Movimento dei Focolari

Spagna – Paesi Baschi – Lotta contro la repressione dei diritti dei baschi

Sono nata nei Paesi Baschi, nel nord della Spagna, vicino alla frontiera francese. Appartengo ad una etnia stabilitasi in quella terra da millenni, con cultura, tradizioni e lingua proprie, che sono state conservate intatte, tramandate dai genitori ai figli. Dopo la guerra civile spagnola sono emerse varie tendenze separatiste nei confronti dello Stato spagnolo. Alcuni gruppi politici, poi, incrementavano le tensioni e le divisioni e incitavano i baschi alla ribellione. Verso gli anni ’70 la situazione è peggiorata: la nostra cultura e la nostra identità non solo non venivano riconosciute dal governo spagnolo, ma ci era persino proibito parlare la nostra lingua. Nonostante questo, nella mia famiglia siamo sempre stati educati alla pace, anche quando intorno a noi il clima di ostilità dilagava. Tanti nostri amici si sono rifugiati nella clandestinità, alcuni sono stati arrestati, altri sono morti. Noi pure abbiamo provato il dolore di avere un familiare in carcere, la mia casa è stata schedata e siamo stati messi sotto il controllo della polizia. Sentivo che dovevo fare qualcosa per manifestare il rifiuto di queste forme di repressione. Ho cominciato a frequentare ambienti che organizzavano manifestazioni clandestine per la libertà e in favore dei giovani detenuti. Ma questo modo di lottare mi schiacciava sempre più. Proprio in quel tempo ho conosciuto la storia di Chiara Lubich e delle sue prime compagne. La loro grande scoperta, che Dio è amore, è diventata la mia: per me è stata una folgorazione! Mi sono sentita avvolta dalle braccia del Padre e quel senso di vuoto, di orfanezza vissuto sino a quel momento, è diventato una luminosa pienezza. Ho trovato la mia identità. Ho coinvolto subito la mia famiglia e le mie amiche, e mettendoci ad amare siamo usciti dal nostro mondo angoscioso. Ricordo la gioia incontenibile quando, spinta dalla frase del Vangelo: “Se tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta all’altare e vai a riconciliarti con lui” , ho voluto fermarmi a parlare con una persona da cui ero divisa da tempo per motivi politici. L’amore ha minato anche la grande paura che avevo dei poliziotti. Un giorno stavo in macchina con due amiche e ci siamo trovate in mezzo ad una manifestazione. Nella fretta di allontanarmi, sono andata a finire proprio tra i poliziotti che sparavano pallottole di gomma. Mi sono ricordata: “Amate i vostri nemici” , e sono scesa dall’auto con una grande pace, diretta verso di loro. Ho spiegato quello che mi era successo e sono rimasta di stucco: il capo della polizia ha fermato il traffico e mi ha fatto uscire contro mano dalla zona pericolosa. Dietro la divisa che tanto temevo ho trovato dei fratelli. È stata la conferma che quando si ama con l’amore che viene da Dio si trascinano anche gli altri ad amare nello stesso modo. Nel liceo basco in cui lavoravo come segretaria mi era stato ordinato di non ricevere nessuno che non parlasse la lingua basca. Era un modo per far pressione sul governo con lo scopo di ottenere maggior rispetto per la nostra cultura, ma a me sembrava un’imposizione inaccettabile. “Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo…, l’avrete fatta a me”: non potevo chiudere la porta in faccia a Gesù perché non parlava basco! Ho iniziato a ricevere tutti senza distinzioni, facendo da tramite per evitare incontri diretti con la direzione della scuola. All’inizio è andato tutto liscio, ma poi sono stata scoperta. Eppure, nessuno ha avuto il coraggio di rimproverarmi, anzi ho saputo che i miei superiori approvavano il mio modo di agire. Non mi bastava però rimanere nella sfera privata: ero convinta che questa vita evangelica avrebbe avuto un impatto sociale. Nel ’96 Chiara Lubich ci invitava a reagire contro tutto quello che non è pace. Era un’autentica rivoluzione. Superando ogni timore, con i miei amici ho aderito ad un’iniziativa per manifestare pubblicamente contro la violenza terrorista dell’ETA, che vìola continuamente la volontà del popolo basco. Così, ogni lunedì, alle otto di sera, in più di cento punti del paese, esprimiamo nelle piazze e nei quartieri, con quindici minuti di silenzio, il nostro disaccordo, contro ogni tipo di violenza. Gli estremisti contestano queste manifestazioni pacifiche e fanno di tutto perché desistiamo dal nostro impegno: spesso cercano di spaventarci con insulti e atteggiamenti ostili, ci tirano oggetti e ci fotografano per schedarci nella lista nera. Conosciamo alcuni di loro, vicini di casa, colleghi di lavoro, e viviamo autentiche lacerazioni. Ma la certezza che per costruire l’unità bisogna essere pronti a dare la vita come ha fatto Gesù ci appare sempre più come l’unica via. La cerchia delle persone che vogliono costruire la pace si allarga: mamme, bambini, giovani. “Oggi ho scoperto che c’è una generazione nuova – ci ha detto un giorno un uomo in una piazza –, e mi è nata nel cuore la speranza per il futuro”. Maria U.(Paesi Baschi)   (altro…)

Programma del viaggio in Germania di sua Santità Benedetto XVI

PROGRAMMA ITALIA Giovedì, 18 agosto

Ciampino (Roma) 10.00 Aeroporto di Ciampino (Roma) – Partenza per Colonia (Germania)

GERMANIA

Colonia 12.00 Aeroporto Internazionale di Colonia/Bonn. Cerimonia di benvenuto. Discorso del Santo Padre 12.45 Trasferimento in auto dall’Aeroporto Internazionale di Colonia/Bonn all’Arcivescovado di Colonia 16.30 Trasferimento dall’Arcivescovado al Molo del Rodenkirchenbrücke 16.45 Inizio della navigazione con il Battello RheinEnergie sul Reno a Colonia 17.00 Festa di accoglienza dei giovani in navigazione sul Reno a Colonia Banchina del Poller Rheinwiesen Discorso del Santo Padre 18.00 Molo del Hohenzollernbrücke di Colonia 18.15 Visita alla Cattedrale di Colonia Saluto del Santo Padre

Venerdì, 19 agosto

Bonn 10.30 Visita di cortesia al Presidente della Repubblica Federale di Germania nella Villa Hammerschmidt di Bonn Colonia 12.00 Visita alla Sinagoga di Colonia Discorso del Santo Padre 13.00 Trasferimento in auto dalla Sinagoga all’Arcivescovado di Colonia 13.15 Pranzo con i giovani all’Arcivescovado di Colonia 16.30 Trasferimento in auto dall’Arcivescovado alla Chiesa di S. Pantaleon 17.00 Incontro con i seminaristi Discorso del Santo Padre 18.00 Trasferimento in auto dalla Chiesa di S. Pantaleon all’Arcivescovado 18.15 Incontro ecumenico nell’Arcivescovado Discorso del Santo Padre

Sabato, 20 agosto

10.00 Udienza ad alcune Autorità politiche e civili della Germania nell’Arcivescovado di Colonia 18.00 Udienza ai rappresentanti di alcune Comunità musulmane, nell’Arcivescovado di Köln Discorso del Santo Padre 19.00 Trasferimento dall’Arcivescovado alla Spianata di Marienfeld 19.30 Saluto ai Vescovi Ospiti 20.30 Veglia con i giovani nella Spianata di Marienfeld Discorso del Santo Padre 22.30 Trasferimento dalla Spianata del Marienfeld all’Arcivescovado 22.31

Domenica, 21 agosto

8.45 Trasferimento in auto dall’Arcivescovado alla Spianata di Marienfeld 10.00 Santa Messa nella Spianata di Marienfeld Omelia del Santo Padre Recita dell’Angelus Domini Parole del Santo Padre 13.00 Trasferimento dalla Spianata del Marienfeld all’Arcivescovado 17.00 Incontro con i Vescovi della Germania nella Piussaal del Seminario di Colonia Discorso del Santo Padre 18.00 Saluto al Comitato Organizzatore della GMG 2005 e Congedo dalla Residenza nel cortile interno dell’Arcivescovado 18.15 Trasferimento all’Aeroporto Internazionale di Colonia/Bonn 18.45 Cerimonia di Congedo nell’Aeroporto Saluto del Santo Padre 19.15 Partenza per Ciampino (Roma).

ITALIA

Ciampino (Roma) 21.15 Aeroporto di Ciampino (Roma) Arrivo

(altro…)

"E’ bello essere cristiani: essere sostenuti da un grande Amore dà le ali"

Ha fatto il giro del mondo la prima intervista di Benedetto XVI, rilasciata alla Radio Vaticana alla vigilia della Giornata Mondiale della gioventù di Colonia. Intanto sono centinaia di migliaia i giovani che continuano ad affluire in Germania da tutti i continenti per questo evento. L’atteso primo incontro del Papa con i giovani, lungo il Reno: giovedì 18 agosto. I momenti culmine saranno: la Veglia di sabato sera (ore 19.30) e la Messa di domenica mattina (ore 10.00). I vari appuntamenti dei giovani con il Papa saranno diramati in diretta dalla RAI e da molte televisioni d’Europa e via Internet.

D. – Padre Santo, il 25 aprile lei ha detto: sono contento di andare a Colonia. Contento, perché?

R. – Per molte ragioni. Prima di tutto, ho passato degli anni molto belli in Renania, e mi fa piacere di poter condividere di nuovo l’indole della Renania, di questa città aperta al mondo, e tutto quanto ad essa è legato. E poi perché la Provvidenza ha voluto che il mio primo viaggio all’estero fosse proprio in Germania: mai avrei osato organizzarlo io stesso!, ma se poi è proprio il Buon Dio a disporre così, certo, abbiamo il diritto di gioirne! Ed anche il fatto che questo primo viaggio all’estero sia proprio un incontro con i giovani di tutto il mondo … Incontrare i giovani è sempre bello, perché magari hanno anche tanti problemi, ma sicuramente portano con sé tanta speranza, tanto entusiasmo, tante aspettative: nei giovani c’è la dinamica del futuro! Da un incontro con i giovani si esce sempre con una carica nuova, più allegri, più aperti. Ecco, questi sono alcuni dei motivi che poi, con il passare del tempo, hanno ulteriormente rafforzato, e non certo diminuito la mia gioia.

D. – Santità, quale il messaggio specifico che Lei vuole portare ai giovani che da tutto il mondo vengono a Colonia? Qual è la cosa più importante che lei vuole trasmettere loro?

R. – Vorrei fare capire loro che è bello essere cristiani! L’idea genericamente diffusa è che i cristiani debbano osservare un’immensità di comandamenti, divieti, principi e simili e che quindi il cristianesimo sia qualcosa di faticoso e oppressivo da vivere e che si è più liberi senza tutti questi fardelli. Io invece vorrei mettere in chiaro che essere sostenuti da un grande Amore e da una rivelazione non è un fardello ma sono ali e che è bello essere cristiani. Questa esperienza ci dona l’ampiezza, ci dona però soprattutto la comunità, il fatto cioè che come cristiani non siamo mai soli: in primo luogo c’è Dio, che è sempre con noi; e poi noi, tra di noi, formiamo sempre una grande comunità, una comunità in cammino, che ha un progetto per il futuro: tutto questo fa sì che viviamo una vita che vale la pena di vivere. La gioia di essere cristiano: è bello ed è giusto, anche, credere!

D. – Santo Padre, essere Papa significa essere ‘costruttore di ponti’ – ‘pontifex’, appunto. La Chiesa poggia su una saggezza antica, e Lei si trova oggi ad incontrare una gioventù che sicuramente ha tanto entusiasmo, ma in quanto a saggezza ha ancora molta strada da fare … Come è possibile costruire un ponte tra questa antica saggezza – compresa anche quella del Papa, che ha una certa età – e la gioventù? Come si fa?

R. – Bè, staremo a vedere quanto il Signore sarà disposto ad aiutarmi, in questa opera! Comunque, la saggezza non è quella cosa che ha un po’ il sapore di stantìo – in tedesco, a questa parola si associa un po’ anche questo sapore! Piuttosto, intendo per saggezza la comprensione di quello che è importante, lo sguardo che coglie l’essenziale. E’ ovvio che i giovani devono ancora ‘imparare’ a vivere la vita, vogliono scoprirla da soli, non vogliono trovarsi la ‘pappa pronta’. Ecco, qui forse si potrebbe vedere un po’ la contraddizione. Al contempo, però, la saggezza aiuta ad interpretare il mondo, che è sempre nuovo perché, sia pur calato in nuovi contesti, riporta sempre e comunque all’essenziale e a come, poi, l’essenziale possa essere messo in pratica. In questo senso, credo che parlare, credere e vivere partendo da qualcosa che è stato donato all’umanità e le ha acceso dei lumi, non sia una ‘pappa pronta stantìa’, ma sia invece adeguato proprio alla dinamica della gioventù, che chiede cose grandi e totali. Ecco cos’è la saggezza della fede: non il fatto di riconoscere una gran quantità di dettagli, caratteristica necessaria invece in una professione, ma riconoscere, al di là di tutti i dettagli, l’essenziale della vita, come essere Persona, come costruire il futuro.

D. – Santità, Lei ha detto, e questa Sua affermazione è stata ripresa: “La Chiesa è giovane”, non è una cosa vecchia. In che senso?

R. – Intanto, in senso strettamente biologico, perché ad essa appartengono molti giovani; ma essa è anche giovane perché la sua fede sgorga dalla sorgente di Dio, quindi proprio dalla fonte dalla quale viene tutto quello che è nuovo e rinnovatore. Non si tratta quindi di una minestra rifatta, scaldata e riscaldata, che ci viene riproposta da duemila anni. Perché Dio stesso è l’origine della giovinezza e della vita. E se la fede è un dono che viene da Lui – è l’acqua fresca che sempre ci viene donata – quella che poi ci consente di vivere e che poi noi, a nostra volta, possiamo immettere come forza vivificatrice nelle strade del mondo, vuol dire allora che la Chiesa ha la forza di ringiovanire. Uno dei Padri della Chiesa, osservando la Chiesa, aveva considerato che, con il passare degli anni, sorprendentemente essa non invecchiava ma diventava sempre più giovane, perché essa va sempre più incontro al Signore, sempre più incontro a quella sorgente dalla quale sgorga la giovinezza, la novità, il ristoro, la forza fresca della vita.

D. – Lei conosce la Chiesa tedesca meglio di me. Una delle questioni fondamentali è l’ecumenismo, l’unità della Chiesa soprattutto tra la Chiesa cattolica e le Chiese evangeliche. Forse esiste anche l’utopica speranza che la GMG possa imprimere una svolta all’ecumenismo. Quale posto riveste l’ecumenismo a Colonia?

R. – Esiste in quanto il compito dell’unità permea tutta l’entità della Chiesa e non è un compito qualsiasi, a margine. Quando poi la fede è vissuta e trattata in maniera ‘centrale’, essa stessa rappresenta un impulso all’unità. Ovviamente, il dialogo ecumenico come tale non è all’ordine del giorno a Colonia, perché Colonia è sostanzialmente un incontro tra giovani cattolici di tutto il mondo e anche con quei giovani che non sono cattolici ma che vogliono sapere se da noi possono trovare una risposta alle loro domande. Quindi, immagino che questa dimensione dell’ecumenismo possa essere presente piuttosto negli incontri tra i giovani: i giovani non parlano soltanto con il Papa ma sostanzialmente si incontrano anche tra di loro. Io avrò un incontro con i nostri fratelli evangelici: purtroppo, non avremo molto tempo perché il programma del giorno è fittissimo; ma sarà sufficiente per riflettere su come vogliamo andare avanti. Ricordo molto bene e con piacere la prima visita di Giovanni Paolo II in Germania: a Magonza, erano seduti allo stesso tavolo, lui ed i rappresentanti della Comunità evangelica, a ragionare su come procedere. In seguito a quell’incontro fu istituita quella Commissione dalla quale è scaturita poi la Dichiarazione di Augusta sulla Giustificazione. Credo che sia importante che noi tutti abbiamo sempre, costantemente presente l’unità, proprio nella centralità del nostro essere cristiani e non solo nell’occasione di determinati incontri; per questo, qualunque cosa possiamo fare a partire dalla nostra fede, avrà comunque un significato ecumenico.

D. – Santità, purtroppo proprio nei nostri Paesi ricchi del Nord, si manifesta un allontanamento dalla Chiesa e dalla fede in generale, ma soprattutto da parte giovani. Come ci si può opporre a questa tendenza? O meglio, come si può dare una risposta alla ricerca del senso della vita – “Che senso ha la mia vita?” – da parte dei giovani, per far sì che i giovani dicano: “Ehi, ecco quello che fa per noi: è la Chiesa!”?

R. – Ovviamente, stiamo tutti cercando di presentare il Vangelo ai giovani in maniera che essi comprendano: “Ecco il messaggio che stavamo aspettando!”. E’ vero anche che nella nostra società occidentale moderna ci sono molte zavorre che ci allontanano dal cristianesimo; la fede appare molto lontana, anche Dio appare molto lontano … La vita invece piena di possibilità e di compiti … e tendenzialmente il desiderio dei giovani è di essere padroni della propria vita, di viverla al massimo delle sue possibilità … Penso al Figliol Prodigo che considerava noiosa la sua vita nella casa paterna: “Voglio vivere la vita fino in fondo, godermela fino in fondo!”. E poi si accorge che la sua vita è vuota e che in realtà era libero e grande proprio quando viveva nella casa di suo padre! Credo però che tra i giovani si stia anche diffondendo la sensazione che tutti questi divertimenti che vengono offerti, tutto il mercato costruito sul tempo libero, tutto quello che si fa, che si può fare, che si può comprare e vendere, poi alla fine non può essere ‘il tutto’. Da qualche parte, ci dev’essere il ‘di più’! Ecco allora la grande domanda: “Cos’è quindi l’essenziale? Non può essere tutto quello che abbiamo e che possiamo comprare!”. Ecco allora il cosiddetto ‘mercato delle religioni’ che però in qualche modo torna ad offrire la religione come una merce e quindi la degrada, certamente. Eppure indica che esiste una domanda. Ora, occorre riconoscere questa richiesta e non ignorarla, non scansare il cristianesimo come qualcosa di ormai concluso e sufficientemente sperimentato, e contribuire affinché esso possa essere riconosciuto come quella possibilità sempre fresca, proprio perché originata da Dio, che cela e rivela in sé dimensioni sempre nuove … In realtà, il Signore ci dice: “Lo Spirito Santo vi introdurrà in cose che io oggi non posso dirvi!”. Il cristianesimo è pieno di dimensioni non ancora rivelate e si mostra sempre fresco e nuovo, se la domanda è posta dal profondo. In un certo senso, si imbatte la domanda che già c’è e la risposta che viviamo e che noi stessi, proprio attraverso quella domanda, riceviamo sempre di nuovo. Questo dovrebbe essere l’evento nell’incontro tra l’annuncio del Vangelo e l’essere giovani.

D. – Ho la sensazione che l’Europa stia rinunciando a se stessa, ai suoi valori, a quei valori fondati sul cristianesimo e anche i valori umani, che questi contino sempre meno. Noi europei viviamo con una certa stanchezza, mentre ad esempio cinesi e indiani mostrano una grande vitalità. Parliamo delle radici cristiane, in riferimento anche al Trattato costituzionale dell’Unione Europea. L’Europa è in crisi. Ora, un evento come la Giornata mondiale della Gioventù, alla quale è previsto che partecipi quasi un milione di persone, può dare un impulso a ricercare le radici cristiane, soprattutto da parte dei giovani, affinché possiamo tutti continuare a vivere in maniera “umana”?

R. – Ce lo auguriamo, perché proprio un incontro del genere, tra persone che vengono da ogni continente, dovrebbe dare un impulso nuovo anche al continente “vecchio”, che lo ospita; dovrebbe aiutarci a non guardare solo a quanto vi è di malato, di stanco, di mancato nella storia europea – non dimentichiamo che ci troviamo in una fase di auto-commiserazione e auto-condanna. Ma in tutte le storie c’è stato qualcosa di ‘malato’, anche se nella nostra, che pure ha sviluppato possibilità tecniche così grandi, questo assume un significato ancora più drammatico. Dobbiamo però guardare anche alle cose grandi che sono nate in Europa! Diversamente non sarebbe possibile, oggi, che tutto il mondo ‘vivesse’ in qualche modo della civiltà che in Europa si è sviluppata, se questa civiltà non avesse radici molto profonde! Oggi noi abbiamo solo queste da offrire; succede invece che raccogliendo questa civiltà, ma cercando altre radici, alla fine si cade in contraddizione … Credo che questa civiltà, con tutti i suoi pericoli e le sue speranze, possa essere ‘dominata’ e condotta alla sua grandezza solo se essa imparerà a riconoscere le sorgenti della sua forza; se riusciremo di nuovo a vedere quella ‘grandezza’, in modo che restituisca l’orientamento e l’importanza alla possibilità di essere Uomo, così minacciata; se riusciremo di nuovo a gioire del fatto di vivere in questo continente che ha determinato le sorti del mondo – nel bene e nel male. Proprio per questo noi abbiamo il dovere costante di riscoprire la verità, la purezza, la grandezza e di determinarne il futuro, per pórci quindi in maniera nuova e magari migliore al servizio dell’umanità intera.

D. – Un’ultima domanda. Lo scopo ideale da raggiungere con la Giornata mondiale della Gioventù di Colonia: se proprio tutto andasse nel migliore dei modi …

R. – Bè, sicuramente che passi un vento di nuova fede sulla gioventù, sopratutto sulla gioventù della Germania e dell’Europa. In Germania ci sono tuttora grandi istituzioni cristiane, i cristiani compiono ancora molte opere di bene, ma c’è anche tanta stanchezza. Siamo talmente impegnati a risolvere questioni strutturali che ci mancano poi l’entusiasmo e la gioia che vengono dalla fede. Se questa ventata riuscisse a far rivivere in noi la gioia di conoscere Cristo, e riuscisse a imprimere un nuovo slancio alla Chiesa che è in Germania e in tutta Europa, penso che potremmo dire che la Giornata mondiale della Gioventù ha raggiunto il suo scopo.

Dopo l’incontro con Gesù, quale il segreto per non perderlo più?

“Perché vai alla GMG?” “Perché spero di incontrare Gesù”, ha risposto una ragazza arrivata qui a Colonia insieme a centinaia di migliaia di giovani da tutto il mondo. Penso che non è l’unica ad avere in cuore questo struggente desiderio: incontrare Gesù! Ed è anche il motto di questa GMG: cercare Cristo, trovarlo ed adorarlo. La “Giornata mondiale della gioventù” – questa ispirata invenzione del nostro amatissimo Papa Giovanni Paolo II – è un’occasione privilegiata per incontrare Gesù vivo nella sua Chiesa, nell’unità con il nuovo Papa Benedetto XVI, con i vescovi e tra i giovani venuti da ogni angolo della terra. Incontrare Gesù, adorarLo e poi portarLo agli altri, dovunque andiamo. Carissimi giovani, ma sapete che c’è un segreto per non perderLo più questo Gesù che durante gli eventi della GMG ci appare così bello, così vivo, così affascinante? Il segreto è questo: bisogna amare! Per amare Dio, per rimanere in Lui, per essere nella luce sempre, bisogna amare gli altri! Guardate, io vi parlo della mia esperienza di più di 60 anni, ma anche dell’esperienza di un popolo intero, sparso su tutto il pianeta, milioni di uomini, donne e bambini che hanno scelto l’amore come stile di vita! E’ questo il segreto di una vita felice, piena, interessante, sempre nuova, mai noiosa, sempre sorprendente! Vi dico un piccolo, ma grande esempio: ho saputo recentemente che un gruppo di giovani in un campo profughi in Africa, dove manca più o meno tutto, vuole cambiare con il proprio amore il campo in un paradiso e mi raccontano veramente delle esperienze concrete dove questo si realizza. Capite che vuole dire? Vuol dire che l’amore vince tutto! Si potrebbero dire infinite cose su quest’amore che Gesù ci insegna con la sua vita, con le sue parole, con i suoi santi. Ma per oggi vorrei sottolineare solo due punti, che sono però di fondamentale importanza: 1) Bisogna amare TUTTI, senza eccezioni, senza selezioni, senza preferenze – come fa Dio con noi! E qui si tratta di amare l’amico e il nemico, quello simpatico e quello antipatico, l’insegnante e il vicino di casa, il postino e il collega. Amare TUTTI significa anche amare la gente lontana da noi, ma presente tramite i massmedia, come le vittime dello Tsunami nel Sudest-Asiatico, o i giovani della GMG, venuti dai Paesi poveri, che voi avete aiutato con il Fondo di solidarietà. 2) Il secondo punto: bisogna amare PER PRIMI. Normalmente si ama quando si è amati, si risponde all’amore che ci arriva. E se non arriva? No, è molto meglio prendere noi l’iniziativa, incominciare per primi a dare un segnale di amicizia, di perdono, di volontà a ricominciare da capo. Provate ad amare così, sperimenterete una grande libertà perché siete voi i protagonisti! Carissimi giovani, coraggio! Vale la pena vivere così, non siete fatti per le cose a metà, date il vostro cuore a Colui che lo sa riempire. Dio ha bisogno di giovani così, infuocati, che non si fanno frenare dai propri problemi, questi eterni ostacoli all’amore, persone che hanno bruciato tutto nel fuoco dell’Amore di Dio e che trascinano gli altri. Che Gesù che avete incontrato resti sempre con voi! Nell’Amore vero, Chiara

(altro…)

Per una convivenza fraterna fra popoli e religioni

E’ possibile la convivenza pacifica nella nostra società sempre più multiculturale, multietnica, multireligiosa? Il dialogo fra le religioni sarà al centro del “Festival for a united world”. Giovedì 18 agosto, alle ore 20, al Friedenspark, il ‘Parco della Pace’ di Colonia, giovani di vari Paesi – Israele, Egitto, Siria, Libano, Colombia, Argentina, Brasile, Filippine, Madagascar, Germania, Austria e Belgio – testimonieranno la fraternità vissuta in ambienti spesso caratterizzati da tensioni sociali e politiche, da indifferenza e individualismo. Si svolgerà nell’ambito di “Colourdome”, uno dei contributi dei Giovani per un mondo unito, dei Focolari, alla Giornata Mondiale della Gioventù 2005. Qualche anticipazione: Ossama è egiziano. Lavora nell’ufficio di una agenzia di trasporti. Quasi tutti i suoi colleghi sono musulmani. … E’ una sfida. I primi giorni è assalito da un senso di insicurezza. Si impegna a vivere sulla base della “regola d’oro” che tante religioni hanno in comune: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te.” (Mt. 7,12). Comincia da piccolissimi gesti, come preparare il té per gli operai che tornano stanchi dopo aver caricato i camion. Pian piano crolla ogni barriera e nasce una vera amicizia. Ages, del Sudest asiatico. In Asia i cristiani sono una minoranza fra buddisti, indù e musulmani. Non è certo scontato saper dialogare: è un’arte da apprendere. Per questo Ages è andata a Tagaytay, cittadella del Movimento dei Focolari nelle Filippine. Lì si svolgono i corsi della “Scuola per le Religioni Orientali”, ai quali partecipano giovani di religioni diverse provenienti da Corea, Giappone, Hong-Kong, Singapore, Indonesia e Tailandia. Anche azioni concrete sul fronte politico possono contribuire all’avvicinamento tra le religioni Ne parla Sylwin di Cebu. Reagendo alla diffusa apatia politica, i giovani dei Focolari, delle Filippine, in occasione delle elezioni presidenziali che si sono svolte lo scorso anno, si sono impegnati a promuovere il “White Forum”, un laboratorio nazionale aperto a tutti per invitare i giovani loro coetanei a partecipare alle elezioni. Con il coinvolgimento di varie organizzazioni giovanili, l’invito a farsi protagonisti di un futuro migliore per il Paese è passato attraverso i mezzi di comunicazione, contatti nelle parrocchie, nelle scuole. Un’esperienza di fraternità e dialogo che ha avvicinato giovani di provenienze sociali e culturali diverse, e oggi continua.

(altro…)

Mai soli nella prova

Il doppio stipendio Abito in una piccola città dell’interno dello stato di Santa Catarina, nel sud del Brasile, dove le prospettive di lavoro sono scarse e gli stipendi insufficienti. Nella ditta dove lavoro faccio la parcheggiatrice, un lavoro pesante, tutto il giorno sotto il sole o sotto la pioggia. Un giorno mio padre viene a trovarmi e mi confida la sua difficoltà, per quel mese, a coprire le spese della casa. Con la mia situazione economica era impossibile poterlo aiutare. Ho provato un gran dolore. Mi sono però ricordata che ho un Padre in Cielo e mi sono rivolta a Lui con fiducia di figlia, sapendo che non ci lascia mai soli nella prova e certa che avrebbe provveduto al necessario. Proprio in quei giorni ho ricevuto un’offerta di lavoro più vantaggiosa in un’altra azienda. Andando a presentare le dimissioni sono rimasta sorpresa quando il caposettore mi ha offerto un doppio stipendio in ricompensa del mio sforzo per aver compiuto bene il lavoro e per l’impegno con il quale ho cercato di stabilire rapporti veri con i colleghi. In quel “doppio” stipendio ho colto la risposta del Padre comune che aveva provveduto alle necessità del mio papà, che ricevendolo non ha potuto trattenere le lacrime! (S.J. – Brasile) Tratto da Quando Dio interviene – Esperienze da tutto il mondo, Città Nuova Editrice 2004

(altro…)

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

Dalla presentazione: «Cresce la paura dell’Islam, e questa inchiesta la combatte raccontando storie di buona convivenza: oltre 150, ambientate nel nostro paese o vissute da italiani in giro per il mondo. Il libro è ispirato all’idea che la buona convivenza è frequente, ma il suo racconto è raro. La narrazione passa da eventi minimi, come un gesto o una parola occasionali di riconoscenza, a scelte di vita da parte di immigrati che hanno ricevuto aiuto e vogliono ricambiarlo. E’ frequente la scoperta di storie singolari: un tunisino che fa il sacrestano a Milano, un ingegnere di origine siriana sindaco di un paesino dell’Abruzzo, un imprenditore piemontese che ha sei dipendenti musulmani su trenta in azienda e li tratta come figli, giovani turchi e di altri paesi che studiano alla Gregoriana, una decina di immigrati islamici in contatto con il Movimento dei Focolari, famiglie osservanti che mandano i figli a scuola dalla suore o scelgono per loro l’insegnamento della religione cattolica. Vengono intervistati musulmani che lavorano alle ACLI, alla Caritas, al Centro Astalli e addirittura in Vaticano». L’inchiesta è stata condotta con la collaborazione di Ciro Fusco ed Emilio Vinciguerra e con il contributo del Servizio nazionale per il Progetto culturale della CEI. Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli, Edizioni Dehoniane, Bologna 2004, pp. 222

(altro…)

«Abbiamo ricominciato a pregare»

Roxana e Susan, la prima è medico, la seconda ingegnere: ambedue sciite iraniane, hanno conosciuto il Movimento dei Focolari nel 1990 e da molti anni collaborano con esso. Una storia singolare, la loro, così narrata da Roxana: «Quando nel nostro paese è scoppiata la rivoluzione, avevamo 12 anni e ci siamo lanciate con entusiasmo a lavorare per la pace e perché non ci fossero più poveri nella nostra società. Ma ci sentivamo piccole di fronte a problemi così grandi: anche la nostra fede vacillava e pian piano ci siamo allontanate dalle pratiche religiose e da Dio. Dopo il diploma ci siamo trasferite in Italia per continuare gli studi».

«Dopo l’incontro con i Focolari» – racconta Susan – «abbiamo scoperto un nuovo rapporto con Dio mai sperimentato. Quel Dio un tempo così lontano ora era vivo e ci accompagnava ogni momento. A poco a poco è nato in noi il desiderio di approfondire la nostra religione. Abbiamo ricominciato a pregare». Roxana descrive nel dettaglio la riscoperta dell’Islam che ne è seguita: «La nostra religione e la cultura del nostro popolo è come se si fossero illuminate di una luce nuova. Ad esempio, rileggendo alcune poesie scritte lungo i secoli, vi abbiamo trovato la presenza di Dio-Amore: quelle parole, tante volte ripetute a memoria a scuola e mai capite, ora prendevano pieno significato. Rumi, un nostro poeta, scrive in una bellissima poesia: “Con l’amore le spine si trasformano in fiori…con l’amore il dolore diventa gioia”. Un giorno ho pensato di scrivere una lettera a mio zio. Gli ho parlato di come mi sentivo amata da Dio, nonostante i problemi non mancassero. Poco tempo dopo ho ricevuto la sua risposta: scriveva che era bello sentire Dio così vicino e che anche nel Corano era scritto che Dio è dentro di noi come le vene del nostro corpo. Mi sono venute in mente le parole del Profeta (che la pace sia con lui) che tra l’altro dice: “A chi cerca di avvicinarsi a me di una spanna, lo avvicinerò di un cubito; e a chi si avvicinerà di un cubito, io mi avvicinerò di due braccia, se qualcuno cammina verso di me, io correrò verso di lui”. Mi sembrava di aver solo camminato verso Dio e lui è corso verso di me, riempiendomi della sua gioia e pienezza». Tratto da: Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli, Edizioni Devoniane, Bologna 2004, pp. 222 (altro…)

Commento di Chiara Lubich alla Parola di vita del mese di agosto 2005

È notte. I discepoli tentano di attraversare il lago di Tiberiade; la barca è tormentata dalla burrasca e dal vento contrario. Un’altra volta si erano già trovati in una situazione simile; allora il Maestro era con loro sulla barca , ora invece Egli è rimasto a terra, è sul monte a pregare.
Ma Gesù non li lascia soli nella tempesta; scende dal monte, va loro incontro, camminando sulle acque, e li rincuora: “Abbiate coraggio, sono io! non temete” . Sarà vero o è soltanto un’illusione? Pietro, dubbioso, gli chiede una prova: poter camminare anche lui sulle acque. Gesù lo chiama a sé. Pietro esce dalla barca, e il vento minaccioso lo spaventa e comincia ad affondare. Gesù allora lo afferra per mano dicendogli:

“Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”

Anche oggi Gesù continua a rivolgerci queste parole ogni volta che ci sentiamo soli e impotenti nelle tempeste che spesso si abbattono sulla nostra vita. Sono malattie o gravi situazioni familiari, violenze, ingiustizie… che insinuano nel cuore il dubbio se non addirittura la ribellione: “Perché Dio non vede? Perché non mi ascolta? Perché non viene? Perché non interviene? Dov’è quel Dio Amore in cui ho creduto? È soltanto un 'fantasma', un'illusione?”  
Come ai discepoli impauriti e increduli, Gesù continua a ripetere: “Abbiate coraggio, sono io! non temete”. E come allora scese dal monte per farsi vicino a loro in difficoltà, così ora Egli, il Risorto, continua a venire nella nostra vita e cammina accanto a noi, si fa compagno. Non ci lascia mai soli nella prova: Lui è lì per condividerla. Forse non lo crediamo abbastanza, per questo ci ripete:

“Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”

Queste parole, oltre che un rimprovero, sono un invito a ravvivare la fede. Gesù, quand’era sulla terra con noi, ha fatto molte promesse, ha detto, ad esempio: “Chiedete e otterrete…” ; “Cercate prima il regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta” ; a chi avrà lasciato tutto per Lui sarà dato il centuplo in questa vita e in eredità la vita eterna.
Tutto si ottiene, ma occorre credere all’amore di Dio. Per dare, Gesù domanda che almeno si riconosca che Lui ci ama.
Invece spesso ci si affanna come dovessimo affrontare la vita da soli, come fossimo orfani, senza un Padre. Al pari di Pietro, siamo più attenti alle onde agitate che sembrano sommergerci che non alla presenza di Gesù che poi ci prende per mano.
Se ci fermassimo ad analizzare ciò che ci fa male, i problemi, le difficoltà, sprofonderemmo nella paura, nell’angoscia, nello scoraggiamento. Ma non siamo soli! Crediamo che c’è Qualcuno che ha cura di noi. È a Lui che dobbiamo guardare! È vicino anche quando ci sembra di non avvertirne la presenza. Crediamolo, fidiamoci di Lui e affidiamoci a Lui.
Quando la fede viene passata al vaglio, lottiamo, preghiamo, come Pietro che gridò: “Signore, salvami!”  o come i discepoli in un’analoga situazione: “Maestro, non t'importa che moriamo?”  Egli non ci lascerà mai mancare il suo aiuto. Il suo amore è vero ed Egli si fa carico di ogni nostro peso.

“Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”

Anche Jean Luis era un giovane di “poca fede”. Benché cristiano, a differenza degli altri membri della famiglia, dubitava dell’esistenza di Dio. Viveva a Man, in Costa d’Avorio, con i fratelli più piccoli, lontano dai genitori.
Quando la città è presa dai ribelli, quattro ne entrano in casa, fanno razzia di tutto e vogliono arruolare a forza il giovane, visto il suo aspetto di atleta. I fratelli minori supplicano di lasciarlo, ma invano.
I ribelli stanno per uscire con Jean Luis, quando il capo cambia, decide di lasciarlo. Poi sussurra alla sorella più grande: “Andate via al più presto, domani torneremo…”, e indica il sentiero da prendere.
“Sarà quello giusto? Sarà una trappola?” si chiedono i ragazzi.
Partono all’alba senza un soldo in tasca, ma con un briciolo di fede. Camminano per 45 km. Trovano uno che paga loro il passaggio su un camion che li porti verso la casa dei genitori. Per strada persone sconosciute li alloggiano e danno loro da mangiare. Ai posti di blocco e di frontiera nessuno controlla i loro documenti, finché giungono a casa.
Racconta la mamma: “Non erano in buone condizioni, ma travolti dall’amore di Dio!”
Jean Luis per prima cosa chiede dov’è una chiesa e dice: “Papà, il tuo Dio è veramente forte!”

 

Chiara Lubich

 

Quale futuro per una società multiculturale, multietnica e multireligiosa dopo i fatti terroristici?

“Quale futuro per una società multiculturale, multietnica, multireligiosa?” E’ questo un interrogativo inquietante che si pone non solo l’Inghilterra, ma tutta l’Europa e non solo, dopo gli attentati terroristici che il 7 luglio scorso ha colpito il cuore di Londra, la città più cosmopolita del vecchio continente e il 23 luglio Sharm el Sheikh in Egitto.

E’ anche il titolo della Mariapoli, il tipico incontro estivo promosso dai Focolari in varie parti del mondo, iniziata domenica 24 luglio a Lake District Windermere, nel Nord dell’Inghilterra, dove partecipano oltre 600 persone tra cui un gruppo di musulmani.

All’interrogativo sul futuro del società multiculturale aveva dato una risposta, oggi di grande attualità, Chiara Lubich, a Londra proprio un anno fa, il 19 giugno 2004 alla Westminster Central Hall, davanti a oltre 2000 persone, presenti personalità musulmane, buddiste, sikh, indù. Un messaggio ora riproposto in video nelle Mariapoli.

Non uno scontro di civiltà, ma la nascita di “un mondo nuovo”. Di fronte ai timori del futuro Chiara Lubich prospetta questa visione di s. Agostino nel tempo di migrazione dei popoli. Indica il dialogo come prevenzione al terrorismo e le vie per attuarlo, quella “regola d’oro” comune a molte religioni: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatta a te”, quell’amore che sa farsi ascolto al punto tale da “entrare nella pelle dell’altro, penetrare nel senso che ha per lui essere buddista, musulmano, indù”. E’ questa la via per inculturarsi reciprocamente a suscitare una società dove “le culture sono aperte le une alle altre e in profondo dialogo d’amore”. Propone alle religioni una strategia di fraternità le religioni per sanare il divario tra ricchi e poveri e imprimere una svolta nei rapporti internazionali Molti sono gli echi i giunti via e-mail da vari Paesi da cristiani, musulmani e seguaci di altre religioni che hanno partecipato alle Mariapoli sinora svolte in questi mesi estivi. A Los Angeles, dove erano presenti amici musulmani seguaci di W.D. Mohammed, leader degli afro-americani, scrivono: “Ascoltare insieme questo messaggio di fratellanza universale, appena saputo degli attentati a Londra è stato un vero segno di speranza. Per tutti è stato forte vedere la fratellanza universale già in atto fra noi”. Alla Mariapoli di St Vith in Belgio, erano rappresentate 18 nazionalità. “Ciò che più ha colpito i musulmani è stata l’esperienza di Dio in mezzo alla comunità, presente per l’amore scambievole vissuto”. Così ad Amman, in Giordania, dove era presente anche un gruppo proveniente dall’Iraq. E a Istanbul. Un ex militare musulmano, ora docente: “Qui ho visto che la fratellanza ha preso un’altra dimensione. Tutto quello che abbiamo sentito mi richiama i pensieri di Mevlana (grande mistico musulmano turco)”. E una signora musulmana: “Qui le diversità si sono trasformate in unità. Abbiamo sperimentato l’arcobaleno della pace, colorato dall’amore”.   (altro…)

La croce e la sinagoga. Ebrei e cristiani a confronto

Una storia tormentata, quella del rapporto fra ebrei e cristiani, fatta di secoli di violenza e di diffamazione, che solo da pochi decenni sta lasciando il passo ad un cammino nel quale “fratelli maggiori” e “fratelli minori” cominciano a guardarsi negli occhi e a parlarsi. Se tra gli ebrei aumentano i fautori del dialogo, da parte cristiana si fanno sempre più convinti i riconoscimenti delle radici ebraiche della loro fede.

Nel volume, esponenti di primo piano dell’ebraismo e del mondo cattolico accettano di raccontarsi ai lettori e di rispondere ad un cronista che li incalza sui temi più scottanti di ieri e di oggi: dal ruolo di Pio XII durante la persecuzione degli ebrei, alla figura di Giovanni Paolo II, considerato dagli ebrei il miglior papa in duemila anni di cristianesimo; all’eredità che è ora nelle mani del suo successore Benedetto XVI. In primo piano anche il conflitto israelo-palestinese, il dilagare del terrorismo e i rigurgiti di antisemitismo, ma anche le iniziative e le speranze di chi si è impegnato nel dialogo e crede nella possibilità di relazioni finalmente libere e senza pregiudizi. Interventi di: Jack Bemporad, Riccardo Di Segni, Xavier Echevarria, Rino Fisichella, Innocenzo Gargano, Ada Janes, Leone Jehuda Kalon, Giuseppe Laras, Chiara Lubich, Amos Luzzatto, David Meghnagi, Jorge Maria Mejía, David Rosen, Manuela Sadun Paggi, Joseph Sievers, Ambrogio Spreafico, Elio Toaff, Maria Vingiani. La Croce e la Sinagoga Ebrei e cristiani a confronto a cura di Giovan Battista Brunori Franco Angeli Editore Collana: La società/Saggi pp. 208, € 20,00 (altro…)

Chiara Lubich, i Focolari e gli ebrei

Il rabbino Jack Bemporad incontrò per la prima volta Chiara Lubich quando le conferì la laurea honoris causa: “avevo letto i suoi libri – dice Bemporad – vedevo che lei era una persona ispirata, e avevo notato il lavoro che faceva il focolare negli Stati Uniti, un lavoro importantissimo…. Ho capito che Chiara era una persona molto favorevole al dialogo: era molto aperta, le piacevano la franchezza e la sincerità e anche la sua spiritualità mi ha dato un’impressione molto favorevole. Poi ho visto che il Movimento dei Focolari si adopera per stringere relazioni con le altre religioni e per trovare una base per comunicare, non in senso dogmatico, non si vuole nascondere la propria religione, ma i focolarini sono convinti che bisogna trovare qualcosa che ci unisce: forse quello che ci unisce è il rispetto per la persona e la convinzione che è possibile nutrire amore da dare agli altri. D. Come e quando è nato il suo rapporto con gli ebrei e con l’ebraismo? R. Con la diffusione del Movimento che, a partire dagli anni ’50, aveva varcato i confini dell’Europa, ci siamo incontrati faccia a faccia con persone di altre fedi. Tanto che, quando nel 1977 ho dato la mia testimonianza alla Guildhall a Londra in occasione del Premio Templeton per il progresso della religione, ho già potuto parlare del dialogo “con i fedeli del nobile e martoriato popolo ebreo”. “Condividiamo con esso – avevo detto – parte della rivelazione”. Ed avevo espresso loro la nostra gratitudine per “averci dato Gesù ebreo, gli apostoli ebrei ed anche Maria ebrea”. Ed era stato proprio questo avvenimento l’evento fondante del nostro dialogo interreligioso, che diventerà parte integrante degli scopi del Movimento. Mentre parlavo davanti a rappresentanti qualificati delle grandi religioni mondiali, avevo la profonda sensazione che tutti fossimo una cosa sola, anche se di fedi diverse. D. Ha mai partecipato a celebrazioni ebraiche, ed eventualmente cosa l’ha colpita di quelle celebrazioni? R. Non è stata una vera e propria celebrazione ebraica quella a cui ho partecipato a Buenos Aires, in Argentina, ma un incontro con membri della comunità ebraica provenienti da tutta l’Argentina e dall’Uruguay. Era il 20 aprile 1998. Lo ricordo come fosse ora: è stato con grande commozione che abbiamo fatto un patto di amore scambievole, così profondo e sentito, da aver l’impressione di superare di colpo secoli di persecuzioni e di incomprensioni. Ricordo le parole del dott. Kopec, il presidente della B’nai B’rith Argentina, organismo ebraico internazionale, che mi aveva invitata: “Questo è un patto di fede nel guardare al futuro e sotterrare secoli di intolleranza”. In quella sala, ero stata accolta con un canto di “Shalom”. La cerimonia si apriva con la solenne accensione della menorah, il candelabro a 7 braccia, simbolo di luce, giustizia, pace, benevolenza, fratellanza, e concordia. Ricordo l’emozione di quel momento, quando fui invitata ad accendere, insieme al Presidente Kopec, proprio il braccio centrale, simbolo della verità, sigillo di Dio, cuore della vita. Nel preparare il discorso che avrei pronunciato quel giorno, avevo scoperto con sorpresa che le stesse linee della spiritualità dell’unità, sgorgata dal Vangelo vissuto e che segnarono la nascita del Movimento, agli inizi degli anni ’40, potevano essere quasi riscritte con i versetti dell’Antico Testamento e della tradizione ebraica. Ma il momento più denso di commozione per tutti noi presenti in quella sala era stato paradossalmente quando avevo parlato del mistero centrale del cristianesimo, cuore della nostra spiritualità e motivo per gli ebrei di 2000 anni di sofferenza: Gesù in croce che grida ’Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato’, parole che si ritrovano nell’Antico Testamento, nel Salmo 22. Avevo riportato un brano che richiamava proprio quel Salmo. Era di un ebreo contemporaneo, filosofo delle religioni, recentemente scomparso, Pinchas Lapide: “Quale migliore personificazione si può trovare per il popolo ebreo di questo povero Rabbi di Nazareth?” – si chiede. Lapide vede in quel grido di Gesù anche e soprattutto i dolori della Shoah: “Elì, elì, lamà sabactanì non è soltanto il Salmo di David e una parola di Gesù sulla croce, ma direi quasi, il leitmotiv di coloro che furono deportati ad Auschwitz e Maidanek”. Si chiede: “Non è questo rabbino, che muore dissanguato sulla croce, l’autentica incarnazione del suo popolo sofferente, troppe volte ucciso sulla croce di quell’odio antiebraico, che noi pure abbiamo dovuto sperimentare nella nostra giovinezza?”. Mi era fiorita una certezza, e l’ho comunicata agli amici ebrei che gremivano quella sala: “Quel dolore indicibile della Shoah e di tutte le più recenti sanguinose persecuzioni, non può non portare frutto”. E “noi – avevo aggiunto – vogliamo condividerlo con voi, perché non sia un abisso che ci separa, ma un ponte che ci unisce. E che diventi un seme di unità”. Quell’unità che non è solo “nei desideri di Gesù”, ma che “è sentita fortemente anche dal popolo ebraico”. Questa unità era già tangibile in quella sala. Abbiamo sperimentato un momento di Dio. Si spalancava una nuova speranza. Da allora questa forte esperienza di fraternità si rinnova e approfondisce. Ogni anno sono sempre più numerosi gli amici ebrei protagonisti della giornata della pace che viene celebrata nella nostra cittadella di O’Higgins, in Argentina. Quest’anno erano in 300 venuti da Buenos Aires, Cordoba, Rosario. Il Rabbino dr. Mario Hendler, che presiede la Convenzione rabbinica latino-americana, ha affermato: “Stiamo costruendo un momento della storia di cui solo in futuro si comprenderà la portata”. D. Che cosa pensa dell’antisemitismo crescente anche in Italia? R. Viviamo ore difficili. Mi ritorna con forza quanto già dissi subito dopo la giornata interreligiosa per la pace di Assisi del gennaio 2002, dopo il tragico attentato dell’11 settembre: qui non si tratta soltanto di un fattore umano come l’ odio, ma c’ è di mezzo “la forza delle tenebre”, ci sono le forze del Male. E come non vedere il persistere dell’azione del Male nei rigurgiti di antisemitismo che rispuntano, nell’ombra cupa del terrorismo che continua ad investire tutto il pianeta? Non basta perciò l’elemento politico, civile, umano, per contrapporsi. Anche quello è necessario, ma urge che le religioni si mobilitino. Se prima il dialogo interreligioso si poteva fare, era segno dei tempi, adesso è un’esigenza improrogabile, proprio per le circostanze. Perché contro il Male – con la M grande – ci vuole il Bene con la B maiuscola, ci vuole Dio, ci vuole l’aiuto di Dio, l’aiuto soprannaturale. E’ perciò essenzialissimo l’aspetto religioso oggi nel mondo. Se tutte le religioni sono chiamate a dare il loro apporto di pace, tanto più questo è un imperativo per noi cristiani ed ebrei, accomunati dall’Alleanza, chiamati ad essere insieme protagonisti di quel disegno maestoso di pace e unità tracciato dalla Rivelazione: la nuova Gerusalemme . D. – I cristiani possono fare qualcosa per diffondere un clima di rispetto e di riconciliazione con chi è diverso da loro? R. Certamente! Molte sono nel mondo le forze che operano in questo senso. Nella nostra esperienza, se è possibile il dialogo in tanti Paesi del mondo, anche in punti cruciali come in Israele, dove da anni arabi cristiani si incontrano periodicamente con ebrei, è perché viene costruito giorno dopo giorno con lunghi tempi di maturazione attraverso rapporti personali. Il segreto per noi è racchiuso in quella che abbiamo chiamato “arte d’amare” appresa dal Vangelo, e che sempre più si rivela universale e capace di sciogliere conflitti, violenza, pregiudizi, perché ha in sé una forza divina. E’ quest’arte che va diffusa ovunque. E’ sperimentata da 60 anni in tutte le latitudini, da persone di ogni età, condizione sociale e credo. E’ un amore che va al di là dei limiti dei legami famigliari o di amicizia, e si apre a tutti, senza discriminazione e pregiudizio alcuno. Quest’arte richiede di “amare l’altro come sé”, come recita “la regola d’oro” comune a tutte le religioni. Il segreto di quest’arte è racchiusa in due sole parole: “farsi uno”, cioè “vivere l’altro” Significa far propri i pesi, i pensieri, le sofferenze, le gioie dell’altro. Coinvolge tutti gli aspetti della vita ed è la massima espressione dell’amore, perché, vivendo così, si è morti a se stessi, al proprio io e ad ogni attaccamento; si può realizzare quel “nulla di sé” a cui aspirano le grandi spiritualità e quel vuoto d’amore che sa fare spazio e accogliere l’altro. Nel dialogo interreligioso, “farsi uno” significa – come è stato scritto – “conoscere la religione dell’altro in modo tale che supera l’essere informato sulla sua tradizione religiosa. Implica entrare nella pelle dell’altro, camminare con le sue scarpe, vedere il mondo come l’altro lo vede, porsi le domande dell’altro, penetrare nel senso che ha per l’altro essere ebreo, indù, musulmano, buddista”. Nel rapporto con gli ebrei ciò significa far nostra, per amore, quell’indicibile sofferenza che ha segnato la storia di secoli di questo popolo, con la consapevolezza che “interpretazioni erronee e ingiuste del Nuovo Testamento riguardanti il popolo ebreo e la sua presunta colpevolezza sono circolate per troppo tempo, generando sentimenti di ostilità nei loro confronti”. Come risuonò al Colosseo, alla Via Crucis del ’98, guidata dal Papa: “Non il popolo ebraico, da noi per tanto tempo crocifisso, non la folla… non loro, ma noi, tutti noi e ognuno di noi… siamo tutti assassini dell’amore”. Non solo. Dobbiamo testimoniare quell’amore che dimostra coi fatti che sono per noi i fratelli maggiori, proprio perché “la fede testimoniata nella Bibbia ebraica, l’Antico Testamento dei cristiani, per noi non è un’altra religione, ma il fondamento della nostra fede”. Un tale amore ha la forza di sciogliere nei nostri fratelli ebrei ogni timore. L’ascolto spesso diventa reciproco. Si scoprono quegli elementi comuni che possiamo vivere insieme. E’ un dialogo che ci fa riscoprire fratelli, legati da un vincolo profondo. Si possono creare così ovunque spazi di riconciliazione e di fraternità. Davvero si sperimenta quanto Papa Giovanni Paolo II disse in India: “Il frutto del dialogo è l’unione fra gli uomini e l’unione degli uomini con Dio (…). Attraverso il dialogo facciamo in modo che Dio sia presente in mezzo a noi, perché mentre ci apriamo l’un l’altro nel dialogo, ci apriamo anche a Dio”. D. E in quali campi possono collaborare ebrei e cristiani per realizzare una società migliore? R. Sono certa che, in quest’ora del mondo, Dio vuole che cristiani ed ebrei percorriamo un cammino comune, mano nella mano, per dire a tutti che Dio ci ha creati fratelli, per testimoniare al mondo, oggi materializzato, secolarizzato, edonista, la meravigliosa avventura di vite spese perché il suo nome sia annunciato, la fede in lui rafforzata, e siano ripristinati i valori di pace, solidarietà, difesa dei diritti umani, di giustizia e di libertà, da lui sottolineati. Ovunque, siamo chiamati a creare insieme, cristiani ed ebrei, questi spazi di fraternità: negli ambienti di lavoro, nei parlamenti, nelle università, nei quartieri, nelle famiglie. Se viviamo in modo tale che “la dimora divina sia in mezzo a noi”, allora in un mondo che oggi come mai ha bisogno di un supplemento d’anima, inonderemo tutti gli ambiti della società con la forza e la luce dello Spirito, rinnovandoli.

(altro…)

Quella forza che fa superare ogni difficoltà

Da qualche anno sono in Turchia per lavoro. Ho molto tempo libero e mi sono dedicata a tradurre dall’italiano qualche libro di spiritualità. Ore e giorni trascorsi davanti al computer e sudare per tradurre in turco – che non ha radici cristiane – espressioni di un’altra cultura, di una spiritualità cristiana. In certi momenti mi chiedevo perché lo facevo; non saranno sforzi inutili? Ma ho affidato ogni difficoltà al Padre. Sì, quel lavoro aveva un unico senso: dare a lui il mio tempo e le mie forze.

Una vita capovolta Stavo per partire in vacanza, quando mi telefona il tipografo che aveva stampato quei libri: “Ho saputo che parte; dovrei parlale urgentemente”. L’indomani quando gli apro la porta quasi non lo riconosco. E’ dimagrito, sciupato, ha gli occhi rossi come se avesse pianto. Lo faccio accomodare offrendogli un caffè. Inizia subito: “Mi scusi se la disturbo, ma ho sentito che non potevo non dirle quello che mi è capitato. Lo sa che quel libro che mi ha dato da stampare mi ha capovolto la vita? L’ho letto e riletto. Mi ha dato una forza inimmaginabile. E ho ricominciato la mai vita da capo. Da un mese e mezzo mia moglie mi ha abbandonato. Dopo 26 anni mi sembra impossibile. Ma la nostra famiglia è stata distrutta dalle stregonerie, dal malocchio… a proposito, lei crede in queste cose?” Quella forza più forte di ogni difficoltà Alla mia risposta negativa e che credo in Dio Onnipotente e che Lui guida la nostra vita, mi dice: “L’ho capito leggendo quel libro; come vorrei che anche mia moglie lo leggesse. Sa che sono arrivato al punto di volermi suicidare? Già due volte ho tentato, ma non ci sono riuscito. Ero in cura da uno psichiatra. Ora non ci vado più e non prendo neanche le medicine. Ho capito che dentro di me ho una forza maggiore e posso superare ogni difficoltà. Questo punto centrale che ho trovato come un tesoro in questo libro,me lo tengo stretto”. Il mio amico tipografo faceva pian paino la scoperta di un Dio vivo, vicino, che soccorre chi è in difficoltà. Gli ho promesso che avrei pregato perché sua moglie tornasse a casa. Uscendo sembrava trasformato, ringiovanito, alleggerito. R.M. Turchia Tratto da Quando Dio interviene – Esperienze da tutto il mondo Città Nuova Editrice 2004 (altro…)

“Offrite al Signore l’oro della vostra esistenza”

Carissimi giovani!

1. Quest’anno abbiamo celebrato la XIX Giornata Mondiale della Gioventù meditando sul desiderio espresso da alcuni greci, giunti a Gerusalemme in occasione della Pasqua: “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21). Ed eccoci ora in cammino verso Colonia, dove nell’agosto 2005 si terrà la XX Giornata Mondiale della Gioventù. “Siamo venuti per adorarlo” (Mt 2,2): questo è il tema del prossimo incontro mondiale giovanile. E’ un tema che permette ai giovani di ogni continente di ripercorrere idealmente l’itinerario dei Magi, le cui reliquie secondo una pia tradizione sono venerate proprio in quella città, e di incontrare, come loro, il Messia di tutte le nazioni. In verità, la luce di Cristo rischiarava già l’intelligenza e il cuore dei Magi. “Essi partirono” (Mt 2,9), racconta l’evangelista, lanciandosi con coraggio per strade ignote e intraprendendo un lungo e non facile viaggio. Non esitarono a lasciare tutto per seguire la stella che avevano visto sorgere in Oriente (cfr Mt 2,1). Imitando i Magi, anche voi, cari giovani, vi accingete a compiere un “viaggio” da ogni regione del globo verso Colonia. E’ importante non solo che vi preoccupiate dell’organizzazione pratica della Giornata Mondiale della Gioventù, ma occorre che ne curiate in primo luogo la preparazione spirituale, in un’atmosfera di fede e di ascolto della Parola di Dio. 2. “Ed ecco la stella … li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo in cui si trovava il bambino” (Mt 2,9). I Magi arrivarono a Betlemme perché si lasciarono docilmente guidare dalla stella. Anzi, “al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia” (Mt 2,10). E’ importante, carissimi, imparare a scrutare i segni con i quali Dio ci chiama e ci guida. Quando si è consapevoli di essere da Lui condotti, il cuore sperimenta una gioia autentica e profonda, che si accompagna ad un vivo desiderio di incontrarlo e ad uno sforzo perseverante per seguirlo docilmente. “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre” (Mt 2,11). Niente di straordinario a prima vista. Eppure quel Bambino è diverso dagli altri: è l’unigenito Figlio di Dio che si è spogliato della sua gloria (cfr Fil 2,7) ed è venuto sulla terra per morire in Croce. E’ sceso tra noi e si è fatto povero per rivelarci la gloria divina, che contempleremo pienamente in Cielo, nostra patria beata. Chi avrebbe potuto inventare un segno d’amore più grande? Restiamo estasiati dinanzi al mistero di un Dio che si abbassa per assumere la nostra condizione umana sino ad immolarsi per noi sulla croce (cfr Fil 2,6-8). Nella sua povertà, è venuto ad offrire la salvezza ai peccatori Colui che – come ci ricorda san Paolo – “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8,9). Come rendere grazie a Dio per tanta accondiscendente bontà? 3. I Magi incontrano Gesù a “Bêt-lehem”, che significa “casa del pane”. Nell’umile grotta di Betlemme giace, su un po’ di paglia, il “chicco di grano” che morendo porterà “molto frutto” (cfr Gv 12,24). Per parlare di se stesso e della sua missione salvifica Gesù, nel corso della sua vita pubblica, farà ricorso all’immagine del pane. Dirà: “Io sono il pane della vita”, “Io sono il pane disceso dal cielo”, “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 35.41.51). Ripercorrendo con fede l’itinerario del Redentore dalla povertà del Presepio all’abbandono della Croce, comprendiamo meglio il mistero del suo amore che redime l’umanità. Il Bambino, adagiato da Maria nella mangiatoia, è l’Uomo-Dio che vedremo inchiodato sulla Croce. Lo stesso Redentore è presente nel sacramento dell’Eucaristia. Nella stalla di Betlemme si lasciò adorare, sotto le povere apparenze di un neonato, da Maria, da Giuseppe e dai pastori; nell’Ostia consacrata lo adoriamo sacramentalmente presente in corpo, sangue, anima e divinità, e a noi si offre come cibo di vita eterna. La santa Messa diviene allora il vero appuntamento d’amore con Colui che ha dato tutto se stesso per noi. Non esitate, cari giovani, a rispondergli quando vi invita “al banchetto di nozze dell’Agnello” (cfr Ap 19,9). Ascoltatelo, preparatevi in modo adeguato e accostatevi al Sacramento dell’Altare, specialmente in quest’Anno dell’Eucaristia (ottobre 2004-2005) che ho voluto indire per tutta la Chiesa. 4. “E prostratisi lo adorarono” (Mt 2,11). Se nel bambino che Maria stringe fra le sue braccia i Magi riconoscono e adorano l’atteso delle genti annunziato dai profeti, noi oggi possiamo adorarlo nell’Eucaristia e riconoscerlo come nostro Creatore, unico Signore e Salvatore. “Aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra” (Mt 2,11). I doni che i Magi offrono al Messia simboleggiano la vera adorazione. Mediante l’oro essi ne sottolineano la regale divinità; con l’incenso lo confessano come sacerdote della nuova Alleanza; offrendogli la mirra celebrano il profeta che verserà il proprio sangue per riconciliare l’umanità con il Padre. Cari giovani, offrite anche voi al Signore l’oro della vostra esistenza, ossia la libertà di seguirlo per amore rispondendo fedelmente alla sua chiamata; fate salire verso di Lui l’incenso della vostra preghiera ardente, a lode della sua gloria; offritegli la mirra, l’affetto cioè pieno di gratitudine per Lui, vero Uomo, che ci ha amato fino a morire come un malfattore sul Golgotha. 5. Siate adoratori dell’unico vero Dio, riconoscendogli il primo posto nella vostra esistenza! L’idolatria è tentazione costante dell’uomo. Purtroppo c’è gente che cerca la soluzione dei problemi in pratiche religiose incompatibili con la fede cristiana. E’ forte la spinta a credere ai facili miti del successo e del potere; è pericoloso aderire a concezioni evanescenti del sacro che presentano Dio sotto forma di energia cosmica, o in altre maniere non consone con la dottrina cattolica. Giovani, non cedete a mendaci illusioni e mode effimere che lasciano non di rado un tragico vuoto spirituale! Rifiutate le seduzioni del denaro, del consumismo e della subdola violenza che esercitano talora i mass-media. L’adorazione del vero Dio costituisce un autentico atto di resistenza contro ogni forma di idolatria. Adorate Cristo: Egli è la Roccia su cui costruire il vostro futuro e un mondo più giusto e solidale. Gesù è il Principe della pace, la fonte di perdono e di riconciliazione, che può rendere fratelli tutti i membri della famiglia umana. 6. “Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt 2,12). Il Vangelo precisa che, dopo aver incontrato Cristo, i Magi tornarono al loro paese “per un’altra strada”. Tale cambiamento di rotta può simboleggiare la conversione a cui coloro che incontrano Gesù sono chiamati per diventare i veri adoratori che Egli desidera (cfr Gv 4,23-24). Ciò comporta l’imitazione del suo modo di agire facendo di se stessi, come scrive l’apostolo Paolo, un “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”. L’Apostolo aggiunge poi di non conformarsi alla mentalità di questo secolo, ma di trasformarsi rinnovando la mente, “per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto” (cfr Rm 12,1-2). Ascoltare Cristo e adorarlo porta a fare scelte coraggiose, a prendere decisioni a volte eroiche. Gesù è esigente perché vuole la nostra autentica felicità. Chiama alcuni a lasciare tutto per seguirlo nella vita sacerdotale o consacrata. Chi avverte quest’invito non abbia paura di rispondergli “sì” e si metta generosamente alla sua sequela. Ma, al di là delle vocazioni di speciale consacrazione, vi è la vocazione propria di ogni battezzato: anch’essa è vocazione a quella “misura alta” della vita cristiana ordinaria che s’esprime nella santità (cfr Novo millennio ineunte, 31). Quando si incontra Cristo e si accoglie il suo Vangelo, la vita cambia e si è spinti a comunicare agli altri la propria esperienza. Sono tanti i nostri contemporanei che non conoscono ancora l’amore di Dio, o cercano di riempirsi il cuore con surrogati insignificanti. E’ urgente, pertanto, essere testimoni dell’amore contemplato in Cristo. L’invito a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù è anche per voi, cari amici che non siete battezzati o che non vi riconoscete nella Chiesa. Non è forse vero che pure voi avete sete di Assoluto e siete in ricerca di “qualcosa” che dia significato alla vostra esistenza? Rivolgetevi a Cristo e non sarete delusi. 7. Cari giovani, la Chiesa ha bisogno di autentici testimoni per la nuova evangelizzazione: uomini e donne la cui vita sia stata trasformata dall’incontro con Gesù; uomini e donne capaci di comunicare quest’esperienza agli altri. La Chiesa ha bisogno di santi. Tutti siamo chiamati alla santità, e solo i santi possono rinnovare l’umanità. Su questo cammino di eroismo evangelico tanti ci hanno preceduto ed è alla loro intercessione che vi esorto a ricorrere spesso. Incontrandovi a Colonia, imparerete a conoscere meglio alcuni di loro, come san Bonifacio, l’apostolo della Germania, e i Santi di Colonia, in particolare Orsola, Alberto Magno, Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) e il beato Adolph Kolping. Fra questi, vorrei particolarmente citare sant’Alberto e santa Teresa Benedetta della Croce che, con lo stesso atteggiamento interiore dei Magi, hanno appassionatamente cercato la verità. Essi non hanno esitato a mettere le loro capacità intellettuali al servizio della fede, testimoniando così che fede e ragione sono legate e si richiamano a vicenda. Carissimi giovani incamminati idealmente verso Colonia, il Papa vi accompagna con la sua preghiera. Maria, “donna eucaristica” e Madre della Sapienza, sostenga i vostri passi, illumini le vostre scelte, vi insegni ad amare ciò che è vero, buono e bello. Vi porti tutti a suo Figlio, il solo che può soddisfare le attese più intime dell’intelligenza e del cuore dell’uomo. Con la mia Benedizione! Da Castel Gandolfo, 6 Agosto 2004 IOANNES PAULUS PP. II   (altro…)

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

Colourdome

Giovani dei Focolari, provenienti dai vari continenti, daranno la loro testimonianza e presenteranno alcune coreografie nell’ambito delle catechesi in programma a Colonia il 17-18-19 agosto, durante la Giornata Mondiale della Gioventù, in preparazione alle giornate conclusive col Santo Padre. “Colourdome” è il nome che i “Giovani per un mondo unito” dei Focolari hanno dato alle iniziative che stanno preparando a Colonia in occasione della GMG. “Colourdome”, per significare che l’amore evangelico colora la vita, trasformandola nei suoi più vari aspetti.

Da martedì 16 a venerdì 19 agosto, il Friedenspark, il Parco della pace, nel centro sud di Colonia, lungo l’Oberländer Wall, sarà trasformato in un festival colorato con un palco principale e sette aree, con padiglioni dai colori dell’arcobaleno. Con il linguaggio della musica, teatro, danza, i giovani saranno invitati a fare sport o a dialogare, ma anche a riposare, riflettere e pregare. Ogni area offrirà un programma su vari temi: dalla “cultura del dare”, al dialogo con altre religioni, alla ricerca del senso del dolore, per nominarne solo alcuni. Uno degli ambiti sarà dedicato allo sport, come pallavolo, street-soccer e a vari giochi per favorire la conoscenza tra giovani di tutto il mondo. Sul palco centrale poi, in programma ogni giorno, i concerti. Segnaliamo: mercoledì, 17 agosto, alle ore 19.30, lo spettacolo GIVE PEACE A HAND del complesso internazionale GEN ROSSO. Mercoledì 17 e venerdì 19 agosto pomeriggio, sul palco del Colourdome due tavole rotonde della Conferenza Episcopale tedesca e della Protezione Civile (Technisches Hilfswerk) sugli aiuti per lo Tsunami e la solidarietà globale.

Le aree interattive Rosso: Time to share Tempo di condivisione: per una cultura del dare – economia, lavoro, consumismo Arancio: Face the world Guarda al mondo: dialogo a 360° – dialogo, etnie, religioni Giallo: To be with You Con Te: che posto ha il dolore? – dolore, sofferenza, malattia Verde: Get the feeling Cattura l’emozione: vivere in tutti i sensi – sport e tempo libero Azzurro: Discover His Beauty Scopri la Sua bellezza: Dio nella cultura – arte, musica, cultura Indaco: Think about life Prospettive e progetti – società, politica e tanto di più Violetto: Hold the line Resta in linea: comunicazione e mass media – intrattenimento, mass media, pubblicità Per saperne di più scrivere a: sgmu@focolare.org wjt2005@geeintewelt.de

(altro…)

Commento di Chiara Lubich alla Parola di vita del mese di luglio 2005

Dio è Amore . È la certezza più salda che deve guidare la nostra vita, anche quando ci assale il dubbio davanti a grandi calamità naturali, alla violenza di cui l’umanità è capace, ai nostri insuccessi e fallimenti, ai dolori che ci toccano personalmente.
Che è Amore, Dio ce lo ha dimostrato e continua a dimostrarcelo in mille modi, donandoci la creazione, la vita (e quanto di bene ad essa è congiunto), la redenzione attraverso suo Figlio, la possibilità della santificazione attraverso lo Spirito Santo.
Dio ci manifesta il suo Amore sempre: si fa vicino ad ognuno di noi, seguendoci e sostenendoci passo passo nelle prove della vita. Ce lo assicura il Salmo, da cui è tratta questa Parola di vita, parlando della insondabile grandezza di Dio, del suo splendore, della sua potenza e, insieme, della sua tenerezza e della sua immensa bontà. Egli è capace di gesta prodigiose e, nello stesso tempo, il padre pieno di attenzioni, premuroso più di una madre.

“Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto”

Noi tutti dobbiamo affrontare di quando in quando situazioni difficili, dolorose, sia nella nostra vita personale, sia nei rapporti con gli altri e sperimentiamo a volte tutta la nostra impotenza.
Ci troviamo di fronte a muri di indifferenza e di egoismo e ci sentiamo cadere le braccia di fronte ad avvenimenti che sembrano superarci.
Quante circostanze dolorose ognuno deve affrontare nella vita! Quanto bisogno che un Altro ci pensi! Ebbene, in questi momenti la Parola di vita può venirci in aiuto.
 
Gesù ci lascia fare l’esperienza della nostra incapacità, non già per scoraggiarci, ma per farci sperimentare la straordinaria potenza della sua grazia, che si manifesta proprio quando le nostre forze sembrano non farcela, per aiutarci a capire meglio il suo amore. A un patto però: che abbiamo una totale fiducia in Lui, come l’ha il figlioletto in sua madre; abbandono sconfinato che ci farà sentire nelle braccia di un Padre che ci ama così come siamo e al quale tutto è possibile.
Non può bloccarci neppure la consapevolezza dei nostri sbagli perché, essendo amore, Dio ci rialza ogni qual volta siamo caduti, come fanno i genitori col loro bambino.

“Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto”

Forti di questa certezza, potremo gettare in Lui ogni ansia, ogni problema, come ci invita a fare la Scrittura: gettate “in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi” .
Anche per noi, i primi tempi del Movimento, quando la pedagogia dello Spirito Santo cominciava a farci muovere i primi passi nella via dell’amore, il “gettare ogni preoccupazione nel Padre” era affare di tutti i giorni, e di spesse volte al giorno.
Ricordo che dicevo che come non si può tenere su una mano una brace, ma la si getta via subito perché altrimenti brucia, così, con la stessa sveltezza, gettavamo nel Padre ogni preoccupazione. E non ricordo preoccupazione messa nel suo cuore della quale Egli non si sia preso cura.
Ma non sempre è facile credere e credere al suo amore. Sforziamoci in questo mese di farlo in tutti i casi, anche nei più ingarbugliati. Assisteremo volta per volta all’intervento di Dio che non ci abbandona, ma ha cura di noi. Sperimenteremo una forza mai conosciuta prima che sprigionerà in noi nuove e impensate risorse.

 

Chiara Lubich

 

“Crudele dolcissimo amore”

“Con poesia sa parlare del dolore, con tocco leggero ti fa sorridere, pensare, riflettere, piangere. È un mistero come Chiara M. riesca ad arrivare così in profondità, a trasmetterci tutta quella serenità” – Cinzia TH Torrini, regista cinematografica. Il libro «Crudele dolcissimo amore»: diario di una lotta che rivela il mistero del dolore come dono Chiara M. ha lavorato per diversi anni come infermiera professionale. Aveva sogni e progetti. Una malattia spietata l’ha aggredita, ma senza vincere la sua voglia di vivere e gioire. Il libro «Crudele dolcissimo amore» è il diario lucido, antiretorico, a tratti ironico, di una lotta che rivela il mistero del dolore come dono. Le fragili dita, consumate dalla malattia, non le consentono nemmeno di scrivere la dedica autografa sul suo libro. Ma Chiara M. s’è inventata un timbro che riproduce la sua firma vicino ad una conchiglia ed una perla, «perché una lacrima, giorno dopo giorno, può trasformare il dolore in una perla». L’ha spiegato con la sua disarmante spontaneità ai quattrocento amici accorsi, giorni fa, a Trento, alla presentazione del suo libro-verità che porta i lettori a penetrare il mistero della vita, aprendolo con il grimaldello di un dolore vissuto sulla pelle – nella carne – e accettato col cuore. Diego Andreatta – Avvenire, 9 giugno 2005 Il coraggio di ogni giorno Quando si convive per anni con il dolore è inevitabile guardarsi dentro, ma anche – come confessa Chiara M. – «alzare lo sguardo verso l’alto». C’è una figura che in questo senso ha avuto una parte molto importante nella sua vita, quella di Chiara Lubich: «Mia madre era dirigente dell’Azione cattolica come mio padre e lì conobbe Chiara, che durante la guerra ebbe l’intuizione di iniziare un movimento, quello dei Focolari, che oggi è diffuso in 180 Paesi. Mia madre condivise questa nuova spiritualità e ce la trasmise. Durante l’adolescenza nacquero i primi interrogativi e le prime verifiche. Volevo essere sicura di quello che stavo facendo e non seguire semplicemente le “tradizioni” di famiglia. Non ci è voluto molto a capire che la spiritualità dell’unità era quella che sentivo più vicina al mio modo d’essere: un Vangelo vivo, vitale, che si concretizzasse nella realtà quotidiana, che non restasse un piccolo libro impolverato nel cassetto». Renata Maderna – Famiglia Cristiana N. 21 – 22 maggio 2005  

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

“La spiritualità, cuore della ricerca dell’unità visibile dei cristiani”

La spiritualità. E’ uno dei tre punti “di capitale importanza” che il Segretario Generale del CEC (Consiglio Ecumenico delle Chiese), il pastore metodista Samuel Kobia, nell’indirizzo di saluto rivolto al Papa, la mattina del 16 giugno, ha indicato come “ambito di collaborazione che potrebbe recare beneficio a tutte le Chiese e al movimento ecumenico nel suo insieme”. L’ha indicato come “base sulla quale i cristiani possono essere ‘innestati’ e far leva su un mondo che ha bisogno di trasformarsi e di sperare”.

Piena consonanza con le parole di Papa Benedetto XVI che, richiamando il suo predecessore, ha riaffermato che “l’ecumenismo spirituale è al cuore della ricerca della piena unità dei Cristiani”, proprio perché “la conversione interiore è il prerequisito per ogni progresso ecumenico”.

Ed è per approfondire la spiritualità dell’unità dei Focolari e il suo influsso sui dialoghi, che il Segretario Generale Kobia ha voluto concludere la sua visita a Roma, recandosi con una Delegazione speciale al Centro Internazionale del Movimento a Rocca di Papa. Vari membri del Consiglio generale del Movimento e i responsabili del Centro “Uno” per l’ ecumenismo, lo hanno accolto con un messaggio di benvenuto di Chiara Lubich, che ha evidenziato ’’l’emergere del dialogo della vita, del dialogo del popolo, un popolo di varie Chiese, deciso a vivere l’ecumenismo, a vivere nel quotidiano il Vangelo per contribuire alla piena e visibile comunione’’.

Il pastore Kobia ha poi ricordato il suo primo incontro con Chiara Lubich al Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra, nell’ottobre del 2002, quando era stata invitata per presentare il cuore della spiritualità dell’unità, il mistero di Gesù che sulla croce grida l’abbandono del Padre, assumendo dolori i traumi delle divisioni per ricomporli. Riferendosi anche ai rapporti con i Focolari in Svizzera e all’incontro odierno, il pastore Kobia ha ribadito il desiderio di ’approfondire la conoscenza di questa spiritualità ecumenica dei Focolari: ’’Vorremmo essere ispirati, – ha detto – dalla vostra esperienza spirituale’’.

Il vescovo evangelico-luterano Eberhardt Renz, uno degli otto presidenti del Consiglio Ecumenico, ha espresso la sua soddisfazione per aver conosciuto più in profondità i Focolari, un volto laico della Chiesa cattolica.

Il metropolita ortodosso Makarios, del Kenya, ha apprezzato l’ampiezza dei dialoghi ecumenico, interreligioso e con persone senza riferimenti religiosi, portati avanti dai Focolari.

La visita al Papa e alla Curia romana del Segretario Generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, accompagnato da una delegazione ad alto livello, cade nel 40° dell’inizio della collaborazione tra questo organismo ecumenico – che raggruppa 347 Chiese di tutto il mondo – e la Chiesa Cattolica.

I rapporti tra il Consiglio Ecumenico delle Chiese e il Movimento dei Focolari risalgono al 1967 quando vi fu la prima visita di Chiara Lubich a Ginevra su invito del segretario generale, Visser’t Hooft. Sono seguite altre visite nel 1982 e 2002.

 

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

Tsunami, cinque mesi dopo

Cinque mesi sono passati dal devastante maremoto che ha colpito Tailandia, Indonesia, India e Sri Lanka. La generosità degli aderenti al Movimento nel mondo, anche dai paesi più poveri dell’Africa, ha reso possibile raggiungere oltre € 638.000. La raccolta fondi e il coordinamento delle iniziative è stato affidato all’AMU, la Ong dei Focolari.

Le iniziative in corso

Riguardano sia il riavvio delle attività produttive, in particolare la pesca, sia l’assistenza ai minori, tramite il sostegno a distanza (www.sodist.famiglienuove.org) che darà continuità alle azioni già avviate.

In India – Madras (Tamil Nadu), si collabora con due organizzazioni indù: Shanti Ashram e Sarvodaya Movement: stanziati € 100.000.

In Tailandia, € 50.000.

In Sri Lanka, dove si collabora con le Suore dell’Apostolic Carmel e gli Oblati di Maria Immacolata, sono stati inviati € 100.000.

In Indonesia, € 280.000. I fondi residui verranno destinati in base all’andamento dei progetti avviati e alle nuove necessità che stanno emergendo, come per esempio nell’isola di Nias (Indonesia) devastata dal terremoto.

Dal diario di viaggio in Indonesia

Alcuni giovani del Movimento, nell’aprile 2005, partono da Singapore per Banda Aceh dove ritornano, dopo un primo viaggio, per portare gli aiuti che si erano visti necessari e per avviare, insieme alla gente del posto, alcune attività produttive.

Alcuni stralci dal diario di viaggio:

«Siamo a Banda Aceh, dove ci fermeremo sino a luglio. Prima di raggiungere questa regione dell’Indonesia, visitiamo 4 campi profughi. Raggiungiamo il primo campo, visitato anche a febbraio, ma molti rifugiati sono già tornati nei loro villaggi; cerchiamo i pescatori che avevamo conosciuto e consegniamo le reti. Erano commossi, increduli, sorpresi che avevamo mantenuta la promessa fatta.

A Padang Kasab siamo ben accolti da tutti. Come sono felici di vedere le reti!

A Belang Lancang e poi a Lancang ciò che ci colpisce è il senso di fraternità che si respira: le persone capiscono che non possiamo dare tutto a loro perché dobbiamo aiutare anche altri rifugiati.
Spieghiamo sempre che non siamo ricchi, ma che siamo tanti in tutto il mondo. Raccontiamo come raccogliamo i soldi anche con sacrificio, perché ci sentiamo fratelli gli uni degli altri.
Colgono il motivo profondo per cui siamo lì insieme a loro e alcuni aggiungono: ‘Ma anche quelli di Banda Aceh sono fratelli, dovete aiutare anche loro”.

Banda Aceh: dopo aver fatto la nostra carta d’identità, siamo diventati anche giuridicamente cittadini di Aceh! Visitiamo Lumpuuk, il luogo dove vogliamo istallare la nostra falegnameria. Ci sono diversi problemi, tanta sospensione e ci rendiamo conto che dobbiamo pagare di persona per questo progetto… La sera ci accorgiamo che non abbiamo un posto dove passare la notte. Chiediamo al sacerdote incaricato della diocesi per gli aiuti, che ci accoglie con grande ospitalità, ma non possiamo rimanere a lungo alloggiati nella parrocchia, c’è tantissima gente. Dobbiamo trovare la nostra casa. Il giorno dopo a Lumpuuk una sorpresa: troviamo un appartamento e… il proprietario non vuole l’affitto!!! Il sacerdote parla di un vero miracolo perché – così ci dice – “è la prima volta che sento una cosa del genere in tempo di Tsunami, dove gli affitti sono saliti cinque volte tanto”!

I bambini – Consegniamo 39 biciclette in villaggi diversi. E’ impossibile descrivere la loro gioia!

Le mamme – Incontriamo un gruppo di vedove che non hanno nessuna fonte di guadagno. Insieme a loro decidiamo di avviare un piccolo “business”: la vendita di cibo locale. Compriamo il necessario e il lavoro prende il via. Sono delle bravissime cuoche!

I pescatori – Le difficoltà non ci scoraggiano: ad Aceh non si trova il legno per le barche, e bisogna andare a Medan, ma questo stimola nuove idee, come iniziare a riparare le barche semidistrutte, usare motori più piccoli, coinvolgere nella ricerca del legname la persona che dirigerà la costruzione delle barche. Scopriamo che si tratta di una personalità: è il leader dei pescatori di 5 villaggi! Ci incontriamo con tutti loro, accordandoci su come lavorare. Insieme decidiamo chi riceverà la prima barca, come aiutarsi nella costruzione delle altre imbarcazioni e nella pesca stessa. E’ un momento di forte unità fra tutti».

 

Premio Dom Hélder Câmara per la Stampa 2005 a Cidade Nova

Il premio Dom Hélder Câmara per la Stampa 2005 è stato assegnato all’editrice brasiliana Cidade Nova, del Movimento dei Focolari, in riconoscimento alla sua linea editoriale che evidenzia “la comprensione fra i popoli e il diritto di ogni cittadino, secondo le esigenze della libertà e del bene comune, della giustizia e della solidarietà, della dignità e qualità di vita della persona”.

Erano questi i temi per l’edizione 2005 del Premio promosso dalla Conferenza episcopale brasiliana, in “risposta al desiderio di Giovanni Paolo II che i mezzi di comunicazione contribuiscano ad un dialogo autentico e ad una conoscenza reciproca tra i popoli, portando alla comprensione, alla giustizia e alla pace duratura”, come si legge nel regolamento del concorso.

Cidade Nova ha partecipato al Premio con i seguenti titoli: “Io sono haitiano”; “Il mondo non ha votato Bush”; “Perché la barbarie non si ripeta”, sulle torture ai militari iracheni; “Economia come vocazione alla fraternità”, sulla comunione nell’economia; “Tragedia e solidarietà dal vivo”, a proposito dello Tsunami; “Pietre vive in Terra Santa”, il lavoro per la pace a Gerusalemme; “Democrazia preventiva invece di guerra preventiva”, riguardo alla lotta contro il terrorismo.

Per Ekkehard Schneider, direttore e presidente dell’Editrice Cidade Nova, la Menzione Speciale del Premio Câmara rappresenta “la conferma di essere in sintonia con la linea indicata dalla Chiesa ai mezzi di comunicazione, una linea orientata alla fraternità, alla giustizia e alla pace”.

Il complesso editoriale Cidade Nova è composto dalla casa editrice e dalla rivista mensile. Con circa 30.000 abbonati in tutto il Brasile e all’estero, Cidade Nova, è l’edizione brasiliana della rivista Città Nuova, pubblicata in 35 edizioni di 22 lingue, il cui obiettivo è diffondere la cultura della fraternità.

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

“Dare visibilità al Risorto”

Sono venuti da oltre 40 Paesi dei 5 continenti, in 1500, i membri del Movimento dei Focolari impegnati in vario modo nelle parrocchie: catechisti, ministri dell’Eucaristia, consigli o commissioni pastorali, corsi per fidanzati, accompagnamento delle famiglie, Caritas, oratori.

Domenica 5 giugno erano presenti alla recita dell’Angelus in Piazza san Pietro. Papa Benedetto XVI ha rivolto loro un caloroso saluto, e ha dato una consegna: “Cari amici dei focolarini, siate segno di Cristo Risorto nella vostra comunità e in ogni ambiente di vita”.

E’ lo scopo di quest’ incontro: approfondire la comunione, l’esperienza viva del Risorto da lui promessa a due o più uniti nel suo nome, per “saperlo edificare poi nelle comunità parrocchiali in cui operate”. In questo tempo di profonde trasformazioni in cui “si stanno cercando tante strade per dare alla parrocchia un volto nuovo”, Chiara Lubich nel suo messaggio, letto in apertura, aveva sottolineato la responsabilità del dono ricevuto: la spiritualità dell’unità in così profonda consonanza con quella spiritualità di comunione lanciata da Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa. “Può aiutare anche le comunità parrocchiali a rinnovarsi, e diventare sempre più Chiesa viva, dove tutti trovano Dio, Gesù”. “E questo è importante – ha aggiunto la fondatrice dei Focolari – perché la presenza di Gesù costituisce il volto profondo della Chiesa, come di ogni comunità cristiana”. “Gesù è luce, gioia, vita, fuoco… e quando c’è Lui la comunità rifiorisce, diventa il suo Corpo vivo”.

“Già esistono queste comunità rinnovate dal Risorto” – ha detto don Adolfo Raggio, responsabile centrale del Movimento parrocchiale dei Focolari. “Vogliamo essere ‘lievito di comunione’, come ci ha augurato Giovanni Paolo II, essere fermento nella massa. Non intendiamo cambiare le strutture. Le ravviviamo con l’amore, operando in sintonia con il parroco”.

E le molte testimonianze che si sono alternate hanno spalancato squarci di vita parrocchiale: da episodi di riconciliazione, come è avvenuto nello Zimbabwe, quando le tensioni tra le varie etnie si sono acuite, non risparmiando la comunità parrocchiale, all’azione di giovanissimi in una parrocchia di Roma, che si sono fatti carico di iniziative a favore dei più piccoli. Il Movimento parrocchiale nasce nel 1966, in risposta all’incoraggiamento di Papa Paolo VI ad un gruppo di sacerdoti, a portare lo spirito dell’unità nelle loro diocesi e nelle loro parrocchie.

 

Una rete di città latinoamericane per l’unità del continente

Una rete di città latinoamericane per l’unità del continente

E’ nata una rete di città latinoamericane per l’unità del continente. E’ sancita da una dichiarazione programmatica dal titolo “Città per l’unità”, al termine del 1° Convegno di Sindaci dell’America Latina, promosso dal Movimento internazionale Politico per l'Unità (MPPU) di Argentina, Brasile e Uruguay, svolto nella città argentina di Rosario.

E’ una risposta alla proposta lanciata dal messaggio di Chiara Lubich, letto in apertura del Convegno, in cui delineava gli elementi per “avviare un processo che può segnare la storia”: “una grande idea, la fraternità universale; un contesto dove concretizzarla, la città; soggetti istituzionali e sociali diversi, la cui unità è arricchita ed esaltata proprio dalle differenze; un progetto, l’unità dell’America Latina al servizio dell’unità del mondo”.

Questo l’augurio della fondatrice dei Focolari al continente latinoamericano: “Che la saggezza millenaria dei popoli autoctoni che è alla radice della vostra storia; che il contributo dell’immigrazione, che ha potuto esprimersi pienamente grazie alle vostre società ospitali; che le vostre incommensurabili risorse naturali e soprattutto culturali; che il desiderio di trovare un punto di equilibrio tra rispetto per la natura e sviluppo economico; che la feconda vivacità democratica dei vostri Paesi, possano trovare nuove espressioni nella fraternità, per essere dono a tutta l’umanità”.

Circa 1200 le persone intervenute: sindaci – 200 dall’Argentina, 140 dal Brasile e delegazioni provenienti da Uruguay, Bolivia, Cile, Colombia, Paraguay, Messico, Ecuador, Perù – e ancora amministratori locali, politici e molti giovani. Un applauso speciale è stato riservato alla delegazione boliviana, quando si è ricordata la delicata fase che il Paese sta attraversando. Presente anche l’Europa, con rappresentanti da Italia, Spagna, Austria, Repubblica Ceca e Slovacca.

«Abbiamo assunto la sfida di proporre una politica rinnovata dall'idea della fraternità come categoria politica – afferma il Prof. Juan Esteban Belderrain, tra i promotori dell'iniziativa – che va al di là dei singoli colori politici e unisce posizioni diverse intorno a valori universali».

“La sfida è come tradurre questi ideali in azioni concrete”. Al termine dell’incontro, Miguel Lifschitz, sindaco di Rosario, la città ospitante, ha detto: “Il compito non è semplice, ma lo strumento per avanzare in questi obiettivi è la partecipazione, che significa cominciare a integrarla nella realtà della fraternità”. Liftschitz afferma ancora che “oggi i nostri popoli non si accontentano con una democrazia ristretta. La società civile vuole essere consultata, e prendere parte alle decisioni che coinvolgono tutti. La nostra grande sfida di governi locali è quella di lavorare tutti i giorni per generare nuovi spazi che permettano la partecipazione”.

Il Convegno, patrocinato dal Ministero degli Interni argentino e dal comune di Rosario, ha dato spazio alla condivisione di pratiche politiche realizzate nei diversi Paesi, che hanno saputo superare le contrapposizioni tra governo e opposizione, tra istituzioni politiche e cittadini, tra città, e porre in atto strategie di sviluppo locale per la soluzione delle questioni sociali prioritarie.

«Sono convinta della necessità di una grande collaborazione tra Europa e America Latina sulla base della fraternità». Così l’Eurodeputata italiana Patrizia Toia, che si è assunta l’impegno di trasmettere ai suoi colleghi del Parlamento Europeo quanto vissuto in questi giorni: “Porto con me un grande slancio” ha concluso.

Cittá per l'Unità fa seguito all'incontro “1000 città per l'Europa”, realizzato a Innsbruck nel 2000, dal MPPU.

 

Commento di Chiara Lubich alla Parola di vita del mese di giugno 2005

Mentre usciva da Cafarnao, Gesù vide un esattore delle tasse di nome Matteo seduto al banco delle imposte. Matteo stava esercitando un mestiere che lo rendeva odioso alla gente e lo accomunava agli usurai e agli sfruttatori che si arricchiscono alle spalle degli altri. Gli scribi e i farisei lo mettevano sullo stesso piano dei pubblici peccatori, tanto da rimproverare a Gesù di essere “amico di gabellieri e peccatori” e di mangiare insieme a loro .
Gesù, andando contro ogni convenzione sociale, chiamò Matteo a seguirlo ed accettò di andare a pranzo a casa sua, così come farà più tardi con Zaccheo, il capo dei gabellieri di Gerico. Richiesto di spiegare questo suo atteggiamento, Gesù dirà che egli è venuto a curare i malati, non i sani e a chiamare non i giusti, ma i peccatori. Il suo invito, anche questa volta, era indirizzato proprio ad uno di loro:

“Seguimi”

Questa parola Gesù l’aveva già rivolta ad Andrea, Pietro, Giacomo e Giovanni sulle rive del lago. Lo stesso invito, con parole diverse, lo indirizzò a Paolo sulla strada di Damasco.
Ma Gesù non si è fermato lì; lungo i secoli egli ha continuato a chiamare a sé uomini e donne di ogni popolo e nazione. Lo fa anche oggi: passa nella nostra vita, ci incontra in luoghi diversi, in modi diversi, e ci fa sentire nuovamente il suo invito a seguirlo.
Ci chiama a stare con Lui perché vuole instaurare un rapporto personale, e nello stesso tempo ci invita a collaborare con Lui al grande disegno di un’umanità nuova.
Non gli importano le nostre debolezze, i nostri peccati, le nostre miserie. Lui ci ama e ci sceglie così come siamo. Sarà il suo amore a trasformarci e a darci la forza di rispondergli e il coraggio di seguirlo come ha fatto Matteo.
E per ognuno ha un amore, un progetto di vita, una chiamata particolari. Lo si avverte in cuore attraverso un'ispirazione dello Spirito Santo o attraverso determinate circostanze o un consiglio, un’indicazione di chi ci vuol bene… Pur manifestandosi nei modi più diversi, riecheggia la medesima parola:

“Seguimi”

Ricordo quando anch’io ho avvertito questa chiamata di Dio.
Era una freddissima mattina d’inverno a Trento. La mamma chiede a mia sorella più piccola di andare a prendere il latte a due chilometri da casa, ma fa troppo freddo e lei non se la sente; anche l’altra sorella si rifiuta. Allora mi faccio avanti: “Vado io, mamma”, le dico, e prendo la bottiglia. Esco di casa e a metà strada succede un fatto un po’ particolare: mi sembra quasi che il Cielo si apra e Dio mi inviti a seguirlo. “Datti tutta a me”, avverto nel cuore.
Era la chiamata esplicita a cui ho desiderato rispondere subito. Ne ho parlato con il confessore che mi ha permesso di donarmi a Dio per sempre. Era il 7 dicembre ’43; non mi sarà mai possibile descrivere ciò che mi è passato nel cuore quel giorno: avevo sposato Dio. Potevo aspettarmi ogni cosa da Lui.

“Seguimi”

Questa parola non riguarda soltanto il momento determinante della scelta della nostra vita, Gesù continua a rivolgercela ogni giorno. “Seguimi”, sembra suggerirci davanti ai più semplici doveri quotidiani; “seguimi” in quella prova da abbracciare, in quella tentazione da superare, in quel servizio da compiere…
Come rispondergli concretamente?
Facendo ciò che Dio vuole da noi nel presente, che porta sempre in sé una grazia particolare.
L’impegno di questo mese sarà dunque darsi alla volontà di Dio con decisione; darsi al fratello e alla sorella che dobbiamo amare, al lavoro, allo studio, alla preghiera, al riposo, all’attività che dobbiamo compiere.
Imparare ad ascoltare nel profondo del cuore la voce di Dio che parla anche con la voce della coscienza: ci dirà quello che Egli vuole da noi in ogni momento, pronti a sacrificare tutto per attuarlo.
“Dacci d’amarTi, o Dio, non solo ogni giorno di più, perché possono essere troppo pochi i giorni che ci restano; ma dacci d’amarTi in ogni attimo presente con tutto il cuore, l’anima e le forze in quella che è la Tua volontà”.
È questo il sistema migliore per seguire Gesù.

 

Chiara Lubich

 

L’esperienza dell’Eucaristia nel Movimento dei Focolari

Nella vita dei membri del Movimento dei Focolari, il sacramento dell’Eucaristia ha sempre avuto ed ha un valore primario, importantissimo, privilegiato. L’Eucaristia, infatti, è considerata il nucleo centrale del cammino spirituale che essi intraprendono, il motore che spinge ed al quale converge l’intera loro giornata. Per questo motivo, quanti aderiscono alla spiritualità del Movimento, cominciano spontaneamente a frequentare ogni giorno la Messa e a nutrirsi costantemente dell’ Eucaristia. Cercheremo qui di evidenziare il profondo legame che intercorre tra l’Eucaristia e il carisma dell’unità tipico del nostro Movimento, attingendo ad alcuni dei numerosi scritti che Chiara Lubich ha dedicato a questo argomento. “Il fatto che il Signore – sono sue parole -, per dare inizio a questo vasto movimento, ci abbia concentrato sulla preghiera di Gesù, sul suo testamento, significa che Egli ci doveva spingere con forza verso Colui che solo lo poteva attuare: Gesù nell’Eucaristia” . Rivolgendosi al Padre, prima di morire, aveva chiesto la realizzazione dell’unità tra i suoi e fra quelli che lo avrebbero seguito: “ perché siano come noi una cosa sola” (Gv 17,22). E prima aveva creato le premesse perché questa potesse attuarsi. Veramente l’Eucaristia è il sacramento dell’unità. E lo è anzitutto perché essa opera in ciascuno di noi qualcosa di straordinario: la nostra personale trasformazione in Gesù. Nell’ Eucaristia, infatti, è Gesù stesso che viene in noi e ci trasforma in sé. Come insegna la Lumen Gentium – sulla scia dei Padri e dottori della Chiesa -, “la partecipazione al corpo e al sangue di Cristo, altro non fa se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo”. Per cui diveniamo realmente, anche se in modo nuovo, concorporei con Lui. L’ Eucaristia però non produce solo la trasformazione di ogni singolo cristiano in Cristo, ma, da sacramento d’unità, produce anche l’unità tra gli uomini, la comunione tra fratelli. Compone, quindi, la famiglia dei figli di Dio dando vita così alla Chiesa nella sua essenza più profonda, nel suo essere tutta carità, tutta unità, nel suo essere cioè “casa e scuola di comunione” . Ma cosa significa, per i membri del Movimento, essere consapevoli di questi così grandi effetti che l’Eucaristia opera? L’essere trasformati in Lui, l’essere fatti altro Cristo, Corpo Suo, ci spinge, singolarmente ed insieme, a comportarci come Cristo stesso, a fare nostri i suoi modi di pensare, di agire, come pure tutti i suoi insegnamenti. In una parola, a vivere amando: amando Dio e il prossimo. Ma poiché l’Eucaristia – come si è detto – ci unisce tra noi in un corpo solo, essa suscita tra noi l’amore reciproco, con quelle caratteristiche tipiche con cui era vissuto dalle prime comunità cristiane: la condivisione dei beni, la preghiera in comune, lo spezzare il pane insieme attorno alla mensa eucaristica, l’ascolto della Parola trasmessa dagli apostoli. Un amore così è chiave di vita per ciascuno di noi. Dunque, è proprio l’Eucaristia che ci indica il modello dell’autentico amore cristiano. Chiara, infatti, in una sua conversazione, dice: “Venendo a contatto nei diversi paesi del mondo con razze diverse, con culture sconosciute, con religioni le più varie, con lingue estranee, che ti fanno sentire lontano dalla patria, colpisce vedere come in qualsiasi piccola chiesa, anche nelle più sperdute, è Gesù Eucaristia che vive nelle nostre grandi cattedrali. Gesù è lì, con tutto il suo amore, tutto intero per tutti, tutto intero per ciascun uomo della terra. Da Lui si impara come gli uomini sono veramente tutti uguali, tutti figli di Dio, tutti possibili suoi seguaci, tutti candidati al suo Corpo mistico. Egli non ha preferenze di persona, non fa discriminazioni…. E, col suo esistere, ci dice fin dove il nostro amore deve arrivare, aprendoci alla fratellanza universale”. Ed è ancora Gesù Eucaristia che, sentiamo, ci indica il modo in cui amare le persone che incontriamo: “farsi uno” con tutti; come dice San Paolo “… mi sono fatto tutto a tutti…” (1Cor 9, 19-22). Gesù ha esemplificato, in maniera stupenda, questo modo di fare, istituendo l’ Eucaristia. In essa, Egli si fa pane per entrare in tutti, si fa mangiabile per farsi uno con tutti, per servire, per amare tutti. “Farsi uno” fino a lasciarsi mangiare, dunque! Questo è l’amore. “Farsi uno” in modo che gli altri si sentano nutriti dal nostro amore, confortati, sollevati, compresi. E’ nostra esperienza che amare, con questa misura, chiama la risposta del fratello, porta all’amore vicendevole, consolida la realtà di una comunità unita nel suo nome. E’ quanto si verifica solitamente nei nostri convegni, negli incontri di formazione, nelle Mariapoli, dove la Messa è vissuta come centro e culmine di essi; dove tutto viene considerato preparazione all’incontro personale e comunitario con Gesù, al quale si accosta quasi l’unanimità dei presenti. Al termine della celebrazione, l’intera assemblea è invasa da un’ ardente gioia che la conduce a testimoniare l’unità con il Risorto. Per cui, quasi a prolungamento di essa, si va a portare tutto il giorno l’amore nelle famiglie, nelle case, nei posti di lavoro, dovunque, con l’ansia dell’evangelizzazione che infiamma i cuori, con la certezza che, in tal modo, si fa realtà, secondo la Sua promessa, la presenza del Risorto tra gli uomini. (cf Mt 18,20)

(altro…)

L’Eucaristia: il sacramento dell’unità

“L’Eucaristia è il sacramento dell’unità. Nell’Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. E’ una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé. Ci fa uscire da noi stessi per fare di noi una cosa sola con lui. In questo modo ci inserisce nella comunità dei fratelli”. E’ questo un passaggio della densa omelia di Papa Benedetto XVI a conclusione del Congresso Eucaristico italiano dal titolo: “Senza la domenica non possiamo vivere”. “Una intesa settimana di preghiera, di riflessione e di adorazione, uno straordinario evento ecclesiale”. Così è stato definito dal Papa il Congresso Eucaristico che ha dato spazio a interventi di cardinali, vescovi, esponenti delle Chiese ortodossa, anglicana ed evangelica-valdese, del mondo della comunicazione, economia, ecologia, solidarietà e ai rappresentanti del laicato. Rinnovamento nello Spirito, Comunità di Sant’Egidio, Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Neocatecumenali, Agesci e Focolari sono intervenuti venerdì 27 maggio, in una tavola rotonda moderata da Dino Boffo, direttore del quotidiano italiano Avvenire. Introducendo gli interventi ha affermato che quella di Bari “è una convocazione, un’amicizia nuova, un disvelamento sorprendente, una comunicazione più profonda”. Movimenti e associazioni hanno dato la loro testimonianza sul mistero dell’Eucaristia, alla luce del proprio tipico carisma. Antonietta Giorleo – Movimento dei Focolari: Intervenuta a nome di Chiara Lubich, ha attinto ad alcuni dei suoi numerosi scritti dedicati all’Eucarestia: « Veramente l’Eucaristia è il sacramento dell’unità. E lo è anzitutto perché essa opera in ciascuno di noi qualcosa di straordinario: la nostra personale trasformazione in Gesù. E’ Gesù stesso che viene in noi e ci trasforma in sé. Ci fa altro Cristo, Corpo Suo. Ci spinge, singolarmente ed insieme, a comportarci come Cristo stesso, a fare nostri i suoi modi di pensare, di agire, come pure tutti i suoi insegnamenti. In una parola, a vivere amando: amando Dio e il prossimo». Don Julian Carron – Comunione e Liberazione: «Il Mistero è entrato nella storia, si è rivestito di forma sensibile per rispondere all’esigenza di ritrovare quella Bellezza senza la quale, come diceva Dostoevskij, gli uomini sarebbero disperati». Giampiero Donnini – Cammino Neocatecumenale: «Dobbiamo far incontrare all’uomo di oggi la festa, che è dono di Dio, rendere visibile il Cristo Risorto. C’è una grossa battaglia da fare: rendere visibile Dio che opera dietro le persone. ». Paola Bignardi – Azione Cattolica: «Per i laici di A.C., la domenica, con al suo centro l’Eucaristia, è una finestra di tempo totalmente gratuito, dentro il fluire dei giorni, spesso carico di affanni». Salvatore Martinez – Rinnovamento nello Spirito: «Per i laici del nostro Paese è tempo di stupore. E’ la stagione del reciproco apprezzamento dei carismi dell’altro. La nostra amicizia è un’amicizia che continua. E proprio a noi laici cristiani è affidata in modo speciale la custodia della domenica, l’annuncio di un cristianesimo che non sdegna lo scandalo della fede». Andrea Riccardi – Comunità di Sant’Egidio: «La domenica ci insegna che la vita non dipende dalle proprie attività, quasi che il modello del cristiano sia l’affannato. Ciò che ci fa ardere il cuore è Gesù. La domenica dei cristiani salva anche il mondo. Grazie ad essa il mondi si aprirà di più alla pace, all’amore».   (altro…)

Inviati, anche da un letto d’ospedale

Per un peggioramento della malattia, ho dovuto farmi ricoverare di nuovo in ospedale. Essendo piuttosto debole, tutto mi costava fatica e mi appariva quasi insopportabile. Anche la diagnosi e la terapia non erano che un continuo tentativo, per cui c’era sempre da fare tanti salti e fidarsi di Dio, seguendo i medici in ogni loro nuova idea. Durante un fine settimana, mi trovo sola nella camera d’ospedale: che meraviglia poter riposare un po’ e tirare il fiato! Ma il martedì successivo la stanza si sarebbe di nuovo riempita. Mi preparo promettendo a Gesù che avrei visto e amato solo Lui nelle nuove pazienti, chiunque esse fossero. Volevo immedesimarmi nella Parola di Dio e, per poter annunciare il Vangelo, dovevo evangelizzare prima me stessa. Lui mi ha presa in parola…! All’inizio mi sono sentita mancare l’aria, era peggio di quanto avessi potuto immaginare. Non c’era un attimo di silenzio, e le notti erano insonni. Ho scoperto la preziosità dell’attimo presente, altrimenti sarebbe stato impossibile farcela. Mi sentivo un po’ come un’ “inviata”: anche dal letto di ospedale in cui mi trovavo potevo far arrivare a medici e pazienti l’amore di Dio. Pian piano ho cominciato a scoprire il positivo delle persone, i valori presenti in loro, nonostante quella scorza per me così difficile da accettare. Improvvisamente una di loro, la più difficile, mi disse quanto fosse importante per lei avere un buon rapporto con la compagna di camera, aggiungendo: “Ma noi andiamo ben d’accordo!”. Non si era resa conto di niente e si trovava bene. Ho constatato quanto sia prezioso non fermarsi ai propri limiti, ma buttarsi sempre ad amare, credendo che poi Dio fa il resto. Ho avvertito quanto si cresca interiormente, quanto si diventi forti. E’ andata avanti così per tre settimane. Ne ho visto gli effetti! La fisioterapista era meravigliata che fossi così gioiosa, i medici mi guardavano con simpatia e si sentivano liberi di fare le terapie che vedevano utili per aiutarmi, l’ex-compagna di camera è venuta a portarmi un regalino, dicendo di aver pregato per me in chiesa, perché non fossi sottoposta ad una chemioterapia come si temeva. Ora sono a casa e ho dentro una pace e una serenità nuove. (M. – Germania) Tratto da “Quando Dio interviene. Esperienze da tutto il mondo” – Città Nuova 2004

(altro…)

Messaggio di Chiara Lubich

Carissimi amici, anzi carissimi fratelli maggiori, vi accolgo col cuore nel nostro Centro Mariapoli di Castelgandolfo! E’ da poco tempo che facciamo i nostri simposi con amici di altre religioni. Vi assicuro che sembra che lo Spirito di Dio aleggi sopra questi incontri, quanto più in uno come il nostro tra ebrei e cristiani. Che cosa ci può essere di più autentico nel nostro Simposio di vivere quello spirito espresso nel Primo Testamento e comandato da Gesù Cristo come prima legge dei cristiani: l’amore di Dio e l’amore del prossimo? Mi auguro che possiate non solo approfondire, ma assaporare, costruire queste realtà. Saluto caldamente il rabbino Bemporad col quale è nata l’idea di questo Simposio; il rabbino Rosen col quale ci conosciamo da lungo tempo; la cara amica Tullia Zevi. Con loro, saluto tutti i cari amici presenti, tra cui in particolare quelli arrivati da Buenos Aires con i quali ho già provato nel 1998 cosa significhi non solo abolire l’odio, ma sperimentare l’amore, l’amore scambievole, essere l’unico Popolo di Dio. Lia Brunet aveva preparato con passione – direi – quell’incontro. Che oggi questo non sia da meno! E’ l’augurio che faccio a tutti i presenti.

(altro…)

Introduzione del prof. Giuseppe M. Zanghì

Ho – e so di parlare a nome di tutti i cristiani qui presenti, membri del Movimento dei Focolari – una sincera gioia profonda, intensa: la gioia di poter partecipare a questo nostro incontro, l’incontro, come direbbe Paolo di Tarso, con «la radice e la linfa dell’olivo» (Rm 11,17). «Sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te» (Rm 11,18). Incontrandoci con voi, sappiamo di incontrarci con l’Israele vivo, che ha un suo stupendo, gioioso e doloroso, cammino: l’Israele di sempre, certo, testimone prezioso che «i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!» (Rm 11,29): ma l’Israele vivo, che oggi continua, e originalmente, la sua storia. E speriamo che voi sentiate di incontrarvi con la comunità di Gesù, che oggi ha la sua storia, ma che cerca sempre di riattingere, con fedeltà, le sue origini. Quelle origini che abbiamo in comune con voi. Le nostre origini comuni, piantate dalla scelta di Dio, dalla sua chiamata. Quelle origini nelle quali è deposto, per il suo compimento, l’amore fedele di Dio per tutte le sue creature. «Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei cieli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: ‘Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe» (Is 2,2-3). Perché, nell’amore fedele e tenace di Dio per il suo popolo è nascosto l’amore fedele e tenace di Dio per tutta la discendenza di Adamo. Lo crediamo con fede ferma: le promesse di Dio si compiranno nella loro verità concretissima. Allora, «il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto ; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme, si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi» (Is 11,6-8). Perché non credere, con la semplicità dei piccoli alla quale Gesù ci invita, e con la fede dei nostri padri, Abramo Isacco Giacobbe, alla concretissima realtà di queste promesse dello Spirito? Quando tutto sarà vero, perché tra i popoli regnerà la pace di Dio ? «In quei giorni ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria, l’assiro andrà in Egitto e l’egiziano in Assiria; gli egiziani serviranno il Signore insieme con gli assiri. In quei giorni Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. Vi benedirà il Signore degli eserciti: ‘Benedetto sia l’egiziano mio popolo, l’assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità» (Is 19,23-25). Perché non sperare che gli occhi di carne dei figli dell’uomo potranno contemplare queste cose? Che la Shekinah, presenza di Dio fra noi, non più in esilio, esulti e canti di gioia? Ho detto prima: quando tra i popoli regnerà la pace di Dio! E’ la condizione, mi sembra, affinché le promesse di Dio si possano toccare con mano. E’ il cuore del messaggio, dell’insegnamento di Chiara. E’ il senso del nostro raccoglierci oggi, qui, in una intensa fraternità. Sappiamo che è stato ipotizzato uno scontro globale e mondiale di civiltà, animato da insanabili e incontenibili contrasti religiosi. Ma non possiamo pensare invece, a una possibile composizione armoniosa delle differenze? Quelle differenze che non devono essere motivo di scontro perché in esse si fa presente l’inesauribile infinita ricchezza di Dio, che nessuno di noi, nessun popolo, da solo, può rivelare? Se le differenze sono così vissute, come benedizioni di Dio, l’incontrarci come diversi non conduce alla scontro fratricida ma si apre in canto di lode e di gloria alla grandezza di Dio. Tu riveli a me un aspetto stupendo del mistero nascosto di Dio ed io a te. E nell’unità tra noi, come arcobaleno nel cielo, si apre sul mondo il volto di amore di Dio. In questo incontrarci lodando Dio per le diversità, ci possiamo aiutare l’un l’altro ad essere fedeli proprio alla irripetibile chiamata di Dio per ciascuno di noi; possiamo comprenderci sino in fondo in ciò che abbiamo di più prezioso: il nostro rapporto con Dio. Così potremo camminare insieme verso l’unità benedetta di tutti nell’unico Dio. Comunicandoci con lealtà e sincerità i doni che Dio ha elargito a ciascuno di noi, sono certo che l’amore uno e indiviso di Dio ci accoglierà nella sua unità che sorpassa ogni intelligenza. Perché ciò sia, è necessario che ciascuno di noi sia se stesso sino in fondo, fedele ai doni che Dio gli ha fatto, gli fa. E questi doni offra in regalo, in comunione, agli altri. Perché ciò sia, è necessario che ciascuno ascolti sino in fondo l’altro, senza pregiudizi, vuotandosi di sé per essere per l’altro dimora accogliente. Questo deve essere il tono, il senso, di questi nostri giorni di incontro. Niente di accademico, niente di puramente erudito, ma solo l’apertura di ciascuno all’altro in un ascolto che è insieme accoglienza di un dono e dono restituito, e che conduce la conoscenza nel grembo dell’amore, la fa amore. Tutti i temi che svolgeremo in questi giorni – che siano giorni benedetti da Dio! – saranno allora un’occasione per alimentare e fare crescere nei cuori la nostra fede in Dio, il nostro amore senza rivali per Lui. E, insieme, l’amore rispettoso tra noi: l’accoglierci gli uni gli altri nel nostro cammino verso Dio, amandoci nelle nostre diversità, sapendo che la piena composizione di esse nell’unità dell’Unico Dio sarà opera proprio e soltanto di Dio. Perché ciò non sia semplice desiderio, Chiara ci propone, come voi sapete, una strada che tutti noi possiamo percorrere; una strada nella quale giace il segreto della riuscita del nostro incontro; una strada in fondo alla quale i nostri cuori potranno trovarsi consumati in un unico cuore. Chiara ci chiede di ascoltarci l’uno l’altro, con un’intelligenza, come ho detto, che sia tutta amore. Non cerchiamo null’altro fra noi se non che l’amore fedele per Dio cresca nei nostri cuori, e si apra nell’amore fra noi, nell’amore degli uni per gli altri. Fino a gioire tutte le volte che scopriremo l’uno nell’altro quest’ amore fedele per Dio. Breve, brevissimo, è il nostro pellegrinaggio sulla terra. Come diceva un grande poeta italiano: «E’ subito sera». Ma nell’amore tra noi si apre il compimento delle promesse di Dio. E a Lui chiedo che, come frutto di questo nostro raccoglierci sincero, possiamo sentire la tenerezza e la dolcezza del suo Nome benedetto. Chiedo che per l’amore tra noi possa sgorgare, nelle asprezze anche terribili della vita, quell’acqua pura che trasformerà tutta la terra attorno a noi nel ritrovato giardino dell’Eden. Dio fa le sue promesse alla terra; e la terra attende di vederle compiute. Che il nostro incontrarci, in questi giorni, sia un passo in avanti verso quella piena visibilità.

(altro…)

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

Un dono immenso l’annuncio dell’immediato inizio della causa di beatificazione di Papa Wojtyla

Messaggio di Chiara Lubich ai membri del Movimento

Oggi, 13 maggio, festa della Madonna di Fatima e anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II, il Santo Padre Benedetto XVI ha disposto l’inizio immediato della causa di beatificazione di Papa Wojtyla, dispensando dall’attesa dei cinque anni dalla morte, previsti dal codice. Il Papa ha ascoltato la voce del popolo, gli striscioni “Santo subito“. E’ per noi tutti una gioia grandissima. Lo avevo desiderato ardentemente, anche in riconoscenza del bene che il Papa ci ha voluto e per quanto ha fatto per l’Opera di Maria durante il Suo lungo Pontificato. Ringraziamo Maria di questo immenso dono. Anche a nome vostro, invio a Papa Ratzinger un telegramma di gratitudine.   (altro…)

Una famiglia di popoli fratelli

Messaggio di Chiara Lubich Carissimi giovani, eccovi qui in tanti per il vostro annuale appuntamento: 1° Maggio a Loppiano. State certi che sono con voi! Il vostro incontro pieno di gioia ma, allo stesso tempo, carico di progetti dice, ancora una volta, che siete consapevoli di avere in mano il futuro: la responsabilità di concorrere, con la generosità e l’energia che vi distingue, a fare di questa umanità una famiglia di popoli fratelli.

Loppiano e Giovanni Paolo II

Quest’anno la cittadella di Loppiano – che come sapete, è espressione del carisma dell’unità che Dio ha dato oggi alla Chiesa – vi accoglie con una gioia speciale. Solo pochi mesi fa, infatti, il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II aveva voluto inviarci una speciale benedizione in occasione della dedicazione della nuova Chiesa, intitolata a Maria Theotokos, insieme ad una lunga lettera nella quale mi esprimeva, tra l’altro, la sua gioia perché “nei trascorsi 4 decenni sono passate a Loppiano tante persone di ogni cultura e di diverse religioni”. Negli anni del suo pontificato, ho potuto stare spesso vicino a lui, in diverse occasioni e tutto ha avuto sapore di fraternità, di unità, di Vangelo nella sua integrità. Alla sua morte, un pensiero insistente: che fosse proclamato santo subito, a voce di popolo! E siete stati proprio voi giovani, in piazza San Pietro e in tante altre piazze del mondo, a gridare a voce alta, tutti insieme, la santità di questo Papa. Anche oggi la voce di Giovanni Paolo II continua ad accompagnarvi, confermando il vostro impegno a “costruire un mondo unito” – così diceva ai giovani del Movimento dei focolari, fin dal Genfest del 1980- a “orientare la storia verso il suo compimento e, costi quel che costi”. Perché – sono ancora sue parole – “gli uomini che sanno guardare al futuro sono quelli che fanno la storia”.

A passi lenti ma inarrestabili verso un orizzonte di fraternità

Cosa ci attende, allora? Con il titolo della vostra giornata, avete scelto la strada da percorrere: “Tempo di fraternità”. E’ la fraternità universale, infatti, l’unico orizzonte possibile verso il quale gli uomini e i popoli della terra si stanno muovendo a passi lenti, ma inarrestabili. E’ la fraternità il motore di un mondo in pace, di un mondo unito. Ma per realizzarlo, lo avete già scoperto, occorre fare dell’“arte d’amare” che apprendiamo dal Vangelo, la norma ispiratrice della nostra vita. Si tratta di una rivoluzione: di superare i limiti dei legami familiari o di amicizia, per amare tutti, senza discriminazione alcuna; di prendere sempre l’iniziativa, senza aspettare un ritorno; di amare l’altro come noi stessi; di amare facendo il vuoto di noi per capire l’altro, accoglierlo e condividere le sue sofferenze o le sue gioie. Quest’arte è la chiave che trasforma ogni rapporto e apre ogni dialogo. Ma c’è di più: in un mondo alla ricerca inquieta di Dio, ma che crede solo in ciò che tocca, è possibile fare spazio a Gesù stesso, attirarLo fino al punto di farsi presente in mezzo a noi.

Il primo artefice di un mondo nuovo

Lo stiamo sperimentando da oltre sessant’anni: l’amore tende alla reciprocità e si dona finché anche l’altro che ci sta accanto non comincia ad amare. Allora, conseguenza dell’amore reciproco, che sempre sorprende e meraviglia, è il realizzarsi della promessa di Gesù: “Dove due o tre sono uniti nel mio nome Io sono in mezzo a loro”. Gesù presente nella comunità! Come quando due elementi si combinano insieme e ne viene fuori un terzo, che non è la somma dei due elementi ma è un’altra cosa, così se ci amiamo come Lui ci ha amato, Gesù si fa presente in mezzo a noi e Lui è davvero il primo artefice di un mondo nuovo. E’ favoloso! Poter generare nel mondo una fiamma: lo stesso Gesù che è vissuto duemila anni fa in Palestina, lo stesso Gesù Risorto!

Qui sta il fondamento della speranza in un mondo migliore

Ecco, carissimi giovani! L’augurio che vi faccio con tutto il cuore è di rispondere alla sfida della fraternità vivendo al cento per cento l’arte di amare, finché si sprigionerà la presenza di Gesù in mezzo a voi dovunque, lì dove siete e dove il Risorto vi ricolmerà dei suoi doni: gioia, mai conosciuta prima, pace, mai sperimentata, luce abbondantissima per comporre la terra in unità.   (altro…)

Tempo di fraternità

Tempo di fraternità

Tempo di fraternità a Loppiano, città “giovane”

Spesso definita “laboratorio di fraternità”, la cittadella di Loppiano, con i suoi cittadini d’ogni nazione e razza, fa da sfondo alla festa del 1° maggio che in 35 anni ha visto la partecipazione di oltre 150.000 giovani. Alla fraternità è stato dedicato l’intero programma di una giornata di sole splendente: appena arrivati, i più di 5.000 giovani provenienti da tutta l’Italia, ma anche dall’Europa dell’Est e Ovest, dall’Algeria, dall’Africa, Asia, Oceania e dalle tre Americhe, hanno partecipato a quattro workshop: lo sport: “Fraternità: gioco di squadra”; i media, “Fraternità Online”; la politica: “Libertà, uguaglianza… e la fraternità?”; e infine l’arte, sotto il titolo “FraternArte”. Ricco lo scambio di fatti di fraternità vissuti in vari paesi. Il collegamento telefonico del pomeriggio con la Terra Santa dà un respiro planetario a questo “viaggio” nel tempo della fraternità.

La fraternità, motore di un mondo in pace, di un mondo unito

Ai giovani riuniti a Loppiano e nella cittadella Arco Iris di Lisbona, Chiara Lubich ha inviato un messaggio augurando a tutti di rispondere alla sfida della fraternità, “motore di un mondo in pace, di un mondo unito”. “In un mondo alla ricerca inquieta di Dio, che crede solo in ciò che tocca – ha aggiunto – è possibile fare spazio a Gesù stesso, attirarlo, fino al punto di farsi presente in mezzo a noi”. Come? «Vivendo al cento per cento l’arte di amare, finché si sprigionerà la presenza di Gesù in mezzo a voi dovunque, lì dove siete e dove il Risorto vi ricolmerà dei suoi doni: gioia mai conosciuta prima, pace mai sperimentata, luce abbondantissima, per comporre la terra in unità».

Lisbona: il world wide web dell’unità

A Lisbona i giovani si sono ritrovati il 1° maggio. In 1000 da Portogallo, Spagna e Isola di Timor. Il programma lusitano si esprime nel titolo della giornata: www.deunidade. E’ ancora vivo nella penisola iberica il ricordo dell’attentato dell’11 marzo a Madrid: chi fra i presenti ha vissuto la difficile situazione del dopo 11 marzo, afferma, con la propria testimonianza di vita, che il perdono è possibile ed è l’unica via capace di costruire la vera fraternità fra persone di religione diversa. Non solo nel proprio Paese, ma intessendo una rete di pace nel mondo intero. Al meeting era presente anche l’Imam Allal Bachar dalla Spagna.   (altro…)

Vite vissute all’insegna di un mondo più unito

L’artista di strada che cambia rotta: a volte basta un piccolo gesto Sono A. M. dell’Australia. Suono il flauto praticamente da sempre. Posso dire che questo strumento significa tantissimo per me: per anni è stato il mio migliore amico, forse l’unico, quello che mi ha aiutato ad andare avanti nei momenti più duri. Infatti, alcuni anni fa, a causa di un periodo particolarmente difficile in famiglia e specialmente con mia mamma, me ne sono andata di casa con uno zaino, poche cose e l’inseparabile flauto. Dormivo per strada e guadagnavo qualche cent per vivere suonando il mio flauto… Vivevo letteralmente alla giornata, senza nessun punto di riferimento. Il dolore che avevo dentro era forte. Un giorno, mentre suonavo all’angolo di una strada, una donna si è fermata un po’ più a lungo: “Vorresti dare lezioni di musica ai miei figli? Guadagneresti qualcosa…”. Ho accettato subito quella proposta che, non sapevo ancora, avrebbe cambiato la mia vita. Frequentando così questa famiglia, ho conosciuto i Giovani per un Mondo Unito e quello che mi ha davvero colpito in quei ragazzi era che volevano amare tutti, senza distinzione. Il loro amore mi ha dato la forza di cambiare rotta. E per me amare – l’ho capito subito – significava riallacciare i rapporti con la mia famiglia e in particolare con mia madre. C’è voluto un po’ di tempo, ma poco a poco ci siamo riavvicinati ed ora va molto meglio. (E. S. – Australia) L’amore, la terapia più efficace Siamo una giovane coppia con 3 figli, ai quali vogliamo un bene immenso. Davide e Irene, quando sono nati, come tutti i bambini, ci hanno richiesto tante energie per trovare un nuovo equilibrio in famiglia, ma con Alessia, la terza, è un’avventura speciale. E’ nata apparentemente sana e bella, ma dopo qualche giorno, dai primi risultati della mappa cromosomica abbiamo saputo che aveva la sindrome di Down. Sono stati momenti difficili e inconsciamente speravamo in un errore della diagnosi. E’ stato come un terremoto improvviso, come se ci mancasse la terra sotto i piedi… Ma volevamo credere che ogni figlio è un dono di Dio e – pur nel dolore – sentivamo che questa situazione faceva parte di un suo disegno d’amore. Dopo qualche giorno, una dottoressa genetista ci ha confermato la diagnosi ma non ci parlò tanto della gravità dell’handicap. Piuttosto ci disse che l’amore che potevamo dare ad Alessia sarebbe stata la terapia più efficace. Era quello che in fondo avvertivamo: eravamo noi i protagonisti di questa storia, noi genitori, con gli altri due figli, le nostre famiglie e i nostri amici… Insieme avremmo aiutato Alessia a crescere sotto tutti i punti di vista. Oggi possiamo dire senza esitazione che Alessia è un dono per noi e per chi ci sta accanto. E’ una portatrice di gioia, di serenità. Ha fatto crescere l’amore tra noi due prima di tutto, e poi con i bambini si è instaurato un rapporto più maturo, un amore più grande. Loro stessi fanno a gara per riabbracciarla quando tornano da scuola e ci dicono che siamo stati fortunati ad avere una bambina speciale come Alessia! (M. e D. – Italia)

(altro…)

Un e-mail per risalire la china

Qualche mese fa mi è arrivato un sms che diceva: “Ciao! Come va?”. A mandarlo era stata una ragazza vista ad un meeting di alcuni giorni, organizzato dal Movimento dei Focolari, con la quale però non avevo avuto occasione di parlare. Iniziamo a scriverci via email parlando del più e del meno.

Un giorno mi racconta la storia drammatica della sua famiglia. Il padre, dopo aver perso tutti i soldi al casinò e aver scoperto che la moglie aveva un’altra relazione, era andato via di casa, mentre la madre, dopo essersi data all’alcool, si era tolta la vita. Non avrei mai immaginato che certe cose potessero succedere così vicino a me. Potevo considerarmi davvero fortunato io che una famiglia ce l’ho. Questi erano i pensieri che mi passavano per la testa mentre cercavo le parole per risponderle. Tutto quello che volevo dirle mi sembrava inadeguato, ma le scrissi qualcosa. In seguito ha continuato a confidarsi, ponendomi domande su come comportarsi, come pregare, come riuscire a perdonare il padre. Ogni volta le ho risposto cercando di comunicarle la certezza che Dio ci ama personalmente, la scoperta che aveva dato un senso alla mia vita. Era anche questo un modo di vivere il Vangelo: di amare, rispondendo a chi si trova nel bisogno, sapendo dare, nel mio caso, amicizia a chi si trova solo o disperato. Un giorno la situazione precipita: trovo una sua e-mail in cui diceva di essere disperata, aveva l’impressione che il mondo le crollasse addosso ed era tentata di assumere la droga per dimenticare ogni cosa. Sapeva che stava sbagliando e chiedeva il mio aiuto. Le rispondo e, dopo un silenzio di un paio di mesi, finalmente ricevo un nuovo messaggio: “Ce l’ho fatta! Non mi sono drogata! E’ stato soprattutto per merito tuo, grazie di tutto!”. (L. – Italia – 16 anni) Tratto dal mensile Gen3 (altro…)

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

“Un volo possibile”: quello nel mondo dell’impresa che fa i conti con la condivisione

“Un volo possibile”

Questo volo è stato sperimentato a Loppiano: per primi, i giovani che vogliono fare impresa. Un centinaio, si sono confrontati con quanti già operano nel campo dell’imprenditoria, in gruppi di lavoro. E lo scambio è diventato dono: gli imprenditori hanno dato la propria esperienza, anche sofferta, e i giovani, con il loro entusiasmo e la curiosità li hanno spronati a vivere con ancor maggiore radicalità gli ideali di Economia di Comunione. “Dai giovani abbiamo ricevuto molto più di quanto abbiamo dato” ha commentato un imprenditore.

La fraternità, il “di più” dell’imprenditore EdC

I workshops sono stati preparati dagli interventi di Cecilia Cantone Manzo, presidente della E. di C. s.p.a., società di gestione del Polo imprenditoriale Lionello Bonfanti, e del Prof. Luigino Bruni, che ha tratteggiato la figura dell’imprenditore EdC, indicando nel vivere la fraternità quel “di più” che lo caratterizza e che si affianca alle capacità richieste ad ogni imprenditore: rischiare, innovare, perseguire un progetto.

Uno sprone nel fare impresa in modo innovativo

Un gruppo di esperti ha presentato le questioni tipiche del “fare impresa”, nell’ottica della “cultura del dare”, suscitando un vivo interesse fra i giovani, che ne hanno rilevato la novità. “Essere venuti qui – diceva una studentessa partenopea – ci ha spronato ancor più a fare impresa, a fare qualcosa di nuovo.” Dai giovani è venuta la richiesta di ripetere questi appuntamenti a Loppiano ogni 6 mesi.

Quei miglioramenti nella gestione dell’azione al di là di ogni immaginazione

Il 24 aprile il convegno si è aperto ad altri imprenditori. “Malgrado le difficoltà e le crisi di vario genere – racconta un imprenditore piemontese – abbiamo potuto constatare una continua, notevole crescita del nostro fatturato. Nella mia esperienza ho sempre verificato che il “centuplo” evangelico non è mai uno di quei pacchi grossi ed ingombranti (come una vincita alla lotteria) che potrebbe anche guastare la vita quotidiana, ma arriva con discrezione. Diverse volte è accaduto che un nostro amministratore, magari a metà anno, ci illustrasse una situazione precaria; poi, continuando il lavoro, con uno spirito nuovo, a fine anno con vera sorpresa ci annunciava un miglioramento, al di là di ogni nostra immaginazione”.   (altro…)

Commento di Chiara Lubich alla Parola di vita del mese di maggio 2005

È la sera di Pasqua. Gesù risorto è già apparso a Maria di Magdala; Pietro e Giovanni hanno visto la tomba vuota. Eppure i discepoli continuano a rimanere chiusi in casa, pieni di paura, fino a quando il Risorto viene in mezzo a loro, a porte chiuse, perché nessuna barriera può più separarlo dai suoi amici.
Gesù se n’era andato ma, come aveva promesso, ora ritorna per restare per sempre: “Si fermò in mezzo a loro”; non un'apparizione momentanea, ma una presenza permanente! D’ora in poi i discepoli non saranno più soli ed il timore cede il posto ad una gioia profonda: “Gioirono al vedere il Signore” .
Il Risorto spalanca i loro cuori e le porte di casa sul mondo intero, dicendo: 

“Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”.

Gesù era stato mandato dal Padre per riconciliare tutti con Dio e ricomporre l’unità del genere umano. Ora tocca ai suoi discepoli continuare l’edificazione della Chiesa. Come Gesù aveva potuto portare a compimento il disegno del Padre perché una cosa sola con Lui, così essi potranno continuare la sua missione altissima perché il Risorto è in loro. “Io in loro” , aveva chiesto Gesù al Padre.
Dal Padre a Gesù, da Gesù agli apostoli, dagli apostoli ai loro successori il mandato non è venuto mai meno.
Ma anche ogni cristiano deve sentir risuonare nel suo cuore queste parole di Gesù. Infatti “c'è nella Chiesa diversità di ministero, ma unità di missione” .

“Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”

Per adempiere questo mandato del Signore dobbiamo fare in modo che Lui viva in noi. Come? Membra vive della Chiesa, immedesimandoci con la Parola di Dio, evangelizzando prima noi stessi.
È uno dei doveri di quella che Giovanni Paolo II ha chiamato “nuova evangelizzazione”. “Nutrirci della Parola – ha scritto – per essere ‘servi della Parola’ nell’impegno dell’evangelizzazione: questa è sicuramente la priorità per la Chiesa all’inizio del nuovo millennio” , perché “soltanto un uomo trasformato” dalla “legge d’amore di Cristo e la luce dello Spirito Santo, può operare una vera metánoia [= conversione] dei cuori e della mente di altri uomini, dell’ambiente, della nazione o del mondo” .
Oggi non bastano più le parole. “L’uomo d’oggi ascolta i testimoni, piuttosto che i maestri – notava già Paolo VI –, e se ascolta i maestri è perché sono testimoni” . L’annuncio del Vangelo sarà efficace se poggia sulla testimonianza di vita, come quella dei primi cristiani che potevano dire: “Vi annunciamo quello che abbiamo veduto e udito…” ; sarà efficace se, come di loro, si potrà dire anche di noi: “Guarda come si amano, e l’un per l’altro è pronto a morire” ; sarà efficace se concretizzeremo l’amore dando, rispondendo a chi si trova nel bisogno, e sapremo dare cibo, vestiti, case a chi non ne ha, amicizia a chi si trova solo o disperato, sostegno a chi è nella prova.
Vivendo così sarà testimoniato nel mondo il fascino di Gesù e, divenendo altri Cristo, la sua opera, anche per questo contributo, continuerà.

“Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”

È l’esperienza di alcuni nostri medici e infermiere che nel 1966 vengono a conoscenza della situazione del nobile popolo Bangwa, che in quel momento è affetto da malattie, con una mortalità infantile del 90% minacciante la completa estinzione.
Partono per stare con quel popolo e sentono, come loro primo dovere, di continuare ad amarsi vicendevolmente per dare una testimonianza del Vangelo. Amano indistintamente, ad uno ad uno; offrendo un servizio professionale, aprono un dispensario, che presto diventa un ospedale. La mortalità infantile si riduce al 2%. In piena foresta, si costruisce una centrale elettrica, poi un College con le classi inferiori e superiori. Col tempo e vari contributi del popolo stesso, si aprono 12 strade per il collegamento dei villaggi.
L’amore concreto è coinvolgente: gran parte del popolo condivide la nuova vita, villaggi prima in lotta si riconciliano; le controversie sui confini vengono risolte in armonia; Re di clan diversi stipulano tra loro un patto d’amore reciproco e vivono in fraternità, offrendo – in uno scambio di doni – una meravigliosa testimonianza, un esempio originale e autentico.

 

Chiara Lubich

 

Il dialogo islamo-cristiano del Movimento dei Focolari

E’ un’esperienza iniziata circa 40 anni fa in Algeria, a Tlemcen, dove i focolarini ricevettero in dono una piccola abbazia in stile arabo costruita dai benedettini per farne un centro di dialogo con il mondo musulmano. Fin dai primi contatti si è rimasti colpiti dalle affinità tra le due religioni abramiche: credere nell’Unico Dio clemente e misericordioso, la dedizione totale alla volontà di Dio, l’alta stima per Gesù e per Maria sua madre.

Alcune migliaia di amici musulmani in molti Paesi del mondo sono in stretto contatto con i Focolari. Fra di loro ci sono Imam, fedeli praticanti e altri che, per l’incontro con il Movimento e la condivisione dello spirito di unità, sono tornati alla pratica delle cinque colonne dell’Islam. Effetto infatti del dialogo non è il sincretismo, ma la riscoperta delle proprie radici religiose, di ciò che ci unisce. “Attraverso il dialogo – come aveva detto a Madras Giovanni Paolo II nel 1986 – facciamo in modo che Dio sia presente in mezzo a noi, perché mentre ci apriamo l’un l’altro nel dialogo, ci apriamo anche a Dio. E il frutto è l’unione fra gli uomini e l’unione degli uomini con Dio”. Si rafforza il comune impegno di essere fautori di unità e di pace specie là dove la violenza e l’intolleranza razziale e religiosa cercano di scavare un abisso fra le componenti della società.   (altro…)

Chi è Dio per noi "Ma’ Arifatu Allahi Bialnisbati Lana"

Viva attesa degli oltre 200 partecipanti al 1° Simposio di dialogo islamo-cristiano, promosso dal Movimento dei Focolari, per l’incontro con Papa Benedetto XVI all’udienza generale di mercoledì 27 aprile. Sono circa 100 i musulmani presenti al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, provenienti da 33 Paesi: da Algeria, Libano, Turchia, Giordania, al Pakistan e Indonesia, dall’Europa al Canada, agli Stati Uniti, al Brasile. Il Simposio è stato aperto domenica scorsa con un messaggio di benvenuto di Chiara Lubich e con il saluto dell’Imam Allal Bachar della Spagna. Questa mattina è intervenuto S.E. mons. Michael L. Fitzgerald, Presidente del Pontificio Consiglio del dialogo interreligioso. Ha tracciato le tappe del dialogo intessuto da Papa Giovanni Paolo II nei 26 anni di pontificato. I numerosi interventi dei musulmani hanno poi espresso profonda gratitudine per Papa Wojtyla e per l’opera del Pontificio Consiglio. Da domenica scorsa, agli interventi a livello teologico-culturale di studiosi cristiani e musulmani, si alternano esperienze di vita delle due religioni abramiche e il dialogo con i partecipanti, in un clima crescente di fraternità. I temi approfonditi: “L’essenza della ‘Ibada (adorazione-fede) nell’Islam” e “Dio Amore” nel cristianesimo, “La fede in Dio”, la presenza di Dio nelle comunità musulmana e cristiana, il problema del dolore. Con profondo ascolto è stata accolta la conversazione in video di Chiara Lubich su “L’Unione con Dio”.

(altro…)

Familyfest 2005… al Papa della famiglia

Familyfest 2005… al Papa della famiglia

Carissime famiglie che siete riunite a Roma e in tante parti del mondo per il FAMILYFEST! Dopo tanto tempo eccomi a voi con questo breve messaggio.

Vi ringrazio per aver vissuto con partecipazione e generosità questo evento, che avete voluto dedicare come omaggio al nostro indimenticabile Papa Giovanni Paolo II che pensiamo già santo. Il nostro incontro è anche l’occasione, fra il resto, di dare la massima visibilità possibile al modello di famiglia da lui sognato e insegnato, quello basato sui valori attinti alla fede cristiana. La sorgente di questi valori è l’amore vero, che sgorga dal cuore di Dio. Un amore quindi che non conosce una fine, che ama tutti per primo, che è capace di perdonare, che è fecondo e aperto alla vita, all’attenzione verso i più deboli, alla condivisione piena di ogni bene, alla solidarietà. Ma questi valori sono riconoscibili e presenti anche nelle principali religioni e culture, e perciò vivi nelle attese di ogni uomo e ogni donna della terra. In tal modo la famiglia, che in tutte le culture e contesti sociali è chiamata a vivere l’amore reciproco, diviene sorgente di socialità, vivaio di valori fondamentali, di fratellanza universale. Vi auguro di essere così, di essere testimoni sempre e ovunque di questo amore che costruisce la pace, perché si avvicini l’ora in cui sulla terra “TUTTI SIANO UNO”. Viviamo insieme per questo grande Ideale! Carissime famiglie di tutto il mondo, a presto! (altro…)

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

Familyfest 2005… al Papa della famiglia

Familyfest 2005 – Al Papa della Famiglia: una festa della famiglia con respiro mondiale. “Un progetto nuovo di cultura che valorizza il ruolo della famiglia, risorsa della collettività”. Così questo evento è stato definito dal presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, nel suo messaggio. Storie, immagini, danze, collegamenti con i 4 punti cardinali del mondo da piazza del Campidoglio, trasformata in set televisivo. Un omaggio a Giovanni Paolo II, un segno di gratitudine: toccanti le immagini del Papa con le famiglie che gremivano il Palaeur di Roma, al Familyfest ’81, pochi giorni prima dell’attentato in piazza San Pietro, e nei moltissimi incontri con le famiglie del mondo. E’ risuonata la sua consegna: “Proclamate il valore della famiglia e della vita. Senza questi valori non c’è futuro degno dell’uomo!”. La diretta Rai Uno da piazza del Campidoglio, a Roma, ha reso possibile ad una platea mondiale di condividere questo evento che ha svelato la fantasia e le infinite possibilità di cui l’amore, vissuto da famiglie di tutte le culture, è capace, anche di fronte a crisi e malattie, nell’apertura ai bisogni più urgenti della società. “Uno solo è l’amore” – E’ stata letta una lettera scritta negli anni ‘40 da Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, che per prima ha voluto questo Familyfest. Era rivolta alla sorella alle soglie del matrimonio: “Uno solo è l’amore: l’amore di Dio”. Ma – ha incalzato – “amare Dio per te significa amare ancor più Paolo, per Lui rinnegare egoismo e chiusure, comodità e difetti. Allora il tuo amore per lui non avrà fine”. Un ideale alto, ma non irraggiungibile, come hanno testimoniato Annamaria e Danilo Zanzucchi, tra i primi sposati che hanno condiviso gli ideali evangelici di Chiara Lubich: 52 anni di matrimonio, 5 figli, 12 nipoti. “Uno solo è l’amore”, commenta Danilo, “significa imparare ad amare come Dio ama. E Lui ama con un amore infinito”. “Da un amore vissuto così, all’interno dei Focolari, nasce Famiglie Nuove” ha spiegato Annamaria. “Nuove vuol dire rinnovate dall’amore reciproco, dall’amore che viene da Dio”. Sono valori condivisi anche dal mondo buddista, come evidenziato dal collegamento con Tokyo, e dalle famiglie musulmane dell’antica civiltà iraniana, come mostrato dal collegamento con Teheran. 17 network satellitari, 38 TV nazionali, e 26 regionali hanno permesso un’ampia copertura, grazie a Telespazio, Eutelsat, CRC/Canada, EWTN, che hanno collegato i 200 meeting in contemporanea in altrettante città e capitali del mondo, per iniziativa di Famiglie Nuove, diramazione dei Focolari.   (altro…)

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

Familyfest 2005… al Papa della famiglia

“L’amore costruisce la pace”, linea guida del pontificato di Giovanni Paolo II, è stato il filo conduttore del Familyfest. Due madri di Gerusalemme, da piazza del Campidoglio, in Roma, hanno testimoniato un’amicizia possibile tra due parti opposte: israeliani e palestinesi. Tra i 9 collegamenti effettuati durante la trasmissione, segnaliamo quello con il Sudafrica, nel quartiere Soweto, di Johannesburg, dove ha avuto il via la lotta di Nelson Mandela contro l’apartheid, e il collegamento con il sudest europeo, un’area calda visitata più volte dal Papa: a Zagabria erano in 4000, non solo cattolici croati, ma anche musulmani della Bosnia.

Black-out dell’amore – Il Familyfest non è stato solo festa, internazionalità, solidarietà. Ha affrontato anche l’inverno della crisi, del dolore che colpisce molte famiglie. “L’uomo e la donna, per le nozze, non sono più due, ma una sola carne. Dividersi, dopo tale unificazione, vuol dire uccidersi, svenandosi. E’ la morte”: queste parole di Igino Giordani, scrittore, giornalista, uomo politico, padre di 4 figli, primo responsabile di Famiglie Nuove, risuonano nella piazza. “Perché l’unione coniugale si conservi, non c’è altra corrente coesiva che l’amore, ma un amore che viene dall’amore di Dio, superiore alle vicende della natura e agli umori degli uomini”. “Due sposi che perdono tempo a non amarsi, perdono tempo a morire”. Una coppia spagnola ha raccontato la sofferta rinascita dal dramma della divisione.  

Il dolore – Dal palco del Campidoglio, una coppia di giornalisti, lui italiano, lei americana, ha fatto dono dell’esperienza di una malattia che non perdona, una vita che assume nuova pienezza, come ha scritto Giovanni Paolo II nel suo testamento. Lei ha detto: “Occorre vivere con la morte ben presente, per realizzare una vita piena”. “Abbiamo imparato a guardare in faccia il dolore e quel volto ha per noi un nome: Gesù che accetta di dimorare sulla croce sino a sentirsi abbandonato da Dio per dare al mondo i suoi doni”. Doni che diventano esperienza viva di “luce, gioia, serenità, una qualità di vita superiore alla quantità di tempo che potrò avere”.

“Non vogliamo che il matrimonio sia una stanza chiusa al resto del mondo, ma desideriamo condividere la felicità con i meno fortunati di noi”, ha testimoniato una giovane coppia di 21 e 24 anni: viaggio di nozze in Tanzania, tra gli orfani dell’Aids, ai quali è andato il corrispettivo dei regali di nozze.  

Solidarietà – Non è un fatto isolato: da 25 anni Famiglie nuove porta avanti nel mondo oltre 14.000 adozioni a distanza. Al Familyfest il lancio di un nuovo progetto di solidarietà: “Una famiglia, una casa”: un tetto per le famiglie più diseredate nelle periferie delle grandi città filippine e nelle aree disastrate dello Tsunami nello Sri Lanka e in Tailandia. Un’idea nata proprio dalle famiglie più povere. I contributi possono essere versati sul c/c bancario 888885 intestato a Associazione Azione per Famiglie Nuove presso Banca Intesa: CIN T ABI 03069 CAB 05092. Dal 15 al 22 aprile era possibile inviare dal proprio cellulare SMS da 1€ al numero 46211 per i clienti WIND e al numero 44770 per i clienti TIM.

Messaggio di Chiara Lubich – L’ultima parola al messaggio audio registrato da Chiara Lubich. Ha il sapore di una consegna: “Sì, la sorgente dell’amore vero sgorga dall’amore di Dio. Così la famiglia diviene sorgente di socialità, vivaio di fratellanza universale”. Questo il suo augurio: “essere sempre e ovunque testimoni di questo amore, perché si avvicini l’ora in cui sulla terra “tutti siano uno”. (altro…)

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

La gioia di Chiara Lubich e del Movimento dei Focolari per l’elezione del nuovo Papa

Con grande gioia abbiamo accolto l’elezione di Papa Benedetto XVI. A lui assicuriamo la nostra più intensa e costante preghiera. Per la conoscenza diretta che ho di lui, il nuovo Papa, avendo doti particolari per cogliere la luce dello Spirito, non mancherà di sorprendere e superare ogni previsione. Ci sembra abbia rivelato l’anima del suo pontificato nelle parole finali pronunciate il giorno dell’apertura del conclave, quando ricordava qual è “il frutto che rimane”: “quanto abbiamo seminato nelle anime: l’amore, la conoscenza, la fede, il gesto capace di toccare il cuore, la parola che apre l’anima alla gioia del Signore”. Preghiamo il Signore, come lui ha invitato a fare, perché lo “aiuti a portare frutto, un frutto che rimane”, e “la terra venga cambiata da valle di lacrime in giardino di Dio.” In lui, siamo certi, è garantita la continuità con il Concilio Vaticano II e con il pontificato di Giovanni Paolo II. In lui è viva la sensibilità per la dimensione carismatica della Chiesa, per i nuovi movimenti e comunità. Ci sono rimaste impresse le sue parole, alla vigilia del grande incontro del ’98 dei Movimenti con Papa Wojtyla, nei quali il card. Ratzinger intravedeva l’azione dello Spirito Santo che “rinnova la giovinezza della Chiesa”, ed evidenziava il perché del particolare legame, lungo la storia della Chiesa, tra i movimenti e il Papato. Per noi è la chiamata ad una nuova responsabilità.   (altro…)

Igino Giordani: la sorgente dell’amore

Igino Giordani: la sorgente dell’amore

Igino Giordani, scrittore e giornalista, uomo politico, sposato e padre di quattro figli, è stato anche il primo animatore e responsabile di Famiglie Nuove ed è considerato confondatore del Movimento dei Focolari. Dallo scorso anno è in corso la sua causa di beatificazione. Per esaminare i suoi scritti – oltre cento libri e quattromila articoli – sono state istituite recentemente due commissioni: una storica e una teologica. Vogliamo ricordarlo oggi, a venticinque anni dal termine della sua vita terrena, con un suo pensiero sull’amore coniugale, recitato durante la diretta Rai del Familyfest 2005, il 16 aprile scorso.  

La sorgente dell’amore

di Igino Giordani   «L’uomo e la donna, per le nozze, non sono più due ma uno. Dividersi, dopo una tale unificazione, vuol dire uccidersi, svenandosi. E’ la morte. Perché l’unione coniugale si conservi, non c’è altra corrente coesiva che l’amore: ma un amore che viene dall’amore di Dio, superiore alle vicende della natura e agli umori degli uomini. Se guardo alla mia vita, posso dire che il matrimonio riesce nella misura in cui realizza questo amore. Il suo valore sta prima di tutto in questo, e non nei titoli bancari, nel benessere, nel successo, e neppure nell’aspetto prestante e gradevole. Diventa tomba dell’amore quando, esaurite le attrazioni fisiche scambiate per amore, viene meno lo spirito che lo vivifica.   Volersi ogni giorno più bene, non far caso ai difetti, non far caso ai torti, perdonare sempre, tornare sempre ad amarsi… Allora la vita diventa una gioia. Mentre l’indifferenza, l’egoismo, a che servono? Servono a creare l’inferno in terra. Due sposi che perdono tempo a non amarsi, sono due creature che perdono tempo a morire. Se invece si amano, Dio passa tra di loro. Ecco come la casa diventa una casa di felicità, pur in mezzo alle prove più grandi».     (altro…)

Il dialogo ecumenico: una delle priorità del pontificato di Giovanni Paolo II

Il dialogo ecumenico: una delle priorità del pontificato di Giovanni Paolo II

Dopo la “partenza” del Papa, continuano ad arrivarci echi commossi da cristiani di varie Chiese, in contatto in vario modo con i Focolari. Il dialogo ecumenico era infatti una delle priorità del suo pontificato.

Ortodossi

ITALIA «Era una persona carismatica, una figura inestimabile, amata da tutti. Lo Spirito Santo illuminava lui e anche noi per seguire nella stessa linea la volontà di Dio: “che tutti siano una cosa sola”» (Metropolita Gennadios Zervos, Arcivescovo ortodosso d’Italia, Patriarcato ecumenico di Costantinopoli). SLOVENIA «Era una persona straordinaria. Anche la Chiesa serba è in lutto» (Protoierei Boskovic). ARGENTINA «Faro di luce viva, viaggiatore infaticabile nella sua missione di cercare l’unità visibile dei cristiani… Come ortodosso-greco l’ho conosciuto e amato: un uomo santo, Papa, “fratello maggiore” di Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I – secondo quanto dice il Patriarca» (Lic. Elias Crisostomo Abramides, Buenos Aires, Patriarcato ecumenico di Costantinopoli).

Armeni

STATI UNITI «Tutti i cristiani possono essere fieri di lui» (Fr. Khatchadourian, parroco a Los Angeles).

Luterano-Evangelici

GERMANIA «Giovanni Paolo II nei suoi discorsi e Lettere apostoliche partiva sempre dalla Sacra Scrittura, ciò lo rendeva vicino a noi. E’ da ammirare inoltre l’apertura del Papa verso i Movimenti e nuove comunità ecclesiali» (Pastore Gottlob Hess, Fraternità di vita comune). «In misura crescente si è avvertito che Giovanni Paolo II voleva accelerare il processo ecumenico. Per lui l’ecumenismo non era marginale: ne ha dato una testimonianza avvincente» (Walter Pollmer, Fraternità della Croce). «Sono riconoscente a Giovanni Paolo II per la sua antropologia – profondamente biblica – che fa giustizia all’uomo» (Günter Rattey, Fraternità della Croce). «Dopo l’incontro storico del Papa con i Movimenti ecclesiali nel 1998, l’affermazione di Giovanni Paolo II che la dimensione carismatica – di cui i Movimenti sono un’espressione significativa – e la dimensione istituzionale siano coessenziali alla costituzione della Chiesa, ha dato un impulso all’ecumenismo spirituale. Quando alcuni responsabili di movimenti evangelici in Germania sono stati informati di questo evento hanno esclamato: “Allora il Papa ci ha capito!”» (Konrad Herdegen, YMCA Norimberga). «Con immensa gratitudine volgiamo il nostro sguardo agli anni passati apprezzando le iniziative del Santo Padre che hanno condotto alla testimonianza meravigliosa dell’evento di Stoccarda “Insieme per l’Europa, 8 maggio 2005”» (Helmut Nicklas e Gerhard Pross). GUATEMALA “Questo uomo è veramente un santo”. (Edna Cardona de Morales)

Luterani-Svedesi

SVEZIA «La sua testimonianza più significativa forse è stata quella di questi ultimi anni e queste ultime settimane, quando ha portato la sua debolezza fisica con un amore continuo per il suo popolo e la sua Chiesa. Così ci ha dato un esempio ed un modello… Con grande gratitudine tutta la cristianità potrà testimoniare che il Papa veramente ha vissuto per la gloria di Dio con la sua fede, la sua convinzione e la sua pietà» (Arcivescovo emerito Gunnar Weman).

Riformati

SVIZZERA «Nella sua vocazione unica è stato anche per noi fratello e padre, un modello con il suo coraggio nell’agire e parlare solo secondo il pensiero di Dio. Incarnava per questo nella società in modo cristallino la nostra coscienza cristiana» (avv. Kathrin Reusser, Zurigo). ROMANIA “Ho avuto la fortuna di incontrarlo alcune volte di persona, seppur brevemente. Indimenticabile un’udienza in piazza s. Pietro almeno 20 anni fa, dove eravamo con un gruppo di partecipanti ad un incontro ecumenico del Centro “Uno” del Movimento dei Focolari. Eravamo in prima fila; il Papa passò e riconobbe il nostro gruppo. Gli dico: “Noi crediamo che l’unità della Chiesa verrà”. Il Papa risponde “Magari!” e va avanti. Io, con voce più forte: “Siamo convinti!”; lui si ferma, si volta ancora, ci guarda e dice: “Dovete farla voi!” Dovete farla voi. L’unità della Chiesa era certamente una delle sue passioni più grandi. La strada dell’unità ha bisogno di un soffio forte dello Spirito Santo alla base, nel popolo. E’ questo che ho sentito dietro le sue parole. E’ una sua consegna che ha dato a tanti in molti modi. (prof. Stefan Tobler, Sibiu)

Anglicani

USA «E’ stato veramente un leader affascinante. Ha affrontato argomenti che nessun altro voleva affrontare. Non sempre sono stato d’accordo su tutto, ma non ho mai messo in dubbio la sua fede vera, il suo desiderio di andare verso gli altri e di cercare il bene andando al di là di differenze dottrinali. Ci lascia un’enorme eredità» (Rev. Chuck Kramer, Presidente dell’Associazione Ecumenica del Clero, Hyde Park, New York). «Mi ha incoraggiato a vivere una vita migliore» (Dott. Shirley Jones, Albany, New York). URUGUAY “Viviamo con voi questi momenti con la preghiera ed il cuore, per questo grande Papa che ha lavorato tanto per l’unità” (vescovo Miguel Tamayo). GRAN BRETAGNA “Il Papa: ha avuto un ruolo molto importante anche a livello ecumenico. Ha fatto un grande cambiamento, ha vissuto il papato con un’autorità mondiale. Quando ha raccolto i leaders delle varie religioni, si e’ visto in lui un Pastore universale. Quindi questa sua figura e’ molto più accettabile che non la figura del papato nel passato”. (Rev. Callan Slipper, delegato ecumenico della diocesi anglicana nel nord ovest di Londra)

Metodisti

SUDAFRICA «Personalmente io sento una grande gratitudine per il Papa…per quanto ha fatto per l’ ecumenismo. Qualche anno fa ho avuto l’occasione di salutarlo a Roma e da allora ho sentito che Papa Giovanni Paolo II non apparteneva solo alla Chiesa Cattolica, ma è di tutti noi. Penso che ha compiuto pienamente il disegno di Dio su di lui» (Em Beardal, volontaria). «Dopo essere stato l’anno scorso all’Angelus in Piazza San Pietro, con mia moglie abbiamo scoperto profondamente, in una “luce nuova” la figura del Papa. Da allora abbiamo sempre pregato per lui. Negli ultimi giorni lo abbiamo accompagnato recitando il Padre nostro, la preghiera dell’unità» (dr. Welile Shasha – direttore dell’OMS per il Sud Africa). USA «Non trovo parole… ma certamente è nei nostri pensieri. Una delle sue eredità degne di ricordo, e che apprezzo particolarmente, è il costante impegno a costruire ponti per il dialogo con altri cristiani e con membri di altre religioni» (pastore Jim Moore, Hyde Park, New York.)

Presbiteriani

BRASILE «Un grande essere umano! Lo ammiro per il suo lavoro per la pace» (Pastore Marcio Moreira – San Paolo).

Mennoniti

GUATEMALA «Ringraziamo il Signore per la vita di Giovanni Paolo II, e le sue vedute per rinforzare il dialogo ecumenico, per uscire dallo scandalo della divisione e insistere sull’urgente bisogno dell’unità dei cristiani» (prof. Mario Higueros).     (altro…)

Giovanni Paolo II: un grande Papa, un grande santo!

Giovanni Paolo II: un grande Papa, un grande santo!

Davvero ci ha lasciato un grande Papa, un grande santo! Come vorrei che ritornassero i tempi in cui la santità era proclamata a furore di popolo. I giovani sarebbero in prima fila! La sua santità. Anch’io posso darne testimonianza di persona. Spesso, dopo un’udienza con lui, m’è rimasta l’impressione che il cielo si aprisse. Mi sono trovata come direttamente collegata con Dio, in una densissima unione con Lui, senza intermediari. E’ perché il Papa è mediatore, ma quando ti ha congiunto con Dio, scompare. M’è parso di comprendere più profondamente qual è il carisma proprio del Papa. Le chiavi per aprirci il cielo, non gli servono soltanto per cancellare i nostri peccati, ma anche per aprirci il Cielo aprendoci all’unione con Dio. Non si spiega forse così quella gioia, quell’entusiasmo, quell’attrattiva che il Papa ha sempre esercitato sui giovani, sui milioni di uomini e donne di ogni razza, cultura, religione e credo che ha incontrato su tutto il pianeta? E quei capovolgimenti di storia da lui operati in questi 27 anni? Questo Papa comunicava Dio e Lui “fa nuove tutte le cose”. Una “Presenza” che si è fatta sempre più forte, più grave si è fatto il carico di sofferenza sino all’ultima ora. Ma in questo momento non posso non esprimere la mia gratitudine più profonda per molte altre porte aperte da quelle chiavi: il Papa ha sempre spalancato le porte alle novità dello Spirito che ha riconosciuto anche nel nostro movimento, dando il suo continuo incoraggiamento e sostegno, riconoscendolo come dono di Dio e speranza per gli uomini.   (altro…)

Islam – Storie italiane di buona convivenza, di Luigi Accattoli

Infinita gratitudine

Grande è la nostra gratitudine al Papa. Il rapporto con lui risale alla fine degli anni ‘60 quando ancora era arcivescovo di Cracovia. L’allora card. Wojtyla aveva riconosciuto nel Movimento l’azione di un carisma. Resterà poi fissato nella storia quel primo grande incontro del Papa con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità alla vigilia di Pentecoste’98, in piazza San Pietro. C’era parso di vivere una nuova ora della Chiesa: la Chiesa del Concilio, non solo gerarchica e petrina, ma anche carismatica e mariana, due dimensioni da lui riconosciute “coessenziali”, riconoscendoci così un posto nella Chiesa. Ma lungo tutto il suo pontificato ha sempre spalancato le porte alle novità dello Spirito: ciò che sembrava impossibile ai canonisti, lui l’ha reso possibile: come l’inserimento in un’opera cattolica, di persone di altre Chiese, di seguaci di altre religioni e di chi non ha una fede religiosa; che cardinali e vescovi abbiano un legame spirituale con il movimento; e ancora che sia sempre una donna alla guida di quest’Opera che abbraccia anche vescovi, sacerdoti e religiosi, aprendo così nuove prospettive al ruolo della donna e all’apertura della Chiesa. Innumerevoli poi sono stati gli incontri con lui, le udienze, gli inviti a pranzo e… per ben 8 anni le sue telefonate di augurio il giorno di Santa Chiara… sino a chiamarmi “sorella” nella sua ultima lettera.   (altro…)

Commozione e gratitudine per Giovanni Paolo II da ebrei, musulmani e buddisti

Commozione e gratitudine per Giovanni Paolo II da ebrei, musulmani e buddisti

Dopo la “partenza” del Papa continuano ad arrivare, tramite e-mail, echi dal Movimento dei Focolari nel mondo.

Particolarmente significative sono in questo momento le espressioni di intima partecipazione e gratitudine per Giovanni Paolo II degli amici ebrei, musulmani e buddisti che spontaneamente le hanno volute comunicare ai centri del Movimento. Riportiamo alcuni stralci.

Mondo ebraico

chi degli amici ebrei ci giungono da Argentina e Uruguay

  • “L’atteggiamento del Papa ha costruito dei ponti” (Rabbino Daniel Goldman – Buenos Aires)
  • “Ci sarà un prima e un dopo nella storia grazie a Giovanni Paolo II” (Rabbino Adrián Herbst – Buenos Aires)
  • “E’ stato il Papa che più ha lavorato nel dialogo giudaico-cristiano. La sua grandezza è stata quella di aver chiesto perdono per gli errori commessi nel passato e, così come lui ci ha definiti “i fratelli maggiori”, oggi possiamo dire che sta morendo Giovanni Paolo II “il nostro fratello maggiore” (il Presidente della AMIA, Associazione Mutua Ebrea Argentina, Abraham Kaul)
  • “Il popolo ebreo mai aveva provato un sentimento così per un Papa, per quanto egli ha fatto per noi” (un’amica ebrea della Commissione Associazioni Femminili Ebree, Uruguay).

Mondo musulmano

Dagli echi giunti da Turchia, Algeria e Stati Uniti In Turchia le prime persone a contattare il focolare di Istanbul, ieri, sono stati proprio i nostri amici musulmani.

  • Una donna, commossa, diceva: “Mi sembra che è la mia anima, una parte di me, che sta partendo”.
  • Uno studente: «Prego Dio di non lasciarci senza persone come Lui… Anch’io, come le persone di tutto il mondo, vi sono vicino in questa sofferenza e prego pcon gli amici cristiani».

Dall’Algeria: Una coppia musulmana si ricordava che il Papa era stato in Marocco ed aveva impressionato per la sua apertura davanti ai 10.000 giovani, a Casablanca. Questa mattina ci hanno detto: «Il Papa è un santo! Ha fatto molto per il mondo, ha avuto tanto coraggio. Ha fatto quello che Dio voleva. Era contro le divisioni e le guerre. E’ stato per noi un Padre». Dagli Stati Uniti giungono gli echi di alcuni Imam con cui da tempo i focolari del posto sono in dialogo:

  • “In Giovanni Paolo II viveva l’”essenza” di Cristo, servendo tutte le persone, non solo i cattolici, ma stendendo la mano verso tutti, perché vivessero una vita migliore. Ha bussato alle porte della coscienza dei leader del mondo perché riconoscessero i loro doveri di fare di più per le persone sofferenti in ogni parte del mondo. Questo mi ha attirato, e io l’ho comunicato ai miei seguaci” (Imam W. D. Mohammed – leader di 2 milioni di musulmani afro-americani)
  • “Con questo Papa ho sentito un rapporto personale. Ho apprezzato soprattutto le sue parole al mondo dopo l’11 settembre, quando ha detto che ciò che era successo non era per colpa della religione. E’ stato molto incoraggiante e commovente. Lo considero un fratello, un amico, un membro della famiglia. Mi mancherà, ma so che ciò che ha incominciato vivrà per sempre” (Imam Sultan Salahuddin, Chicago)
  • “Non posso pensare a un’altra persona della storia recente che abbia una tale grandezza e che abbia avuto un tale impatto sulla società e sul mondo. Ha lavorato per tirar fuori il meglio dell’umanità (Imam Bilal Muhammed, Kansas City)
  • “La sua vita, ciò che ha fatto, e le sue azioni hanno cambiato la visione del mondo sulle differenze etniche. L’ho osservato per anni e ho visto i cambiamenti che sono avvenuti e che sono stati come un effetto a catena in tutta l’umanità. Ho apprezzato il fatto che ha abbracciato l’Islam in un momento quando non era molto popolare avvicinarsi a noi (Ijlal Munir, musulmana e manager di una ditta di W. D. Mohammed , Chicago)
  • “Giovanni Paolo II ha avuto una forza spirituale che è andata al di là delle barriere religiose. Ha avuto un influenza spirituale fenomenale che ha toccato tutti” (Dr. Imam Mikal Ramadam, Chicago)
  • “Papa Giovanni Paolo II è uno dei grandi segni storici e meravigliosi dell’amore per l’umanità del Grande Misericordioso, del Grande Benefattore. Con la sua coraggiosa difesa della libertà, giustizia e uguaglianza tra i membri della famiglia umana, ci ha fatto ricordare la nostra responsabilità individuale e collettiva ad utilizzare le risorse che Dio ci ha dato al servizio dell’umanità”. (Imam Malik Shabazz, della moschea di Beacon – New York)

Mondo buddista

Dagli echi giunti dal Giappone e dalla Thailandia: Dal focolare di Tokyo: “I nostri amici buddisti vivono insieme a noi queste ore con grandissimo affetto e intensità”.

  • “Ora tutto il mondo sta in preghiera per Giovanni Paolo II, figura storica grandissima, leader eccezionale della pace, perché in lui tutti vedono Dio (Rev. Nissho Takeuchi, della Nichirenshu, Tempio Myokenkakuji – Osaka)
  • Un buddista che è stato a Roma e ha incontrato il Papa: “La mia bambina, che adesso ha 9 anni, da piccola ha avuto una carezza sulla testa da parte del Papa. Ancora adesso mi ritorna vivamente agli occhi la figura di Giovanni Paolo II che ci ha fatto sentire questo calore, anche se noi non siamo cristiani. Anch’io, come uomo, voglio vivere la mia vita seguendo il cuore del Papa. Mi sembra impossibile che lui sia adesso in questo stato…veramente, mi viene solo da dirGli ‘grazie’. E che possa riposare in pace.” (Koichi Kawamoto, del movimento Rissho Kosei Kai)
  • “La figura del Papa è stata per me un modello di vita. Ho visto il Papa in un’udienza pubblica in Piazza S. Pietro, che salutava per prime le persone ammalate o in carrozzella, “perdendo” tempo con tutta questa gente. Ed ho visto che lo faceva con tanto amore, scoprendo che per il Papa l’esistenza di queste persone è “preziosa”. Tornando in Giappone ho voluto fare la stessa cosa seguendo il suo esempio: ho chiamato le persone handicappate o malate dei templi buddisti a me affidati per salutarle e conoscerle” (Rev. Yasuo Koike – responsabile del movimento Rissho Kosei Kai di Chiba, vicino Tokyo)

Gli amici buddisti del Movimento dei Focolari in Thailandia si uniscono al mondo cristiano nel pregare per lui, con affetto e rispetto profondo e ci fanno sentire la loro vicinanza spirituale:

  • Nella sala del Gran Maestro Ajhan Thong, a Chiang Mai, spicca una grande foto di lui con il Santo Padre in occasione di un’udienza in Vaticano. Da allora parla spesso ai suoi seguaci della grandezza spirituale del Papa per tutto il mondo. In questi giorni prega in modo tutto particolare per il Papa.
  • Il monaco Phramaha Thongrat in una telefonata, ha detto che il Papa non è solo un grande fratello, è suo padre!(I buddisti tailandesi chiamano “padre” o “madre” persone di alta spiritualità, guide spirituali importanti per la loro vita). Ed ha voluto dedicargli una poesia:Mio padre è andato in Paradiso Nei lunghi anni che mio padre dimorava in Vaticano, brillava il bello e regnava la gioia. Oggi senza di lui la città è vuota. Sgomento, dolore e lacrime: tutto parla del suo immenso amore. Sì, amore è la parola che lui ha pronunciato per il mondo intero. Il suo messaggio ha cambiato il percorso di ogni uomo. La sua eredità rimarrà per sempre, fino agli ultimi confini della terra: fondamento per la pace vera, per un mondo che il male mai più conoscerà. Oggi mio padre è andato in Paradiso; ha concluso il cammino terreno e se ne va… Ma il suo cuore sarà sempre pieno di gioia che trabocca. Mio padre ci ha indicato la via dei saggi che porta alla sapienza eterna. Phramaha Thongrat, monaco buddista

  (altro…)