore al fratello. 2. L’altra caratteristica che ci distingue è l’internazionalità: oggi l’orizzonte della politica è grande quanto il mondo. I problemi di ambiente, comunicazione, mercato, giustizia sociale, non si possono più portare a soluzione chiudendo i confini sulla nostra piccola dimensione. La rete della politica di comunione è transnazionale, la mondialità diventa per noi un habitus, nelle relazioni tra i membri, ma anche nelle nostre strutture di governo. Cosa vuol dire in concreto? Vuol dire abbandonare la stretta visuale del proprio angolo di mondo, della propria parte politica, ecc., per riconoscere e assumere come soggetto politico la famiglia umana. Se ogni uomo è mio fratello, il suo destino mi interessa come il mio. Si tratta di lavorare per uomini e donne profondamente radicati nei propri popoli, che amano la propria cultura e diversità, ma percepiscono la diversità e la cultura dell’altro popolo come una ricchezza. Ma andiamo al cuore della novità: la fraternità universale, scelta,alla luce del carisma dell’unità, come vera e propria categoria politica. Come agire nell’attuale crisi politica? Andando fino in fondo, scopriamo che ciò che manca è una cultura adeguata, categorie che reggano l’impatto dei problemi, senza sfuggirli. Scegliere la fraternità universale vuol dire avere il coraggio di andare alla radice. Chi ha riferimenti religiosi la vede come espressione dell’esperienza dello scoprirsi tutti figli di Dio e quindi fratelli fra noi. Altri invece la trovano nelle radici profonde di ogni essere umano. Oggi le scienze biologiche e mediche del resto ci dicono che non ci sono tante razze, ma un’unica razza, quella umana, legata da caratteristiche appartenenti a tutti. Qualcuno potrebbe chiedersi se non sarebbe più semplice continuare a parlare di solidarietà senza ricorrere al concetto di fraternità, termine molto meno conosciuto ed utilizzato in politica; la solidarietà ha già una sua storia e una sua coniugazione politica specifica. Bruno Mattéi, filosofo francese, sostiene: “Al contrario della solidarietà (gestionale e umanitaria), la fraternità è attenzione incondizionata all’altro e presuppone che la mia libertà non si possa realizzare senza la libertà dell’altro e che, a questo titolo, io ne sono responsabile.” Per lui la fraternità è un principio originario  più “solido” in relazione alla costruzione di una politica adeguata, che affronti la totalità dei problemi. E Gúrutz Jáuregui, docente di Diritto Costituzionale all’Università del Paese Basco, porta il discorso ancora più avanti, sostenendo che solo dalla fraternità possono nascere risposte adeguate alle sfide di oggi. Nella prospettiva della fraternità acquistano nuovo significato anche i capisaldi del progetto politico della modernità:  la libertà e l’uguaglianza. La libertà perchè sia, per tutti, il fondamentale diritto a potersi scoprire unico e irripetibile e l’uguaglianza perchè sia davvero riconoscimento e garanzia ad ognuno di pari accesso alle risorse e alle opportunità. Scegliere la fraternità vuol dire sentire la posizione dell’altro come necessaria alla costruzione della comunità, ascoltare l’altro come portatore di un contributo valido, mettere gli interessi della propria parte dopo l’interesse della comunità. Quale il risultato? Una reale capacità di capire le domande dei cittadini e di saper dare risposte più vere. Il luogo principe dove applicare questa nuova cultura è dentro le nostre città, che sia un quartiere di una megalopoli, un piccolo villaggio di montagna, dovunque sia il nostro angolo di mondo, lì è la nostra sfida. Sempre più viene in forte rilievo l’esigenza di mettere al centro del nostro impegno proprio il locale, questo primo luogo dove si vivono e si possono cambiare le relazioni primarie, tra le persone e tra cittadini ed istituzioni. E’ lì che i drammi e i problemi della nostra convivenza hanno il loro impatto quotidiano più vivo ed è lì che chiedono la prima risposta. E’ a partire dalle città che si possono sperimentare nuove risposte di partecipazione, di responsabilità, di solidarietà alle domande che i cittadini pongono alla politica2. Il Movimento politico per l’unità si candida a dare il suo contributo specifico dentro la storia e il suo contributo, anche attraverso l’impegno formativo. Ed ecco il progetto scuole, progetto di una rete internazionale, anche qui globale e locale, capace di andare avanti di pari passo con una sincera inculturazione, che è scoperta della propria ricchezza. Avvertiamo infatti che un punto di forza della nostra azione deve essere la capacità di crescere insieme alle nuove generazioni, trasmettendo ai giovani la formazione spirituale e culturale necessaria per agire concretamente al servizio della propria comunità. Lucia Fronza Crepaz presidente del Movimento Politico dell’unità, Roma, Italia  

(1) Chiara Lubich, Discorso pronunciato in occasione della II Giornata dell’Interdipendenza, Roma 12 settembre 2004

(2) Per dare un forte contributo in questa direzione, nel novembre 2001, abbiamo promosso una conferenza internazionale a Innsbruck, in Austria: “Mille città per l’Europa”, a cui hanno collaborato varie istituzioni e personalità politiche europee, tra cui l’allora Presidente della Commissione europea Romano Prodi. 1.300 i partecipanti qualificati, tra cui erano rappresentati 700 comuni dell’Europa dell’Est e dell’Ovest

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L’economia di comunione. Una novità di vita e di pensiero nel campo economico

La storia dell’umanità è costellata di esperienze civili ed economiche originate da correnti spirituali, nate cioè da carismi. L’Europa, per un esempio, non sarebbe come oggi la conosciamo, anche sotto il profilo sociale ed economico, senza il movimento benedettino o quello francescano, da cui hanno avuto origine innovazioni fondamentali anche per quella che sarebbe poi diventata l’economia di mercato. Le “ reduciones ” dei gesuiti in Sud America restano ancora oggi un esempio luminoso di civiltà. I carismi sociali di tanti fondatori di ordini religiosi tra il XVIII e il XIX secolo, che hanno dato vita ad ospedali, scuole, opere caritative, hanno segnato la nascita e lo sviluppo del moderno stato sociale (welfare state). Tutte esperienze a movente ideale e spirituale, certamente, ma che hanno arricchito e in certi casi determinato lo sviluppo economico e sociale delle nostre civiltà. L’Economia di Comunione è un episodio di questa storia secolare di esperienze spirituali che danno vita anche a significative esperienze economiche. Il Movimento dei Focolari, lo abbiamo visto, ha fin dall’inizio espresso anche tutta una dimensione sociale e civile: la comunione di vita è dal 1943 diventata naturalmente ma decisamente anche comunione dei beni, con lo scopo di arrivare a “nessun bisognoso”. Dopo quasi mezzo secolo di questa pratica quotidiana di comunione dei beni, in un viaggio di Chiara in Brasile è nata nel maggio del 1991 l’esperienza economica dell’Economia di Comunione. Che cosa è l’Economia di Comunione? Per comprenderla occorre inquadrarla dentro questa storia millenaria dell’umanità e della Chiesa. La scintilla ispiratrice si accese durante quel viaggio di Chiara a San Paolo in Brasile, davanti allo scandalo di un mondo fatto di lussuosi grattacieli e di disumane baracche (favelas). Invitò così l’intera comunità brasiliana del Movimento, che da tempo attendeva e pregava per una economia più giusta e umana,  a dar finalmente vita anche ad una nuova economia. Ed ecco nascere quella che fu subito chiamata Economia di Comunione: imprese moderne, efficienti, che operano all’interno dell’economia di mercato, ma che vivono l’intera vita economica come amore, come amore fraterno, comunione. Quale lo scopo di questa nuova visione dell’economia? Arrivare a comunità, a società, e in futuro ad un mondo senza più indigenti. Certo, l’economia contemporanea è una realtà articolata e complessa. L’EdC è un progetto particolare, necessariamente limitato, ma che tocca un aspetto cruciale del sistema economico globalizzato: il rapporto tra ricchezza e povertà. Ma come, in concreto? Questo grande obiettivo deve essere raggiunto destinando i profitti prodotti per tre finalità: 1. la crescita dell’impresa e quindi la creazione di posti di lavoro; 2. contribuendo alla crescita delle Cittadelle del Movimento dei Focolari che formano “persone nuove”; 3. per sovvenire chi si trova in situazione di bisogno immediato. Gli utili, dunque, suddivisi in tre parti; ognuna di queste parti contribuisce ad un mondo senza indigenza, e quindi più giusto e fraterno: creando lavoro, creando una cultura nuova, e con interventi per le situazioni di emergenza. Oggi le imprese che in tutto il mondo si ispirano all’Economia di Comunione sono diverse centinaia, e si sono sviluppati sette “poli industriali”. Altri due aspetti. Non basta produrre utili e donarli affinché ci sia una economia di comunione. Occorre che la comunione sia lo stile di agire economico e di gestione aziendale nella ordinaria attività economica. Ecco quindi l’esigenza, avvertita fin dall’inizio ma che in questi ultimi anni è sempre più sentita dagli attori del progetto, di dar vita a “strutture organizzative di comunione”, che rendano visibile anche nelle dinamiche gestionali e di governance, la cultura della comunione e della fraternità. Il “vino nuovo” dell’Economia di Comunione, richiede “otri nuovi” capaci di contenerlo e farlo maturare. Inoltre, non basta produrre ricchezza e metterla in comunione, per sconfiggere la miseria. Ecco quindi l’importanza che accanto agli aiuti immediati a chi è nel bisogno, si creino posti di lavoro, e ci si formi tutti ad una cultura del dare, ad una cultura della gratuità e della condivisione. Quando una persona indigente, a contatto con una spiritualità, inizia a cambiare mentalità ed a vivere la cultura del dare, è in quel momento che inizia ad uscire dalle trappole della miseria, e la vita può fiorire, perché l’incontro con un carisma risveglia la dignità della persona e la sua vocazione all’amore. La nostra proposta per un mondo senza bisognosi non è l’assistenzialismo ma la reciprocità, dove tutti danno e tutti ricevono. Non è forse anche la poca attenzione alla reciprocità, alla risposta da parte di chi riceve aiuti, che in questi decenni ha spesso portato al fallimento di tante politiche di sviluppo, pubbliche e private? La comunione-reciprocità è un metodo di lotta alla miseria, perché mette in atto la fraternità, e solo uno sviluppo fraterno è pienamente umano e duraturo. Certo, occorre arrivare a fare in modo che anche le strutture politiche, economiche e sociali vivano rapporti di fraternità. L’Economia di Comunione, però, mette in moto la libertà e la creatività di ciascuno, e anche in un mondo ancora spesso ingiusto e non fraterno, essa mette in moto una rivoluzione dal basso, che, come Maria, “innalza gli umili, e rimanda i ricchi a mani vuote”. Il tema della comunione è dunque centrale in tutta l’EdC, che non è un progetto dove ricchi imprenditori danno le briciole della loro tavola ai “poveri”, ma fratelli che aiutano fratelli, mettendo in pratica tutti gli aspetti della reciprocità. Ecco, quindi, il grande programma che Chiara mise e mette oggi di fronte a tutti noi: mostrare un brano di umanità dove si vive, anche in economia, la fraternità. La vita di questi primi quindici anni ci dice che un tale programma non è una utopia, ma è già possibile. Ogni carisma porta una novità: novità di vita ma anche di pensiero, novità dottrinale. L’EdC è questa novità, di vita e di pensiero, nell’economia. (altro…)

A Verona, guardando avanti con speranza

A Verona, guardando avanti con speranza

Il  cammino di comunione, il ruolo dei credenti laici, la presenza dei giovani, le prospettive per i movimenti, al centro del Convegno ecclesiale nazionale che si svolgerà a Verona. Da un articolo di Paolo Loriga  (Città Nuova – 10 ottobre 2006) www.cittanuova.it Ci siamo. L’appuntamento decennale della Chiesa italiana è alle porte. A Verona, dal 16 al 20 ottobre prossimi, i 2.700 rappresentanti della comunità cattolica nazionale si incontreranno per pregare e riflettere sui grandi temi che investono la società civile e la vita ecclesiale in questo turbolento inizio di millennio. Il culmine del convegno ecclesiale sarà giovedì 19 ottobre: Benedetto XVI pronunzierà il suo discorso all’assemblea dei partecipanti. Nel pomeriggio, presiederà la celebrazione eucaristica. Il card. Ruini, il giorno successivo, terrà la relazione conclusiva. Il grande appuntamento ecclesiale sarà invece aperto, lunedì 16, dalla prolusione del card. Tettamanzi, presidente del comitato preparatorio. Il giorno dopo si entrerà  nel vivo della riflessione con la relazione del teologo Franco Brambilla e gli approfondimenti spirituali (Paola Bignardi), culturali (Lorenzo Ornaghi) e sociali (Savino Pezzotta). I 2.700 delegati (di cui 1.800 dalle diocesi, 250 dalle aggregazioni nazionali) si ripartiranno in gruppi di studio nei cinque ambiti tematici: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione e trasmissione, cittadinanza. Il termine speranza, presente nel titolo del convegno scaligero – Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo – sembra dirla lunga sulla necessità di ridare slancio e senso ad un Paese pervaso dalla precarietà del presente e dall’incertezza sul domani. Grandi attese, dunque, su Verona. Come accadde anche per i convegni precedenti della Chiesa italiana, ad incominciare dal primo, tenutosi a Roma nel 1976, a cui seguirono, con cadenza decennale, le tappe di Loreto e Palermo, dalle quali sono emerse linee pastorali e strategie culturali. Con i rapidi mutamenti del nostro tempo, per di più in crescente accelerazione, dieci anni sono diventati un arco temporale enorme. Dall’assise ecclesiale di Palermo del 1995, il Paese e il contesto internazionale sono mutati. Anche la Chiesa italiana. Legittimo chiedersi se siano emerse novità nel cammino preparatorio, quali speranze animino i cattolici. Da qui, il dialogo con mons. Giuseppe Betori, segretario della Conferenza episcopale italiana dal 2001: Testimoniare il Risorto è vocazione della Chiesa nel suo insieme. Ma nelle sfide complesse di oggi emerge il ruolo dei laici cristiani e la loro peculiare esperienza. Cosa si augura emerga dal convegno? «Mi auguro che emerga la figura di un laico cristiano, mi permetta la provocazione, che abbia la spina dorsale di mettere in pratica il titolo stesso del convegno, capace cioè di essere testimone credibile del Risorto mediante una vita rinnovata e capace di rinnovare il mondo. La speranza è un dono ricevuto che deve essere coltivato, fatto crescere e portato coraggiosamente in ogni settore del vivere civile, sociale e culturale, cioè nello spazio di azione proprio in cui vive e opera il laico cristiano. (continua…) Il Movimento dei Focolari sarà rappresentato a Verona da una delegazione. Vari sono stati i contributi nella fase di preparazione, come indicato nel documento inviato alla Conferenza episcopale italiana. (altro…)

L’«altro» Paraguay

Il Paraguay ha una ricca storia, con grandi potenzialità. Un paese segnato da forti differenze tra campagna e città,  tra sviluppo e povertà. La mia storia personale – racconta Cesar Romero – ha attraversato vari momenti. All’inizio la “passione” per l’umanità: il primo lavoro a 14 anni, poi i corridoi dell’Università e l’incontro con i giovani del Movimento dei Focolari. Poi le marce contro la lunga dittatura e i primi passi nella politica di partito. In seguito, la seconda tappa, quella della “delusione”: i tradimenti, le incoerenze, la mia stessa incapacità nell’attività politica. La sensazione di non poter fare niente per cambiare davvero le cose. La terza tappa, fondamentale, è stata quella della “scelta”: la scelta di amare sempre, che mi spingeva verso una politica attiva, intesa come mezzo di trasformazione della società. Nel 2000, dopo un lungo travaglio, insieme ad un gruppo di amici già impegnati nell’ambito dello sviluppo sostenibile, abbiamo costituito un’organizzazione. E’ nata così la “Fundación Yvy Porã” (Terra Bella) che, in sei anni di vita, ha promosso lo sviluppo di decine di progetti in tutto il Paraguay, sostenendo comunità di piccoli impresari, contadini, artigiani e indigeni, in centri urbani e rurali. Io però non ero ancora soddisfatto. Desideravo poter fare qualcosa di più. Così, insieme ad altri politici, mi sono impegnato nella preparazione dell’Incontro latino-americano dei sindaci che si è tenuto a Rosario in Argentina, il 2 e 3 giugno 2005, promosso dal Movimento Politico per l’unità. Ci sembrava l’occasione giusta per presentare alla società paraguaiana la fraternità come dottrina politica. Abbiamo scorso l’elenco dei sindaci per invitarli a questa manifestazione. Dalle risposte, dalle adesioni e dagli echi ottenuti, ci siamo detti: “E’ un Paraguay nuovo, un Paese risuscitato, che lavora in silenzio e noi vogliamo portarlo alla luce!”. Come un fatto che confermava questa scoperta, in quei giorni è apparso e si mantiene fino ad oggi, una pagina nuova in un giornale di grande diffusione che si intitola: “L’altro Paraguay”. All’incontro hanno partecipato, provenienti anche da altri Paesi dell’America del Sud, oltre 1000 politici, di cui 119 sindaci, 168 assessori e membri di consigli comunali, parlamentari, funzionari locali e nazionali. Contagiati dallo spirito di questo incontro, i 16 sindaci del Paraguay che avevano partecipato hanno proposto ad altri sindaci un progetto di collaborazione tra i vari Comuni. In occasione della “Giornata dell’amicizia in Paraguay”, il 30 luglio 2005, hanno stabilito un Protocollo d’intesa e di gemellaggio fraterno per sostenere e promuovere uno scambio di politiche di sviluppo locale. Questo accordo, senza precedenti in Paraguay, è stato firmato da 22 Comuni. In seguito, abbiamo dato vita ad appuntamenti periodici di approfondimento della dottrina della fraternità tra politici e stiamo costruendo la scuola paraguaiana di formazione civica e politica per giovani. (C. R. – Paraguay) (altro…)

Intervista all’economista Luigino Bruni

In che misura l’ambito dell’Economia si inserisce nella preparazione al Convegno di Verona ed in che modo può contribuire ad indicare nuove linee per il mondo laico, in un panorama socio-politico tanto variegato? «Al Convegno di Verona sono previsti dei momenti di approfondimento tematico: sono dei momenti che prenderanno in esame aspetti di carattere economico come il lavoro, l’impresa, i consumi e le scelte economiche quotidiane. In tali ambiti avremo modo di riflettere assieme su queste tematiche, perché l’economia è uno dei primi luoghi in cui si concretizza la vita cristiana. Il cristiano non è per natura  un “consumista” o colui che distrugge la natura, che consuma cose che non sono necessarie per la vita sua e dei propri familiari; è una persona che non mette i propri soldi in banche che finanziano il mercato delle armi, è una persona che quando consuma pensa a se stessa inserita nel mondo intero, dove ci sono tanti fratelli che non hanno da mangiare… Quindi le tematiche economiche sono trasversali alla vita di ogni cristiano, non è possibile prescinderne. Come lei diceva, io mi occupo di Economia di Comunione, un progetto particolare nato all’interno del Movimento dei Focolari, però guardato da tanti e in dialogo con tanti altri e, più in generale, dialogo, scrivo, lavoro con tante persone dell’economia sociale, cristiani ma anche persone di buona volontà di altre visioni o altri umanesimi. Il cristianesimo dei primi tempi della comunità di Gerusalemme – che gli Atti ci raccontano in modo meraviglioso – in cui nessuno era bisognoso, è un’immagine, un’icona, un dover essere, una profezia per tutti coloro che vivono per un’economia finalmente umana, finalmente giusta, siano essi cristiani o non.  Però il cristianesimo, in ciò, ha una sorta di primato perché da 2000 anni ci parla di comunione di beni, ci parla di “Beati i poveri”, ci parla dei “ricchi” che non entrano nel Regno, quindi in quanto cristiani abbiamo una lunga storia e un grande patrimonio da donare a tutti coloro che cercano un’economia di giustizia. Anche la Chiesa italiana ha una suo patrimonio, in quanto nessun Paese come l’Italia ha visto nascere  dalla Chiesa esperienze economiche come i monti di pietà del 1400, che hanno fatto nascere le prime banche moderne; o le abbazie benedettine che, non solo in Italia,  hanno lanciato le prime forme di innovazione economica. Ma poi su su fino alle banche rurali, alle casse di risparmio, la cooperazione negli ospedali, nelle opere di assistenza o a scuola. C’è tutta una produzione in Italia di un’economia civile che nasce dalla Chiesa. Quindi non è possibile – dal momento che oggi che vi è una grande domanda da parte della gente – rimanere assenti nel dibattito attuale sul tema economico: pensiamo al movimento No-Global,  alle OO.NN.GG., o a tutto ciò che vive oggi nel mondo e che chiede un’economia più giusta. E’ troppo grande il peso storico e culturale che abbiamo, per non dire la nostra. Quindi è giusto che  la Chiesa italiana nell’ottobre 2006 a Verona dia uno spazio adeguato e significativo al tema economico». L’intervista integrale, a cura di Raffaele Aversano, è stata pubblicata su “Nuovo Dialogo” ottobre 2006  – Settimanale della Diocesi di Taranto (altro…)

Un percorso itinerante

Come tappe di avvicinamento all’appuntamento veronese, il Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei ha programmato cinque iniziative articolate sul territorio nazionale, in approfondimento dei diversi ambiti di riflessione che verranno proposti al convegno di ottobre. Fra queste, un convegno dedicato a “Il lavoro e la festa”, promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana svoltosi a Rimini dal 22 al 25 giugno scorsi. Un vero e proprio “villaggio” aperto tutto il giorno, in grado di accogliere tutti: residenti, turisti e lavoratori, con stands, aree di gioco, di sport, luoghi di incontro.    Lavoro e festa: due termini che sembrano antitetici. Ma non è così. Di fronte alle profonde trasformazioni in atto nella società post-industriale, al convegno emerge l’idea che la festa rigenera l’uomo e dà senso al lavoro. Del lavoro vengono approfondite problematiche di grande attualità: “La famiglia tra tempi di lavoro e di festa”; “I giovani tra lavoro precario, desiderio di consumo e progettualità; i “Nuovi lavori e nuova imprenditorialità”, con la presentazione di numerose esperienze. Molte le associazioni e i movimenti che hanno offerto il loro contributo: da Rinnovamento nello Spirito a Comunione e Liberazione, dall’Associazione Papa Giovanni XXIII, all’Azione Cattolica, agli scout. Il Movimento dei Focolari, nella sessione di sabato 24, dedicata a “Nuovi lavori e nuova imprenditorialità”, ha presentato l’esperienza dell’Economia di Comunione, con il prof. Luigino Bruni e Alberto Frassineti, del polo imprenditoriale “Lionello Bonfanti” – nei pressi della cittadella internazionale di Loppiano (Firenze). A Rimini, tanti anche i momenti culturali e di festa: sul tema del lavoro si sono alternate recitazioni (con Nando Gazzolo e Claudia Koll), musica (Orchestra Mediterranea e Tosca), comicità (Gigi Cotichella), il musical del Gen Verde “Prime Pagine” e il 1° gala del cortometraggio promosso dalle Acli.   (altro…)

Si inaugura il Polo Lionello Bonfanti

Domenica 22 ottobre 2006 -ore 15,30

“Porte aperte al Polo Lionello”

Dedicato a tutti coloro che vorranno visitarci e, in modo particolare, agli abitanti di Incisa, del Burchio e del territorio circostante   Lunedì 23 ottobre 2006

Incontro con le istituzioni regionali ed il mondo economico del territorio per promuovere conoscenze e sinergie

(ad invito)   Mercoledì e giovedì 25/26 ottobre 2006

Seminari multidisciplinari di formazione per amministrazione pubblica e imprese private

(gratuiti, su prenotazione) Per dettaglio corsi: www.pololionello-formazione.it   Venerdì 27 ottobre 2006 – ore 10 Salone San Benedetto – Cittadella Internazionale di Loppiano – Incisa in Val d’Arno

Convegno: “Segni di fraternità in economia”

Il convegno intende approfondire l’Economia di Comunione e il suo progetto nei vari ambiti. Relatori: Dott.ssa Vera Araujo sociologa Centro Studi Movimento dei Focolari Prof.ssa Adriana Cosseddu docente di diritto penale commerciale, Università di Sassari Prof. Luigino Bruni docente di Economia Politica, Università Milano Bicocca ore 15 Tavola rotonda di approfondimento e conoscenza con esponenti di diverse realtà del mondo economico, cooperativo, sociale italiano ore 21 Intrattenimento musicale   Sabato 28 ottobre 2006 – ore 15.30

Momento inaugurale al Polo Lionello, località Burchio

(su invito) e al Salone San Benedetto di Loppiano in collegamento audio/video (accesso libero)  Saluto dei rappresentanti della Cittadella di Loppiano e del Consiglio di Amministrazione dell’E. di C. spa  Videopresentazione delle aziende insediate al Polo  Intervento del Prof. Stefano Zamagni ordinario di Economia Politica, Università di Bologna  Saluto delle istituzioni nazionali e regionali Messaggio della fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich  Scopertura della targa inaugurale (altro…)